L`OFFICINA SALVAI
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L`OFFICINA SALVAI
TORINOADUERUOTE L’OFFICINA SALVAI T ra le molte piccole aziende che costituivano il mondo a due ruote in Piemonte, e a Torino in particolare, l’ofcina del tecnico Giuseppe Salvai, “Pino” per gli amici, emergeva per le notevoli caratteristiche dei suoi prodotti: in particolare, era conosciuta per i suoi ottimi freni a tamburo centrale, in seguito adottati da grandi Case come l’Aermacchi e la Rumi. Erano efcientissimi: oltre ad un anello in acciaio sul bordo del tamburo lato piatto porta ganasce aperto, per una notevole rigidità del mozzo, 52 Era apprezzata per i suoi ottimi freni a tamburo centrale e per i motori monocilindrici di 500 cm3 I limitati mezzi economici impedirono la loro capillare diffusione di Oscar Capellano LaManovella/giugno2008 man_giug08_052_053.indd 52 21-05-2008 17:10:27 TORINOADUERUOTE il tocco di genialità era nello stesso bordo di attacco dei raggi, inclinato in modo da montare raggi diritti, eliminando così il classico punto di rottura degli stessi nella curvatura per l’attacco al normale mozzo a bordi diritti. La parte praticamente sconosciuta erano invece i motori monocilindrici di 500 cm3, molto apprezzabili, montati anche su alcuni prototipi, come il Saetta e lo Stilma, dotati di un formidabile manovellismo, tetragono ad ogni sforzo, su un basamento in lega leggera di ridotta sezione frontale. I primi esemplari presentavano, per motivi di raffreddamento, le valvole scoperte, rapidamente sostituiti con tipi a valvole racchiuse e ben lubricate. Occorre precisare il concetto tecnico di questi motori: la distribuzione a camme rialzate, con cortissime aste in lega leggera, era studiata nell’intento di ridurre al massimo le forze d’inerzia, senza ricorrere alla complicazione dell’asse a camme in testa, con facile controllo delle valvole e loro manutenzione, senza perdere giri e relativa potenza. Notevole la conformazione della camera di scoppio emisferica, coi collettori posizionati tra loro con un determinato angolo tra aspirazione e scarico, inducente la miscela ad un moto rotatorio nella camera stessa, con maggiore velocità e miscelazione, e conseguente ottima carburazione. Altro particolare interessante è il telaio, costituito da un leggero complesso di piastre e tubi, sempre seguendo un concetto di rigidità e leggerezza, sul quale era montato il forcellone posteriore, rigidissimo e ben al di là dei soliti tipi in tubo, costituito, ecco la sua caratteristica, da due lamiere curvate alla pressa nel senso longitudinale, e saldate assieme di costa a formare una sezione lenticolare. Purtroppo, con la solita storia degli scarsi mezzi, non fu possibile sviluppare e produrre normalmente tali pezzi di bravura. Vi posso però assicurare che erano eccezionali, tanto che, dopo lunghe trattative, riuscii, allora, ad ottenere il tipo Gran Premio, velocissimo e leggero, che era usato in corsa dall’ottimo pilota Carlo Gobetti, “Carlin”, con meccanica completamente in lega leggera, usato poi con grandissime soddisfazioni. Pensate ai sorpassi delle più veloci e preparate moto dell’epoca, con una marcia in più. Altri tempi. Nella pagina a sinistra, la sportiva monocilindrica da 500 cm3 costruita dal tecnico Giuseppe Salvai: da notare l’insolita disposizione dei raggi delle ruote. In questa pagina, la stessa motocicletta completamente riverniciata. LaManovella/giugno2008 man_giug08_052_053.indd 53 53 21-05-2008 17:10:29