UdA 01 - Origine della musica - La musica nelle
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UdA 01 - Origine della musica - La musica nelle
L’origine della musica – La musica nelle civiltà antiche L’origine della musica La musica è presente nella storia dell’uomo fin da epoche antichissime, anteriori di molti secoli alle grandi civiltà del Mediterraneo. Sulla sua origine gli studiosi hanno elaborato delle ipotesi: l’uomo imita il canto degli uccelli; l’origine della musica è nei battiti regolari causati da movimenti del corpo o da strumenti di lavoro; i richiami vocali per la caccia o per il combattimento rappresentano il primo passo verso la musica. Quali sono stati i primi strumenti? La voce, sicuramente. E poi, all’inizio, strumenti per la caccia o per la vita quotidiana, utilizzati anche per un uso…musicale: pietre, bastoni, ed altro. In seguito videro la luce i primi strumenti musicali, costruiti con membrane, legni, canne, corde, piastre di metallo. Gli Egizi Per gli Egizi la musica era un dono degli dei e aveva pertanto un valore sacro. Era affidata ai potenti sacerdoti, che nel corso di cerimonie rituali cantavano e agitavano il sistro, uno strumento il cui suono – si diceva – poteva essere udito dagli dei. Oltre al sistro, gli Egizi conoscevano il crotalo, uno strumento a scuotimento, tamburi, strumenti a fiato e a corde, arpe in particolare. La musica per gli Egizi era anche un mezzo per allietare feste e banchetti: e in questo caso veniva affidata a schiavi. Nel III secolo a.C., un certo Ctesibio di Alessandria inventò l’organo idraulico. Gli Ebrei La Bibbia attribuisce l’invenzione di strumenti musicali a Jubal. Si dice anche che Il re Davide fosse egli stesso musicista e autore di Salmi. Gli strumenti musicali degli Ebrei erano: il top, un tamburo a membrana; il kinnor, una piccola arpa; l’ugab, una specie di flauto; lo shofar, ricavato da un corno di montone e utilizzato anche come strumento di richiamo. I Greci Per i Greci la musica era essenzialmente “armonia”, ossia equilibrio. Con la musica si potevano controllare le passioni, visto che i suoni, le melodie, esercitavano una forte influenza sulla emotività umana. I Greci esplorarono il mondo dei suoni sotto molteplici punti di vista: Pitagora (VI sec. a.C.) indagò i fenomeni sonori dal punto di vista matematico; Aristosseno di Taranto (IV sec. a.C.) preferì studiare gli effetti della musica sull’animo umano; Platone (V-IV sec. a.C.) precisò addirittura quali melodie fossero da evitare e quali da ammettere per produrre effetti positivi sull’uomo. I Greci elaborarono anche una scrittura musicale. Anzi, due: una scrittura strumentale, che utilizzava i segni dell’alfabeto fenicio; una scrittura vocale, con i segni dell’alfabeto greco. Alla base della teoria musicale misero una scala discendente di quattro suoni, detta tetracordo. La musica era impiegata principalmente per accompagnare la declamazione poetica. Per questo, forme musicali e forme poetiche avevano lo stesso nome. Ecco le principali: epitalamio: canto nuziale; ditirambo: canto in onore del dio Dioniso (Bacco, per i Romani); partenio: canto delle vergini; epinicio: canto di vittoria; treno ed epitaffio: canti funebri; encomion: canto di lode. La forma di spettacolo più completa era però la tragedia, nata per festeggiare il dio Dioniso, a cui veniva sacrificato un capro (in greco, tragos). Secondo Aristotele, assistere ad una tragedia era salutare per l’anima, perché lo spettatore si liberava delle proprie passioni, mediante un processo psichico detto “catarsi”. Prima di Aristotele, Platone aveva sostenuto l’importanza della musica nell’educazione dei giovani, perché donava loro equilibrio e moderazione. I Greci adottarono principalmente due strumenti: la lira, a corde; l’aulos, a fiato. Tra i miti più diffusi, ricordiamo quello di Orfeo, suonatore di lira, e quello del dio Pan, inventore del flauto policalamo, detto appunto flauto di Pan. I Romani Gli strumenti dei Romani erano: il cornu: ricavato inizialmente da un corno di montone; poi costruito in metallo; la tuba: una tromba metallica diritta; il lituus: una tromba ricurva; la bùccina: una grossa tromba con il tubo piegato a spirale; l’ utricularius, una specie di zampogna; la tibia, un flauto originariamente ricavato dalla tibia di animale. La musica veniva impiegata nei banchetti, nei funerali, nel corso di parate militari, in occasione di celebrazioni religiose. Si avevano quindi, rispettivamente, i carmina convivalia, le neniae, i carmina triumphalia, oltre ai tanti inni religiosi. I Romani conobbero anche diverse forme teatrali: la satura; i fescennini; le atellane; il mimo. In ogni caso, preferirono sempre la commedia alla tragedia. Nel periodo imperiale, la passione per il canto e la musica contagiò anche gli imperatori: tra questi, Adriano, e soprattutto Nerone, una autentica rockstar dell’epoca.