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“romapoesia” 2010 LA CARICA DELLE SETTANTA POETE Con il titolo “poEtiche”, l’edizione di quest’anno della manifestazione capitolina è stata tutta ‘al femminile’. La co-direttrice (con Maria Teresa Carbone) del festival traccia un ideale bilancio, sottolineando la volontà di indicare nella scrittura in versi, la meno omologabile e mercificabile, il luogo eletto di resistenza e di rivolta politico-culturale contro la continuata, quotidiana esposizione del corpo delle donne, sia come corpo-vittima, che come corpoporno. La poesia delle donne come strumento di confronto con l’utopia femminista del linguaggio di genere? ___________________________________________________________________________ di Franca Rovigatti Sulla “nostra” settimana abbiamo scrutato le previsioni meteo per quindici giorni: tutte dicevano pioggia e temporali, con qualche breve schiarita. L’anima s’era attrezzata. Invece Roma è stata di buon cielo, e le nuvole sono state uno spettacolo, gonfie e bellissime come sono quest’anno, che sembrano uscite dai quadri di Salvator Rosa. Solo la sera di mercoledì 13 c’è stata una vera pioggia e temporale: e la gente che si accalcava, premendo alle finestre dal cortile della John Cabot University per sentire Anna Cascella e Dacia Maraini e Maria Luisa Spaziani e Moira Egan e Silvia Bre erano cupole di ombrelli colorati. Abbiamo cominciato a pensare a questo festival, Maria Teresa Carbone e io, a maggio. Abbiamo all’attivo insieme, oltre che l’amicizia, due riuscite edizioni di romapoesia (1999 e 2000) in co-direzione con Nanni Balestrini. Questa volta, sole, volevamo un festival interamente dedicato alla poesia delle donne. Ci spingeva (continua a spingerci) l’ormai quasi totale estraneità e disagio di ogni donna pensante di fronte a un mondo, quello italiano, divenuto irriconoscibile e osceno, fuori da ogni reale pensabilità. Nel cui racconto siamo straniere. Ci spingeva (continua a spingerci) l’ormai annosa, continuata, quotidiana esposizione del corpo delle donne, sia come corpo-vittima (quante donne sono state uccise quest’estate!), che come corpo-porno. Le donne sono ridotte al corpo, e la loro carne è resa in sacrificio. Ci spingeva (continua a spingerci) la poca, quasi nulla, responsabilità e visibilità e presenza e voce delle donne nelle decisioni che regolano e condizionano le nostre vite. Terribile, sapendo poi quanto le donne sono più competenti ed efficaci. La poesia è, tra le scritture, la meno omologabile e più capace di visione. Così abbiamo pensato: per le donne, quale specchio può essere migliore della poesia delle poete? Nello squallore e mercificazione in cui siamo immerse, quale altro strumento può meglio permettere il confronto con l’utopia femminista del linguaggio di genere? Siamo partite sapendo che non avremo soluzioni e risposte a breve termine, che “poEtiche” è nato, ma non finisce qui. Che ci vorrà forza e pazienza (e anche forza e leggerezza – come ci augurava antonella bukovaz alla vigilia del festival!). Su queste premesse il festival è nato. E su una pratica di grande attenzione: sia alle persone, che alla scelta dei luoghi, che alla gestione economica. Immediatamente, fin dalle prime telefonate, abbiamo avuto dalle autrici invitate una risposta fortemente, caldamente positiva. Questo ci ha confermato che il progetto arrivava al momento giusto, assolveva a un bisogno. Noi siamo davvero grate alle poete di “poEtiche”, ci hanno dato più forza di quella che sapevamo di avere. Cielo clemente, dicevo prima, e donne sapienti. Settanta poete insieme: poesia lineare, performativa, sperimentale. Video e basi cd. Lettura e recitazione a memoria. Decane e giovanissime e di mezza età e anziane. Insieme per le strade dei quartieri, nelle scuole, nelle biblioteche e atelier e librerie. Insieme a parlare, leggersi l’una l’altra, mangiare. Insieme a dormire nelle case di altre poete e alla Casa delle Donne. Insieme in viaggio per venire e per tornare. Nascendone conoscenze, ri-conoscimenti e ri-conoscenze, premesse e promesse, progetti. Il festival si è fittamente svolto dall’11 al 17 ottobre 2010 disseminandosi in molti quartieri di Roma: da Monteverde al centro storico, a Trastevere, al Flaminio, a San Lorenzo, al Pinciano, a Marconi, al Pigneto, al Tiburtino Terzo, a Spinaceto. E nella scelta dei luoghi abbiamo privilegiato le scuole pubbliche e le pubbliche biblioteche, perché davvero crediamo nella loro importanza per la creazione e diffusione della cultura e del pensiero. A proposito di questo muoversi, spargersi del festival un po’ ovunque per Roma, nel ricevere il programma Ida Travi ci ha scritto: “quell’aria di movimento che questo evento sembra trasmettere sparso com’è per tutta la città... è come qualcosa di sparso che aduna... come togliendo dalla confusione: sì, in questo romapoesia sotto sotto (ma chiarissimo) c'è un tono politico che accompagna il tono ‘poetico’... e parlo della politica delle donne, non di quella politica orrenda che stiamo subendo orrendamente. Parlo di quella politica poetica fatta da donne ancora decise a tenersi la loro testa e la loro faccia. Il loro stesso linguaggio... Meglio ancora parlo di una POETICA DELLA POLITICA tutt’altro che tenera, parlo di realtà.”