Alma, la poesia per combattere il Parkinson
Transcript
Alma, la poesia per combattere il Parkinson
Città 31 L’ECO DI BERGAMO VENERDÌ 9 MARZO 2012 a Palafrizzoni A Alma, la poesia per combattere il Parkinson Il Consiglio delle donne «8 marzo tutto l’anno» A La giovane mamma albanese racconta la sua lotta attraverso il teatro, un notiziario e Internet «Il morbo? Un partner che mi ha cambiato la vita» GIADA FRANA a «L’esistenza in questa VITA. / VITA che è il mio palcoscenico / e il Park è il mio partner / con il quale devo andare d’accordo / il più possibile / per essere sempre la Protagonista». È una poesia che ben riassume il carattere e la voglia di continuare a lottare di Alma Piku, alias L’una Park, autrice di questi versi presi dalla poesia «Sogno». Il Park, il partner di cui Alma scrive, è in realtà il morbo di Parkinson: un «partner» che le è stato diagnosticato due anni fa, a 37 anni. E da lì la sua vita è cambiata: «Tutto è cominciato nel 2007. La mano destra inizia a tremarmi preparando il caffè: versavo tutto al di fuori delle tazzine – racconta Alma, 39 anni, di Grumello del Piano, laureatasi in Matematica in Albania e in Italia da 18 anni –. Il medico mi dice che è semplice agitazione e mi prescrive delle gocce». I sintomi della malattia fanno di nuovo capolino nel 2009, durante la seconda gravidanza: Alma comincia a strisciare il piede destro, ma i medici la rassicurano: colpa della gestazione. «L’importante è non chiudersi» Ad agosto nasce il figlio, ma la situazione non migliora: ricominciano i tremolii della mano, fa fatica ad alzarsi dal letto e ad accudire il piccolo. Alma attribuisce di nuovo il tutto ai sintomi post parto e solo a marzo del 2010 si decide a fare una visita e degli esami più accurati. A maggio, la diagnosi: Parkinson. Nel giro di pochi giorni, riceve anche la lettera di licenziamento: la ditta di pulizie in cui lavora è fallita. Inizia così la battaglia personale di Alma contro la malattia: «All’inizio ti chiedi perché sia capitato proprio a te – spiega Alma –, ce l’hai con il mondo intero. Le difficoltà non sono solo motorie, ma soprattutto psicologiche. Molti entrano in depressione, non vogliono uscire di casa, ma così la situazione peggiora. È dura, soprattutto per una donna, abituata a prendersi cura della famiglia, rendersi conto che poi Domani un incontro dedicato alle donne che hanno a che fare con la malattia saranno gli altri a doverla “accudire”. Spesso molti si rinchiudono in casa per non fare figuracce, anche fare la spesa al supermercato può causare problemi: si è più lenti, gli altri cominciano a guardarti male, o forse è solo l’ansia che ti dà quest’impressione». Alma nell’ottobre 2010 si iscrive all’Aip (Associazione italiana parkinsoniani) di Bergamo ed entra a far parte del loro gruppo teatrale «Teatro e tremore». Qui conosce un altro parkinsoniano, Giancarlo Colleoni, con cui inizia a collaborare al progetto di un notiziario, «L’emozione dà voce - Diario», firmandosi «L’una Park»: uno pseudonimo scher- zoso, che vuole indicare una parkinsoniana e allo stesso tempo ricorda il luna park, il parco di divertimenti: un modo per dire di prendersi gioco del Parkinson e affrontarlo. Alma ha da poco ottenuto l’invalidità al 50% e da un anno si è iscritta all’ufficio collocamento: «Voglio tornare a lavorare – prosegue Alma – non tanto per l’aspetto economico, quanto per ritrovare la quotidianità. Ho fatto un colloquio cinque mesi fa per un lavoro di back office, ma non mi han più fatto sapere nulla. Spesso capita anche che nelle agenzie facciano domanda per assumere invalidi, ma al momento del colloquio si scopre che non è realmente così». «Una rete tutta al femminile» Domani, dalle 17 alle 18 nella sede dell’Aip in via Gleno 49, si terrà l’incontro, voluto da Alma, «Semplicemente donne contro il Parkinson»: «Un modo per creare una rete tutta al femminile – prosegue Alma -. Non sono invitate solo le parkinsoniane: anche tutte le donne che hanno a che fare con la malattia: mogli di parkinsoniani, volontarie. Ho avuto difficoltà all’inizio, e vorrei invece che altre persone potessero evitarle. Per questo mi sono attivata anche in Internet: su Facebook ho creato, con il permesso dell’Aip, il profilo “Parkinson Bergamo”. Senza dimenticare l’account “Il diario” su Windows Live, che curo: è la stanza virtuale del notiziario cartaceo». ■ ©RIPRODUZIONE RISERVATA Alma Piku, 39 anni, due anni fa ha scoperto di essere malata di Parkinson Non solo farmaci A Importante la vita sociale contro la malattia A La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva perdita di neuroni secernenti dopamina, sostanza responsabile dell’attivazione di un circuito che controlla il movimento. Si stima che, nella maggior parte dei casi, la malattia si manifesta tra i 55/60 anni, ma in un 10% di persone i sintomi compaiono prima dei 40 anni. «La malattia sta crescendo molto – riferisce Marco Guido Salvi, attuale presidente di Aip (Associazione italiana parkinsoniani) Bergamo –: si stima che ci siano tra i 250 e i 300 nuovi casi l’anno». Numeri che si sommano ai 3.000 casi raccolti da un’indagine dell’Asl di Bergamo del 2010. La difficoltà sta nel venire allo scoperto: «È difficile accettare la malattia – spiega Salvi –: in un primo momento si deve incassare il colpo, con conseguente depressione, isolamento o esaurimento nervoso. In una seconda fase invece si deve comunicare la propria situazione agli altri: molti si vergognano e rinunciano alla vita sociale. Ma il Parkinson non ferma la vita: la malattia si può contrastare con i farmaci, ma sono importanti soprattutto le attività complementari, ad esempio fisioterapia, teatro». L’Aip nasce nel 1990 a Milano per migliorare le condizioni di vita dei malati e raccogliere fondi per sostenere la ricerca scientifica. È costituita da persone affette da malattia di Parkinson, dai familiari, amici e volontari. Vanta sedi sull’intero territorio nazionale e conta circa 22.000 iscritti. Per informazioni: www.aipbergamo.it. G. F. Il Consiglio delle donne del Comune di Bergamo ha celebrato l’8 marzo con un incontro a Palafrizzoni. La sala consiliare ha visto il Consiglio in rosa al gran completo. All’evento hanno partecipato il sindaco Franco Tentorio, il vicesindaco Gianfranco Ceci, numerosi assessori, il presidente del Consiglio Guglielmo Redondi e il provveditore Patrizia Graziani. A fare gli onori di casa il primo cittadino: «È un piacere accogliere il Consiglio delle donne nel luogo più importante della città – afferma il sindaco Tentorio – e ascoltare le proposte e il lavoro svolto in questi anni, verso il quale porto un grande rispetto». L’8 marzo è stata scelta come data simbolo per fare il punto della situazione rispetto all’operato del Consiglio delle donne. «Oggi ci sono pagine intere dedicate al mondo femminile – afferma Luisa Pecce, presidente del CdD –. Noi celebriamo la giornata della donna tutto l’anno, con grande attenzione alle tematiche legate al mondo femminile. Tra gli obiettivi di questa giornata fare una sintesi di tutto quello che è stato prodotto in questi anni e fare una sorta di bilancio di metà mandato». Il lavoro del CdD si è concretizzato in numerose iniziative rivolte a tutte le fasce d’età, come la pubblicazione della guida per le famiglie “Vivere la città da pre-adolescenti”, la promozione degli incontri “Rosa femminile plurale”, il convegno “Abitare la città: qualità urbana e vivibilità degli spazi pubblici” e i questionari relativi al grado di soddisfazione dei parchi cittadini. Durante l’incontro sono state lanciate nuove proposte: «Nel 2012 vorremmo trasformare in protocolli e azioni concrete gli studi condotti affinché tali azioni diventino prassi – spiega Luisa Pecce –. A questo proposito tutti gli assessorati hanno dichiarato la loro disponibilità, apprezzando gli approfondimenti condotti dalle commissioni del CdD». DIA. NO. ©RIPRODUZIONE RISERVATA L’ALTRA FACCIA DELL’8 MARZO «Ma quale cassa con priorità? Io, incinta, in coda tra l’indifferenza» L a maternità, una delle espressioni più intime e allo stesso tempo manifeste dell’essere donna. Una futura mamma con il pancione non può passare inosservata e dovrebbe richiamare ad un atteggiamento quantomeno rispettoso. Ma con i frenetici ritmi contemporanei, capita che qualcuno non sfiori neanche con lo sguardo il «pancione» di una donna in dolce attesa. Per questo le grandi catene di supermercati hanno inventato una cassa ad hoc, via preferenziale per le donne incinte e per i disabili. Non sempre però i distratti cronici si accorgono di essersi infilati in una delle casse che dovrebbero scontare infinite e faticose attese a «gestanti e disabili». Una scena di questo tipo si è ripetuta anche ieri, proprio nel giorno dedicato al gentil sesso. Emanuela Merelli, una mamma bergamasca in dolce attesa e accompagnata dal suo bimbo di tre anni, ha visto uomini e donne che avventandosi alla cassa si sono placidamente infischiati del suo diritto di precedenza. Fatto ancor più strano è che tutto questo è accaduto sotto lo sguardo indifferente e algido di una cassiera che «non ha offerto alcun tipo di sostegno», scrive in una lettera inviata a L’Eco la mamma in dolce attesa. A stupire Emanuela, l’insensibilità plateale del genere femminile: «Ieri è stato sfiorato il grottesco, mi sono messa in coda dietro a una serie di donne dal ventre ultrapiatto. La solidarietà femminile resta evidentemente pura utopia». A questo punto Emanuela si chiede l’utilità della «cassa prioritaria»: «Tra pochi giorni non sarà più un mio problema in quanto non avrò più i requisiti per accedervi – sbotta Emanuela – ma o le date un senso o fate prima ad eliminare il cartello». La lettera della mamma indignata, pubblicata sul sito de L’Eco, ha subito acceso un vivace dibattito. Tra le paladine della cassa prioritaria, che sostengono a gran voce il «diritto di usufruirne» emerge un buon numero di detrattori. «Lo stesso diritto di precedenza dovrebbe vale- re anche per le persone anziane» scrive epesce098. E c’è chi ne approfitta per perorare la causa dei negozi di vicinato: «Se andavi al negozio di quartiere ti facevano anche sedere» scrive Pier. Le supermamme invocano la parità, anche quando si tratta di coda al supermercato: «Da mamma di 2 bambini non ho mai capito il senso di queste casse. Ma sei incinta o sei malata? E poi ci chiediamo perché le donne fanno fatica ad avere la parità». A sostenere Emanuela, qualche gentiluomo: «Quello che lo Stato e la società in genere riconosce alle donne che decidono di avere figli è molto poco rispetto a quanto meriterebbero» scrive Antonio. E poi chissà, forse tra gli uomini in fila c’era anche chi, incurante della mamma con il pancione, nel carrello aveva un mazzetto di mimosa. ■ Diana Noris