Istruzioni su come impostare la relazione di fine tirocinio (Laurea

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Istruzioni su come impostare la relazione di fine tirocinio (Laurea
Relazione di fine tirocinio professionalizzante
Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e di Comunità.
Ho scelto di svolgere una parte del mio tirocinio magistrale presso l’Associazione
“Umanamente” di Bologna che lavora nell’ambito della salute mentale ed è iscritta nell’elenco
delle libere forme associative del comune di Bologna. Opera sul territorio bolognese con varie
attività e progetti che hanno lo scopo di promuovere il superamento del pregiudizio e dello
stigma che ruota intorno ai problemi di salute mentale. Inoltre l’associazione porta avanti da
anni iniziative per la riabilitazione psicosociale rivolti a persone che nella loro vita hanno
incontrato e vissuto il disagio psichico. L'Associazione Umanamente è costituita da un gruppo di
volontari che hanno a cuore il tema della salute mentale; alcuni perchè hanno vissuto e vivono in
prima persona il disagio psichico, altri sono amici e familiari, altri lavorano come operatori
nella psichiatria, altri ancora sono semplici cittadini.
Gli obiettivi fondamentali dell’Associazione sono:
 Promuove e tutela il diritto alla salute mentale.
 Lotta contro lo stigma, la discriminazione e l’esclusione sociale;
 Contribuisce alla ricerca e allo sviluppo di nuove metodologie e teorie nell’ambito della
cura e della prevenzione;
 Crea e consolida la rete di solidarietà attorno alle persone con disagio psichico insieme
alle altre associazioni e agli Enti e alle Istituzioni del territorio;
 Forma/informa operatori, familiari e utenti della salute mentale;
 Realizza progetti ed interventi di riabilitazione psicosociale e di sostegno alle persone
con disagio psichico e alle loro famiglie;
 Organizza eventi di sensibilizzazione e di socializzazione, integrazione e reinserimento.
L’associazione UmanaMente fa parte inoltre del C.U.F.O. (comitato utenti, famigliari e operatori
dell’Azienda USL di Bologna) e svolge la maggior parte delle sue attività presso i locali
dell’azienda USL di Bologna, dove il tirocinio professionalizzante è stato prevalentemente svolto
(Dipartimento di Salute Mentale dell’azienda USL di Bologna di Via Pepoli n.5); alcune attività
sono state svolte, invece, presso la struttura protetta di Villa Olga con sede in Via Francesco Dotti
n. 2/2 Bologna.
Tra le attività svolte dall’associazione Umanamente c’è la partecipazione al “Programma
P.R.I.S.M.A.” (Promuovere Realizzare Insieme Salute Mentale Attivamente) con diversi progetti,
ai quali anche io ho partecipato attivamente, come il Progetto piattaforma comunicazione
allargata, il Progetto familiari informati e sostenuti e il Progetto “I linguaggi della cura: arte in
salute”.
Inoltre ho seguito l’iniziativa di cineforum presso la struttura residenziale Villa Olga nella quale
risiedono persone con disagio psichico. Il mio compito in questo ambito è stato collaborare con
la Dott.ssa Pasquali (referente del cineforum e di altre attività dell’associazione, nonché persona
attiva in tutti i progetti in cui è impegnata l’associazione) portando il mio contributo nella scelta
delle tematiche da affrontare in ogni incontro e preparando di volta in volta degli
approfondimenti tematici scelti dai partecipanti e discussi poi in ogni incontro.
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Durante questo periodo di tirocinio ho svolto diverse attività spalmate in progetti e iniziative
diverse:
 Partecipazione ai laboratori (musica, teatro, arte, scrittura, cineforum) inseriti nel
progetto “I Linguaggi della cura: arte in salute”,
 Realizzazione del sito “Sogni e Bisogni” (piattaforma di comunicazione multilivello che
metta in rete soggetti diversi che si occupano in maniera diversa di salute mentale),
nello specifico la parte dedicata alle psicoterapie, curata da me e da altre due mie colleghe
sotto la supervisione della Dott.ssa Pasquali.
 Collaborazione al progetto “Familiari informati e sostenuti” (progetto sperimentale
biennale d’informazione e supporto ai familiari della Salute Mentale, con l’intento di dare
maggiori informazioni e supporto ai familiari di persone sofferenti di disturbi psichici e
del nuovo emergente problema legato al Gioco d’azzardo patologico).
Le mie attività si sono concentrate soprattutto nel primo dei tre progetti sopra citati, quindi la
partecipazione attiva ai laboratori inseriti nel progetto “I linguaggi della cura: arte in salute”.
Questa iniziativa vuole promuovere le forme di sviluppo personale e di miglioramento della
propria salute attraverso i diversi linguaggi artistici. Il linguaggio simbolico dell’arte aiuta a
rendere più accessibili quei vissuti che la persona non riesce ad esprimere a livello verbale;
esprimersi attraverso delle produzioni creative può motivare e sostenere l’individuo
nell’affrontare le difficoltà della vita.
I laboratori ai quali ho partecipato in maniera attiva comprendono il laboratorio di teatro,
condotto da un’esperta di teatro che lavora in collaborazione con la psicoterapeuta, la Dott.ssa
Elena Pasquali. Questo spazio creativo si snoda attraverso il linguaggio teatrale fatto di gesti,
riscaldamento del corpo, movimenti, parole, narrazioni inventate e poi improvvisate, musica,
ritmo e immagini. I partecipanti vengono guidati in un percorso di sviluppo delle proprie abilità
intuitive, sensoriali e di consapevolezza di sé attraverso il corpo, la parola e la fantasia.
A seguito del laboratorio di teatro si svolge il laboratorio di scrittura creativa, tenuto dalla
Dott.ssa Elena Pasquali, che dà la possibilità ai partecipanti di riunirsi in gruppo discutendo un
tema scelto da loro o proposto dalla rivista “Il Faro” e gli permette soprattutto di raccontare con
la scrittura esperienze, vissuti, idee emozioni che non necessariamente hanno a che fare con il
disagio psichico. E’ uno spazio neutro di confronto che permette ai partecipanti, se lo
desiderano, di lasciare fuori la psicopatologia e confrontarsi liberamente su qualsiasi tema
venga proposto. Infine il laboratorio di musica condotto dal maestro Roberto Bolelli affiancato
dalla dott.ssa Pasquali, all’interno del quale i partecipanti hanno la possibilità d scoprire la
musica in tutte le sue forme; si alternano infatti momenti di ascolto di brani proposti dagli stessi
partecipanti con successiva discussione sulle immagini, le emozioni e sensazioni che l’ascolto
ha stimolato, e momenti di pratica musicale attraverso diversi strumenti musicali proprio per
permettere la libera espressione di tutti coloro che decidono di far parte del gruppo.
Lavorare quotidianamente in questi contesti mi ha dato l’opportunità di sperimentare emozioni
e consapevolezze che prima non avevo mai provato pur avendo avuto altre esperienze in
ambito
di
salute
mentale.
La partecipazione attiva a ogni laboratorio mi ha permesso di mettere alla prova le mie capacità
umane, relazioni e professionali. Mettersi in gioco in laboratori espressivi non è una cosa così
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facile da fare perché metti a nudo te stesso attraverso l’arte e questo vale per tutti, me compresa.
Sono sorpresa di ciò che ho potuto sperimentare sia su me stessa che nel rapporto con gli altri
attraverso l’arte e le relazioni con tutte le persone con cui ho condiviso questa esperienza.
L’espressività tradotta in queste attività è stata “terapeutica” anche per me perché mi ha
permesso di imparare meglio a gestire i miei vissuti e le ansie che ogni giorno ci portiamo
dietro e che in un contesto che deve essere di neutralità ed espressività, non dovrebbero
trasparire. Il fatto di vivere questa esperienza con la costruzione di rapporti alla pari, senza
dover necessariamente definire sempre il proprio ruolo, proprio perché all’intero di un
contesto di laboratorio creativo al quale ho partecipato attivamente come tutti, mi è stato di
aiuto per vivere più serenamente la condivisione e il confronto con tutti coloro che hanno
incrociato il mio cammino.
Nella mia vita ho già conosciuto e vissuto questa realtà, la realtà psichiatrica, sia per precedenti
esperienze di tirocinio sia perché mia madre lavora in ambito psichiatrico da sempre e per
questo motivo fin da piccola ho conosciuto cosa fosse un manicomio e in seguito alla loro
chiusura, cosa fosse un reparto psichiatrico. Questi vissuti mi hanno aiutata a non vivere questa
esperienza con timore e pregiudizio ma allo stesso tempo mi hanno dato una sicurezza che non
sempre si è rivelata utile semplicemente perché c’è una bella differenza tra il vivere queste
realtà saltuariamente ed esserci a contatto tutti i giorni. Si creano dei rapporti, degli scambi di
gesti, parole, esperienze; il quotidiano ti costringe a portare te stesso tutti i giorni senza alibi e
senza maschere ed è proprio questa la difficoltà. Le emozioni sono in ballo sempre, in ogni
momento, in ogni piccolo gesto, racconto o sguardo crea sensazioni e questo vale per tutti,
utenti e professionisti. Mi sono dunque trovata a sperimentare emozioni che è stato difficile
gestire, e soprattutto ho dovuto imparare la neutralità che ogni professionista dovrebbe
mantenere in ambito lavorativo, ancor più se questo ambito è la salute mentale. Ciò che sei,
quello che senti, provi, dici, lo porti nel mondo, e le persone lo percepiscono, lo ascoltano e lo
interpretano ed è per questo che ho imparato che è fondamentale cercare di non far trasparire i
propri problemi personali perché le persone che hai di fronte, magari più vulnerabili di altre,
avvertono il tuo malessere e lo assimilano.
La sofferenza e l’esperienza psichiatrica sia se raccontata in modo bizzarro o no, vissute
quotidianamente, da ogni operatore, possono avere un impatto emotivo non indifferente: ti
rendi conto che nella vita il confine tra “normale” e patologico è molto labile, che l’esperienza
psichiatrica non è riservata solo a un gruppo di persone “meno fortunate” ma può colpire
chiunque in qualsiasi momento della vita. Questa consapevolezza l’ho acquisita nel tempo, non
solo grazie ad esperienze formative ma anche grazie a esperienze personali: le persone che
nella vita hanno vissuto in prima persona la malattia mentale non sono alieni, non sono meno
intelligenti, stupidi, sfortunati o “condannati” da sempre a tutto questo, sono persone che in un
momento della loro vita, per un motivo o per un altro, non hanno più trovato in loro stessi le
risorse per affrontare il mondo, le emozioni, i vissuti, semplicemente si sono perse e adesso
lottano per ritrovarsi; sono persone che hanno un passato e un presente da raccontare che
arricchisce chiunque può avere la fortuna di ascoltarlo; sono persone che sognano un futuro,
hanno aspettative, desideri, ambizioni come tutti noi. Sono persone. Punto. Se si ha la capacità di
osservare ed ascoltare ci si rende conto che una persona schizofrenica non è un pazzo (come si
userebbe dire) che fa discorsi senza senso ma è una persona che a modo suo, senza filtri e nel
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modo più spontaneo che nessun altro conosce, riporta i suoi pensieri e i suoi vissuti, il modo in
cui vede il mondo e lo fa in una maniera disarmante, lo fa in una “lingua” che non è socialmente
compresa ma se impariamo a guardare oltre potremo riuscire a comprenderla. Avere la
possibilità di conoscere e vivere tutti i giorni persone che hanno avuto o hanno vissuti di
questo genere, in un contesto non ospedaliero ma di condivisione, espressività, neutralità, può
aprire ancor di più la mente e la consapevolezza della salute mentale e soprattutto ti arricchisce
come persona al di là di qualsiasi teoria o formazione e ancor di più ti insegna a riconoscere te
stesso, i tuoi limiti, ti insegna a riconoscerli e a superarli. I limiti di cui parlo sono i sentimenti
che ognuno di noi può sperimentare nel condividere e nel creare dei rapporti con gli altri:
simpatie/antipatie, ansie, nervosismi, fattori personali che ci portiamo dietro, fatti
esperienziali. Sono tutte variabili che in questo tirocinio ho scoperto essere fondamentali, da
non sottovalutare, bisogna imparare a riconoscerli e gestirli perché questo richiede il mio ruolo
di psicologa e di persona. Leggerlo sui libri universitari non è ovviamente come viverlo e grazie
alle persone che ho incontrato in questo percorso e anche a chi mi ha guidato, ho imparato che
ogni situazione nuova ci fa scoprire dei limiti che abbiamo e che magari fino a quel punto non
sapevamo di avere e che se si è aperti a imparare, anche sbagliando, e a riconoscere gli errori,
si possono avere nuove consapevolezze riguardo se stessi e soprattutto si può crescere.
Mi sento molto soddisfatta dell’esperienza che ho scelto di intraprendere perché ho avuto la
possibilità di conoscere persone con la P maiuscola che mi hanno accettata nonostante i limiti
che a volte ho inconsapevolmente dimostrato e hanno condiviso con me le loro storie e i loro
sogni: abbiamo recitato, ci siamo abbracciati, abbiamo riso, ci siamo confrontati e soprattutto ci
siamo regalati qualcosa, qualcosa di noi, ognuno di noi ha regalato un po’ di sé all’altro e io
quello che ho ricevuto da loro lo porterò sempre con me non solo a livello professionale ma
soprattutto a livello umano e soprattutto spero di aver regalato qualcosa di me a tutti loro,
qualcosa di positivo, un’energia in più per stare sempre meglio. Questa esperienza è stata
arricchita e guidata dalla tutor che mi ha seguito, la dott.ssa Pasquali, dai maestri di teatro e
musica che hanno collaborano da anni con l’associazione Umanamente e anche dalle colleghe
tirocinanti che in questo percorso mi hanno accompagnata, supportata e aiutata. Da tutti loro,
soci, partecipanti, operatori, colleghi ho potuto imparare qualcosa di diverso, tutti loro in
maniera diversa e con linguaggi diversi hanno lasciato dentro di me qualcosa in più che
porterò nel mio percorso di vita e professionale.
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