I giovani ricordano la SHOAH allegato
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I giovani ricordano la SHOAH allegato
Premessa I giovani ricordano la Shoah. Quando cominciamo a studiare la storia, ci viene detto, dai nostri insegnanti , che essa è la disciplina che analizza il passato, per capire il nostro presente e migliorare il nostro futuro. La Shoah è sicuramente un evento tragico nella storia dell’umanità, nella nostra storia di cittadini europei. Tante sono le manifestazioni e le forme di trasmissione della memoria di tali avvenimenti: libri, documentari, film, interviste dei sopravvissuti, memoriali , musei. Ognuna di queste forme stimola in modo diverso la conoscenza suscitando forte commozione. Non è facile parlare della Shoah e di tutte le vittime del folle odio che in quei tremendi anni ha invaso la nostra Europa. 1 Noi non riusciamo a trattenere le lacrime, noi non riusciamo a guardare, se non inorriditi, foto di esseri umani privati della loro umanità, noi non riusciamo ad ascoltare, se non silenziosi e increduli, i racconti e le informazioni dei nostri insegnanti. In che modo conoscere i fatti e in che modo, contemporaneamente, onorare le vittime? Forse cercando di capire, entrando nella storia, nei fatti, cogliendo alcuni punti di vista, concentrandosi sui sentimenti, creando qualcosa di nostro che nasce dalla realtà, ma che plasmiamo noi e che ci fa avere la sensazione di aver condiviso e fatto nostro un passato che non vogliamo più rivivere. Noi non vogliamo che tanto sacrificio umano sia stato invano. Noi presentiamo poesie e racconti nostri, che nascono dalle nostre emozioni e dai fatti reali con l’intento di unire simbolicamente un passato di odio 2 e sopraffazione, con un presente di speranza e un futuro di pace. Ci siamo calati in alcune situazioni che si sarebbero potute verificare, abbiamo provato a capire alcuni punti di vista, come quello del piccolo Otto, bambino tedesco che non riesce a capire perché i suoi genitori provino soddisfazione nel fatto che egli debba rinunciare al suo caro amico; o come quello dell’operaio Hans che vede naufragare il suo grande amore nell’ odio razziale, o ancora quello del soldato tedesco che in un solo attimo capisce il dramma di tanti uomini, e quello della giovane Berta che, il 9 Maggio 1950, annota sul suo diario l’evento della nascita di una cooperazione europea con l’auspicio di un futuro di pace in grado di dare una senso al triste passato. Inoltre, nel nostro percorso di scrittura di emozioni e sentimenti, abbiamo incluso l’esperienza di nonno Carlo, il nonno di uno di noi, il quale ha provato 3 l’angoscia e il terrore di una dura prigionia che lo ha sottratto all’amore della sua famiglia e lo ha reso partecipe del tragico destino inflitto a tanti in quegli anni. Infine abbiamo dato voce alle nostre emozioni attraverso componimenti, che non abbiamo la pretesa di definire poesie, ma che sono nate spontaneamente dal nostro cuore e dalla nostra sensibilità. Come cittadini italiani e cittadini europei vogliamo diffondere un messaggio di pace, di speranza, di amore perché solo credendo fermamente in questi valori, che sono alla base della civiltà, e convincendoci tutti che è dovere di tutti, si può davvero costruire un mondo migliore. 4 Le nostre poesie 5 Per loro Per loro e per quanti come loro, solo un pensiero era da non dimenticare: dietro le reti spinate dovevan stare. Per loro e per quanti come loro, la crudeltà era riservata: i tedeschi ammazzavano. Per loro e per quanti come loro, sapevano odiare: non erano più essere umani. Né loro, né gli altri. Tutti rinchiusi : gli uni nel dolore più atroce gli altri nell’illusione più folle. 6 7 Guardo il cielo Guardo il cielo, continuo a pensare per non dimenticare che erano di persone come noi, come me, quelle vite dileguate nel dolore. Guardo il cielo, continuo a pensare per non dimenticare che erano di persone come noi, come me, quelle vite attanagliate dall’odio. Arduo sperare di immaginare la sofferenza; Arduo sperare di capire il perché. Chi è capace di spiegare? Chi è capace di dimenticare? Chi vuole sperare in un domani di pace. 8 ODIO SONO SOLO DELLE PERSONE IN GABBIA: CONTRO ODIO POTERE E RABBIA. UCCISO DA UN SERGENTE MORIRE COSI’ TRAGICAMENTE, VIVERE NEL FANGO E NEL LETAME LAVORARE SOLO PER UN PEZZO DI PANE L’ACQUA SPORCA E PUTREFATTA E PER IL FREDDO NEANCHE UNA GIACCA IL COMANDANTE UN UOMO CRUDELE CHE TI UCCIDE SE NON GLI SEI FEDELE MA ALLA FINE SONO STATI LIBERATI PERCHE’ LE ASCOLTATE. LORO PREGHIERE 9 SON STATE 10 Fiori, Fiori! Fiori, Fiori! Dove c’è guerra e odio. Fiori, Fiori! Strappati per la malvagità. Fiori, Fiori! Per far tornare la pace nel mondo, là dove la guerra porta un’ altra volta crudeltà e dolore. Fiori, Fiori! E colori, e sorrisi, e parole e ricordi, e lacrime,e propositi per tutti quelli che mai più torneranno e per tutti quelli che continuano ad esserci. 11 Parole Dov’ è il significato delle parole? Nel dizionario, mi ha suggerito un amico. Nelle nostre azioni, mi ha detto il maestro. Nel nostro cuore, mi ha fatto riflettere la storia. Odio, umiliazione, dolore, sopraffazione le ho lette tante volte e ogni volta ho sentito al cuore un vuoto! Speranza, pace, gioia, amore le ho lette poche volte, ma ogni volta il mio cuore ha sussultato! Da adesso queste sono le parole della storia che voglio vivere, della storia di cui voglio essere il protagonista, per dare un senso al passato e un valore al domani. 12 Come un melograno Come un melograno, perché ha un sapore aspro. Come un melograno, perché non piace a tutti. Come un melograno, perché è un frutto che non tutti conoscono. Come un melograno, alle fine lascia comunque un sapore dolciastro. Come un melograno, perché ci sono troppi “chicchi”. Come un melograno è un’ idea coltivata da qualcuno. Come un melograno, perché all’inizio non tutti sapevano che cos’era. 13 La Memoria Il volto è rigato da una lacrima: è la commozione; lo stomaco si stringe in uno spasmo: è il disgusto; il cuore impazzisce di colpi: è la rabbia; La mente si arrovella prepotente: è l’impotenza; Il passato è presente, ostinato sarà futuro: è la Memoria. 14 Mai più! Mai più, mai più, mai più! Quante volte ho udito queste parole… eppure ogni giorno in ogni angolo del mondo c’è una SHOAH: un paese distrutto, un uomo diviso, una donna violentata, un bambino picchiato. Mai più, mai più, mai più! Risuonano ancora queste parole nella mia mente. Eppure ogni giorno in ogni angolo del mondo c’è una SHOAH: un paese dilaniato dalle bombe, un uomo privato delle vita, 15 una donna a cui è stato tolto il figlio, un bambino sempre senza sorriso. Mai più,mai più, mai più! Provo una forte emozione quando penso a queste parole… eppure ogni giorno in ogni angolo del mondo c’è una SHOAH: un paese ridotto in schiavitù, un uomo che supplica pietà, una donna che rinuncia al figlio, un bambino solo e abbandonato. Mai più, mai più, mai più! Ora smetto di pensare! Ora voglio fare, ora voglio costruire, ora voglio realizzare… un mondo di PACE 16 una vita di SPERANZA Affinché: un paese rinasca; un uomo riacquisti la sua dignità; una donna sorrida al suo bambino; un bambino guardi il cielo con stupore. 17 I nostri racconti 18 L’operaio Hans -Ciao Hans, come va’?- mi urlò Johanna dal finestrino dell’auto in corsa. Feci in tempo a salutarla con un cenno della mano, sinceramente divertito della sua spontaneità. Johanna era sempre stata una ragazza solare, dolce e altruista. Dove arrivava lei arrivava anche la gioia. Non avrei saputo rispondere, però, alla sua domanda. – Come va’?- Già, come va? Sono anni duri questi; ci lasciamo alle spalle l’inferno, ma l’inferno è del tutto trascorso? Bhe , grazie ad Hitler, finalmente, si può dire proprio di sì: la Grande Germania sta recuperando quanto le avevano depredato!- Dinanzi alla vetrina del caffè ero indeciso se entrare o meno a bere qualcosa. L’odore di pasticcini mi fece balenare un’idea. Quella sera avrei chiamato Johanna per invitarla a cena fuori. -Bravo Hans! Ottima pensata quella di cenare insiemeJohanna era bellissima. I suoi occhi lucenti, rassicuranti mi guardavano con esultanza. Portava i capelli sciolti e il loro colore nero carbone esaltava in modo meraviglioso quegli occhi azzurri: sembrava una principessa. Le sorrisi e lei ricambiò. Indossava una gonnellina di flanella grigia e una camicia rosa pesca. 19 Conoscevo Johanna da diversi anni e tra noi c’era sempre stata un’intesa speciale. Ebbi così il coraggio di chiederle -Vuoi sposarmi?-. Lei, felicemente, accettò. L’indomani sarei dovuto partire per lavoro alla volta di Norimberga, e restarci una quindicina di giorni per cui accompagnai Johanna a casa e la salutai con un lungo abbraccio e la promessa che sarei rientrato al più presto. Il mattino seguente informai i miei genitori della lieta notizia. Mio padre mi fissò a lungo, con uno strano cipiglio, poi di fronte al mio sguardo interrogativo disse – Johanna Meyer?- Certo, Johanna Meyer! La conoscevano da tempo, la adoravano anche loro , ma perché tanta perplessità? Annuii e, poiché ero in ritardo, li salutai e partii per Norimberga senza ulteriori spiegazioni. Quel viaggio fu per me una rinascita. Ebbi la fortuna di imbattermi in un gruppo di sostenitori di Hitler. Li ascoltavo esaltare quell’uomo e la mia nazione e mi accorgevo che quelle parole corrispondevano pienamente al mio pensiero. La Germania era costituita da Ariani, una razza superiore che doveva innalzarsi sulle altre e assoggettarle. 20 Dovevamo liberarci di tutta quella gente debole e inutile, e soprattutto di quegli ebrei che erano sempre stati dei parassiti. Tornai a casa, fiducioso e motivato a seguire il cancelliere, il Führer , come avevano cominciato a chiamarlo tutti. Lui ci avrebbe condotti alla gloria! Corsi da Johanna: il Führer ci avrebbe regalato il futuro che sognavamo. La trovai in strada assieme ad un gruppo di gente. Sembrava che andassero tutti in una stessa direzione guidati in malo modo da dei soldati. Ma perché era finita lì in mezzo? La chiamai. Lei si voltò. Mi sorrise. Aveva perso un po’ della sua solita luminosità. Il mio sguardo cadde sulla stella gialla che spiccava sul suo golfino blu. Era un’ebrea, una nemica. Provai disgusto: me lo teneva nascosto la vigliacca. Johanna capì subito, deglutì, si mostrò impassibile, si girò e continuò il suo cammino fieramente. Non la rividi mai più. 21 Il mio sguardo cadde sulla stella gialla che spiccava sul suo golfino blu. Era un’ebrea, una nemica. 22 Provai disgusto: me lo teneva nascosto la vigliacca. 23 Il piccolo Otto. Quel giorno ero per terra e giocavo con il mio trenino di legno, il regalo del nonno Hans. Sentii sopraggiungere i miei genitori nella stanza, erano concitati e febbrili. -Finalmente, era ora!- esclamò la mamma a mio padre – con quella pelliccia sempre in mostra, gli orecchini, le calze di seta, ladri! Miserabili!- Sembrava che la mamma si fosse liberata di un acerrimo nemico di cui non avevo saputo dell’esistenza fino a quel momento; sembrava felicemente vittoriosa di una difficile battaglia. Papà, anche lui molto soddisfatto, annuiva con la testa e ripeteva -già, già - mentre fumava la sua pipa. Sul mio viso affiorò un sorriso, mi sentivo felice per i miei . Era da un po’ di tempo che li vedevo sempre nervosi, bruschi, persino con la signora Levi, la mamma di Isaia, il mio migliore amico. Non accettavano più che giocassimo insieme, eppure lo avevamo sempre fatto con il massimo divertimento. Isaia era sveglio, inventava sempre situazioni di gioco avvincenti e io lo seguivo nelle sue fantasie. 24 Quel giorno ero per terra e giocavo con il mio trenino di legno, il regalo del nonno Hans. 25 La signora Levi aveva sempre un buon odore e preparava i biscotti al miele più buoni del mondo. Ma erano giorni che mamma e papà non mi permettevano di andarli a trovare, né Isaia era venuto a cercarmi. Forse era proprio quello il momento opportuno. Mamma e papà, così contenti, non avrebbero avuto il coraggio di dirmi di no. -Mamma- le andai incontro abbracciandola – Mamma, posso andare da Isaia?- Non me lo sarei mai aspettato. Mi guardò furiosa. -Non nominare più quella gente- parlò con risolutezza. La mia confusione diventò ancora più grande. Papà aggiunse – Ci siamo liberati di loro, la Germania si è liberata di quegli ebrei ladri e inutili.- Allora, mamma e papà avevano “sconfitto” la famiglia di Isaia! Erano loro i nostri acerrimi nemici? Per quanto ci pensassi, non riuscivo a farmene una ragione. Avevo capito tuttavia che non potevo parlarne con i miei genitori. Isaia però mi mancava, mi mancava tanto. Ma cosa avevano mai fatto? A me non sembravano cattivi. Mi avevano sempre trattato con gentilezza. 26 Senza pensarci ritagliai una stella di carta , come quella che da un po’ di tempo Isaia e i suoi erano tenuti a portare sui vestiti. Mentre la coloravo di giallo, entrò la mamma in camera. Vide la stella. L’afferrò e la fece in mille pezzi. Mi diede un ceffone e mi ordinò di andarmene a letto senza cena. Sotto le coperte piansi silenziosamente. Non capivo. Isaia era il mio migliore amico. Dopo poco, la mamma entrò in camera per mettere a letto Helda, la mia sorellina. Sperai in qualche sua parola di conforto. Niente. La sentii, invece sussurrare con Helda la solita preghiera della buonanotte: - Caro Führer: come amiamo papà e mamma amiamo te. Come apparteniamo a papà e mamma Apparteniamo a te Prenditi, o Führer, il nostro cuore e la nostra fedeltà.-* *Tratto da Donne del Terzo Reich, Claudia Koonz 27 Allora, mamma e papà avevano “sconfitto” la famiglia di Isaia! Erano loro i nostri acerrimi nemici? 28 Il soldato Ludwig . Ludwig, come tutti i giorni, perlustrava il campo. -Soldato,- si sentì chiamare con tono imperioso da un ufficiale- uccidi questa donna, non serve più.Il soldato Ludwig si avvicinò L’ufficiale era già andato via. prontamente. Vide quella donna: era allo stremo, piena di piaghe e tremendamente magra. Era , però, ancora giovane. Un soffiò di vento gelido sferzò ad entrambi il viso. Per Ludwig fu come risvegliarsi da un sonno ipnotico. Ma che cosa stavano facendo? Aveva visto arrivare in quel campo tanti uomini, donne e bambini. Erano tutti, o quasi, ridotti in quel modo, quelli che non erano già passati a miglior vita! La donna si accorse di quell’esitazione e, tremante, cominciò a parlargli: era una mamma che aveva perso di vista i suoi due piccoli, da quando era lì. Perché lei, aveva una famiglia, un marito due bambini. Voleva riabbracciarli. 29 La sua vita era stata bellissima fino a quel momento. 30 La sua vita era stata bellissima fino a quel momento. Ludwig fu colpito da queste parole e fu colto da un atroce dubbio: compiere il suo orribile dovere o lasciarla fuggire verso una speranza? Decise in fretta. Prese la donna sulle spalle e la portò vicino al filo spinato. Un soldato lo vide e lo rincorse. La donna riuscì a scappare dal campo. Ludwig fu preso. Venne giustiziato in un attimo con un colpo di pistola alla tempia. Prima di morire vide la donna che correva lontano verso la libertà, verso la vita e questo lo rese felice. La sua morte non era stata vana: aveva salvato una persona, una donna, una madre. Chiuse gli occhi fortunatamente prima di vedere che pochi metri più in là quella donna era stata raggiunta e uccisa proprio come lui. 31 Ludwig fu colpito da queste parole e fu colto da un atroce dubbio: compiere il suo orribile dovere o lasciarla fuggire verso una speranza? 32 Mio nonno Carlo Non ho mai conosciuto mio nonno, anzi il mio bisnonno, ma il termine bisnonno lo fa sembrare tanto lontano. Lui , invece, è sempre presente perché, nonna Anna, sua figlia, ci racconta sempre della sua triste esperienza. Agli inizi del 1943, i miei bisnonni si sposarono e vissero a Napoli insieme alla famiglia perché , a quei tempi, si viveva tutti insieme per la poca disponibilità economica. Erano giorni difficili anche perché l’Italia viveva in una grande confusione: il Fascismo era caduto e Il governo, aveva firmato l’armistizio con gli alleati. I tedeschi, erano diventati da amici, nemici “traditi”. Una sera, il nonno uscì da casa con suo cognato per comprare del tabacco da fumare. In cerca del tabacco, si ritrovarono per strade buie, quando all’improvviso si imbatterono in un gruppo di soldati tedeschi che cominciarono ad inseguirli. Il cognato riuscì a fuggire, ma nonno Carlo fu catturato e portato in capannoni grandissimi assieme ad altri uomini, donne e bambini. 33 Cominciarono per lui, prigioniero, lunghi giorni tristi così come per chi attendeva il suo ritorno a casa. Passavano il tempo a scavare fosse profonde, mangiavano solo un tozzo di pane. Molta gente, il nonno, non la vedeva più tornare al capannone e quindi pensò che prima o poi sarebbe toccato anche a lui. Una sera i tedeschi erano brilli e ridevano e cantavano. Il nonno si accorse di una vecchia fisarmonica abbandonata in mezzo a tante altre cose vecchie. Cominciò a suonarla. Fu la sua salvezza perché i tedeschi apprezzarono la musica e gli gridarono – gut, gut – Da quel giorno cominciarono a trattarlo diversamente, fornendogli cibo e acqua aggiuntivi. Nel capannone c’era un bimbo che aspettava il suo rientro con gioia perché nonno Carlo aveva qualcosa da mangiare anche per lui. Quando nel 1944, finalmente, l’Italia fu liberata, fu liberato anche nonno Carlo che poté tornare dai 34 suoi cari, i quali avevano cominciato a crederlo morto. Nella casa dei miei bisnonni c’è sempre stata la fisarmonica, una reliquia, il ricordo concreto di quei momenti. Quando mi dicono che ho lo stesso carattere del nonno, mi inorgoglisco e sento di riuscire a provare lo strazio e le sofferenze che deve aver subito. Ogni tanto mia nonna Anna, per mantenere vivo il suo ricordo, ci racconta la sua storia e allora io piango e capisco che gli voglio tanto bene e che solo così, attraverso la memoria, potrò averlo per sempre nel mio cuore. 35 Nella casa dei miei bisnonni c’è sempre stata la fisarmonica, una reliquia, il ricordo concreto di quei momenti. 36 Berta 9 Maggio 1950 Caro diario, oggi sembra essere una giornata diversa dalle solite, finalmente. Passeggiavo stamane per le vie della città, splendeva il sole, ma continuavo ad avvertire quel freddo che non mi ha mai abbandonato da quando sono entrata nel campo di Auschwitz. Ho sentito degli uomini parlare di un certo Konrad Adenauer, e di Robert Schuman e ancora di un certo italiano, De Gasperi, mi sembra. Pare che questi uomini stiano progettando di creare una comunità di stati europei, una cooperazione economica, forse… Mi informerò meglio, ma quello che posso dirti è che ho cominciato a provare un po’ di calore. In quel campo maledetto ho perso tutta la mia famiglia; io sono sola e devo ringraziare Emma, quella cara e vecchia amica di mia madre, che mi ha accolta dopo la liberazione da Auschwitz e ha 37 provato a restituirmi l’affetto di una famiglia, se sono ancora in questo mondo... Se gli Stati mettessero da parte i conflitti e accomunassero le loro risorse per il bene di tutti, sarebbe davvero come essere ancora in questo mondo, perché finora questo mondo ha prodotto tanto dolore e umiliazione, e … morte. Nonostante i miei vent’anni, so di non aver vissuto e so di non vivere veramente. Mi sento un’ombra. Mi viene in mente quella volta in cui nel campo, anche quella era una strana giornata di sole, io e le mie sventurate compagne di prigionia fummo picchiate selvaggiamente perché avevamo osato parlare tra di noi. Ci scambiavamo spesso parole di incoraggiamento, preghiere di speranza, ma venivano considerate commenti di ribellione. Quanto abbiamo pianto e quanto continuo a piangere. Io sono ebrea, tu lo sai. Abbiamo patito tante sofferenze. Non avrei mai immaginato di essere trattata così da altri uomini come me. 38 Caro diario, cosa si può fare perché ciò non accada mai più, perché altri non subiscano gli stessi abusi? Però, l’idea di una grande nazione, una nazione che unisca tutti i popoli d’Europa nel rispetto della diversità di ognuno, darebbe un senso al triste passato. Un’unica bandiera a cui aggrapparci, che ci faccia sentire uniti nella diversità. Caro diario, Sono una ragazza. Io sono sopravvissuta alla guerra però della mia famiglia non mi è rimasto niente. Quanto ho ascoltato oggi da quegli uomini potrà essere un domani una notizia entusiasmante? Finalmente qualcuno ci sta pensando: gli uomini non avranno più bisogno della guerra, ma di unione. Appartengo alla generazione sbagliata, quella che ha sofferto, che si porterà addosso le cicatrici, ma le future generazioni potranno contare su ideali veri, sani? Ci sarà la pace nel mondo? Sarà una nuova epoca? 39 Appartengo alla generazione sbagliata, quella che ha sofferto, che si porterà addosso le cicatrici, ma le future generazioni potranno contare su ideali veri, sani? 40 Indice Premessa pag. 1 I nostri racconti pag. 18 Le nostre poesie pag. 5 41