Il canto liturgico - San Pietro di Sorres
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Il canto liturgico - San Pietro di Sorres
NOTE d’ARCHIVIO dimostrazioni di virtuosismo. In liturgia non c’è spazio per l’esibizionismo, anzi occorre “edificare” quell’architettura sonora sobria e nobile fortificata da uno studio attento e a misura delle partiture, contrassegno questo di uno status spirituale raggiunto nello spirito e nella sapienza di Dio, e di una fede cristiana posseduta ed esercitata. Il vero compito di un musicista di chiesa è quello di affermare nell’assemblea l’arte dei suoni per dare più dignità e più magnificenza alla preghiera liturgica. Ma i due nostri maestri non mancavano di raccomandare una forte vigilanza sull’impegno corale, anche su quello vissuto con serietà e coinvolgimento da gruppi responsabili e consapevoli, in quanto l’inquietudo cordis, su cui Agostino tanto ha scritto, può svilupparsi più sensibilmente e provocare turbamento e smarrimento umano proprio quando le corde del cuore vengono percosse dalle forti emozioni che solo la musica può dare. Il canto liturgico: cultura, studio e vita spirituale secondo Agostino Angelo Rosso Archivio Musicale dell’Angelo di Milano in memoria di S. E. Mons. Giovanni Volta e Padre Fernando Vittorino Joannes Immagini: Pinturicchio, S. Agostino e il bambino in riva al mare (sec XV) Il maestro del coro, miniatura medievale S. Pietro di Sorres - 16 agosto 2012 La prima edizione di “Chiesa e Musica”, convegno di polifonia vocale e strumentale che ha luogo a San Pietro di Sorres dal 16 al 19 agosto, si apre con una Veglia musicale particolare in ricordo di S.E. mons. Giovanni Volta e di Padre Fernando Vittorino Joannes che nei primi mesi del 2012 hanno raggiunto la casa del Padre. Entrambi sono stati maestri, qui a San Pietro di Sorres, nell’ambito dei corsi estivi di Liturgia e Musica organizzati dal Coro dell’Università Cattolica di Milano dal 1991 sino al 1999. La loro commemorazione ha un convitato d’eccellenza, la cui figura fu tanto a loro cara quanto a noi cantori e musicisti di chiesa: don Pietro Allori. ragiona con i segni (suoni) della musica. Perciò le loro parole suonano come un’esortazione a seguire la paideia agostiniana, ovvero quella didattica fondata sulla ricerca della verità profonda, sulla teologia del maestro interiore, se vogliamo che tutto ciò che di naturale e di artigianale (in senso medievale) esiste si innesti in una dimensione soprannaturale. I due maestri ci hanno insegnato e ripetuto quanto Agostino aveva imparato da Ambrogio: l’“ascoltare di dentro”, non un vano cantare la Parola di Dio all’esterno senza un ascolto interiore. Pur non avendolo mai conosciuto, tramite l’ascolto delle sue composizioni, hanno saputo riconoscere ed esprimere, con interventi e riflessioni profonde, tutta la forza spirituale che emana dall’artistica produzione musicale di don Allori, additandola a modello di bellezza sonora eccellente per le liturgie di prima e dopo il Concilio Vaticano II. Questi due venerati maestri continueranno a guidare i nostri passi di impegno artistico e di servizio alla musica liturgica, e oggi, più di ieri, ci dicono di non fermarci e di osare ancora di più nel voler costruire una vera cultura della musica sacra. Nella cartellina troverete alcuni passi di diversi interventi da loro effettuati nei vari momenti musicali promossi dal Coro dell’Università Cattolica. Rileggendo oggi alcune loro espressioni, esse ci appaiono delle vere profezie, slanci dello spirito che ci spronano a credere ulteriormente alla bontà di un impegno artistico guidato da una fede sobria ma forte. Entrambi attenti e profondi studiosi di sant’Agostino hanno compreso come il cantare liturgico debba sgorgare dal mondo intimo di ciascun cantore e quanto impegno di coerenza personale con la propria fede ciò richieda. Un cantore di chiesa è un’anima che Il canto di tutti i fedeli, ma soprattutto dei cantori di un coro liturgico, deve essere caratterizzato da piena sincerità e sicurezza, ed essere eseguito bene in quanto segno di devozione e amore verso Dio. Se i cantori, come esorta sant’Agostino, intonano le melodie con “arte” – termine che proviene dalla radice indoeuropea r’tam, che significa “mettere in ordine” – esse scendono così dolcemente nell’animo da indurre a cantare anche coloro che non conoscono il canto. Da qui la necessità di esprimere, nelle celebrazioni, “armonie interiori” peculiari di chi canta la propria fede senza indulgere a