Nello scandalo delle trasfusioni

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Nello scandalo delle trasfusioni
Latina
Il giornale di
Sezze
IL CASO
GIOVEDÌ 9 GIUGNO 2016
33
Pontinia
Risarcimento per una donna 55enne di Pontinia infettata al Goretti nel 1984
Nello scandalo delle trasfusioni
Il donatore che ha procurato il contagio non è stato escluso dalle liste per 10 anni
DAL POST TANGENTOPOLI ALLE CARENZE DELLA SANITÀ
Il salasso delle cure: un farmaco
salvavita dal brevetto milionario
di CLAUDIA BORSARI
E
siste un sommerso la
cui portata è difficile
quantificare. È il dramma delle trasfusioni di sangue
infetto. Una piaga che ha contagiato tutta Italia e di cui non è
esente nemmeno la provincia
pontina. Proprio in questi giorni la notifica di risarcimento di
800mila euro da parte del Tribunale di Roma nei confronti di
quattro persone, tra queste anche una donna di Pontinia.
Nessuna correlazione tra
le quattro persone, di cui una
deceduta nel 2013 a 55 anni
per Aids in corso di causa, se
non la disgrazia di aver ricevutosacche disangueinfettato da epatite B, C e Hiv. A rappresentarli nel lungo iter giudiziario l’avvocato Renato
Mattarelli, legale di Latina tra
i massimi esperti del settore,
che sta curando circa altri 40
SEZZE
casi analoghi riguardanti richieste di risarcimento e indennizzo e che attraverso la
sua attività ha messo in luce
quanto il numero degli infettati sia destinato a salire. A riprova di questo anche il caso
della donna di Pontinia, oggi
52enne, che ha contratto l’epatite C nel 1984, quando era
in curaall’ospedale SantaMaria Goretti di Latina. Su richiesta del suo legale è stata
infattirinvenuta laschedadel
donatore e ciò che è emerso è
il tragico riscontro che il soggetto, prima di essere escluso
dall’elenco donatori per la
scoperta del virus, ha continuato a donare sangue infetto
per circa dieci anni. Le ripercussioni non sono di certo
quantificabili, ma si presume
che decine di pazienti che sono ricorsi in quel periodo a
trasfusioni siano all’oscuro di
esser stati contagiati dal peri-
colosissimo virus.
Il fenomeno delle malattie
contratte da trasfusioni con
sangue infetto èun fenomeno
di proporzioni notevolmente
più vaste rispetto quanto si
possa pensare,premesse confermate anche recenti studi
che ipotizzano che per ogni
casoconosciuto cene sonoalmeno tre ancora sconosciuti.
Un datoconfermato anchedal
dramma della malasanità vissuto sulla propria pelle dalla
donna di Pontinia per cui, nonostante il primo barlume di
giustizia ottenuto, si ricorrerà in appello perché, come
sottolineato dall’avvocato
Mattarelli, le somma risarcita
in primo grado non corrisponde al maggior pregiudizio subito dalla danneggiata.
Lo scandalo degli emoderivati, in Italia come in provincia
di Latina, è un processo ancora aperto.
Una malattia invalidante, subdola e latente, a
volte anche per un trentennio. L’epatite C nel
mondo colpisce circa 200
milioni di individui, sfiora il milione invece il dato italiano. Molte le persone contagiate da trasfusioni infette, prima
che il virus venisse isolato e riconosciuto, solo
nel 1989. Poi lo scandalo
del cosiddetto “sangue
infetto”, scoppiato in Italia tra la fine degli anni
’80 e i primi ’90, quando
si scoprì che alcune aziende
farmaceutiche
mettevano in commercio
flaconi di emoderivati
contaminati. Sangue ottenuto volontariamente
da soggetti a rischio (tossicodipendenti, detenuti anche di paesi extraeuropei), comprato a prezzi più competitivi e piazzato sul mercato con il benestare di politici e funzionari pubblici. Il
resto è cosa forse nota: quella Tangentopoli che vide tra i principali accusati, anche per omicidio colposo plurimo, l’imprenditore farmaceutico Guelfo Marcucci
e il direttore del servizio farmaceutico del
ministero della Salute Duilio Poggiolini.
Ma quali le cure in Italia per una malattia che colpisce migliaia di persone? Fino
a pochi anni fa non si moriva di epatite C,
ma di cirrosi epatica e di tumore al fegato,
e le uniche possibilità erano intraprendere cure fortemente invalidanti, spesso
senza esito, o ricorrere al trapianto. Poi
nel 2014 l’immissione sul commercio di
un farmaco che permette di debellare il
virus (inventato dal ricercatore statunitense, figlio di immigrati italiani, Michael
Sofia), ma dai prezzi proibitivi: 60mila
euro fino a due anni fa, oggi 15mila euro.
Il farmaco principe, il Sofosbuvir Sovaldi
prodotto dalla multinazionale Gilead,
non viene prescritto a tutti (spesi 750 milioni di euro per curare 50mila pazienti
secondo dichiarazioni di Luca Pani, dirigente generale Aifa), ma solo ai malati più
gravi, anche se garantisce una guarigione
virologica oltre o vicina al 95 per cento e
un miglioramento fin dalle assunzioni
delle prime due settimane. Allo scandalo
della salute si aggiunge dunque quello di
brevetti farmacologici proibitivi.
C.B.
Un episodio di epatite C risalente al 1982
Sangue infetto nell’ex San Carlo
L’uomo, ora 62enne, era stato contagiato nell’ospedale civico
di LUCA MORAZZANO
Esiste un sommerso la cui
portata è difficile quantificare. È il dramma delle trasfusioni di sangue infetto. Una
piaga che ha contagiato tutta
Italia e di cui non è esente
nemmeno la provincia pontina. Proprio in questi giorni
la notifica di risarcimento di
800mila euro da parte del
Tribunale di Roma nei confronti di quattro persone, tra
queste anche una donna di
Pontinia.
Nessuna correlazione tra
le quattro persone, di cui una
deceduta nel 2013 a 55 anni
per Aids in corso di causa, se
non la disgrazia di aver ricevuto sacche di sangue infettato da epatite B, C e Hiv. A
rappresentarli nel lungo iter
giudiziario l’avvocato Renato Mattarelli, legale di Latina
tra i massimi esperti del settore, che sta curando circa altri 40 casi analoghi riguardanti richieste di risarcimento e indennizzo e che attraverso la sua attività ha messo
in luce quanto il numero degli infettati sia destinato a
salire. A riprova di questo anche il caso della donna di
Pontinia, oggi 52enne, che
ha contratto l’epatite C nel
1984, quando era in cura
all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Su richiesta
del suo legale è stata infatti
rinvenuta la scheda del donatore e ciò che è emerso è il
tragico riscontro che il soggetto, prima di essere escluso
dall’elenco donatori per la
scoperta del virus, ha continuato a donare sangue infetto per circa dieci anni. Le ripercussioni non sono di certo
quantificabili, ma si presume
che decine di pazienti che sono ricorsi in quel periodo a
trasfusioni siano all’oscuro
di esser stati contagiati dal
pericolosissimo virus.
Il fenomeno delle malattie contratte da trasfusioni
con sangue infetto è un fenomeno di proporzioni notevolmente più vaste rispetto
quanto si possa pensare, premesse confermate anche recenti studi che ipotizzano
che per ogni caso conosciuto
ce ne sono almeno tre ancora
sconosciuti. Un dato confermato anche dal dramma della malasanità vissuto sulla
propria pelle dalla donna di
Pontinia per cui, nonostante
il primo barlume di giustizia
ottenuto, si ricorrerà in appello perché, come sottolineato dall’avvocato Mattarelli, le somma risarcita in
primo grado non corrisponde
al maggior pregiudizio subito dalla danneggiata. Lo
scandalo degli emoderivati,
in Italia come in provincia di
Latina, è un processo ancora
aperto.