LE STAMPE ROMAGNOLE SU TESSUTO Un`ipotesi sull

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LE STAMPE ROMAGNOLE SU TESSUTO Un`ipotesi sull
LE STAMPE ROMAGNOLE SU TESSUTO
Un’ipotesi sull’origine dei motivi grafici di questi prodotti
conduce a considerarli elemento di unione di culture molto lontane tra di loro.
Anche chi non è nato in questa zona d’Italia conosce ormai le tradizionali stampe
romagnole su tessuto, utilizzate un tempo per adornare le coperte per animali da lavoro
(anche se utilizzate solo in giornate particolarmente importanti) e che poi hanno finito
per abbellire altri oggetti di uso comune.
I disegni tradizionalmente color ruggine ornano oggi anche tovaglioli, asciugamani,
tovaglie, tendaggi, e l’esposizione in negozi delle zone balneari della costa o in piccole
botteghe artigianali della collina, o durante le fiere, ed hanno contribuito a diffonderne la
conoscenza.
Attualmente gli stampatori di questi manufatti utilizzano anche colori diversi, (ed
anche disegni diversi da quelli tradizionali) tentando sperimentazioni che testimoniano
della vitalità dell’idea di base del prodotto stesso, a dimostrazione che non si tratta solo
della statica riproposta di un oggetto tradizionale, ma di un elemento artistico ancora
vivo nell’animo della gente, e come tale soggetto a modificarsi nel tempo.
Le origini dei motivi grafici che stanno alla base di questi disegni sono stati indagati
da chi scrive da molto tempo, ma purtroppo con scarso successo; da una parte non è
stata trovata una documentazione che riportasse delle ipotesi sufficientemente valide
sulle origini dei disegni, dall’altra il tentativo di giungere a conclusioni basate sulla
semplice comparazione visivo-geometrica con forme artistiche simili si è arenato di
fronte alla constatazione che, soprattutto per chi non è un esperto d’arte di professione,
un simile procedimento avrebbe comporta un lavoro di analisi e di schedatura così
I
complesso da non poter essere risolto se non con l’aiuto di un grande numero di
specialisti, e magari con l’aiuto di supporti informatici.
Anche ricerche eseguite presso produttori attuali di tele stampate non hanno
condotto a risultati significativi (la memoria di tali persone si ferma a poche generazioni
indietro, e tra i ricordi è scomparso quello dell’origine dei disegni).
Se, quindi, la semplice comparazione con altre forme artistiche non può darci la
certezza di questa origine è pur sempre possibile tracciare delle ipotesi.
Un’operazione dello stesso genere la fece, nel passato, lo storico dell’arte Jorgis
Baltrušaitis in un suo libro1, quando l’autore lituano, tracciò un parallelo tra le forme
artistiche più comuni del medioevo europeo (pittura, scultura, ma anche arti minori,
come i fregi ed i disegni a contorno dei margini dei libri e dei tessuti) e quelle analoghe
presenti nel mondo islamico e dell’estremo oriente.
Alcuni motivi tipici delle stampe romagnole su
tessuto, utilizzanti il tradizionale colore
ruggine.
Secondo l’autore citato, le espressioni
artistiche di queste due lontane zone
geografiche, seguendo rotte commerciali e
migratorie, erano penetrate nelle nicchie
culturali europee influenzandone fortemente
l’evoluzione, soprattutto nell’arte cosiddetta
“minore”. Va fatto notare che le ipotesi di
Baltrušaitis sono state poi ulteriormente
indagate ed approfondite, mostrando la validità
di quei presupposti.
J. H. Harvey ha dimostrato in un suo lavoro2
la sostanziale somiglianza tra i complessi
intrecci di decorazioni presenti nelle cattedrali inglesi con quelle dei mihrab3 delle
moschee persiane; altri studiosi hanno indagato e verificato la validità di tali ipotesi
studiando i parallelismi tra i rosoni, i medaglioni quadrilobati delle cattedrali cristiane ed
i motivi sufi del mondo arabo.
Fu proprio analizzando i disegni riportati dall’autore dei motivi di base dei
“marginalisti”4 arabi che si poterono identificare elementi simili ai motivi sufi5 (semplici
motivi floreali), le foglie rumi (un simbolo che ricorda una mezza foglia appuntita) i
“grovigli di frutta” presenti anche nelle stampe dei tessuti romagnoli.
Infatti, oltre alla somiglianza del motivo, così come nelle stampe romagnole anche la
foglia rumi appuntita degli islamici si innesta nella vegetazione diventando un groviglio,
una foresta che si sviluppa però sempre e solo in senso lineare, secondo una ripetizione
1
Baltrušaitis, J.: Il medioevo fantastico: antichità ed esotismi nell’arte gotica, Milano, Adelphi, 1973.
Harvey, J. H.: The Gothic World: a survey of architecture and art, London, Batsford, 1947.
3
Il mihrab è la parte alta della moschea che sovrasta la parte dell’edificio opposta all’ingresso, analogamente
all’abside delle chiese cristiane.
4
I marginalisti erano artisti che si dedicavano a decorare i “margini” dei fogli nei libri islamici.
5
Il motivo sufi prende il nome dal sufismo, la tradizione mistica della cultura islamica.
2
II
filiforme, che può seguire una linea diritta o curva, ma che ricorda sempre ciò che noi
oggi definiremmo “disegni in fila indiana”, e che si estende a tutto lo spazio bianco libero
del foglio.
Nel contempo le foglie creano sistemi vegetali e zoomorfi (uva, mele, pere, uccelli,
grifoni, anche questi presenti nelle stampe romagnole) che non appaiono statici, ma
sembrano agitarsi, allungarsi, contrapporsi, o sono falsamente speculari come nei disegni
di Escher6: pampini che danno avvio a trecce che si trasformano quasi in oggetti animati,
anche questi però formando sempre e solo lunghe file.
A sinistra la classica “foglia rumi” dei
marginalisti arabi; a destra un tipico
decoro parietale islamico.
Se confrontiamo queste decorazioni con
i motivi delle stampe romagnole possiamo
immediatamente notare che la linearità del
motivo esiste anche in questo caso (nel
senso di ripetizione di uno o più elementi
grafici nello sviluppo del disegno), ma vi si
aggiunge un senso di ripetizione quasi
ossessivo dell’intreccio colto nel suo aspetto
puramente geometrico, assieme ad elementi di specularità, come nei knots celtici, lunghi
nodi di funi o rami tante volte riproposti nei libri (anche in questo caso) nelle decorazioni
delle armi, nelle cinture, nei tessuti di tutti i paesi di quell’area culturale.
L’introspettività di questo gruppo etnico (o forse sarebbe più corretto chiamare tale
caratteristica, come qualcuno ha già fatto, “visionarietà celtica”) stimolata forse anche
dall’abitudine di mandare a memoria i punti salienti della propria cultura, induce non
solo alla ripetizione del motivo (quasi un concetto mantrico) ma anche ad una complicata
geometria che vuole mettere in crisi le leggi dell’ottica, proponendosi come un gioco che
sfida a trovare l’inizio e la fine di ogni intreccio.
In realtà la spiegazione più profonda è nel concetto mistico di quel popolo, che
immaginava l’al di là come un mondo nel quale le leggi della fisica (e quindi anche la
corporalità degli oggetti comuni) seguivano logiche diverse da quelle usuali.
La cultura celtica elaborò motivi semplici ma eleganti, che si svilupparono via via
verso forme sempre più complesse. Anche quando il cristianesimo si affacciò in quelle
regioni e sostituì le religioni pagane locali, i motivi grafici rimasero in vita, addirittura
sovrapponendosi ai simboli della cristianità senza cancellarli, ma neppure senza farsi
cancellare, creando così un sincretismo che finì per far nascere interessanti motivi, come
la cosiddetta “croce celtica”.
6
Nel mondo pittorico dell’artista olandese sono presenti i paradigmi della ripetizione ossessiva, della vera e falsa
simmetria, della prospettiva impossibile, in un’indagine dell’infinito che rimanda a mondi irreali.
III
In definitiva l’analisi delle due tematiche mostra una tecnica comune: sicuramente
semplice e molto elegante nel decoro islamico; più ripetitivo, fin quasi a sembrare
angosciante in quello celtico.
Decori (knots) dell’arte celtica.
Nelle stampe romagnole troviamo entrambi questi stili: un modo grafico un po’
visionario, sovrabbondante di motivi geometrici e floreali, con disegni che si rincorrono,
si sovrappongono, a volte rompono le concatenazioni fisiche per apparire
improvvisamente, al centro del tessuto, come elementi isolati ma che comunque
mantengono una certa eleganza, una morbidezza delle curve e dei contorni un po’
lontana dalle geometrie composte da elementi cilindrici, dalla durezza dei knots celtici.
Da questo nasce spontanea un’ipotesi.
Nel 1282, durante i disordini sociali che colpirono la Sicilia, gli isolani si opposero al
giogo dei francesi e scoppiarono tumulti in tutte le più grandi città dell’isola: fu
quell’episodio noto nella storia come i “Vespri Siciliani”.
A seguito di tali disordini parecchi artigiani siciliani, sicuramente portatori della
cultura islamica, magari inconscia, decisero di trasferirsi a Genova, Firenze, Venezia,
dove impiantarono le loro botteghe.
Sono forse loro ad ever portato i motivi grafici di quella cultura nelle nostre zone,
dove si integrarono con quelli della cultura celtica già da tempo radicata in Romagna?
Sappiamo, tra l’altro, che gli arabi continuarono a percorrere le zone costiere e le prime
colline romagnole per molto tempo anche dopo tale periodo, come pirati o mercanti.
Potrebbero essere nati, dall’eleganza dei decori arabi e dalla ripetitività dei knots
celtici le bordature riportate nei tessuti stampati romagnoli?
IV
Un’immagine pittorica rievocante
l’episodio storico dei Vespri Siciliani.
E come non ricordare che gli
antichi abitatori celti di queste zone
avevano già contaminato il loro
mondo artistico con quello etrusco,
come, a detta di molti studiosi
dell’arte, è testimoniato dall’ansa
dell’anfora trovata a Pisignano?7
Come risulta logico dalla scarsa
quantità
di
dati
addotti
a
giustificazione di questa ipotesi,
quanto detto non può valere che come ipotesi da verificare: occorrerebbe un’analisi
approfondita e scientificamente comparata delle tematiche presenti nei due casi presi in
considerazione.
Questo reclamerebbe comunque un confronto tra un numero elevato di schemi,
condotto da esperti del settore artistico, e non da semplici appassionati di cultura
romagnola.
L’eventuale conferma di questa ipotesi avrebbe indubbiamente un importante valore
artistico, ma non va dimenticato quello storico e di costume, in quanto porterebbe a
considerare la Romagna come la terra di pacifico incontro di culture diverse.
7
Questa particolare testimonianza archeologica è visibile al pubblico in quanto esposto al “Museo del sale” di Cervia.
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