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Camminando verso l’Oceano Domenico Scialla CAMMINANDO VERSO L’OCEANO 1 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Questo romanzo è stato pubblicato per la prima volta nella primavera del 2011 da Gruppo Albatros con il titolo “Insieme”. La versione riveduta e integrale uscirà entro il 2015. 2 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Questo libro è il Con immenso affetto a Gabriella, grande amica e compagna di viaggio A Beppe e Francesco che, remando contro corrente, cercano di migliorare questo mondo 3 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano “Vai e segui il tuo ritmo, senza mai distaccartene, è questa la cosa giusta, secondo il mio modesto parere!” 4 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Copyright 2010 Sito dell’autore: www.domenicoscialla.it 5 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano I. «È stato il diavolo! Probabilmente lui» mi disse padre Xavier, voltandosi verso di me, dopo qualche secondo di silenzio con lo sguardo fisso alla finestra. «Ci prova sempre a rovinare le cose belle, proprio come un pellegrinaggio verso Santiago de Compostela.» Mi ricordai di quell’albero dalla forma inquietante che io e St avevamo incontrato tra Saint Jean Pied de Port e il rifugio di Orisson: faceva pensare a un demonio. Anche se per poco, mi aveva turbato. Padre Xavier sedette accanto a me, prendendo le mie mani nelle sue, e continuò: «È invidioso; era invidioso di quell’entusiasmo, di quella fede che, anche se laica – oserei dire –, ho letto nei vostri occhi, quando tu e St, quella povera fanciulla, siete arrivati qui a Roncesvalles il mese scorso.» Si rialzò e ritornò alla finestra. «Ora, per superare questi terribili momenti, proprio della tua fede hai bisogno, più che mai, figliolo!». Sospirò mantenendo verso di me quello sguardo umile e pieno d’amore. «Abbracciala intensamente e tienila stretta a te, non puoi fare altro che questo, spero con tutta la mia anima che la pace e la serenità rifioriscano in te!» Sentimmo dei passi nella stanza accanto e padre Xavier, aprendo una piccola porta di legno, vi fece capolino e chiamò Ahim, che dopo qualche secondo entrò. A me e al ragazzo arabo chiese di fare insieme a lui qualche minuto di meditazione, di raccoglimento, ognuno a proprio modo, poi s’inginocchiò ai piedi della Madonna. Sentì il canto dei pastori che andavano verso la grotta nella magica notte, iniziò a pregare dicendo: «Vergine Santa assisti le nostre vite…» poi pian piano diminuì il tono della voce fino a restare in silenzio. Ahim udì il richiamo del Muezzin e si inginocchiò verso La Mecca, faccia in terra e braccia in avanti. Declamò in arabo alcuni versi del Corano, dei quali compresi solo la parola “Allah”, e pian piano anche lui ridusse il tono della voce fino a restare in silenzio. Io assunsi una posizione yoga respirando profondamente; mi sentii 6 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano avvolto da una serena sensazione di benessere, mi vidi fluttuare nell’Universo tra mille colori e udii un’arpa intonare una melodia stupenda, nella quale riconobbi l’Adagio di Albinoni. Percepii l’abbraccio della Vita e recitai alcuni versi scritti da me qualche anno prima: «Ed ora che le ombre nell’anima si diradano, si fa spazio in me una Luce serena e io vivo». E così anch’io rimasi in silenzio. Un cielo punteggiato di stelle aveva da poco sostituito quello potente di sole di una splendida giornata di primavera, quando mi congedai da padre Xavier. Feci un giro, poi sedetti su una panchina, nella piazzetta adiacente l’ostello del pellegrino, dove avrei dormito. Mi ricordai del pomeriggio in cui io e St eravamo arrivati lì, in particolare dello spagnolo di Siviglia, conosciuto al rifugio di Orisson, insieme a un gruppo di francesi, un olandese con la moglie e una ragazza belga, l’unica di cui ricordo il nome: Marin. Proprio in quella piccola piazza lo spagnolo ci aveva chiamati ad alta voce «Italiani!». Ci aveva sorriso e ci aveva detto che era già arrivato da tre ore, mostrandoci i piedi rovinati dalle vesciche, a differenza dei nostri, forse quelle tre ore in più ci avevano salvato. Avevamo chiacchierato per un po’ della prima parte del Cammino. Ci aveva invitato a partecipare alla messa del pellegrino, indicandoci la strada che portava alla chiesa dove sarebbe stata celebrata qualche ora dopo. Ne avevamo già sentito parlare, è importante a Roncesvalles, ma solo lui aveva saputo infonderci curiosità e desiderio tali da farci decidere di prendervi parte. Il colloquio con padre Xavier mi aveva fatto stare bene e mi aveva dato un po’ di pace. L’indomani mattina sarei ripartito per Roma. Tornato a Napoli, nel mio appartamento di via Cimarosa, presi i miei appunti e, rileggendoli, rivissi ogni momento del viaggio verso Finisterre. 7 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano II. Pieni di curiosità e voglia di natura, St e io arrivammo a Saint Jean Pied de Port di pomeriggio, col bus da Bayonne, in coincidenza con il treno della TGV da Paris Montparnasse. Quasi tutti giungono lì per iniziare, a piedi o in bici, il Cammino verso Santiago de Compostela, per poi spesso continuare e spingersi fino all’Oceano Atlantico. (Il percorso è abbastanza semplice, quasi alla portata di tutti: non è adatto ovviamente a quelle persone abituate a prendere l’auto anche per andare dal salumiere dietro l’angolo di casa. Questo Cammino, attualmente patrimonio dell’UNESCO, nasce nell’antichità come pellegrinaggio religioso, da tempo però viene intrapreso sempre più per semplice curiosità, per sport, per amore della natura, per motivi culturali e, chissà, forse anche per motivi conosciuti solo dall’inconscio. Tante persone decidono di percorrerlo tutto o in parte, in un’unica volta o in più volte. Qualcuno lo ripete nel tempo. C’è chi lo fa da solo - un’esperienza molto forte dal punto di vista meditativo - ma l’ideale sarebbe camminare in due, massimo in tre. Ci si può sempre unire ad altri quando si ha voglia e distaccarsene in qualsiasi momento, senza sentirsi legati a nessuno). Il bus si fermò in un piazzale poco distante da una porta medievale. Entrammo nel paese insieme agli altri passeggeri, come se facessimo parte di uno stesso gruppo, poi man mano ci dividemmo tra le diverse stradine. St leggeva, davanti alle case e alle osterie, i prezzi delle camere e dei menu per la cena, scritti quasi sempre su lavagnette con gessetti colorati. ( In genere si alloggia in camere di case private o di albergue, solitamente sono le soluzioni più economiche. Gli albergue sono degli ostelli, ce ne 8 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano sono di privati e municipali, questi ultimi di norma hanno solo camerate. In centri di media grandezza si trovano anche hostal e pension, ovvero alberghi modesti. Nelle città come Pamplona, Burgos, Leon e nella stessa Santiago, esistono anche dei veri e propri hotel, perfino di lusso.) Bussammo a una di quelle case; ci venne incontro un tipo sulla cinquantina che, sorridendo e invitandoci a seguirlo, ci disse in francese: «Benvenuti! Vi stavo aspettando e la vostra camera è già pronta». Rimanemmo sorpresi, probabilmente usava fare così con tutti, ma ci era piaciuto e ci sarebbe piaciuta anche la camera. La casa si estendeva su tre piccoli piani ai quali si accedeva con una scala a chiocciola di legno che partiva dall’ingresso. Al primo piano abitava il proprietario, al secondo e terzo c’erano le camere, un soggiorno e una sala colazione. Il proprietario segnò i nostri nomi in un quaderno e ci disse: «Per arrivare a Roncesvalles avete due alternative: la via del fondovalle e la via di montagna. Il primo percorso è meno faticoso, ma anche più monotono; l’altro, è più impegnativo, soprattutto i primi otto chilometri fino a Orisson, non a caso lì c’è un rifugio, ma è il più bello. Si sale fino a 1400 metri circa e si possono ammirare delle cose stupende, in certi tratti c’è forse anche un po’ di neve. Io vi consiglio di fare quello di montagna, non dovreste avere grosse difficoltà. Potreste arrivare in due giorni, fermandovi al rifugio; anche se fosse al completo, un posto per dormire ve lo trovano sempre, semmai dormireste insieme ad altre trenta persone, per terra» sorrise «ma anche questo è il Cammino, fantastico e avventuroso. La mattina seguente potreste poi percorrere gli altri diciassette chilometri fino a Roncesvalles.» L’indomani condividemmo la colazione con due cinesine. Ci prepararono delle fette biscottate con marmellata e ci versarono del latte; noi tagliammo frutta fresca per loro. Prima di andare via, inciampai e rischiai di cadere lungo la scala. St, che era dietro di me, era riuscita a trattenermi per lo zaino. Dopo lo scampato pericolo, il proprietario mise il sello sulle nostre credenziali, per 9 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano certificare l’inizio del nostro cammino da Saint Jean Pied de Port; prese da un sacchetto due grandi conchiglie, simbolo del Cammino, le legò ben strette ai nostri zaini e, ponendo una mano sulla mia spalla e l’altra su quella di St, ci augurò: «Buen camino.» Da quel momento avremmo sentito quella esclamazione moltissime altre volte. Una forte emozione ci pervase l’anima. Avremmo impiegato quattro ore per arrivare al rifugio di Orisson. Intenzionati a camminare molto piano, io e St eravamo quasi sempre da soli, così sarebbe stato anche per il resto del Cammino: altri ci affiancavano, ci superavano, e in pochi minuti sparivano all’orizzonte, dopo aver scambiato quasi sempre con noi qualche parola. Incontrammo anche due italiani. Quello più giovane aveva degli occhiali fucsia che di certo non passavano inosservati; anche con loro avremmo chiacchierato qualche minuto. «È ancora buono!?» ci disse Congliocchiali in tono scherzoso, ripetendo una frase di St. St gli sorrise. «Da dove venite?» ci chiese Senzaocchiali. «Io dalla Sicilia, lui dalla Campania» rispose St. «Noi dalla Toscana e sto portando questo monello verso la Salvezza!» continuò Congliocchiali, ridendo e fissando Senzaocchiali. «Speriamo bene, allora!» intervenni io con ironia. «Ammesso che ci arriviamo a Santiago, vista la sua età!» fece Congliocchiali divertito, dando una pacca a Senzaocchiali. «Ridi ridi tu; un anno in palestra per prepararsi a questo cammino di certo non l'ho fatto io!» si difese Senzaocchiali. Scoppiammo tutti e quattro in una forte risata, poi i due simpaticoni proseguirono e ci salutarono all'unisono. Era un periodo davvero stressante per me, a causa dell’intervento chirurgico al quale mi sarei dovuto sottoporre a breve e anche per i problemi che mi aveva creato da un po’ di anni Lacondary e questa meravigliosa esperienza non poteva che farmi bene. 10 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Faceva freddo e il tempo non era affatto buono. Aveva anche un po’ piovuto. Mentre consumavamo il nostro pranzo, fette biscottate con prosciutto e miele, pensavamo se continuare fino a Roncesvalles oppure fermarci e riprendere l’indomani. Una camminatrice sulla cinquantina, cortese e intrigante, dal cui seno non riuscivo a distogliere lo sguardo, ci aveva avvisato che sarebbero state necessarie circa cinque ore di cammino e, a parte una fontanella, non avremmo trovato nulla, solo tanta splendida natura. Erano quasi le tre del pomeriggio. Considerati i nuvoloni e la nostra andatura, che ci avrebbe fatto impiegare almeno sei ore, scegliemmo di ripartire l’indomani con più tranquillità. La cena veniva servita alle diciannove e trenta in una sala da pranzo in pietra con al centro un grande tavolo di legno scuro, circondato da altri dello stesso tipo per quattro persone. In fondo, in un grande camino spento penzolava un pentolone di rame. Il soffitto bianco era rigato da travi dello stesso legno dei tavoli. Mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo. La proprietaria ci disse che potevamo sederci a uno dei tavoli piccoli o, se volevamo, a quello grande, insieme ad altri camminatori. L’idea di conoscere altri che facevano la nostra stessa esperienza ci era piaciuta e io e St prendemmo posto, uno di fronte all’altra, al grande tavolo. Alla mia sinistra c’era lo spagnolo di Siviglia, alla mia destra Marin, l’olandese con la moglie, e i francesi che occupavano il resto del tavolo, dagli olandesi fino a St. I francesi erano tutti operai pensionati, amici da tempo, animarono la serata con canti popolari, alcuni dei quali li conoscevo anche in italiano. Volevano che io e St cantassimo O bella ciao, ma non riuscirono a convincerci. Avevano intenzione di fare una settimana di cammino ogni anno fino a completarlo. Lo spagnolo dedicava il Cammino alla figlia, disponeva di quindici giorni, e sperava di arrivare a Santo Domingo de la Calzada. Anche noi avevamo quindici giorni; pensavamo di camminare circa una settimana e poi continuare in treno o in bus fino a Finisterre. Marin, come lo spagnolo, faceva il Cammino da sola 11 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano e sperava di arrivare a Compostela in un mese; ci sarebbe riuscita in trentasette giorni. Tra me e lei sbocciò un’intesa che si preannunciava davvero particolare, ci scambiammo le e-mail con la promessa di rivederci sia in Italia che in Belgio. Mi interessava, mi attraeva e faceva venir fuori le mie fantasie più profonde, e lei mi dava a intendere lo stesso. Dell’olandese capimmo poco: suo padre era italiano, sua madre rumena, sua moglie svizzera e la figlia era sposata con un imprenditore veneto. Non comprendemmo il motivo per cui si trovassero lì. Rientrammo presto nella nostra stanza, una lavanderia, con tanto di lavatrice, tavolo da stiro, panni da stirare e due brande pieghevoli appoggiate al muro; era quello l’unico modo per dormire lì per quella notte. St si addormentò in un batter d’occhio, io mi misi a pensare intensamente a Marin, a quanto fosse bella nel corpo e nell’anima. Decisi che mi sarei ispirato a lei per un personaggio del mio prossimo romanzo. Presi poi il telefonino e mi misi ad ascoltare la sua voce che avevo registrato a sua insaputa. “Abito per massimo sei mesi l’anno, il tempo di lavorare un po’, con mia sorella, in una casa lasciata da una zia, poi sono quasi sempre in giro per il mondo. Amo la gente, la natura e tutto ciò che mi circonda. Eh, eh sono una farfalla, io! Come lavoro faccio attività occasionali. Guadagno quanto basta per una vita modesta ma piena di emozioni. Pensi sia una sbandata, vero?” “No Marin, non lo penso affatto, anzi ti apprezzo molto; anche io sono quasi così!” le risponde la mia voce. “Ecco, sei a buon punto, ma è quel ‘quasi’ che non va bene, ah ah!” “Hai ragione Marin, hai ragione.” “Ecco bravo, sei sulla strada giusta, non sembri messo tanto male. Dove vivo io mi ritengono una sbandata, una poco di buono. Ma io me ne sbatto! Sai quanto me ne sbatto, faccio quello che mi va e vado dritta per la mia strada.” “E fai bene, così si deve fare, ma non tutti ne sono capaci.” “Purtroppo sono ancora molte le persone che si scandalizzano 12 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano per il fatto che io vivo la mia vita in questo modo, pensando a tutto anziché a trovarmi un lavoro serio, dicono loro, farmi una famiglia. Non mi interessa! Io voglio vivere così e tanti non riescono a capire che sono felice e molto più di loro, oserei aggiungere. Che palle quando ti dicono tu fai così perché non vuoi prenderti le tue responsabilità, vuoi fare cose che non si fanno più alla tua età, perché ogni cosa va fatta a suo tempo. Sono convinta che la maggior parte di chi parla così non se le prende affatto le proprie responsabilità perché vive esattamente al contrario di come vorrebbe, solo che non ha coraggio per affrontare il giudizio, le pressioni degli altri, le pressioni di una società che spesso c’impone dei modelli ben precisi di vita. Anche la paura di restare soli fa la sua parte. Ma quand’è che si resta veramente soli, se non quando s’ignora la propria anima? E che vuol dire prendersi le proprie responsabilità, ogni cosa a suo tempo? Chi stabilisce e come si stabilisce quando ci si prende le proprie responsabilità e qual è il tempo giusto per fare determinate cose? Io penso che sono concetti relativi: solo ascoltando la voce della propria anima ci si prende davvero le proprie responsabilità e si fanno le cose giuste per quel momento. E allora le espressioni ‘prendersi le proprie responsabilità’, ‘ogni cosa a suo tempo’, prendono un significato bellissimo, vincente, non perdente. Metti che una come me si prendesse le responsabilità di un lavoro fisso e di una famiglia, quello che vuole la nostra società malata, ti immagini che fine farebbe, cosa si perderebbe? Che tristezza! Mia sorella, cinque anni fa, il giorno del matrimonio, già sapeva che dopo qualche tempo avrebbe chiesto la separazione. Aveva deciso di sposare Bill solo perché le dava sicurezza, lui l’amava, e per la paura di restare sola. Ma qualche mese prima del matrimonio tutto questo non bastava più, l’idea di trascorrere una vita insieme a Bill l’annoiava enormemente. Non ebbe il coraggio di non sposarsi più, nonostante le mie insistenze. Molti non hanno la personalità, il carattere, per affrontare il giudizio degli altri, per fare ciò che 13 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano vogliono, ciò per cui si sentono veramente portati, anche correndo dei rischi. È molto più semplice sposarsi e poi, dopo qualche tempo, dire: ‘mi dispiace abbiamo sbagliato, non eravamo fatti l’uno per l’altra’, anziché dire ‘non mi voglio più sposare’. Immagina quante pressioni: i genitori, il tuo futuro coniuge e il prete e questo e quello. Roba da popolino mediocre!” Ci svegliammo verso le quattro e, prima di riaddormentarci, avemmo l’occasione di notare che il cielo era sgombro di nuvole e pieno di stelle. Faceva anche abbastanza caldo. Dopo aver fatto colazione con lo spagnolo e l’olandese ci salutammo calorosamente, non sapendo se ci saremmo più rivisti, e iniziammo il nostro secondo giorno di cammino. La natura si esprimeva magicamente: le vallate, la vegetazione, il canto degli uccelli, qualche pezzo di neve ancora non sciolta, il ronzio degli insetti, il profumo portato da un dolce e fresco venticello di primavera. Di tanto in tanto qualche aquilotto ci sorvolava, mentre ci capitava di calpestare vermiciattoli che, legati tra loro, formavano lunghi bastoncini simili a liquirizia. A questo si aggiungevano i canti di alcuni camminatori, man mano che si avvicinavano si facevano sempre più definiti fino a sfumare all’orizzonte. Erano canti di gioia, di ogni genere e lingua, da Albachiara a My way, da La vie en rose a Time, in arabo, francese, inglese, spagnolo e altre lingue a noi incomprensibili. Non tutti per fortuna in pochi - rispettavano chi come loro camminava per quei sentieri, qualunque fossero le motivazioni: alcuni religiosi cantavano ad altissima voce, in modo sguaiato, con uno sguardo quasi per dire “qui ci devo essere solo io e quelli come me, le tue motivazioni non contano, le mie invece mi portano lontano”. Forse in paradiso, chissà. Commentammo uno di questi spiacevoli episodi con un maratoneta inglese e un gruppo di escursionisti svizzeri; convenimmo che l’unica soluzione, per evitare che quell’atmosfera di pace e fratellanza venisse turbata, fosse quella di tenerli lontano quanto basta: io e St ci fermammo una mezz’oretta e li lasciammo proseguire, gli altri ripresero con il 14 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano loro passo veloce in modo da lasciarli indietro. Tra gli escursionisti c’era anche un non vedente. Ce n’eravamo resi conto solo perché aveva preso dallo zaino dei fogli scritti in braille e si era messo a leggere con le dita. Ci aveva colpito la sua autonomia, soprattutto quando camminava, mano nella mano, con la fidanzata: sembrava esser lui a guidarla. Quel non vedente e gli altri erano riusciti ad aiutarmi a combattere dei pensieri di disprezzo che volevano a tutti i costi impossessarsi di me, dopo aver incontrato quei religiosi. Succede ogniqualvolta mi trovo ad avere a che fare con persone prive di ogni forma di rispetto, egoiste, che pensano di essere migliori degli altri e di avere sempre la Verità tra le mani. Imploro la Vita di fermare questi pensieri affinché non inquinino l’anima. Dopo circa due ore di cammino ci raggiunse lo spagnolo, ci sorrise, ci guardò per qualche secondo con il suo sguardo potente e proseguì. Lo sentivamo molto vicino, soprattutto St, doveva essere proprio una persona speciale. Marin, invece, ci raggiunse nel punto in cui dovevamo prendere un sentiero per continuare. Eravamo fermi lì da una decina di minuti, non riuscivamo proprio a trovare segnali che indicassero il Cammino: una freccia gialla o a volte una striscia rossa e bianca. Ne avevamo uno proprio davanti agli occhi e non lo avevamo notato. Scoppiammo a ridere, pensammo che è proprio vero che a volte le cose che sembrano più complesse sono le più semplici, le abbiamo a portata di mano ma non le vediamo, distratti da altro. In quella circostanza l’altro era probabilmente quel paradiso che ci circondava, i cavalli che, non molto distanti da noi, galoppavano liberi nei prati. Marin si avvicinò a uno e lo carezzò, lo abbracciò, gli sussurrò delle parole in francese. Nel vedere con quanta naturalezza e dolcezza quella ragazza faceva questo anche a me e St venne voglia di imitarla. Condividemmo quasi una mezz’ora di cammino. Gli sguardi miei e di Marin continuavano a incontrarsi, con grande complicità, proprio com’era accaduto al rifugio. Ci sorridemmo. 15 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Lentamente la mia mano partì fino ad accarezzarle i capelli. Poi per un po’ stemmo mano nella mano. Ci separammo alla fontanella, lei proseguì, riprendendo il proprio passo, noi ci fermammo per un po’: St aveva deciso di curare l’unica vescica ( comunemente detta anche ampolla ) che le era spuntata, sotto il piede destro, qualche ora prima. Si lavò con cura le mani e sì sedette; iniziò a tamponare l’ampolla con dell’ovatta imbevuta di tintura di iodio. Legò a un ago un filo di cotone e li disinfettò. Bucò un’estremità della vescica facendo uscire del liquido semitrasparente e spinse l’ago fino a farlo uscire dall’estremità opposta. Rabbrividii nel vedere quella scena, nonostante sapessi che non si avverte alcun dolore in quanto la pelle è morta. Un uccellino si posò poco distante da noi e iniziò a osservare St con attenzione. La mia compagna di viaggio staccò l’ago dal filo e ne legò le due estremità per non farlo sfilare. Sorrise e precisò al piccolo pennuto che quel filo doveva restare così per almeno qualche ora, finché la vescica non si sarebbe asciugata. Due camminatori, uno sulla trentina e l’altro sulla settantina, rispettivamente di Messina e Varese, chiesero a St il permesso di farle una foto per documentare quell’operazione. Lei non se la sentì di dire di no, io mi divertii da morire a osservare la scena, sotto i suoi sguardi minacciosi. Stemmo qualche altro minuto seduti in silenzio, poi St coprì il tutto con una garza sterile e rimise i calzini e le scarpe levandosi in piedi. L’uccellino s’innalzò in volo. Una volta curate le vesciche si può riprendere a camminare, come se non ci fossero quasi mai state, per cui decidemmo di ripartire; saremmo arrivati a Roncesvalles tre ore dopo. 16 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano III. A un quarto alle otto io e St eravamo già in chiesa. Si stava recitando il rosario, eravamo ancora in pochi e l’atmosfera era molto suggestiva. Tra i presenti c’erano lo spagnolo e il gruppo di francesi; dopo un po’ sarebbe arrivata anche Marin. Alle otto in punto, da una porta di legno alla mia sinistra, quattro sacerdoti vestiti di bianco entravano cantando, fino a raggiungere l’altare. Uno di loro era proprio padre Xavier, che avremmo conosciuto più tardi sul sagrato. Due dei francesi, uno con la fotocamera, l’altro con una videocamera, ci passavano davanti continuamente; sembrava gli interessasse più di ogni altra cosa portare a casa ottime immagini da mostrare agli amici. Mi aspettavo qualche cenno di rimprovero da parte di qualcuno, ma tutti si comportavano come se nulla di anomalo stesse accadendo. Mentre stavo per dire io qualcosa, d’improvviso, un vecchio malvestito interruppe la celebrazione gettandosi a terra e urlando in inglese: «Grazie Dio, grazie per tutto ciò che hai fatto per me!» Rimanemmo tutti in silenzio per qualche secondo, poi uno dei sacerdoti riprese la celebrazione. Il vecchio si rialzò e prese posto non molto lontano dallo spagnolo. I due francesi smisero di fare i fotoreporter e tornarono ai loro posti. Alla fine, in diverse lingue, veniva data la benedizione a tutti i presenti che, poco alla volta, durante la funzione, erano aumentati, fino a riempire l’intera chiesa. A cena sedemmo con uno studente australiano sulla ventina, una coppia gay di Montecarlo, entrambi sulla cinquantina, un tipo sulla settantina, che non avrebbe detto una parola per tutta la sera, e un operaio di Berlino. Passammo subito alle presentazioni 17 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano davanti a un piatto di fusilli scotti al pomodoro. L’australiano studiava architettura a Parigi e non riuscivamo a capire il motivo per cui fosse lì. A un tratto l’affascinante e minuta cameriera, responsabile di non poche mie distrazioni, mi porse il secondo piatto e, dinanzi a un mio atteggiamento di profonda perplessità, mi fece notare che si trattava di una trota di fiume con patate e verdure grigliate. Molto meglio della pasta scotta. L’operaio, mentre lottava con le spine e cercava di mettere in bocca qualche pezzo di pesce, iniziò a parlare con me: mi chiese da quale parte d’Italia venivamo e se facevamo il Cammino. Era stanchissimo e mi raccontò che era intenzionato ad arrivare a Finisterre a piedi, aveva a disposizione un mese e una settimana. La coppia si teneva per mano dolcemente, parlava poco ma eravamo riusciti a capire che erano degli imprenditori e avevano circa due mesi per terminare il Cammino. Chiedevano a Dio il perdono per aver licenziato e trattato male tanti loro operai. Dopo il dessert, crema fritta o zuppa inglese o tiramisù, ci congedammo per andare a dormire. Non riuscivo a togliermi dalla testa la cameriera; decisi di riscendere, ma non c’era più; dovetti accontentarmi di sognare. 18 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano IV. Dopo aver comprato frutta, pane e miele per il pranzo, in un supermercato fuori Roncesvalles, io e St riprendemmo il Cammino. Un gruppo di imbecilli sulla quarantina cercò di farci sbagliare direzione, dicendoci di proseguire per una strada opposta a quella in cui continuavano i segnali. Le loro facce poco affidabili e il tono di disprezzo con cui ci avevano chiamato “peregrinos!” ci insospettirono e, prestando ancora più attenzione del solito, riuscimmo a evitare uno spiacevole contrattempo. Giuste invece furono le indicazioni, qualche ora dopo, di un contadino che, con un potente “Buen camino”, ci suggerì con braccio teso la direzione da prendere. Aveva fermato di proposito il trattore con il quale era da poco uscito da un casolare. Costeggiammo per qualche minuto graziose casette e poi imboccammo un sentiero di campagna che proseguiva tra alberi alti e sottili, dal tronco quasi completamente verdastro. Di tanto in tanto dei rudimentali cancelletti di legno interrompevano il percorso, ma si aprivano facilmente. Nel primo pomeriggio ci affiancò un tipo sulla sessantina. Aveva raggiunto Lourdes in moto da Brescia e aveva iniziato il Cammino da Saint Jean. Portava uno zaino di diciotto chili, i nostri insieme ne pesavano venti. Si lamentò della moglie che gli aveva fatto portare roba inutile, ma fu contento quando gli suggerimmo di spedire indietro un po’ di cose. Aveva intenzione di compiere il Cammino in venti giorni. Diceva di essere uno sportivo e si vedeva dal suo fisico, dal passo e da come impugnava le aste da trekking. Dopo aver preso una stanza presso la casa di una simpatica e 19 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano gentile signora, nei pressi del ponticello che porta al centro di Zubiri, facemmo un giro e ci fermammo per cena al Dux. All’entrata un grande schermo trasmetteva l’incontro di calcio Espanyol-Barcelona e tanti tifosi esultavano per una bella azione che si era appena conclusa. Ci venne incontro una ragazza e ci chiese se volevamo cenare o prendere semplicemente qualcosa al bar. Ci accompagnò nella sala sul retro, dove c’erano alcuni tavoli apparecchiati per quattro e uno per dieci. A quello grande era seduto il tipo di Brescia con altri nove camminatori che non avevamo mai visto fino ad allora. Ci dispiacque non poterci unire a loro, ma riuscimmo a scambiare quattro chiacchiere prima di sederci al nostro tavolo. Zubiri è una piccola cittadina, più grande dei paesini che si attraversano in precedenza; non è difficile trovare negozi, banche, distributori automatici di bibite, sigarette e preservativi. Mentre attraversavamo una piazzetta, ci veniva incontro un tipo che, portando in mano un compact disc e fissandolo di tanto in tanto, asseriva delirando di essere il lettore cd del posto. Gli sorridemmo divertiti e continuammo nel vedere, non molto lontano da noi, l’operaio di Berlino. Solo e pensieroso, era appoggiato a un muretto. Scambiammo qualche impressione sulla giornata, poi lo salutammo e tornammo in camera: la stanchezza si stava impossessando di noi. Disteso con lo sguardo verso il soffitto giallino, pensai a Marin e considerai che per tutto il giorno non l’avevamo incontrata. Mi preoccupai di non rivederla più lungo il Cammino. Sognai di farci l’amore, proprio in quel posto e in quel preciso momento. Stetti davvero bene provando una forte emozione. 20 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano V. C’incamminammo verso Larrasoana alle dieci. Per circa due ore non avremmo incontrato cose interessanti né tanti camminatori, eravamo soli. Incominciammo a renderci conto che forse, per quanto belli i posti successivi, non avremmo più visto scorci al pari di quelli del primo tratto dei Pirenei. Ci aveva anche turbato il costeggiare una brutta e puzzolente fabbrica a qualche chilometro da Zubiri. Il tempo era cattivo e piovve abbastanza sia in mattinata che nel primo pomeriggio. Entrammo in Larrasoana attraverso il piccolo ponte medievale. Costeggiammo la chiesa di San Nicola di Bari, che era chiusa, e proseguimmo lungo una strada a sinistra. Avemmo l’impressione di trovarci in una città fantasma: a parte una donna con un bambino e due cani randagi, che avevamo incrociato poco prima, non c’era anima viva. Nei pressi di una cascata decidemmo di consumare il nostro pranzo e riposare un po’ distesi ai piedi di un albero. Il tempo era migliorato e dopo qualche ora, nei pressi di Burlanda, sarebbe diventato davvero bello e caldo. Prima di ridare al nostro passo il ritmo adeguato, ci divertimmo nell’osservare una mandria di mucche. Non molto lontano sentivamo delle pecore al pascolo con il proprio pastore. Le strade di Burlanda brulicavano di gente ed erano piene di bancarelle di ogni genere. Un pifferaio, alzando e abbassando lo strumento, ci affiancò ballando. Uno scultore indiano ci volle mostrare delle statuette in legno e avorio. Da Burlanda cominciavano a vedersi segni più significativi di vita cittadina. Da quel momento non avremmo incontrato solo 21 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano borghetti, distese verdi, campi di girasole e pecore al pascolo, ma anche piccole e grandi città come Pamplona, Estella, Burgos, Leon e la stessa Santiago de Compostela. Usciti da Burlanda pensammo di dare un po’ di sollievo ai nostri piedi, rinfrescandoli e sostituendo le scarpe da trekking con i sandali. Poco prima del ponte medievale che porta in Pamplona, un simpatico ometto sulla settantina ci augurò un “Buen camino”, indicandoci la direzione da prendere. A Pamplona stemmo un paio d’ore, il tempo di visitarla, poi decidemmo di raggiungere Cizur, il paese successivo a circa cinque chilometri. Fu un vigile urbano a darci le indicazioni per riprendere la strada. Cizur è diviso in due parti: Cizur Menor e Cizur Mayor. A Cizur Menor c’è l’ostello del pellegrino; entrammo per chiedere informazioni e incontrammo lo spagnolo; seduto su un muretto basso fissava i piedi malridotti. St fece un sorriso di gioia quando incrociò il suo sguardo, io scoppiai in una forte risata nel vedere quella scena dei piedi così buffa. Ci spiegò che non riusciva proprio a metterli a terra e sperava di poter ripartire l’indomani. Mentre lui e St continuavano a chiacchierare accanitamente, mi chiedevo il perché le persone non prevengono quelle spiacevoli situazioni con delle semplici azioni e un po’ di buona volontà. Basterebbe cospargere i piedi con del talco dopo averli lavati, mettere dei calzini puliti, e ripetere eventualmente l’operazione durante la giornata se il piede incomincia a sudare. Il sudore è il miglior alleato delle vesciche. Bisogna poi camminare con un passo adeguato al proprio fisico. In questo modo quasi sicuramente si scongiurano problemi o si riducono notevolmente. Nel caso le ampolle spuntino però bisogna curarle tempestivamente e non lasciarle così o, peggio ancora, attaccarci su dei cerotti. «Perché non rallenti il passo?» gli chiesi senza avere il coraggio di aggiungere altro. 22 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Mi sorrise e con aria compiaciuta ci spiegò: «Il passo deve andare in sintonia con il ritmo dell’anima, altrimenti è come essere a un concerto dove il vocalist non va a tempo di musica.» Quel concetto e il modo in cui lo aveva espresso ci era piaciuto davvero, nonostante non ci avesse convinto del tutto. La responsabile della struttura ci spiegò che dovevamo raggiungere Cizur Mayor per trovare una stanza e quindi fare un altro chilometro. Usciti dall’ostello ricevetti la telefonata di Bruno Silvio detto il Saccarosio; mi chiese come stesse andando, mentre La’, di fianco a lui, canticchiava “Forza ragazzi, siete grandi”. Gli confermai che tutto procedeva per il meglio e sintetizzai quanto era avvenuto in quei primi settantadue chilometri; gli dissi anche che era mia intenzione aggiornarlo ogni cento chilometri circa, poi cadde la linea e non riuscii più a richiamarlo, era irraggiungibile. Dissi a St che erano in un negozio di sanitari, non molto distante da casa mia; Bruno stava misurando dei water per il suo nuovo appartamento. Mi ricordai che in quella zona i cellulari non prendono quasi mai. In quel periodo Bruno spesso mi chiamava da negozi di arredamento; un giorno in particolare si scompisciava dalle risate perché una commessa gli aveva detto che un certo tavolo era fatto con legno di pene; lapsus freudiano? Bruno si era divertito anche la mattina di quel giorno: in treno, si era avvicinato al suo scompartimento un minchione che, dopo aver letto i numeri dei posti, si era seduto sul sediolino pieghevole di fronte, in corridoio. Quando il controllore gli aveva chiesto il perché non sedesse nello scompartimento, al posto assegnatogli, aveva risposto che il suo posto era il numero ventinove, lato corridoio. Bruno e La’, come tanti al paese, erano davvero felici per quello che stavo vivendo, a differenza di altri che dubitavano persino che stessi facendo il Cammino. St mi disse: «Queste persone hanno rimosso dal cuore la voglia di sognare, che è il motore della Vita e per questo non credono 23 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano che certe cose siano realizzabili. Forse per invidia – o semplicemente per indifferenza - sminuiscono quello che di buono viene fatto.» Io fui perfettamente d’accordo con lei. Incontrammo Pedro e Nataly con Sofy, la figlia di otto anni che li seguiva su una piccola bici. Ci diedero alcune informazioni su come riprendere il Cammino l’indomani, senza tornare a Cizur Menor; poi ci indicarono un alberghetto a tre stelle davvero carino nel quale, a breve, avremmo preso alloggio. L’ingresso dell’albergo dava su una piazzetta ed era di fianco a un pub, dove, dopo un giro per Cizur e la contemplazione di una fantastica vista notturna, avremmo passato il resto della serata. C’era della buona musica e un grande schermo dava le immagini di una partita del campionato spagnolo. «Siete pellegrini?» chiese il cameriere nel porgerci i nostri toast. «Camminatori, siamo camminatori» lo corresse St. «Vi ho visto arrivare all’albergo con gli zaini. In genere qui non trovate altri camminatori, di solito si fermano giù a Cizur Menor» continuò il cameriere senza dire nulla a proposito della precisazione di St, ma correggendo l’errore. Gli sorridemmo chiedendogli che partita si stesse disputando. Non ci sentì distratto da due ragazzi che lo avevano chiamato a gran voce. Si trattava di Real Madrid-Valencia. Del Napoli non sapevo nulla, avevo deciso di vedere le partite registrate al mio ritorno, senza conoscerne i risultati. Avrebbe concluso il campionato al sesto posto, entrando in Europa League. Al tavolo di fianco, una bella e sensuale brunetta sulla ventina mi stava fissando già da un po’, quasi non curandosi di ciò che stava dicendo il ragazzo che le sedeva di fianco. Volli pensare che le ero piaciuto: mi serviva per alimentare le mie fantasie, che in quei giorni erano più intense del solito. 24 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano VI. Intorno a mezzogiorno giungemmo in una piazzetta, dove c’erano una fontanella e delle panchine. Su una sedeva Marin. Quando la vedemmo la mia anima balzò in cielo in un secondo. Mi sedetti subito accanto a lei, ci sorridemmo e ci raccontammo di quei due giorni in cui non ci eravamo incontrati. Faceva caldo e il sole era il sovrano in quel cielo terso e intensamente azzurro, a differenza di quando avevamo lasciato Cizur, dove faceva freschetto e piovigginava. Due donne sulla sessantina, sedute sulla panchina di fianco, stavano mangiando. Mentre una raccoglieva un pezzo di pane da terra, che le era appena caduto, per poi continuare a mangiarlo, l’altra con uno scatto si alzava sbraitando e prendendo a calci la panchina: un rivolo d’acqua, creato da St che si rinfrescava i piedi, aveva raggiunto il suo zaino. In un attimo le due presero le proprie cose e fulminandoci con lo sguardo se ne andarono cantando in francese “O Santa Vergine prega, per noi”. Tutti e tre scoppiammo a ridere e Marin, scuotendo la testa, disse qualcosa in francese, che non m’impegnai più di tanto a capire. Dietro a un muretto, St andò a fare la pipì. Riprendemmo il cammino verso le Sagome, sculture che rappresentano vari tipi di pellegrini, e i mulini. «A dopo, tanto vi raggiungo» fece Marin scherzando. E così fu, dopo un paio d’ore ci raggiunse e ci superò in un attimo. La rincontrammo però dopo, seduta sotto un albero, sofferente per le vesciche. St notò che a quell’albero era legata l’estremità di un’amaca, mentre l’altra era fissata all’albero successivo. Non ci pensò mezza volta a far cadere lo zaino a terra e a montarci su. Dopo qualche secondo dormiva profondamente. 25 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Mi sedetti di fronte a Marin e tolsi la t-shirt sudata su cui era scritta una mia frase: “Molti vivono guardando non oltre la punta del proprio naso, io voglio volare più alto di un’aquila”. Dopo un po’ anche lei tolse la maglietta. Ci fissammo e mi accarezzò il petto baciandolo. C’inoltrammo nella campagna. Quando fu tempo di andare, Marin decise di restare ancora lì, per riposarsi un altro po’. Ci raggiunse qualche ora dopo nei pressi di un paese a circa sei chilometri da Puente la Reina, bevve una bibita fresca con noi e riprese. Un tipo inglese, affiancandoci, ci chiedeva dove poter comprare del vino bollente; noi non sapemmo dare risposta all’insolita domanda. A due chilometri circa da Puente la Reina, adocchiammo degli annunci di affittacamere; purtroppo non c’era posto e, mentre continuavamo a cercare, fuori dall’ostello del pellegrino incontrammo lo spagnolo. Stavolta fu St a toccare il cielo in un attimo. Ci disse: «È inutile cercare, il posto è piccolo e a quest’ora le poche camere sono occupate.» Ci consigliò di proseguire per Puente la Reina. Intanto iniziava a piovigginare. Indossammo i nostri k-way e, respirando un odore intenso di natura bagnata, attraversammo campi di granturco. Arrivammo dopo circa un'ora. Un contadino grassottello, augurandoci “Buen camino”, ci disse che a duecento metri saremmo entrati nel paese. In un piazzale un gruppo di tedeschi scendeva da un autobus granturismo. L’autista ci disse che occorreva camminare altri cinque minuti per raggiungere il centro storico. Lì, non molto distante dalla chiesa di Santiago, trovammo posto in un grazioso albergo in stile medievale. L’indomani mattina, trovai St e lo spagnolo a fare colazione insieme. Si sorridevano e parlavano con complicità, non mi avevano visto entrare, quasi mi sentii un intruso. Gli accennai un sorriso. Lo spagnolo affermò che si sentiva in forma, i piedi non gli facevano male e sembrava che anche il corpo si fosse abituato 26 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano al ritmo dell’anima; questo gli avrebbe permesso probabilmente di fare qualche chilometro in più. Non vedeva l’ora di arrivare a Santo Domingo de la Calzada. «È un posto magico, meraviglioso, essendo spagnolo ci sono stato altre volte, ma non a piedi, ovviamente. Avverti una sensazione splendida quando cammini per le strade del centro, nei paraggi della Cattedrale. Andate a visitarla, è bellissima e molto suggestiva! Troverete un gallo e una gallina vivi che da secoli sono lì, ovviamente non sono sempre gli stessi» affermò ridendo a crepapelle con aria compiaciuta. Io e St ci fissammo per qualche istante. «Eh, succede sempre qualcosa di bello dopo aver visitato quel luogo. La faccenda è legata a un miracolo: secoli fa, arrivò a Santo Domingo una famiglia, due coniugi col figlio, che faceva il Cammino. La figlia del proprietario della locanda dove i pellegrini pernottarono s’innamorò perdutamente del giovane, ma non essendo ricambiata, decise di mettergli nella bisaccia un calice d’argento per poterlo accusare di furto. Il ragazzo quindi fu condannato a morte con l’impiccagione. I genitori, prima di andar via, volevano vederlo e mentre andavano sul luogo dell’esecuzione sentirono la voce del figlio che diceva di non esser tristi, lui era vivo, Santo Domingo lo aveva salvato. I due si precipitarono dal giudice per raccontare della rivelazione e lui, ridendo a più non posso, mentre impugnava un coltello e una forchetta, disse che il ragazzo era vivo come lo erano il gallo e la gallina che stava per gustare. Improvvisamente, sia il gallo che la gallina si alzarono e incominciarono a svolazzare per la stanza.» Finito il racconto, mise lo zaino in spalla e ci salutò con affetto. 27 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano VII. Appena lasciato Puente la Reina, incominciammo a percepire un suono incantevole, sembrava quello di un’arpa; mentre ci avvicinavamo diventava sempre più chiaro. Un uomo di mezz’età suonava l’hang e di fianco una bellissima giovane danzava al ritmo di quella melodia. Erano l’egiziano Alì e l’indiana Shira. Entrambi pregavano l’Altissimo, che prendeva il nome di Allah per Alì e di Buddha per Shira, affinché la terza moglie dell’uno guarisse da un brutto cancro e l’anima dell’altra si avvicinasse il più possibile all’Illuminazione. Dopo aver parlato un po’ delle nostre vite, iniziai a intonare una canzone, scritta da me tre anni prima. Mi aveva sorpreso quanto fossero stati bravi, Alì con l’hang e Shira con i propri passi, ad andare a tempo con quell’arrangiamento mai sentito. Mi venne voglia di cantare anche i versi di due mie poesie. Alì sedette accanto a St e, con pazienza e amore, le fece suonare il suo strumento che tanto l’affascinava, mentre io e Shira, alle loro spalle, contemplavamo l’orizzonte. Restammo quasi due ore incantati dalla magia dei due artisti, poi, dopo un immenso abbraccio e dopo che io avevo assaporato un intenso bacio di Shira, decidemmo di riprendere il Cammino. Anche Shira e Alì ci sarebbero rimasti sempre nel cuore. Costeggiando un cimitero malridotto, ci trovammo davanti una vecchia vestita di nero. Sembrava esser comparsa dal nulla. I suoi occhi m’inquietavano quasi quanto l’albero di Orisson. Con una mano impugnava un bastone malridotto e con l’altra chiedeva l’elemosina. Le porsi qualche centesimo ma non sembrò soddisfatta. Prese da una tasca una conchiglia nera, con sopra 28 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano disegnato in giallo il volto di una strega, e voleva regalarcela; con gentilezza non l’accettammo e continuammo a camminare. La vecchia incominciò a gridare sbattendo per terra il bastone. Corse verso di noi ma inciampò e cadde. Mi fermai e cercai di capire se avesse bisogno di aiuto ma in pochi secondi si rialzò e, da come si dimenava e urlava, sembrava avere più forze di prima. Fortunatamente, dopo uno sguardo potente di St, tornò indietro gridando: «Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim bidim lectaru’.» 29 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano VIII. «È tranquillo Igor, vuole solo giocare» ci fece un tipo sulla settantina, quando il cane che aveva al guinzaglio, abbaiando, aveva alzato le zampe all’altezza delle mie spalle. «Ne ho due, l’altro, Chico, bianco e piccolino, è a casa» c’indicò con un cenno la sua villetta «non li posso portare a spasso insieme, non mi farebbero camminare. Sono come cane e gatto. Ah! Li ho trovati entrambi in campagna, erano abbandonati e malconci e ora vivono con me da tre anni.» Io e St prendemmo coraggio e incominciammo ad accarezzare Igor giocandoci. Di tanto in tanto riusciva a leccarci le mani. «Andate ad Estella?» ci chiese. «Sì» gli risposi. E mentre stavo per domandargli quanto altro mancasse, lui disse: «Ne avete per qualche altra oretta, dista cinque o sei chilometri da qui. Ma se camminate li fate in un paio d’ore, il percorso è abbastanza facile.» Ringraziandolo, lo salutammo e proseguimmo. Ricambiò il saluto agitando la mano all’altezza del naso e ci augurò “Buen camino”. Qualche minuto dopo incontrammo Marin quasi barcollante, a stento riuscì a salutarci, era di una stanchezza infinita. Le porsi una bottiglietta d’acqua e le chiesi se avesse bisogno d’altro. «Grazie» mi disse attaccandosi alla bottiglia e lasciandosi cadere a terra. «Stamattina ho iniziato il Cammino correndo più del solito e, con questo sole, questo caldo, non mi ha fatto bene. Mi fermerò per un paio d’ore e poi cercherò di arrivare a Estella.» Io e St non eravamo affatto stanchi fisicamente, con la nostra andatura e le numerose pause sarebbe stato difficile arrivare nelle condizioni di Marin, ma incominciavamo a essere stanchi 30 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano mentalmente. Il sole intanto era proprio pungente per cui, a pochi chilometri da Estella, entrammo in una farmacia e comprammo una crema solare e una rinfrescante. La farmacista ci disse che le piacevano gli italiani; ci parlò di due ragazze, una di Ascoli e l’altra di Reggio Calabria, che da qualche anno si erano trasferite lì. Quella di Ascoli era la maestra di suo figlio. Quasi le invidiammo: quel posto era molto grazioso e forse viverci sarebbe stato fantastico. Arrivati ad Estella, un signore sulla sessantina, al quale avevamo chiesto delle informazioni, ci volle accompagnare a un B&B; speravamo ci fosse posto. Emmanuel, così si chiamava, ci raccontò che era in pensione da qualche anno e ogni giorno cercava un buon modo per trascorrere il tempo. «E quale modo migliore di aiutare due pellegrini!?» sottolineò soddisfatto. Evitammo di correggerlo precisando “camminatori”. Per quella notte il posto c’era. Emmanuel compiaciuto abbozzò un sorriso e andando via ci salutò con calore. Dopo esserci riposati e rinfrescati, facemmo un giro per Estella. In un bar mangiammo un sandwich prosciutto e formaggio e qualcosa che assomigliava a un gateau di patate. Un gruppo di tifosi stava guardando Inter-Barcelona, tristi per il vantaggio della squadra italiana. Quella notte dormimmo poco a causa del caldo. Il mattino dopo decidemmo di fermarci un altro giorno. Passeggiammo tra le stradine del centro piene di un andirivieni di persone dovuto anche a due curiosi mercatini. Non pensammo più al Cammino fino a sera. Considerammo di aver fatto centotredici chilometri in sei giorni e ne rimanevano altri otto per raggiungere Finisterre; incominciammo a valutare se fosse il caso di continuare in autobus o in treno, oppure camminare qualche altro giorno. 31 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano IX. Non lontano dalla fermata del bus dal quale eravamo scesi e dalla famosa Cattedrale della leggenda del gallo e della gallina, scorgemmo, in fondo alla strada che avevamo appena imboccato, il tipo di Brescia. Nonostante avessimo allungato il passo, non riuscimmo a raggiungerlo. Si era perso tra la gente. Dopo cena, nella piccola e graziosa hall dell’albergo, conoscemmo Iren e sua madre Cristin. Venivano da Zurigo. Ci dissero, in un italiano stentato, che facevano il Cammino per curiosità e amore per la natura e gli ultimi cento chilometri li avrebbero fatti insieme a Robert, il fidanzato di Iren. Sia Robert che il Cammino li avevano conosciuti in seguito a uno spiacevole avvenimento. Cristin ci chiese sorridendo se fossimo curiosi di saperne la storia; a parte la nostra curiosità, che era tanta, era evidente che volesse proprio raccontarcela. «L’anno scorso, l’ultimo giorno di vacanza, mentre passeggiavamo nel parco di Gaudì a Barcellona, due donne slovene ci avvicinarono facendoci notare che avevamo i capelli pieni di escrementi di piccione e ci aiutarono a pulirli. Dicevano di trovarsi in Spagna per fare il Cammino e ci spiegarono cosa fosse, visto che non sapevamo nulla a riguardo. Dopo qualche minuto che le due se n’erano andate, ci rendemmo conto di non avere più i portafogli. Quando andammo a sporgere denuncia, al commissariato ci fu detto che quella sostanza, simile ad escremento di uccello, viene spesso usata dai malintenzionati per distrarre le potenziali prede. Nonostante non avessimo più soldi né carta di credito, eravamo abbastanza tranquille per la prossima partenza; ma, qualche ora dopo, in aeroporto annunciarono la cancellazione dei voli per almeno un giorno, causa maltempo. A 32 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano quel punto iniziammo a preoccuparci! Robert, che era a pochi passi da noi, aveva sentito cosa avevamo detto, percependo la nostra agitazione. Si avvicinò e si rese disponibile ad aiutarci. Da quel momento non si sarebbe più staccato da noi finché, due giorni dopo, il Salvador Dalì non sarebbe arrivato nella stazione di Zurigo. Il resto lo potete immaginare, la mia bambina e Robert incominciarono a frequentarsi e… e ora siamo qui» concluse Cristin con un atteggiamento soddisfatto e felice. 33 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano X. Dopo esserci fermati qualche ora a Burgos, giusto il tempo per fare una passeggiata per il centro e visitare la bellissima Cattedrale, arrivammo in bus a Leon. Ci accolse con grandi leoni di marmo posti alle estremità di un ponte che, dalla zona dell’autostazione e della stazione ferroviaria, porta al centro. Ci divertimmo a fotografare le sculture in ferro che si trovano per le strade: un tipo legge seduto su una panchina, un uomo e un bambino sono pronti per partire per chissà quale destinazione, un gigante, quasi disteso sul marciapiedi, sembra scrutare e sfidare tutto ciò che ha intorno. In un grande centro commerciale acquistammo la versione spagnola dell’ultimo cd di Eros Ramazzotti: da quel momento sarebbe diventato la colonna sonora del nostro viaggio. Mi distesi su una panchina e, con la testa appoggiata sulle gambe di St, decisi di riposare un po’. «Rich, ti è arrivato un sms!» mi disse St dopo un po’. «Dov’è arrivato!?» le chiesi con voce debole e assonnata. «Come dov’è arrivato, Rich!? Al tuo cellulare, dove vuoi che sia arrivato, in tasca, tra le mani!?» mi disse scoppiando a ridere e carezzandomi la testa. «Ti stai addormentando Rich, vero!?» «Dai, prendi il telefonino e leggilo, leggi… lo, dai!» le chiesi con voce sempre più da ubriaco. St rideva a crepapelle, quasi non riusciva a respirare. «Il mittente è DANYCUGINA: “Ciao cugino come va il cammino? Tony vorrebbe essere lì con te, in quei posti meravigliosi. Ti abbracciamo con affetto”.» «Dai St, rispondile, ris… pondile… Ah e grazie per averlo letto, dai… rispondile ris ris ris…» 34 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano «Dai, cosa vuoi che le risponda?» «Scrivi, scrivi!» «Dimmi, ti ascolto, vai» rise di nuovo a crepapelle, nel vedermi in quello stato sempre più rimbecillito da una stanchezza che mi divorava. Dopo qualche minuto, perplessa ma divertita, mi disse: «Ascolta, te lo leggo, ascolta cosa mi hai fatto scrivere! ‘Saremmo onoratissimi di averlo con noi. Si può fare, se lui non fa solo chiacchiere ma si erige al cielo e diritto va verso la meta, come un guerriero di Carlo Magno o, meglio ancora, come un giocatore del Napoli, non come uno della Juventus altrimenti manco un km farebbe, ma essendo St tifosa del Catania ci possiamo mettere anche il Mascara che un po’ più dell’uccellino corre. We o we o gne gne gne’. Ah, Rich mi fai morire, ma come devo fare con te!?» «Vendimi!» «Ti devo vendere? Ah, sì Rich!?» «Sì… al mer… cato di Roncesvalles!» «Ah ah ah ah ah, al mercato di Roncesvalles! Pieno delirio, è vero Rich!? Ma mi hai sentito quando ho letto il messaggio per tua cugina?» «Certo, certo, concerto! Certo che… sì, dai mandalo, mandalo, mandalooooo, prima che sia troppo tardi, avanza!» «Prima che sia troppo tardi!? Ah! Vuoi che mandi questo sms così com’è!?» «Così proprio come l’hai letto, ma… ma… rileggilo un attimo, lo voglio riascoltare, ci fosse qualche errore di forma, di contenuto, lo correggiamo! Dai dai dai baby!» «Oh Dio santo, santa pazienza, ascolta: ‘Saremmo onoratissimi di averlo con noi. Si può fare, se lui non fa solo chiacchiere ma si erige al cielo e diritto va verso la meta, come un guerriero di Carlo Magno o, meglio ancora, come un giocatore del Napoli, non come uno della Juventus altrimenti manco un km farebbe, ma essendo St tifosa del Catania ci possiamo mettere anche il 35 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Mascara che un po’ più dell’uccellino corre. We o we o gne gne gne’. Ah, Rich! Ah ah ah ah ah ah sei un disastro, ma ti voglio bene!» «Vendimi!» «Va bene ti vendo – ah! – e al mercato di Roncesvalles, è vero Rich?» «È vero St, ma ora… invia, invialo! Dai St, prima che sia troppo tardi!» «Davvero vuoi che lo faccia!? Tu sei pazzo, tu sei pazzo, Rich!» «Invia… in… via, invialooooooo!» «Fatto, inviato a DANYCUGINA!» Dissi a St che spesso mi capita di delirare durante momenti di dormiveglia. E chi è con me si diverte un mondo ad ascoltarmi e a farmi domande su quello che dico per rendere la cosa ancora più bella. Le raccontai di una volta in cui ero disteso sull’erba con Ava, a Roma, nel parco dell’acquedotto. Dopo qualche secondo di silenzio le avevo detto: «Tu lo sai come la Nokia testa le batterie dei telefonini?» «No, come fa?» mi aveva chiesto Ava. «Producono una batteria gigantesca.» «Grande quanto una parete, Rich?» «No, un po’ meno, come un pannello pubblicitario.» «E poi come la provano?» «Con tantissimi cellulari: mille, duemila.» «E come ce li collegano?» «È sufficiente avvicinarli, è potente questa batteria!» «E poi?» «Vedono quanto dura, no!?» Le raccontai anche di un’altra volta che ero sdraiato sulle gambe di Cirla, in riva al mare di Gaeta. Qualche secondo di silenzio e avevo esordito: «Quanto sei acida questa sera!» «Ma non hai sempre detto che sono dolce?» aveva replicato Cirla. 36 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano «Tutte le mie donne lo sono, anche Marisa!» «E adesso chi è questa Marisa?» «La mia camiciaia.» «La tua camiciaia?» «Si, quella che mi sta facendo le camicie su misura.» «Questa è nuova, ah!» «Ne ha fatto una bianca e adesso ne sta cucendo una rossa e dopo ne cucirà una azzurra, ne voglio dieci.» «E quanto costano?» «Duecentottanta euro ciascuna.» «Non è un po’ tantino?» «Dici che mi sta fregando?» «Non lo so, non ho idea di quanto costi una camicia su misura. Ma perché te le sei fatte fare su misura?» «Vuoi mettere il piacere di farsi cucire una camicia addosso? E poi Marisa è molto precisa, considera che ha misurato anche la cicatrice della vaccinazione che ho sul braccio.» «Ah, ah ah ah ah! La cicatrice della tua vaccinazione! E quindi spenderai duemila e ottocento euro per dieci camicie? Mah, mi sembra strano.» «Dovresti vedermi quanto sono bellino, lì fermo, mentre mi cuciono la camicia addosso; certo è un po’ seccante, per almeno un'ora non mi posso muovere, però… vuoi mettere…?» «Ma ti piace questa Marisa? Com’è?» «È bona, ma questo non vuol dire nulla, sai quante donne bone incontro?» «Ah, non me la racconti giusta, Rich! Ah ah ah!» «E che c'è di strano in tutto questo!?» 37 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XI. «Ehilà!» «Ciao Contessa, come stai?!» feci sistemando l’auricolare del telefonino. «Bene Rich, solita vita, nulla di che in questo periodo, ma tutto ok, direi.» «Bene bene, la mia Contessa!» «Tu dove sei?» «In treno per Ponferrada, ci avviciniamo sempre più a Santiago.» «Ti ho chiamato per dirti che ho finito di tradurre in inglese, in tedesco ho bisogno di un’altra decina di giorni, i tuoi ultimi scritti. Massimo per fine mese mando tutto all’editore. Invece, per quegli appuntamenti con la televisione è tutto confermato per fine giugno; un bel colpo direi, anche se a loro ho fatto credere che gli facciamo un favore ad andare e per quella cifra.» «Brava Contessa, sono proprio soddisfatto, così si fa, quelli così meritano di essere trattati, altrimenti ti schiacciano.» «Poi ieri mi ha chiamato Ingalo e vorrebbe incontrarti. Gli ho detto che sei fuori…» «Di testa se mi parli di lui! Vado fuori di testa, se mi parli di lui!» le dissi infuriato. «Di’ a Ingalo di andare a… di andare…» St mi prese le mani nelle sue, poi mi carezzò, sussurrandomi con amore: «Non ti arrabbiare Rich, qualunque siano le motivazioni, ti prego.» Tornai quasi in me. «Di andare al diavolo» continuò ridendo Contessa. «Eh, da quando ho iniziato ad avere un po’ di successo con la scrittura e la grafica… tutti, dico tutti, mi vogliono, soprattutto molti di quelli che prima non mi consideravano minimamente; un 38 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano esempio?... Proprio Ingalo, che ha un conto in sospeso con me, e tu lo sai molto bene quanto male gratuito mi ha fatto tre anni fa, ma ora fa finta di nulla. Ingalo mi fa schizzare anche perché mi fa pensare alla dottoressa Lupa e alla duchessa Achia, che stronze anche quelle!» «Ah, sì, mi ricordo, altri casini anche quelli. » «Un altro esempio…? Lacondary. Fino a un anno fa mi facevano una pressione da paura per costringermi ad andare via, e… ora “Rich di qua”, “Rich di là”, comprano le mie tele, le mettono dappertutto nelle varie sedi, si vantano di avermi nella loro squadra e non sanno forse che è ancora per poco e poi anche loro se ne andranno al diavolo!» «Ti stai alterando di nuovo, dai Rich, dai» mi fece St, con un sorriso pieno d’amore. «È chiaro che ora questi signori vogliono usare la tua immagine per…» «Brava, brava, Contessa, sono dei paraculi da paura!» «Beh, dai, però non ti arrabbiare, che risolviamo tutto!» «Il fatto è che questa gente mi ha fatto molto male, senza valide motivazioni, che è peggio ancora.» «Lo so Rich, lo so, ma non devi permettere a questa gentaglia di farti fare il sangue amaro, non devi dargli tutto questo potere.» «Hai ragione e…» «Volevo dirti anche un’altra cosa, me ne stavo dimenticando: certe dichiarazioni, come quella fatta durante l’intervista per La fatica della nostra terra, dovresti evitarle, te lo dico con tutto il cuore, stai diventando un personaggio pubblico e…» «Sì, ma quali dichiarazioni? Ora non ricordo di preciso, ricordo solo che ne ho sparate tante» sogghignai. «Te la leggo, ce l’ho qui davanti: ‘La società in cui sono nato e ho vissuto finora (tra un po’ me ne vado, ora finalmente posso) è una società di cui io non ho mai avuto tanta considerazione, giusto quel minimo perché ne fanno parte delle persone che stimo e a cui voglio bene. È una società perdente, più vali e più 39 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano non ti permette di emergere, più vali e più ti schiaccia; è una società che premia gli ignoranti e i disonesti’. Hai perfettamente ragione, sei sincero, ma questi modi di fare ti creeranno non poche rogne. Ti trasformi, diventi una belva quando ti trovi ad aver a che fare con il paese e con certe persone; il ragazzo pacato, dolce, dove va a finire? Un po’ più di diplomazia, questa gente così va trattata: ci si mettono loro in queste condizioni, un po’ più…» «Io voglio avere a che fare con la brava gente, con chi mi stima e non mi usa; quelli furbi, falsi, disonesti, lontano da me quanto più possibile! Io sto bene qui perché la maggior parte della gente che incontri è semplice, sincera, umile, brava, gente per bene insomma, e in ogni cosa che fa senti certi valori.» «Mi chiedo invece se non stai un po’ idealizzando la gente che incontri lì, viste le circostanze, l’atmosfera che stai respirando, i luoghi in cui ti trovi, insomma l’esperienza bella e particolare che stai vivendo.» «Può darsi, Contessa, ma i concetti restano; non voglio gente losca, negativa, accanto a me e alle mie cose, ma solo brava gente. Quelli come Ingalo e Lupa si fanno belli, salvano le apparenze, ma se devono passare sul tuo cadavere lo fanno senza problemi. E anche Lacondary se ne fregava dei miei quadri, dei miei libri, quando non ero nessuno. E così Ingalo, mi ha sempre considerato un poco di buono e mi ha sempre, dico sempre, messo i bastoni tra le ruote. Non fanno nulla se non hanno un tornaconto, cara! Non hanno la minima idea di che cosa significhi fare qualcosa per gli altri semplicemente per il gusto di farlo, per fare del bene a qualcuno. No, io da qui, quasi quasi non torno più!» «Beh, lo abbiamo detto spesso che a volte è balordo questo mondo, no!?» «Dai basta, scusa lo sfogo, ma ora mi sento meglio!» «Ok, dai, continua a divertirti, con questi me la vedo io, la tua manager» mi tranquillizzò. 40 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano «Sì, brava, tienili lontano da me!» «Ok, faccio il possibile. Ma parliamo ora di cose serie. Quando ci vediamo e ci prepari una bella cenetta da te?» «Dopo che sarò rientrato ci possiamo vedere a casa mia quando volete, ma voglio preparare anche una cenetta tutta per te e ti invito ad altre due: una a Roma e l’altra a Padova. Cucinerò per una quindicina di amici, tutti rigorosamente velisti; mi hanno chiesto in particolare i cannelloni panna, carciofi e spinaci e la torta al cioccolato. Cucinare per me è un piacere e lo faccio volentieri soprattutto per chi lo apprezza.» «Ok, se posso non ne perderò una, stanne certo. Ci aggiorniamo alla prossima?» «Ok, alla prossima allora. Ciao Contessa, ciao, a presto!» «Ah, scusa Rich, a proposito, dimenticavo, ci sei ancora?» «Sì, sì, sono qui, dimmi.» «Per quanto riguarda quella mostra a Londra, hai saputo quando esponi?» «Non ancora, ma per metà luglio dovrei avere una data sicura.» «Speriamo non capiti nella prima metà di ottobre, sarebbe difficile liberarmi e ci terrei a esserci.» «Dai Contessa, non mi abbandonare proprio in quell’occasione, speriamo capiti dopo, altrimenti per favore cerca di liberarti, ci vuole qualcuno che mi affianchi e tenga testa a quei critici del cazzo, mi sentirei perso.» «Ehi, servo a così tanto io?» sorrise compiaciuta. «A molto di più, altroché, sei una buona manager e non faccio retorica.» «Va bene, dai, anche per questo farò il possibile, ci aggiorniamo.» «Ok Contessa, va bene, alla prossima, ciao.» «Ciao ciao, Rich!» Chiusi gli occhi, feci un profondo respiro. St mi prese la mano. Considerai che, a causa di Ingalo, Lupa e quelli come loro, la rabbia mi aveva vinto e l’odio stava prendendo il sopravvento. Non doveva accadere: “La rabbia e l’odio accecano gli occhi 41 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano dell’anima, quelli devono restare sempre limpidi e pieni d’amore” mi aveva detto una volta Pirello. M’immaginai posto tra l’odio, una faccia losca e sogghignante, e l’amore, un volto limpido e luminoso. L’odio mi metteva davanti tutti quelli che mi turbavano: Ingalo, la dottoressa Lupa, il mio capo, la duchessa Akia e altri ancora ed evidenziava tutto il male che mi avevano fatto, incitandomi al disprezzo e alla vendetta. Mi faceva immaginare Ingalo e il mio capo sofferenti per la fame e la sete e io, poco distante, pieno di soddisfazione, bevevo, mangiavo e gli dicevo: “Volete, ne volete un po’!?” e non gli davo nulla, proprio nulla! Mi faceva vedere la dottoressa Lupa che stava annegando in un fiume infuriato dalle correnti e io, da una roccia, le dicevo: “Ehi, sono qui, sono qui sopra, non mi vedi!? Hai forse bisogno di un cannocchiale!? Non ti salvo, non ti salvo. Puttana!”; le lanciavo una corda, che mi riprendevo non appena stava per afferrarla. Mi faceva visualizzare la duchessa Akia legata a una sedia e imbavagliata. Con una mano le tiravo i capelli e con l’altra la schiaffeggiavo fortemente, fino a farle perdere il respiro e a farle sanguinare il naso. Le dicevo: “Brutta stronza, mi fidavo di te, sei una povera fallita, insignificante; ti sai solo ben vendere, ma non vali un cazzo e questo lo sai. Hai ingannato me e i miei, ti sei persino sostituita a loro in certe circostanze e mi hai rovinatooo! E ora chi mi ridà quello che mi hai tolto, puttana! Chi me lo ridààà!?” Similmente immaginai gli altri in difficoltà e io godevo senza far nulla per aiutarli. Il bene cercava di farmi tornare in me. Mi faceva vedere quanto queste persone fossero deboli, fragili, e bisognose di tanto aiuto. “Su dieci persone tre sono santi, due i cattivi e gli altri cinque sono poveracci addormentati, che forse non si sveglieranno mai fino all’ultimo dei propri giorni” mi aveva detto una volta Pirello. Il male mi attirava a sé come una calamita, mentre il bene si disperava e cercava di riprendermi. Non volevo andare verso il 42 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano male, mi dimenavo, resistevo piantando saldi i piedi a terra, chiedevo con tutte le mie forze alla Vita di salvarmi, desideravo intensamente di trovarmi tra le braccia del bene, di sentirmi l’anima leggera dal peso dell’odio e della rabbia. E mentre mi vedevo sfinito ma determinato a non cadere nelle grinfie del male, all’improvviso fui raggiunto da un fascio di luce che mi tirava lentamente indietro, fino a portarmi in braccio all’amore. “No, no, noooooo!” gridava il male. A Ingalo e al capo lanciai un pezzo di pane ammuffito e una borraccia che avevo riempito da una pozzanghera, alla dottoressa Lupa lasciai afferrare la corda e legai l’altra estremità stretta a un albero, liberai la duchessa Akia. Aiutai tutti gli altri che avevo visto in difficoltà e, senza dire nulla a nessuno, mi voltai e andai via. Una limpida e serena sensazione di benessere mi pervase totalmente e mi fece ricominciare ad attingere alla fonte della Vita. Arrivammo a Ponferrada alle quattro del pomeriggio. Faceva molto caldo ed era una splendida giornata. Una signora al di fuori della stazione ci disse che dovevamo camminare circa dieci minuti per arrivare al centro storico, dove c’era anche la fortezza medievale dei Templari. Mi ricordai che in treno una ragazza, seduta qualche posto più avanti a noi, parlando al cellulare, diceva che l’indomani sera, proprio alla fortezza, ci sarebbe stato uno spettacolo teatrale, durante il quale sarebbe stato coinvolto anche il pubblico. Una sorta di teatro interattivo, da quello che avevamo capito. La cosa ci era piaciuta e ci aveva entusiasmato. In poco più di mezz’ora avevamo trovato un modesto ma carino B&B: Da Mario. Il proprietario, Mario, non sapeva nulla dell’evento teatrale dell’indomani, né sapevano nulla all’osteria, dove avremmo cenato qualche ora dopo. Correva l’anno del Signore 1183. In una stanza, nella fortezza di Ponferrada, giacevo morto su una grande pietra. Ero stato un valoroso Cavaliere Templare. Intorno a me, illuminati dalla debole e tremula luce delle torce, c’erano quasi tutti quelli che 43 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano avevo incontrato durante il Cammino. Marin con una mano teneva la mia e con l’altra si asciugava le lacrime, una mi cadde sulla guancia. Fuori si udiva l’avvicinarsi di una processione che intonava canti gregoriani. Mentre si apriva la porta, mi trovai nel XXI secolo. In un grande campo, sotto una quercia secolare, c’erano i miei parenti e amici, mia madre aveva il volto gonfio e pieno di lacrime. Padre Xavier, vestito di bianco, apriva un’urna e spargeva al vento le mie ceneri. Tra gli amici c’erano anche quelli della mia band e del coro che intonavano Gli Angeli di Vasco Rossi. Le ceneri avanzavano sui campi di grano, le distese d’acqua e i paesi fino ad arrivare a un pontile avvolto da un azzurro intenso. Alla fine di quel pontile…, nella stanza del B&B di Ponferrada, fui svegliato di colpo da Mario che bussava alla porta dicendo: «È ora di lasciare la camera o confermarla per un’altra notte.» Decidemmo di confermare. Dello spettacolo teatrale nessuno sapeva nulla e quella sera alla fortezza non c’era anima viva. 44 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XII. In treno verso Santiago ebbi un incubo di cui, per ora, non voglio raccontare; al mio risveglio mi fece sentire profondamente tormentato. St mi raccontò che, mentre dormivo, mi chiedevo continuamente, con sempre più durezza, perché ci trovassimo su quel treno. Non riuscivo proprio a tranquillizzarmi, nonostante St tentasse di farmi capire che non aveva senso tutto quel tormento. I cattivi pensieri, con furbizia e ostinazione, volevano prendere il sopravvento. Riuscii per fortuna ad addormentarmi di nuovo, proprio quando un terribile mal di testa mi stava facendo diventare matto. Mi svegliò St qualche minuto prima dell’arrivo a Compostela. Mi sentivo abbastanza bene, più rilassato. Dopo un po’, però, mi vinse un forte senso di delusione, proprio quando percepii Santiago come una normalissima città, col proprio caos, le vie piene di grandi negozi e i lavori in corso. In albergo l’istinto mi vinse e quasi come impazzito scrissi a tutta la rubrica un sms: ‘Santiago è una città normale, col proprio caos, con i propri casini, molto meglio i paesini del primo tratto del Cammino. E non ho trovato Dio ad aspettarmi! Dov’è, dov’è!? PORTATEMI DIO, LO VOGLIO VEDERE, PORTATEMI DIO, GLI DEVO PARLARE…(Vasco Rossi)’. Quell’incubo in treno mi aveva preso la mente, sconvolto, condizionato non poco. “Ma cosa mi aspettavo da Santiago, pensavo di vedere forse gli angeli che fluttuavano ad altezza d’uomo, o cose del genere?” mi chiedevo. Quella parte del cervello che amava tormentarmi stava di nuovo trionfando; ma stavolta riuscii a tranquillizzarmi più facilmente, facendo una doccia e pensando alle cose belle che avremmo potuto fare quella sera. Appena St si rese conto che ero tranquillo, mi disse sorridendo: 45 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano «Ma quale Dio vorresti trovare e proprio qui a Santiago? Dio lo si può trovare dovunque, lo sai, e penso che tu lo abbia già trovato da tempo. Sicuramente non come molti altri credono di averlo trovato, ma questo è un bene, ti allontana dalla mediocrità e dall’ipocrisia. E forse quell’sms voleva essere anche una provocazione per chi ha trovato Dio sulla base del nulla o quasi.» Le parole di St contribuirono ancora di più al mio benessere. Arrivammo alla Cattedrale quasi a mezzanotte. Nonostante fosse bella, non mi aveva colpito particolarmente; mi chiedevo se quella di Burgos non fosse più bella e imponente. St considerò che le sensazioni negative che avevo avuto a Santiago, forse, dipendevano dalle eccessive aspettative che avevo riposto in quella meta e dal terribile incubo. Magica, invece, era quella notte, pullulante di stelle e di persone che erano nella piazza antistante la Cattedrale. Alcune, distese, contemplavano il cielo, altre dipingevano, altre ancora cantavano, suonavano e ballavano. Io e St ci aggregammo a un gruppo che stava intonando Blowin’ in the wind, di Bob Dylan. Tutti, tenendoci per mano, cantammo melodie universali, ognuno nella propria lingua. E in quella splendida e romantica notte, piena di pace e di fratellanza, ci sentimmo davvero felici. 46 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XIII. A Finisterre scendemmo dall’autobus alle diciassette circa. Ci si avvicinò Diego, un ragazzo sulla trentina, pelle olivastra e capelli ricci neri. Ci propose di andare ad alloggiare presso l’albergo del fratello Victor; mostrandoci un volantino con delle foto ci invitò ad andarlo a vedere, senza alcun impegno. Era davvero grazioso e decidemmo di restarci due giorni. A cena ci fu presentata una coppia di Milano che aveva fatto da Leon tutto il Cammino a piedi. Entrambi piacevoli, lui però poco loquace. Ci ricordarono che stava per incominciare la partita di Champions League Barcelona-Inter. Ci trovammo presto insieme a un gruppo di spagnoli, tra cui Diego e Victor, nella grande sala a piano terra. «Basta anche uno 0 a 0 per l’Inter» commentò il milanese, ((incominciando con quella frase a dire qualche parola in più.)) L’Inter eliminò il Barcelona e mi dispiacque moltissimo leggere amarezza e delusione sul volto degli spagnoli. Diego, con occhi bassi, quasi piangendo e con la mano sul petto, ci disse: «Era goal, era goal, non lo ha preso con il braccio il pallone, ma con il petto.» Faceva riferimento al goal non convalidato al Barcelona. La delusione sarebbe durata fino al giorno dopo, ci tenevano davvero a quella partita. L’indomani ci svegliammo tardi. Visitammo al porto il mercatino dei pescatori, passeggiammo fino al faro e alla spiaggia, dove saremmo ritornati alle dieci di sera per contemplare il tramonto. Proprio al tramonto, in riva al mare, coi piedi bagnati dalle onde, ci sentimmo profondamente sereni. Erano stati giorni magici. St prese le mie mani nelle sue e guardandomi negli occhi disse: «Si 47 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano sta proprio bene qui, non credi? Abbiamo veramente vissuto dei bellissimi momenti, pur non essendo arrivati a piedi. Pensavo però una cosa… te ne volevo parlare nel pomeriggio, ma poi ho deciso di dirtela proprio qui e in questo momento. Che ne dici di continuare gli anni successivi, almeno cento chilometri l’anno, fino ad arrivare su questa spiaggia a piedi?» Il mio cuore straripò di gioia, la strinsi a me e dandole il cinque le dissi: «Ok, almeno cento chilometri a piedi ogni anno! Fino a finire il Cammino!» Una stella cadde lenta sull’oceano, quando il sole era da poco scomparso all’orizzonte. Mi alzai, entrai in acqua e corsi verso l’orizzonte quasi a volerlo raggiungere. Mi lasciai cadere all’indietro e fissai il cielo per qualche istante. Mi rialzai tutto bagnato e tornai indietro. St non c’era. Sorrisi, mi guardai intorno, mi gettai nella sabbia e gridai: «Sttttttttt, St vuoi giocare a nascondino!? Non ti vengo a trovare, aspetto qui, sono stanco!» Passarono i minuti, ma St non tornava. «Che palle St, ho capito ti devo venire a cercare!» feci rialzandomi e dirigendomi verso un falò di sommozzatori tedeschi che si ubriacavano e cantavano canzoni dei Beatles. Pensai che si fosse unita a loro. Non c’era. Stetti lì un po’ nella speranza che St decidesse di venire fuori. Percorsi poi la lunga passerella di legno dietro la spiaggia che salendo portava a delle panchine in pietra. Pensai che mi stesse osservando, facendosi un mare di risate alle mie spalle. Nulla! Non escludevo che fosse tornata in albergo. Ci andai ma non era neanche lì. Di corsa tornai indietro. La cercai di nuovo al gruppo dei tedeschi, alle panchine, per la spiaggia. Non potei più pensare a uno scherzo così lungo, ma cercai di mantenere ancora la calma, non facendomi vincere dalla paura che voleva prendere il sopravvento. Cos’era potuto accadere!? Era tutto iniziato come uno scherzo e poi St aveva avuto qualche problema? Era caduta 48 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano da qualche parte? Qualche cane feroce l’aveva aggredita? Mille cattivi pensieri si susseguivano. Mi aveva seguito in acqua, il pensiero peggiore, e… Quest’ultima idea mi terrorizzò, mi prese la bocca dello stomaco! Riuscì ad entrare in me. “No, no, no non pensare questo!” mi dissi con tutte le mie forze. Sperai che quell’ipotesi non si sarebbe concretizzata. Dopo un po’ iniziarono le ricerche, quelle serie: io, quelli dell’albergo, i sommozzatori tedeschi, tutti uniti nel cercare St e sostenere la mia disperazione. Diego mi diceva che in quella zona non vedeva alcun pericolo e con quel mare calmo non poteva, non voleva, confermare la mia terribile ipotesi. Mare calmo, sì, ma dei cartelli posti all’inizio della spiaggia vietavano la balneazione. Non potevo pensare che St si fosse inoltrata in acqua e tutto in pochi secondi, senza che io me ne fossi accorto. Ero stanco, non mi reggevo più in piedi, mi lasciai cadere in ginocchio e coi pugni saldi nella sabbia gridai: «St, St, Sttttttt!!!» Mi distesi sfinito. «Ma i Beatles che fine hanno fatto? È morto solo John Lennon?» chiedevo a St al telefono, sdraiato sul divano nel mio soggiorno. «Veramente, che io sappia sono tutti morti tranne Paul McCartney» rispondeva St. «Ma sei sicura, St? Io non ho saputo nulla, che figura, non ho mandato neanche un messaggio di condoglianze alle famiglie, cerca d’informarti!» «Rich, Rich…» rideva St «ti stai addormentando, è vero Rich? Sei quasi o già nel mondo dei sogni e come al solito deliri, è vero Rich?» Non le rispondevo. Dopo qualche minuto di silenzio dicevo con voce confusa: «Devi informarti, assolutamente informarti, St!» «Ah, sei ancora sveglio Rich, sono in internet e mi sto proprio documentando sulla questione, mi hai incuriosita, se resisti qualche minuto e non ti addormenti ti dico come stanno davvero 49 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano le cose» concludeva St ridendo. «C i sei ancora, Rich?» mi chiedeva dopo un po’. «Sì St, ci sono, ci sono, dimmi, dimmi!» le rispondevo con voce debole e quasi ubriaca. «Ne sono morti due, George Harrison e John Lennon. Il primo di cancro nel 2001, Lennon nel 1980 assassinato da un fan.» «Meno male che non sono morti tutti, almeno questo, però sempre una figuraccia con le famiglie ho fatto, bisogna recuperare… biso… gna… recuperare. Quando muore qualcuno me lo devi far sapere, cazzo! È giusto che io sia vicino alle famiglie in queste circostanze!» «Ehi, eh, sveglia, sveglia…» mi chiamava Diego, tirandomi per un braccio «nulla, purtroppo ancora nulla e il mare si sta anche agitando, su sveglia!» mi schiaffeggiava le guance «è quasi mattino, bisognerà avvisare la polizia.» Mi alzai di scatto sedendomi, mi guardai intorno e incominciai a piangere disperato. «Noooooooooooooooo!» gridavo. Diego mi mise la mano sulla spalla, prese la mia e mi aiutò a rialzarmi. «Non serve, non serve a nulla essere disperati!» considerò Diego. Qualche ora dopo dichiaravo alla polizia quanto segue: «Ho conosciuto St, Stefania Barcio, siciliana di Agrigento, ventisei anni, sul treno da Parigi a Bayonne. Andava a Saint Jean Pied de Port per iniziare il Cammino verso l’Oceano. Come me, aveva due settimane di tempo per raggiungere Finisterre. Abbiamo subito simpatizzato e parlando ci siamo resi conto di essere compatibili su molte cose. Abbiamo per cui deciso di fare il Cammino insieme. I primi sette giorni circa a piedi, il resto in treno o in bus. Vive coi genitori e sua sorella Gina. Mi ha parlato tanto della sua famiglia, dei suoi amici, ma in modo generico. Prima di tornare a casa suppongo che ci saremmo scambiati i numeri del cellulare e altro, ma durante il Cammino non ci 50 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano abbiamo pensato. Eravamo sempre insieme e non avevamo probabilmente considerato l’ipotesi che ci potessimo perdere o, all’inizio soprattutto, non ci interessava più di tanto. Negli alberghi dove abbiamo pernottato non hanno i suoi dati. Ci dicevano sempre che bastava solo un documento e io ero sempre il più rapido a prenderlo, forse per una sorta di sfida col tempo. Ho nel cellulare solo due foto, venute anche male. St non ama farsi fotografare, ho dovuto sudare per avere quelle foto insieme. Tra le sue cose, vestiti, trucchi, ho trovato anche un quaderno; inizialmente ho pensato che fosse il diario del nostro viaggio. Ho sbirciato un po’ tra le pagine ingiallite. Parla di episodi che si svolgono a Pozzallo, in provincia di Ragusa. L’ultima pagina scritta racconta di una gita a Modica che una certa Stefania, con la sua famiglia, avrebbe dovuto fare l’indomani, 29 aprile 1928.» 51 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XIV. Erano trascorsi già tre mesi da quando St era scomparsa e io non riuscivo proprio a darmi pace. Di continuo le varie supposizioni mi pressavano la mente: “L’hanno rapita” ipotesi condivisa da Marin. “Per scherzo si è nascosta e poi le è accaduto qualcosa” ipotesi condivisa da Marin. “Ė entrata in acqua ed è annegata” ipotesi condivisa da Marin. “Se n’è semplicemente andata senza dire nulla!” ipotesi condivisa dal dottor Ul e Marin. Tutte le ipotesi potevano essere valide, ma io desideravo tanto fosse valida solo la quarta: mi dispiaceva averla persa, ma ero felice per lei. Mi sembrava d’impazzire, anche perché quasi tutte le volte che mi addormentavo avevo lo stesso incubo: scarafaggi, migliaia di scarafaggi che venivano verso di me e la voce dei Beatles che cantavano Help. Mi chiedevo se quell’incubo volesse significare qualcosa, se St avesse proprio bisogno di aiuto, o era tutto solo uno scherzo della mia mente, come sosteneva il dottor Ul. Volevo considerare ogni cosa, non volevo tralasciare nulla. “Ma in che modo potevo aiutarla? Da cosa potevo partire!?” mi chiedevo continuamente. Quella melodia mi tormentava anche da sveglio, me la sentivo sulla pelle. Leggevo e rileggevo il testo per cercare di capire se tra le righe fosse nascosta qualche indicazione. Aiuto, ho bisogno di qualcuno, aiuto, non di uno qualsiasi, aiuto, sai ho bisogno di qualcuno, aiuto! Ma il messaggio poteva essere semplicemente “Help!”, “Aiuto!”, non necessariamente doveva esserci un indizio nel testo. Io intanto lo rileggevo mille volte al giorno con ossessione, ma nulla. “Che potevo fare?” continuavo a chiedermi. 52 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano Marin mi aveva consigliato di consultare Strunk, un indovino austriaco; uno dei migliori, sosteneva. Gli indovini, i maghi e cose del genere, non mi avevano mai convinto ma volli ascoltarla e le chiesi di mettermi in contatto con lui al più presto, St poteva essere in pericolo e ogni minuto era prezioso. 53 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XV. Strunk, dopo aver fatto una serie di domande su di me e sull’accaduto, stette un quarto d’ora esatto a bisbigliare formule magiche e ad armeggiare con un pendolo. Poi mi chiese se oltre all’incubo degli scarafaggi ne avessi avuti altri, se avessi avuto visioni o cose del genere, sia durante che dopo il Cammino. Gli raccontai del sogno di Ponferrada e quello riguardante la morte dei Beatles a Finisterre, proprio la sera della scomparsa; poi mi ricordai dell’incubo che ebbi verso Santiago e del delirio di Leon. Strunk volle approfondire soprattutto l’incubo di Santiago. Stette qualche minuto senza parlare, poi sbiancò d’improvviso e urlò delle parole strane cadendo a terra. Cantò alcuni versi di Help, ma con una melodia tutta sua: Aiuto, ho bisogno di qualcuno, aiuto, non di uno qualsiasi. Aiutami se puoi, mi sento giù, e apprezzo molto che tu sia qui, aiutami a tornare coi piedi per terra. E adesso che la mia vita è cambiata in molti modi la mia indipendenza sembra scomparire nella foschia ma a volte mi sento così insicuro. Io so che ho bisogno di te come non mai. Scrisse qualcosa su un foglietto, lo chiuse in una busta e mi si avvicinò. Mi prese le mani e disse: «St è in pericolo, la devi aiutare. La percepisco in una condizione particolare: sotto o in qualcosa, al disotto di qualcosa, non so di preciso dove e come, ma percepisco qualcosa di basso. Vedo del fumo o forse nebbia, ma… quando mi 54 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano hai visto turbato ho sentito una voce, di questo non ti posso assolutamente parlare, ma ti dico che ti devi sbrigare. Prendi questa busta e custodiscila con cura, devi aprirla e cantarne il contenuto solo se ti trovi di fronte a una situazione particolarissima, non so dirti di che tipo, forse un grosso pericolo, devi percepirla tu. Non sprecare questa possibilità, potrebbe portarti alla salvezza di St. Parti subito per Finisterre, fermandoti a Ponferrada, Pedrouzo e Santiago, massimo tre giorni per ogni tappa. Devi trovare assolutamente qualcosa, sta a te capire cosa. A Santiago vai in Cattedrale, bagna con acqua benedetta questa busta e prega a tuo modo. Da Ponferrada devi procedere verso le mete successive solo con i tuoi piedi. Se dopo tre giorni a Finisterre non accade nulla riparti per ritornare, non è detto che Finisterre sia il posto dove potrai risolvere ogni cosa.» «Tante informazioni, ma molto generiche, come faccio a capire i momenti giusti, cosa è giusto fare!?» gridai con le mani in aria. Strunk mi abbracciò e quasi piangendo disse: «Non posso e non so fare altro, ma sento che devi assolutamente andare, è l’unico modo per tentare di salvare St.» 55 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XVI. Il centro di Ponferrada era pieno di gente quella sera. Molti andavano verso la fortezza. Io ero turbatissimo. Eliminate dalla mente le domande “ma che sto facendo?” e “se tutto questo non portasse a nulla?” e preso per buono che stavo andando ad aiutare St, c’era ora da capire come individuare gli indizi giusti; cosa prendere in considerazione. Marin mi aveva consigliato di lasciarmi andare alla Vita e, non con ossessione ma con attenzione, dovevo osservare, sentire, tutto quello che mi circondava, tutto quello che mi accadeva, senza tralasciare il minimo dettaglio. Insieme ad altre persone, tra cui una coppia davanti a me con un passeggino e dei ragazzini che affiancandomi saltellavano, presi la salita che, illuminata da piccole fiaccole poste per terra alle due estremità, portava nella fortezza. All’entrata due cavalieri in armatura ci fecero passare tirando a sé le lance incrociate. All’interno altri a cavallo simulavano tornei e azioni di guerra. A ogni angolo c’erano scene che portavano i visitatori indietro nel tempo. Feci un giro, poi entrai in una stanza dove, con mia sorpresa, trovai tante persone intorno a un cavaliere morto. Una donna piangendo gli teneva la mano. Rimasi ancora più stupito quando, dopo qualche minuto, udii da fuori dei canti gregoriani. Uscii da quella stanza e vidi avvicinarsi una processione di incappucciati che indossavano qualcosa di simile a un saio. Pian piano entravano. Uno dei ragazzini che, poco prima, saltellando, era entrato insieme a me nella fortezza, mi distolse da quella scena; prendendomi la mano e tirandomi mi faceva segno di seguirlo; la tenerezza del suo sguardo mi fece cedere. Uno degli incappucciati corse verso di noi e, mettendomi una mano sulla spalla, mi disse: «Devi andare via da Ponferrada, subito!» Il ragazzino sembrò turbato da quell’affermazione, lo spinse e gli disse di andare via, poi continuò a tirarmi fino a portarmi al cospetto 56 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano di una splendida donna, capelli biondi e occhi azzurri, che mi prese per mano, congedò il ragazzino, mi sorrise, mi carezzò e mi portò in una parte della fortezza dove non c’era nessuno; ci amammo. Mi disse che quello era solo l’inizio di una serata indimenticabile, m’invitò a seguirla in una casa poco distante dalla fortezza, dove altre splendide fate erano ad aspettarmi. La cosa mi entusiasmò e agitò tutte le mie passioni ma, mentre la seguivo, uscendo dal castello e facendoci spazio tra i visitatori, ricordai le parole dell’incappucciato. E fui combattuto tra la voglia di passare la notte lì e andare via. Sarei potuto ripartire l’indomani mattina intorno alle otto, come avevo già deciso. “Ma se l’incappucciato aveva ragione e serviva ripartire subito?” mi chiedevo. Una vocina insidiosa e pungente cercava di distogliermi dalle parole dell’incappucciato. Considerai che ripartire qualche ora dopo non avrebbe comportato nulla. Era notte, poteva essere difficile affrontare i percorsi del Cammino. Mi convinsi per un po’. Intanto veloci attraversammo la piazzetta principale di Ponferrada. Le parole dell’incappucciato però ritornarono a riecheggiare nella mia mente fino a non lasciarmi più. Mi fermai, mi staccai con forza da quell’angelo biondo e le dissi che dovevo andare, e voltandomi corsi indietro. Lei mi raggiunse, mi riprese la mano e col suo sorriso mi disse: «Dai, solo poche ore, abbiamo bisogno di essere amate proprio stanotte e proprio da te!» Mi chiesi se non fosse anche quello un modo per avere un indizio. M’inginocchiai sfinito. Chi aveva ragione, l’incappucciato o la fata? Quale delle due cose poteva servire al mio scopo? E passai quasi tutta la notte ad amare quattro splendide sirene. Ripresi il Cammino alle sei del mattino, circa due ore prima di quando avevo previsto inizialmente, appena arrivato a Ponferrada. I dubbi restavano, mi chiedevo in continuazione se non avessi sbagliato, se non avessi dovuto riprendere il Cammino subito. Tormenti, mancanza di fiato, sensazioni atroci. Ma niente e nessuno poteva dirmi quale delle due scelte era giusta. Se avessi fatto il contrario, se avessi dato retta alle parole dell’incappucciato, comunque avrei messo da parte qualcosa. Il dubbio rimaneva nonostante mi sembrasse di aver assecondato il volere della mia 57 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano anima. Se avessi ceduto semplicemente a delle meschine tentazioni forse avrei sbagliato di grosso. Pensai che ormai era fatta, avevo agito così e non serviva tormentarsi ma dovevo cercare di andare avanti e tenere la mente vuota, limpida, per poter cogliere i segni. Quest’ultimo pensiero e i consigli di Marin mi diedero un po’ più di serenità. 58 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XVII. A pochi chilometri da Villafranca del Bierzo, in direzione di O Cebreiro, vidi qualcosa di simile a una biglia, alla cui estremità era legata una cordicella, che rotolava spinta da un debole ma continuo venticello. Istintivamente mi lanciai verso terra e l’afferrai, proprio quando stava per precipitare nell’avvallamento poco distante da me. Qualche secondo di ritardo e l’avrei persa. Era una bella sferetta di cristallo; pulii la terra che c’era attaccata e la misi al collo. A Pedrouzo, dopo una lunga attesa, durante la quale più volte avevo perso la pazienza e stavo per andare via, fui ricevuto da Alvia, una vecchietta di novantadue anni considerata la portafortuna del Cammino. Mi chiese perché fossi lì. Fui tentato dal raccontarle tutto, ma poi mi frenai, la diffidenza mi vinse e le dissi che il motivo fondamentale era la curiosità. Mi sorrise, mi carezzò il viso, con uno sguardo quasi per dire “tu non me la racconti giusta”, e tenendomi le mani recitò una strana litania in portoghese. Mi porse una croce greca fatta con due bastoncini di legno legati da uno spago e mi disse: «Ora vai, ho da incontrare tanti altri. Buen camino.» Le diedi un bacio, l’abbracciai e andai via. Quella donna mi aveva trasmesso amore e serenità. Stringevo tra le mani quella croce e di tanto intanto la guardavo. Mi accorsi che sopra c’era incisa molto piccola la parola lectarù. Nella Cattedrale di Santiago rimasi quasi due ore chiedendo alla Vita di aiutarmi; irrequieto camminavo da una parte all’altra, poi, come mi aveva detto Strunk, mi avvicinai a un’acquasantiera e bagnai la busta. Pensai di fare la stessa cosa anche con la sfera e con la croce. E mentre stavo per andar via, un monaco con il saio azzurro, trattenendomi per un braccio, mi disse qualcosa in una lingua che sembrava cinese. Non capii nulla né volli impegnarmi più di tanto a farlo, ero davvero stanco; lo salutai con cortesia e decisi di tornare in 59 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano albergo. L’indomani mi sarei incamminato verso Finisterre. 60 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano XVIII. Ore 20 e 45. Sono seduto in riva al mare. Le onde lambiscono i miei piedi e i tormenti si fanno sempre più pesanti. Di St nessuna traccia, non l’ho trovata ancora. Ma del resto non ho mai creduto davvero a quanto mi ha detto di fare Strunk, ho sempre diffidato dei maghi. Mi sa che sto perdendo solo tempo. St, approfittando di una mia distrazione, quella sera se n’è andata, tutto qui! Devo uscire da questa situazione: non posso fare altro, null’altro e non voglio più pensare all’ipotesi che le sia successo qualcosa. Dopodomani riparto, basta! Partirei anche domani ma, a questo punto, voglio far passare tutti e tre i giorni, giusto per non lasciare nulla in sospeso. O forse perché una parte di me in fondo confida un po’ in quel mago? La verità è che sono confuso, sono tormentato, arrabbiato… aiuto! Ed ecco che quella stramaledetta canzone, che un tempo tanto amavo e ora quasi odio, torna a torturarmi. Help, I need somebody, help! Dopo aver scritto nel mio diario, mi distesi e, con gli occhi verso il cielo, mi misi a riposare finché non mi addormentai. Mi svegliai alle cinque del mattino seguente e scoraggiato decisi di passeggiare per far passare il tempo, lasciando perdere, a quel punto, segni e indizi. Dalla spiaggia andavo alle panchine di pietra, dalle panchine tornavo alla spiaggia; poi andavo nel punto in cui quella maledettissima sera c’erano i sommozzatori tedeschi, poi nella parte dietro la spiaggia. Le 9, le 10, le 11… le 18, le 19 e il tempo scorreva lento e pesante. Mi lasciai andare all’indietro sulla sabbia e gridai: «Nooooooo, noooooo, noooo, basta!» Caddi in un sonno profondo. Appena mi svegliai con la luna piena in cielo e il mare che infuriava, sbattuto da un forte e gelido vento, mi sentii le gambe calde e pesanti come il piombo; sollevai la testa e centinaia, forse migliaia, di 61 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano scarafaggi coprivano il mio corpo fin sotto l’ombelico. Help, I need somebody, help e quella canzone, mio Dio, di nuovo quella stramaledettissima canzone, colonna sonora dei miei tormenti. Dopo un po’ il mio naso incominciò a sanguinare. Mi diedi pizzichi, mi schiaffeggiai, mi guardai intorno, ero sveglio completamente, mi assicurai che non fosse un incubo, la ripetizione di quell’incubo che avevo avuto in treno verso Santiago. Incominciava proprio così: gli scarafaggi fino all’ombelico e il sangue dal naso. La paura, il terrore aumentò in modo esponenziale. Dovevo fare qualcosa. Mi chiedevo con ansia se tutto sarebbe andato come l’incubo. In tal caso mi sarei ritrovato senza più forze, col corpo ricoperto completamente di quegli insetti schifosi, senza riuscire a muovere neppure un dito, pieno di sangue, e poi mi sarei visto precipitare nel nulla. Nero, tutto nero. Ormai le bestiacce avanzavano velocissime e avevano superato l’ombelico. Riuscivo a muovere leggermente il bacino, le braccia e la testa. Con una mano mi asciugai il sangue, poi mi ricordai “La busta, il mago!” e dallo zaino tirai fuori la busta, poi la croce. Strinsi la croce nella mano destra poi la portai al petto e con l’altra mano strinsi anche la sfera di cristallo che avevo al collo, ormai per me diventata un amuleto. Aprii la busta e in fretta ma con attenzione cantai:«Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim. » Nulla, nulla, ricantai e ricantai ancora: «Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim.» Ah, mi ricordai di ciò che era scritto sulla croce. Ricantai aggiungendo: «lectaru’»; nulla, ricantai ancora e poi ancora come un dannato: «Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim lectarù»; ma nulla. Strinsi la sfera di cristallo con tutte le mie forze, la strappai dal collo e gridando «maledetto mago, maledetto tutto!» la lanciai per terra. Ma nel fare questo gesto notai che sulla sfera era inciso qualcosa, non ci avevo mai fatto caso, sforzandomi e allungandomi riuscii a farla rotolare verso di me. Non riuscivo a distinguere nulla, era tutto molto piccolo. Presi velocemente dallo zaino la lente d’ingrandimento. Sulla sfera era inciso Bidim. Subito ricantai le parole che erano nella busta poi quella parola sulla croce e quell’ultima sulla sfera: «Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim lectarù bidim.» Gli scarafaggi avevano superato il petto dirigendosi ancora più veloci 62 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano verso il collo. Ricantai e ricantai e ricantai ancora: «Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim lectarù bidim.» Nulla! «Accidenti!» gridai, e sfinito mi lasciai andare al mio destino. Quando gli scarafaggi avevano coperto quasi tutta la bocca, così, come per miracolo, mi venne un’idea: ricantai le parole che erano nella busta e poi quella parola che era sulla sfera di cristallo e infine quella che era sulla croce: «Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim bidim lectarù.» Un’onda fortissima mi coprì e trascinò in acqua quasi tutti gli scarafaggi, tranne uno che rimase stordito a qualche passo da me; forse era morto. Le forze mi tornarono e quasi non credevo ai miei occhi. Vidi il monaco col saio azzurro camminare in riva al mare, guardandomi mi disse la stessa frase che mi aveva detto a Santiago e in quella lingua incomprensibile. Poi con un sorriso pieno d’amore continuò: «Ricorda, figliolo, la sfera è prima della croce ti avevo detto a Santiago.» Sedette in riva come per pregare. D’improvviso una luce venne fuori dalla sfera di cristallo fino a raggiungere lo scarafaggio, poi da lì continuò alzandosi per circa due metri e si allargò per almeno un altro metro. In quella luce in pochi istanti si materializzò St. Sì, sì, da quello scarafaggio quasi morto ritornò St. La luce d’improvviso si dissolse; il monaco disse: «Aim gaim pussuffu’, galin aiim, iim bidim lectarù; quando la meta raggiungerai, scarabeo diverrai e solo con queste parole ti salverai.» Il monaco scomparve e poi scomparvero anche la sfera, la croce e la busta col foglietto. St riprese lentamente vita e, riacquistate le forze, si gettò tra le mie braccia. Al di sopra dell’Oceano infuriato vedemmo un intenso bagliore diffondersi nel cielo oscuro. Sentii dietro di me una mano scuotere la mia spalla e, mentre mi voltavo per capire chi fosse, vengo svegliato da Gabriella che mi dice: «Ehi ehi, Domenico, Domenico, dai svegliati, svegliati, abbiamo l’autobus tra un’ora.» «Dio buono, Gabry…» faccio balzando fuori dal sacco a pelo «stavo sognando! Ah, ah ah, ah ah, ho rivissuto tutto, proprio tutto, quello che abbiamo fatto durante il Cammino, anche i miei dubbi, i miei 63 www.domenicoscialla.it Camminando verso l’Oceano tormenti e la stessa promessa dei cento chilometri che ci siamo fatti qui, ieri sera e… Lì tu ti chiamavi St, Stefania, e io Richard.» «Può capitare di sognare cose fatte davvero, a me anche…» «Sì, ma c’è dell’altro! Oltre quello che ci è davvero accaduto…» scuoto la testa «a Santiago ho dato quasi di matto perché chissà quale Dio mi aspettavo di trovare lì. E poi tu, proprio tu e proprio qui, dopo che sono entrato in acqua, sei scomparsa. Sì, ah ah ah, io, i sommozzatori tedeschi, Diego e gli altri dell’albergo, non sapevamo che fine avessi fatto, Gabriella! Le ricerche, la mia disperazione, Dio buono se ci penso era così reale!» «La tua disperazione!? Ma allora un po’ mi vuoi bene, Domenico.» «Certo, e ora ancora di più. La cosa buffa è che sei stata vittima di un maleficio, ah! Poi io, proprio io, grazie a un mago e a un po’ di fortuna ti ho salvata; eri diventata uno scarafaggio, uno scarafaggio tra tanti, e…» «Uno scarafaggio!? Dai, ora però andiamo, altrimenti perdiamo l’autobus, mi racconti per strada tutti i particolari, sono davvero curiosa» sorride e si rialza. Raccolgo i sacchi a pelo, la prendo per mano, le sorrido e, incamminandoci verso l’ albergo, inizio a cantare: Help, I need somebody, help, not just anybody, help, you know I need someone, help. When I was younger, so much younger than today, I never needed anybody’s help in any way! 64 www.domenicoscialla.it