L`allevatore Magazine
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D ocumenti l ’allevatore magazine Italialleva Toma blu, il formaggio “col bollino” che fa gola agli americani Alla scoperta dell’erborinato a marchio Italialleva prodotto dalla Latteria sociale di Cameri (No). Una cooperativa di 20 allevatori che puntano da sempre sulla qualità ed hanno subito creduto nel progetto di Aia di Alessandro Amadei I n principio c’era il Gorgonzola. Siamo nel 1914, e a Cameri, piccola enclave agricola alle porte di Novara, gli allevatori decidono di dar vita a un caseificio sociale per poter trasformare il latte nel grande formaggio della tradizione locale. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, ma alla VI Latteria sociale di Cameri la sostanza è sempre quella: il latte munto nelle stalle dei soci – oggi in tutto 20 e concentrati nel raggio di 20 chilometri - viene raccolto giornalmente, e giornalmente viene trasformato, con i metodi “di una volta”, in una ristretta gamma di formaggi di altissima qualità. Destinati a un pubblico di Foto sopra Secondo il presidente della cooperativa Fiorenzo Rossino, il marchio Italialleva conferirà alla Toma blu una qualifica in più per differenziarsi sul mercato Documenti Italialleva estimatori e quasi tutti a denominazione d’origine protetta: si va infatti dal cavallo di battaglia di sempre, il Gorgonzola, nella sua versione dolce e piccante, alla Toma piemontese e al Taleggio. Ma c’è anche la Toma blu, il formaggio erborinato che da qualche mese è entrato a far parte dello squadrone di Italialleva. “Una referenza esclusiva della nostra latteria – sottolinea il direttore Gianpiero Mellone – ma a produzione abbastanza limitata, visto che oscilliamo tra le 3.000 e le 5.000 forme all’anno”. D’altra parte è sufficiente qualche cifra per comprendere gli orientamenti di questa piccola media impresa casearia piemontese: la cooperativa ritira esclusivamente il latte dei soci, e i soci conferiscono mediamente 250 quintali di latte al giorno, perché si va da chi munge 20-25 quintali, a chi ha capacità produttive ben più limitate. Il latte conferito al caseificio viene poi trasformato per il 90% in Gorgonzola dolce, il formaggio che maggiormente incontra i favori del moderno consumatore. Quello che resta è per le altre referenze, Toma blu inclusa. lo stabilimento produttivo: dopo essere passato per il pastorizzatore, il latte, rigorosamente di giornata, viene trasferito nelle caldaiette da 6 quintali. Le stesse in uso da decenni. Di qui inizia la lavorazione propriamente detta, ovviamente specifica per ogni tipo di formaggio, ma sempre manuale. E perciò diretta espressione delle capacità e dell’esperienza del casaro, “che sa bene – osserva Mellone - che il latte non è mai uguale e quindi decide di volta in volta cosa fare per trattarlo sempre con la dovuta delicatezza”. Un elemento, questo, fondamentale per ot- Foto sopra, da sinistra Alla Latteria sociale di Cameri vengono mediamente lavorati 250 quintali di latte al giorno Le piccole caldaie da 6 quintali dove viene lavorato il latte tenere un prodotto gustoso, morbido ed omogeneo. Nel caso della Toma blu il processo produttivo ripercorre a grandi linee quello utilizzato per il Gorgonzola: in caldaia il latte, a cui sono stati aggiunti il caglio, i fermenti e le spore del Penicillo responsabile dell’erborinatura, viene portato a una temperatura prima di 36 poi di 38 gradi; la cagliata viene Foto sotto Forme di Toma blu “fresche” di produzione e pronte ad essere avviate alla salatura Durante la salatura il casaro può mettere in campo la sua esperienza per affinare il prodotto Produzione artigianale Volumi necessariamente limitati, quindi, ma attenzione quasi maniacale per la qualità. E’ questa la prerogativa di tutti i formaggi “made in Cameri”. Può rendersene facilmente conto chi visita VII D ocumenti quindi tagliata (fino alle dimensioni di un “chicco di mais”) e quindi si procede alla formatura. Le forme vengono prima fatte riposare a temperatura ambiente, e poi vengono avviate alla salatura, che viene fatta a secco, e anche in questo caso manualmente. Perché anche in questa fase – ci spiega il direttore – l’esperienza suggerisce al casaro gli interventi giusti per affinare il prodotto. Infine la stagionatura, a freddo e su ripiani di legno, per ottenere un’ottimale maturazione del formaggio. E per un lasso di tempo che va da un minimo di 60 giorni, agli abituali 90-120, fino Foto sopra, da sinistra Il Gorgonzola è da sempre il prodotto di punta della Latteria di Cameri I jet riportati sullo stemma della cooperativa hanno attinenza soltanto con la storia di Cameri, dove un tempo risiedeva un’importante base dell’Aeronautica militare. Anche se oggi Gorgonzola, Toma blu e compagni prendono l’aereo per essere esportati in ogni parte del mondo… Foto sotto Gianpiero Mellone, direttore della Latteria VIII l ’allevatore magazine Italialleva ad un massimo di 6 mesi. In questa fase le forme vengono forate sullo scalzo per garantire alle muffe un adeguato apporto di ossigeno e favorire dunque le fermentazioni. Il prodotto viene inoltre costantemente seguito: “per noi – fa notare infatti Mellone – la stagionatura non è un semplice periodo di stoccaggio nelle celle: in questa fase il formaggio cresce ancora e le cure apportate dal nostro personale sono fondamentali”. Sapori di una volta Il risultato di tutte le attenzioni riposte in ogni fase del processo produttivo è univoco, e si chiama sapore. Non a caso i formaggi della Latteria sociale di Cameri vengono venduti quasi esclusivamente nelle boutiques di gastronomia, ad un prezzo logicamente sostenuto. Solo una grande firma della gdo italiana commercializza da qualche mese, e come top price, una delle perle casearie prodotte a Cameri, “perché volevano un gorgonzola che sapesse veramente di gorgonzola” osserva con orgoglio Mellone. Ma i prodotti di questa piccola cooperativa piemontese non piacciono solo in patria. Non è un caso se una crescente parte del fatturato proviene dall’export e se negli ultimi tempi si stanno moltiplicando le visite dei buyer europei, giapponesi e statunitensi. “I nostri formaggi – osserva Fiorenzo Rossino, frisonista doc e presidente della Latteria sociale – vengono richiesti perché provengono da una struttura cooperativa, e perchè vengono lavorati artigianalmente, ed hanno quindi gusti e sapori diversi. Le certificazioni? Sono sicuramente un tassello in più”. E quando, come nel caso della Toma blu, non c’è la Dop a qualificare il prodotto, scende in campo il sigillo di Italialleva. “Abbiamo aderito a questo progetto – conferma Rossino – perché abbiamo subito pensato che avremmo potuto fare un buon lavoro per la nostra Toma blu. Essendo l’unica delle nostre referenze a non essere certificata Dop, avevamo bisogno di uno strumento che le conferisse un’ulteriore immagine di qualità”. In Italia e all’estero Per adesso solo 7 delle 20 stalle conferenti alla cooperativa (e quella del presidente è inclusa) partecipa all’iniziativa: “abbiamo necessariamente dovuto scegliere le aziende più recettive – spiega Rossino – ovvero quelle più aperte alle novità tecnologiche, perché ai fini della rintracciabilità, la gestione dei processi a mezzo informatico è pressochè indispensabile”. E nonostante l’impegno richiesto agli allevatori soci sul fronte delle registrazioni, il gioco sembra valere la candela: la Toma blu – assicurano alla Latteria – non viene richiesta solo in Italia, ma piace moltissimo anche ai buyer americani, avvezzi a controllare di persona e nei fatti processi produttivi e garanzie qualitative. Come dire: con il bollino blu di Italialleva, il gusto ci guadagna. In Italia come all’estero. n