L A TECNOLOGIA A SCUOLA

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L A TECNOLOGIA A SCUOLA
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LA TECNOLOGIA A SCUOLA
0) Non di solo hardware vive l'uomo.
In questa discussione sull'informatica nella scuola non vogliamo spiegare come fare didattica con
strumenti quali la lavagna interattiva multimediale, il netbook o gli e-book reader; interessa
piuttosto fornire uno spunto di discussione, stimolare riflessioni per un utilizzo non banale della
tecnologia. Pensiamo che non sia sufficiente, meno che mai nella scuola, essere dei semplici
consumatori acritici di prodotti tecnologici, o trasportare a piè pari nel mezzo elettronico
metodologie di lavoro tradizionali. Siamo degli appassionati di informatica e non certo degli esperti
di didattica, ma siamo anche convinti che non basta avere un pc nello zainetto o uno strumento
multimediale in classe per fare innovazione.
Cito due esempi molto recenti: l'Istituto Pacioli di Crema ha deciso di dotare tutti i circa 400
studenti di un netbook, in sostituzione dei libri di testo tradizionali e per la navigazione internet
durante le lezioni; al Liceo Scientifico Lussana di Bergamo gli allievi invece useranno l'iPad come
ebook reader e per annotare gli appunti (come?), sempre al posto del libri e dei quaderni
tradizionali.
A parte il dubbio, più che legittimo data l'attuale politica governativa di riduzione della spesa per
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l'istruzione, su dove e come sia possibile reperire le risorse finanziarie per affrontare investimenti
così importanti (nel caso dell'Istituto Pacioli saranno le famiglie a farsi carico dell'acquisto dei
computer, sia pure a prezzo particolarmente vantaggioso, mentre in quello del Liceo Lussana
l'acquisto è finanziato dall'Ufficio Scolastico Regionale), è anche lecito domandarsi quali siano i
vantaggi per la didattica, le famiglie e gli allievi di queste iniziative.
Uno tra gli argomenti avanzati a favore dell'iniziativa sostiene che le famiglie beneficerebbero di un
notevole risparmio economico, poiché eviterebbero di spendere ogni anno per i nuovi testi cifre
comparabili a quella del costo di acquisto del pc, la cui spesa viene invece sopportata “una
tantum”.
A questa osservazione è possibile obiettare che tale risparmio può essere ottenuto semplicemente
adottando
libri di testo utilizzabili per più anni, e magari unitamente
mettendo anche a
disposizione degli allievi documentazione elaborata dagli stessi insegnanti, in forma di dispense
tradizionali o distribuita su CD o, per i più fortunati, consultabile e scaricabile dal sito internet della
scuola stessa. L'acquisto di un aggeggio elettronico da mettere in borsa non è strettamente
indispensabile, se l'obiettivo è risparmiare sul “peso” dei libri, sul portafoglio o in cartella che sia.
Questo spunto ci conduce ad una riflessione più importante, sui contenuti stessi da impiegare nella
didattica: che cosa utilizziamo al posto del libro di testo cartaceo per fare lezione e per studiare?
Documentazione prodotta sistematicamente dagli insegnanti o semplicemente link e “copiaincolla”
di materiale in Rete? Oppure gli stessi libri di testo tradizionali, ma in formato digitale? Il materiale
didattico è già memorizzato nel pc che viene consegnato allo studente? Si è a conoscenza delle
possibili restrizioni sull'uso e sulla diffusione della documentazione disponibile su Internet? Gli
studenti possono partecipare attivamente alla realizzazione del materiale didattico? L'impiego della
tecnologia informatica non ha molto da dire se fine a sé stesso, è necessario rendersi conto che
tramite esso è possibile accedere all'informazione culturale, crearla e scambiarla in modo totalmente
diverso rispetto tradizionali canali di trasmissione delle informazioni. Non è più solo “calata
dall'alto”, trasmessa da una unica fonte ufficiale agli allievi che possono solo stare in ascolto e
assorbirla passivamente, ma può provenire da diverse fonti, essere oggetto di elaborazione e di
scambio tra molti soggetti.
A questo punto dovrebbe essere chiaro perchè abbiamo detto che “non si vive di solo hardware” e
non ci interessa particolarmente parlare dell'ultimo aggeggio multimediale da usare in classe. La
scuola è il luogo di creazione e diffusione del pensiero, della conoscenza, della informazione;
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l'informatica (INFORmazione autoMATICA) è la scienza che studia il trattamento automatico
dell'informazione, e la sua applicazione pratica è la tecnologia informatica, i computer e i software
che elaborano queste informazioni. Nondimeno il software è informazione esso stesso, ovvero
“istruisce” e controlla la macchina, l'hardware, stabilendo quali operazioni debbano essere compiute
per elaborare i dati in ingresso e per restituire dati in in uscita. Ecco perchè il tema fondamentale di
questa riflessione non è la macchina, ma “l'anima”, il pensiero. Pensiamo a questo quando invitiamo
a non limitarsi ad essere consumatori passivi di oggetti tecnologici, a non pensare al computer e al
software come meri strumenti tecnici e prodotti da acquistare e imparare ad utilizzare leggendo un
manualetto di istruzioni che contiene la sequenza dei tasti da premere per ottenere un certo risultato.
1) Segretezza contro apertura. Nani e giganti
L'anima a cui abbiamo accennato in precedenza è il centro della rivoluzione informatica, un
cambiamento che, rispetto alla precedente rivoluzione industriale, ha prodotto nella società
trasformazioni ancora più rapide e profonde. I computer e i microprocessori che ne costituiscono il
“cervello” sono i protagonisti di questa rivoluzione, e sono presenti in modo estremamente diffuso
in moltissimi aspetti della vita quotidiana: sono incastonati negli elettrodomestici, nelle automobili,
nei bancomat, nelle tessere di identificazione, nei cellulari, controllano le transazioni finanziarie e le
informazioni sanitarie. Nessuno può dirsi completamente estraneo a questo sistema di produzione e
scambio di informazioni.
Questo hardware è però, appunto, solo ferramenta e materia inanimata; funziona e ha valore solo in
quanto include informazione e intelligenza espressa in forma di software. La dimensione e l'impatto
economico delle attività di produzione di questa intelligenza è enorme, ed il suo possesso e
controllo è molto più importante della proprietà dei beni materiali in cui si trova inclusa.
Tralasciando del tutto la discussione intorno ai concetti di proprietà intellettuale, diritto d'autore e
brevetti, possiamo osservare che esistono sostanzialmente due modi di affrontare il problema del
controllo del codice: il modello del software proprietario, chiuso ed inaccessibile, basato sul
principio di esclusione e con una forte limitazione al diritto di accesso alla informazione, e quello
del software libero ed aperto, basato sul principio di condivisione e libertà di accesso e circolazione
dell'informazione. L'attuazione pratica di queste due opposte visioni è realizzata tramite il
meccanismo della licenza.
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Una licenza software è sostanzialmente una dichiarazione in cui l'autore del codice, detentore dei
diritti legali su di esso, ne definisce le condizioni di utilizzo, concedendo o negando determinati
poteri. Un software viene pertanto definito chiuso quando è rilasciato con una licenza che tende a
limitare gli ambiti di utilizzo, la possibilità di analizzarlo e modificarlo (viene rilasciato l'eseguibile
ma non il codice sorgente), la libera circolazione di copie digitali; per contro è aperto o libero
quando la licenza rimuove questi vincoli e promuove le libertà di utilizzo, studio, modifica e
circolazione. Presupposto per l'esercizio di queste libertà è il rilascio anche del codice sorgente oltre
che dell'eseguibile.
Queste poche righe non esauriscono certamente l'argomento della contrapposizione software libero /
software proprietario, troppo vasto nelle sue implicazioni di carattere economico, giuridico,
filosofico e sociale per poterlo affrontare con un minimo di serietà in questa sede. Basti ricordare ad
esempio che è da sempre in atto un feroce dibattito all'interno della comunità del software non
proprietario, poiché non è vero, come sembrerebbe, che “software libero” e “software aperto”, o
meglio “open source”, sono termini equivalenti. Per gli scopi che ci proponiamo, è sufficiente avere
definito il quadro generale di questo confronto. E' interessante invece rilevare che storicamente, a
differenza di quanto si potrebbe pensare, il primo modello ad affermarsi è quello del software
libero, soppiantato dal paradigma proprietario solamente nel momento in cui l'informatica esce dai
centri di calcolo delle università, delle istituzioni pubbliche e delle grandi aziende per divenire un
fenomeno “consumistico” di massa e accessibile a chiunque. L'idea di potere scambiare, copiare e
manipolare liberamente i programmi è del tutto ovvia e naturale negli ambienti accademici, dove la
circolazione del sapere è condizione indispensabile della ricerca e del progresso scientifico: non è
pensabile uno sviluppo della conoscenza che non presupponga e non faccia proprie le conoscenze
che altri in precedenza hanno già raggiunto. Per citare Isaac Newton, “siamo come nani sulle spalle
di giganti”, ma la cultura del segreto e della chiusura ci obbliga a rimanere tutti nani.
2) Libero software in libera scuola
Se la missione della scuola è la diffusione e la creazione di conoscenza “stratificata”, risultato via
via dell'accumulazione di nuovi saperi, allora possiamo pensare al software utilizzato
nell'insegnamento delle nuove tecnologie (o con le nuove tecnologie) come ad un libro di testo, ed il
software libero, per la sua natura stessa, ha molte ragioni che depongono a favore della sua
adozione come “libro di testo”:
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●
Permette la circolazione delle conoscenze, perchè può essere legalmente copiato e diffuso
sia dall'insegnante che dall'allievo;
●
promuove la libertà di insegnamento, perchè permette all'insegnante di scegliere la
soluzione ed il fornitore più adatto alle esigenze della didattica ed al proprio livello di
conoscenza;
●
è rispettoso della libertà di opinione, perchè consente all'insegnante di essere soggetto della
creazione di cultura;
●
stimola il confronto e la critica, perchè dimostra
che esistono alternative ai software
propagandati come unici o dominanti;
●
educa alla legalità e al rispetto delle licenze; non si deve ricorrere alla copia illegale e alla
pirateria informatica per ottenere e usare i programmi;
●
educa alla sperimentazione e alla analisi, perchè il codice sorgente può essere studiato e
modificato;
●
permette una maggiore consapevolezza del funzionamento del software;
●
svincola dalla dipendenza da un sola azienda
fornitrice ed elimina il rischio che gli
insegnanti si trasformino in involontari “promotori commerciali” della stessa;
●
consente di attingere ad una enorme quantità di documentazione disponibile in Rete e di
ottenere collaborazione da parte delle locali associazioni di promozione del software libero;
●
favorisce l'uso di formati documentali aperti e universali, in contrapposizione ai formati
chiusi e proprietari; l'accesso all'informazione deve essere garantito a tutti e non solamente a
chi utilizza un determinato software;
●
ultimo, ma non meno importante anche alla luce di quanto verrà detto in seguito, non
discrimina le scuole ed i singoli individui sulla base delle risorse economiche disponibili,
poiché le licenze sono gratuite e consente anche notevoli risparmi sull'acquisto di hardware.
L'obiezione principale contro l'adozione di software libero nella scuola (oltre all'inerzia
comportamentale ed alla paura del cambiamento, che sappiamo essere forze potentissime) sostiene
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che si debbano usare ed insegnare i programmi più diffusi presso i privati e le aziende. E' un
argomento molto debole, non accettabile neppure nel caso in cui questi software siano rilasciati con
licenze libere e non collegati, come sono, ad un monopolio commerciale estremante pervasivo.
Per rispondere, partiamo da un esempio: confrontiamo tra loro le videate di Office 2000 ed Office
2010., entrambi prodotti Microsoft. Chi è abituato al primo rimarrà disorientato e non si ritroverà in
un ambiente familiare, avrà la spiacevole sensazione di dover reimparare tutto. Confrontiamo poi le
videate dell'ultima versione di Open Office e di Office 2000, e noteremo che non vi sono differenze
sostanziali.
Il software si aggiorna costantemente, focalizzare l'attenzione esclusivamente sui tasti da premere o
sull'icona da cliccare è controproducente perchè comunque nella realtà ci si troverà di fronte a
versioni differenti da quella su cui si è imparato, che comunque entro poco tempo sarà superata. E'
importante che la scuola insegni a gestire e ad adattarsi al cambiamento, l'elasticità mentale e non
solo la mera acquisizione meccanica di una sequenza di nozioni. Il ruolo di un insegnante non è
quello di fare pubblicità, ancorchè inconsapevole, a questo o quel prodotto informatico; il suo
compito è educare alla vita, non addestrare al lavoro in azienda. Naturalmente le aziende hanno
l'obiettivo di massimizzare la produttività dei lavoratori e sono libere di scegliere e utilizzare
qualsiasi prodotto possa andare verso questa direzione, ma la scuola deve avere altri obiettivi e
priorità e ha l'obbligo di fare conoscere agli studenti quanti più strumenti possibile.
L'insegnante che usa il software libero esercita il diritto alla libertà di insegnamento e di scelta del
proprio libro di testo, ma una scelta veramente libera richiede una completa informazione; quanti
docenti possono dire di avere queste conoscenze e di essere in condizione di potere scegliere il
software con cognizione di causa? Purtroppo le politiche dei vari governi che si sono succeduti
negli ultimi anni, e anche gli strumenti messi a disposizione dal Ministero competente al fine di
favorire la alfabetizzazione informatica degli insegnanti (For TIC - Formazione degli insegnanti
sulle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione, 2003) non sembrano favorire la
diffusione di queste conoscenze. Cito testualmente le uniche righe dedicate all'argomento del
software libero nel Modulo 1 “Infrastrutture informatiche all'interno di un istituto scolastico”
3.1. Open software
Il titolare dei diritti di utilizzazione economica del software può rinunciare ad essi e mettere a
disposizioni del pubblico il programma, compreso il codice sorgente, senza richiedere un
compenso. La rinuncia ad un diritto è una particolare modalità di esercizio di quel diritto. Sulla
base di questo principio si è diffuso il cosiddetto open software, che consiste di programmi che
sono disponibili sia all'utilizzo che alla modifica da parte di soggetti diversi dall'autore.
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Il contratto di licenza d'uso per open software più diffuso è costituito dal contratto GNU
http://www.gnu.org/licenses/licenses.html
A parte la pochezza dello spazio riservato all'argomento, non possiamo non rilevare anche
l'inesattezza dal punto di vista giuridico: disponendo una licenza libera per l'utilizzo del sofware,
l'autore non rinuncia, come è evidente, ad alcun diritto legale sulla propria creazione, neppure a
quello della -giusta- retribuzione, poiche non è scritto da nessuna parte che lo sviluppatore di
software libero non debba essere pagato per il proprio lavoro, ma semplicemente intende rimuovere
alcune limitazioni ai diritti degli utenti e alla circolazione della propria opera.
Nel settembre del 2009 il Ministero dell'Università e della Ricerca e quello per l'Innovazione,
nell'ambito delle iniziative del Governo per la innovazione digitale nella scuola e per favorire la
diffusione tra gli studenti della conoscenza e dell'utilizzo degli strumenti informatici, hanno
sottoscritto con la Microsoft un “protocollo di intesa” che, se pure non prevede il sostenimento di
costi per l'acquisto di licenze proprietarie, impegna i sottoscrittori a collaborare con l'azienda nella
ricerca di clienti e a pubblicizzare le attività che saranno svolte. ASSOLI (Associazione per il
Software Libero), decideva di intervenire e richiedere la modifica del protocollo. Non serve molta
immaginazione per osservare che iniziative di questo tipo possono facilmente tradursi in pubblicità
gratuita e, in prospettiva, in dipendenza dai prodotti di un unico fornitore.
La libertà si conquista, non viene regalata da nessuno; i docenti possono riflettere sul proprio ruolo
e decidere se vogliono esercitare il diritto di scegliere il metodo didattico da più consono alle
proprie esigenze e caratteristiche. Questo può anche voler dire non accettare acriticamente ciò che
viene calato dall'alto, non adeguarsi supinamente al pensiero della maggioranza o alla sicurezza e
facilità delle cose già note e sperimentate; chi decide di insegnare il e con il software libero può
trovarsi ad operare nello scetticismo generale e a dover superare anche difficoltà tecniche, ma
sicuramente trasforma le proprie lezioni in scuola di libertà. A questo riguardo
può essere
determinante l'appoggio di associazioni locali di promozione del software libero, con iniziative di
formazione ed informazione, produzione di documentazione, assistenza tecnica.
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3) La scoperta della pietra filosofale: come trasformare i rifiuti in risorse
Il trashware è la pratica di recuperare vecchio hardware, mettendo anche insieme pezzi di computer
diversi per renderlo di nuovo funzionante ed utile. Questa pratica trae origine dalla constatazione
che una quantità enorme di hardware ancora funzionante viene destinata alla rottamazione. Questo
fatto, oltre ad essere una forma di spreco favorita dalla naturale evoluzione tecnologica e dalle
politiche commerciali di “obsolescenza programmata” praticate dalle aziende produttrici di
hardware, costituisce un problema e un costo per la collettività che deve dotarsi delle necessarie
strutture di smaltimento, ed è fonte di inefficienza anche per le aziende che devono pagare la tassa
di smaltimento anche su materiale ancora funzionante. Scuole, enti ed associazioni possono però
utilizzare il materiale informatico dismesso da privati ed aziende sollevando queste ultime dal
pagamento della tassa di smaltimento e contribuendo a ridurre la quantità di rifiuti prodotta.
Il software libero permette di riutilizzare proficuamente hardware vecchio a costi prossimi allo zero;
è quindi la soluzione ideale in tutti i casi in cui non sia possibile sostenere i costi per l'acquisto di
hardware nuovo e software con licenze proprietarie. Basso costo non significa automaticamente
bassa qualità; la gran parte del software libero può vantare un livello tecnico del tutto confrontabile,
se non superiore, alle analoghe soluzioni proprietarie, consentendo così di evitare l'acquisto di
macchine inutilmente potenti senza peraltro compromettere il servizio offerto agli utenti. In tempi in
cui s'impone, per così dire, una “razionalizzazione” delle risorse economiche in molti settori, scuola
compresa, avere a disposizione strumenti e conoscenze che permettono di fare scelte oculate e che
vanno in direzione del risparmio, non è cosa di poco conto. D'altra parte la scusa della scarsità di
risorse finanziarie non può giustificare la pratica, non poi così rara nella scuola, di piratare software
commerciale; a maggior ragione in una istituzione il cui compito è la educazione alla cittadinanza
ed al rispetto, compreso quello verso la legge, e dal momento che esistono gli strumenti per non
farlo.
Da un punto di vista tecnico tutto questo è possibile poiché il software libero è esttremamente
manipolabile; si può sempre trovare la configurazione adatta ad un determinato computer o ad un
certo ambito di utilizzo. Con riferimento alla nostra esperienza come OIL, possiamo citare due
esempi.
Abbiamo recuperato una quarantina circa di computer equipaggiati con processore Pentium III e
memoria RAM di 256 MB, quindi ormai decisamente obsoleti, e vi abbiamo installato una versione
leggera di GNU/Linux ma completa dei software più aggiornati per la produttività d'ufficio, per la
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navigazione internet e per la multimedialità. Una parte di questi computer sono stati destinati ad
alcuni anziani che avevano seguito un corso di alfabetizzazione informatica presso Casa del
Quartiere San Salvario ma non desideravano sostenere l'onere di acquistare un nuovo pc; una parte
più consistente sono invece stati consegnati alla Scuola Elementare Boncompagni di Torino.
Il secondo esempio riguarda l'installazione di un'aula informatica presso la scuola elementare di
Balangero, questa volta con la tecnologia definita “thin client server computing”: un computer
sufficientemente potente e recente fa da server a 10 terminali, per i quali sono stati adottati dei pc di
classe Pentium II e III. Questa configurazione è particolarmente indicata in tutti i casi in cui sia
necessario un controllo centralizzato sul software installato ed ha il notevole vantaggio di eliminare
completamente la manutenzione dei terminali. La scelta della distribuzione Linux da installare è
caduta su Edubuntu, per la facilità di configurazione e per la grande disponibilità di software
didattico.
Altri esempi che possiamo citare, non direttamente correlati al trashware ma che vanno comunque
nella direzione del risparmio della spesa per l'acquisto di hardware, sono i progetti per la creazione
di lavagne interattive multimediali molto economiche realizzate combinando un videoproiettore, un
pc e uno o due telecomandi della console Wii (Wiimote). Il telecomando Wii comunica con il pc
attraverso la tecologia Bluetooth e la sua videocamera inquadra una superficie bianca illuminata dal
proiettore. La videocamera del Wiimote rileva i movimenti di una penna emettitrice a infrarossi e li
trasmette al Pc; un software gestisce e interpreta questi movimenti come movimenti del mouse. Tra
queste iniziative sono degne di menzione il progetto Wiidea di Bologna e il progetto WiiLD di ILS.
Il costo di questo tipo di soluzioni è dell'ordine del centinaio di euro contro il migliaio se non più di
soluzioni LIM proprietarie; oltre a ciò, occorre ricordare che le LIM commerciali sono vendute
unitamente ad un software di gestione proprietario, che rende disponibili le funzioni d'uso della
lavagna e consente di realizzare materiale didattico. Purtroppo ogni costruttore definisce un formato
documentale specifico, per cui si presenta molto spesso il problema di non potere riprodurre in
un'aula attrezzata con una lavagna del produttore X il materiale realizzato con il software del
produttore Y. Il problema non si pone invece nel caso delle citate LIM “libere” poiché basate su
software di gestione che utilizzano formati documentali standard e aperti.
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4) Libero software in libero stato.
La prima iniziativa rilevante da parte del governo italiano sul tema del ruolo del software libero
nella pubblica amministrazione e nei rapporti con la cittadinanza è stato il decreto del Ministro per
l'Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca, con il quale nell'ottobre 2002 veniva istituita una
“Commissione
per
il
software
a
codice
sorgente
aperto
nell'ambito
della
Pubblica
Amministrazione”, presieduta dal Prof. Angelo Raffaele Meo del Politecnico di Torino.
Il lavoro della commissione ha portato, nel maggio del 2003, alla pubblicazione dell' “Indagine
conoscitiva sul software open source”. La ricerca è stata condotta tramite incontri con con
associazioni di categoria, operatori pubblici e privati del settore IT ed esperti della materia, analisi
dei principali prodotti software presenti sul mercato e delle politiche adottate nei paesi
industrializzati. La conclusione più rilevante a cui è giunta la commissione è che la Pubblica
Amministrazione non deve vietare né penalizzare l'utilizzo di programmi a codice aperto; il criterio
fondamentale di valutazione delle soluzioni software deve essere quello della analisi costi-benefici.
Conseguenza diretta della indagine conoscitiva è la “Direttiva Stanca”; nel dicembre 2003 il
Ministero per l'Innovazione adottava la direttiva “Sviluppo ed utilizzazione dei programmi
informatici da parte delle pubbliche amministrazioni”. Il contenuti principali, derivati dagli articoli
3,4 e 7 sono i seguenti:
Le pubbliche Amministrazioni devono acquisire programmi informatici sulla base di una
valutazione comparativa tecnica ed econmica tra le diverse soluzioni esistenti sul mercato, tenendo
conto della corrispondenza alle proprie esigenze;
Le pubbliche Amministrazioni devono privilegiare le soluzioni che:
●
assicurano l'interoperabilità tra i diversi sistemi informatici, salvo che ricorrano eccezionali
esigenze di sicurezza e segretezza;
●
in grado di rendere i propri sistemi infomativi non dipendenti da un unico fornitore o da una
unica tecnologia proprietaria;
●
garantiscono la disponibilità del codice sorgente per l'ispezione e la tracciabilità;
●
consentono l'esportazione di dati e documenti in più formati, di cui almeno uno di
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aperto.
Il contenuto della direttiva veniva sostanzialmente recepito nel Decreto Legislativo del 28 febbraio
2005, divenuto legge nel marzo 2005 ed entrato in vigore nel 2006. Il nuovo “Codice
dell'AMministrazione digitale” stabilisce un quadro coerente ed organico dei diritti dei cittadini e
dei doveri delle pubbliche amministrazione, in materia di accessibilità ai dati digitali:
●
diritto all'uso delle tecnologie;
●
dirtto all'accesso e all'invio di documenti digitali;
●
diritto a trovare on-line i moduli ed i formulari validi ed aggiornati.
Con riferimento alla realtà piemontese, la Regione ha emanato la legge n.9 del 26 febbraio 2009
“norme in materia di pluralismo informatico, sull'adozione e la diffusione del software libero e sulla
portabilità dei documenti informatici nella pubblica amministrazione”. L'Amministrazione
regionale favorisce il pluralismo informatico e incentiva la diffusione del software libero,
riconosce,all'art. 7, il valore formativo del software libero e ne promuove l'adozione nei programmi
didattici.
Un cenno a parte merita l'art. 6 c.2 in cui si stabilisce che, nella scelta dei programmi per
elaboratore elettronico, l'Amministrazione privilegia i programmi appartenenti alla categoria del
software libero e i programmi il cui codice è ispezionabile dal titolare della licenza. Questo comma
è stato oggetto di una ricorso per illegittimità costituzionale da parte del Consiglio dei Ministri, con
la motivazione che violerebbe le norme a tutela della libera
concorrenza. Il 23 marzo 2010 la
suprema Corte ha respinto il ricorso: la preferenza per il software libero non contrasta con il
principio della libertà di concorrenza, poichè la qualifica di software libero è una caratteristica
giuridica e non tecnica, e non è riferibile ad uno specifico marchio o prodotto tecnologico. Viene
così ribadita l'inconsistenza delle argomentazioni di quanti si oppongono a norme che favoriscono
l'adozione e la diffusione di software libero sostenendo che sarebbero in conflitto con il principio
della neutralità tecnologica.
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5) Non solo codice
Ritorniamo brevemente alla prima parte del nostro discorso: ragionando sulla introduzione del
netbook e dell'iPad in due scuole lombarde, ci siamo domandati quali contenuti usare al posto dei
libri di testo tradizionali rimpiazzati dagli strumenti informatici. Abbiamo parlato della
contrapposizione fra i modelli di licenza libera e chiusa con riferimento al software, ma nulla vieta
di applicare gli stessi modelli alle opere letterarie e nello specifico, ai libri di testo adottati nella
scuola. Un modo intelligente di usare la tecnologia per diffondere il sapere e abbattere i costi può
essere quello di realizzare libri di testo in formato digitale e rilasciarli con licenza libera; un
esempio interessante in tale senso è “Matenatica C3”, un libro di matematica per la scuola
secondaria di secondo grado realizzato dal Prof. Antonio Bernardo del Liceo Scientifico “Banzi” di
Lecce e rilasciato con licenza Creative Commons.
I vantaggi di questo modo innovativo di pensare i libri di testo sono evidenti: in primo luogo può
essere integrato da chiunque abbia le conoscenze per farlo, superando quindi la rigidità di un testo
tradizionale per cui è necessario attendere una nuova edizione per avere i contenuti aggiornati. La
libertà di modifica si traduce anche in libertà di insegnamento: il docente che utilizza il testo può
adattarlo al proprio modo di lavorare o alle esigenze degli studenti. In secondo luogo è possibile
ridurre drasticamente i costi per le famiglie, poiché la disponibilità libera ed in formato digitale
esclude totalmente il circuito economico editoriale dalla stampa e dalla distribuzione del libro.
Analoghe iniziative sono nate negli Stati Uniti; Scott McNealy, ex CEO di Sun Microsystems, sta
portando avanti la realizzazione di un portale web dedicato alla diffusione di libri di testo in formato
digitale, gratuiti e rilasciati con licenze libere, attingendo a tecnologie open di Sun per sviluppare
libri in vari formati.
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6) Riferimenti web
Netbook ed ipad a scuola
http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_19/scuola-portatili-crema_d8e32586-dba8-11df-a6e900144f02aabc.shtml
http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/153402_i-pad/
Software libero e scuola
http://www.dossierscuola.it/PaginaIniziale
http://linuxdidattica.org/docs/documenti/tribolazioni_software_libero.html
http://scuola.linux.it/docs/conferenze/index.html
http://www.aldolat.it/2008/news/software-libero-e-scuola-listituto-ettore-majorana/
http://www.informaticalibera.info/component/content/article/1-ultime/78-da-rifiuto-a-risorsa.html
http://scuola.linux.it/scuo/index.html
Lavagna multimediale:
http://www.linux.it/WiiLD
http://code.google.com/p/ardesia/
http://wiidea.scuole.bo.it/index.php
Libri open source
http://www.matematicamente.it/manuale_matematica
http://punto-informatico.it/2962107/PI/News/usa-libri-testo-gratis-open-source.aspx
licenza GPL
http://www.gnu.org/licenses/licenses.html
Ministero Università ricerca e innovazione
http://www.edscuola.it/archivio/norme/varie/pimiur_microsoft.pdf
http://puntoeduft.indire.it/materialic/c1.html
Trashware
http://www.informaticalibera.info
http://it.wikipedia.org/wiki/Trashware
Normativa
http://www.interlex.it/testi/dirett_os.htm
http://www.digitpa.gov.it/amministrazione-digitale/CAD-testo-vigente
http://www.regione.piemonte.it/urp/dwd/lr9_2009.pdf
http://softwarelibero.it/Corte_Costituzionale_favorisce_softwarelibero
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