la valutazione biomeccanica del calciatore

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la valutazione biomeccanica del calciatore
LA VALUTAZIONE BIOMECCANICA DEL
CALCIATORE
Dott. Calcinoni Barbara
Il calcio è lo sport più popolare in Europa: si stima sia praticato,
infatti, da 22 milioni di persone. Di conseguenza la maggior parte di
lesioni sportive in Europa si verifica giocando a calcio. Si calcola che
il 50-60% di tutte le lesioni sportive in Europa sono causate dal calcio
(Medical Field). Questa diffusione ha accentuato ancora di più l’estrema
specializzazione per giocare ad alto livello. Il calcio è molto cambiato
negli ultimi anni,ha comportato un aumento di “velocità” in forma
complessa: reattività, rapidità di movimento, di lettura della
situazione, la palla,…; oltre a questo c’è stato un aumento dei
contrasti, degli impatti (in media 60 a partita), fino a far diventare
ciò un vero elemento di tattica. Il ricorso sempre più diffuso a
soluzioni tattiche, quali il pressing, il fuorigioco, i raddoppi delle
marcature, effettuate alla massima intensità sia in allenamento come in
gara costituiscono importanti fattori di rischio traumatico sia per
patologie acute come per affezioni croniche da sovraccarico funzionale.
E ancora: il calcio moderno di alto livello richiede al calciatore una
capacità di prestazione alta e costante per tutta la stagione agonistica;
l’aumentata frequenza degli incontri (amichevoli, TV, Coppe, Trofei…) ha
accresciuto di conseguenza la possibilità di incorrere in lesioni da
over-use ed in particolare a carico dell’apparato muscolo scheletrico
(Prof. F. Perondi).
L’unica statistica disponibile riguardante il campionato
italiano, commissionata dal Settore tecnico di Coverciano,
raggruppa gli infortuni in grandi categorie e riporta che tra il 1995 e
il 1997 in serie A sono stati registrati circa 2.500 infortuni, ossia una
media di due e mezzo al giorno.
Quello del calciatore sembra essere dunque un lavoro piuttosto
pericoloso. L’infortunio di ginocchio, grazie anche ai casi più famosi, è
oggi considerato talmente “normale” per un calciatore che ci si dimentica
la domanda più spontanea: perché questo tipo di incidente è più frequente
per esempio di quello alla caviglia, un’articolazione in apparenza più
fragile, costantemente sotto sforzo e molto esposta in caso di scontri di
gioco?
Per capire nello specifico la frequenza dell’infortunio al ginocchio
bisogna però cercare nella letteratura scientifica prodotta all’estero:
una ricerca condotta negli Stati Uniti dimostra che il 13,5 per cento di
tutti gli infortuni occorsi nel 2001 ai calciatori della Major League ha
riguardato il ginocchio, mentre l’11,5 per cento la caviglia. Anche uno
studio finlandese, pubblicato nel 1995 e condotto su giovani giocatori di
calcio a livello agonistico, arriva alle medesime conclusioni: gli
infortuni che riguardano il ginocchio (21,5% del totale) superano, anche
se di poco, gli incidenti alla caviglia (20,5%).
Il ginocchio è un’articolazione delicata e complessa. Tutti i legamenti,
i tendini e le cartilagini che ne fanno parte e che consentono i
movimenti articolati di coscia e polpaccio possono essere interessati
dagli infortuni. La fragilità dell’articolazione del ginocchio, una
debolezza tipica del calciatore che potrebbe avere finalmente trovato una
spiegazione scientifica.
Come si sviluppa il “ginocchio del calciatore”
Uno studio belga ha recentemente dimostrato che la causa del problema va
ricercata nell’infanzia, ossia nell’assidua preparazione fisica che i
campioni
hanno
sicuramente
seguito
quando
erano
ragazzini.
Secondo Erik Witvrouw, traumatologo e ricercatore dell’università belga
di Ghent, giocare a calcio con continuità nell’età della crescita causa
il cosiddetto ginocchio varo, ossia la curvatura delle gambe verso
l’esterno.
Lo studioso e i suoi collaboratori hanno seguito nel tempo un gruppo di
giovani calciatori e hanno costatato che la deformazione, che si sviluppa
principalmente tra i 13 e i 18 anni, è all’origine di quella debolezza
del menisco e dei legamenti che causeranno in seguito gli
infortuni più frequenti.
La deformazione del ginocchio nasce da uno sbilanciamento tra due gruppi
di muscoli: gli adduttori, che consentono di avvicinare la gamba al corpo
e gli abduttori, che danno luogo al gesto opposto, l’allontanamento della
gamba.
L’origine dell’anomalia si trova proprio nelle peculiarità del gioco:
calciare la palla richiede una maggiore contrazione dei muscoli della
parte interna della coscia (adduttori) rispetto a quella dei muscoli
esterni (abduttori) mentre la semplice corsa, per fare un paragone,
richiede
uno
sforzo
bilanciato
dei
diversi
gruppi
muscolari.
L’asimmetria che giocare a calcio crea tra i due gruppi di muscoli, con
gli adduttori più corti e forti degli abduttori, risulta dopo anni di
pratica in una pressione diseguale sull’articolazione del ginocchio che
viene spinta verso l’esterno.
Analisi biomeccanica
Per rafforzare ancora maggiormente la tesi fin qui descritta riportiamo
di seguito uno studio svolto in laboratorio biomeccanico (Sistema Elite –
Gait Analysis) su 20 calciatori professionisti di A e B (Chievo Verona e
Hellas Verona). Di questi 4 sono “normali”, 1 in valgo e 15 in varo.
Quelli che hanno subito traumi importanti ed interventi sono quello in
valgo e 12 in varo.
Questi soggetti paragonati a soggetti normali denotano un’alterazione
generale di tutte le articolazioni con rotazioni assiali importanti e
successivi adattamenti
Una cura dal nome semplice: prevenzione
Una volta individuata la causa, il ricercatore spiega quale potrebbe
essere la “cura”. Poiché la deformazione si sviluppa lentamente durante
l’età della crescita, bisogna prendere provvedimenti proprio in quel
periodo proponendo ai ragazzini un tipo di allenamento che potrebbe
essere definito preventivo. La soluzione sarebbe dunque nelle mani degli
allenatori e degli staff medici delle squadre giovanili: controbilanciare
l’allenamento consueto con esercizi specificamente volti a rafforzare gli
abduttori e ad allungare gli adduttori.
“Per rafforzare gli abduttori nel modo corretto bisogna eseguire
assiduamente esercizi come il sollevamento laterale della gamba; per
allungare gli adduttori occorre avere costanza nel fare esercizi di
stretching” spiega Witvrouw, interrogato sulle conseguenze pratiche del
risultato delle sue ricerche; “perché la prevenzione sia realmente
efficace, inoltre, bisognerebbe cambiare la mentalità degli allenatori e
far capire che la preparazione fisica deve essere varia e comprendere
anche gesti atletici differenti dal calciare la palla”. Il rispetto delle
norme in vigore in Italia per la tutela sanitaria degli sportivi
agonisti, l'organizzazione di un servizio sanitario nelle squadre
professionistiche e l'avvalersi anche saltuariamente di un medico per le
numerosissime squadre del settore dilettantistico e giovanile
rappresentano condizioni irrinunciabili per la difesa di un così gran
patrimonio umano e sportivo.
Oltre i 16 anni, in particolare nei giovani calciatori meglio preparati,
i dati e i rilievi delle lesioni traumatiche si avvicinano a quelli del
giocatore adulto.
Carichi di lavoro a volte non proporzionati, eccessivo agonismo, numero
elevato di partite o tornei, alimentazione non regolata, in associazione
spesso ad impegni scolastici gravosi e ad aspettative esagerate da parte
dei genitori costituiscono fattori negativi ai fini di un'idonea
prevenzione traumatica.
Dunque, a voler rassicurare i giovani appassionati che di prendere a
calci il pallone non possono fare a meno, il Dottor Witvrouw aggiunge:
“Io e i miei colleghi siamo certi che giocare a calcio nell’età della
crescita possa essere considerata un’attività a basso rischio per la
salute dei futuri campioni e tuttavia, sulla base dei dati scientifici,
siamo altrettanto convinti che questo sport debba essere reso ancora più
sicuro dall’adozione di semplici misure di prevenzione”. E’ questa,
secondo Witvrouw, la strada per fare in modo che l’immagine del giocatore
urlante, che cade tenendosi il ginocchio, diventi in futuro un evento più
raro.