La dimensione religiosa del bambino
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La dimensione religiosa del bambino
DICOESI DI CONCORDIA-PORDENONE UFFICIO SCUOLA FORMAZIONE INSEGNANTI SCUOLE DELL’INFANZIA FISM LA RELAZIONE COME LUOGO PER LO SVILUPPO DELLA DIMENSIONE RELIGIOSA DEL BAMBINO prof.ssa Franca Feliziani Kannheiser Pordenone, 21 febbraio 2009 Il brusio degli angeli Se il filosofo greco Talete poteva esclamare «Ogni cosa è piena della divinità», facendo riferimento ad una cultura che considerava il soprannaturale come il perno dell'esistente, oggi la presenza del trascendente nella vita dell'uomo sembra essersi ridotta a «un brusio di angeli» (Berger). Ma, sottolinea il sociologo viennese, «Se oggi i segni della trascendenza sono diventati dei brusii, allora ci resta la possibilità di farvi attenzione e di vedere che cosa significhino; e forse di risalire alla sorgente da cui provengono».3 Si tratta cioè di ripartire dall'uomo per ricercare, nella sua vita, quei «nodi di presenza» dove la realtà si libera dalla banalità e dalla superficialità per rivelarsi nella sua profondità e nel suo mistero. Due esperienze possono rappresentare i pilastri antropologici di un primo accostamento alla proposta cristiana L'esperienza della fiducia di base (Erikson) che si sviluppa nei primi anni dell'infanzia e che costituisce il fondamento di un atteggiamento positivo nei riguardi della realtà (capacità di accogliere e di dare, di amare e di accettare amore). L'esperienza del crescere e del divenire in un processo di crescente autonomia, orientato all'individuazione e alla realizzazione di sé, che emerge con prepotenza nell'età dell'adolescenza. La prima trova nell'annuncio della paternità di Dio giustificazione e garanzia; la seconda individua la sua «risposta» religioso-cristiana nell'annuncio dello Spirito, donato al cristiano per fare di lui una nuova creatura. Nell'arco tracciato da queste due esperienze-esigenze fondamentali che sottendono l'intera esistenza, si situano tutte quelle esperienze che rendono manifesta la domanda di senso e la vera natura dell'uomo come creatura di domanda e di desiderio. L'esperienza della nascita e della morte; della paura e della sicurezza; della colpa e del perdono; dell'isolamento e della condivisione; della disperazione che chiude in se stessi e della speranza che apre al futuro; del lavoro e della festa. CHIAMATI ALLA COMUNIONE In un recente convegno, A. Maria Rizzuto 1ha così sintetizzato il bisogno di relazione che attraversa l’esistenza del bambino e che può aprirsi all’esperienza della relazione con Dio. “Il bambino nasce indifeso e immaturo. Dopo il parto, le madri dispongono di neurotrasmettitori e di ormoni per mettere in atto comportamenti universali, spesso non consci, che rispondono in modo ottimale alla condizione immatura del bambino.Le funzioni mentali superiori della madre spronano il bambino a raggiungere nuovi stadi di sviluppo in un duplice modo: fornendo lei stessa 1 Rizzuto A. M., Capacità di credere. Considerazioni psicologiche sulla funzione del credere nello sviluppo personale e religioso. Intervento tenuto presso la Pontificia Università Gregoriana – Roma, 30 Marzo 2007 ciò di cui l’immaturità strutturale dell’infante ha bisogno e invitando in modo affettuoso il bambino a tenersi al suo passo, la madre porta il bimbo ad integrare la funzione materna di supplenza nella propria psiche. L’intenzione della madre e del padre di comunicare con i propri bambini nelle loro interazioni emozionali quotidiane crea le condizioni per quattro aspetti essenziali dello sviluppo normale: aiutano il bambino a legarsi in modo sicuro alle loro persone, con vincoli affettivi che si manifestano in contatti corporei complessi ed espressioni facciali e verbali; creano nel bambino il desiderio di vicinanza e gettano le fondamenta del suo successivo desiderio di intimità; invitano costantemente il bambino a procedere verso il prossimo passo evolutivo; e infine incoraggiano la curiosità autonoma del piccolo e la sua disposizione esplorativa a scoprire, coinvolgersi, giocare e controllare il mondo circostante condividendo il suo stupore pieno di eccitazione. Il loro modo di aiutare la prole si intreccerà con le modalità di attaccamento emozionale del bambino, con il senso di sicurezza in se stesso, con lo stile di interrogazione e di interpretazione della realtà così come con lo stile di ricerca della verità presente nel giovane. Le interazioni originarie con i genitori vengono assunte nelle rappresentazioni fondamentali di sé e dell’oggetto che condizioneranno le sue successive relazioni, inclusa la relazione con Dio. Quando il bambino diviene capace di avere un’idea di ciò che la parola «Dio» può significare, farà ricorso alle rappresentazioni dei genitori per dare una forma a un essere di cui i genitori gli hanno parlato con riverenza, ma che è sorprendentemente assente dalla vita concreta.” Esiste, dunque, secondo Rizzuto , una legge inconscia e dominante nello sviluppo, cioè la compenetrazione tra l’ambiente umano e l’individuo che si sviluppa. Essa raggiunge il suo culmine nel desiderio conscio e permanente del cuore umano: la comunione con l’altro. Questa comunione è un’esperienza insieme reale ma inafferrabile che tocca il mistero dell’essere umano. La fiducia di base, frutto di relazioni positive e presupposto antropologico di una positiva esperienza religiosa La fiducia di base che il bambino sviluppa nei primi rapporti positivi con la madre rappresenta “lo sfondo di sicurezza” (Sandler, 1960) su cui possono crescere tutte le altre relazioni anche quella con Dio. Lo sguardo della madre che lo rispecchia con tenerezza e che gli rimanda l’immagine di se stesso come persona degna di essere amata è la prima esperienza che il bambino userà per costruire la sua rappresentazione di Dio. Se la funzione di specchio dei genitori è inadeguata, allora il bambino può rifiutarsi di riconoscere che in realtà lo specchio è sua madre e fissarsi all’oggetto che lo ritrae: egli non saprà vedere oltre lo specchio e “lo specchio diventa un oggetto da guardare, ma non in cui guardare” (Winnicott). Il rispecchiamento dei genitori può anche fallire perché l’immagine del bambino che essi riflettono non è reale. Essi esaltano il bambino per soddisfare i loro bisogni . Questo fa si che il bambino non si senta accettato per ciò che è e si avverta sempre inadeguato rispetto ai desideri irrealistici dei suoi genitori. Questa esperienza potrebbe condizionare anche il suo rapporto con Dio (una paziente della Rizzuto sentiva che per essere gradita a Dio, doveva essere “un’altra persona”). Quando lo stadio dello specchio evolve positivamente, il bambino è in grado di distinguere tra sé e la madre ( i genitori); egli è in grado di elaborare rappresentazioni non solo della realtà esterna ma anche dei sentimenti interiori, così da distinguerli l'uno dall'altro (anche di dar loro un nome), attribuendoli a se stesso e differenziandoli dai sentimenti altrui. Il bambino che può rilassarsi (Winnicott) perché felicemente rispecchiato dai suoi genitori, può dedicarsi a costruire quella zona intermedia tra realtà esterna ed interna in cui può fantasticare e “giocare” con gli oggetti transazionali tra cui metterà anche Dio. Il bambino fantastica su Dio che immagina in modo antropomorfico. La realtà di Dio, rispetto agli oggetti creati dalla sua fantasia, gli viene confermata dalle persone che ama che gli parlano di Dio e si rivolgono a lui nella preghiera. IL PICCOLO ESPLORATORE Un bambino sano e amato è curioso: le braccia della mamma diventano una base da cui partire per esplorare il mondo. Già a 2 anni, è incuriosito dal mistero delle cose e dalla loro origine. E’l’età dei grandi “perché”che manifestano la sua sete non solo di conoscenza ma anche di relazione: che ha a che fare questo con me? Sembra chiedere, mentre domanda da dove viene la notte o perché si fa giorno. «Ogni bambino deve sondare l'immensità e l'infinito. Lasciamo che li chiami come vuole: acqua, fuoco, morte, Dio, mondi, stelle. E in un modo e in un altro deve distribuire la sua curiosità e il suo stupore prima di aver articolato molte risposte consolidate». Di fronte a un mondo pieno di meraviglie che si rivela al suo sguardo egli assume contemporaneamente l’atteggiamento del piccolo contemplativo e del piccolo scienziato: affascinato dalla bellezza, soprattutto della Natura, si rivolge con gioia, piacere, stupore, gratitudine alla realtà che lo circonda fino a giungere all’intuizione di un Essere grande e buono che tutto dona Seguendo la catena della causalità, egli giunge a Dio creatore che immagina come una persona, anche se più potente. Entrambe le esperienze sono di fondamentale importanza per l’educazione religiosa. B. Grom riporta il ricordo di un adulto relativo a una passeggiata fatta da bambino: “Dove vivevano i miei nonni fiorivano cespugli di biancospino ai margini di un prato di anemoni blu. Il sabato pomeriggio feci una passeggiata accompagnato dall'amica di mia madre. Quel giorno il cielo era coperto e noi entrammo nel bosco. Improvvisamente giungemmo a un pendio, costellato da centinaia di anemoni blu. Eccitato corsi verso il pendio e vidi, oltre il rosseggiare delle foglie d'autunno, quel "cielo azzurro" disteso ai miei piedi. Danzando di gioia colsi alcuni anemoni. I pistilli bianchi in mezzo ai petali blu mi apparvero come stelle nel firmamento. La sensazione di giubilo che mi avvolse era come un calore benefico; da questo momento seppi, non so come ma con incrollabile certezza, che in questo "azzurro" fondamentalmente tutto è buono, e provai un sentimento di fiducia che non mi abbandonò mai, nemmeno nei momenti più difficili. Insieme a questa esperienza fondamentale ebbi in dono il desiderio di comunicare ad altri un po' di questa bellezza". L’esperienza della bellezza del mondo si fonde con la percezione della sua bontà e porta il bambino a un’accoglienza fiduciosa della vita: egli non solo si sente accolto e amato, come parte di tutto questo, ma si apre anche al riconoscimento di un valore che supera il proprio corpo e il proprio io e che suscita in lui sentimenti di apprezzamento, di amore, di interesse e di gratitudine. La natura nella sua bellezza e ricchezza inizia ad acquisire carattere di segno: dietro il dono c’è un donatore. PER UNA PRIMA SINTESI Il bambino dai 3 ai 5 anni vive nella relazione con figure adulte di riferimento da cui ricevere amore e a cui affidarsi con piena fiducia. Nel volto amorevole del’educatore egli vede rispecchiato il volto di un mondo buono che lo accoglie e il volto di Dio creatore e Padre. L’amore dell’adulto è per lui la base sicura da cui partire per esplorare il mondo. Egli si pone infinite domande anche riguardo all’origine delle cose.. Si apre con ammirazione e stupore al mondo che esperimenta come nuovo e ricco di bellezza. L’educazione religiosa porta il bambino ad approfondire le esperienze di fiducia, meraviglia, domanda attraverso il simbolo, la narrazione, il gioco, favorendo il passaggio dalla meraviglia alla gratitudine, da un senso indifferenziato di fiducia nella vita alla relazione con il Dio Persona rivelato da Gesù. In rapporto con gli OSA, essa dovrebbe sviluppare la concezione di: Dio, Padre buono, fonte di vita per gli uomini e per il mondo che si prende cura dei suoi figli e li invita ad amare con lui. Gesù, l’amico che fa conoscere l’amore di Dio attraverso le sue parole e i suoi gesti d’amore La comunità che egli fonda, la chiesa, come una famiglia da cui nessuno è escluso e in cui si può sperimentare la gioia della condivisione e del perdono. Nella chiesa s’impara a vivere il “grazie” per tutti i doni di Dio. Esperienza generatrice: il dono DOMANDE DI SENSO 3 - 5 anni scuola infanzia Origine delle cose CONCEZIONI RELIGIOSE Dio creatore e protettore ESPERIENZE NUCLEARI Sperimentare accoglienza e amore anche attraverso il contatto fisico Stupore e ammirazione Gusto del movimento e del gioco Esplorazione curiosa dell’ambiente Gioia di fare domande e di avere risposte dall’adulto La vita e la fede attraverso i simboli L'accesso a queste esperienze e alla comprensione del loro significato può essere favorito da simboli guida che accompagnano il bambino e l'adulto nell'esplorazione di queste realtà. _ Il simbolo delle braccia materne e della mano che esprime l'esperienza di sentirsi «portato» dalla vita, di essere parte integrante di una totalità. _ Il simbolo del buio e della luce come passaggio dal non-essere all'esistenza: la luce, come l'acqua, è simbolo di nascita, di vita. _ Il simbolo del pane e della mensa, segno di condivisione e di comunione, di uscita dall'emarginazione e dall'isolamento per diventare comunità. _ Il simbolo della festa in cui si manifesta l'esperienza fondamentale della gratuità e del dono senza la quale non ci sarebbe religione (che è essenzialmente scoprirsi «donato», «salvato») e da cui ogni religione mutua i concetti di «grazia» e di «salvezza». _ Il simbolo della «strada», che esprime l'esperienza del distacco, dell'uscita, finalizzata al divenire e alla crescita verso nuovi orizzonti. Attraverso questi ed altri simboli primari, il bambino e l'adulto possono cogliere «l'altra faccia» della realtà, quella aperta al mistero e al trascendente, per cui cose e persone sono segno e presagio. L'obiettivo educativo è quello di guidare a guardare l'«ovvio» (nel suo significato di ciò che ci viene incontro «ob viam», sulla strada) con occhi più perspicaci e attenti, passando da uno sguardo superficiale al «vedere con il cuore». Immergendosi nella quotidianità, vissuta con consapevolezza, l'adulto e il bambino di oggi possono incontrare, nel cuore di una società secolarizzata, i segni della trascendenza, proprio come quegli uomini di cui parla la Lettera agli Ebrei, che in mezzo alle cose del mondo «hanno dialogato, senza accorgersi, con gli angeli». (Ebrei 13,2).