Mori-Rebellato
Transcript
Mori-Rebellato
Temi e problemi di storia del libro: alcuni orizzonti di ricerca Introduzione (Sara Mori – Elisa Rebellato) Il panel si propone di analizzare alcuni aspetti della Storia del libro nel corso dell‟età moderna. La Storia del libro ha assunto ormai da anni, grazie a molti studi attenti e vivaci, la fisionomia di disciplina storica aperta all‟interazione con altri settori della ricerca, come la Storia politica, religiosa, economica e sociale ma anche con materie come la Storia della letteratura e la Filologia. Qualche anno fa Robert Darnton ha proposto una delle migliori definizioni della Storia del libro. “La si potrebbe chiamare – ha scritto - anche Storia sociale e culturale della comunicazione per mezzo della stampa”, il cui scopo “è comprendere in che modo le idee siano state trasmesse attraverso la stampa e come il contatto con la parola stampata abbia influito sul pensiero e sul comportamento dell'umanità negli ultimi cinquecento anni”1. Darnton utilizza in maniera assai calzante il termine “contatto”, poiché ciò che emerge con evidenza nei più recenti studi di Storia del libro è l'attenzione verso la materialità del documento, l‟analisi cioè del libro sia come oggetto fisico che come contenitore reale e concreto di idee. Questo costante riferimento alla trasmissione materiale dei testi si ritrova negli studi di Donald McKenzie2, colui che ha rinnovato i metodi della bibliografia analitica di stampo anglosassone ponendo la questione della relazione tra forma, contenuto e interpretazione. I suoi scritti sono stati tradotti nel nostro paese con un certo ritardo, anche se il suo indirizzo di ricerca aveva comunque già raggiunto il mondo accademico italiano mediato dalla scuola francese dell'histoire du livre3. Infatti studiosi come Daniel Roche4 e Roger Chartier5 hanno avviato a partire dagli anni '80 un proficuo rapporto di scambio con gli storici italiani e hanno favorito in tal modo il consolidarsi anche nelle Università italiane della Storia del libro come disciplina autonoma. Momento fondamentale, da tutti riconosciuto per il suo valore, fu la traduzione nel 1977 de L'Apparition du livre, il testo di HenriJean Martin e Lucien Febvre, comparso in prima edizione francese già nel 1958 e che affondava le 1 R. Darnton, What is the history of books?, in Books and Society in History, a cura di K. E. Carpenter, New York, Bowker, 1983, pp. 3-26, trad. it. Che cosa è la storia del libro?, in Id., Il bacio di Lamourette, Milano, Adelphi, 1994, pp. 65-96, citazione da p. 66. 2 Un titolo su tutti, D.F. McKenzie, Bibliography and the sociology of texts, London, British library, 1986, testo della conferenza tenuta nell‟ambito delle “Panizzi lectures”. 3 La traduzione italiana uscì solamente nel 1998, presso l‟editore milanese Sylvestre Bonnard, arricchita però rispetto all‟ed. originale di due saggi, Ciò che è passato è il prologo di R. Pasta, e Testi, forme, interpretazioni di R. Chartier. 4 I suoi studi si sono rivolti principalmente alla Storia sociale e culturale. Si ricordino in particolare D. Roche, Le Siècle des Lumières en province. Académies et académiciens provinciaux, 1689-1789, Paris-La Haye, Mouton, 1978 e Id., Le Peuple de Paris. Essai sur la culture populaire au XVIIIe siècle, Paris, Aubier, 1981. 5 Lo storico francese, oltre ad aver diretto con Henri-Jean Martin i quattro volumi dell‟enciclopedica Histoire de l’édition française, Paris, Fayard-Cercle de la librairie, 1983-1986, ha stimolato la riflessione sulle pratiche di lettura (Lectures et lecteurs dans la France d’Ancien Régime, Paris, Éditions du Seuil, 1987). sue radici nella scuola delle Annales6. La scelta di inserire un panel totalmente dedicato alla Storia del libro all'interno di un seminario SISEM ci è parsa la maniera migliore per presentare il lavoro che molti storici del libro italiani stanno facendo in questi anni, vale a dire costruire una disciplina storica molto flessibile e capace di interagire in maniera proficua con altri campi del sapere umanistico. È evidente a tutti che la stampa ha un fortissimo valore periodizzante per l‟età moderna: l‟invenzione della stampa a caratteri mobili prese le mosse alla metà del Quattrocento per diffondersi capillarmente nei secoli successivi, pur mantenendo una sostanziale uniformità tecnica. Bisogna giungere alla fine del Settecento, con i cambiamenti nel sistema di produzione della carta e poi alla prima metà dell‟Ottocento e alle innovazioni tecnologiche legate al passaggio dal torchio manuale al torchio meccanico perché si verifichi una sostanziale mutazione degli orizzonti editoriali e librari, seppur con tempi e modi diversi nei vari paesi europei. Tutta la storia della stampa col torchio a mano, salvo attardate officine ottocentesche o riprese novecentesche da parte di amatori, si colloca all'interno dell'arco cronologico oggetto di questo seminario. Il modello sotteso alla strutturazione di questo panel è quello, proposto da Robert Darnton, che mira a delineare il „ciclo vitale‟ del libro, identificandone le successive fasi attraverso il circuito della comunicazione: l'autore scrive un testo, l'editore e il tipografo lo trasformano in un oggetto che attraverso la bottega di un libraio arriva nelle mani di un lettore, che può a sua volta trasformarsi in un autore, avviando un nuovo ciclo. In un‟ottica di confronto e integrazione degli interventi, abbiamo previsto di approfondire singoli aspetti, quali la produzione, la diffusione, la circolazione e la ricezione del libro a stampa. Rimane in secondo piano, anche se attraversa trasversalmente alcune delle relazioni proposte, un aspetto della vita del libro certamente importante e da non sottovalutare che è quello paratestuale, legato cioè a quei “dintorni del testo” che ne dirigono l'interpretazione e che sono parte della materialità del libro, cui si è accennato prima7. Sono previste dunque quattro relazioni che verteranno ognuna su una delle fasi della vita del libro: Lorenzo Di Lenardo prenderà in esame l‟aspetto della produzione, attraverso l‟analisi della figura dello stampatore-libraio, a partire dal caso esemplare della famiglia Lorio; Rudj Gorian concentrerà l‟attenzione sul momento della diffusione, soffermandosi in particolare sulla distribuzione della stampa periodica settecentesca; Elisa Rebellato si occuperà degli ostacoli alla libera circolazione dei testi, affrontando alcuni problemi relativi all'Indice espurgatorio romano e alla sua applicazione nella prima metà del Seicento; infine Sara Mori „chiuderà‟ il ciclo proponendo alcune riflessioni sul consumo e la ricezione del libro popolare fra Sette e Ottocento. Gli interventi non intendono offrire 6 L. Febvre, H.-J. Martin, La nascita del libro, a cura di A. Petrucci, Roma-Bari, Laterza, 1977, 2 v. Dopo la riflessione di G. Genette, Seuils, Paris, Editions du Seuil, 1987, si vedano i recenti sviluppi italiani in I dintorni del testo. Approcci alle periferie del libro. Atti del Convegno internazionale, Roma, 15-17 novembre 2004; Bologna, 18-19 novembre 2004, a cura di M. Santoro e M.G. Tavoni, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 2005, 2 v. 7 una rassegna della storiografia italiana o straniera sul tema proposto, ma attingono direttamente dalle esperienze di studio e ricerca degli studiosi che, condotte su periodi storici differenti, conferiscono al panel un‟ottica di lungo periodo. Editori e tipografi in età moderna: l’editore Lorenzo Lorio (1514-1528) Il mio intervento intende ricostruire l‟attività dell‟editore Lorenzo Lorio ed in particolare il ruolo decisivo che svolse nella diffusione in Italia delle opere di Erasmo da Rotterdam durante il primo Cinquecento8. Lorenzo Lorio fu il principale esponente di una dinastia di editori tipografi e librai originaria di Portese un piccolo centro sul lago di Garda nei pressi di Salò9. Attorno alla fine del Quattrocento, alcuni membri della famiglia Lorio si trasferirono prima a Udine e poi a Venezia esercitando diverse professioni legate al mondo del libro. Dalla fine del XV secolo e almeno fino alla metà del secolo successivo la città di San Marco rappresentò la capitale incontrastata dell‟editoria a livello europeo, qui operarono i più grandi e rivoluzionari imprenditori del settore, basti pensare a nomi quali Aldo Manuzio, Gabriele Giolito de‟ Ferrari o i Giunta e molti, soprattutto tra le maestranze, provenivano da Brescia e dal suo territorio. In questo contesto riuscì ad inserirsi anche Lorenzo Lorio che iniziò la sua attività di editore nella capitale della Serenissima almeno a partire dal 1514 proseguendola sicuramente fino all‟inizio del 1528. Lorio fu un editore quasi puro: non era un ricco libraio o un bravo tipografo, come tanti ce n‟erano stati fino a quel momento nel nostro paese, ma era principalmente un finanziatore di iniziative editoriali. Forse per qualche tempo ebbe anche una piccola tipografia, ma soprattutto fece pubblicare da vari stampatori una serie importante di libri, almeno 50, tra i quali spiccano ben 27 edizioni di Erasmo da Rotterdam. Erasmo giunse in Italia nel 1506 e vi rimase per circa tre anni. Dopo aver conseguito il dottorato in teologia a Torino si trasferì a Bologna e poi a Venezia. Qui avvenne l‟incontro con il più grande editore del tempo, Aldo Manuzio, con il quale iniziò a collaborare a partire dal 1508. Insieme ad Aldo il maestro olandese pubblicò la traduzione latina di due dialoghi di Euripide e soprattutto gli Adagia un‟opera che contribuì ad aumentare enormemente la sua fama internazionale. Nel 1509 Erasmo lasciò la Penisola per l‟Inghilterra, ma la pubblicazione delle sue opere nel nostro paese non si interruppe con la sua partenza, anzi proseguì con maggior vigore 10. Fino al 1530 i principali centri italiani che pubblicarono testi erasmiani furono Firenze, Roma e, soprattutto, Venezia. Qui il legame che univa Erasmo alla tipografia aldina continuò ad essere molto forte anche dopo la morte 8 L. Di Lenardo, I Lorio: editori, librai, cartai, tipografi tra Udine e Venezia (1496-1629), presentazione di U. Rozzo, Udine, Forum, 2009. 9 Per alcune notizie su Lorenzo Lorio si veda Id., Lorenzo Lorio e famiglia, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, II, L’età veneta, Udine, Forum, pp. 1505-1511; D. Ruggerini, Lorio Lorenzo, in Dizionario biografico degli italiani, 66, Roma, Istituto per l‟Enciclopedia Italiana, 2006, pp. 143-145; D. E. Rhodes, Lorenzo Lorio publisher at Venice, 1514-1527, in «La Bibliofilia», 89 (1987), pp. 279-283 . 10 Sul rapporto tra Erasmo e l‟Italia si veda A. Renaudet, Erasme et l’Italie, preface de S. Seidel Menchi, di Aldo avvenuta nel 1515; proprio in quell‟anno, ad esempio, il suocero di Manuzio, Andrea Torresano pubblicò un‟edizione della Moria, il celeberrimo Elogio della follia. Ma nella città di San Marco le opere erasmiane furono finanziate anche da altri editori quali Giovanni Tacuino, Nicolò Zoppino, Agostino e Benedetto Bindoni e, in modo particolare, da Lorenzo Lorio che risulta essere il più prolifico editore italiano di testi erasmiani dei primi trent‟anni del Cinquecento. In sintesi possiamo dire che tra il 1507 e il 1530 uscirono in Italia almeno 70 edizioni di Erasmo da Rotterdam, di queste ben 59 furono edite a Venezia dove a partire dal secondo decennio del XVI secolo operava Lorenzo Lorio. Tra il 1514 e il 1528, dunque in 14 anni di attività, Lorio si appoggiò per la stampa delle sue edizioni alle tipografie di Simone da Lovere, Alessandro Bindoni, e, soprattutto, a quelle del forlivese Gregorio De Gregori e dei fratelli Nicolini da Sabbio. Con queste officine tipografiche Lorio strinse di volta in volta contratti per la divisione delle spese e della tiratura delle edizioni secondo una tipologia di accordi che sembra essere stata la norma per gli editori di piccole dimensioni che volevano affrontare il mondo dell‟editoria senza disporre di capitali ingenti. La sua produzione si articolò principalmente in due settori: quello scolastico – e infatti la prima edizione pubblicata con il suo nome fu una Grammatica di Giorgio Valla - e quello di carattere religioso. Anche le 27 edizioni erasmiane che raccolgono 47 opere del maestro olandese comprendono sia testi di carattere squisitamente didattico, sia testi religiosi. Lorenzo Lorio fece di Erasmo il suo autore di punta sicuramente per l‟ampio successo personale che il batavo andava riscuotendo in ogni parte d‟Europa, ma anche perché spinto e incoraggiato in questa direzione da un gruppo di sostenitori delle idee erasmiane che all‟inizio degli Anni Venti del Cinquecento si erano riuniti intorno all‟Università di Padova. Tra questi personaggi spicca il tedesco Friedrich Grau, meglio noto con il nome latinizzato di Nausea. Questi giunto in Italia nel 1519 frequentò l‟ateneo patavino tra il 1520 e il 1523 mettendo a disposizione di Lorenzo Lorio le edizioni di Erasmo stampate a Basilea che aveva portato con sé o che si faceva spedire dalla Svizzera, svolgendo in questo modo un ruolo primario nella diffusione delle idee erasmiane in Italia11. Come ha scritto qualche anno fa Silvana Seidel Menchi queste edizioni erano destinate in primo luogo agli studenti: nel XVI secolo, infatti, nelle scuole europee l‟uso dei testi erasmiani era largamente diffuso e i maestri ebbero un ruolo cruciale nella circolazione delle idee dell‟umanista olandese. In particolare in Italia i principali fruitori di questa ondata di edizioni furono i ragazzi nati Genève, Librairie Droz, 1998. 11 Su Friedrich Nausea si veda I Bezzel, Das humanistische Frühwerk Friedrich Nauseas (1496-1552), in «Archiv für Geshichte des Buchewesens», 26 (1986), pp. 217-237; T. Pesenti, Le edizione veneziane dell’umanista tedesco Friedrich Nausea (per gli annali tipografici di Gregorio De Gregori ), in Viridarium floridum. Studi di storia veneta offerti dagli allievi a Paolo Sambin, a cura di M. C. Billanovich, G. Cracco, A. Rigon, Padova, Antenore, 1984, pp. 295-316; H. Gollob, Bischof Friedrich Nausea (1496-1552). Probleme der Gegenreformation, Nieuwkoop, De Graaf, 1967. intorno al 1510, gli stessi che tra gli Anni Trenta e gli Anni Quaranta del Cinquecento contribuirono alla nascita e allo sviluppo dei primi gruppi eterodossi italiani12. Tra i numerosi testi di Erasmo pubblicati da Lorio ricordo solamente l‟Enchiridion militis christiani del 1524 e i Colloquia del 1525, due opere che furono molto discusse e criticate e che oggi si conservano in pochissimi esemplari13. Quasi tutte le edizioni di Lorenzo Lorio sono accomunate dalla presenza sul frontespizio o sul colophon della marca editoriale di santa Caterina di Alessandria e l‟editore utilizzò questo simbolo di riconoscimento in diverse versioni. La stessa marca passò successivamente agli eredi che la impiegarono fino alla fine del Cinquecento. L‟attività editoriale di Lorenzo Lorio sembra interrompersi nel 1528 con la stampa della Paraphrasis in Evangelium secundum Ioannem di Erasmo e, dopo qualche anno di silenzio, il suo nome ricompare a Udine intorno al 1533. Qui rileva una libreria gestita da alcuni parenti proseguendo l‟attività di libraio fino alla morte avvenuta nel 1545. I motivi che lo indussero a sospendere la sua attività di editore a Venezia non sono del tutto chiari. Tra le possibili ipotesi c‟è lo scoppio dell‟epidemia di peste e tifo che colpì la città di San Marco tra il 1527 e il 1528 e che potrebbe averlo spinto a cercare rifugio presso i parenti rimasti in Friuli. Oppure le sempre più pesanti critiche che in quegli anni venivano rivolte ad Erasmo - già nel 1526 la Facoltà Teologica di Parigi aveva condannato i Colloquia -, potrebbero averlo indirizzato verso un‟attività più defilata. Ma non si può neppure escludere che Lorio dopo 14 anni di forti investimenti nel campo dell‟editoria preferisse dedicarsi ad una forma di commercio più semplice e meno rischiosa sul piano dell‟impegno economico come era quella del libraio. In fondo era un percorso comune a molti piccoli imprenditori del settore, come dimostra anche il caso dell‟editore bresciano Nicolò Garanta che è stato studiato qualche anno fa da Neil Harris14. Bisogna comunque sottolineare che qualche decennio più tardi il nome di Erasmo da Rotterdam venne duramente colpito dalla censura ecclesiastica, infatti, nel 1559 nel primo indice universale dei libri proibiti voluto da Paolo IV (Giovanni Pietro Carafa) e affidato all‟Inquisizione romana, il nome del batavo compare tra gli autori eretici di prima classe, quelli cioè di cui si proibiva il possesso e la lettura dell‟intera opera. Fu a causa della censura e dell‟uso intensivo di questi testi che oggi le edizioni erasmiane di Lorenzo Lorio sono molto rare e spesso sopravvivono in un unico esemplare. Lorenzo Di Lenardo Dottorato di ricerca in Scienze bibliografiche, archivistiche, documentarie, Università di Udine (2007) 12 S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia 1520-1580, Torino, Bollati Boringhieri, 1990. Su queste due edizioni di Lorenzo Lorio si veda L. Di Lenardo, Lorenzo Lorio da Portese editore a Venezia 1514-1528, in «La Bibliofilia», 111 (2009), pp. 1-28. 14 N. Harris, Nicolò Garanta editore a Venezia 1525-1530, in «La Bibliofilia», 97 (1995), pp. 99-148. 13 [email protected] I periodici politici a stampa nell'Italia del Settecento. Note su distribuzione e diffusione. In generale le gazzette, la più diffusa tra le tipologie di periodici politici del ‟700, erano distribuite attraverso i servizi postali e potevano arrivare, probabilmente, quasi ovunque fossero richieste. Soprattutto dagli ultimi decenni del secolo, inoltre, le gazzette venivano lette anche all‟interno di gabinetti, caffè e altre strutture adibite, in modo più o meno esclusivo, alla lettura (si consideri, ad esempio, il “casino” per la nobiltà aperto a Gorizia nel 1795)15. Comprensibilmente, la rapidità con cui le gazzette dovevano circolare derivava dal legame fisiologico delle notizie con l‟attualità: le informazioni interessavano soprattutto se erano recenti e, probabilmente, se erano fruite all‟interno di una regolare consuetudine di lettura. Questa perlopiù prevedeva il rapido consumo dei fascicoli e la sostituzione degli stessi con i nuovi numeri dei periodici, prassi che ha reso le gazzette materiali molto rari (sebbene non manchino casi di conservazione non solo non casuale, ma anche attenta e lungimirante da parte di lettori particolarmente consapevoli)16. Il numero di fogli di notizie in circolazione era notevole e una gazzetta valida poteva incontrare un buon successo di pubblico anche lontano dalle zone di produzione, come suggerito –tra l‟altro – dalla distribuzione di gazzette estere in Italia e dalla ristampa di alcune di esse nella penisola17. Un‟alternativa alle ristampe era data dalle traduzioni, come accadde per il celebre mensile «Mercure historique et politique» (L'Aja, 1686-1782), le cui principali versioni italiane uscirono a Venezia (1718-1783?) presso Luigi Pavini e a Pesaro presso Niccolò Gavelli (1734-1754), e che riuscì a ritagliarsi uno spazio accanto all'ormai solido «Mercurio» di Venezia puntando su una traduzione più conforme al periodico originale. A conferma dell‟ampia diffusione della traduzione veneziana si ricordi che tra 1767/1768 e 1774/1775 a Palermo Gaetano Bentivenga ristampò, previa autorizzazione (dietro pagamento) di Pavini, un‟edizione del «Mercurio» di Venezia, pubblicata su richiesta dei lettori locali come alternativa all‟acquisto della traduzione veneta la cui distribuzione in Sicilia era disagevole. Anche altri editori o gazzettieri cercarono di inserirsi nel mercato dell‟informazione mensile. A Modena, nel 1749, Antonio Bernardi lanciò con scarsissimo successo una nuova elaborazione del «Mercurio», cercando di contrastare in particolare il mensile di Venezia con la diffusione, in varie città italiane, di un “avviso” volto a screditarlo; tra 1756 e 1762, invece, 15 R. Gorian, Editoria e informazione a Gorizia nel Settecento: la “Gazzetta goriziana”, Trieste, Deputazione di Storia patria per la Venezia Giulia, 2010, pp. 85-88. 16 Per una figura perticolarmente rilevante di lettore - raccoglitore di gazzette e altri periodici minori si veda R. Gorian, Un frammento dalle "Filze giornaliere" di Giuseppe Pelli Bencivenni: il «Cervellino stracciabarba», «Seicento e Settecento», III, 2008, pp. 91-103. 17 Su alcune ristampe veneziane (e non solo) di fogli europei: R. Gorian, Le gazzette sul conclave (1724-1779). Analisi di una tipologia di periodici veneziani, Venezia, Marcianum Press, 2007, pp. 35-36. gli editori Agnelli di Lugano entrarono temporaneamente nel mercato italiano dei mensili politici proponendo un “mercurio” in parte più aggiornato dei periodici similari che uscivano nella penisola18. Disporre di efficienti canali di distribuzione dei periodici era quindi importante e in qualche caso gli editori avevano dimostrato una grande abilità nel pianificare le reti di diffusione dei propri stampati. È il caso del veneziano Antonio Graziosi (che fu anche gestore di un servizio di lettura a pagamento di periodici italiani ed esteri), quando immise sul mercato le «Notizie del mondo», nel 1778. Il lancio del foglio venne curato fin nei minimi dettagli, sia dal punto di vista promozionale sia a livello di distribuzione, che prevedeva la diffusione di fascicoli-campione gratuiti del nuovo bisettimanale e la possibilità di acquistare il foglio con abbonamenti annuali, semestrali o a numeri singoli. Le associazioni si potevano sottoscrivere nei domini veneti, presso librai o uffici postali nelle principali città italiane e anche all‟estero (ad esempio in Germania o a Fiume nella Carniola). Graziosi era anche disposto ad assoldare dei “pedoni” capaci di recapitare la gazzetta franca di porto anche in zone difficili da raggiungere dai corrieri ordinari, a condizione che gli abbonati residenti nella zona di riferimento fossero almeno 10 o 1519. Diversa era invece la situazione di alcuni periodici locali minori come la «Gazzetta goriziana» (1774-1776), che era rivolta in maniera pressoché esclusiva ai lettori residenti nella stessa città di pubblicazione (Gorizia, con estensione all‟omonima Contea) e che pertanto era diffusa tramite canali di distribuzione circoscritti a porzioni di territorio limitate20. Ancora differente fu, invece, la situazione in cui operarono i produttori dei fogli veneziani dedicati ai conclavi, la cui realizzazione doveva misurarsi con problemi di varia natura che estremizzavano alcuni dei disagi congeniti alla produzione delle gazzette (come la scarsità di notizie da stampare in questo caso romane - cui si rimediava con la pubblicazione alternativa di satire o testi vecchi di decenni, se non risalenti al Seicento). A questi problemi si aggiungeva l‟impossibilità di commercializzare le gazzette dietro abbonamento, poiché l‟evento da cui dipendeva (almeno formalmente) la ragion d‟essere di questi periodici, ossia il conclave, non aveva una durata preventivabile. In questo modo, i fogli erano distribuiti a pagamento in un mercato incerto e fortemente concorrenziale solo come singoli numeri settimanali (a parte un titolo, che sopravvisse 18 R. Gorian, Per una storia editoriale delle traduzioni italiane del «Mercure historique et politique», in «Navigare nei mari dell'umano sapere». Biblioteche e circolazione libraria nel Trentino e nell'Italia del XVIII secolo, atti del convegno di studio, Rovereto, 25-27 ottobre 2007, a cura di G. Petrella, Trento, Provincia Autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni librari e archivistici, 2008, pp. 141-154. 19 Su vendita e diffusione di questa gazzetta: R. Gorian, Le «Notizie del mondo» di Antonio Graziosi. Nascita, diffusione e confezionamento di una gazzetta veneziana settecentesca, in La lettera e il torchio. Studi sulla produzione libraria tra XVI e XVIIII secolo, a cura di U. Rozzo, Udine, Forum, 2001, pp. 409-466. 20 R. Gorian, Editoria e informazione, cit. per anni al conclave di Pio VI)21. Accanto alla distribuzione dei fascicoli di base delle gazzette aveva notevole importanza la diffusione dei supplementi, utilizzati da gazzettieri ed editori per migliorare l‟offerta informativa dei periodici, come nel caso della gazzetta di Pesaro, che contemplava la distribuzione di un supplemento dietro il pagamento di un abbonamento maggiorato, o come nell'annata 1751 de «Il Messaggere» di Modena, il cui editore, per agevolare, in circostanze particolari, il recapito veloce di notizie aggiornate in determinate aree geografiche, diffondeva delle anticipazioni degli stessi supplementi (corrispondenti, anche fisicamente, ad una colonna di testo della gazzetta), contenenti notizie che poi erano nuovamente diffuse nei supplementi veri e propri22. Si consideri, tuttavia, che non sempre i supplementi si sono conservati, che generalmente non sono individuabili dalla consultazione dei cataloghi di periodici e che a volte la loro assenza non è nemmeno deducibile dallo studio dei fascicoli ordinari23. Alle gazzette potevano tuttavia essere aggiunti anche materiali pubblicitari, relazioni di approfondimento sull‟attualità e immagini che rendevano i periodici veicoli di supporto alla distribuzione di stampati il cui legame originario con i periodici non era sempre esplicito.24. Su un piano per molti versi differente si collocava, invece, la distribuzione dei corposi annuari politici, in Italia rappresentati quasi esclusivamente dalla famosissima «Storia dell‟anno» di Venezia. Di questa da un lato si distribuivano, nelle librerie di tutta Italia, i singoli tomi annuali, effettivamente periodici, dall‟altro, invece, vaste raccolte di tomi arretrati, presentate come un prontuario in divenire della “storia del secolo XVIII” che, in questa forma, aveva ormai poco o nulla a che fare con la stampa periodica25. Rudj Gorian Dottorato di ricerca in Scienze bibliografiche, archivistiche, documentarie, Università di Udine (2003) [email protected] 21 R. Gorian, Le gazzette sul conclave (1724-1779), cit. 22 Su supplementi e allegati alle gazzette: R. Gorian, Frontespizi, supplementi, cartigli. Note sulla conservazione e l'integrità delle raccolte di gazzette, in Libri e documenti. Le scienze per la conservazione e il restauro, a cura di M. Plossi – A. Zappalà, Gorizia, Biblioteca Statale Isontina - Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2007, pp. 37-62. Sulle carte geografiche e sulle immagini diffuse con i periodici politici veneziani sei-settecenteschi (incluse le «Notizie del mondo»): Id., Testo e immagine nei periodici antichi: le testate politiche veneziane (XVII-XVIII secolo), in Storia per parole e per immagini, a cura di U. Rozzo – M. Gabriele, Udine, Forum, 2006, pp. 267-299. 23 Cfr. la nota precedente; sui cataloghi di settore: I cataloghi di periodici antichi: riflessioni su alcune potenzialità descrittive, «Biblioteche oggi», XXV, 2007, 5, pp. 40-44 (versione elettronica: <http://www.bibliotecheoggi.it/2007/20070504001.pdf>). 24 25 R. Gorian, Frontespizi, supplementi, cartigli, cit. R. Gorian, Gli annuari politici veneziani del Settecento: struttura e paratesto fra stampa periodica e storiografia, «Paratesto», III, 2006, pp. 123-140. La censura libraria in età moderna: l'espurgazione Nel mio intervento, attraverso lo studio di un caso particolare, intendo mettere in evidenza alcune problematiche inerenti al funzionamento della censura cattolica in età moderna, in particolar modo relativamente al procedimento dell'espurgazione. È evidente che, all'interno del circuito del libro individuato da Darnton26, il ruolo della censura ecclesiastica non si concentrò in un unico momento, ma pervase tutto il percorso che trasforma le idee degli individui in oggetti fisici. Il timore della Chiesa nei confronti della stampa era dettato dalla sua capacità di diffondere le idee anche a distanza, consentendo il dilagare del pensiero eterodosso. Il sistema del libro venne quindi sottoposto a censura in ogni passaggio: si attaccavano personalmente gli autori, condannandoli come eretici; i tipografi erano ritenuti colpevoli al pari degli autori per la stampa di opere proibite o per la mancata richiesta dell'imprimatur; le botteghe dei librai potevano essere sottoposte a ispezioni e sequestri; il commercio tra gli Stati era ostacolato dai controlli alle frontiere; i confessori esercitavano la loro supervisione sul mondo dei lettori, negando l'assoluzione ai possessori di libri proibiti e rinviandoli al foro esterno dei tribunali inquisitoriali. Tutto il circuito che dall'autorelettore arrivava a un nuovo lettore, potenzialmente autore, era posto sotto il controllo ecclesiastico. L'espurgazione stessa andava a colpire diversi momenti del circuito del libro. All'interno del sistema censorio, essa era di gran lunga la pratica più complessa, introdotta con l'Indice Tridentino del 156427. Nata per permettere la circolazione di testi che altrimenti sarebbero stati totalmente proibiti, e quindi con scopi “liberali”, essa finì col colpire in maniera pesante il mercato librario. Da una parte la condanna all'espurgazione bloccò in un limbo centinaia di opere in attesa di una ripulitura che non avrebbe mai avuto luogo; d'altra parte, le opere che riuscirono ad ottenere una nuova edizione espurgata, e che quindi furono rimesse in circolazione, non contenevano più quello che il loro autore aveva voluto dire. Uno snodo fondamentale per capire il fallimento di tale pratica fu la pubblicazione dell'Indice espurgatorio del 160728, l‟unico realizzato dalla Chiesa di Roma. Dopo alcuni tentativi collegiali, nel 1604 la Congregazione dell‟Indice decise di affidare l'incarico al Maestro di Sacro Palazzo Guanzelli. Nell'estate del 1607 la stampa risultava compiuta, ma il domenicano fu rimosso dall'incarico di Maestro di Sacro Palazzo e nominato vescovo di Polignano, con l'intento di 26 R. Darnton, What is the history of books?, in Books and Society in History, a cura di K. E. Carpenter, New York, Bowker, 1983, pp. 3-26, trad. it. Che cosa è la storia del libro?, in Id., Il bacio di Lamourette, Milano, Adelphi, 1994, pp. 65-96. 27 U. Rozzo, L’espurgazione dei testi letterari nell’Italia del secondo Cinquecento, in La censura libraria nell’Europa del secolo XVI, a cura di U. Rozzo, Udine, Forum, 1997, pp. 219-271. 28 Sulle intricate vicende che portarono alla pubblicazione e alla successiva sospensione dell‟espurgatorio, mi permetto di rinviare a E. Rebellato, Il miraggio dell’espurgazione. L’Indice di Guanzelli del 1607, in «Società e Storia», 122 (2008), pp. 715-742. allontanarlo dalla Congregazione29. A questo punto, i cardinali decisero di pubblicare l'Indice, pur mantenendo la volontà di farlo rivedere dai consultori. La revisione tuttavia non ebbe conseguenze pratiche e ancora nel gennaio del 1612 la Congregazione dibatté sulla validità o meno dell‟Indice di Guanzelli, senza peraltro arrivare a un divieto totale. L'incertezza riguardo all'autorità che doveva emanare le censure e alla normativa da applicare fu un grave ostacolo al corretto funzionamento dell‟apparato di controllo: chi doveva far applicare le norme non sapeva quali seguire, e il lettore non era consapevole del “grado di proibizione” di ciò che stava leggendo. È quindi interessante rilevare che, nell'esercizio quotidiano della censura, l'espurgazione veniva esercitata applicando indifferentemente le indicazioni dell'espurgatorio spagnolo o di quello romano, o di tutti e due. I censori locali utilizzarono gli indici spagnoli non solo prima del 1607, quando cioè uno strumento romano ancora non esisteva, e quando la pratica sarebbe risultata legittima, ma anche negli anni successivi, a causa delle traversie dell'Indice di Guanzelli, che lo circondarono di un'aura di inaffidabilità. Una testimonianza di tale pratica è fornita da un esemplare delle Curationum medicinalium centuriae di Amato Lusitano, il famoso medico ebreo portoghese che abbandonò la penisola iberica a causa delle persecuzioni antigiudaiche30. Le centurie presentavano il risultato delle sue scoperte, unite a moltissimi casi pratici. Essendo uno strumento di lavoro per i medici, erano un testo che rientrava appieno nel concetto di utilità, che era il discrimine tra ciò che aveva il “diritto” di essere espurgato e ciò che invece poteva essere lasciato a giacere nei depositi degli Inquisitori. In Italia, la prima Centuria era stata pubblicata per la prima volta nel 155131, ma per il testo completo si dovette attendere il 156632. Le proibizioni vennero emanate successivamente: quella portoghese risaliva al 1581, seguita da quella spagnola del 1583, con l'espurgazione che venne approntata l'anno successivo. Per una proibizione romana bisogna attendere il 1596, sempre con il donec expurgentur. L'esemplare posseduto dalla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna è costituito da due volumi di edizioni diverse33, il primo con le quattro centurie pubblicate da Baldassare Costantini nel 1557, il secondo con la quinta e la sesta nell'edizione Valgrisi del 1560. Entrambi i tomi erano appartenuti ad Annibale Magnocavalli, come testimoniano le note manoscritte sui frontespizi. Si trattava di un proprietario di tutto rispetto: era infatti uno dei due protagonisti de La civil conversazione di 29 Non è noto se la disgrazia in cui cadde l'Indice fosse frutto di opposizioni dogmatiche tra Guanzelli e i cardinali o se il mutamento fosse solamente politico. Il Maestro di Sacro Palazzo faceva parte della corte di Pietro Aldobrandini, che si era trovato in difficoltà con l'ascesa al soglio di Paolo V, e con lui il suo seguito. 30 Su Amato Lusitano si veda la voce di B. Nardi in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1960, v. 2, pp. 681-682. 31 A. Lusitano, Curationum medicinalium centuria prima, Florentiae, cudebat Laurentius Torrentinus, 1551. 32 Id., Curationum medicinalium tomus primus [-centuria septima], Venetiis, apud Vincentium Valgrisium, 1566, 3 v. 33 Le segnature di collocazione sono 10.X.V.21 e 10.X.VI.10. Stefano Guazzo, il celebre dialogo sulla formazione del nobile34. Annibale Magnocavalli possedeva il testo di Amato Lusitano per motivi professionali; era infatti un medico. L'espurgazione su questi esemplari venne eseguita nel 1639, con grave ritardo rispetto alla data della condanna, che risaliva all‟Indice clementino. Quando i due volumi furono sottoposti all‟espurgazione, essi non appartenevano già più al medico. Magnocavalli, infatti, morì il 1 marzo 1596, senza essere a conoscenza della proibizione, poiché il Clementino venne emanato tra l‟aprile e il maggio dello stesso anno. Le Centuriae appartenute al medico finirono tra le mani degli Inquisitori forse per il controllo previsto sulle biblioteche al momento dei passaggi ereditari, o forse perché ritornate sul mercato del libro usato. Sulle carte di guardia anteriori dei due volumi si legge la medesima nota: “Presens opus Amati Lusitani fuit revisum et emendatum iuxta expurgatorium hispanicum de mandato Patris Inquisitoris Casalensis die 9 septembris 1639 et visum est concordare. Pater Hyacintus Inquisitor Casalensis”. L'Inquisitore aveva apportato le correzioni imposte da Bernardo Sandoval nell'Index stampato a Madrid nel 1612, il più recente indice espurgatorio spagnolo. È interessante notare che le segnalazioni delle frasi da eliminare nell'Indice spagnolo del 1612 non riprendevano quelle evidenziate dal precedente Indice spagnolo del 1584, dove erano eliminati soli tre passi, ma sostanzialmente proponevano la ben più ricca censura riportata da Guanzelli nel suo Indice del 1607. L'Indice spagnolo aveva quindi abbandonato la propria tradizione censoria autonoma per fare propria l'espurgazione contenuta nell'Indice romano. Esistono tuttavia delle differenze che permettono di verificare che l'Inquisitore di Casale aveva realmente tra le mani l'Indice spagnolo e non quello di Guanzelli. Tre esempi confermano quanto da lui affermato: nella Curatio 55. della seconda Centuria seguendo Guanzelli si sarebbe dovuto cancellare il nome di Leonard Fuchs, mentre nell‟esemplare considerato la censura non fu effettuata. L'Inquisitore eliminò poi totalmente la 36. Curatio della quarta Centuria, quando invece Guanzelli indicava di espungere solo alcune frasi35. La stessa cosa, infine, accadde con la Curatio 84. della quinta Centuria: secondo l'espurgatorio romano andavano corretti solo il titolo e la prima frase, mentre l'eliminazione totale della Curatio era previsto dall'Indice spagnolo del 1612. In periferia, quindi, si espurgavano libri seguendo l'elenco spagnolo, anche quando le sue indicazioni non differivano di molto da quelle di Guanzelli. Casale non era uno dei territori italiani sottoposti all'Inquisizione spagnola, nonostante le guerre del Monferrato avessero portato gli eserciti iberici a scontrarsi con quelli francesi proprio qui. La zona era saldamente in mano all'Inquisizione romana, e inquisitore di Casale negli anni '70 del Seicento fu Tommaso Menghini, 34 Su Magnocavalli si veda G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati di S.M il Re di Sardegna, Torino, Maspero e Marzorati, 1856, v. 28, p. 89. 35 L‟espurgazione della Curatio 36. della Centuria IV è analizzata da D. Front, The expurgation of medical books in sixteenth-century Spain, in «Bulletin of the History of Medicin», 75 (2001), pp. 290-296. autore del celebre manuale. Perché allora usare l'Indice spagnolo? Probabilmente perché si trattava della soluzione più pratica: l‟Indice di Guanzelli era bloccato dal 1612, gli Inquisitori locali avevano necessità di espurgare i libri e l'unico strumento a disposizione restava l'indice spagnolo. Di queste difficoltà e incertezze nell‟applicazione delle direttive si deve tener conto per valutare appieno gli esiti concreti delle decisioni romane in materia di censura. Elisa Rebellato Dottorato di ricerca in Scienze bibliografiche, archivistiche, documentarie, Università di Udine (2005) [email protected] Fra oralità e scrittura: alcune riflessioni sulla lettura fra Sette e Ottocento Questo intervento intende proporre un percorso per ricostruire pratiche di lettura e sociabilità popolare nella Toscana di inizio Ottocento, attraverso la ricerca e l'analisi dei fogli volanti popolari, in particolare di quelli legati al mondo dei cantastorie36. Nei Registri delle opere presentate alla Regia Censura fiorentina (1815-1848) si trovano i titoli di centinaia di fogli volanti, come Canzonetta nuova sopra d’un giovine che si innamora di una bella contadina, La ritirata de’ napoletani, Canzonetta ad uso dei ciechi, Canzonetta per la pace e per il ritorno dei giovani alla patria37. Nel prima metà dell‟Ottocento nelle città toscane, e verosimilmente anche nelle altre città italiane, si fermavano ambulanti di ogni genere, quasi mai forniti di reali capacità, ma in generale accomunati dalla conduzione di una vita girovaga e di un‟esistenza ai margini della vita sociale, in bilico fra l‟accattonaggio e la piccola criminalità38. Già nel Settecento i Granduchi toscani avevano pensato di legiferare in proposito con un editto del 1780 e una serie di ordini emanati nel 1784 che prevedevano anche pene molte severe per i trasgressori. La provenienza dalle classi sociali più marginali e soprattutto la loro inevitabile mobilità territoriale destavano infatti nelle autorità continui sospetti e preoccupazioni per la stabilità e l‟ordine pubblico. Poco dopo la Restaurazione la Presidenza del Buon Governo cercò di limitare l‟ingresso con varie circolari e, dopo pochi mesi, con una notificazione del 22 luglio 1815 in cui si cerca di regolare in maniera più precisa queste pratiche. Nella notificazione si annullano tutte le licenze precedentemente accordate a stranieri e residenti in Toscana e si ordina a coloro che vogliano prolungare la loro attività di fare istanza di un nuovo permesso ai commissari di quartiere fiorentini competenti per quanto concerne Firenze, e ai Vicari o Commissari regi per le province granducali; inoltre si suggerisce alle autorità governative di rifiutare la licenza non solo ai “cattivi soggetti” ma anche a coloro che “possono meglio sovvenire alla propria sussistenza coll‟applicazione alle Arti utili”39. L‟impressione è che comunque i funzionari di polizia della Restaurazione fatichino a disciplinare i cantastorie e gli altri ambulanti. I controlli e le relazioni sulle attività di queste persone sono numerosi, segno del profondo controllo sociale che si cercava di operare, ma allo stesso tempo ci si 36 Per una bibliografia completa sull'argomento mi permetto di rimandare a S. Mori, Fogli volanti in Toscana. Forme di comunicazione pubblica durante la Restaurazione (1814-1849), tesi di dottorato in storia, Università di Pisa, 2008. 37 Archivio di Stato di Firenze (d'ora in avanti ASFI),Censura, Registri delle opere presentate alla Regia Censura, 1-37. 38 Sul tema citiamo solamente R. Chartier, Figure della furfanteria. Marginalità e cultura popolare in Francia tra Cinque e Seicento, Roma, Treccani, 1984. 39 È il caso ad esempio di Tommaso Scodellini, a cui la Presidenza del Buon Governo respinge la richiesta di esporre un‟immagine sacra per le campagne toscane, dato che ha 30 anni e ha imparato il mestiere di doratore e verniciatore. ASFI, Presidenza del Buon Governo Affari comuni 1814-1848 , f. 2725. rende conto di come spesso le indagini si interrompano perché la persona non è più rintracciabile, ritornata nelle pieghe della marginalità e dell‟illegalità da cui era emersa. Le patenti di cantastorie erano concesse generalmente a ciechi o persone con menomazioni fisiche che impedivano loro di svolgere qualsiasi altro lavoro, in tal modo la licenza diveniva spesso l‟ultima possibilità di sostentarsi per conto proprio prima della vera e propria mendicità. Spesso coloro che desideravano questa patente si rivolgevano al parroco della propria zona o ad un altro membro della gerarchia ecclesiastica per redigere la supplica e per confermare la loro inabilità fisica e al contempo garantire la loro buona condotta. La licenza era un modulo, entrato in uso a partire dalla notificazione del 1815, di durata di soli mesi e rinnovabile. Il governo si dimostra comunque piuttosto disponibile e in certe casi concede licenze anche a chi ha dei precedenti non proprio di specchiata moralità. Ad esempio nel 1834 concede a Giuseppe Chiarini, che ha precedenti per rissa e canti osceni, la patente in ragione della sua famiglia numerosa40. Generalmente le canzonette dei cantastorie sono tutte su fogli volanti di piccolo o medio formato, al massimo in-ottavo, la carta è di pessima qualità e la composizione tipografica è sciatta. Tutto ciò è molto prevedibile data la natura popolare e la vendita a pochi soldi di questi prodotti, che sono quindi fatti in economia; poche sono anche le illustrazioni e decorazioni, spesso più che grandi figure sono vignette o fregi posti fra il titolo e il testo della canzone. Le tematiche affrontate nelle canzoni sono molto varie: ai temi classici della canzone popolare quali l‟amore, la gelosia, il matrimonio, la morte, la giovinezza, la vecchiaia, se ne affiancano altri legati all‟esperienza della quotidianità contadina, come l‟alternarsi delle stagioni e il tempo, ma la struttura compositiva della canzone, elastica e flessibile, è capace tra l‟altro di accogliere anche temi di attualità come il destino di Napoleone, la vittoria degli alleati, la fuga di Pio VII. Le canzonette politiche vengono pubblicate e si cantano solo nei momenti di stretta attualità, sempre comunque insieme alle composizioni tradizionali. Il censore rivedeva minuziosamente le canzonette, soprattutto quelle di carattere politico, perché potevano contenere termini osceni o frasi che potevano „eccitare gli animi‟. Sedare le polemiche, sia all‟interno che all‟esterno del Granducato, è lo scopo principale della censura toscana nei primi anni della Restaurazione. Nel settembre 1814, ad esempio, lo stampatore fiorentino Fabbrini si vede rifiutare l‟approvazione per la stampa di una Canzonetta per cantarsi dai ciechi sul preteso concordato fatto dal Santo Padre, che evidentemente riguardava il complesso rapporto tra lo Stato e la Curia romana in un momento molto delicato per la vita del Granducato41. I numerosi sequestri sono una ulteriore conferma della diffusione di questi fogli volanti. Il 4 novembre 1814 sono 40 41 ASFI, Presidenza del Buon Governo, Affari comuni 1814-1848, f. 2545. ASFI, Censura, Registri delle opere presentate alla Regia Censura, 1. presentate dall‟Auditore del Governo di Livorno tre composizioni, La Canzonetta su Napoleone a Mosca, la Canzonetta nuova sopra i lamenti che fa Napoleone Bonaparte da sé medesimo sulla perdita di tutti i regni, già presentata alla censura fiorentina nel maggio precedente e rigettata, mentre la terza dal titolo Partenza del Sommo Pontefice da Roma Luminose vittorie delle Potenze Alleate, suo festeggiante ritorno era stata approvata dal censore fiorentino Mauro Bernardini con la clausola di apportare significativi cambiamenti e in seguito, cosa mai avvenuta secondo il censore, ripresentarla per l‟approvazione42. Stampare clandestinamente, „alla macchia‟, era una pratica molto diffusa e certamente la produzione e la circolazione di fogli volanti era certamente più rapida e più „discreta‟ di quella di un libro. Nonostante la maggior parte di queste pubblicazioni sia formata da componimenti assolutamente contrari ed ostili alle passate vicissitudini napoleoniche, era fondamentale tuttavia evitare che si sollevasse una qualsiasi polemica su questo tema. Non si deve pensare comunque che siano state solamente le composizioni di argomento politico ad incorrere nella censura, numerosi sono i sequestri e le denunce di canzonette satiriche o oscene. Ad esempio, nell‟ottobre del 1837, l‟Auditore del Governo di Siena inoltra una pratica alla Presidenza del Buon Governo sul sequestro di alcune canzonette al cantastorie Giovacchino Valdirosi, che era stato fermato dalla polizia per le strade di Siena dove stava cantando alcune canzonette dai soggetti troppo morbosi o osceni come Storia nuova di un caso successo in Valenza dove si intende come Angiola crudele privò di vita il padre e la madre per cagione d’amore; altra Composizione novissima per far conoscere tre mestieri d’amore alla bella Marietta e la terza Canzonetta nuova sopra la Rosina lavandaia43. Nel racconto di Angiola, sequestrato dalla polizia senese, oltre all‟immoralità dell‟assassinio dei genitori, troviamo anche il suicidio della stessa, elemento certamente pericoloso in una società fortemente legata agli insegnamenti cristiani. Ma la scelta di censurare scritti di tal genere non è legata solo a fattori religiosi ma anche di ordine pubblico e tranquillità della popolazione, che deve credere di vivere in una società dove la violenza è gestita solo dall‟ordine costituito. Le altre due canzoni che il Valdirosi aveva con sé, ma che affermava non aver mai cantato, non avevano per soggetto omicidi o atti violenti ma il tono era troppo licenzioso. Il Valdirosi non era sconosciuto alla polizia granducale, che già l‟anno precedente l‟aveva fermato a Firenze perché trovato in possesso di “65 storie plateali, 21 delle quali mancano di censura; le altre 44 portano un titolo di fatti abominevoli e barbari […] queste carte […] sembrano stampate all‟Estero”44. Dalle parole del cantastorie, che nell‟interrogatorio afferma di aver comprato i testi da un merciaio ambulante, possiamo ben capire la ragione di tale varietà: probabilmente questi artisti formavano il 42 43 44 ASFI, Presidenza del Buon Governo Affari comuni 1814-1848, f. 73. ASFI, Presidenza del Buon Governo Affari comuni 1814-1848, f. 3098. Ivi. loro repertorio comprando canzonette nei vari luoghi che giravano, spesso acquistandole da altri girovaghi come loro. La circolazione di questi scritti era dunque non solo molto estesa ma anche complessa; solo raramente conosciamo i tipografi che si occupavano di stamparli. Sappiamo ad esempio che dalla stamperia Vannini di Prato proviene una canzone sequestrata al cantastorie cieco Gambassini di Pontedera, ma dimorante a Livorno, che dichiara di aver acquistato a Lucca e a Livorno due canzoni “insieme di casi atroci e ripugnanti al buon senso”, intitolate Funestissimo caso di recente accaduto in un bosco di un assassino che uccide il proprio figlio incognito. Istoria sull’aria della dolce Chiarina di Nicodemo Lermil e Seguito della narrazione del funestissimo caso..., (Prato, Stamperia Vannini)45. Questi numerosi sequestri dimostrano bene come i fogli volanti avessero un buon mercato e fossero acquistati in quantità dagli ambulanti, allo scopo di rivenderli a chi ascoltava le loro declamazioni. Con buona probabilità molti dei loro acquirenti non erano del tutto capaci di leggere nemmeno le poche righe dei componimenti, ma esse fornivano una sorta di promemoria, di ricordo dell‟ascolto fatto per la strada, da usare durante la veglia serale per intrattenere la famiglia e i conoscenti. Sara Mori Dottorato di ricerca in storia, Università di Pisa (2008) [email protected] 45 ASFI, Presidenza del Buon Governo Affari comuni 1814-1848, f. 3098.