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Recensione di Francesco M. Melchiori Dottorato in Scienze della Cognizione e della Formazione, Università Cà Foscari di Venezia, Dipartimento di Filosofia e Teoria della Scienza [email protected] VOLUME Bruner, Jerome S., On Knowing. Essays for the left Hand,The Belknap Press of Harvard university Press, Cambridge 1964; Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, Armando Editore, Roma 1968 (1994); Mario Manno, pp. 213 ABSTRACT Questo volume rappresenta una delle opere più significative di Bruner perché permette al lettore di andare oltre la semplice comprensione della coerente e precisa struttura di fondo che lega i numerosi saggi che compongono il testo, cioè il problema del conoscere ovvero del cosa, come e perché noi conosciamo. Dopo oltre cinque anni di ricerche sulle implicazioni pedagogiche, letterarie e filosofiche di quella che possiamo definire come la componente irrazionale del conoscere, la mano sinistra - the left hand - dell’intuizione, del sentimento e dell’impulso, l’autore non propone l’esame di strutture astratte o essenze ideali ma anzi affronta temi concreti, quali ad esempio: i processi psicologici che rendono possibile la crescita intellettiva e l’attività mentale oppure le modalità di comunicazione della conoscenza stessa, collegate alle diverse teorie pedagogiche sulla natura dell’insegnamento e dell’apprendimento. Nel testo è possibile intravedere, al di là dei contributi circa la costruzione, la comunicazione e concezione individuale della realtà, il passaggio graduale, operato dall’autore stesso, dalle intuizioni metaforiche tipiche della mano sinistra alle ipotesi controllabili di quella destra, un processo continuo capace, secondo Bruner, di produrre facilmente nuove e più interessanti direttive di ricerca. This volume represents one of the most remarkable works by Bruner because it allows the reader to go beyond the simple comprehension of the consistent and precise underlying structure connecting the numerous essays composing the text, that is to understand the problem of knowledge or the problem concerning what, how and why we know. After more than five years of research on the pedagogical, literary and philosophical implications concerning what we can define the irrational component of knowledge, “the left hand”, the part of intuition, feeling and impulse, the author does not propose the analysis of abstract structures or ideal essences but on the contrary tackles concrete themes such as: the psychological processes making possible intellectual growth and mental activity or the ways of communication of knowledge itself, the latter being connected to the different pedagogical theories about teaching and learning nature. In the text, beyond the contributions concerning the individual construction, communication and conception of reality, you can catch a glimpse of the gradual shift, accomplished by the author himself, from metaphorical intuitions that are typical of “the left hand” to verifiable hypotheses featuring “the right hand”. According to Bruner, this represents a continuous process able to produce easily new and more interesting research guidelines. RECENSIONE In questo volume J. Bruner presenta una eterogenea collezione di saggi scritti in un arco di tempo di cinque anni e raccolti successivamente intorno a tre macro tematiche principali; essi concretizzano una lente attraverso cui rivedere il dibattito contemporaneo, in psicologia e nelle scienze cognitive, circa il rapporto tra la mente e la cultura, tra il linguaggio e la comunicazione, tra l’identità e lo sviluppo. I contributi variano infatti dalla considerazione della struttura essenziale del lavoro creativo fino all’apprezzamento dell’arte come fonte di conoscenza e dall’interesse per l’importanza dell’atto della scoperta fino al ruolo della conoscenza nella motivazione all’agire individuale. Più specificamente i saggi contenuti nella prima parte del libro trattano la costruzione della realtà nell’individuo per mezzo del processo conoscitivo; nella seconda sezione l’autore si occupa delle modalità di comunicazione della conoscenza e quindi della natura dell’insegnamento e dell’apprendimento; nell’ultima parte viene presa in considerazione l’influenza della concezione personale della realtà sulle scelte e sulle azioni di ogni individuo. La capacità posizionare le proprie tesi lungo un percorso teorico integrato è, a nostro avviso, uno dei maggiori meriti dello studioso americano, che riesce in questo modo a comunicare tutti i pensieri e le riflessioni all’origine dei suoi scritti. Prima di procedere nell’analisi specifica di ognuna delle parti del libro è quindi opportuno presentare alcuni di questi concetti che si posizionano longitudinalmente rispetto alla trattazione. Partendo dal titolo consideriamo il tema della “metafora”, corrispondente linguistico del concetto di simbolo, introdotto da Bruner già nel titolo definendo i sui saggi per la “mano sinistra”. Il simbolo per l’autore corrisponde al massimo livello di astrazione ed economicità raggiungibile dal pensiero umano, che permette di immagazzinare, riassumendole e facilitandone il ricordo, una grande quantità di nozioni, per poi riutilizzarle successivamente anche in situazioni differenti da quelle che ne avevano determinato l’apprendimento. In questo senso l’autore definisce il simbolo come un’“immagine condensata” tramite la quale l’individuo crea uno schema produttivo dell’ambiente, cioè un framework concettuale per mezzo del quale la realtà esterna può essere conosciuta. A nostro avviso il simbolo, e come vedremo la metafora come suo omologo linguistico, sostituisce nella teoria dello studioso americano il concetto di pensiero intuitivo1 esposto dall’autore nel volume “The process of education” (1960). Il simbolo è il risultato di un processo di economia conoscitiva ed è lo strumento da utilizzare per ulteriori processi di semplificazione dell’apprendimento; in questo modo, puntualizza Bruner, l’individuo è in grado di salvarsi dal sovraccarico mentale, determinato dall’aumento della complessità delle esperienze vissute dai soggetti, e riesce ad unificare aspetti contrastanti del reale (e su questo punto si scorgono i collegamenti con il pensiero di Freud, al quale dedica un intero saggio nella terza parte del libro). Le caratteristiche del simbolo, che opera all’interno dei processi mentali, sono molto simili a quelle dello strumento linguistico della metafora, che secondo lo psicologo statunitense ha un legame più forte con l’esperienza sensibile, al soggettivo e all’istinto. La metafora è un trasferire2, un tradurre nell’espressione linguistica e quindi è anche parte della struttura portante che genera conoscenza, perché l’individuo reinterpreta la realtà tramite le sue conoscenze pregresse. In ultimo la metafora, o il simbolismo, della mano sinistra. 1 L’autore ritiene che l’intuizione abbia un ruolo rilevante nel processo di apprendimento, perché il ricorso intuitivo ad analogie e “generalizzazioni”, che consentono di evitare una insistenza eccessiva su processi meccanici di apprendimento o sul sistema delle “prove ed errori”, permette all’alunno di raggiungere la comprensione delle “strutture logiche” in modo improvviso. Bruner, The process of education (1960) 2 Bruner si occupato, in The process of education (1960), dello studio psicologico del transfert; in pratica si riferisce al problema del trasferimento, in un altro campo o materia, della competenza che un soggetto ha acquisito in una particolare attività. “Sin dall’infanzia sono stato incantato dal fatto e dal simbolo della mano destra e della mano sinistra: la prima rappresenta colui che fa, la seconda colui che sogna. La destra è l’ordine e la legalità [..]. Cercare la conoscenza con la mano destra è scienza. [..] la mano sinistra [..è] sentimento, intuizione, illegittimità. Dovremmo allora dire che ricercare la conoscenza con la mano sinistra sia arte?” (pag. 23) L’obiettivo dichiarato dall’autore è proprio “esplorare il raggio della mano sinistra in rapporto alla natura della conoscenza” (pag. 24) tramite lo strumento conoscitivo da essa offerto: la metafora. Tramite essa lo studioso, ma l’autore fa l’esempio specifico dello psicologo, sarà in grado di formulare ipotesi coraggiose3 per poi controllare razionalmente le metafore che hanno generato quelle ipotesi; spetta alla mano sinistra il compito di indirizzare la ricerca verso nuove direttive che sfuggono ai processi formalizzati ed al tecnicismo esasperato della mano destra. Come accennato la prima parte del libro raccoglie i saggi relativi all’atto del conoscere in se stesso e del condizionamento che il linguaggio, le scienze e l’arte operano nella creazione della struttura dell’intelletto umano. Il primo saggio, Le condizioni della creatività, costituisce il primo passo nello studio successivamente più sistematico ed analitico sul tema dell’invenzione creativa. Bruner identifica la caratteristica essenziale dell’azione creativa nella generazione di una sorpresa creativa (effective surprise pag. 43). Quest’ultima corrisponde all’inatteso, a ciò che colpisce l’osservatore, sia esso un fatto eccezionale o, come spesso accade secondo l’autore, l’ovvietà imprevista. Vi sono tre possibili tipi di sorpresa produttiva: previsionale, come ad esempio la formula della caduta dei corpi, o più in generale la riformulazione teorica nel campo della scienza di un evento casuale; formale, riconducibile in genere al campo della matematica e della logica, consiste nell’individuare relazioni che precedentemente non erano evidenti; metaforica, anch’essa produttiva e caratterizzata da peculiari procedimenti sintetici che appartengono esclusivamente alla sfera dell’arte, è “l’unificazione di diverse esperienze, grazie alla mediazione del simbolo, della metafora e dell’immagine.” (pag. 45). In ogni caso, a nostro avviso, l’esito finale della sorpresa produttiva è sempre una comprensione alternativa, inaspettata ed efficace, delle esperienze umane legata alle condizioni generali della creatività4. In conclusione l’autore sostiene che, se forse in futuro si riuscirà a produrre una teoria scientifica per comprendere e prevedere gli atti creativi in un’ottica di efficacia previsionale, “per ora (ma anche a tutt’oggi) si può anche accettare un’interpretazione metaforica della creatività” (pag. 58). La funzione del mito è la realizzazione di un incontro armonioso fra gli aspetti esteriori e consueti dell’esperienza e gli impulsi e l’istinto che pure non è sono elementi estranei alla personalità umana. Le funzioni del mito sono essenzialmente tre: offrire una base per comunicare su argomenti di cui non si ha esperienza oggettiva (il destino); contenere le paure e gli impulsi per mezzo del simbolismo. La terza e più importante è la funzione economica del mito che si determina “nel rappresentare in una forma che possa essere vissuta la struttura e il significato delle complesse vicende attraverso le quali dobbiamo trovare la nostra strada”. Naturale il collegamento con il processo terapeutico, quando l’individuo deve contenere il diffondersi dell’ansietà, identificando i propri sentimenti e “catalogarli” (pag. 61) per affrontarli in seguito. In realtà il punto focale del discorso è il paradosso del mito visto come appunto come esteriorizzazione e come immagine pedagogica. In realtà il pensiero dell’autore è chiaro: la funzione pedagogica si risolve nella trasmissione e nella comunicabilità dei significati resa possibile del mito nella sua accezione Bruneriana. In questo senso è possibile comprendere lo sviluppo del romanzo moderno, forma d’arte molto introspettiva, 3 Già in The Process of Education (1960) l’autore sostiene che il “pensatore a lavoro” ritrova un valido aiuto nella supposizione acuta, nell’ipotesi proficua e nel coraggio di perseguire la propria intuizione 4 Bruner esamina queste condizioni accomunate, a suo avviso, dal paradosso e dall’antinomia:Distacco ed impegno; passione e decoro; libertà di essere dominati dall’oggeto; dilazione ed immediatezza; dramma interiore; dilemma delle abilità. come una risposta moderna a quell’angoscia interiore che il processo esteriorizzante del mito non riesce più a decifrare. (pag. 70-72) Il romanzo moderno viene introdotto dall’autore nel saggio dedicato all’identità perché proprio analizzando quattro lavori narrativi5 ripercorre la concezione delle quattro tipologie di crisi di identità così definite da Erik Erikson. 1) La crisi della fiducia, che investe la capacità di credere nel significato dell’esistenza e delle proprie azioni 2) La crisi dell’autonomia personale, che avviene nel momento in cui l’individuo deve creare una linea di demarcazione che lo protegga dai condizionamenti esterni. 3) Le crisi dell’iniziativa, sia come capacità di esplorare il mondo sia come incapacità decisionale. 4) Le crisi dell’età di mezzo, l’una relativa alla scelta della procreazione e l’altra al bilancio della propria esperienza di vita. Il fronteggiare queste crisi, che comunque permangono in modo latente per tutta la vita, determina il raggiungimento di una identità vera, cioè integra e autonoma (pag. 84). “Il romanzo moderno è il riflesso della separazione tra le diverse forme della conoscenza: letteraria, scientifica, religiosa.” Al mito immutabile ed oggettivo perché esteriorizzato si contrappone il romanzo psicologico come forma di conoscenza più soggettiva e vicina all’evoluzione dell’uomo, perché consapevole degli impulsi che spesso conducono le azioni umane. (pag. 85-90). Nell’ultimo saggio della prima parte del libro, l’arte come modo di conoscenza, Bruner propone una spiegazione del processo cognitivo che si attiva tramite l’arte e delle modalità di apprendimento che ne deriverebbero. In primo luogo la comprensione di un’opera d’arte costituisce un’esperienza organica, ciò significa che l’arte raggiunge una sintesi dei dati di esperienza tramite la costruzione di simboli economicamente efficaci e tramite la categoria della possibilità; quest’ultima esprime la libertà di cercare di costruire un’esperienza nuova, o per meglio dire di fondere le proprie esperienze in qualcosa di inaspettato. Questa costituisce una prima analogia tra i modi di procedere alla creazione di conoscenza in arte e nelle scienze, come quando in fisica, per esempio, venne supposta l’esistenza della particella di neutrino per spiegare il comportamento del nucleo di un atomo, e solo successivamente fu effettivamente scoperta. La seconda analogia è data dallo sforzo connaturato alla ricerca di “una nuova relazione fra prospettive diverse”. (pag. 98) Che si compia un lavoro di studio oppure che osservi un’opera artistica, tenendo conto di tutte le differenze di impegno del caso, lo sforzo sostenuto è compensato dall’arricchimento della conoscenza individuale. I saggi della seconda parte riguardano tutti il processo educativo, ma anche la struttura delle materie insegnate perché secondo Bruner non è possibile separare questi due elementi; non è possibile “condurre una ricerca sul modo in cui l’uomo perviene alla conoscenza, senza una chiara nozione di ciò che si è conosciuto.” (pag. 109). Il comportamento cognitivo non è dunque, secondo Bruner, una registrazione passiva di dati, ma implica ad ogni livello l’elaborazione categoriale dell’informazione secondo strategie e stili che non sono, alla maniera di Piaget, costanti valide per tutto il genere umano, ma variano da cultura a cultura e da individuo a individuo. Compito della psicologia è mettere in evidenza la presenza operante di queste strutture cognitive che la teoria pedagogica dell’istruzione dovrà poi rendere più funzionali ai compiti di apprendimento richiesti dalla società. Lo psicologo statunitense parte dalla spiegazione dell’atto di scoperta, che a nostro avviso racchiude alcuni elementi della sorpresa creativa ripensati utilizzando “la mano destra”. “La scoperta è sempre un’operazione di riordinamento o di trasformazione di fatti evidenti, che permette di procedere al di là di quei fatti verso una nuova intuizione” (pag. 115). Ritroviamo diversi concetti, come 5 Lo straniero di Camus, Il grande Gatsby di Fitzgerald, il compagno segreto di Conrad, La morte di un uomo qualsiasi di Jules Romain. “trasformazione, intuizione, creatività (andare oltre)”, già analizzati nel discorso sulla creatività, ma proposti secondo canoni di razionalità scientifica. Esistono inoltre, secondo Bruner, due tipologie di insegnamento: enunciativo, in cui l’insegnante è l’espositore, il soggetto attivo, mentre lo studente ascolta soltanto, ed è inconsapevole del processo di insegnamento; ipotetico, in cui i due soggetti cooperano e partecipano attivamente alle esposizioni e alle formulazioni. “basterà affermare che soltanto la forma ipotetica può caratterizzare l’insegnamento che incoraggia alla scoperta” (pag. 116). Da ciò si comprende l’ipotesi forte dell’autore: quando un bambino è in grado di accostarsi all’apprendimento come se avesse “il compito di «scoprire» qualcosa piuttosto che «recepirla», allora sarà propenso a lavorare con autonomia, stimolato dalla sola auto-remunerazione” (pag. 122), quella forma di appagamento ed arricchimento individuale già previsto come risultato dello sforzo di comprensione di un’opera artistica. Un deciso passo avanti verso il superamento delle tesi tipiche del condizionamento pavloviano in cui il rapporto stimolo-risposta determina l’apprendimento: ”il rifiuto finale del valore universale della dottrina del rafforzamento mediante condizionamento diretto” (pag. 125). Le conoscenze organizzate in termini di interesse personale e di strutture conoscitive risultano molto più semplici da ricordare perché sono collegate alla comprensione o la scoperta individuale dei fenomeni. Probabilmente il saggio più importante, insieme a quello riguardante la teoria freudina, in Dopo John Dewey Bruner delinea il proprio programma pedagogico, che prevede la revisione6 della concezione esposta da Dewey nel “Credo pedagogico” del 1897. Bruner prende in considerazione “cinque atti di fede” (pag. 151-153) di Dewey e propone la sua teoria alternative: Bruner Dewey L’istruzione non è solo partecipazione alla cultura, ma anche sviluppo dei processi cognitivi “Tutta l’educazione si svolge nel senso di una progressiva partecipazione dell’individuo alla coscienza sociale della sua gente.” L’adattamento alla società deve essere costituito da una formazione alle “competenze” Il centro dei programmi d’insegnamento è dato dalle “idee organizzatrici” del sapere L’istruzione deve porre l’accento sulla struttura della conoscenza e sull’economicità dell’apprendere La scuola è il fondamento del progresso e della riforma sociale, ma deve aggiornarsi sistematicamente “La scuola è semplicemente una forma di vita comunitaria.” “La vita sociale del fanciullo è il pricipio unificatore di tutta la sua educazione o del suo sviluppo.” “La legge che indica come debbano essere presentati e svolti i contenuti dell’insegnamento è quella implicita nella natura stessa del fanciullo.” “L’educazione è il metodo fondamentale di ogni progresso e di ogni riforma sociale.” L’autore sottolinea come ogni materia possieda una struttura fondamentale di idee generali, alle quali si possono riportare i fenomeni particolari, e che quindi la priorità sia l’apprendimento delle strutture delle discipline che favoriscono lo 6 Concepita ed esposta alla propria moglie, secondo il racconto dello stesso autore, in un lungo viaggio di ritorno verso la propria università. sviluppo autonomo delle conoscenze. Bruner propone agli insegnanti di fornire, mediante esperienze adeguate, strutture produttive che rendano capaci gli alunni di comprendere e di apprendere ulteriormente, il già citato insegnamento ipotetico, poichè i bambini rappresentano mentalmente la realtà attraverso le azioni, le immagini (metafore) ed i simboli, quindi la scuola deve favorire tutti e tre questi tipi di rappresentazione. Bruner ritiene peraltro che si possa insegnare tutto a tutti e a qualunque età, purchè ciò avvenga secondo le strutture cognitive e i linguaggi relativi al livello di sviluppo psichico del soggetto interessato. La figura dell’insegnante ritorna al centro del discorso pedagogico per la necessità di una sua nuova competenza nel costruire percorsi didattici adeguati e personalizzati. L’ultima parte del libro si occupa della relazione che intercorre fra il pensiero e l’azione. Il saggio più rilevante tratta delle teorie freudiane sull’immagine che l’uomo ha di sé e delle sue capacità. Bruner sottolinea che la rivoluzione operata da Freud non sarebbe stata concepibile senza le trasformazioni apportate dall’opera di Darwin, ma l’apprezzamento per lo psicologo austriaco lo rende, a suo avviso, l’“architetto di una nuova concezione del mondo” (pag. 198). Le teorie di Freud sono considerati simboli unificatori a vasto raggio d’incidenza (pag. 12), dato che sono riuscite ad entrare permanentemente nella cultura dei paesi occidentali7 proponendo la continuità fra inconscio e consapevolezza ed unificando le attività dell’uomo. Inoltre Freud unisce una componente razionale del terapeuta specialista di analisi clinica, figlio della cultura scientifica del tempo, cosciente, però, della componente irrazionale dell’animo umano e della componente emotivosentimentale. Bruner riconosce nell’affettività la dimensione creativa, la mano sinistra che però non si trova mai sola, così come la mano destra. “La forza della conoscenza è allora il riconoscimento di non aver tradotto interamente il soggettivo; la sua capacità critica è il sapere è il saper tornare, sempre, alle suggestioni, ed ai suggerimenti, della mano sinistra”. (pag. 19) INDICE Presentazione dell’edizione italiana di Mario Manno Prefazione all’edizione originale di J.S: Bruner Parte prima: La forma dell’esperienza Introduzione Carattere e presupposti della creatività Mito e identità Identità e romanzo moderno L’arte come modo di conoscenza Parte seconda: La ricerca della chiarezza Introduzione L’atto della scoperta Sull’apprendimento della matematica 7 “Se oggi la gente è riluttante a riferire i propri sogni con quel senso di innocenza e di candore con cui un tempo venivano fatti racconti di questo tipo, ancora una volta è perché Freud ha introdotto nella coscienza comune il problema della continuità fra la finalità razionale dello stato di veglia e l’apparente irrazionale mancanza di finalità della fantasticheria e del sogno.” (pag. 202) Dopo John Dewey Parte terza: L’idea di azione Il controllo del comportamento umano Freud e l’immagine dell’uomo Il fato e il possibile Appendice: Glossario e indece degli argomenti a cura di M. Manno Indice dei nomi Note sugli autori/curatori Bruner è nato a New York nel 1915 da una famiglia di ebrei polacchi. Viene descritto come il classico puer aeternus, un giovanotto per sempre, molto aperto ed eccentrico, grande appassionato di vela. Incomincia gli studi a Durham (Nord Carolina), presso la Duke University, partecipando al dibattito tra gli associazionisti e i comportamentisti e schierandosi con questi ultimi. Nel 1938 si iscrive alla scuola di specializzazione di Harvard. Dopo la guerra, si concentra sulle problematiche della percezione. Dopo le prime ricerche sulle conseguenze del dopoguerra nella psicologia sociale, si occupa costantemente di processi percettivi e dell’influenza dei fattori sociali nello sviluppo cognitivo. Il suo nuovo indirizzo di ricerche, chiamato New look on perception , fondato con Postman e McGuinnes, contrasta il comportamentismo pragmatista : in polemica con J. Dewey prende le distanze dal concetto di adattameno. Per Bruner l’ideale educativo come adattamento sociale è troppo limitativo, in quanto preclude all’individuo la critica dell’eredità e del patrimonio culturale e la ricerca di alternative alla cultura esistente. La passività e la subalternità dell’adattamento sociale sono propri di un certo comportamentismo pragmatista. Bruner sostiene la continuità tra l’attività percettiva e quella concettuale cercando di dimostrare che la struttura del dato percettivo è costruita, non data oggettivamente dall’esterno. Dalle analisi della percezione allo studio del contesto e del pensiero, il passo è significativo e in un certo senso rivoluzionario, tanto più che occuparsi di cognitivismo negli anni ’50 e ’60 ad Harvard, non è certamente una moda, né una scelta condivisa. Nel 1956, a Ginevra, Bruner incontra Piaget, con cui inizia un fecondo scambio scientifico; in quegli anni fonda con Miller il Center for Cognitive Studies, il Centro per gli studi cognitivi, un "luogo" dove s'incroceranno saperi diversi, punto di riferimento obbligato per un' élite internazionale d'intellettuali, la cui frenetica attività ha ospitato, nel corso degli anni, figure come quelle di Jean Piaget, Barbel Inhelder, Nelson Goodman, Noam Chomsky, Jacques Lacan, Roman Jacobson, ecc… Nel 1972, attirato dalla pragmatica del linguaggio di John Austin, si trasferisce a Oxford, dove approfondisce le tematiche sul “child’s talk”. Nel 1981 è di nuovo a New York, e si dedica allo studio del pensiero narrativo inteso come strumento attraverso il quale si elabora l’esperienza. La narrazione non in opposizione alla scienza, ma complementare. Attraverso il racconto si dà significato all’esperienza. Negli anni ’80 e ’90 Bruner concentra le sue attività sull’educazione e l’apprendimento, sempre critico verso le rigidità del sistema scolastico. In questi ultimi anni, svolge attività di didattica e di ricerca presso la New York School of Law, occupandosi dei rapporti tra la giurisprudenza, la retorica e la narrazione. Nell’analisi dei processi di apprendimento è partito dalla prospettiva di Piaget, per cercare successivamente di ampliarne la prospettiva attraverso l’influenza dei fattori socio-culturali rispetto a quelli genetici confermata da , La cultura dell’educazione (1996) in cui affronta la fondazione e il tentativo di sviluppo della prospettiva psicologico-culturale sull’educazione. Bruner è giunto negli ultimi tempi alla psicologia culturale anche per la sua grande sensibilità per i temi del multiculturalismo, dell’integrazione e delle eguali opportunità per i soggetti delle classi svantaggiate: e si comprende la sua insistenza sulla scuola come strumento e organo privilegiato per il miglioramento e la radicale trasformazione dell’educazione e della società. Bibliografia essenziale sugli autori/curatori Eye, hand and mind, in D. Elkind, J.H. Flavell (eds.), Studies in cognitive development: Essays in honor of Jean Piaget, Oxford University Press, New York 1969 (tr. it. Occhio, mano e mente, in Elkind, Flavell, Jean Piaget e lo sviluppo cognitivo, Armando, Roma 1972) Play, Thought and Language, in Prospect (UNESCO), 1986) Actual Minds, Possible Worlds, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1986 (tr. it. La mente a più dimensioni, Laterza, Roma-Bari, 1988); Acts of Meaning, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1990 (tr. it. La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino 1992); La costruzione narrativa della realtà, in M. Ammaniti, D.N. Stern (a cura di), Rappresentazioni e narrazioni, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 17-42 (ed. inglese, New York University Press, 1994) The Culture of Education, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1996 (tr. it. 1 ^ ed. La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 1997) La fabbrica delle storie, Laterza, Roma-Bari, 2002. The Process of Education (1960) - (trad. it. Dopo diapprendimento nelle due culture, Armando, Roma, 1966) Dewey: il processo Toward a Theory of Instruction (1966) - (trad. it. Verso una teoria dell'istruzione, Armando, Roma, 1982) Studies in Cognitive Growth (1966) - (trad. it. Studi sullo sviluppo cognitivo,) Processes of Cognitive Growth: Infancy (1968)- (trad. it. Prime fasi dello sviluppo cognitivo, ) Beyond the Information Given (1973) - (trad. it. Psicologia della conoscenza, Armando, Roma, 1976) Children's Talk: Learning to Use Language (1983) - (trad. it. Il linguaggio del bambino, Armando, Roma, 1991) In search of mind: essay in autobiography (1983) - (trad. it. Alla ricerca della mente: autobiografia intellettuale , Armando, Roma, 1997) Bibliositografia MARGIOTTA U. (2004), Jerome Bruner; La sfida pedagogica americana (traduzione, cura e commento), ROMA, Ed. Armando Editore, pp. 1-121 http://oaks.nvg.org/bruner-words.html estratti della produzione di Bruner R. Fornaca-R. S. Di Pol, Dalla certezza alla complessità. La pedagogia scientifica del Novecento, Principato, Milano, 1993, pagg. 329-339 http://isole.ecn.org/filirossi/bruner.html sintetica rielaborazione di una raccolta di saggi editi nel 1997 http://www.parodos.it/teoriemetafore.htm epistemologia della metafora