il dossier - VivoScuola

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il dossier - VivoScuola
PROVINCIA AUTONOMA
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Rivista della scuola in Trentino
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n.1-2 gennaio/febbraio 2010
2010
1
SOMMARIO
DIDASCALIE
la notizia/Riforma,
Rivista promossa dalla
Provincia Autonoma di Trento
(L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22)
Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745
dell’11.1.1992
pr
Rivista della scuola in Trentino
Periodico mensile
Anno XIX, numero 1-2 gennaio/febbraio 2010
Direttore responsabile:
Giampaolo Pedrotti
un punto fermo
formativa
la notizia/La prospettiva
lingue straniere/CLIL, il contributo
1
2-3
4-8
9-10
la notizia/L’offerta
il dossier
dentro l’argomento
Coordinatore:
Mario Caroli
E-mail: [email protected]
“COLORI IN CLASSE…”
Il punto e alcune bruone prassi nelle scuole del Trentino
In redazione:
Norma Borgogno
Patrizia Lucca
Manuela Saltori (segreteria)
In questo numero:
Maria Arici, Laura Bampi, Nino Betta, Mario Caroli, Giuseppe Colangelo, Alberto Conci, Loretta Debiase, Mauro
Debiase, Cristina Delpero, Paolo Ghezzi, Giancarlo Ianeselli, Bors Pahor, Massimo Parolini, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher, Angelina Ribolli, Federica Ricci Garotti, Giorgio Robol, Alessandra Sighele, Paola Strafellini,
Adriano Tomasi, Leila Ziglio.
Il dossier
I numeri
Il contesto
Il Centro Millevoci
I referenti
Le risorse
Le buone prassi all’I.C. di Ala
Inserto a cura di: Mario Caroli
Interventi: Maria Arici, Laura Bampi, Mario Caroli, Loretta Debiase,
Mauro Debiase, Cristina Delpero, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher,
Angelina Ribolli, Giorgio Robol, Alessandra Sighele, Paola Strafellini,
Leila Ziglio
Le foto di pagina 22 e 23 sono di Giancarlo Ianeselli, che opera presso il centro “Millevoci”
Redazione: Via Gilli 3,
38121 Trento
tel. 0461/497268 - 69
fax 0461/497267
Realizzazione e Stampa
Litografia Effe e Erre - Trento
Inserto 11-38
Per richiedere la rivista Didascalie
telefonare o mandare un fax o scrivere a:
Redazione Didascalie,
Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 Trento
E-mail: [email protected]
Didascalie è stampata su carta
ecologica, sbiancata senza cloro
Le foto di questo numero sono di:
archivio Didascalie, fornite dai diretti interessati,
Archivio Ufficio stampa PAT
MEMORIA E RICORDO/Il diario, dal treno per Auschwitz
39-40
MEMORIA E RICORDO/Tre volte NO, memorie di un uomo libero 41
segnaliamo/Il libro: Una primavera difficile, di Boris Pahor
42-43
segnaliamo Il ricordo: Anneliese Graf
44-45
segnaliamo La lettura: Pensare altrimenti, il libro di Paola Rosà
46-47
segnaliamo L’evento: Caduti trentini della Grande Guerra
48
segnaliamo il testimone: Un uomo buono di Nino Betta
terza di copertina
offerta varia/il convegno:Essere insegnanti oggi quarta di copertina
PROVINCIA AUTONOMA
DI TRENTO
didascalie
Rivista della scuola in Trentino
1-2
n.
gennaio/febbraio 2010
il dossier
dentro l’argomento
il dossier
i numeri
il contesto
Il Centro millevoci
i referenti
le risorse
all’I.C. di ala
le buone prassi
”
“COLORI
Il punto e
AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006
08/02/2006
IN CLASSE…
alcune buone
prassi nelle
scuole del
Trentino
Cristina
di: Mario Caroli
Inserto a cura
Mauro Debiase,
Robol, AlesLoretta Debiase,
di:
Mario Caroli, Angelina Ribolli, Giorgio
Interventi
Laura Bampi,
Plotegher,
Maria Arici,
Lucca, Stefania
il centro “Millevoci”
Leila Ziglio
opera presso
Delpero, Patrizia
Ianeselli, che
Paola Strafellini,
sandra Sighel, 22 e 23 sono di Giancarlo
11
Le foto di pagina
n.1-2 gennaio/febbraio
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
2
2010
1
In copertina in alto: un’immagine degli studenti trentini dal treno della memoria ad
Auschwitz (vedi servizio alle pagine 390-40); a destra, sempre in alto, la copertina del
libro di B. Pahor letto nel Segnaliamo da Giuseppe Colangelo (pagine 42- 43); in basso,
la copertina e un’immagine del dossier interno su “Colori in classe…” (vedi pp. 11-38)
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
LA NOTIZIA
RIFORMA
23 febbraio 2010: un punto fermo
Nella seduta straordinaria di martedì 23 febbraio 2010 alle ore 19, la Giunta ha approvato la delibera presentata dall’Assessore all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso,
contenente la programmazione dell’offerta formativa per il secondo ciclo nella provincia di Trento. In un scheda allegata al comunicato stampa ufficiale diffuso subito dopo,
sono indicate le motivazioni ed alcune idee guida di sviluppo della scuola secondaria
di secondo ciclo.
Un aiuto alle famiglie per orientarsi nelle iscrizioni
“Con l’approvazione della delibera – ha affermato l’Assessore Dalmaso – abbiamo fatto un
importante passo in avanti per aiutare gli studenti e la famiglie ad orientarsi per le iscrizioni
del prossimo anno la cui scadenza resta fissata al 26 marzo 2010. CI siamo attivati in tempi rapidi appena sono stati resi noti i regolamenti nazionali. Ora le famiglie hanno un’informazione certa su quali indirizzi sono collocati nel proprio territotio e quali nel resto del
Trentino; quanto prima renderemo noti anche i quadri orari con le materie e l’articolazione del monte ore.”
La legge provinciale 7 agosto 2006 n. 5 disciplina in maniera organica il sistema educativo
provinciale e costituisce la cornice di riferimento per l’intero impianto regolamentare che
va gradualmente a caratterizzare il sistema scolastico trentino.
Il quadro dell’offerta formativa rappresenta una tappa fondamentale di questo percorso;
esso consente di valorizzare le scelte fatte in questi anni in direzione di un modello scolastico fondato sulla centralità dello studente e caratterizzato dallo stretto rapporto della scuola con il territorio.
Proprio per questo, la delibera approvata dalla Giunta non si limita ad una trasposizione
meccanica dell’offerta nazionale in ambito locale, ma dà una forte connotazione al quadro
dell’offerta formativa provinciale, razionalizzando la frammentazione dell’offerta oggi esistente, con un utilizzo razionale delle risorse, e rilanciando una prospettiva di istruzione e
formazione provinciale d’eccellenza in un quadro chiaro che definisce l’identità e il ruolo
dell’istruzione liceale (con un impianto unitario articolato in sei percorsi ben differenziati), l’identità dell’istruzione tecnica con una solida base culturale a carattere scientifico e
tecnologico (con l’attivazione di tutte le articolazioni previste a livello nazionale e l’arricchimento con nuovi percorsi rispetto alla situazione attuale), la valorizzazione ed il potenziamento dell’identità della Formazione professionale oltre i percorsi di base, con un organico rapporto con il mondo del lavoro, da una parte, e tutto il sistema dell’istruzione,
dall’altra.
Nel quadro del rafforzamento e valorizzazione dell’istruzione tecnico-professionale, la prospettiva resta quella delle Nuove frontiere formative tecnico – professionali:
Nell’allegato alla delibera, la specificazione degli istituti e degli indirizzi su tutto il territorio provinciale, che riportiamo nelle pagine seguenti.
è possibile acNella homepage di www.vivoscuola.it, cliccando il banner
cedere al quadro dell’Offerta scolastica per il secondo ciclo di istruzione a.s. 2010/2011
e alla documentazione di riferimento. Dalla Rassegna stampa correlata si visualizza anche il
video dell’Assessore all’Istruzione Dalmaso intitolato Scuola: si cambia. e quello del Presidente Dellai “Scuola, riportiamo il confronto nel merito”. (m.c.)
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
1
il riordino
Aggiornamento del quadro provinciale dell’offerta scolastica
per il secondo ciclo d’istruzione con decorrenza dall’anno scolastico 2010/2011
Istituzione scolastica
Sede
I.C. di SCUOLA ELEM.
E SEC. di I e di II GRADO
PRIMIERO
FIERA
DI PRIMIERO
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
“A.DEGASPERI”
BORGO VALSUGANA
BORGO
VALSUGANA
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
“M. CURIE”
PERGINE VALSUGANA
PERGINE
LEVICO
PERGINE
Indirizzi e articolazioni attivi dall’a.s. 2010/2011
PRIMIERO
Liceo scientifico
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
- articolazione amministrazione finanza e marketing
Turismo
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni Ambiente e Territorio
BASSA VALSUGANA
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo delle scienze umane
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
- articolazione amministrazione finanza e marketing
- articolazione relazioni internazionali per il marketing
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni, Ambiente e Territorio
ALTA VALSUGANA
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo delle scienze umane
Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
- articolazione amministrazione finanza e marketing
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Turismo
Amministrazione Finanza e Marketing:
- articolazione servizi informativi aziendali
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Informatica e Telecomunicazioni (*):
- articolazione informatica
(*) l’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio potrà essere riattivato al triennio dall’a.s. 2012/2013 in presenza di un congruo numero di iscrizioni
ISTITUTO LADINO
DI FASSA
POZZA DI FASSA
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
“LA ROSA BIANCA – WEISSE
ROSE”
CAVALESE
CAVALESE
PREDAZZO
CAVALESE
2
LADINO DI FASSA
Liceo scientifico
Liceo ladino delle lingue (art. 57 L.P. 5/2006)
Liceo artistico:
- indirizzo arti figurative
- indirizzo design
VAL DI FIEMME
Liceo scientifico
Liceo linguistico
Liceo delle scienze umane opzione economico- sociale
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
- articolazione amministrazione finanza e marketing
Turismo
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni Ambiente e Territorio
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
“M. MARTINI”
MEZZOLOMBARDO
MEZZOLOMBARDO
ROTALIANA
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing
- articolazione amministrazione finanza e marketing
- articolazione servizi informativi aziendali
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Trasporti e Logistica (*)
L’indirizzo Turismo, all’interno dell’Istituto tecnico per il settore economico, potrà essere attivato nell’a.s. 2012/2013 in presenza di un congruo numero di iscrizioni al triennio
(*) nell’a.s. 2010/2011 viene avviato il biennio tecnologico e dall’a.s. 2012/2013 potrà essere attivato il triennio dell’indirizzo Trasporti e Logistica
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
LICEO “B. RUSSELL” CLES
CLES
I.T.C.G. “C.A. PILATI” CLES
CLES
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
“L. GUETTI” TIONE
TIONE
VAL DI NON
Liceo classico
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo linguistico
Liceo delle scienze umane
Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
-articolazione amministrazione finanza e marketing
Turismo
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni Ambiente e Territorio
Meccanica, Meccatronica e Energia:
- articolazione meccanica e meccatronica
Informatica e Telecomunicazioni:
- articolazione informatica
Elettronica ed elettrotecnica
- articolazioni elettronica ed elettrotecnica
GIUDICARIE
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
-articolazione amministrazione finanza e marketing
Turismo
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni Ambiente e Territorio
Liceo scientifico (*)
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo linguistico
Liceo delle scienze umane
(*) viene confermata la presenza come iniziativa innovativa di una sezione di liceo scientifico della montagna
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
SUPERIORE “G. FLORIANI”
RIVA DEL GARDA
RIVA D.G.
LICEO CLASSICO “A. MAFFEI” RIVA D.G.
RIVA DEL GARDA
ISTITUTO D’ISTRUZIONE
“DON L.MILANI”
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ROVERETO
ALTO GARDA E LEDRO
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
-articolazione amministrazione finanza e marketing
-articolazione relazioni internazionali per il marketing
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni Ambiente e Territorio
Elettronica ed Elettrotecnica:
- articolazioni elettronica ed elettrotecnica
Liceo classico
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo delle scienze umane
Liceo linguistico
VALLAGARINA
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Turismo
ISTITUTO PROFESSIONALE PER IL SETTORE DEI SERVIZI
Servizi socio-sanitari
3
LICEO CLASSICO “A. ROSMINI” ROVERETO
ROVERETO
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
SUPERIORE “F.FILZI”
ROVERETO
I.T.C.G. “F. e G. FONTANA”
ROVERETO
ROVERETO
I.T.I. “G. MARCONI”
ROVERETO
ROVERETO
LICEO CLASSICO
“G. PRATI” TRENTO
LICEO SCIENTIFICO
“G. GALILEI” TRENTO
TRENTO
ISTITUTO DI ISTRUZIONE
“A. ROSMINI” TRENTO
TRENTO
LICEO SCIENTIFICO
“L. DA VINCI” TRENTO
TRENTO
ISTITUTO “L. BATTISTI”
TRENTO
ISTITUTO D’ISTRUZIONE
DELLE ARTI
- Liceo artistico
“F.Depero” Rovereto
- Liceo artistico
“A. Vittoria” Trento
- Liceo musicale e coreutico
“F. Bonporti”
TRENTO
TRENTO
TRENTO
ROVERETO
4
Liceo classico
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo linguistico
Liceo delle scienze umane
Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing
- articolazione amministrazione finanza e marketing
- articolazione servizi informativi aziendali
- articolazione relazioni internazionali per il marketing
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni Ambiente e Territorio
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Informatica e Telecomunicazioni:
- articolazione informatica
Elettronica ed Elettrotecnica:
- articolazioni elettronica ed elettrotecnica
- articolazione automazione
Meccanica, Meccatronica ed Energia:
- articolazione meccanica e meccatronica
VAL D’ADIGE
Liceo classico
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo linguistico
Liceo delle scienze umane
Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale
Liceo scientifico
Liceo scientifico opzione scienze applicate
Liceo linguistico
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Turismo
Liceo artistico:
- indirizzo architettura e ambiente
- indirizzo arti figurative
- indirizzo audiovisivo multimedia
- indirizzo design
Liceo musicale coreutico
Liceo artistico:
- indirizzo audiovisivo multimedia
- indirizzo design
- indirizzo grafica
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE ECONOMICO
Amministrazione Finanza e Marketing:
- articolazione amministrazione finanza e marketing
- articolazione servizi informativi aziendali
- articolazione relazioni internazionali per il marketing
I.T.C. “A. TAMBOSI”
TRENTO
TRENTO
I.T.I. “M. BUONARROTI”
TRENTO
TRENTO
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Meccanica, Meccatronica e Energia:
- articolazione meccanica e meccatronica
Elettronica ed Elettrotecnica:
- articolazioni elettronica ed elettrotecnica
Chimica Materiali e Biotecnologie:
- articolazione chimica e materiali
- articolazione biotecnologie ambientali
Informatica e Telecomunicazioni:
- articolazione informatica
I.T.G. “A. POZZO” TRENTO
TRENTO
ISTITUTO TECNICO PER IL SETTORE TECNOLOGICO
Costruzioni Ambiente e Territorio
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la scheda
LA PROSPETTIVA
Ipotesi di sviluppo per il 2° ciclo
Pubblichiamo la scheda allegata al comunicato stampa del 23 febbraio 2010 con le motivazioni e le ipotesi di sviluppo legate al piano dell’offerta formativa provinciale ed al riordino del secondo ciclo
dell’istruzione e formazione in Trentino.
tale di questo percorso; esso consente di valorizzare le scelte fatte in
questi anni in direzione di un modello scolastico fondato sulla centralità dello studente e caratterizzato dallo stretto rapporto della
scuola con il territorio.
Sul piano ordinamentale, il secondo ciclo della scuola trentina è stato impostato, a differenza dell’impianto nazionale, come un sistema
integrato tra istruzione e Formazione professionale, sul modello
di due bienni più un quinto anno
propedeutico alla scelta dello sbocco universitario o nel mercato del
lavoro. Il primo biennio ha una
forte valenza orientativa ed assume
particolare importanza per il successo formativo degli studenti e la
riduzione della dispersione scolastica.
LE PROSPETTIVE
A BREVE TERMINE
LA PROGRAMMAZIONE
DELL’OFFERTA
FORMATIVA
PER IL SECONDO
CICLO NELLA PROVINCIA
DI TRENTO
PREMESSA
Il secondo ciclo di istruzione si è
sviluppato a livello nazionale negli scorsi decenni per accumulazione e sovrapposizione di indirizzi e sperimentazioni, in assenza di
una riforma complessiva. Ciò ha
portato alla presenza di un quadro
dell’offerta formativa caratterizzato da scarsa razionalità (con molti doppioni) e di conseguenza scarsa chiarezza per le famiglie. Anche
a livello provinciale è evidente una
frammentazione dell’offerta che
poco si concilia con l’utilizzo razionale delle risorse.
In ambito socio economico, l’attuale fase di sviluppo che incide anche sugli assetti della nostra
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
provincia può essere interpretata secondo le seguenti categorie di
transizione, che trovano evocazione anche nel Piano provinciale di
sviluppo:
da un’economia industriale a
un’economia fondata sulla conoscenza
da una cultura “del libro” a una
cultura “dell’ipertesto”
da un sapere fondato sulle discipline a un sapere fondato sulla transdisciplinarietà
da una concezione gerarchica dei
saperi ad una rappresentazione di
interconnessione di saperi.
Rispetto a questo scenario, la legge
provinciale 7 agosto 2006 n. 5 disciplina in maniera organica il sistema educativo provinciale e costituisce la cornice di riferimento
per l’intero impianto regolamentare che va gradualmente a caratterizzare il sistema scolastico trentino.
Il quadro dell’offerta formativa
rappresenta una tappa fondamen-
Dal prossimo anno scolastico, con
l’approvazione dei nuovi Regolamenti governativi in materia, il
quadro nazionale dell’offerta del
secondo ciclo è destinato a cambiare in modo significativo.
Dopo una tendenza alla “licealizzazione spinta”, si è arrivati ad un
sistema plurale che prevede sul territorio nazionale quattro “gambe”
distinte: i Licei (riordinati e potenziati negli indirizzi), gli Istituti
tecnici (innovati nel profilo e negli
indirizzi), gli Istituti professionali
di stato (caratterizzati da percorsi
quinquennalizzati, ma senza più la
possibilità di rilasciare in automatico qualifiche triennali), l’Istruzione e formazione professionale
regionale.
In provincia di Trento il sistema
scolastico e formativo, considerate le sue peculiarità, la sua storia e i bisogni espressi dal territorio, si struttura invece in modo più
semplificato, su tre gambe: i Licei,
gli Istituti tecnici e la Formazione
5
che intese con il MIUR per il raccordo con i percorsi di qualifica e
di diploma della formazione professionale.
IL SISTEMA
DELL’ISTRUZIONE
LICEALE
professionale provinciale. Ciò avvicina di più il Trentino ai sistemi
formativi nord europei.
In relazione agli Istituti tecnici,
in particolare, la Provincia persegue l’obiettivo di un forte recupero della valenza formativa delle discipline tecnico scientifiche e delle
relative attività laboratoriali.
Anche in relazione a tale orientamento, si prevede la graduale confluenza dell’Istruzione professionale di Stato negli Istituti tecnici
laddove siano presenti nel territorio indirizzi di istruzione tecnica corrispondenti, in grado di dare
copertura alla domanda sociale del
territorio.
Ed è proprio da tale valutazione e dal confronto con il territorio che si motiva il mantenimento
per l’anno scolastico 2010-2011 in
provincia di Trento di un percorso
di istruzione professionale nel settore dei servizi socio-sanitari presso l’Istituto “Don L. Milani” di
Rovereto; tale scelta vuole garantire infatti agli studenti di poter accedere sul territorio provinciale ad
una scuola pubblica con un indirizzo che non trova oggi corrispondenza nell’istruzione tecnica, né è
presente in altri percorsi di istruzione secondaria di secondo grado. Comunque si apre con l’Istituto una riflessione per sviluppare
e articolare una offerta scolastica
nell’ambito del sociale.
In ogni caso, si prevedono specifi6
In provincia di Trento l’offerta formativa ad indirizzo liceale accoglie, nel corrente anno scolastico,
circa il 50 % degli studenti iscritti al secondo ciclo e si caratterizza per la completezza e la capillare
diffusione sul territorio provinciale, almeno per gli indirizzi più comuni. Indirizzi liceali sono, infatti,
presenti in 20 istituzioni scolastiche (16 provinciali e 4 paritarie).
Il nuovo ordinamento dei licei persegue l’obiettivo di un forte rilancio dell’identità e del ruolo dell’istruzione liceale, concepita
come distinta e alternativa rispetto
all’istruzione tecnica.
L’impianto dei licei è unitario. La
cultura liceale si propone di fornire
agli studenti gli strumenti culturali
e metodologici per una comprensione approfondita dei temi legati alla persona e alla società nella
realtà contemporanea. Pur prevedendo un potenziamento del rapporto tra scuola e mondo del lavoro lo sbocco fondamentale rimane
la prosecuzione degli studi, in ambito universitario o nell’Alta formazione.
Il nuovo ordinamento prevede la
confluenza degli attuali percorsi,
compresi quelli sperimentali, in
sei indirizzi liceali: classico, scientifico, linguistico, delle scienze
umane, artistico e coreutico-musicale. Per alcuni indirizzi (scientifico, delle scienze umane e artistico) sono previste articolazioni
in opzioni o sotto-indirizzi. La
confluenza tra gli attuali percorsi e i nuovi indirizzi è “naturale”
nella stragrande maggioranza dei
casi, comprese le sperimentazioni
in ambito linguistico, coreutico e
musicale, che vengono ricondotte
a ordinamento.
Tra le maggiori novità recate dalla riforma meritano un cenno particolare il liceo scientifico, il liceo
delle scienze umane e il liceo artistico.
In relazione al liceo scientifico la
novità principale è costituita dalla
nuova opzione denominata “scienze applicate”.
Il dibattito che si è sviluppato intorno al liceo tecnologico e al suo
futuro ha visto susseguirsi diverse
ipotesi intorno alla dialettica tra
caratterizzazione liceale o caratterizzazione tecnica. Ha prevalso la
prima ipotesi: il nuovo percorso è
un liceo a tutti gli effetti, sia in termini di tempo scuola sia di discipline di insegnamento previste dal
quadro orario, e trova quindi fondamento la scelta della Provincia
di collocarlo nei licei scientifici. Il
nuovo percorso verrà attivato in 7
istituzioni scolastiche.
E’ tra le novità più interessanti
della riforma: nel liceo scientifico acquistano centralità le materie
scientifiche e il nome del percorso
e il titolo di studio conseguito corrispondono al contenuto. Nell’immaginario collettivo viene presentato come il liceo scientifico senza
il latino; in realtà è molto di più.
Si tratta di un percorso liceale che,
con un tempo scuola contenuto
(27 ore al biennio e 30 al triennio), prevede un forte rafforzamento dell’asse scientifico e la presenza significativa dell’informatica
per tutto il quinquennio. Un percorso che consentirà agli studenti
di ottenere una solida preparazione in ambito scientifico nel contesto di un percorso liceale (cioè attento al versante della formazione
umanistica). Il suo sbocco naturale sono le facoltà scientifiche e tecniche e quindi può rappresentare una eccellente opportunità per
sostenere le vocazioni per le laun.1-2 gennaio/febbraio 2010
ree scientifiche (uno degli obiettivi di Lisbona 2010), ritenute strategiche per lo sviluppo economico
dei territori.
Per quanto attiene al liceo delle
scienze umane sono previsti due
percorsi: il liceo delle scienze umane, che raccoglie l’eredità del vecchio istituto magistrale e delle sperimentazioni avviate dopo la sua
soppressione (Liceo socio psicopedagogico) e il liceo delle scienze umane, opzione economico sociale, che sviluppa il progetto del
liceo delle scienze sociali e che si
caratterizza per la presenza delle
discipline giuridiche economiche.
Questi percorsi verranno attivati
presso nove istituzioni scolastiche.
In merito al liceo artistico si tratta di una trasformazione significativa rispetto all’attuale istruzione
artistica in quanto viene potenziata la parte culturale. In ogni caso
anche questa confluenza non presenta particolari difficoltà in quanto già da diversi anni i percorsi attivati anticipavano la scelta liceale.
Inoltre, il monte ore previsto per
questa tipologia di liceo (34 ore
settimanali nel primo biennio e 35
ore settimanali nel triennio) consente di valorizzare l’esperienza laboratoriale pur nel contesto di una
formazione liceale. Dei sei indirizzi previsti dal nuovo liceo artistico,
in provincia ne verranno attivati
cinque; complessivamente i percorsi attivati saranno nove, distribuiti su tre sedi scolastiche.
IL SISTEMA
DELL’ISTRUZIONE
TECNICA
L’offerta formativa ad indirizzo
tecnico raccoglie nel Trentino, nel
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
corrente anno scolastico, circa il
30% degli studenti iscritti; essa, in
analogia al sistema dei Licei, si caratterizza non solamente per completezza e distribuzione capillare
sul territorio, ma anche per definizione e distinzione dei profili in
uscita dai diversi indirizzi.
L’identità degli istituti tecnici è
connotata da una solida base culturale a carattere scientifico e tecnologico, in linea con le indicazioni dell’Unione europea e delle
richieste provenienti dal mondo
imprenditoriale.
In questi istituti sono centrali nel
processo formativo l’attività di laboratorio, gli stages e i percorsi di
alternanza scuola-lavoro per apprendere in contesti operativi.
La riforma nazionale abbandona pertanto l’ibridazione dei percorsi liceali e tecnici, tanto che,
ad esempio, l’indirizzo del Liceo
scientifico-tecnologico è stato soppresso.
Il nuovo ordinamento sviluppa
l’assetto attuale articolandolo in
due settori (economico e tecnologico), arricchendolo con undici
indirizzi e relative articolazioni che
intendono coprire i nuovi bisogni
formativi di settore, anche in risposta a specifiche esigenze del territorio, soprattutto per quanto riguarda l’innovazione tecnologica e
organizzativa.
La domanda di forte caratterizzazione dei percorsi tecnici in tale
direzione è stata fortemente sostenuta anche in Trentino dal mondo dell’impresa che ha espresso
forte interesse per percorsi tecnici
in grado di formare studenti con
competenze professionali adeguate
ad un loro inserimento nel mondo
del lavoro. Per questo si intendono
attivare tutti gli indirizzi e tutte le
articolazioni previste a livello nazionale - tranne l’indirizzo Sistema
moda - per assicurare la più completa offerta formativa.
Rispetto al quadro attuale, l’offerta formativa provinciale degli indirizzi tecnici si arricchirà di nuovi
percorsi: l’indirizzo per il Turismo
e l’indirizzo Trasporti e logistica. Il
primo risponde alle esigenze di assicurare competenze culturali, linguistiche e tecniche adeguate allo
sviluppo del settore turistico; il
secondo mira a formare tecnici a
supporto di un settore strategico
ed in forte espansione.
Inoltre, diventa decisivo il rapporto con l’Università e l’Alta formazione professionale che vede
nell’istruzione tecnica il perno
dell’innovazione nell’offerta formativa a livello provinciale.
LA FORMAZIONE
PROFESSIONALE
PROVINCIALE
L’offerta della Formazione professionale provinciale raccoglie nel
Trentino, nel corrente anno scolastico, circa il 18% degli studenti iscritti; essa, in analogia all’istruzione tecnica, si articola in percorsi
triennali relativi a 15 qualifiche e
in percorsi quadriennali relativi a
18 diplomi professionali.
L’identità della Formazione professionale si caratterizza per un innalzamento e arricchimento della cultura di base e sviluppo delle
competenze operative funzionali a un qualificato inserimento nel
mondo del lavoro.
I percorsi triennali si articolano in
un primo anno di macro settore,
un secondo anno di famiglia professionale e un terzo anno di qualifica professionale. Successivamente è possibile seguire un quarto
anno per acquisire il diploma di
tecnico professionale.
I macrosettori di riferimento sono
7
otto: Agricoltura e ambiente, Industria e artigianato, Legno, Abbigliamento, Grafico, Alberghiero e
della ristorazione, Terziario (commerciale e amministrativo), Servizi
alla persona (acconciatura ed estetica), Servizi sanitari e socio-assistenziali, Servizi di animazione turistico-sportiva.
L’offerta formativa, in particolare
per il quarto anno, è caratterizzata da un organico rapporto con il
mondo del lavoro attraverso l’alternanza scuola-lavoro e l’attivazione di rapporti di partenariato
con le imprese.
LE PROSPETTIVE A MEDIO
E LUNGO TERMINE
Rispetto al quadro sopra delineato,
un’adeguata programmazione strategica dell’offerta formativa richiede tuttavia di assumere una logica
di filiera formativa (che coinvolge
l’istruzione liceale, l’Istruzione tecnica, la Formazione professionale, l’Alta formazione professionale, l’Università), verso l’istituzione
di poli formativi specializzati di eccellenza, ritenuti strategici per lo
sviluppo dell’economia trentina.
In tale prospettiva, oltre al polo
“agricoltura e territorio” (già esistente presso la Fondazione Mach
di S. Michele all’Adige), è previsto
lo sviluppo o il rafforzamento dei
seguenti poli:
meccanica e meccatronica
informatica e microsistemi
energia e ambiente
costruzioni e legno
turistico-alberghiero
Una scelta di questo genere comporta naturalmente la necessità di:
coinvolgere il mondo dell’impresa,
dell’Università e della ricerca, degli
Enti locali, con forme di partenariati organici
mobilitare nuove risorse per costituire strutture e laboratori tecnologicamente avanzati, di riferimento per tutta la provincia, in
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cui far confluire periodicamente
sia studenti che insegnanti
organizzare percorsi di eccellenza
comprendenti anche forme innovative di stage e tirocini.
LE NUOVE FILIERE
FORMATIVE TECNICO PROFESSIONALI
La filiera meccanica
e meccatronica
Questa filiera è imperniata sugli
indirizzi e le articolazioni di Meccanica, meccatronica e energia. Interessa in particolare le PMI dei
settori tecnologicamente più avanzati.
La filiera informatica
e microsistemi
Questa filiera è imperniata sugli indirizzi e/o le articolazioni di
Informatica e telecomunicazioni,
Elettronica ed elettrotecnica, Sistemi informativi. Interessa in particolare le grandi aziende produttrici di software presenti in Trentino,
i Centri di ricerca e sviluppo e di
trasferimento tecnologico, le imprese dei settori delle ICT.
La filiera energia e ambiente
Questa filiera è imperniata sugli
indirizzi e/o le articolazioni di Costruzioni, ambiente e territorio,
Biotecnologie ambientali e Energia. Interessa in particolare le public utilities, le aziende specializzate nei settori della green economy e
delle energie rinnovabili.
La filiera costruzioni e legno
Questa filiera è imperniata sugli
indirizzi e/o le articolazioni di Costruzioni, ambiente e territorio e il
macrosettore Legno della FP. Interessa in particolare le imprese di
costruzioni e di servizi nei settori
della bioedilizia, dell’antisismico e
del risparmio energetico.
La filiera turistico-alberghiera
Questa filiera è imperniata sugli
indirizzi e/o le articolazioni di Turismo, Relazioni internazionali,
del macrosettore Turistico-alberghiero della FP e gli indirizzi liceali
Linguistico e delle Scienze umane.
Interessa in particolare le imprese
alberghiere, le agenzie turistiche e
le strutture congressuali, nonché
gli organismi per la tutela paesaggistica, per la promozione del turismo culturale, giovanile ed enogastronomico.
IL LICEO ARTISTICO
PROVINCIALE
La Provincia intende istituire un
istituto artistico provinciale quale polo di eccellenza, suddiviso
su due sedi, a Trento e a Rovereto, che valorizzino le migliori esperienze maturate dalla scuola trentina in materia.
IL LICEO LADINO
La Provincia intende istituire un
indirizzo speciale di “Liceo ladino”
a Pozza di Fassa che preveda l’insegnamento organico di e in lingua
ladina per favorire lo sviluppo del
bilinguismo presso la popolazione
giovanile e la valorizzazione della
cultura e delle tradizioni delle popolazioni ladine.
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
LINGUE STRANIERE
il contributo
CLIL
Perché sceglierlo
Molti istituti scolastici sono sempre più impegnati
o perlomeno interessati ai progetti CLIL, ossia programmi di insegnamento di una disciplina in lingua straniera. L’esperienza maturata in questi anni
come consulente e formatrice CLIL, sia in Trentino che a livello nazionale (compresi progetti MIUR)
nonché in progetti europei, mi mette spesso di fronte al problema di spiegare agli insegnanti, soprattutto disciplinari, perché fare CLIL sia più vantaggioso
che non farlo e quali siano i fattori che hanno portato a ottimi risultati in alcuni Stati europei, in cui il
CLIL è ormai collaudato. Cercherò qui di riassumere le motivazioni più solide della ricerca, con l’augurio di fornire sia informazioni sia spunti di riflessione
validi per coloro che intendano approfondire la conoscenza del CLIL senza farsi fuorviare da altre ragioni
che spesso derivano dal puro e semplice pregiudizio.
Le domande di tutti
Come molti dei nuovi progetti didattici, anche il CLIL
ha aspetti critici e aspetti vincenti. Il fatto che questi
ultimi superino i primi per quantità e consistenza non
esime però molti colleghi dal rifiutare aprioristicamente l’esperienza CLIL, per il semplice fatto che propone
qualcosa di nuovo e pretende una rielaborazione dell’esistente. Questo connubio, novità + riflessione, basta già,
nella scuola, a guadagnarsi dei nemici. Ecco dunque alcune delle domande che mi vengono rivolte di frequente. Le risposte non pretendono di essere indiscutibili, tuttavia richiedono al lettore una lettura intellettualmente
onesta e curiosa.
Chi me lo fa fare?
Come tutte le cose serie e per di più nuove, anche il CLIL
richiede impegno. Da qui la domanda posta. Onestamente la filosofia “del chi me lo fa fare” potrebbe valere per
tutto il lavoro dell’insegnamento, così come per quello
dell’apprendimento e mi piacerebbe sapere cosa rispondono gli insegnanti che si pongono questa domanda agli
studenti che campano con la filosofia del “chi me lo fa fare
a studiare”. Ora, è innegabile che nel CLIL ci sia “da fare”.
Ma, a ben vedere, qualsiasi insegnamento richiede degli sforzi, “fa fare” una programmazione che non sia solo
la copiatura dell’indice del libro di testo, impone la ricerca di materiali che non siano solo quelli del manuale, richiede la conoscenza dei propri alunni per stabilire le
priorità dell’insegnamento. In compenso, però, mentre la
supina applicazione del libro di testo non garantisce apn.1-2 gennaio/febbraio 2010
prendimento, il CLIL, se ben fatto, può produrre risultati
davvero sorprendenti e non solo per l’alunno.
Buoni risultati nella lingua
Perché la maschera. Vale a dire, non la insegna in maniera esplicita e dunque rende l’esposizione ad essa molto
più autentica, meno ansiogena e certamente più comunicativa. Il fare lingua senza accorgersene diventa dunque il primo motivo per un’acquisizione solida e motivante, molto più dell’insegnamento curricolare; la lingua
finalmente non viene descritta, viene semplicemente usata, ascoltata, letta, parlata, cioè riacquista finalmente la
sua vera essenza, ciò per cui esiste e vive. Il vero focus del
CLIL non è la lingua, ma la disciplina, dunque l’insegnamento formale della lingua viene aggirato e così risulta
molto più efficace.
L’apprendimento nella disciplina
Le ricerche dimostrano che i contenuti appresi in CLIL,
diversamente da quanto accade con gli altri, sono molto
più duraturi, non vengono dimenticati facilmente. Questo succede perché il CLIL impone almeno due azioni:
una riflessione sui nuclei portanti della disciplina, sui
suoi saperi irrinunciabili (cosa che da anni viene richiesta
e mai veramente realizzata); un modo attivo, dinamico
di proporla che esuli quasi totalmente dalla lezione frontale e dal circolo chiuso spiegazione-ripetizione che certo può garantire una valutazione consona alla struttura
scolastica ma non è sempre sinonimo di apprendimento. Quanto alla prima azione, l’insegnante CLIL deve per
prima cosa chiedersi: cosa voglio che i miei scolari sappiano e sappiano fare al termine di questa esperienza? Qual è
la soglia di competenza sotto la quale non posso scendere?
Non è una semplice domanda di routine, si tratta al contrario di un interrogativo molto serio che, una volta trovata una risposta, non dovrà più essere posto.
Una programmazione dettagliata
Quanto al metodo, è la parte più interessante di tutta
l’azione. La programmazione CLIL deve essere dettagliata in maniera quasi maniacale. Una programmazione che reciti: “leggere in classe un testo e scambiarsi
informazioni” non dice nulla di quanto in classe debba
realmente avvenire. La scelta del testo, ad esempio, è fondamentale, poiché dovrà avallare la competenza di materiale disciplinare e non di conoscenze linguistiche, dunque va specificato con quale tipologia testuale si intende
lavorare e perché quella e non un’altra. E poi: come si
formano i gruppi? Quali sono le consegne esatte? Come
vengono date? Cosa fanno gli alunni dentro al gruppo? E
come fanno a scambiarsi conoscenze? Tutti parlano con
tutti? Vengono dati incarichi? Distribuite schede? Usano
il dizionario o altri materiali?
Pianificare in anticipo
In altre parole, il CLIL riabitua gli insegnanti alla minuta scansione dell’azione didattica, insistendo soprattutto sul tipo di compito, sul tipo di materiale da utilizzare, sulle consegne e sulle procedure e molto meno sul
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proprio insegnamento. Non è importante quello che fa
l’insegnante, ma quello che si decide debba fare l’alunno, poiché l’apprendere è molto più importante dell’insegnare. È proprio questo carattere di pianificazione
precedente alla lezione che stravolge il senso del fare, aumentando certo il lavoro dell’insegnante prima di entrare in classe, ma aumentando quello degli alunni in classe.
Ciò pretende una riduzione dell’accentramento didattico sull’insegnante durante la lezione stessa. Per questo gli
alunni avranno accesso ad un sapere non solo contenutistico, ma anche procedurale, che contribuisce alla crescita
della tanto invocata (udite, udite) autonomia.
È necessario essere madrelingua?
Assolutamente no. È certamente necessario avere una
buona competenza comunicativa nella LS. Se questo
non è scontato per l’insegnante disciplinare, lo è certamente per quello di LS. Dovremmo allora concludere
che l’insegnante di LS deve essere un madrelingua, perché
l’insegnante italiano sa insegnare solo la grammatica? Se
così fosse, possiamo chiudere qui il discorso ed eliminare la LS dal curricolo. Se ne deduce che, se la scuola non
dispone di insegnanti disciplinari competenti in LS, può
senz’altro predisporre modalità organizzative di collaborazione a diversi livelli. E qui sta un altro punto dolente.
L’investimento della scuola
Certamente non tutto, ma investire si deve, se si decide di fare CLIL. CLIL non è solo un’etichetta di qualità
per la scuola, è anche lavoro e non può essere a costi zero.
Il Collegio dei docenti che investe sul CLIL è responsabile di questo investimento e deve esserne consapevole.
Il CLIL non può essere il pallino personale di qualche
insegnante, ma un progetto condiviso e della cui importanza la maggioranza dei docenti è convinta. Il Collegio docenti si vuol prendere la responsabilità di bocciare progetti che assicurano buoni risultati solo per paura
che questo stravolga gli orticelli ben coltivati dei singoli?
Lo faccia, ma sia chiaro che si tratta di una responsabilità collettiva.
La formazione necessaria
Allo stesso tempo sappia anche che è perfettamente inutile che un istituto scolastico promuova ogni anno decine
di corsi di aggiornamento che non hanno alcuna ricaduta sull’azione didattica o sul’apprendimento degli alunni. Il buon senso, prima ancora che l’etica, suggerisce di
investire in tre, massimo quattro progetti che si giudicano
prioritari per il proprio contesto, condividerli, collaborare
e infine valutarne gli esiti. Domanda corollario: la scuola
deve investire per preparare linguisticamente gli insegnanti disciplinari? A mio parere no. La scuola deve investire sul lavoro di programmazione e pianificazione didattica, ma non sulla preparazione disciplinare dei singoli
(e quella linguistica fa parte di queste). È ora che anche
nel ricco Trentino gli insegnanti comincino a capire che
investire sulla propria carriera non è una spesa totalmente pubblica, ma anche un carico professionale ed etico del
singolo, come avviene in tutto il resto d’Italia e in Europa.
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Non solo sul libro di testo?
Sì, per fortuna. Come è stato detto, l’apprendimento in
CLIL è certo più solido e duraturo, ma anche più lento,
necessita di tempi diversi da quelli di un apprendimento in L1. Si sappia che è proprio la lentezza che garantisce un affondo sulle conoscenze giudicate indispensabili e
prioritarie e al tempo stesso aumenta la motivazione degli alunni e le probabilità di successo. Questa consapevolezza è la conseguenza di un altro accessorio indispensabile per CLIL, vale a dire la mancanza di ossessione per il
“programma da finire ad ogni costo”. Posto che tutto non
si può fare in una disciplina, a meno di non farla male pur
di farla, l’insegnante CLIL deve saper selezionare e scegliere. Deve mostrare attaccamento non tanto per il programma, quanto piuttosto per le abilità cognitive superiori dei propri alunni, quelle descritte da Vygotsky, che
spesso si sviluppano nei ragazzi, quando si sviluppano, indipendentemente dalla scuola, ahimé.
Posso fare un quasi - CLIL?
Naturalmente ogni scuola può fare quello che vuole, ma
almeno sarebbe onesto chiamare le cose col loro nome.
Cinque, sei ore di lettore madrelingua che deve adeguarsi a quello che i colleghi disciplinari gli dicono di fare
può essere un potenziamento della LS ma certamente
non è CLIL. Il CLIL non è un’appendice appiccicaticcia
a quanto esiste senza che nulla all’interno dell’organizzazione debba cambiare, ma un vero e proprio progetto che necessita di un team, di cooperazione, di messa
in comune, di supporti interni ed esterni. Di formazione
e tempo, disponibilità a sperimentare e apertura a nuove modalità operative. Per favore, siate onesti e chiamate CLIL solo quello che è CLIL, così come non chiamereste matematica l’elaborazione di un sistema per vincere
al Lotto.
CLIL sostituisce la lezione
di lingua straniera?
No! Non c’è nulla che possa sostituire la lezione di LS
perché CLIL, lo ripeto, è in primis lezione disciplinare. Chi pensa al CLIL come ad un possibile risparmio,
deve prendere altre strade. CLIL, al contrario, è un investimento sul sapere, che come tutti gli investimenti costa
adesso e frutta più tardi. Chi considera la scuola un’azienda troverà tutto questo molto improduttivo. Io credo che
non ci sia nulla di più improduttivo e suicida per una civiltà di una gioventù mal formata, ignorante e non autonoma, ma forse questi sono punti di vista. Naturalmente l’argomento non è esaurito qui, ma spero di aver dato
qualche spunto di riflessione che possa aiutare la discussione, anche se qualcuno continuerà a chiedersi “chi me
lo fa fare?” e qualcun altro a pensare che la scuola costa
troppo. Probabilmente nessuna discussione sarà in grado di dare una risposta soddisfacente a queste domande.
Federica Ricci Garotti
Professore Associato di Lingua e Linguistica Tedesca
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
Università di Trento
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
il dossier
dentro l’argomento
il dossier
i numeri
il contesto
Il Centro Millevoci
i referenti
le risorse
le buone prassi all’I.C. di Ala
“COLORI IN CLASSE…”
Il punto e alcune buone prassi nelle scuole del Trentino
Inserto a cura di: Mario Caroli
Interventi di:
Maria Arici, Laura Bampi, Mario Caroli, Loretta Debiase, Mauro Debiase, Cristina
Delpero, Patrizia Lucca, Stefania Plotegher, Angelina Ribolli, Giorgio Robol, Alessandra Sighel, Paola Strafellini, Leila Ziglio
Le foto di pagina 22 e 23 sono di Giancarlo Ianeselli, che opera presso il centro “Millevoci”
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
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il dossier
BUONE PRASSI
Dentro l’aula per capire e raccontare
Questo dossier della rivista è dedicato al tema dell’inserimento, accoglienza ed integrazione degli alunni stranieri nella scuola del
Trentino. Uno sguardo d’insieme, a partire dalla realtà del Centro
Millevoci, ma non solo, e poi “il racconto” di ciò che si pensa e si fa
in proposito in un istituto comprensivo della periferia, quello di Ala.
Dentro l’istituto e…
Da alcuni anni ormai Didascalie dedica un inserto interno, che
chiamiamo “dossier” per “raccontare” un istituto o una singola scuola, legando la scadenza
quasi sempre ad un evento che la
scuola ha organizzato, come l’intitolazione o la ristrutturazione
dell’edificio o una qualche scelta
specifica che vale la pena, secondo noi, di far conoscere anche alle
altre scuola ed alla comunità educante, in senso più lato. Sappiamo
che sono dossier molto apprezzati, non solo dai diretti interessati (il che è anche comprensibile),
ma anche da altri soggetti esterni alla scuola coinvolta, che riescono a trovare nel “racconto” dei
progetti e delle pratiche educative, che noi veicoliamo, qualche
stimolo anche per la propria realtà o qualche riflessione aggiuntiva su singoli aspetti del “mestiere
insegnante” o dell’azione didattica in classe.
…dentro l’argomento
Accanto agli inserti dedicati ad
un singolo Istituto abbiamo introdotto, intervallando, dei dossier su tematiche specifiche (l’integrazione dei disabili, il Centro
di Rovereto, il mestiere insegnante, l’esperienza delle Ssis ecc.), anche questi – ci dicono in più occasioni e contesti diversi – letti ed
apprezzati.
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In questo numero ci occupiamo
degli alunni stranieri a scuola,
tema spesso alla ribalta anche nazionale magari per sortite estemporanee anche fantasiose su soluzioni di contenimento se non
di chiusura o di penalizzazione di esperienze d’integrazione
(che pure ci sono – e tante – nelle aule scolastiche anche in Trentino) davvero impensabili fino
a qualche anno fa. Da noi, semmai, quello dell’integrazione degli alunni stranieri è un percorso
che parte davvero da lontano, da
qualche decennio ormai con progetti e iniziative ormai anche consolidate.
Nel dossier abbiamo abbinato il
“dentro l’argomento” dando uno
sguardo d’insieme a carattere provinciale, a “dentro l’istituto” cercando di “raccontare” delle buone
pratiche che sapevamo essere in
atto all’I. C. di Ala. Con una precisazione, a scanso equivoci.
Sappiamo che non spetta certo
ad una rivista assegnare le pagelle di “buone o cattive pratiche”,
noi tentiamo solo di “raccontare” ciò che succede in una scuola
che ci è stata indicata da più parti
come innovativa da questo punto
di vista, dopo aver incontrato docenti, dirigente scolastico ed essere anche stati ospitati gentilmente
in classe o in qualche laboratorio.
Il racconto è fatto dai diretti interessati, con la nostra mediazione.
Siamo bene cosapevoli che in
Trentino sono tante le realtà di
scuola militante molto viva, di
dirigenti e insegnanti (ma anche
personale ata) che credono davvero che il cuore della scuola è la didattica e la pratica quotidiana coi
ragazzi.
Per parte nostra, continueremo a
“raccontare” e a far circolare delle
buone esperienze quotidiane.
Mario Caroli
Il Centro Millevoci
Il Centro Millevoci è situato presso la scuola primaria Savio in
via S. Pio X n. 103 a Trento ed
è aperto per in formazioni e consultazione della biblioteca: lunedì
dalle 10.00 alle 13.00, mercoledì
e giovedì dalle 14.00 alle 17.00,
mentre le attività di consulenza
si svolgono su appuntamento dal
lunedì al giovedì dalle 9.00 alle
12.00 e dalle 15.00 alle 17.00, il
venerdì dalle 9.00 alle 12.00. Per
informazioni o prenotare appuntamenti: tel. 0461 920955, e-mail
[email protected].
Gli
operatori del Centro sono Laura
Bampi, Lucia Dorigoni, Elisabetta Giovannini, Giancarlo Ianeselli, Nicoletta Lorandi, Maria Pedrazzoli e Giovanna Salvi.
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
i numeri
ALUNNI STRANIERI
La presenza nella scuola trentina
I dati riportano il trend di crescita degli studenti stranieri
nelle scuole della provincia.
Oltre all’aumento percentuale negli anni, da notare lo scarto in soli tre mesi, da settembre
a novembre 2009, in vari gradi scolastici, con la Formazione
Professionale che si differenzia
notevolmente dagli altri ordini di scuola. Questi aumenti
in corso d’anno stanno ad indicare come la Scuola, nella sua
programmazione, deve necessariamente tenerne conto prevedendo dispositivi efficaci di
accoglienza e di educazione linguistica per tutto l’anno scolastico.
L’altro dato a cui fare attenzione è la percentuale di studenti stranieri, che sono invece
nati in Italia e che continuiamo a chiamare stranieri solo
perché non hanno la cittadinanza italiana. Hanno ormai
superato il 50% nelle scuole
elementari e stanno aumentando velocemente negli altri ordini di scuola. Anche di questo
aspetto, la Scuola deve tenerne conto perché, a differenza
dei neo arrivati, le politiche di
integrazione per loro non sono
più tanto quelle legate al fenomeno linguistico ma piuttosto
all’interazione interculturale,
che implica rispetto, riconoscimento, scambio reciproco, percorsi di cittadinanza in situazione di pluralismo culturale.
Questo presuppone nei docenti una competenza interculturale necessaria per dare qualità
e sostenibilità al nostro futuro,
per procedere verso un progresso inclusivo e non escludente.
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
2007/2008
2008/2009
ITALIANA
STRANIERA
TOTALE
ITALIANA
Secondaria
STRANIERA
di 1° Grado
TOTALE
ITALIANA
Secondaria
di 2° Grado STRANIERA
TOTALE
ITALIANA
Formazione
Professionale STRANIERA
TOTALE
ITALIANA
TOTALE
STRANIERA
TOTALE
ITALIANA
TOTALE
STRANIERA
TOTALE
23.872
2.769
26.641
13.923
1.788
15.711
18.710
1.039
19.749
3.207
755
3.962
59.712
6.351
66.063
90,39%
9,61%
100,00%
23.872
2.855
26.727
14.312
1.915
16.227
18.678
1.258
19.936
3.294
756
4.050
60.156
6.784
66.940
89,87%
10,13%
100,00%
VALORI PERCENTUALI
2007/2008
2008/2009
ITALIANA
STRANIERA
TOTALE
ITALIANA
Secondaria
di 1° Grado STRANIERA
TOTALE
ITALIANA
Secondaria STRANIERA
di 2° Grado
TOTALE
ITALIANA
Formazione STRANIERA
Professionale
TOTALE
ITALIANA
TOTALE
STRANIERA
TOTALE
89,6%
10,4%
100,0%
88,6%
11,4%
100,0%
94,7%
5,3%
100,0%
80,9%
19,1%
100,0%
90,4%
9,6%
100,0%
89,3%
10,7%
100,0%
88,2%
11,8%
100,0%
93,7%
6,3%
100,0%
81,3%
18,7%
100,0%
89,9%
10,1%
100,0%
VALORI ASSOLUTI
Primaria
Primaria
LUOGO DI NASCITA
Primaria
Secondaria
di 1° Grado
Secondaria
di 2° Grado
Formazione
Professionale
NATI ALL’ESTERO
NATI IN ITALIA
TOTALE
NATI ALL’ESTERO
NATI IN ITALIA
TOTALE
NATI ALL’ESTERO
NATI IN ITALIA
TOTALE
NATI ALL’ESTERO
NATI IN ITALIA
TOTALE
2009/2010
settembre
23.841
2.916
26.757
14.548
1.962
16.510
18.620
1.381
20.001
3.733
823
4.556
60.742
7.082
67.824
89,56%
10,44%
100,00%
2009/2010
novembre
23.844
2.963
26.807
14.584
1.986
16.570
18.793
1.416
20.209
3.780
907
4.687
61.001
7.272
68.273
89,35%
10,65%
100,00%
2009/2010
settembre
89,1%
10,9%
100,0%
88,1%
11,9%
100,0%
93,1%
6,9%
100,0%
81,9%
18,1%
100,00%
89,6%
10,4%
100,0%
2009/2010
novembre
88,9%
11,0%
100,0%
88,0%
12,0%
100,0%
93,0%
7,0%
100,0%
80,7%
19,3%
100,0%
89,3%
10,6%
100,0%
2007/08
60%
40%
100%
83%
17%
100%
93%
7%
100%
2008/09
53%
47%
100%
81%
19%
100%
91%
9%
100%
2009/10
48%
52%
100%
77%
23%
100%
87%
13%
100%
94%
6%
100%
13
il contesto
I CARE
Il facilitatore linguistico
Le figure che accompagnano
La PAT, nella Legge Provinciale n. 5 del 2006 sul Sistema educativo
di istruzione e formazione del Trentino, ha inserito un articolo, il n. 75,
specifico per l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nelle
istituzioni scolastiche e formative. A seguito di questo articolo, la Giunta provinciale ha approvato successivamente, con la Delibera n. 581/08,
un Regolamento attuativo che affronta le varie modalità di intervento per l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nella scuola.
Più specificamente, gli articoli 7 e 8 si occupano di due nuove figure di
riferimento che sono il facilitatore linguistico e il mediatore interculturale. Ne vengono individuati il profilo, le competenze e la necessaria
formazione per essere inseriti in liste provinciali ufficiali che consentono di operare nelle Istituzione scolastiche e formative.
I corsi di formazione
Nel corrente anno solare sono così
stati organizzati e svolti due distinti corsi di formazione. Uno
per facilitatore linguistico e uno
per mediatore interculturale. Per
ambedue i corsi erano previsti 35
posti. Il regolamento prevede che
il facilitatore linguistico può essere
o un docente interno o un esperto esterno formato, quindi un non
–docente che la scuola può assumere e pagare attraverso il fondo qualità. Il corso che si è appena concluso era rivolto proprio
a personale esterno alla scuola.
14
È stato infatti rilevato che le Istituzioni scolastiche e formative in
questo momento si trovano in difficoltà a reperire personale esterno
adeguatamente formato. La scelta
è stata quindi quella di privilegiare
una formazione mirata agli esperti esterni, rimandando ad un corso
successivo la formazione per i docenti interni. Obiettivo della formazione è stato quello di fornire
ai partecipanti una preparazione
specifica in ordine alle modalità
di insegnamento dell’italiano L2
(lingua italiana insegnata agli studenti stranieri considerata lingua
seconda).
Il corso si è proposto di formare
persone in grado di: promuovere o
provvedere direttamente all’attivazione di iniziative da svolgersi nella
classe o nel laboratorio linguistico
di italiano per gli studenti stranieri, volte allo sviluppo dell’apprendimento della L2; integrare
e supportare l’attività dei docenti delle materie curricolari e collaborare con gli stessi alla programmazione, definizione e valutazione
degli interventi atti a rispondere agli specifici bisogni linguistici
degli studenti stranieri. Gli iscritti alla formazione, dovevano essere
di madrelingua italiana in possesso di un diploma di laurea almeno triennale o equipollente, o del
titolo di abilitazione all’insegnamento nelle scuole italiane, oppure, se non di madrelingua italiana, dovevano essere in possesso di
una competenza certificata in italiano corrispondente al livello C2,
come definito dal quadro comune
europeo di riferimento per le lingue, elaborato dal Consiglio d’Europa o in alternativa possedere un
diploma di laurea almeno triennale, o equipollente, o del titolo di
abilitazione all’insegnamento nelle
scuole italiane.
Il mediatore culturale
La figura del facilitatore linguistico non va confusa con quella del
mediatore interculturale, figura
altrettanto importante che opera
anch’essa nelle scuole e in altri ambiti formativi, educativi e sociali e
che gioca un ruolo indispensabile
in materia di mediazione fra persone con radici, esperienze e valori culturali diversi, ma che condividono gli stessi luoghi di vita.
Obiettivo della formazione, in
questo caso, è stato quello di fornire ai partecipanti una preparazione collegata al mondo scolastico e
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
cilitatori linguistici sono stati 46,
mentre per i mediatori culturali
sono risultati 45.
A proposito
del “tetto” del 30%
formativo in genere, in modo formare persone che siano in grado di
fare da ponte tra società e sistemi
scolastici diversi e che quindi facilitino l’accoglienza degli studenti a
scuola, l’accompagnamento nella
prima fase di inserimento e la relazione con le famiglie migranti;
intervengano a scuola con progetti educativi interculturali da attori
della migrazione e testimoni privilegiati. I partecipanti dovevano essere in possesso di una competenza
certificata in italiano corrispondente al livello B2 del quadro comune europeo di riferimento per
le lingue. Sono stati inoltre considerati in possesso di tale competenza coloro i quali hanno conseguito un diploma di laurea presso
le università italiane, o un diploma di laurea in lingua e letteratura
italiana presso università non italiane.
L’esperienza
della migrazione
Un requisito per poter accedere al
corso di formazione per mediatore interculturale è stato aver vissuto un percorso di migrazione.
I nati in Italia hanno dovuto documentare tale requisito mediante
atti idonei a dimostrare che hanno vissuto per almeno tre anni
continuativi, dopo il compimento dei 18 anni, in uno stato estero; i nati in un paese estero hanno dovuto documentare di essere
residenti in Italia da almeno due
anni e di essere in possesso di regolare permesso di soggiorno. Dovevano inoltre possedere un titolo
di studio universitario o aver fren.1-2 gennaio/febbraio 2010
quentato un percorso scolastico
corrispondente ad almeno dodici
anni di studio, possedere la padronanza della L1 ( lingua madre) da
accertare prima dell’inizio del percorso formativo.
I percorsi svolti
I percorsi formativi hanno visto
una parte teorica ed una di tirocinio. Il periodo di tirocinio si
è svolto nei laboratori di L2 delle
istituzioni scolastiche e formative
provinciali. La certificazione è stata rilasciata a chi ha frequentato almeno l’80% del corso, superando
positivamente le verifiche intermedie, e svolto almeno l’80% del tirocinio e presentato un elaborato
scritto finale relativo a quanto sperimentato nell’esperienza di tirocinio. Sono stati riconosciuti anche
altri percorsi formativi organizzati da enti pubblici o privati accreditati dalla pubblica amministrazione, della durata minima di 200
ore di formazione, o che abbiano
fatto acquisire almeno 15 crediti formativi universitari (CFU), in
materia di didattica dell’italiano
agli stranieri o in materia di mediazione culturale, per i mediatori interculturale, per i quali è stato fondamentale aver verificato la
padronanza della L1 mediante lo
svolgimento di una prova di traduzione. In questi casi gli interessati
sono stati ammessi alla frequenza
dei soli moduli, pari a 20 ore, relativi in particolare al sistema educativo di istruzione e formazione del
Trentino e alla sua organizzazione.
I partecipanti che hanno terminato regolarmente il corso per fa-
La Circolare Ministeriale dell’8
gennaio 2010 ha aperto un dibattito sulla questione del “tetto”
del 30% di presenza degli studenti
stranieri nelle classi. Ad una lettura
attenta della circolare, il contenuto
viene ridimensionato e si può evidenziare come questa percentuale sia riferita ai ragazzi stranieri
neo arrivati e che devono imparare l’italiano. La stessa circolare ribadisce peraltro la necessità di istituire reti territoriali tra scuole ed
Enti locali che assieme possano
gestire il fenomeno. Se vengono
analizzati i dati con queste premesse, difficilmente si troveranno classi che superano il 30% di studenti
stranieri. Sul territorio provinciale
trentino non esiste nessuna scuola con queste caratteristiche. Non
si può però non puntualizzare
che un provvedimento di questo
tipo, risulta comunque discutibile
dal punto di vista culturale e anche umano. La scuola italiana ed
in particolare quella trentina ha da
sempre scelto la “via dell’integrazione”, distinguendosi da indirizzi
scelti in altri Paesi europei. Sicuramente un alto numero di presenze
nella stessa classe può, se non supportato da interventi ad hoc, creare delle grosse difficoltà ai docenti
e a tutti gli alunni. In questo senso
nella provincia di Trento le scuole
sono sempre state molto supportate sia dal punto di vista di risorse
umane e finanziarie che dal punto di vista della consulenza e della formazione. E le istituzioni scolastiche, pur con molte difficoltà,
stanno rispondendo molto bene
nel dare risposte di “accoglienza”.
Laura Bampi
15
il centro
MILLEVOCI
10 anni di attività
Tutto iniziò nel gennaio 1998, quando attorno ad un tavolo comune
si trovarono rappresentanti e amministratori di diversa provenienza
(Provincia, Comune di Trento, Forum Trentino per la pace, Associazioni…) che cominciarono ad interrrogarsi sulle modalità migliori per sostenere azioni congiunte nell’ambito dell’integrazione degli
stranieri. Nacque così l’idea della costituzione di un centro come luogo di documentazione e realizzazione di laboratori per un’educazione
interculturale a disposizione delle istituzioni scolastiche, in raccordo
con le realtà istituzionali e associative del territorio che operasse nello
stesso ambito d’attività. L’obiettivo principale risultò essere quello di
far incontrare i bisogni delle scuole con la notevole offerta di proposte
che provenivano dal territorio.
La scommessa
Una grande sfida che trovò impegnati per vari mesi i referenti delle istituzioni e delle associazioni e
che portò alla firma del primo protocollo d’intesa tra PAT, IPRASE;
Comune di Trento, Forum Trentino per la pace il 19 novembre del
1998. Si iniziò così a lavorare attivamente alla realizzazione al progetto. Una prima sede venne individuata presso le ex-scuole “Sanzio”
(edificio ormai demolito), a cui seguì il trasferimento nell’attuale
sede delle “Sanzio”, dove venne ufficialmente inaugurato il centro in
occasione di un Convegno nazionale a cui parteciparono oltre agli
operatori del mondo della scuola
anche gli altri centri interculturali presenti sul territorio nazionale.
Nell’autunno del 2003, il Centro
venne trasferito presso la scuola
elementare “Savio”, in uno spazio
realizzato ad hoc dal Comune di
Trento con locali più grandi e confortevoli. Nel febbraio del 2002 al
protocollo aderì anche l’Università degli Studi di Trento con i corsi
SSIS. A livello di risorse umane il
centro in questi anni è stato potenziato e oggi vi operano 3 docenti
in utilizzo, personale di segreteria,
un bibliotecario e di una figura di
16
coordinamento. Il servizio di riferimento è il Servizio per lo sviluppo e l’innovazione del Sistema scolastico e formativo.
e dell’integrazione. La progettazione comune tra gli operatori del Dipartimento e gli operatori del Forum ha permesso l’attivazione di
importanti iniziative che hanno sicuramente contribuito allo sviluppo di un pensiero comune basato
su principi e valori condivisi.
Le funzioni del Centro
Molte le iniziative attuate
Da subito il centro si connota
come un importante luogo per la
consulenza, la formazione e la
documentazione. Attraverso incontri in loco e sul territorio, lavori di gruppo, archiviazione di
materiali e attivazione di progetti specifici, si è cercato di accompagnare la scuola nella fase di passaggio dallo stato d’emergenza per
l’arrivo degli studenti stranieri ad
una fase di pratica didattica interculturale quotidiana. Negli
anni l’attività del centro si è specializzata in particolare su quattro versanti: la consulenza presso il
centro e direttamente nelle scuole,
la documentazione sia come raccolta che produzione e diffusione
di materiali, la formazione dei docenti, la mediazione interculturale e la facilitazione linguistica come risorsa per la scuola per
interventi specifici e l’attivazione di progetti in rete con le scuole,
le associazioni e le istituzioni varie. I temi sono sempre stati quelli
dell’intercultura, della mondialità
Tra le iniziative più significative
ricordiamo. Il Convegno nazionale “Mediare parole, mediare
significati. La mediazione e i mediatori nella scuola e nei servizi
educativi”, terzo incontro nazionale dei Centri interculturali svoltosi a Trento nel 1999.
La Fiera dell’educazione interculturale, alla pace e alla mondialità “Le radici e le ali”, realizzata nella primavera del 2002,
a cui hanno partecipato 70 scuole
(dalla materna alle superiori) e 54
Associazioni che fanno riferimento ai diritti umani, alla solidarietà internazionale, al sociale, alla famiglia, all’intercultura, religiose e
di migranti.
L’Organizzazione e gestione del
Progetto Lo zaino per superare la guerra, percorso rivolto alle
scuole, con il coordinamento degli
operatori del Forum Trentino per
la Pace.
Il Progetto “Likelemba” (20022003): un itinerario inter-attivo rivolto alla cittadinanza e alle scuole
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
Migranti nella scuola
I.R. - Supplemento a DIDASCALIE - Rivista della scuola in Trentino - Periodico mensile - Anno XII - numero 2 - febbraio 2003
Focus group con studenti, genitori ed operatori
Provincia Autonoma di Trento
Assessorato all’Istruzione
e alle politiche giovanili
Millevoci
Centro laboratorio
interculturale
Dicembre
2005
didascalie STRUMENTI
sui temi dei diritti umani, sempre
con il coordinamento del Forum.
Il Convegno: “Una scuola senza
confini”, svoltosi dal 30 novembre
al 1 dicembre 2007, che ha visto
impegnate le scuole e le associazioni in attività di formazione, con
l’obiettivo di promuovere un sistema formativo complessivo in grado di valorizzare le differenze e far
emergere competenze relazionali
per gestire, attraverso il dialogo, la
cooperazione, lo scambio e la solidarietà, le diversità e i conflitti che
possono nascere dall’incontro con
l’altro, chiunque esso sia, recuperando le potenzialità progettuali
sia delle scuole che delle Associazioni.
L’organizzazione del periodo formativo “Intercultura e integrazione degli studenti stranieri”
che ha coinvolto nell’a.s. 2007/08,
78 docenti dei vari gradi scolastici
L’organizzazione di corsi intensivi di formazione per mediatori interculturali e facilitatori linguistici.
La realizzazione con l’IPRASE di
molte pubblicazioni, in particolare sull’insegnamento dell’italiano come L2, che vengono richieste da tutta Italia.
ratteristiche ritenute funzionali sia al lavoro organizzativo interno che alla relazione con gli utenti
che sono insegnanti (di tutti gradi scolastici compresa la scuola
dell’infanzia e la formazione professionale), dirigenti scolastici, Associazioni e Istituzioni, Facilitatori
linguistici, Mediatori interculturali, studenti (per il supporto a tesi
di laurea e/o tirocinio), migranti
(studenti e famiglie) che operano
su tutto il territorio provinciale.
Il metodo di lavoro è sempre stato quello del team, consolidato nel
tempo, con un equilibrio tra divisione d’aree di competenza e confronto costante sulle linee di fondo e l’impostazione delle attività.
Il radicamento sul territorio è stato progressivo. In dieci anni scolastici si è costruita una rete di contatti e di rapporti e una crescita di
fiducia e aspettative. Non è mancato e non manca il contatto con
la realtà nazionale. Il centro infatti fa parte della rete nazionale dei
centri interculturali con la quale si
organizzano regolarmente incontri
e convegni.
La valutazione
dell’attività
Per il futuro il Centro si vede impegnato nel consolidare nella scuola quelle competenze organizzative che permettano il superamento
“dell’ emergenza stranieri” attraverso il rafforzamento e la diffusio-
Attraverso l’esperienza di questi dieci anni d’attività, il Centro
Millevoci ha sviluppato alcune can.1-2 gennaio/febbraio 2010
Le prospettive future
ne di buone pratiche, di strumenti, di spazi e di progetti specifici
che portino il fenomeno verso la
“normalizzazione”. Intende favorire lo sviluppo di competenze
metodologiche per l’accoglienza, l’inserimento, la cura dell’iter
formativo degli alunni stranieri,
che richiedono strumenti didattici materiali, ma ancora di più lavoro collegiale sostanziale e accorgimenti nella gestione della classe e
del tempo-spazio scuola e nella realizzazione dei percorsi personalizzati. Sostenere le scuole nella documentazione delle esperienze in
modo tale che possano essere comunicabili e trasferibili. Appoggiare il lavoro di rete tra le scuole
per un utilizzo più funzionale delle
risorse umane e finanziarie, per rispondere ai bisogni di formazione
dei docenti e condividere impostazioni relative ad interventi, strategie e strumenti. Un altro obiettivo
che il Centro si propone è quello
promuovere maggiormente il raccordo scuola-territorio. Occorrerà prestare attenzione al tema delle
seconde generazioni, all’inserimento /integrazione negli Istituti scolastici e formativi di secondo grado e incentivare nelle scuole
la realizzazioni di
iniziative interculturali rivolte a
tutti gli studenti.
(L.B.)
17
la formazione
FACILITATORI
Italiano lingua2
Il percorso per la formazione di facilitatori linguistici si è articolato
in 130 ore di lezione in presenza e 50 di tirocinio e si è svolto dal 27
febbraio 2009 al 24 ottobre dello stesso anno. Su 35 candidati ammessi, 33 hanno concluso con esito positivo il percorso. Altri 13 facilitatori, già operativi e in possesso di una formazione riconosciuta
dalla P.A.T., hanno frequentato i primi tre moduli del percorso, per
un totale di 20 ore, centrati sul sistema scolastico e formativo in Provincia di Trento, su potenzialità, valenze e modalità organizzative del
laboratorio di italiano L2 e sulle buone pratiche di accoglienza e inserimento degli studenti stranieri, completando in questo modo il loro
iter formativo.
Crescere in gruppo
Le attività d’aula sono state caratterizzate da presentazioni teoriche il cui livello di qualità era garantito dalla preparazione ed esperienza dei formatori apprezzati a livello nazionale e internazionale nel campo della
linguistica e della glottodidattica, e dalla proposta di
attività laboratoriali e di gruppo, che hanno stimolato i corsisti ad applicare subito quanto approfondito, scambiarsi opinioni, condividere difficoltà incontrate e riflessioni maturate, confrontare esperienze e
ipotesi. Grazie all’utilizzo di queste metodologie, la
partecipazione dei corsisti è sempre stata attiva e nel
corso del tempo si è assistito ad una graduale crescita
della capacità di appropriarsi di conoscenze teoriche
specifiche per rielaborarle e tradurle nelle proprie progettazioni e pratiche didattiche. Si tratta di un processo lungo e graduale, che non può esaurirsi nell’arco di
un corso formativo, ma che proprio in questo ambito
ha avuto modo di prendere avvio e di consolidarsi. Il
gusto, l’utilità e l’efficacia del confrontarsi in gruppo per scambiarsi idee e materiali, approfondire tematiche, ideare ipotesi e soluzioni, condividere esperienze sono un’eredità e una sollecitazione forte lasciate a
questi corsisti, che speriamo sappiano valorizzare nella
loro esperienza di facilitatori linguistici.
L’italiano come L2
Le tematiche scelte per il corso hanno tenuto presenti le caratteristiche della scuola trentina e i bisogni in
essa rilevati. Si è partiti dalla presentazione del sistema scolastico e formativo in provincia di Trento, dalle potenzialità e caratteristiche del laboratorio di L2,
per passare a temi più strettamente glottologici: l’in18
dividuazione dei bisogni linguistici dell’apprendente
straniero, la competenza comunicativa e quella linguistica, il concetto di interlingua, le sequenze di apprendimento di una lingua seconda, la selezione e graduazione dei contenuti linguistici, la strutturazione e
realizzazione della lezione di lingua, la valutazione, le
tecniche glottodidattiche per lo sviluppo delle abilità linguistiche ricettive e produttive, l’impostazione
dell’attività di riflessione sulla lingua, l’italiano L2 per
lo studio delle discipline scolastiche e le tecniche di facilitazione della comprensione, i testi, i materiali e le
glottotecnologie per l’insegnamento dell’italiano L2,
le caratteristiche di alcune lingue d’origine e l’analisi
dell’errore in ottica contrastiva.
Il tirocinio in tutti gli ordini di scuola
Le attività di tirocinio si sono concentrate sull’ analisi dell’interlingua di diversi studenti stranieri, sulla costruzione e sperimentazione di test di valutazione delle competenze in italiano L2, sull’osservazione
ragionata di situazioni di insegnamento linguistico,
sulla programmazione di percorsi di insegnamento/
apprendimento dell’italiano L2, sulla conduzione di
laboratori linguistici, sulla ristrutturazione di materiale specifico per l’italiano L2, sull’elaborazione e sperimentazione di materiali per la lingua dello studio
per studenti con competenze linguistiche diversificate. Resta la consapevolezza di aver avviato fondamentali processi che abbisognano di momenti di ripresa
ricorrenti, organizzati per gruppi territoriali con una
supervisione esperta, e realizzati in forma di attività di
ricerca-azione su temi specifici.
Maria Arici
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
MEDIATORI
Il percorso formativo
Il percorso per la formazione di nuovi mediatori interculturali scolastici è iniziato il 28 febbraio 2009 e si è concluso il 28 novembre 2009. In
nove mesi i corsisti hanno effettuato 160 ore di attività in aula, sia teoriche sia a carattere laboratoriale, e 40 ore di tirocinio. I candidati ammessi al corso sono stati 35, di ventuno diverse nazionalità. 29 hanno
concluso con esito positivo il percorso. Altri 16 mediatori, già operativi
e in possesso di una formazione riconosciuta dalla Provincia, sono stati
ammessi al percorso breve di 20 ore, centrato sul sistema educativo di
istruzione e formazione in Trentino e sulla sua normativa.
Un laboratorio interculturale
Il percorso è stato centrato sul gruppo di apprendimento come laboratorio interculturale e i corsisti hanno imparato ad esprimere le proprie opinioni, a confrontare i propri punti di vista ed a gestire in modo
costruttivo le differenti idee ed esperienze di vita. Oltre
alla trasmissione frontale di conoscenze, sono state utilizzate metodologie attive come il lavoro di gruppo, la
lezione partecipata e lo studio di caso, nella convinzione
che questi strumenti permettano una maggiore partecipazione e attenzione dei corsisti e che le esperienze laboratoriali costituiscano un importante apprendimento di abilità concrete. Sono state tenute presenti le aree
del sapere, del saper fare e del saper essere perché un
mediatore interculturale ha bisogno di conoscenze teoriche specifiche, di competenze pratiche e di aver rielaborato i propri percorsi di migrazione e di integrazione nel contesto sociale di residenza per poter svolgere
la propria professione in modo efficace e competente.
Le tematiche
Le tematiche, sviluppate da formatori che operano a
livello nazionale, oltre che locale, sono state: la presentazione del sistema scolastico e formativo trentino
e la normativa ad esso relativa; la normativa inerente
la mediazione; le migrazioni internazionali, i migranti
e le loro famiglie; il ruolo e i compiti del mediatore interculturale; le figure coinvolte nella mediazione scolastica e la gestione dei suoi aspetti relazionali; le caratteristiche dei minori migranti; la comunicazione in
funzione della mediazione; la gestione e la mediazione delle situazioni di conflitto; le prassi interculturali e in particolare il decentramento del punto di vista;
l’autobiografia; la valutazione nella scuola italiana e la
rilevazione delle competenze pregresse degli studenti
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
stranieri; la progettazione di interventi di mediazione
nei vari ordini scolastici; gli obiettivi, le modalità di
mediazione e la progettazione negli asili nido e nelle
scuole per l’infanzia.
Il tirocinio
Le attività di tirocinio, realizzate in tutti gli ordini scolastici, si sono concentrate sull’accoglienza di studenti neo-arrivati, sulla facilitazione della comunicazione scuola-famiglia, sulla rilevazione delle competenze
pregresse, sul lavoro di supporto ai docenti per favorire il passaggio dall’alfabeto d’origine all’alfabeto latino, su attività di valorizzazione della lingua d’origine, su interventi di carattere interculturale per tutta la
classe. È stato monitorato l’iter di ogni partecipante
ed è stato chiesto ai corsisti di esprimere le loro opinioni sull’efficacia del percorso e sulle metodologie
utilizzate. Dall’analisi dei questionari compilati dai
corsisti emerge una valutazione positiva del percorso.
Si può affermare che il gruppo in formazione ha seguito il percorso con attenzione e partecipazione e che
il buon clima d’aula creatosi ha prodotto un dialogo
serrato tra i partecipanti, un basso livello conflittuale,
non scontato, e un livello di dibattito che si è elevato man mano che il corso procedeva. Le esperienze di
tirocinio hanno portato una maggiore consapevolezza tra i corsisti rispetto ai possibili ruoli e compiti del
mediatore in ambito scolastico.
Per il futuro si ritiene importante proporre dei momenti di formazione ricorrente che includano anche i
mediatori già formati nei corsi precedenti, per creare
un ambito di riflessione e di scambio sui casi concreti e sulle dinamiche relazionali tra gli attori coinvolti
nella mediazione.
Leila Ziglio
19
I REFERENTI
Quale mission per la scuola
Giovedì 26 novembre nell’Aula Magna del Palazzo Istruzione di Trento si sono incontrati i docenti referenti per i progetti di intercultura e per l’integrazione degli studenti stranieri delle scuole, sono gli
insegnanti che hanno frequentato due anni fa l’anno di formazione o
“sabbatico”. Occasione dell’incontro il seminario tenuto dalla docente Giovanna Cipollari, dal titolo “La mission della scuola per una
nuova cittadinanza”. Molto alta la partecipazione degli insegnanti
della scuola trentina, che hanno occupato tutti i posti disponibili in
sala, presente anche qualche dirigente interessato alla tematica.
Interculturalità
La revisione dei curricoli e delle discipline, in atto sia a livello nazionale che provinciale, non può esimersi
dal tenere conto della dimensione
interculturale. Questo il motivo
che ha spinto ad organizzare il convegno, al quale seguirà la costituzione di gruppi di lavoro a cui parteciperanno i referenti per l’ambito
interculturale della scuole trentine.
La relatrice, Giovanna Cipollari,
che per 32 anni ha insegnato in una
scuola superiore, è esperta di educazione interculturale e appartiene
all’associazione CVM (Comunità
Volontari per il Mondo) con evidente passione ha spinto a prendere in considerazione i cambiamenti
del concetto di cittadinanza nell’at20
tuale società della complessità e del
rapido cambiamento e quali i saper
ed i valori che possono esserne alla
base. Il cambiamento ha avuto ripercussioni anche nel mondo della
scuola, così siamo passati dalla classe monocolore o “in bianco e nero”
di cinquanta o trenta anni fa all’attuale classe multicolore e questo
è un processo irreversibile, infatti i
recenti dati sull’immigrazione testimoniano che il fenomeno è in aumento.
La selezione dei saperi
Siamo passati dalla scuola del pennino e dell’inchiostro alla scuola delle tecnologie informatiche
(computer, internet, lavagna multimediale). Oggi andare a Londra
in aereo è più rapido ed economico che andare ad Ancona in treno.
Le frontiere europee si attraversano
senza bisogno di mostrare i documenti. Per i nostri figli, laureati di
domani, forse sarà più facile trovare
uno sbocco professionale all’estero
che in Italia. Al giorno d’oggi non
conoscere l’inglese e non saper usare il computer è diventato un handicap. Del cambiamento non possiamo non tenere conto visto che la
mission della scuola è quella di creare i cittadini di domani, di preparare i giovani allo scenario futuro.
La scuola deve fornire gli strumenti
per vivere in piena autonomia nella società di domani. Ci si chiede
quindi se questo evidente e rapido
cambiamento comporti anche la
necessità di una revisione dei saperi, la quale ha un indubbio rapporto con il canone. Lo specifico della
scuola è formare attraverso i saperi, i quali non sono mai innocenti;
essi sono morali, hanno delle finalità etiche. La selezione dei saperi,
quindi, non è una semplice operazione di sottrazione né di selezione, ma di cambiamento di significato complessivo della produzione
culturale declinata dal canone, al
fine di creare identità, dal momento che i saperi a scuola costruiscono
le identità.
Ieri e oggi
Ieri la mission della scuola era formare l’identità nazionale, in un
contesto caratterizzato da un cittadino stanziale, una società nazionale ed industrializzata, una cultura del pensiero lineare, sequenziale,
meccanicistico, in cui la domanda
fondamentale era perchè. Oggi, in
un contesto caratterizzato dall’homo migrans, da una società globale e telematica dominata da interconnessione e interdipendenza, da
una cultura del pensiero circolare di rete, connettivo, procedurale, in cui la domanda fondamenn.1-2 gennaio/febbraio 2010
tale è come, occorre andare verso
una identità cosmopolita, adatta all’uno relazionale, ricercando
un’etica unitaria e planetaria. La
cultura dualistica che contrapponeva uomo-donna, amico-nemico,
cittadino-straniero ha portato ad
esiti drammatici nel passato. L’eccesso di potenza scientifica e tecnologica, il potere di distruzione delle
armi chimiche e nucleari ci fanno
temere esiti ancora più disastrosi in
futuro, se non interviene un nuovo
concetto di cittadinanza che tenga
conto della correlazione tra uomo
e cosmo, uomo e mondo, uomo e
natura, uomo e tutti gli altri esseri
viventi umani e non umani.
Le domande da farsi
L’uomo di oggi non è più un soggetto insulare, ma relazionale. In una
relazione il conflitto è invitabile,
ma non è detto che si debba trasformare in uno scontro, perché si può
imparare a negoziarlo. I saperi - valori della nuova cittadinanza sono
costituiti da mutualità, creatività e
gioia del sapere quale patrimonio di
tutti, inscindibilità di economia ed
ecologia, convivialità, coevoluzione
delle diversità, coscienza di specie,
coscienza cosmica, corresponsabilità, creolizzazione, reciprocità. Per
ricercare un’etica unitaria e planetaria, occorre rileggere i saperi scolastici ricostruendo il loro processo
di formazione attraverso una serie
di domande. Che tipo di sapere è stato? Quali conoscenze e tecniche ha generato? Secondo quali metodologie si
è costituito? Con quali altri saperi si è
associato? Come è cambiato nel temn.1-2 gennaio/febbraio 2010
po? Quali influenze ha esercitato nella società? Quale ruolo formativo assume rispetto al compito di sviluppo
degli alunni?
La revisione culturale
L’interculturalità consiste in una revisione culturale, perché il problema
della lingua seconda si supera, mentre ciò che è più difficile da superare è il problema del razzismo, come
conferma il referente dell’I.T.I.
Buonarroti. Il razzismo, però, è un
problema di cultura. Allora chiediamoci se il nostro insegnamento
è tale da non favorire il razzismo e
per fare ciò andiamo ad analizzare i
curricoli, tenendo presente che oggi
la mission della scuola è quella di
formare il cittadino europeo, non
solo italiano e non si tratta di due
obiettivi sequenziali, prima formo
il cittadino italiano e poi penserò al
cittadino europeo, bensì contemporanei. È il curricolo che ci dice che
direzione sta prendendo la scuola.
Ad esempio, se l’insegnamento della
storia è etnocentrico, fare un’ora di
interculturalità alla settimana non
può bastare. Oggi l’educazione interculturale non è un optional e non
riguarda solo le classi dove ci sono
studenti stranieri, ma tutti i cittadini di domani.
Oltre il canone
Il percorso interculturale si articola in una serie di pratiche scolastiche, che vanno dalla più semplice
ed estemporanea, quale la festa che
coinvolge tutto l’istituto, ma non
comporta da sola una revisione del
canone, alla adozione di una prospettiva curricolare “oltre il canone” che coinvolge tutte le discipline. Tra questi due poli, in ordine
crescente, troviamo la prospettiva
assimilazionista, basata sull’accoglienza agli immigrati, mentre il resto rimane immutato, poi c’è quella
compensativa basata sulle classi speciali, dove si impara ciò che manca, quella culturalista che si limita
all’insegnamento della lingua e della cultura del paese di origine ed è
sostanzialmente basata sul relativismo. La revisione del canone comporta logicamente il cambiamento
dei libri di testo.
I gruppi di lavoro
Il pomeriggio si è concluso con
l’incontro tra la coordinatrice Laura Bampi ed i referenti dei gruppi
di lavoro che coinvolgeranno tutto il territorio trentino e che lavoreranno su tematiche molto concrete producendo materiali utili per le
scuole. I temi riguarderanno i percorsi personalizzati, i criteri di valutazione, le modalità di analisi delle
competenze in entrata, l’orientamento alla scuola superiore, la continuità nel passaggio da un grado di
scuola all’altro. I referenti dei gruppi sono stati scelti tra gli insegnanti che hanno seguito il percorso di
formazione dell’anno sabbatico e
che hanno dato la loro disponibilità, su indicazione dei dirigenti scolastici. Questi insegnanti faranno
parte delle figure di supporto alle figure di sistema che lavorano all’interno del Dipartimento istruzione,
secondo quanto previsto dall’art. 6
del contratto collettivo provinciale
decentrato, sottoscritto il 5 giugno
2009. I gruppi territoriali di cui è
previsto a breve l’avvio saranno sei,
i componenti saranno selezionati
in base al territorio di provenienza,
all’ordine e grado di scuola di appartenenza e delle competenze possedute. (P.L.)
21
i percorsi
RISORSE
Al servizio dell’integrazione
Nei primi giorni di febbraio (02 febbraio 2010) c’è stata la breve e incisiva cerimonia di consegna degli attestati ai nuovi mediatori e facilitatori, ma anche a docenti che hanno fatto un percorso breve o lungo
di formazione sulla mediazione interculturale. Nomi e volti che sono
già, in gran parte, vere risorse per tutta la scuola trentina.
Kongolo William (Congo), Luna
Maria Eugenia (Ecuador), Mehmeti Violeta (Pec-Serbia), Mishko Natalia (Mosca), Niang
Magatte(Senegal), Noreen Missbah (Pakistan), Pizarro Sanchez
Gioconda Aracely (Ecuador), Poghosyan Lilit (Armenia), Rego Bastos Dos Santos Marilza (Brasile),
Rodriguez Inti Celia (Città del
Messico), Semionov Vera (Moldova), Shehaj Elvana (Albania),
Soukrani Ramzi (Tunisi), Stephan Manar (Palestina), Tomoiaga Adriana (Romania), Xhakolli
Nereida (Albania), Zmalaj Loreta
(Albania).
Percorso formativo breve
MEDIATORI
Percorso formativo lungo
Questi sono i corsisti che hanno
seguito tutto il percorso formativo (200 ore, di cui 160 teoriche
e 40 di tirocinio presso diverse
istituzioni scolastiche o formative).
Tra questi:
2 persone hanno seguito solo la
parte teorica e non hanno svolto il
tirocinio, pertanto non potranno
ricevere l’attestato
alcuni hanno sostenuto l’esame
CILS per la certificazione linguistica B2 (o superiore) in dicembre: non si conosce ancora l’esito
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dell’esame, pertanto riceveranno
l’attestato nei prossimi mesi, una
volta ottenuta la certificazione:
Abbas Waseem (Pakistan), Atanasova Suzana (Macedonia), Boscova Oxana (Moldova), El Barji Assou (Marocco), El Bouhali
Mariame (Marocco), Georgievska Emilija (Macedonia), Gomez
Abalos Ximena Anahi (Argentina), Ikobo Ozale Peggy (Congo),
Jianu Maria Cristina (Romania),
Kanavalenka Nadzeya (Bielorussia), Khan Humera (Pakistan),
Kolasinac Slavica (Kosovo), Kouraichi Amina (Marocco), Leu
Chun Hsiu (Taiwan), Lumbala
Corsisti che hanno seguito solo
il percorso breve (20 ore). Si tratta di persone che avevano seguito in passato corsi sulla mediazione interculturale e hanno
completato la loro formazione
con una parte specifica relativa
all’organizzazione scolastica in
Trentino.
Tra questi:
alcuni hanno sostenuto l’esame
CILS per la certificazione linguistica B2 (o superiore) in dicembre: non si conosce ancora l’esito
dell’esame, pertanto riceveranno
l’attestato nei prossimi mesi, una
volta ottenuta la certificazione:
Aguilar Quintanilla Elia Patricia (Nicaragua), Alecu Adela Iulia (Romania), Alecu Ionel Silviu
(Romania), Avdakovic Enisa (Bosnia), Brace Tefta (Albania), Breigheche Nibras (Siria), Ciubotaru
Veronica (Moldova), Dos Santos
Meiricley (Brasile), Leka Maksim (Albania), Luca Maria Magdalena (Romania), Mohammad
Saleh (Iraq), Morato De Miranda
Ana Paula (Brasile), Ndrita Laura
(Albania), Osti Julijana (Bosnia),
Rutigliano Bianca (Trento), Zakrzewska Teresa Irena (Polonia)
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
FACILITATORI
DI ITALIANO L2
Percorso formativo lungo
Ballardini Helga, Bonelli Laura. Bonomi Annalisa, Bordignon
Stefania, Boschin Deborah, Braghini Maria Cecilia, Breigheche
Nibras, Brigadoi Marilena, Caminada Gioia, Casagrande Giulia,
Dallabetta Roberta, Dalrì Loretta, Degasperi Chiara, Duro Coroni Giordana, Guarna Giuseppina, Lorenz Aurelia, Maino Laura,
Mancino Vito, Mattedi Lorenza,
Matteotti Tiziana, Mengoni Elisa,
Micheletti Stefania, Petrolli Mirta, Rando Daniele, Riccardi Alice, Sabbioneda Claudia, Sottini
M. Grazia, Tabarelli Andrea, Togni Marina, Tonini Anna, Wegher
Paola, Zablocka Magdalena Monika, Zampedri Emilia
Martina, Dalceggio Nadia, Gallotta Giulia, Leoni Giovanna, Merlo
Monica, Pederzolli Silvia, Raineri
Alessia, Raspollini Katia, Roncador
Nicole, Toni Monia.
Percorso formativo breve
Abbadessa Manuela, Arlati Cristina, Bonvecchio Michela, Camatta
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
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Istituto Comprensivo “A. Bresciani” ALA
l’esperienze
PUNTI DI FORZA
Accoglienti e collaborativi
La “Mission” dell’IC di Ala è l’integrazione (gli aspetti organizzativi anche di gestione della classe) e l’inclusione (l’insegnare in
modo adeguato, facendo della personalizzazione il luogo della garanzia del diritto
allo studio) non solo di alunni stranieri ma
anche di ragazzi con Bisogni Educativi Speciali (per quest’anno ne abbiamo 30).
La “Vision” sarà dunque orientata al cogliere nei Piani di Studio provinciali e nelle
Linee Guida, l’opportunità dell’innovazione intesa come la possibilità di rivisitazione
della didattica e delle metodologie che supportano l’insegnamento delle varie discipline, come orientamento alla personalizzazione, alla capacità di declinare l’offerta
formativa in base ai bisogni degli studenti, di tutti gli studenti, anche dei migranti.
Gli alunni migranti in questo contesto
sono un’opportunità anche per gli studenti, di apertura al mondo in un’ottica “glocale”.
Anno scolastico 2009/2010
PLESSI
ALUNNI MIGRANTI
PERCENTUALE
SCUOLA PRIMARIA ALA
89 ALUNNI STRANIERI SU 341
26,10 %
SCUOLA PRIMARIASERRAVALLE
10 ALUNNI STRANIERI SU 134
7,46 %
SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO ALA
53 ALUNNI STRANIERI SU 277
19, 13%
su 752 frequentanti 152 alunni migranti
20,21%
TOTALE ISTITUTO
I numeri – anno scolastico 2008/2009
PLESSI
ALUNNI MIGRANTI
PERCENTUALE
SCUOLA PRIMARIA ALA
77 ALUNNI STRANIERI SU 341
22,5%
SCUOLA PRIMARIA SERRAVALLE
9 ALUNNI STRANIERI SU 136
6,6%
59 alunni stranieri su 309
19%
su 786 frequentanti 145 alunni migranti
18,4%
SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO ALA
TOTALE ISTITUTO
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n.1-2 gennaio/febbraio 2010
l’intervista
LA DIRIGENTE
Alessandra Sighele I. C. Ala
Non abbiamo scelto a caso l’Istituto Comprensivo di Ala per “raccontare” alcune buone prassi
sull’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri nella scuola trentina. L’abbiamo scelto perché sapevamo che su questo tema la scuola scommette seriamente; ma anche perché, volevamo
capire se, come spesso si dice, dietro ad un progetto complessivo c’è una dirigente che ci crede e ci
lavora con tutta la comunità scolastica per la sua
riuscita. Qui, c’è Alessandra Sighele.
L’intervista è stata realizzata venerdì 12 febbraio 2010
LA MISSION DELL’ISTITUTO
Non solo “quantità”…
Noi come Didascalie siamo venuti in questo Istituto comprensivo perché indicato come una scuola con buone pratiche sull’integrazione, dunque un
punto di riferimento: Possiamo collocare così il tuo
istituto?
Siamo grati per questo riconoscimento di Didascalie, che
si è rivolta a noi come scuola di buona prassi, ne siamo grati perché essere riconosciuti aiuta a confermare la
mission che è evidente all’interno dell’Istituto. L’Istituto è frequentato da alunni stranieri che nella fattispecie
quest’anno 2009/10 ne vede il 26% nella scuola primaria di Ala, il 7,46% alla scuola di Serravalle, 19,13%
alla scuola media dunque per un media del 20,21%
dell’istituto. Percentuali non altissime, però già nelle classi prime c’è un 26% e con il trend in crescita… data la
mission dell’istituto, che è quella di rispondere a queste
presenze in maniera integrante ed includente, ci siamo
mossi perché la mission venga realizzata.
con bisogni educativi speciali sia i nostri ragazzi trentini
hanno bisogno di una pratica vissuta di inclusione nel rispetto della Costituzione, perché anche la Costituzione
prevede il diritto e il dovere della loro formazione, quindi l’inclusione è proprio la chiave di volta perché questo si
possa porre in essere. I piani di studio con l’orientamento che hanno per quanto riguarda l’esercizio delle competenze sono proprio all’interno di questa logica dell’inclusione, perché più un ragazzo lavora per competenze più si
include nell’interno della scuola. Sarebbe una forma, se
pur velata, di razzismo dire che si apre agli stranieri perché qui sono tanti, come se fossero solo un problema. Non
è un problema avere gli studenti stranieri a scuola, questo anche si ricava dal viaggio fatto a Roma all’Istituto comprensivo Manin, lì proprio lo straniero è vissuto come un’opportunità e anche noi qui si cerca di porre
in essere questo, utilizzando un Regolamento provinciale
del 2008 nel quale ci sono una serie di provvedimenti che
prevedono proprio la facilitazione all’inclusione.
Scusa la provocazione: è un problema solo di quantità? Cioè, se la scuola avesse la metà di queste percentuali…?
L’inclusione è la chiave che anche dal punto di vista europeo garantisce scuole di qualità che praticano l’inclusione e l’integrazione. Una scuola è di qualità quando
pratica l’inclusione e l’integrazione, che non vuol dire accoglienza degli alunni migranti solo, vuol dire anche accoglienza di tutti e per tutti. Nel senso che, sia i ragazzi
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
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Una visione olistica d’insieme…
Noi pubblichiamo come immagine la mappa
dell’intervento della scuola che ha delle voci precise. Ti chiedo per ogni voce una sintesi di quali sono
i punti di attenzione. La parte centrale è il Regolamento sugli dal punto della normativa, poi ci sono
quattro voci: le famiglie, gli studenti, i docenti e la
segreteri. Cominciamo con i docenti come approccio più vicino alla dirigenza.
Questa mappa risponde al tentativo di visione olistica di
insieme sugli stranieri a scuola, è una visione che verrà
proiettata anche in futuro al Collegio docenti; perché più
si ha uno sguardo di insieme sulle varie problematiche
e sui vari aspetti della scuola più si crea comunità perché tutti insieme guardiamo ai nostri problemi. Questo
modo di pensare alla scuola viene introdotto anche all’interno della mappa per quanto riguarda la presenza di
tutti quelli che sono i componenti della scuola stessa. Viene proiettata al Collegio docenti perché il Collegio veda
come la scuola si muove su questo aspetto particolare che
è l’integrazione e inclusione degli alunni stranieri, è importante perché tutti devono sapere tutto quello che si fa
all’interno della scuola, il mio agire come dirigente è un
agire di insieme, è un agire di mediazione sui vari problemi e un agire olistico di insieme proprio. Quali sono
le attività che praticano i docenti per rendere includente ed integrante la loro attività nei confronti dei
ragazzi stranieri? L’anno scorso la Commissione intercultura (composta da docenti di scuola primaria e secondaria di primo grado) ha elaborato, già avevamo pronto
il Protocollo di accoglienza, un documento valutativo
26
per quanto riguarda proprio gli alunni stranieri alla luce delle linee europee e quindi dei
vari livelli di conoscenza della lingua italiana. Questa valutazione riguarda l’apprendimento della lingua italiana da parte degli
alunni stranieri e dunque le diverse modalità
di risposta in base ai loro bisogni. Alunni di
recente immigrazione hanno bisogno di una
lingua per comunicare mentre alunni di immigrazione più consolidata che sono qui da
alcuni anni hanno bisogno di una lingua per
lo studio. Allora la valutazione che si fa di
questi ragazzi sull’apprendimento loro della
lingua italiana viene personalizzata a seconda di quella che è stata la programmazione e la programmazione a sua volta è personalizzata in base ai loro bisogni in sinergia
tra docente di classe e docente di L2, tra il docente che insegna la lingua italiana e quello
di lettere all’interno delle classi.
Quindi l’attenzione principale dei docenti dal punto di
vista dell’accoglienza sulla lingua e su quello che è l’accoglienza umana, sulla relazionalità: il ragazzo quando entra non viene mai messo nei primi banchi, ma dove
desidera, tendenzialmente in mezzo agli altri o addirittura in fondo, perché se ne stia un po’ tranquillo che si
senta anche lui tra i tanti, poi in secondo battuta sarà lui
a scegliere magari il posto o il compagno di banco.
Dinamica relazionale, attenzione principalmente alla
lingua e al momento della valutazione per non abbandonarli. E’ includente la conoscenza della lingua italiana, è la prima chiave di volta e poi c’è la dimensione di
relazionalità con le famiglie.
Nel Protocollo di accoglienza, rivisitato quest’anno,
è prevista proprio l’accoglienza da parte della segreteria,
l’accoglienza da parte della docente che segue questi aspetti, l’accoglienza da parte dei docenti e poi un incontro di
insieme tra docenti, dirigente, docenti DL2 con la famiglia per la presentazione dei propri figli. È previsto l’incontro con la famiglia che è appena arrivata, che ha appena iscritto il ragazzo, un incontro con la dirigente, le
docenti della classe e la docente DL2 che facilita poi l’apprendimento dell’italiano, e poi con le famiglie anche un
momento sull’offerta formativa ai futuri iscritti, faccio la
serata di presentazione dell’offerta formativa a tutte le
famiglie, anche le famiglie straniere con i mediatori culturali che in contemporanea traducono quello che si va a
presentare come offerta formativa. Poi ci sono le udienze
per le famiglie: quando vengono a udienza spesso conoscono la lingua italiana, ma talvolta non capiscono e allora anche l’udienza che fanno i docenti la fanno in momenti particolari con il mediatore per la traduzione.
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
FAMIGLIE E STUDENTI
Il supporto dello psicologo…
Uno studente straniero, quando viene nella nostra scuola, cosa sente, cosa vede, cosa percepisce? Innanzitutto si
trova in uno stato di grande smarrimento, perché se sono
studenti migranti in Italia da tanto tempo non hanno
problema perché sono iscritti regolarmente e non hanno problema, ma gli studenti migranti di recente immigrazione che magari arrivano una settimana prima e poi
vengono a scuola e frequentano, il primo stato d’animo
è quello dello smarrimento, del non riuscire a comunicare se non che con gli occhi e con il corpo. Allora la comunicazione non verbale talvolta è più significativa di
quella verbale, perché più sincera e allora l’aspetto relazionale, che è poi la base, è il contesto, è la cornice nella
quale poi si ascrivono una serie di interventi che si fanno
per gli studenti. Da quest’anno nei laboratori delle classi
della scuola secondaria di primo grado è previsto un laboratorio di musica, cucina e prima alfabetizzazione in
lingua araba frequentato da ragazzi arabi e da ragazzi
trentini, così che ci sia l’opportunità di questa apertura
al mondo diverso rispetto a quello nel quale si vive quindi questa mentalità “globale” che permetta l’opportunità di essere cittadini del mondo da una parte dall’altra
la conferma della loro lingua che in questo caso è arabo
poi negli anni a venire si allargherà all’albanese, al curdo… a seconda di quello che sono le lingue che si parlano
come lingue straniere. La volontà di questo laboratorio è
proprio quella di mantenere la lingua per questi ragazzi;
l’ottavo obiettivo del Trattato di Lisbona per la formazione dei futuri cittadini d’Europa è il rafforzamento e
l’identità culturale dei ragazzi, ognuno dei quali ha delle radici, che sono le basi della vita nella quale si identificano. Per gli studenti stranieri la radice loro è la radice
straniera, la cultura, usi e costumi dei loro Paesi: quella
deve rimanere perché così si aprono al diverso che siamo
noi. La stessa cosa vale per noi trentini, italiani e europei: più noi siamo radicati e più si sviluppa il rafforzamento dell’identità culturale, dell’identità propria e più
c’è l’apertura con sicurezza all’altro e si evitano problemi
di razzismo, di rifiuto dell’altro.
Per studenti e famiglie, in modo particolare, vedo
come mediazione la figura della psicologa…
Talvolta per ragazzi migranti che vengono nelle nostre
scuole ci sono problematiche anche psicologiche come le
hanno i nostri studenti. Sia per i ragazzi migranti che
per i nostri vale un discorso d’insieme, di sistema: più
hanno forza interiore più si approcciano alla diversità
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
con sicurezza, con volontà anche inclusiva e di arricchimento personale. Può succedere che anche ragazzi migranti abbiano difficoltà psicologiche o magari vengono
da mondi in cui c’è stata la guerra e vengono in Italia per
evitarla, vengono da situazioni di tensione, in cui lo sviluppo psicologico magari si è bloccato, ha avuto dei rincari, delle sofferenze e quindi allora il servizio psicologico serve anche a questo. Al riguardo, l’altro Regolamento,
quello riguardante gli alunni Bes ci è di forte aiuto: talvolta in terza fascia vanno alunni migranti con problemi
psicologici che hanno bisogno di avere un progetto educativo personalizzato per loro e che poi, una volta superato questo momento d’approccio un po’ sofferente, si integrano e non ne hanno più bisogno ed escono dalla terza
fascia. In questi casi, l’approccio con la psicologa li aiuta sia con colloqui personalizzati per superare momenti
di difficoltà sia per mettersi in un contesto di terza fascia
per un periodo dal quale poi escono; abbiamo dei casi di
ragazzi molto chiusi, silenziosi, sofferenti, che - genitori d’accordo, poi consiglio di classe e psicologa – li abbiamo prima inseriti in terza fascia per un periodo, seguiti da me e con un progetto educativo personalizzato. Un
ragazzo in particolare è stato aiutato, i docenti in base a
questo progetto lo hanno aiutato per quanto riguarda gli
apprendimenti resi facilitati, seguito anche dalla psicologa alla fine si è inserito nella classe.
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SEGRETERIA E DIRIGENZA
Quando la burocrazia si fa contagiare…
La segreteria, si sa, fa tutto in una scuola, dal punto di vista amministrativo. Voi però l’avete proprio
messa come riferimento particolare, ci sono le norme, i docenti, famiglia, gli studenti e c’è la segreteria. C’è un coinvolgimento anche dal punto di vista dei contenuti?
Sì, rientra sempre nell’ottica sistemica, rientra sempre nel
dare concretezza alla scuola come comunità, perché l’ottica sistemica prevede proprio il vedere tutti insieme le cose,
il creare comunità, gruppo di comunità. Cultura organizzativa comune, condivisa, ecco che allora la segreteria
è coinvolta in questo processo realistico di percezione di sé
dal punto di vista del comprensivo proprio.
Quindi aiuta a non trovare intoppi, anche burocratici, le famiglie dei ragazzi stranieri?
L’obiettivo è questo, non si devono trovare intoppi, dopodichè siamo tutti per strada, siamo tutti in progress,
però per dire quest’anno con la segreteria è stato riscritto il Protocollo di accoglienza perché è la segreteria che
li accoglie, tutti i documenti più importanti che vengono mandati alle famiglie sono stati tradotti nelle varie
lingue e quindi il modello di iscrizione, quindi se mangiano carne oppure no, se frequentano attività opzionali
sono stati tradotti nelle varie lingue e la segreteria li utilizza, l’inclusione la pratica anche la segreteria. La stessa
visione olistica che io proietterò al Collegio l’ho già presentata alla segreteria perché vedano come ci stiamo muovendo tutti insieme e così anche il personaale Ata coglie
con più pertinenza quello che si fa, perché si fa, per quali obiettivi.
Il ruolo del dirigente scolastico…
di cerniera!
Torniamo per un ultima domanda alla dirigenza
scolastica. Mi par di capire non c’è solo una visione
romantica, l’accoglienza perché ci arricchisce ecc.
ecc.; ci sono le rose ma anche il pane, la teoria e la
pratica. L’occhio della dirigente: quali sono i nodi
critici su cui deve sempre essere attenta perché non
si trasformi nè in un rifiuto nè in un’accoglienza
generica che poi crea più problemi.
Il ruolo del dirigente è un ruolo un po’ di frontiera, nel
senso che è un ruolo cerniera, tra tutti questi quattro che
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sono i quattro mondi che abbiamo presentato in questo
schema. Per quanto riguarda i docenti, uno dei nodi è
quello di entrare sempre più nel merito di ciò che significa la personalizzazione, di quello che vuol dire avere metodologie didattiche a supporto della personalizzazione,
di quello che significa in altri termini ancora adottare i
piani di studio in questa logica di personalizzazione e di
individualizzazione anche al bisogno. Il ruolo del dirigente è quello di cogliere i bisogni formativi del docente,
espliciti e non, quelli non espliciti portarli alla coscienza
così che i docenti poi chiedono la formazione specifica. E’
un passaggio delicato di grande valore anche innovativo.
Però il dirigente con la segreteria deve essere bravo
anche al momento giusto a trovare i fondi, ad aprire le porte della gestione...
Per quanto riguarda i docenti operativamente vuol dire
come dirigente essere presente a tutti i Consigli di classe,
a tutti, inesorabile; rispondere ai bisogni dei docenti anche della scuola primaria, perche nel caso in cui esprimano bisogni, si deve poter rispondere. Per quanto riguarda
l’economico-finanziario, noi dirigenti del Trentino siamo messi molto meglio rispetto a quello nazionale; l’anno scorso in primavera ho partecipato ad un convegno ad
Abano Terme per dirigenti sul tema della multiculturalità, e lì ho visto e sentito, sono dovuta stare zitta più di
una volta perché ho capito che noi nel Trentino l’autonomia per quanto riguarda questi aspetti è un’autonomia
che ci dà delle opportunità non da poco anche dal punto
di vista finanziario perché il fondo qualità prevede proprio nelle prime voci l’utilizzo per facilitare l’inclusione
dei ragazzi stranieri. Quindi a sbrogliare,tutto quello che
è, i mediatori culturali li paghiamo con il fondo qualità, tutti i corsi che si fanno, anche per i ragazzi stranieri
specificatamente, l’insegnante di L2 per la quale c’è il distacco dato dal dipartimento istruzione, altrimenti non
si potrebbe fare il laboratorio di L2 che abbiamo visto
quanto serve. Dal punto di vista finanziario le disponibilità ci sono, basta solo orientarle.
Mario Caroli
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
la novità
ROMA
Un viaggio per imparare
Non è facile raccontare l’esperienza di una “scuola che apprende”
(Istituto Comprensivo di Ala) e che prova ad utilizzare, come opportunità formativa, le strategie didattiche di una “scuola che insegna” (Istituto Comprensivo “D. Manin” di Roma). Non è facile,
perché il confronto con una realtà più articolata e complessa, come
quella dell’istituto romano, ha reso maggiormente visibile il divario
tra progettualità e obiettivi concretamente raggiunti. Il viaggio d’aggiornamento a Roma, organizzato dall’Istituto Comprensivo di Ala
in collaborazione con il Dipartimento Provinciale dell’Istruzione, ha
prodotto un notevole bagaglio di suggerimenti, utili per affrontare
nuove modalità di coinvolgimento professionale dei docenti e per
sperimentare in classe buone pratiche educative.
Accoglienza
ed inclusione
Visitare una scuola fortemente caratterizzata dalla massiccia presenza di alunni stranieri ha permesso
al gruppo trentino di porre attenzione soprattutto alle persone che
vi lavorano, impegnate ad operare
quotidianamente interventi a favore dei ragazzi. All’istituto Manin, i
termini “accoglienza” ed “inclusione” non sono rimasti solo obiettivi, ma sono diventati vere e proprie “materie” di studio, contenuti
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
evidenti a sostegno di ogni attività didattica, dall’utilizzo dei testi
e dei materiali, alla diversa modalità con cui molti genitori si rendono disponibili a collaborare direttamente con la scuola. Anche le
strutture, come i laboratori e le palestre, vengono utilizzate in maniera equilibrata per alternare le varie
discipline, così da incrementare i
progetti di sostegno e di personalizzazione degli interventi. Gli approfondimenti sulle dinamiche di
gruppo hanno costituito la risposta alle aspettative di quanti hanno
partecipato al viaggio d’aggiornamento. L’adesione di docenti, rappresentanti dei genitori, esponenti
istituzionali e personale amministrativo è oggi in grado di tradursi in altrettante azioni di carattere
formativo presso la nostra scuola.
Gli incontri
Alcuni componenti del Consiglio dell’Istituzione di Ala hanno incontrato i genitori dell’Istituto Manin, per avere con loro un
confronto sulle attività e sulle modalità di svolgimento delle stesse. La rappresentanza dei docenti
di lettere, assieme ai rispettivi colleghi romani, ha visitato gli spazi
interni, le aule e i laboratori della scuola, raccogliendo informazioni specifiche sull’insegnamento
della lingua italiana agli studenti
stranieri. La dirigente Alessandra
Sighele ed il personale amministrativo, guidati dalla preside Anna
Zuccarello, hanno potuto osservare da vicino il lavoro della segreteria, soprattutto per quanto riguarda la parte inerente l’accoglienza
degli alunni e il rapporto di comunicazione con le famiglie. Si sapeva che nella capitale le strutture e
gli edifici scolastici non erano proprio al meglio della ricettività, ma
l’esigenza di conoscere cosa effettivamente accadesse nelle aule e
quali fossero gli orari o i contenuti
disciplinari, era preminente rispetto alla funzionalità delle strutture.
Forse quello che non si sapeva, era
la grande risorsa formativa dei docenti! Una presenza professionale
compatta e qualificata, in grado di
colmare inefficienze logistiche e di
avvalersi di uno staff di collaboratori affiatato e dinamico.
La forza delle persone
Assolutamente una novità si è rivelata la partecipazione delle famiglie alle attività didattiche,
29
della lezione frontale viene “superata”, attraverso il coinvolgimento
di persone esterne alla scuola (soprattutto genitori, anche stranieri),
che promuovono uscite tematiche
sul territorio ed esperienze dirette di conoscenza della città. Tutta
Roma sa di questa “oasi” educativa!
I docenti stessi scelgono di rimanerci per anni, nonostante le difficoltà
e la mancanza di risorse.
Una scuola che ricerca
specialmente a supporto di aree
integrative o parallele all’insegnamento tradizionale: genitori organizzati in Associazioni specifiche, sostenute da finanziamenti
comunali, con spazi di riferimento all’interno delle strutture scolastiche, date in uso tramite convenzioni pluriennali e con tanto di
programma. Si ha un bel dire” promuovere il senso di appartenenza”,
quando mancano spazi funzionali
ed attrezzati, quando i sussidi didattici sono carenti e le possibilità
di intervento finanziario scarseggiano.. e allora? Allora ecco sprigionarsi la forza delle persone, una
comunità di docenti e genitori,
che insieme realizzano una risposta
educativa per certi versi eccezionale e particolare. Niente di speciale, a prima vista, ma con una gestione efficace delle problematiche
che facilita e sviluppa metodi di
lavoro trasversale a più discipline, dove lo svantaggio diventa opportunità e dove la semplificazione
dei contenuti si consolida in trama operativa, su cui lavorano i docenti. La molteplicità degli alfabeti, la discontinuità delle frequenze
scolastiche e le generali condizioni
di svantaggio sociale degli alunni
stranieri, costituiscono quella “va30
riabile” positiva, che nel tempo ha
cambiato l’identità della scuola.
La partecipazione
delle famiglie
Ora si perfezionano gli interventi,
si aggiornano i criteri di valutazione
e variano le modalità di formazione
degli insegnanti che, oltre a mantenere un rigoroso livello di competenza linguistica, frequentano corsi
didattici triennali, durante i quali
praticano con i ragazzi stranieri (per
gruppi omogenei di provenienza)
sperimentazioni didattiche in riferimento ai temi dell’accoglienza e dell’ inclusione. Così, la parola “inclusione”, diventa un metodo
di lavoro per tutte le discipline e la
parola “integrazione” si trasforma
in partecipazione diretta delle famiglie, che di fatto svolgono azioni complementari a quelle dei docenti. Inoltre, le azioni progettuali
si rendono visibili sul territorio attraverso manifestazioni interculturali, all’interno delle quali trovano spazio rappresentazioni teatrali,
pitture murali ed oggetti realizzati
dai ragazzi, esecuzioni canore e musicali, il tutto finalizzato a tradurre le tradizionali discipline in qualcosa di concreto. Anche la staticità
A contatto con questa realtà, che
sfiora il 50 % delle presenze di
alunni stranieri (cinesi per la maggior parte), non solo si ha la percezione di una scuola costantemente in “ricerca”, ma anche la certezza
che quanti vi lavorano sono da tempo andati “oltre”, come se la loro
professionalità avesse già sottoscritto un patto formativo che supera i
vincoli dei regolamenti e considera marginali i protocolli della burocrazia. Attraverso questa esperienza,
che insegna ad affrontare con calma
le incertezze quotidiane, è possibile imparare a “darsi una mossa” rispetto alle proprie presunte capacità professionali.. è facile capire che
non sono poi così importanti i tempi d’applicazione dei piani di studio.. e che la scuola è una grande
opportunità, un’occasione irripetibile, che ci consente di percorrere
un tratto di strada assieme ai giovani, condividendo con loro il tempo
e le speranze della vita.
Giorgio Robol
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
il laboratorio
SU MISURA
Personalizzare i progetti
Negli ultimi anni l’istituto è proiettato verso la ricerca e la sperimentazione di dispositivi di supporto per gli alunni migranti, diversificati in base alle
fasi del percorso di apprendimento attraversate, in
quanto per una piena integrazione è indispensabile un contesto pronto a sostenere efficacemente alunni e famiglie. Al momento dell’iscrizione,
come da Protocollo d’accoglienza, viene fissato un incontro tra la famiglia, il coordinatore di
classe, la Dirigente, la referente per l’intercultura
e la coordinatrice al fine di creare una prima occasione di conoscenza reciproca importante per presentare la scuola e reperire informazioni sulla storia del nuovo alunno. Fondamentale è infatti la
relazione scuola – famiglia, che passa attraverso
la chiarezza comunicativa; per questo motivo abbiamo avviato un notevole lavoro di traduzione
della modulistica relativa all’iscrizione, all’organizzazione interna e alle comunicazioni e organizzato
degli incontri per genitori avvalendoci di mediatori interculturali delle principali lingue d’origine
presenti nei plessi (rumeno, serbo-croato, albanese, arabo, urdu).
Apprendere l’italiano
Vista la necessità di lavorare sull’acquisizione dell’italiano per comunicare e per studiare, il numero di neoarrivi in corso d’anno e i bisogni linguistici diversi,
l’Istituto ha dovuto rivedere le modalità didattico – organizzative per l’apprendimento della lingua italiana. Negli ultimi quattro anni si è passati da
una situazione di insegnamento individualizzato, basato sulla semplificazione del programma della classe
e svolto in luoghi di fortuna, alla presenza di laboratori linguistici permanenti per entrambi gli ordini di scuola. Il laboratorio di Italiano L2 si configura come uno spazio interno alla scuola riconosciuto
dagli altri docenti, in cui gruppi di studenti possono
apprendere lessico, strutture linguistiche ed elementi
di cultura italiana, legati a situazioni comunicative rispondenti alle loro necessità, attraverso un metodo induttivo che li porta con gradualità a scoprire le regole
della lingua. La formazione dei gruppi di apprendimento travalica sia l’appartenenza alla classe d’inserimento, sia la provenienza degli allievi e, a seconda del
livello linguistico e dei bisogni.
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
Come lavoriamo
Nei laboratori si lavora sull’acquisizione della lingua
per comunicare nella quotidianità. Qui i livelli sono
spesso molto diversi ed è indispensabile un lavoro
personalizzato alternando compiti differenziati a
momenti comuni in cui vengono affrontate situazioni comunicative adatte a tutti; sull’implementazione
del livello di padronanza della L2 per comunicare sia
in termini ricettivi che produttivi, utilizzando testi ad
alta comprensibilità o lavorando su testi autentici
attraverso la proposta di strategie di facilitazione atte
a favorirne la comprensione; sulla graduale acquisizione della L2 per studiare, lavorando sui nodi portanti della disciplina, cioè sui concetti - chiave, non
sul recupero, ma sull’anticipazione di argomenti svolti in classe, per consentire all’alunno di seguire poi attivamente la lezione; sul supporto al metodo di studio e alla preparazione dell’esame di licenza media,
predisponendo un percorso graduale incentrato sulla pianificazione e produzione del testo, sulle attività
per favorire l’autonomia nello studio, sull’acquisizione di lessico specialistico e l’analisi di strutture linguistiche complesse, in vista delle prove dell’esame finale. Utile si è dimostrata l’adozione di libri di testo di
italiano L2 per gli alunni migranti, differenziati per i
due ordini, che assieme ai materiali presenti nella ricca
biblioteca di italiano L2 – intercultura (manuali, cdrom, poster, testi bilingui…) rendono la lezione varia
e interattiva. Il laboratorio, prevedendo la frequenza
di un’ora al giorno, permette agli alunni di sperimentare la lingua in piccolo gruppo, assieme a compagni
con bisogni linguistici simili, di sentirsi competenti e
in grado di seguire la lezione in ogni fase, pur rima31
I nostri strumenti
nendo per il restante tempo-scuola in classe; così tutti
gli alunni trovano l’ambiente adatto per continuare a
sentirsi motivati nell’apprendimento ed efficacemente supportati..
Dalla personalizzazione
alla valutazione
Ricercare e sperimentare modalità di collegamento
tra le attività svolte in questo luogo “su misura” e la
realtà complessa della classe è stato l’obiettivo della
Commissione intercultura nell’a.s. 2008-2009, anche
grazie alle competenze maturate in seguito alla partecipazione al “Periodo formativo per l’inserimento e
l’integrazione degli alunni stranieri”, agli incontri di
rete tra i diversi Istituti, al supporto del centro interculturale Millevoci. La commissione, supervisionata
da Maria Arici, ha iniziato così una riflessione condivisa e ha prodotto preziosi strumenti operativi. Il protocollo sulla personalizzazione e sulla valutazione dei
percorsi di apprendimento degli alunni di madrelingua non italiana, nato dal lavoro della commissione,
parte dalla necessità di costruire un curricolo fondato sull’effettiva situazione di partenza e su capacità e bisogni diversificati, operando delle precise scelte sulle
discipline e sui contenuti da affrontare e definendo dispositivi di supporto
e metodologie da attivare. La valutazione, come previsto dalla normativa,
terrà “conto della necessaria coerenza
valutativa con il percorso didattico personalizzato previsto dall’art. 10” del
Regolamento per l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nel
sistema educativo provinciale e “con gli
elementi valutativi acquisiti”.
32
Per attuare tutto ciò la commissione ha adattato il
Quadro Comune Europeo di riferimento per le
lingue, strumento descrittivo e diagnostico del livello di conoscenza ed uso di una lingua straniera, alla
fascia d’età della scuola del primo ciclo e ha descritto
le competenze linguistiche che un alunno di madrelingua non italiana raggiunge, dal livello A1 al livello
B2, nelle abilità fondamentali (ascolto, lettura, interazione orale, produzione orale, produzione scritta). Tenendo monitorato il livello di competenza in italiano,
il docente può quindi individuare, per il livello successivo, gli obiettivi realistici per la programmazione del
suo intervento, controllando così i progressi linguistici. A ciò è seguito un modello di griglia per il percorso personalizzato, che illustra risorse e procedure
ad oggi fattivamente impiegate. Per quanto riguarda,
ad esempio, l’omissione o sostituzione di una disciplina, non esiste una regola generale, infatti anche l’esonero da una lingua straniera è meditato sui singoli
casi; quest’anno è stato possibile, grazie alla disponibilità di un’insegnante, sostituire il tedesco con il francese, studiato da un’alunna nel Paese d’origine.
Il coinvolgimento di tutti
La personalizzazione viene proseguita dai docenti di
classe durante attività di compresenza anche con alunni di classi parallele, progetti di recupero e ore di insegnamento alternativo alla religione cattolica. Tali attività sono precedute da un’attenta programmazione tra le
figure che operano con l’alunno, al fine di perseguire un
progetto personalizzato coerente e unitario, che prevede anche la partecipazione della facilitatrice linguistica
alla programmazione settimanale e ai consigli di classe,
luoghi di confronto per eccellenza, che, uniti allo scambio quotidiano, favoriscono la necessaria coerenza didattico-educativa. L’alunno migrante è così
una realtà di tutti, vissuta con corresponsabilità, nella ricerca del percorso più consono, legato agli effettivi bisogni che ogni
alunno con la propria storia porta con sé
e che richiedono una risposta adeguata e
competente, nella convinzione che riflettendo sul ruolo che hanno la lingua e la
comunicazione in tutte le discipline, vengono ripensati i curricoli di tutti e la scuola stessa nel suo insieme.
Stefania Plotegher
Docente facilitatrice linguistica
con compiti di coordinamento
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
i progetti
INTERCULTURA
Un percorso necessario
Con piacere apriamo le porte dell’I.C. di Ala per farvi conoscere il nostro progetto educativo rivolto all’intercultura. Il tema è “l’altro” (persona) come punto di partenza. Iniziamo così il nostro viaggio tra i banchi
di scuola per scoprire come la diversità sia fonte di ricchezza. Negli ultimi anni l’Istituto Comprensivo di Ala ha subito notevoli trasformazioni.
Possiamo paragonarlo alla tavolozza di un pittore che col passare del tempo ha dovuto aggiungere tanti colori per realizzare la sua opera. Basta
scorrere l’elenco delle classi per scoprire che i nomi dei nostri alunni sono
cambiati (a tal proposito ricordo con simpatia l’imbarazzo e le difficoltà
che abbiamo avuto noi insegnanti ad inizio anno nel leggere correttamente il nome degli alunni delle nuove classi prime della scuola primaria.).
Le parole chiave
L’intercultura è fondamentale per
il nostro istituto, intesa non come
una cornice del processo formativo ed educativo dell’alunno, ma
come “l’anima” della scuola. È per
noi un atteggiamento da sollecitare e progettare in tutte le discipline
e che coinvolge tutti gli insegnanti e naturalmente le famiglie. Punto di forza di questo nostro lavoro è
anche il fatto che la Dirigente condivide questo progetto. La diversità interculturale non è una novità
dovuta all’arrivo degli immigrati,
ma una caratteristica generale della
società per la promozione del dialogo e del confronto delle culture.
Le tappe principali del nostro viaggio si possono riassumere in cinque parole chiave: accoglienza,
conoscenza - identità, insegnare l’italiano come L2, fare e vivere l’intercultura e lasciare tracce e
memorie.
Un mosaico di diversità
Nel nostro Istituto Comprensivo
ci sono tre scuole diverse. La scuola primaria di Serravalle formata da
alunni provenienti dai paesi di Serravalle, Santa Margherita e Chizzola. A questi, negli ultimi anni, si
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
sono aggiunti alunni di madrelingua non italiana. La scuola primaria
di Ala si caratterizza dall’incontro di
alunni che provengono da Ala, Pilcante, Marani, Sdruzzinà e da una
massiccia presenza di alunni di madrelingua non italiana di prima e di
seconda generazione. La scuola secondaria di primo grado di Ala che
accoglie tutte le realtà sopra citate.
Un significativo mosaico di culture
e diversità. Per queste realtà così diverse l’Istituto ha attivato vari progetti. In primo luogo il protocollo
di accoglienza finalizzato all’inserimento e all’integrazione degli alunni migranti. A questo si aggiunge il
progetto di accoglienza per le prime
della Scuola Primaria di Ala e Serravalle “Vedere con gli occhi di un bambino” realizzato con gli insegnanti e
la mediatrice culturale. Mentre per
le classi prime della secondaria di
primo grado di Ala è stato attivato un progetto di accoglienza con i
tutti i docenti e l’esperto dell’associazione “D’ALTRO canto” .
Un approccio
interculturale
Questi progetti hanno come finalità l’acquisizione di un approccio
interculturale attraverso il potenziamento dell’intelligenza rela-
zionale. Infatti nelle nostre classi accogliere significa valorizzare
ogni identità e promuovere dinamiche attive per favorire l’incontro e la qualità delle relazioni tra
alunni di diversa provenienza, valorizzando somiglianze e diversità.
Accoglienza che viene attivata anche con l’incontro e il coinvolgimento delle famiglie degli alunni
neo-arrivati. Ricordo un incontro fatto un mese fa con una famiglia rumena, gli insegnanti e la
referente per l’intercultura. E’ stato un momento significativo perché i genitori hanno potuto sentirsi accolti, ascoltati nei loro desideri
e bisogni. Hanno avuto modo di
conoscere l’organizzazione e le regole della scuola in lingua rumena. Viviamo ormai in una società interculturale con la presenza di
famiglie multietniche con identità linguistiche, culturali, religiose,
somatiche diverse. Compito della
scuola è garantire allo studente il
diritto alla propria identità e differenza attraverso la conoscenza. Il
lavoro di noi insegnanti è quello di
smontare, scomporre, decostruire
pregiudizi e stereotipi che impediscono una corretta visione dell’al33
tro e questo è un lavoro davvero
delicato e sottile che noi docenti
attuiamo giornalmente con fatica,
pazienza e, come sempre, molto
spess, i risultati sono a lunga scadenza e difficilmente misurabili.
I progetti attivati
L’apprendimento
dell’italiano
come L2 rappresenta una componente essenziale del processo di integrazione e costituisce la condizione di base per capire ed essere
capiti, partecipare e sentirsi parte
attiva e viva della comunità scolastica ed extrascolastica. Ecco quindi attivato un laboratorio di L2 che
viene seguito dalla docente facilitatrice linguistica. Per fare e vivere
intercultura presenteremo qui solo
alcuni dei molti progetti attivati
poiché l’elenco è davvero lungo. La
commissione intercultura ha cercato di raccoglierli e di sensibilizzare tutta la scuola ad attuare e vivere
l’educazione interculturale. Innanzitutto le tre scuole si caratterizzano
per le iniziative finalizzate alla cooperazione e alla solidarietà: esperienze forti e formative sono state
l’incontro di tutti gli alunni delle
due scuole di Ala con il missionario Baba Camillo, che vive e lavora
in Africa, e la raccolta di materiale
scolastico per la sua missione. Nella primaria di Serravalle gli alunni
hanno conosciuto l’America Latina grazie all’incontro con una volontaria in quel paese ed hanno rac-
colto la pasta per aiutare i bambini
dell’Ecuador. Tuttora vengono raccolti a scuola e venduti i tappi di
plastica per sostenere progetti di
solidarietà.
I diritti dei bambini
Il 20 novembre 2009 il teatro di
Ala si è trasformato in una grande aula scolastica per conoscere
e festeggiare il duplice anniversario della “Dichiarazione dei diritti dei bambini”(1959) e della
“Convenzione dei diritti dell’infanzia” (1989). I 29 alunni delle
classi quinte della scuola primaria
di Serravalle hanno fatto lezione
presentando il testo svolto sui
diritti e doveri dei bambini e il
CD “Il signor Diritto” ai futuri
compagni delle classi quinte della
scuola primaria di Ala, ai genitori,
alla dirigente scolastica, al sindaco, all’assessore alla cooperazione
internazionale Lia Beltrami, al difensore civico e ai referenti di varie associazioni di solidarietà del
posto. Il 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale
sui diritti dell’uomo, la scuola si è
trasferita nella sala consiliare del
Comune di Ala e gli alunni della
primaria di Serravalle hanno potuto assistere ad un consiglio comunale “alla presenza dei genitori, degli insegnanti, delle autorità
responsabili della scuola, degli assessori Marta Dalmaso e Lia Beltrami e delle associazioni di volontariato.
Tante iniziative
di intercultura
Il concerto “Canti e poesie di Natale” svolto dalle classi prime e quarte
della scuola di Serravalle ha visto il
coinvolgimento delle famiglie degli
alunni migranti nella preparazione
di poesie e canti in lingua madre.
Nel laboratorio delle quinte di Ala
è stato attivato il progetto “Le al-
34
tre Cenerentole” e la fiaba di Cenerentola è stata presentata nelle varie
culture, con un’attenzione particolare alla “scarpetta” di Cenerentola, al fine di realizzare, con l’aiuto
di un’esperta, lo spettacolo animato “Scarpe da tutto il mondo” con
il coinvolgimento dei genitori degli
alunni migranti. A Serravalle con
il progetto “Noi e voi_You&us..
let’s talk about rights” le classi terze hanno avviato un gemellaggio
con gli alunni di Roma, volto a
far conoscere i diritti e doveri umani veicolati in varie lingue e scritti su magliette che gli stessi alunni
regaleranno ai compagni romani.
La referente del C.T.P (educazione adulti) ha proposto il progetto
“Il viaggio è….” per raccogliere testimonianze scritte di adulti, ragazzi e bambini stranieri sull’esperienza personale della migrazione (il
distacco, le aspettative, gli aspetti
positivi/negativi, la nostalgia per il
proprio Paese d’origine). È nostra
intenzione attivare un archivio
per raccogliere queste esperienze
formative arricchendo così la nostra biblioteca interculturale.
Paola Strafellini
referente per l’intercultura
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
in classe
INSEGNANTI
Imparare dall’esperienza
17 febbraio 2010, ore 9.30, seduti intorno al tavolo ovale della biblioteca scolastica, un gruppo di
docenti della scuola primaria e secondaria di 1°
grado dell’I.C. di Ala dialogano con me sulle attività relative all’integrazione ed inclusione degli
studenti stranieri. Partecipo per raccogliere dalla
viva voce dei protagonisti esperienze da pubblicare
su Didascalie. Ci sono Stefania Plotegher docente con il compito di facilitatrice linguistica, Mauro Debiase docente di materie letterarie alle medie,
Loretta Debiase insegnante di materie letterarie, e
quindi prevalente, alla primaria, così come Angelina Ribolli e Cristina Delpero. La presenza degli stranieri nel comune di Ala è importante ed è
una realtà che ho potuto toccare con mano in prima persona, quando, trovandomi a chiedere informazioni per strada, nessuna voce di quelli che gentilmente mi hanno risposto aveva accento italiano.
so dell’anno scolastico. “ Vi ricordate l’anno scorso” racconta la maestra Angelina ai colleghi “al primo aprile
mi hanno detto che avrei avuto un nuovo studente straniero in classe ed io pensavo si trattasse di uno scherzo!
Invece era proprio vero e non solo non sapeva l’italiano
ma neppure leggere o scrivere mentre i compagni già avevano incominciato a farlo.” “ E come è andata?” Chiedo io. “Alla fine si è inserito proprio bene, a giugno non
solo aveva acquisito la lingua italiana per la comunicazione, ma sapeva pure scrivere, anche se solo in stampatello. Che progressi aveva fatto, così è andato in seconda
assieme ai compagni!”
Le classi multicolori
Un’esperienza pluriennale
È una presenza in costante aumento quella degli stranieri, ma non è una novità per questi insegnanti. La
maestra Loretta con orgoglio ricorda il suo primo studente straniero che oggi ha compiuto brillantemente
tutto il percorso di studi ed è diventato ingegnere; nelle sue parole si sente ancora l’emozione che questa sfida aveva acceso in lei e che si riaccende ogni anno dal
momento che sono più di dieci anni che nelle sue classi convivono felicemente studenti italiani e studenti
stranieri. Alcuni, a dire la verità, sono nati in Italia,
ma sono all’ordine del giorno anche gli arrivi nel corn.1-2 gennaio/febbraio 2010
Nessuno è spaventato dal fatto di avere classi multicolori, sapendo che i bambini si adattano facilmente ed
imparano in fretta. “A volte sono proprio gli stranieri a
distinguersi per la voglia di imparare, soprattutto quelli dei paesi dell’Est”. Per l’insegnante non è una fatica in più, spesso è uno stimolo, una sfida. Chiedo se
con i compagni di madrelingua italiana non ci siano
problemi riguardo all’accoglienza e mi viene risposto
che non si può generalizzare, dipende molto da caso
a caso. Quando la differenza fisica e culturale è notevole, come nel caso del colore della pelle o di un abbigliamento molto particolare, come è stato con un
bambino indiano che è sempre venuto a scuola con il
turbante, si hanno più problemi e senza l’intervento
costante degli insegnanti i compagni tenderebbero a
isolare chi è diverso. Ma sono eventi sporadici, perché
alla primaria quella che prevale è la curiosità nei confronti del nuovo arrivato. Le maestre cercano di sapere in anticipo (ora il protocollo di accoglienza adottato dalla scuola stabilisce proprio questo) quando ci
sarà un nuovo ingresso di un bambino venuto da lontano e preparano una festicciola per l’occasione con
bibite e dolcetti per farlo sentire bene accolto. Guardano nel mappamondo quanto è stato lungo il viaggio
ed i compagni si sentono molto incuriositi proprio dai
particolari del viaggio, dai mezzi di trasporto utilizzati
e dal paese di provenienza.
35
Come creare il gruppo
Un nuovo arrivo, infatti, è l’occasione per approfondire meglio un argomento di geografia. “Ma non bisogna esagerare nel mettere al centro il nuovo arrivato,
alcuni sono timidi e spaventati e si vede subito che non
gradiscono tanto essere al centro dell’attenzione” è ancora Loretta a parlare, che avendo una lunga esperienza,
ha imparato a sviluppare l’intuito e l’empatia. Piuttosto si utilizzano delle attività presentate sotto forma
di gioco affinché tutti i bambini socializzino, come ad
esempio quella che chiamano l’amico immaginario. Su
dei bigliettini sono scritti tutti i nomi dei componenti
della classe, ogni bambino ne pesca uno e, senza rivelarlo, per tutta la settimana si comporterà verso quel
compagno come una specie di angelo custode, cercando di fargli mille gentilezze. Alla fine, il gioco prevede
che ognuno debba indovinare il nome del suo angelo custode e se si viene scoperti significa che si è stati
bravi a farlo. Un’altra strategia utilizzata è quella delle letterine che sottolineano 5 aspetti positivi di ogni
compagno “è un allenamento a trovare nell’altro caratteristiche positive” ribadisce Loretta.
… e se ci sono problemi
Se invece la classe manifesta qualche problema di socializzazione, si utilizza il metodo del circle time. I bambini
vanno in un’aula apposita, dove le sedie sono disposte
in cerchio, e ognuno scrive su un bigliettino ciò di cui
vorrebbe parlare, poi si sceglie insieme un argomento.
Ognuno dice ciò che pensa, alzando la mano per avere
la parola; la regola è di rispettare tutte le opinioni senza giudicare né offendere. L’insegnante svolge il ruolo
di moderatore. Il metodo funziona benissimo pure coi
bambini della primaria. L’empatia, cioè il mettersi nei
panni dell’altro, è uno strumento che viene utilizzato
molto anche alle medie, ci racconta Mauro, dove non
sempre è facile accettare chi è diverso, perché il gruppo
tende all’uniformità, ma se nascono problemi di emarginazione gli studenti vengono richiamati a vedere i fatti dal punto di vista dell’altro. Un lavoro che ha fatto
fare dei passi avanti nei confronti dell’accoglienza è stato quello sui diritti umani e sui diritti dell’infanzia, si
è lavorato in maniera indiretta, ma il risultato è stata la
comprensione che tutti hanno dei diritti in quanto esseri umani, anche chi viene da lontano.
Il desiderio di essere uguali
Tra le metodologie didattiche prevalenti, non figura
il cooperative learning “ troppo complicato da mettere
in pratica con i bambini” mi riferiscono le maestre,
36
ma viene utilizzato molto il tutoring tra pari. I giovani studenti sono contenti di poter insegnare ai compagni e questo accade anche nel laboratorio linguistico.
Gli insegnanti si sono accorti che a volte mettere l’accento sul paese di origine, magari per valorizzarne la
cultura e le caratteristiche nell’ambito del percorso di
interculturalità non era sempre gradito dai diretti interessati, che spesso sembrano voler rimuovere le loro
origini diverse e sentirsi in tutto e per tutto uguali ai
compagni. Mauro racconta sorridendo che una volta è
entrato in una classe per sostituire un collega e vedendo un ragazzino dalla pelle molto scura non ha potuto trattenersi dal domandargli “ E tu da dove vieni?” e
lo studente stupito, come per una domanda senza senso, ha risposto prontamente “Da Ala!”. Nelle classi il
numero degli studenti “stranieri” si aggira intorno al
30%, a volte è pure superiore, però includendo anche
quelli nati ad Ala. Il rischio a quanto pare è che tendano a non voler conservare la loro identità, specialmente gli adolescenti, per uniformarsi ai nativi, forse è un
fatto legato all’età.
La questione della lingua
Il primo problema da risolvere nei casi dei neoarrivati,
che come si è detto possono venire iscritti in qualsiasi
periodo dell’anno, è quello della lingua per comunicare, per questo l’istituto comprensivo di Ala si è dato
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
un’organizzazione di cui tutti sembrano soddisfatti.
Esiste continuativamente un laboratorio linguistico,
così come prescritto dal regolamento attuativo dell’art.
75 della legge provinciale n. 5 /2006, ma quello che
sembra far funzionare le cose è il rapporto di stretta collaborazione che ciascun insegnante ha con la facilitatrice linguistica. In prima gli alunni vengono lasciati
sempre nella classe di appartenenza per favorire il loro
pieno inserimento ed è l’insegnante di classe che pensa ad esercizi adatti a loro affinché acquisiscano i primi rudimenti della lingua italiana, ma dalla seconda in
poi iniziano a frequentare il laboratorio linguistico che
in genere è 5 ore alla settimana, per imparare la L2 per
comunicare, e 3 ore nel caso ci sia bisogno di potenziare l’apprendimento della L2 ed iniziare ad affrontare la
lingua per lo studio delle varie materie o per prepararsi
all’esame di fine ciclo in terza. Siccome le ore non sono
tante, c’è una forte coordinazione tra quello che fa la facilitatrice linguistica nel laboratorio e ciò che fa l’insegnante di classe. Ad esempio, se un bambino si sta esercitando sull’ortografia o sul lessico, anche in classe farà
esercizi di quel tipo.
La programmazione comune
I percorsi sono personalizzati a seconda del bisogno linguistico che si è manifestato. La programmazione comune avviene sfruttando le due ore settimanali
alla primaria, mentre per la secondaria ci si deve affidare al volontariato degli insegnanti. Stefania, la facilitatrice linguistica è una docente della scuola, laureata in scienze della formazione, che da cinque anni si
occupa dell’insegnamento della L2, avendo seguito dei
corsi specifici, tra cui anche l’anno di formazione organizzato dalla Provincia. Quest’anno è stata esonerata dall’insegnamento di classe e si occupa a tempo pieno dei laboratori. Coi colleghi della scuola media cerca
di incontrarsi quando hanno delle ore “buche”, perché
la programmazione che avviene nei consigli di classe rivolta a tutti gli studenti non sarebbe sufficiente, qui si
cerca di valutare caso per caso. La collaborazione diventa ancora più stretta e significativa per la lingua dello studio, nel qual caso ci si accorda sugli argomenti da
affrontare nel laboratorio, affinché Stefania possa anticipare ciò che verrà trattato in classe, insegnando il lessico ed i nuclei portanti della disciplina. Naturalmente si sforza anche di semplificare il libro di testo in
modo che gli studenti possano seguire gli argomenti
nello stesso libro dei compagni e orientarsi in classe durante le lezioni. Segue l’aiuto nell’acquisizione del metodo di studio che non è mai uno studio mnemonico,
ma parte dalla comprensione dei concetti chiave della
disciplina.
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
Il problema dei compiti
Quella dei compiti a casa sembra una questione non
ancora risolta, infatti si nota la differenza tra chi è seguito dalla famiglia che “dà un occhio” ed un supporto attivo all’esecuzione puntuale dei compiti e chi
no. Spesso le famiglie degli stranieri non possono seguire i loro figli. Anche in questo caso non si può generalizzare, ci sono genitori stranieri laureati, però si
contano sulle dita. Tutti gli insegnanti sembrano concordi nel dire che ci vorrebbe una struttura a livello
territoriale che possa seguire i ragazzini al pomeriggio nell’esecuzione dei compiti. Al momento c’è solo
un operatore della scuola in pensione che, volontariamente, segue gli studenti che ne hanno bisogno, avendo a disposizione un locale della SAT, di cui è socio e a
parere di tutti il suo lavoro è molto utile. Pensano che
la scuola dovrebbe promuovere la nascita di una struttura territoriale oppure costituire al suo interno un
gruppo di esperti esterni, magari neolaureati, che possano svolgere questa attività pomeridiana. Per seguire
gli studenti stranieri comunque vengono organizzati
interventi nell’ambito delle ore di potenziamento formativo (attuale art.12 del CCPL) e nell’ora di attività alternativa per chi non si avvale dell’insegnamento
della religione cattolica. Insomma si cerca di fare tutto quello che si può.
Il rapporto con le famiglie
Al problema dei compiti a casa si collega quello del
rapporto con le famiglie. Sembra agli insegnanti che a
livello di territorio non si faccia moltissimo per l’integrazione delle famiglie straniere che, come si è detto,
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sono assai numerose. Si nota, infatti, che alcune sono
piuttosto isolate, le etnie sono diverse, mancano associazioni culturali o associazioni di genitori che favoriscano la partecipazione dei genitori stranieri alla vita
della scuola, che da parte sua cerca anche in questo
caso di fare il possibile. Nel territorio è presente un
CTP dove viene insegnata la L2, ma è un’occasione
poco sfruttata. Nel protocollo di accoglienza l’istituto
prevede una serie di agevolazioni per le famiglie non
madrelingua. Per facilitare l’iscrizione dei propri figli
la segreteria, ad esempio, mette a disposizione moduli scritti nelle diverse lingue, tutte le informazioni
sulla scuola sono redatte nelle lingue originarie degli
immigrati. Con l’aiuto dei mediatori culturali viene
immediatamente organizzato un primo colloquio con
gli insegnanti della classe di destinazione. L’iscrizione
avviene, come prescrive la normativa, nella classe corrispondente all’età anagrafica e si sceglie la sezione che
al momento presenta un numero minore di studenti.
La collaborazione coi genitori
Alla scuola primaria è abbastanza facile avere rapporti
continuati con la famiglia, magari all’inizio o al termine delle lezioni, se gli insegnanti si rendono disponibili,
come spesso accade, ma nella secondaria di primo grado, l’organizzazione diversa e frammentata dell’orario
dei docenti toglie questa possibilità. Anche per il rapporto con le famiglie, che sembra ai presenti troppo superficiale e a volte solo formale, mi dicono che dipende
da caso a caso e soprattutto da cultura a cultura. In genere c’è un membro della famiglia che riesce a comunicare in lingua italiana e la scuola utilizza spesso le comunicazioni telefoniche, magari per avvertire che è in
arrivo una comunicazione scritta da firmare. Le maestre
Cristina e Angelina hanno notato che in genere i rapporti con le famiglie straniere sono buoni, c’è da parte
dei genitori la tendenza fidarsi molto della scuola e di
ciò che dicono gli insegnanti, per cui se viene dato un
consiglio si cerca di seguirlo, a volte però questa fiducia
sembra sconfinare nella delega, proprio perché gli immigrati hanno già tanti problemi da risolvere ed il figlio
viene “affidato” alla scuola. L’esempio della scuola visitata a Roma, dove erano presenti diverse associazioni
dei genitori a livello territoriale, pronte ad attivarsi per
risolvere eventuali problemi collaborando attivamente,
ha lasciato a tutti il desiderio di una situazione simile
anche nel proprio territorio.
Gli strumenti pratici
Nonostante gli anni di esperienza alle spalle e l’evidente motivazione degli insegnanti, l’integrazione
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degli studenti stranieri non è lasciata tutta sulle loro
spalle e la scuola ha cercato di darsi un’organizzazione tale da permetterle di uscire da una situazione di
emergenza per gestire ogni situazione come ordinaria
quotidianità. Il Regolamento per l’integrazione degli
stranieri è stato attuato punto per punto. L’istituto si
avvale della collaborazione di vari mediatori culturali, uno per ognuna delle lingue principali parlate dagli
studenti di madrelingua non italiana. Una funzione
strumentale è dedicata alla progettazione dei percorsi di intercultura. C’è una facilitatrice linguistica,
che abbiamo visto essere una docente interna e questo
rende agile la programmazione comune. Si è costituita una commissione di dieci docenti che ha predisposto una serie di strumenti pratici, tra cui il protocollo
di accoglienza, la scheda descrittiva del percorso personalizzato per gli alunni di madrelingua non italiana
e la griglia con le varie vasi del percorso ed infine, ultimo nato, il protocollo di valutazione sulla base del
percorso personalizzato, che è stato introdotto solo
quest’anno e che è stato “testato”in occasione di questa prima valutazione quadrimestrale.
Nel pomeriggio ci sarà il collegio docenti che prenderà in esame il protocollo di valutazione, il quale contiene le linee guida per i docenti e privilegia la funzione formativa della valutazione, per vedere se ha
funzionato bene o se deve essere migliorato. Si tratta
di un percorso in continua evoluzione. Nessuna soluzione è definitiva, si sperimenta, si verifica e si migliora. Domani ci sarà la riunione con i genitori anche quelli stranieri e la dirigente presenterà le attività
svolte e l’organizzazione che la scuola si è data per l’integrazione e l’inclusione degli studenti stranieri, chissà che non sia l’occasione buona per creare l’auspicata
sinergia con il territorio.
Patrizia Lucca
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
MEMORIA E RICORDO
il diario
IL TRENO
400 giovani trentini ad Auschwitz
Ogni anno ci poniamo il problema del “come” richiamare i temi della “giornata della memoria”
e del “giorno del ricordo” senza diventare ossessivamente rituali. Le iniziative (ovviamente molte
più numerose e profonde per la “memoria”) continuano a moltiplicarsi, ma anche ad istituzionalizzarsi sempre di più. Didascalie si sforza di dare
ogni anno un’angolatura particolare (dalla ripresa storica al racconto dei testimoni diretti al diario
dai lager…), sapendo che non riusciamo a stare coi
tempi perché in gennaio/febbraio esce un numero
unico della rivista per motivi di bilancio. In questo
numero, la memoria e il ricordo passano attraverso
pagine di libri scritte da testimoni privilegiati (Boris Pahor e Nino Betta), dal diario dal treno per Auschwitz e dalla Schlosshalle di Bühl-Württemberg
“nell’addio pubblico a un’antica ragazza della resistenza (Anneliese Graf), dai “non violenti contro il
Muro” e dalle croci dei caduti trentini della prima
guerra mondiale. Coscienti che tutto questo è comunque “un granellino di sabbia”. (m.c.)
DIARIO: un docente racconta
Il Treno della Memoria – 4/10 febbraio 2010: 400
giovani Trentini visitano Auschwitz in un percorso
di legalità – un viaggio nella memoria e della memoria. Il progetto è promosso da Terra del Fuoco (ONG
nata da un movimento di giovani per il sostegno al processo di integrazione europea), in collaborazione con la
Provincia Autonoma di Trento. Adriano Tomasi e Alberto Conci (docenti in utilizzo presso il dipartimento
istruzione) hanno vi hanno partecipato. Tomasi ha redatto per Didascalie questo breve “diario”.
“Io ti ricordo”
Momento centrale è stata la visita al campo di Auschwitz
– Birkenau al termine della quale ho scritto queste brevi
riflessioni: “Stamattina alle otto si sale in pullman per la
visita al campo di Auschwitz-Birkenau. Un’ora di viaggio verso Sud Ovest e in pullman ci danno ulteriori istruzioni: durante la visita a quello che di fatto è un enorme
cimitero non si scattano fotografie, se non chi è autorizzato, non si mangia e non si fuma. Ci viene poi consegnata una fascetta di stoffa bianca sulla quale potremo
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
scrivere il nome di uno dei deportati la cui fotografia troveremo, fra le centinaia che sono appese alle pareti durante la nostra visita in uno dei Block di Auschwitz; una
fotografia da scegliere fra le tante ed un nome che ci appunteremo e che nella cerimonia conclusiva scandiremo
insieme alle parole “io ti ricordo” e quella persona per un
istante sarà ancora qui, sarà viva in noi. Il nome che mi
sceglie e non ne potevo cercare altri è Abraham Feiler, di
lui non so nulla se non quello che mi suggerisce quell’immagine congelata nel tempo tanti anni fa. Un viso scavato di un anziano che mi guarda con occhi atterriti e consapevoli. Aveva 59 anni, la mia età di oggi, e nel campo
è vissuto (vissuto?) solo tre o quattro giorni qui, nell’inferno in terra, prima di scomparire per sempre. Chi fosse
realmente, da dove venisse, di quali gioie, dolori, affetti,
rimpianti, rimorsi, speranze paure, sogni e illusioni sia
stato l’impasto della sua vita nulla so e mai potrò conoscere. Ma oggi il suo nome è di nuovo un suono nell’aria
e lui in qualche modo è qui con noi e mentre i suoi carnefici sono nell’ombra e cancellati nella memoria lui, che
doveva essere cancellato, al contrario, è sopravvissuto.
Gli oggetti raccontano
Il campo suscita in me un’emozione profonda; gli oggetti mi parlano, le immagini mi restituiscono fantasmi di
uno strazio indicibile che è stato. Il paesaggio che vediamo là in fondo è già stato in altri occhi, scorci di cielo fra
i profili dei Block, i giochi geometrici del filo spinato, gli
isolatori di corrente sui pali ricurvi, le torrette di guardia, i riflettori. Proviamo a vederli come li hanno visti le
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l’immagine di ordine e di pulizia, mica una sciattona.
Era una bambina? Una giovane? Una madre? Non è più
e non è mai stato importante. Ma ci dice che quella donna non era trasandata, per quanto le era permesso, nemmeno in quegli ultimi giorni che mai avrebbe pensato sarebbero arrivati così, strappata a tutto ciò che le era caro
e in cui tutto veniva a cadere.
Le foto sul muro
vittime dell’Olocausto: erano persone come noi non numeri tatuati o cifre in un lugubre interminabile elenco.
Di ognuno che è passato di qui, anche per pochi giorni o
poche ore, prima di svanire nel nulla. Ma non sono numeri, non lo erano, erano persone e il loro sguardo è anche il mio, il nostro sguardo. Anche gli oggetti hanno in
sé la parte di una vita di cui scandivano la quotidianità e che erano cari a qualcuno, di cui ci raccontano
frammenti di piccole storie: quello scarpone semirovesciato di cui vedo la suola chiodata e il tacco rinforzato da
una piastra metallica mi dice di inverni freddi, di strade
ghiacciate e di lavoro all’aperto e del gelo tenuto lontano. Il bricco smaltato, verde pallido con una decorazione
a fiori ha ancora il profumo del latte caldo appena versato che si mescola al crepitare del fuoco nella stufa. Una
spazzola per pulire le stoviglie, di forma inconsueta, con
il corto manico tornito in legno, mi parla di fiere di paese, di bancarelle dove scegliere proprio questa spazzola perché già la vedo ornare la cucina della mia casa che
curo con l’amore e con l’orgoglio di una brava massaia;
posso ancora udire il tintinnio delle stoviglie mentre si rigovernano nella penombra fresca di una cucina nel primo pomeriggio, mentre fuori splende un caldo sole estivo
e tutto intorno tace, nella quiete di un pomeriggio qualsiasi di un giorno e di un anno che non so. E quelle due
trecce mozzate, ancora strette con cura dopo più di mezzo
secolo, che cosa mi possono sussurrare se non il desiderio
di farsi bella, ordinata, curata, con attenzione e magari
con il piccolo sacrificio che comporta tirare bene i capelli perché la treccia non si sciolga, e tanta pazienza. Ma
alla fine la chioma è in ordine e c’è da essere orgogliose di
presentarsi al mondo senza un capello che sfugga per dare
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E poi il muro delle fotografie, quelle di prima, quando
il mondo girava senza fretta e senza strappi, e ogni cosa
sembrava dovesse fluire come sempre. Quanto sono simili
a quelle che raccolgono gli album nelle nostre case, dove i
nostri cari, le persone che vivono nella memoria della famiglia e nella nostra hanno voluto fermare proprio quel
momento della festa, della gita, dell’allegria dell’emozione che era importante ricordare insieme magari anni
dopo. Ecco, Auschwitz può e deve restituirci con forza
queste vite spezzate: niente di umano ci deve essere estraneo se vogliamo che l’orrore non si ripeta. Vite macinate da quella macchina dello sterminio ma che si alzano
ancora più forti dei loro carnefici e sono la nostra forza, ci danno forza: queste persone sono qui, con noi e in
noi, non sono perse o svanite per sempre ci accompagnano ora e saranno nostre compagne nel nostro viaggio di
ogni giorno a venire. Questo è il compito per i ragazzi del
treno: portare avanti e diffondere questa fiamma di vita,
come se partecipassero ad una gara di staffetta: ora il bastoncino del testimone è nelle loro mani lo devono stringere forte e poi passarlo ad altri. Al crepuscolo, al termine
della breve cerimonia quando tanti nomi sono stati scanditi dalle nostre voci ed hanno ripreso ad essere, nella luce
incerto e nel vento gelido, la nostra lunga fila che cammina sul marciapiede della selezione verso l’uscita dal campo, verso la porta spalancata attraverso la quale entravano i treni della morte, appare come una folla di persone
che abbandona il Lager da cui si usciva solo attraverso il
camino e che supera il cordone degli aguzzini con i fucili
spianati, non viene trattenuta da fili spinati e riflettori.
In un attimo il tempo non esiste più e le vittime di allora tornano, tornano alle loro case, ai luoghi che li hanno
visti crescere e ad una vita che era. Questo attraverso di
noi e attraverso il treno della memoria; ce li porteremo a
casa come un dono prezioso.
Adriano Tomasi
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
TRE VOLTE NO
Le parole per dirlo
Memorie di un uomo libero
Fino alle soglie del duemila Boris Pahor, sloveno di Trieste, considerato dalla critica francese e tedesca come uno dei maggiori scrittori europei contemporanei, era quasi completamente sconosciuto da
noi. Basti pensare che della sua vasta opera – trenta e più titoli fra romanzi, raccolte di racconti e saggi – si poteva leggere, in italiano, soltanto una monografia sull’altro grande e ignorato scrittore sloveno
– triestino Srečko Kosovel (1904 – 1926), apparsa, nel 1993, nelle
Edizioni Studio Tesi di Pordenone.
Mite
e determinato
Il suo nome ha cominciato a circolare
a partire dal 2001,
quando l’editore roveretano
Nicolodi (ora Zandonai)
ha pubblicato la silloge di racconti “Il
rogo nel porto” e poi
i romanzi “La villa sul lago” (2002)
e “Il petalo giallo“
(2004). Il successo
pieno, però, è arrivato solo due anni fa con l’uscita
da Fazi del libro in cui Pahor ha
narrato con accenti di straordinaria forza espressiva la sua drammatica esperienza nei lager nazisti,
“Necropoli”, un capolavoro assoluto della letteratura concentrazionaria, collocabile all’altezza delle
opere di Primo Levi, Robert Antelme e Imre Kertész.
Da allora c’è stato tutto un fiorire di riconoscimenti, un affollarsi di inviti e richieste di incontri,
un lievitare di attenzioni mediatiche. Insomma la cultura italiana
sta finalmente cercando di saldare il suo debito annoso con questo grande scrittore. Lui, con placida ironia, dichiara di non gradire
questo eccesso di notorietà che lo
fa sentire “come una specie di Lollobrigida senza reggipetto che tutti
vogliono vedere da vicino” (Il corriere della Sera, 30-9-2009) e intanto, mite e determinato, continua la sua sacrosanta battaglia per
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
rivelare agli italiani
tutte le nefandezze
e le violenze compiute dai fascisti
sulla comunità slovena di Trieste e poi
su gran parte della
Slovenia.
Un ricordo
“pro domo”…
Senza
deflettere
mai, come dimostra il suo libro più
recente, Tre volte
no, dove – mi riferisco al capitolo introduttivo – accusa apertamente la legge sulla giornata del Ricordo di aver favorito
una lettura molto “pro domo” e a
senso unico della storia: “Mi aspettavo che la legge sul giorno del Ricordo si impegnasse a far conoscere obiettivamente i conflitti che
hanno lacerato queste terre, invece mira alla costruzione di una
memoria unica e parziale, che non
esito a definire prettamente nazionalista, perché denuncia i soprusi subiti dagli italiani e tace quelli che loro hanno perpetrato”. Poi
nelle pagine successive, sollecitato
dalle domande (non brevi né incalzanti ma congegnate, giustamente,
per dare spazio ad una narrazione distesa) di Mila Orlič, ricostruisce con grande lucidità le ragioni
e le circostanze che lo hanno portato, pagando sempre di persona le
sue scelte, a dire no al fascismo, al
nazismo e al comunismo. E quando, alla fine del libro, afferma che
[…]
“Eppure il fascismo nella Venezia Giulia di allora attecchì rapidamente fin dal 1920 e in questa
regione plurietnica la repressione nazionalista colpì duramente
le minoranze, con processi contro
gli antifascisti “slavi” da parte del
Tribunale speciale, la proibizione
delle associazioni culturali e politiche, la chiusura delle scuole slovene e croate e l’italianizzazione forzata a partire dalla lingua
e dai nomi […] La politica negli
anni Venti e Trenta non fu che un
preludio alla violenza che si sarebbe scatenata dopo l’invasione della Jugoslavia da parte dell’Italia
e della Germania nell’aprile del
1941. Fu nella cosiddetta ‘Provincia di Lubiana’ che l’occupazione
delle forze armate italiane portò alla catastrofe: villaggi bruciati, esecuzioni sommarie di ostaggi,
soprusi contro la popolazione civile, campi di concentramento. Interi villaggi furono deportati nel
campo di concentramento di Rab
(Arbe): dai neonati alle persone
anziane, tutti vivevano sotto delle tende e dormivano sulla paglia
bagnata dalla pioggia. Mancavano acqua e cibo. I bambini morivano di fame e di freddo e le madri erano così disperate da arrivare
a nascondere i cadaveri dei propri
bambini nella paglia pur di non
perdere la razione del figlio”.
[…]
la sua poetica “è e continuerà a essere l’insofferenza per la mancanza di libertà”, il lettore avvertito sa
che questa, prima di essere un’alta
dichiarazione di principio, è la sintesi di una vita. (G.C.)
Boris Pahor, Tre volte no, Memorie di un uomo libero, Rizzoli editore Mi. 2009, pp 129 - € 17,50
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Scheda
Una primavera difficile - Maggio 1945.
Un reduce sloveno dai campi di concentramento nazisti è ospite di un sanatorio alle
porte di Parigi. La sua vita somiglia a un
dormiveglia dentro una serra di vetro, un
dormiveglia attraversato di continuo dalle
immagini di là, di quel mondo dove ha visto consumarsi la distruzione. “Lui prima
della Germania e lui dopo la Germania,
chissà se questi due uomini si sarebbero
mai incontrati” si chiede il protagonista,
esprimendo in modo mirabile il dissidio
lancinante da cui scaturisce – necessaria e
alta – la narrativa di Pahor e la sua appassionata testimonianza civile. Nelle pagine di questo intenso romanzo, infatti, la
ricchezza del suo talento letterario non si
lascia confinare alla pura e sofferta memoria del lager o al farsi voce della minoranza slovena perseguitata…
Boris Pahor, Autentico patriarca della letteratura slovena e punto di riferimento per più di una generazione di
intellettuali e scrittori… Per l’autorevolezza della sua voce e il valore della sua
produzione letteraria è stato più volte
candidato al Nobel per la letteratura e
insignito di numerosi premi e riconoscimenti. Tra le sue opere in italiano:
Necropoli (Fazi, 2008) e Qui è proibito parlare (Fazi, 2009). Per le edizioni
Zandonai sono usciti il romanzo Il petalo giallo (2007) e la raccolta di racconti Il rogo nel porto (2008).
Boris Pahor, Una primavera difficile, Zandonai, Trento 2009, pp. 333,
€ 18,00
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SEGNALIAMO
il libro
PRIMA A DACHAU…
Il racconto del testimone Boris
L’opera più importante e conosciuta di Boris Pahor è “Necropoli”,
un mémoire in cui lo scrittore triestino ha raccontato la sua odissea
di deportato in vari campi di concentramento. Una terribile peregrinazione iniziata, poco più di un mese dopo l’arresto (21 gennaio 1944) per attività antinazista, su un convoglio con destinazione
Dachau, proseguita nei lager di Natzweiler – Struthof, Dora Mittelbau, Harzungen e finita a Bergen Belsen dove, insieme ad altri
compagni, fu liberato dagli Alleati a metà aprile del 1945.
Pellegrino tra le ombre
Pahor ha patito sofferenze e soprusi orribili, è stato testimone di atrocità inaudite, ha vissuto faccia a faccia con la violenza e l’arbitrio elevati a sistema. Da un campo all’altro un tragico viaggio attraverso l’annientamento; da un campo all’altro un itinerario del dolore dentro i
diversi quartieri di un’unica città della morte, necropoli, appunto. Insomma egli è stato davvero – come suona in francese il titolo di questo suo libro tremendo e grandioso – Pèlerin parmi les ombres, pellegrino tra le ombre.
È da questa drammatica esperienza e da quella non meno traumatica
delle brutali persecuzioni fasciste contro la comunità slovena di Trieste
(lo scrittore aveva appena sette anni quando, nel luglio del 1920, esse
iniziarono con l’incendio del Narodni Dom, non molto distante dalla
sua casa) che ha tratto necessità e contenuti la narrativa di Pahor. Ma
se questi sono certamente i temi che la parola letteraria di Pahor, grazie
alla sua intima forza evocativa, ha saputo trasformare in testimonianza
di alto valore civile, altri ce ne sono, corollario e sviluppo, non meno
essenziali e coinvolgenti. Uno in particolare, affiorato con tratti nitidi
nel romanzo “Il petalo giallo” (Nicolodi, Rovereto, 2004), la funzione
salvifica dell’amore. L’amore (sentimento, passione, attrazione fisica)
tra un uomo e una donna. L’unica cosa, secondo Igor Sevken, il protagonista della narrazione, capace di ridare il desiderio di vivere a chi
come lui è scampato al cataclisma umano della distruzione organizzata: “Solo l’amore può salvarci dalla rovina interiore. Restano le ombre
del ricordo, certo, che ora si ritirano ora incalzano, ma l’amore riesce
ad innalzarsi sopra di loro come un arco di luce e, talvolta, come una
fonte di creatività”.
Un ritorno alla vita
Questo motivo così forte, qui enunciato in toni di delicata liricità, era
in realtà già dominante in “Onkraj pekla so Ijudje” (Uomini oltre l’inferno), un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1958, riproposto
nel 1978 con un nuovo titolo, “Spopad s pomladjo” (Una primavera
difficile) e ora disponibile anche in italiano, grazie alla recente edizione
della casa editrice Zandonai di Rovereto. Ed è una dominanza tematica che Pahor ha voluto evidenziare fin dalla soglia del libro scegliendo
come epigrafe questa bellissima frase tratta da “La peste” di Albert Can.1-2 gennaio/febbraio 2010
mus: “Più che le orchestrine ai crocevia, erano loro ad annunciare la vera
liberazione. Queste coppie estasiate,
strettamente avvinte e laconiche, confermavano in mezzo al tumulto, con
il trionfo e l’ingiustizia della felicità,
che la peste era finita e il terrore aveva fatto il suo tempo”. Una primavera
difficile è letteralmente un ritorno alla
vita o, meglio, un ri-nascere alla vita
attraverso l’amore e la ripresa di possesso del proprio corpo, dopo l’inferno del lager.
L’azione del romanzo, narrata in terza
persona, ci immette subito in medias
res, con il protagonista Radko Suban
che, reduce da un campo di concentramento della Germania, è seduto in
un treno che passando per l’Olanda
e il Belgio lo porterà in Francia, dove
ha deciso di andare anziché ritornare
a Trieste, la sua città. Giunto a Parigi, vi rimane solo qualche giorno, poi
viene accolto in un sanatorio della
Croce Rossa francese situato non lontano dalla città, dove può iniziare le
cure per la tubercolosi contratta durante la prigionia. Intanto tra gli altri
ex deportati alcuni si preparano a tornare a casa. Radko percepisce la loro
euforica ansietà ma rimane freddo e
quasi indifferente. Lui non desidera andare in nessun posto. Neanche
a Trieste. Mija, la sua ragazza non c’è
più, è morta tragicamente e senza di
lei la città gli apparirebbe “come una
barca a vela con l’albero spezzato”.
In quanto al pensiero dei suoi “pur
sentendo di essere ingiusto, l’idea dei
genitori si accompagnava ormai in lui
all’assurdità della presenza dell’uomo
sulla Terra. Come se la linfa che scorreva in lui dal passato e lo collegava
con la comunità si fosse dispersa nella sabbia”.
Lacerato dentro
Radko è ormai un uomo profondamente lacerato dentro; spezzato in
due dalle efferatezze patite e viste si
sente un relitto, arrivando a pensare
a un sé stesso prima della Germania
e a un sé stesso dopo la Germania, e
a chiedersi se questi due uomini riusciranno mai ad incontrarsi. Il passato recente, angoscioso e popolato di
incubi, sembra voler allungare definitivamente la sua ombra minacciosa
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
Le parole per dirlo
su Radko, che però comincia a intravedere spiragli di luce pura nel momento in cui si innamora, ricambiato, di Arlette, una giovane infermiera
del sanatorio. È un amore irrequieto,
fatto di contrasti, di fraintendimenti,
di incomprensione ma anche di tenerezze appaganti e di passione autentica; un amore che conosce slanci di
esaltazione ma anche gli avvilimenti
della gelosia e in cui nulla può essere dato per scontato e acquisito. Ma
proprio per questo è vivo e vitalizzante, capace di guidare Radko a ritrovare fiducia nella vita: “Dentro di sé
benediva Arlette, perchè il merito di
aver suscitato in lui una nuova crescita era suo. Grazie a lei questa sua evoluzione era mutevole e allegra, sregolata e sempre in fieri non ancora in
fase di maturazione, di certo non ancora matura. In realtà non era nemmeno crescita, ma soltanto germoglio. Anzi, in un certo senso, sempre
a metà strada tra il germogliare e la
crescita, perché in questo stadio di
sviluppo la sensazione del nascere è
incessante e viva”.
“Una primavera difficile” è un romanzo fondamentale nel percorso
sia umano che artistico di Boris Pahor. La vicenda ad alto contenuto
autobiografico in esso narrata ci ha
restituito un uomo di luminoso spessore civile (che veleggia meravigliosamente verso i 97 anni) e uno scrittore di cui la cultura europea, pena una
grave mutilazione, non potrà fare a
meno per molti e molti anni ancora.
Giuseppe Colangelo
[…]
“L’uomo potrebbe vivere sempre
con la natura, in modo saggio e ragionevole; certo, dovrebbe utilizzare le proprie scoperte solo al fine
di tramutare i deserti in oasi. A
beneficio dell’uomo. Perché non ha
senso avere il sole, se poi ti danno il
crematorio. Non ha senso scoprire i
sulfamidici, per poi dare alla gente Hiroshima. Nessun senso. Eppure ci hanno dato Goethe, Mozart, Beethoven, dopodichè hanno
rilegato i libri con pelle umana e
concimato i fiori nei vasi con ceneri umane. La natura non fa queste
cose. La natura non è così crudele
verso l’uomo. Segue semplicemente le leggi che la guidano. E tuttavia l’uomo è diventato tale solo nel
momento in cui si è separato con
il pensiero dalla natura, anche se
non ha smesso – se smetterà mai –
di esserne parte. Perciò deve mostrarsi solidale con tutti gli esseri
che, come lui, si sono innalzati al
di sopra della natura e hanno cominciato a costruire il loro mondo su di essa e accanto ad essa. Per
lui questa è legge. La prima legge.
La legge di tutte le leggi. Nessuno
ha il diritto di alzare la mano su
un altro uomo. Nessuna scusa può
giustificare tale peccato, né la coscienza della propria forza e singolarità, né il benessere della maggioranza, né la preparazione di un
bel futuro. Non è possibile tenere
in considerazione la comunità e
uccidere il singolo. Non è possibile.
Bisogna rispettare l’uomo. A ogni
costo. Ecco. Questa è l’unica legge.
L’alfa e l’omega di tutto.”
[…]
43
il ricordo
ANNELIESE GRAF
Un’antica ragazza della resistenza
Anneliese Graf è un nome, un volto, una testimone della memoria
molto nota anche in Trentino, grazie alla sua presenza in più occasioni non solo legate alla giornata della memoria, durante le quali ha incontrato ed “affascinato” molti studenti e insegnanti con il suo racconto personale e diretto sul fratello e sugli altri ragazzi della Weisse Rose
- Rosa Bianca. In quegli incontri era sempre accompagnata da un angelo custode, Paolo Ghezzi, al quale abbiamo chiesto di poter pubblicare
il racconto da lui fatto sulla rivista “il Margine” della sua partecipazione al funerale di Anneliese Graf il 26 settembre 2009. Le immagini di
queste pagine ritraggono Annaliese in alcuni dei suoi incontri in Trentino, tra i quali, quello dell’intitolazione dell’istituto d’istruzione superiore di Cavalese alla “Weisse Rose - Rosa Bianca” nel 2006. (m.c.)
Portare avanti
Weitertragen, portare avanti, è
stata la parola-chiave nell’addio
pubblico a un’antica ragazza della resistenza, Anneliese Graf, nella Schlosshalle della sua cittadina,
Bühl-Württemberg), sabato 26 settembre 2009.
“Portare avanti” era l’impegno che
le aveva chiesto suo fratello Willi, classe 1918, uno degli studenti
di Monaco di Baviera condannati a
morte nel 1943 dal regime nazionalsocialista, per aver scritto e diffuso i volantini della Weisse Rose, la
Rosa Bianca che è diventata il simbolo della resistenza disarmata contro la dittatura hitleriana.
Nella sua ultima lettera prima di
essere consegnato alla ghigliottina
del carcere di Monaco-Stadelheim,
Willi Graf aveva ribadito tutto il
suo affetto protettivo per la “sorellina” di tre anni più giovane che non
aveva voluto coinvolgere nell’attività clandestina antinazista, ma che
comunque aveva pagato con quattro mesi di carcere il suo essere sorella di un taditore del popolo, di
un nonviolento “pugnalatore” dei
connazionali al fronte, di un cattolico antipatriottico che leggeva i
filosofi francesi e si era perfino ri44
morell che voleva fare lo scultore, il
conservatore tradizionalista professor Kurt Huber che li aveva appoggiati anche se erano un po’ troppo
rivoluzionari, quegli studenti della
Rosa Bianca.
Willi Graff, che aveva anche scritto
“non è stata una ragazzata, sapevamo quel che facevamo”, aveva scelto di passare dalle parole all’azione, con le parole. Nella Parola di
Dio aveva trovato la forza per essere “conseguente”. Non a caso come
motto aveva scelto un versetto dalla
lettera di Giacomo apostolo: “Siate
di quelli che mettono in pratica la
parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi”. La grande maggioranza dei suoi amici del movimento cattolico non l’aveva seguito
su questa strada, avevano preferito tenere al riparo la fiaccola della
fede, in attesa che passasse la bufera neopagana del totalitarismoo nazista.
Ma Willi Graf non poteva non mettere il suo corpo, e non solo la sua
anima e il suo pensiero, nella lotta
contro il Leviatano. “Ognuno porta l’intera responsabilità”, ha scritto.
E se gli altri non avessero portato la
loro parte, lui si sarebbe fatto carico
anche dei pesi degli altri.
Più lontano
fiutato di iscriversi alla Gioventù hitleriana, obbligatorio luogo di
educazione del Nuovo Ragazzo Tedesco Obbediente e Combattente.
A Willi però non importava solo
dare appuntamento ad Anneliese al
cospetto consolante del Dio di giustizia, al di là: aveva voluto rimarcare che coloro che restavano avrebbero dovuto fare memoria dei morti. e
soprattutto del perché erano morti,
tutti loro: Hans Scholl, sua sorella
Sophie, Christoph Probst che aveva
tre bambini piccoli, Alexander Sch-
Weitertragen, portare avanti, è
dunque un verbo che – nel mandato affidato da Graf a sua sorella Anneliese, ai suoi amici e a tutti noi
che alla Rosa Bianca ci siamo da
sempre richiamati - può essere ulteriormente coniugato e specificato:
c’è dentro il “portare”, che è dunque l’assunzione di una piena e non
delegabile responsabilità nell’ora
storica della scelta tra la passiva rassegnazione e la resistenza religiosamente, eticamente e politicamente impegnativa. E c’è il weiter che
non è solo “avanti” ma letteralmente “più lontano”: nel tempo e nello spazio. Perché una resistenza che
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
si cristallizza come esperienza storica determinata e non diventa fonte
di nuova resistenza, qui ed ora, in
Italia come in Cina come in Africa o America Latina, è una resistenza sterile, che resta mitologia senza
seminare nuovi fermenti di opposizione e, perfino, di martirio.
Nella Schlosshalle di Bühl.Neusatz, davanti al ritratto sorridente
di Anneliese Knoop-Graff, accanto
al cuscino di velluto con le sue medaglie al valore civile della sua vita
di educatrice e di testimone, sempre a suo agio con i ragazzi di ogni
età e di ogni lingua, in cui rivedeva il volto di suo fratello, inchiodato all’eterna giovinezza dei caduti per la libertà, tre studenti del
Geschwister-Scholl-Gymnasium
di Münster hanno acceso dei lumini e recitato parole di libertà. Quella libertà la cui “restituzione” (che
splendida provocazione!) la Rosa
Bianca aveva intimato al Dittatore, quella libertà per cui loro sono
morti e Anneliese è vissuta, “portando avanti” il messaggio fino agli
ultimi giorni di vita, incurante delle
malattie e della vecchiaia, impegnata anche politicamente, con quella
Freie Demokratische Partei , il partito liberale (ma letteralmente libero
e democratico) tedesco, che proprio
all’indomani della commemorazione funebre avrebbe trionfato nelle
elezioni politiche tedesche.
“La fiamma della sua anima ci illumina ancora”, ha detto il sindaco di Bühl, Hans Striebel. E lo storico Peter Steibach ha aggiunto: “Se
ne vanno i testimoni, ma ci lasciano il dovere di confrontarci con il
passato, di conservare la capacità di
indignarsi per l’ingiustizia, che aveva Willi e che ci ha insegnato lei”.
Monsignor Stephan Wahl ha portato la voce della Chiesa cattolica con
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
cui Anneliese aveva un rapporto critico, un po’ a distanza: “Quando le
chiedevano “che cosa farebbe oggi
Willi?” lei replicava che era una domanda fondamentale: che cosa posso fare io, oggi? La mia preghiera è
che nelle grandi decisioni come nella vita di tutti i giorni possiamo avere il coraggio di Willi Graf. Con la
sua biografia, con le sue ferite (anche quella di non essere stata coinvolta dal fratello nella resistenza)
Anneliese ha avuto sempre il coraggio della credibilità: il suo viaggio è finito, sempre troppo presto,
perché era piena di vita. La perdità è grande, non ascolteremo più le
sue parole, non vedremo più il suo
sguardo fiero, ma non dimenticheremo i suoi occhi, critici e affettuosi, il suo humor, la sua vulnerabilità, la sua tenacia, le sue risate, il suo
sorriso timido. Ci mancherà ma
spero che i giovani, nel solco della
sua lezione, riconoscano anche oggi
gli incantatori di topi e i falsi dèi. E
vedo, lassù, Willi Graf e le sue sorelle Mathilde e Anneliese finalmente
riuniti, al banchetto con vini pregiati anticipato dal profeta Isaia per
la fine dei tempi. Là, nell’eternità,
in quello che chiamiamo cielo, che
conosciamo così poco, in cui speriamo così tanto”.
E possiamo sperare anche che
l’esempio delle vecchie ragazze resistenti abbia contagiato ragazze e ragazzi di oggi, come suo nipote Simon:
“Una nonna comprensiva, tollerante, curiosa. Invitava spesso a
pranzo noi nipoti ma anche i nostri amici, per sapere che cosa pensavamo del mondo. Parlavamo con
lei di cose di cui non parliamo con
i genitori. Discutevamo, si litigava,
ma lei sapeva accettare anche i nostri errori”.
Portare avanti, custodire le voci e
le parole. Mettere in pratica la Parola. La doppia memoria di Anneliese e Willi – i due fratelli Graf arrestati insieme, dalla Gestapo, la
notte del 18 febraio 1943 – sollecita noi che restiamo a non disperdere la loro lezione, la testimonianza
di chi non si piega nè al terrore né
al conformismo. Un ragazzo vissuto 25 anni, una ragazza sopravvissutagli per altri 66 anni: un fratello
e una sorella cha hanno avuto il coraggio di non tacere.
Paolo Ghezzi
da “il Margine” n. 9/2009
45
la lettura
PENSARE ALTRIMENTI
Il Muro, i ragazzi non violenti, la storia
Il libro di Paola Rosà ha il pregio di indicarci una prospettiva di lettura nuova su uno degli eventi che maggiormente hanno segnato la
storia del Novecento, la caduta del muro di Berlino.
Paola Rosà, LIPSIA 1989. Nonviolenti contro il muro, Il Margine, Trento 2009.
Il rischio
della semplificazione
di eventi cruciali
Uno dei problemi più seri, quando
si avvicinano i grandi eventi storici, è costituito dal livello di semplificazione al quale ci si trova sempre
in qualche modo costretti. Non si
tratta solo dell’impossibilità di riassumere, se così si può dire, interi
processi all’interno dei confini limitati che ci sono imposti dal tempo o
dalle situazioni; e non si tratta nemmeno solo del fatto che ogni analisi rimane ancorata alle prospettive
ermeneutiche e ai condizionamenti
che ci derivano dal contesto in cui
si elabora la ricerca. Accanto a questi esiste il problema, forse ancora
più serio e complesso, della semplificazione attorno ad alcuni eventi cruciali che segnano così profondamente la storia – spesso più sul
piano simbolico che su quello della
realtà – da diventare punti di passaggio obbligati; e tuttavia, proprio
la concentrazione su tali eventi porta con sé il rischio di dimenticare da
un lato la complessità dei processi
che li hanno causati e, dall’altro, di
lasciare in ombra avvenimenti di
cruciale importanza per comprendere la storia.
In questo quadro, il libro di Paola
Rosà ha il pregio di indicarci una
prospettiva di lettura nuova su uno
degli eventi che maggiormente hanno segnato la storia del Novecento,
la caduta del muro di Berlino. Le
radici di quel 9 novembre del 1989,
46
spiega l’autrice, vanno cercate in un
processo molto lungo, nel quale ebbero un ruolo fondamentale non
solo i grandi cambiamenti sul piano della politica internazionale, ma
anche i movimenti della Germania
orientale che crearono le condizioni
che resero possibile la cosiddetta ‘rivoluzione pacifica’ del 1989. “Nel
calendario della rivoluzione – si legge nella prefazione della Rosà – una
data sembra segnare la svolta, un
mese esatto prima dell’apertura delle frontiere, trentuno giorni in anticipo sulla caduta del Muro di Berlino: è il 9 ottobre, quando di fronte
alla manifestazione dei Settantamila a Lipsia le forze dell’ordine rinunciano ad intervenire e i delegati del partito promettono di aprire
il dialogo. Dopo mesi di manganelli e arresti, di idranti e di pestaggi, il
lunedì di Lipsia segna l’inizio della
fine. In realtà è già accaduto a Dresda il giorno prima, e proprio quella stessa mattina, mentre la gente
sta per scendere in strada a Lipsia,
un comitato di venti rappresentanti della società civile sta dialogando
a Dresda con il partito e le autorità
statali. È il 9 ottobre 1989”.
Testo utile
per capire il Novecento
Realizzato a partire dall’incontro con alcuni dei protagonisti di
quegli straordinari eventi, in particolare Christian Führer, pastore della chiesa evangelico-luterana
di San Nicola a Lipsia, e Christo-
ph Wonneberger, pastore protestante e uno dei principali animatori dei movimenti di opposizione
di quegli anni, il libro offre “il racconto corale dei protagonisti della
rivoluzione nonviolenta […], una
rivoluzione partita da lontano grazie all’impegno di studenti, attivisti, pastori protestanti e singoli dissidenti. Una rivoluzione che non si
fa in un giorno, e quel giorno non
è il 9 novembre”.
Sono due le ragioni che fanno di
questo lavoro un testo particolarmente utile in un percorso di approfondimento sulla storia del Novecento.
Prima di tutto la scelta di avvicinare uno degli avvenimenti cruciali della storia recente a partire
da un’altra prospettiva, invitando
a leggere gli eventi a partire dal
basso, dalla prospettiva di chi fece
coraggiosamente una scelta di opposizione a un regime oppressivo
che puntava a mantenere un controllo totale sui singoli e sulla società. In questo senso il testo è particolarmente prezioso non solo
perché offre una ricostruzione rigorosa fondata sui ricordi dei testimoni diretti e sull’analisi dei documenti (da quelli del movimento
nonviolento a quelli della Stasi),
ma proprio perché aiuta a comprendere la complessità del lavoro
storico, che non può limitarsi alle
descrizioni della storiografia o della
politica ufficiali.
Su un altro piano, il libro si rivela utile perché affonda lo sguardo
nei contenuti stessi di quella rivoluzione pacifica. Ciò che stupisce
non è solo il tratto radicalmente
nonviolento dell’opposizione, ma
anche la straordinaria poliedricità dei soggetti coinvolti: “Leggendo questo libro, sostiene Gian Enrico Rusconi nella postfazione, si è
colpiti dalle anomale alleanze trasversali tra movimenti abientalisti,
pacifisti, ecclesiali, e questo senza
che mai si trovino espliciti conten.1-2 gennaio/febbraio 2010
nuti religiosi o teologici. L’unico
concetto è la pace, ma in fondo la
pace era anche il grande argomento retorico del comunismo di allora. Per cui, ed è questo libro a dirlo,
è sorprendente quanti pochi contenuti specificamente religiosi ci siano”. Questa concentrazione trasversale sul rifiuto della violenza mi
sembra costituisca una formidabile
provocazione a ‘pensare altrimenti’
per un mondo giovanile nel quale rimangono rare oggi le riflessioni sulle radici ideali, il linguaggio,
la prassi della nonviolenza.
Si legge nel Prontuario della nonviolenza, elaborato fra gli altri dal
pastore Wonneberger e distribuito
il 25 settembre 1989 per accompagnare le manifestazioni di quelle
settimane: “Mantenete il controllo
e tenete d’occhio il vicino. Cercate
il dialogo sia con chi vi cammina
accanto, sia con chi avete di fronte,
restate cortesi e corretti, non usate
parolacce, un coro di fischi non invita certo al dialogo. Cantare tutti assieme serve a vincere la paura
ed è una manifestazione di nonviolenza per chi ci sta davanti, per
questo dovete portare con voi il foglietto con i canti di oggi. Se tentano di arrestare qualcuno che vi
sta vicino, mettetevi seduti per terra e abbracciatelo tenendolo per le
gambe, e se arrestano voi gridate il
vostro nome; dalla camionetta gridate anche il numero degli arrestati
che sono con voi. Rifiutatevi di firmare qualsiasi tipo di dichiarazione
dopo l’arresto e durante gli interrogatori non dite nulla più di quello che sta sui documenti”. Scritte
solo vent’anni fa, queste parole appartengono forse a un’altra epoca;
ma proprio per questo c’è da chiedersi se non potrebbero essere uno
straordinario stimolo per aiutare i
ragazzi ad avvicinare la storia, e il
nostro presente, con un’altra chiave di lettura.
Alberto Conci
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
il libro
“Un mese prima del crollo del Muro di Berlino. Lipsia 9 ottobre
1989: settantamila persone scendono per strada inneggiando alla libertà e alla democrazia. Si tratta della più grande manifestazione nella DDR, la Germania comunista, dai tempi della rivolta popolare del
1953 soffocata dai carri armati sovietici e il clima della vigilia sembra
annunciare una ‘soluzione cinese’, com’era avvenuto in piazza Tienanmen a Pechino. Il 7 ottobre 1989 a Dresda sono stati arrestati
più di mille manifestanti, da settimane le forze dell’ordine in tutto
il paese reprimono i moti di piazza con manganelli, idranti e retate di massa. E’ l’inizio della svolta democratica: il 18 ottobre i vertici
annunciano le dimissioni di Honecker ed aprono alle trattative con
i nuovi partiti, parlano di riforme, di libere elezioni ed elaborano il regolamento per la libertà di movimento oltre frontiera.
E’ il 9 novembre cade il Muro di
Berlino. Sulla base di documenti originali e interviste, sostenuto
da una corposa documentazione
bibliografica e da un meticoloso
lavoro a caccia di riscontri, il racconto corale dei protagonisti della rivoluzione nonviolenta narra
una rivoluzione partita da lontano grazie all’impegno di studenti, attivisti, pastori protestanti e
singoli dissidenti. Una rivoluzione che non si fa un giorno, e quel
giorno non è il 9 novembre.
Paola Rosà (Riva del Garda,
1957) si è diplomata in tedesco e inglese alla Scuola interpreti dell’Università di Trieste e
si è laureata in Scienze politiche
a Firenze. Giornalista, traduttrice, collabora con la Rai di Trento, ha lavorato per il quotidiano
“l’Adige” e Radio Dolomiti. Nel
2003 ha ideato e diretto il documentario Un rabbino per la pace
trasmesso da RaiTre. Ha tradotto Vertical di Reinhold Messner
(Zanichelli, 2003). Per il Margine ha pubblicato Willi Graf.
Con la Rosa Bianca contro Hitler
(2008) e ha tradotto e curato Il
grande Segantini di Carl Dallago
(2008)
47
l’evento
IL MEMORIALE
Caduti trentini della Grande Guerra
Anche il Trentino ha il suo Yad Vashem (un memoriale, un nome)
come Gerusalemme. Dal 31 gennaio al 14 febbraio, presso la sala di
rappresentanza del palazzo della Regione a Trento, è stato infatti organizzato un evento e allestito uno spazio per contenere frammenti
di una memoria condivisa: “Nel cuore nessuna croce manca” (verso
dell’ungarettiana San Martino del Carso) è il Memoriale degli 11.400
caduti trentini caduti della prima guerra mondiale, un anello di 45
metri di nomi riferiti a trentini morti nel periodo 1914-18 nei campi
della Galizia, in Vucovina, in Volinia, in Siberia, o in Trentino, risucchiati dal gran gorgo della follia imperialista di poche dinastie europee tra loro imparentate.
all’essere. Il Memoriale dei caduti trentini della grande guerra vuole ricordare sia i combattenti caduti in uniforme austro-ungarica (la
quasi totalità: 11.270), sia i volontari trentini caduti per l’Italia (circa 134) ed è pure consultabile nel
sito della Provincia Autonoma di
Trento www.trentinocultura.net.
Il giorno dei nomi
Il risarcimento di un lungo silenzio “che ha circondato la sorte dei
soldati trentini morti nella Grande Guerra” ci ricorda l’assessore alla cultura della Provincia di
Trento nella sua presentazione,
“per ribadire che il lutto della comunità non ha colori, non ha ideologie, non ha vinti né vincitori”.
Un lavoro di recupero della memoria collettiva trentina curato da
Lodovico Tavernini del Museo
storico della guerra di Rovereto, con l’aiuto di vari collaboratori. Il 7 febbraio questi nomi –tutti
i nomi- divisi per Valli, sono stati
scanditi durante la giornata da sindaci, assessori o loro delegati del
rispettivo Comune: come nell’antica tradizione kabbalistica ebraica la pronuncia del nome ha dato
vita a quegli uomini, li ha riportati
48
La storia dei cimiteri
di guerra
tra pace e memoria
La commemorazione vuole essere
un atto pubblico di pietà e rispetto per la scelta fatta e testimoniare un impegno per la pace futura.
Al Memoriale si affianca una preziosa mostra di foto, progetti e disegni su “I giardini degli eroi. I
cimiteri di guerra austro-ungarici in Galizia”, dedicata ai cimiteri costruiti nel 1915-16 dall’amministrazione austro-ungarica in
Galizia per seppellire ciò che rimaneva di un’umanità disintegrata dalla guerra. La mostra, curata
da Pawel Pencakowski e Marek
Saiduk, del Centro internazionale di cultura di Cracovia, assieme
al Museo della guerra di Rovereto testimonia l’attività intrapresa
a partire dal 1915 in Galizia (oggi
suddivisa tra Polonia e Ucraina),
da parte di architetti e artisti per
progettare cimiteri monumentali. Questi cimiteri voluti dagli austriaci (che Marek Saiduk ci restituisce nelle sue malinconiche foto)
celebrarono dopo il 1918 gli “eroi
di nessuno” e vi giacciono molti
degli 11.400 trentini del memoriale, rimanendo quindi a lungo
l’enclave di una razza nemica cui
non dedicare il pianto delle madri
meste.
Gli appuntamenti
con la memoria
Nelle corso delle due settimane del
memoriale interventi e conferenze
hanno ulteriormente approfondito il tema della commemorazione.
Tra questi gli interventi di Pencakowski sui cimiteri austro-ungarici della Galizia, di Quinto Antonelli su “Come si moriva nella
grande guerra” che ha presentato
letture “vive”, pagine di diari e lettere scritte con genuina semplicità
da giovani soldati trentini mandati
al fronte, di Lodovico Tavernini
e un recital di Andrea Castelli. A
coronamento della mostra-evento,
infine, il 13 febbraio sette persone hanno proposto una riflessione
sulla memoria delle guerra del nostro tempo dal titolo “Sette voci
per ricordare”. Sono stati presentati anche due film: “Prigionieri
della guerra” di Yervant Gianikian
e Angela Ricci Lucchi e “La colpa
ignota” di Diego Leoni e Lorenzo Pevarello. Un breve appunto finale: nella contabilità delle morti
belliche si fa sempre riferimento ai
soldati caduti: la stragrande maggioranza di essi erano però uomini
e giovani fertili, strappati alle mogli e alle fidanzate presenti e future: la loro fine ha spazzato via perciò un’intera generazione virtuale,
che non ha potuto affacciarsi alla
Storia.
Massimo Parolini
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
il testimone
UN UOMO BUONO
I racconti di prigionia di Nino Betta
Pubblicati nell’immediato dopoguerra su giornali e riviste, i racconti
di Nino Betta sono stati raccolti in un volume presentato il 29 maggio 2009, alla presenza della figlia dell’autore Floriana Betta, nell’ambito delle celebrazioni del 90° dell’intitolazione del Liceo classico di
Trento a Giovanni Prati, e del centenario della nascita dello stesso
Betta, che era stato docente per più di 40 anni proprio al liceo “Prati”.
I racconti ripercorrono l’esperienza dello scrittore trentino nei lager nazisti tra l’8 settembre 1943 e l’agosto 1945.
[…] La contemplazione della bellezza stessa per Often lascia malinconia:
le donne che si sognano, i paesaggi, il cielo, la musica, la misteriosa vita che
non si divide, ma si presenta.
E anche il sapere, senza dirlo, come è inafferrabile del tutto, il senso della vita!
Questo è il suo pensiero anche ora, mentre procede all’appello nel campo dei
prigionieri, e guarda nel vuoto per non incontrare, nei volti, gli uomini che
sono ammassati, davanti alla linea spenta delle baracche. Hans Often ha
ora 61 anni, ed è capitano richiamato nei servizi all’interno. Non dipinge che raramente, non ne avrebbe il tempo. La sua casa ad Amburgo è stata distrutta dai bombardamenti aerei. Suo figlio è caduto in Russia già da
tre anni. La sua vita non ha più grandi scopi: molti dei suoi quadri sono
anche andati distrutti: ed è una cosa triste, quando l’opera va perduta, prima di chi l’ha fatta. È come un ammonimento, una lezione: non valeva la
pena. Ma egli ciononostante, sente ancora, e vive ancora da pittore. Quando entra nel campo, e la sentinella sotto il pesante equipaggiamento invernale scatta sull’attenti, egli risponde distratto, e guarda, dietro i fili spinati, le basse, interminabili baracche grigie, uniformi, e i piazzali di sabbia
intrisa di odori nauseanti, come fossero essi stessi un colore, quell’uniforme
grigio pallido di ombra umida – il colore e l’odore della miseria degli uomini. Il vento diaccio rotola fra le baracche un tenue urlo d’angoscia. Gli uomini sono già in fila da mezzora, con i loro cappotti laceri, e i piedi infagottati di stracci negli zoccoli a punta, grigi come zoccoli di buoi. In quella
luce smorta della mattina umida, eppur vigorosa di contrasti, essi non fanno massa, ma linea: linea come le baracche, come le alte palizzate, i fili spinati tesi, il nudo paesaggio della brughiera all’ingiro.
Egli si avvicina, mentre i reparti si mettono via via sull’attenti, e
le guardie passano in mezzo a loro
come cani inquieti, per controllare
le file e il numero.
Nel silenzio, improvvise risuonano
rauche, e per lui inutilmente, ridicolmente violente le voci che gridano i numeri di controllo. Il sergente viene poi a riportargli i risultati
esatti dell’appello: tanti ammalati
n.1-2 gennaio/febbraio 2010
in baracca, tanti presenti nelle file.
Hans Often tiene i suoi occhi sulla bocca che si muove, ma cerca tutt’altra cosa,i pensieri segreti
di quell’uomo, che non si potranno mai conoscere; indifferenza, durezza, disperazione senza via d’uscita. E abbassa lentamente lo sguardo
sulla rigida figura: e sempre vede il
“Gott mit uns”sul suo cinturone,
come una tragica attesa. No, gli uo-
mini sono una cosa troppo miserabile perché dio sia con loro; non c’è
dio con loro, ma solo una terribile
attesa. L’uomo è solo con la sua violenza, o con la sua bontà schiantata.
Forse per questo chi fa il controllo
urla, ridicolmente potente.”
Nino Betta, Un uomo buono, e altri
racconti di prigionia, Casa editrice
Panorama Trento 2009, pp 215
CENTRO PER LA FORMAZIONE
E L’AGGIORNAMENTO DEL PERSONALE INSEGNATE
ESSERE INSEGNANTI OGGI
AUDITORIUM MELOTTI MART ROVERETO
13.03.2010
PROGRAMMA
LE DOMANDE
LE ALLEANZE
Ore 9.00 Apertura dei lavori
Guglielmo Valduga
Sindaco di Rovereto
Marta Dalmaso
Assessore all'Istruzione e Sport
Ore 9.30 Come ti vorrei. Che cosa chiedono
i giovani all'insegnante
Gustavo Pietropolli Charmet
Presidente del Centro “Il Minotauro"
Ore 12.20 Formazione e accompagnamento
professionale: il ruolo
dell'Università
Tavola rotonda con le Facoltà di Scienze
Matematiche, Fisiche e Naturali, di
Scienze Cognitive e di Lettere e Filosofia
dell'Università degli Studi di Trento, di
Scienze della Formazione della Libera
Università di Bolzano e l'Alta Scuola
Pedagogica di Locarno
Ore 9.20 Cambia il mondo. Cambia la
didattica? Introduzione al
convegno
Italo Fiorin
Presidente Comitato Scientifico
Centro per la formazione continua e
l'aggiornamento del personale
insegnante
Ore 10.10 Le nuove sfide. Che cosa chiede
alla scuola una società in
trasformazione
Giuseppe Tognon
Università LUMSA di Roma
Ore 10.50 Coffe Break
LE PROSPETTIVE
Ore 11.00 Professionista, Protagonista.
Le dimensioni di professionalità
richieste
Luigina Mortari - Università di Verona
Ore 11.40 Qualità, merito, sviluppo
professionale. Linee di indirizzo
nazionali e internazionali
Giovanni Biondi
Capo Dipartimento MIUR
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
Dipartimento Istruzione
CENTRO PER LA FORMAZIONE CONTINUA
E L'AGGIORNAMENTO DEL PERSONALE INSEGNANTE
Ore 13.00 Il ruolo dell'Associazionismo nello
sviluppo della professionalità
docente
Contributi delle Associazioni professionali
provinciali CIDI, UCIIM, AIMC, DIESSE
Ore 13.40 Conclusioni
Lorenzo Dellai
Presidente della Provincia autonoma di
Trento
Centro per la formazione continua
e l'aggiornamento del personale insegnante
Palazzo Todeschi
Via Tartarotti 7 - 38068 Rovereto (TN)
tel. 0461 494500 - fax 0461 494509
n.1-2 gennaio/febbraio 2010