Responsabilità internet provider

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Responsabilità internet provider
 ROMA,2‐4 luglio 2012 Consiglio superiore della magistratura IX Commissione‐tirocinio e formazione professionale‐:incontro di studio‐cod.5926 Il regime giuridico dei beni “a fruizione collettiva”,in particolare internet e la tutela dei diritti fondamentali MASSIMO SCUFFI 1 La responsabilita’ dell’internet provider nella giurisprudenza di merito Sommario: 1.Accesso ad Internet e funzioni dell’ ISP 2.I criteri di imputazione della responsabilita’ :i primi approcci della giurisprudenza 3.La responsabilita’ editoriale del provider 4.Concorso nell’illecito ed anonimato 5.La direttiva comunitaria sul commercio elettronico e la legge di recepimento italiana 6.Le singole ipotesi:l’attivita’ di mere conduit 7.L’attivita’ di cashing 8.L’attivita’ di hosting 9.La conoscenza dell’illiceita’ dell’informazione :case histories 10. I rapporti tra copyright e privacy 11.Potere inibitorio e contenuto della tutela esigibile 1.Accesso ad Internet e funzioni dell’ ISP Il termine Internet designa una rete mondiale di computer in grado di colloquiare reciprocamente attraverso protocolli di comunicazione standardizzati . Il sistema concepito nel 1969 con il nome di ARPAnet(Advanced Research Projects Agency) per collegare le universita’ statunitensi (ma originariamente adottato per scopi militari)si accompagna ad un insieme di indirizzi(domain names)che consentono l’identificazione di ogni computer collegato alla rete . L’accesso ad internet e’ gestito da operatori commerciali che permettono ,innanzitutto, la connessione alla rete tramite il collegamento del loro server al computer dell’utente e possono altresi’ fornire i molteplici servizi messi a disposizione dallo Cyberspazio (pagine web, posta elettronica ,e‐commerce ,newsgroup ed altro ancora ). Si tratta degli “intermediari” dei servizi della societa’ di informazione. 1 Presidente del Tribunale di Aosta, gia’ Consigliere della Corte di Cassazione
1 Il fornitore di connettivita’ ,propedeutica alla fruizione da parte dell’utente dei correlati servizi telematici, e’ definito ISP(Internet Service Provider),sigla che indica nel linguaggio comune il prestatore di servizi basati su Internet . L’ISP mette in atto tutte le risorse umane ,i materiali e gli accorgimenti tecnici per predisporre l’ambiente di sistema , acquisendo allo scopo i veicoli di trasmissione dei dati quali linee e servizi di base facenti capo al concessionario delle infrastrutture pubbliche e delle telecomunicazioni . L’ISP regola contrattualmente i rapporti di accesso con gli utilizzatori mediante contratti rientranti nella categoria dell’appalto o della somministrazione di servizi e rimessi all’autonomia negoziale per quanto concerne la definizione dei contenuti e delle prestazioni richieste2. La enorme potenzialita’ comunicativa di Internet fa si’ che la rete costituisca un formidabile volano per la commissione e diffusione di illeciti sia di natura civile( si pensi alle violazioni di diritti di proprieta’ intellettuale su segni distintivi ed opere dell’ingegno nonche’ alle multiformi fattispecie di concorrenza sleale )sia di natura penale(cosi’ le diffusioni di materiale pedo‐pornografico ,le pubblicazioni di stampo terroristico o gli atti diffamatori)la responsabilita’ dei quali ricade innanzitutto sugli autori ,cioe’ gli utenti del provider che hanno posto in essere tali illeciti attraverso gli strumenti telematici messi a loro disposizione . Gli illeciti commessi con lo strumento di internet interessano pero’ anche la posizione del provider (sotto il profilo civile e talora penale)nei confronti dei terzi lesi e danneggiati da condotte riferibili ai clienti utilizzatori‐per suo tramite‐ del sistema . 2 Si tratta in genere di “contratti di abbonamento” stipulati con imprese e professionisti ma anche con privati(che debbono in tal caso rispettare la disciplina di tutela del consumatore contenuta nel Codice del consumo ex Dlgs 6 settembre 2005 n.206)che creano diritti in capo all’utente (quale l’agevole accesso alla rete)ma contengono pure clausole volte spesso a precostituire esoneri di responsabilita’ per il provider obbligando esso utente a garantire originalita’ e liceita’ del materiale immesso in rete . 2 2.I criteri di imputazione della responsabilita’ :i primi approcci della giurisprudenza La questione se sia o meno configurabile una responsabilita’ extracontrattuale per i contenuti illeciti diffusi dai servizi offerti e’ stata affrontata dalla giurisprudenza fin dalla meta’ degli anni 90’ con risposta per lo piu’ positiva in riferimento ‐soprattutto‐alla fornitura di hosting ,consistente nel dare ospitabilita’ stabile ai dati informativi immessi dai clienti o da terzi per renderli accessibili agli utenti della rete . La giurisprudenza sul punto e’ comunque alquanto frastagliata ed e’ difficile individuare indirizzi costanti. I precedenti –in genere cautelari in tema di contraffazione e violazione dei diritti d’autore ‐distinguono la attivita’ di host providing da quella di access providing ,mera fornitura di connettivita’ e gestione tecnica senza alcun servizio svolto in favore degli utenti con conseguente esonero di responsabilita’ del provider. 3 Diversamente viene ricondotto in capo all’host provider un obbligo generale di vigilanza sulle informazioni presenti sul server a pena di concorso nella responsabilita’ per gli illeciti commmessi dai terzi ora utilizzando la clausola generale di cui agli artt.2043 e 2055 cc ora le regole di responsabilita’ editoriale in virtu’ di una pretesa assimilazione tra Internet e stampa. Non sono stati invece seguiti criteri di imputazione oggettiva quali quelli fondati sulla colpa per le cose in custodia(art.2051 cc)o per l’esercizio di attivita’ pericolosa (art.2050 cc)essendo obbiettivamente 3 Tribunale di Cuneo ord.23 giugno 1997 in GALLI, I Domain names nella giurisprudenza (Repertorio sistematico di GADI ivi pag.144) ha assegnato all’access provider un ruolo assimilabile ad un centro commerciale che abbia concesso in locazione una bancarella sulla quale l’autore ha esposto i prodotti incriminati ,escludendone la responsabilità per l’imitazione pedissequa del titolo di una rubrica su un sito Internet effettuata in violazione dei diritti di autore in altro sito per una rubrica di contenuto analogo . Necessitato e’ l’accostamento con il caso Cubby v/Compuserve 776 F.supp.135 (140 S.D.N.Y.)dove la Corte USA ha equiparato il provider ad una libreria il cui gestore non puo’ essere considerato responsabile di cio’ che e’ scritto all’interno dei libri esposti negli scaffali. Contra peraltro Tribunale di Roma,29 marzo 1999 in GALLI op.cit.pag.181 che ha ritenuto corresponsabile anche il provider che effettua il mero allacciamento alla rete dovendo comunque accertarsi del contenuto della comunicazione ricevuta nella specie costituita da un domain name in evidente contraffazione di altrui marchio registrato. 3 arduo ravvisare una fonte di pericolo intrinseco nella piattaforma tecnologica messa a disposizione dal provider. 3.Segue:la responsabilita’ editoriale del provider L’equiparabilita’ della posizione del provider a quella del responsabile editoriale di testata giornalistica ha trovato un certo eco nella giurisprudenza di merito che ha ritenuto possibile applicare in via analogica ora la norma dell’art.11 L.47/1948 secondo cui per i reati commessi a mezzo stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro,il proprietario della pubblicazione e l’editore,(riproducendo il proprietario di un canale di comunicazione ed il gestore del sito internet al pari degli organi di stampa opere e scritti per renderli accessibili al pubblico dei lettori)4 ora l’art.57 cp(e 57 bis cp)5 che sancisce una autonoma responsabilita’ del direttore ( o dell’editore)che omette di esercitare sul contenuto della pubblicazione il controllo necessario ad impedire che con tale mezzo siano commessi reati(in primis la diffamazione)6. Il manifestarsi di forme di aggressione virtuale a beni di primaria importanza ha fatto infatti emergere una tendenza giurisprudenziale di merito a forzare in taluni casi le leggi esistenti al fine di apprestare efficace tutela alla collettivita’ 7 4 Tribunale di Bologna,26 novembre 2001,Dir.aut.2002,332
5 L’art.57 cp ha come parallelo nel settore radiotelevisivo l’art.30 comma 3 della L.6 agosto 1990 n.223(c.d. legge Mammi’)
6 Tribunale di Firenze 13 febbraio 2009 n.982 in www.penale.it che ha fatto applicazione della norma penale con riferimento alla condotta del direttore della parte giornalistica del sito internet che non aveva vigilato sul commento degli utenti inseriti in calce alle notizie riportate sul sito . Tribunale di Macerata ,2 dicembre 1998 in Dir.Ind.1999,I,35 che ha assimilato il gestore di rete ad un editore, responsabile per culpa in vigilando per l’illecito perpetrato con la adozione di un domain name in violazione di un altrui marchio. Tribunale di Napoli,8 agosto 1997 in GALLI op. cit.pag.130 che ha ritenuto compartecipe di atti di concorrenza sleale perpetrati attraverso la pubblicazione di messaggi pubblicitari il gestore del sito che ne aveva agevolatolo la diffusione equiparandolo al proprietario di un canale di comunicazione tenuto ad obblighi di controllo preventivo ‐quale diligente professionista‐ sul contenuto veritiero e corretto del messaggio. 7 Cosi’ il c.d. blog (termine derivato dalla contrazione di web e log indicante un diario on line ove vengono pubblicate opinioni,riflessioni video da parte dell’autore/blogger) equiparato ad una testata giornalistica e pertanto –in mancanza di registrazione presso il Tribunale competente secondo quanto disposto dall’art.5 della L.47/1948 –ricondotto all’ipotesi penalmente sanzionabile di stampa clandestina(art.58 cp)con conseguente responsabilita’ del direttore per gli scritti diffamatori contenuti nel sito a sensi dell’art.596 bis cp (Tribunale di Modica 8 maggio 2008 in www.altalex.it e Tribunale di Aosta 2 maggio 2006 n.553 in Giur.merito 2007 ,1065)
4 Trattasi di approcci evolutivi che presuppongono una interpretazione estensiva del concetto di stampato sino ad includere il prodotto internet :estensione che trova peraltro ostacolo nell’art 1 della L.47/1948 che richiede quale elemento indefettibile la presenza di riproduzioni tipografiche comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico‐chimici ,talche’ la impossibilita’ –come da ultimo ribadito dalla Corte di Cassazione 8‐di assimilazione dei due concetti per il principio di tassativita’ vigente nel diritto penale con divieto di analogia in malam partem. E’ ben vero che l’introduzione della legge sull’editoria9 ha ampliato il concetto di prodotto editoriale fino a ricomprendere quello realizzato su “supporto informatico”destinato alla diffusione presso il pubblico con ogni mezzo anche elettronico e soggetto a registrazione presso il Tribunale del luogo ove vengono immessi i dati web 10. Anche in questo caso e’ stato peraltro fatto rilevare dalla Corte di Cassazione11 che non possono rientrare nell’ambito del concetto di stampa ‐neppure nel significato piu ampio ricavabile dall’art.1 della legge citata‐ le tecnologie sopravvenute con i nuovi mezzi di comunicazione del proprio pensiero o di informazioni (newsletter,blog,forum di discussione,news group etc.)per le caratteristiche specifiche proprie di ciascun mezzo per cui non e’ possibile avvalersi delle guarentigie in tema di sequestro che l’art.21 comma 3 della Costituzione riserva solo alla stampa propriamente intesa. Va inoltre segnalato – a scanso di equivoci‐che il legislatore con norma di interpretazione autentica contenuta nella legge comunitaria 2001(art.31)12 di poi trasfusa nel Decreto legislativo sul commercio elettronico13 (art.7 comma 3)ha stabilito che l’obbligo di registrazione anche per l’informazione on line riguarda solo coloro che intendano t8 Cass.sez.pen.16 luglio 2010 n.35511 9 Legge 7 marzo 2001 n.62 10 In tal senso Tribunale di Firenze cit.che nella comparazione ha fatto ricorso alla nuova nozione di prodotto editoriale di cui all’art.1 L.62/2001 11 Cass. Sez.pen. 11 dicembre .2008 n.10535/09
12 Legge 1 marzo 2002 n.39 13 Dlgs 9 aprile 2003 n.70
5 usufruire di determinate provvidenze(sgravi fiscali,contributi etc)talche’ solo in questo caso varrebbe l’equiparazione della pubblicazione su internet a quella tradizionale cartacea e non invece per fondare la responsabilita’ dell’host provider stante la “eterogeneita’” della telematica rispetto agli altri media. 4.Concorso nell’illecito ed anonimato Al di la’ dei riferimenti analogici alle leggi sulla stampa ,l’orientamento prevalente della giurisprudenza sembra essere rivolto nell’attribuire la responsabilita’ del provider a titolo di concorso nell’illecito aquiliano distinguendo caso per caso a seconda del tipo di servizio prestato14,benche’ non siano mancati precedenti contrari di esclusioni tout court di responsabilita’ in capo al provider per le informazioni pubblicate dai terzi sulla sua piattaforma siccome ritenute sfuggenti ad un controllo diretto dello stesso15 E’ stata invece sempre riconosciuta la responsabilita’ del content provider(produttore di contenuti sotto forma di testi,immagini e suoni) in quanto soggetto collaborante nell’approntamento della notizia immessa in rete e dunque svolgente un ruolo “attivo” nella predisposizione del materiale ipoteticamente illecito . Si e’ parlato –in questo caso‐di responsabilita’ per “fatto proprio” (e non per “fatto altrui” che presuppone una attivita’ autonoma e svincolata rispetto a quella illecita compiuta dal terzo):perche’ il content provider crea il sito internet ,lo posiziona nei motori di ricerca e ne fornisce il contenuto costantemente aggiornandolo alle esigenze del cliente . La responsabilita’ e’ destinata poi ad astringere il fornitore di accesso quando non permetta l’identificazione dell’utente ne’ dia prova del contenuto degli accordi di utilizzazione del sito . 14 Cosi’,Tribunale di Catania,29 giugno 2004 in Resp.civ. e previdenza,2005,188
15 Tribunale di Velletri,20 maggio 2000 in AIDA,2000,991 Ibidem Tribunale di Roma ,4 luglio 1998 in Dir.Inf che ha negato la legittimazione passiva del gestore che aveva accolto nel suo server aree destinate ad ospitare i c.d gruppi di discussione(news groups) sul rilievo della qualita’ “tecnicamente neutra” del news server che si limita a mettere a disposizione degli utenti uno spazio”virtuale” di discussione senza avere alcun potere di controllo e vigilanza sugli interventi ipoteticamente offensivi immessi in rete (nella specie ritenuti comunque messaggi trasmessi nel legittimo esercizio del diritto di critica nonostante i toni aspri ed accesi che li contrassegnavano )
6 Il provider in tal caso risponde per l’”anonimato” che garantisce all’autore dell’illecito impedendo ,con la sua condotta di protezione, il risarcimento del danno. Anche la giurisprudenza d’oltralpe ha in piu’ occasioni fondato la responsabilta’ del fornitore di ospitalita’ nell’accettazione dell’ “anonimato” del fornitore di contenuto ,essendo evidente che il provider che offra ospitalita’ anonima e senza restrizione di accesso eccede il suo ruolo meramente tecnico di semplice trasmettitore di informazioni ed e’ direttamente responsabile nei confronti dei terzi del compimento di atti illeciti all’interno dei siti che gestisce. 16 Insomma la responsabilita’ del provider non e’ stata mai considerata “statica” ed indistinta ma piuttosto dipendente dalla tipologia del servizio concretamente svolto (e/o cumulato dal medesimo operatore)e dal grado di ingerenza in esso. 5.La direttiva comunitaria sul commercio elettronico e la legge di recepimento italiana Su questo impostazione di massima e’ intervenuto il legislatore comunitario con la c.d Direttiva sul commercio elettronico(2000/31 /CE dell’8 giugno 2000)la cui attuazione e’ stata disposta dal Dlgs 9 aprile 2003 n.70 emanato in forza della delega conferita dalla Legge comunitaria del 2001 . Al contempo si e’ venuta a concentrare nel nostro paese la dislocazione delle Corti abilitate sul piano civilistico a trattare le problematiche connesse ad Internet gravitanti per lo piu’ nell’ambito della proprieta’ industriale ed intellettuale con le correlate violazioni dei diritti di esclusiva rientranti nella cognizione delle sezioni specializzate istituite dal Dlgs 27 giugno 2003 n.168 presso i Tribunali(e le Corti di Appello) di Bari,Bologna,Catania,Firenze,Genova,Milano , 16 Tribunal Grand Instance di Nanterre sent,8 dicembre 1999(Dir.Inf.2000 pag.315) concernente violazione del diritto all’immagine di fotomodella che aveva nell’esercizio della professione ,poi abbandonata, posato nuda e si era vista diffuse in rete su siti anonimi le relative fotografie. Il titolo di colpa e’ stato rinvenuto‐tra l’altro‐nell’omessa verifica‐ al momento della conclusione del contratto‐della identita’ della persona fruente del servizio essendosi il provider accontentato dell’indirizzo di posta elettronica in patente violazione dell’obbligo generale di diligenza. 7 Napoli,Palermo ,Roma ,Torino,Trieste e Venezia con competenza territoriale ultradistrettuale ,oggi estesa ai c.d.Tribunali delle imprese localizzati in 20 sedi capoluoghi di Provincia in virtu’ del c.d.decreto liberalizzazioni17 Orbene,la Direttiva , riprendendo sostanzialmente le linee guida USA adottate nel Digital Millennium Copyright Act‐ DMCA18 ‐ha inteso perseguire una sorta di bilanciamento tra contrapposte esigenze evitando sia attribuzioni di responsabilita’ semioggettive che avrebbero finito per paralizzare l’attivita’ di soggetti necessari allo sviluppo della rete sia posizioni di irresponsabilita’ che avrebbero tolto tutela ai terzi danneggiati per opera di soggetti anonimi o scarsamente solvibili . Percio’ la Direttiva ‐da un lato‐ sancisce l’assenza di un obbligo generale sia di sorveglianza del provider sulle informazioni ospitate sia di ricerca di materiale illecito sui siti gestiti(art.15) ;dall’altro istituisce in ragione della tipologia del servizio reso una sorta di di “immunita’ condizionata” facendo insorgere una “colpa specifica” da condotte esimenti (exempions)non rispettate (art.12,13,14). Il modello risulta ,dunque, incentrato sull’elemento colposo (con abbandono di ogni tipo di responsabilita’ oggettiva)e consente ‐con giusto equilibrio‐ ai prestatori intermediari di rispondere dei danni solo nei casi in cui la loro condotta si discosti da un livello “standard” di diligenza precisato nelle singole norme come fattori esimenti. La direttiva –nella sezione IV‐prende In considerazione l’attivita’ dell’internet provider distinguendola in quella di semplice trasporto(mere conduit), memorizzazione temporanea(cashing)e memorizzazione permanente (hosting) Il legislatore italiano ha fatto propria la medesima impostazione perche’ il Dlgs 70/03 ‐stabilendo all’art.17 l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza per le le prestazioni dei servizi indicati nei precedenti articoli 14,15,16 ‐ enumera solo quelle tre attivita’ di 17 DL 24 gennaio 2012 n.1 convertito in L.24 marzo 2012 n.27
18 Il DMCE e’ una legge sul diritto d’autore on line e dunque ha una proiezione solo “verticale” di applicazione ai copyright infringements mentre la direttiva comunitaria adotta un regime piu’ generale di atipicita’ dell’illecito ( approccio “orizzontale”) 8 servizio lasciandone fuori ogni altra ed ,in particolare,quella del content provider che –come gia’ si e’ visto‐seleziona il materiale da diffondere ed ha l’effettiva gestione dei contenuti informativi del web come tale restando soggetto alle ordinarie regole di responsabilita’. In tal senso –del resto‐dispone il comma 2 dell’art.16 che istituisce una responsabilita’ senza condizioni in tutti i casi in cui il destinatario del servizio agisca sotto il controllo e la autorita’ del provider. 6.Le singole ipotesi:l’attivita’ di mere conduit L’attivita’ di semplice trasporto(mere conduit)e’ regolamentata dall’art.14 e gode del maggior favor legislativo per il carattere passivo tecnico ed automatico del servizio prestato dal provider estraneo al contenuto delle informazioni trasmesse . Siffatta irresponsabilita’ viene peraltro meno quando il provider partecipi in qualche modo al processo comunicativo creando,modificando o selezionando le informazioni trasmesse ovvero scegliendo i destinatari della trasmissione (lett.a,b,c). E’ fatta salva solo l’esigenza tecnica di trattenere –temporaneamente‐ l’informazione per la diffusione in rete e comunque per una durata non eccedente lo scopo di attivazione della trasmissione (par.2),operando in tal caso il provider quale common carrier che si limita a portare le informazioni garantendone la circolazione senza interferire sulla scelta dei contenuti . Viene cosi’ ribadito il principio di “neutralita’” del provider che non e’ mai responsabile se si limita ad un mero ruolo “passivo” 7.L’attivita’ di cashing L’attivita’ di memorizzazione temporanea(cashing)cui rimanda il successivo art.15 consiste nella creazione di copie(cache) per rendere piu’ agevole e rapida la ricerca dell’utente senza che abbia bisogno di collegarsi ai siti originali gestiti da server remoti . 9 Questa attivita’ anche detta di mirroring perche’ consistente nella riproduzione integrale di un sito web serve ad accelerare il processo di trasmissione e rende quindi piu’ efficiente il servizio. Anche in questa caso,pero’,la responsabilita’ risorge quando il provider ,lungi dal mantenere un ruolo “neutro” di mera agevolazione nell’informazione riprodotta, la manipoli avvero ne consenta l’accesso a condizioni diverse da quelle fissate per l’informazione originale (lett.a,b),ometta di predisporre secondo ordinaria diligenza le misure di aggiornamento rese disponibili dalla tecnica (lett.c),rimanga inerte a seguito di comunicazione che lo metta a “effettiva conoscenza” della rimozione dell’originale o dell’ordine dell’autorita’ giudiziaria o di vigilanza ad operare in tal senso ,consentendo la permanenza in rete di informazioni non piu’ esistenti o dichiarate illegali (lett.e). Come si vede,rispetto all’attivita’ di semplice trasporto,il cashing ai fini dell’esonero di responsabilita’ richiede un grado di diligenza piu’ ampio essendo il provider tenuto a taluni oneri “attivi” di natura tecnica. 8.L’attivita’ di hosting L’attivita’ di memorizzazione dell’informazione destinata a permanere durevolmente in rete (hosting)e’ disciplinata dall’art.16 e costituisce il fulcro del tema della responsabilita’ basata sul livello di diligenza piu’ alto che deve serbare l’intermediario. Non a caso i richiamati precedenti giurisprudenziali intervenuti prima della emanazione della direttiva sul commercio elettronico hanno coinvolto la responsabilita’ del provider proprio nell’ambito della attivita’ di hosting. Anche l’host provider –che mette a disposizione dell’utente uno spazio telematico(in pratica una porzione dell’hard disc del proprio server )‐
puo’ andare esente da responsabilita’ per il contenuto delle informazioni che ospita ma condizione che:a)non abbia effettiva conoscenza dell’illiceita’ dell’attivita’ o della informazione immessa in rete ovvero –per quanto concerne le azioni risarcitorie‐non sia al corrente di fatti o circostanze che rendano manifesta l’illiceita’ dell’attivita’ o dell’informazione ;b)non appena a conoscenza di tali fatti 10 su comunicazione delle autorita’ competenti agisca prontamente per rimuovere le informazioni o disabilitarne l’accesso. Secondo parte della dottrina 19 si tratterebbe di ipotesi alternative e non di una unica fattispecie complessa analogamente a quelle previste con identica tecnica di “puntuazione per lettere” negli articoli precedenti. Di conseguenza sussisterebbe un obbligo di condotta (con contrapposta responsabilita’ omissiva in difetto di rimozione ) anche quando la illiceita’ della informazione fosse direttamente acquisita dal provider(autonomamente o su denunzia di qualsiasi utente della rete ivi compreso il danneggiato )senza necessita’ che la conoscenza pervenga dalla comunicazione ricevuta dalle autorita’ competenti (in primis l’autorita’ giudiziaria ma anche l’AGCOM,L’Antitrust,la Consob,la SIAE,etc.)20. Secondo altri21 la responsabilita’ dell’intermediario ed il suo intervento inibitorio andrebbe limitato alla sola conoscenza dell’illiceita’ ottenuta dalla notice di fonti “qualificate” ,richiedendosi una notizia “ufficializzata”:tesi questa poggiante sul duplice rilievo della codificata mancanza di un obbligo generale di sorveglianza in capo al provider tenuto solo ad informare le autorita’ competenti di presunte attivita’ o informazioni illecite riguardanti il destinatario del servizio (art.17)e sull’ esigenza di prescindere da modalita’ autonome di valutazione che potrebbero far incorrere il provider in responsabilita’ contrattuali allorche’ il contenuto informativo immesso sul sito per conto del cliente e rimosso si rivelasse poi lecito. Va ancora segnalato che la distinzione –nell’art.16 (lett.a) ‐tra effettiva conoscenza della illiceita’ dell’informazione ed il richiamo –per le azioni 19 CASSANO‐CIMINO,Il nuovo regime di responabilita’ dei providers:verso la creazione di un censore telematico in I Contratti,1/2004 ;GUIDOBALDI,Youtube e la diffusione di opere protette dal diritto d’autore:ancora sulla responsabilita’ dei providers,tra hoster attivi,conoscenza dell’illecito ed obbligo di sorveglianza in Dir.Inf.2010,pag.279 20 Questa interpretazione risulta avvalorata dal parere espresso dalla Commissione Attivita’ produttive della Camera dei deputati la quale ‐in relazione a quanto previsto dall’art.16 lett.b‐ precisava che la comunicazione delle Autorita’ non costituisce condizione necessaria per la rimozione di informazioni o per la disabilitazione dell’accesso da parte del provider. 21 BUGIOLACCHI,La responsabilita’ dell’host provider alla luce del Dlgs 70/2003:esegesi di una disciplina dimezzata in Resp.civile e previdenza 2005,pag.188
11 risarcitorie‐alla conoscenza di fatti che denotino una illiceita’ manifesta ha portato taluna dottrina22 a ritenere la necessita’ di dimostrazione del I° requisito per l’imputazione penale che esclude presunzioni di colpevolezza laddove per l’azione civile di danni basterebbe solo il II° requisito :in pratica un diverso livello conoscitivo,personale e diretto per il fatto illecito penale e indiziario e indiretto per il fatto illecito civile23 cui si affiancherebbe la “semplice” conoscenza imponente solo un obbligo di informativa all’autorita’ competente(art.17) . Trattasi di un meccanismo alquanto farraginoso che neppure e’ accompagnato da norme procedimentali per farlo funzionare ne’ ,del resto ,e’ agevole coordinare con criterio logico le disposizioni dell’art.16 con quelle dell’art.17. Propendo peraltro per una soluzione che eviti una eccessiva deresponsabilizzazione dell’hosting provider in mancanza di un ordine di rimozione o disabilitazione da parte dell’autorita’ competente quando sia stata comunque raggiunta piena consapevolezza dell’illegalita’ del materiale ospitato ,specie se manifesta ,cioe’ ove non occorrano nozioni approfondite di diritto per considerarla contra legem essendo il provider l’unico soggetto in grado di intervenire tempestivamente con la cancellazione di quanto registrato sul proprio server. E non mancano precedenti in tal senso come si vedra’ nel prossimo capitolo. 9.La conoscenza dell’illiceita’ dell’informazione :case histories Su queste problematiche va ricordato –innanzitutto‐il caso affrontato dal Tribunale di Roma24 nella vertenza Youtube/Google in cui RTI (Reti televisive Italiane)titolare dei diritti di sfruttamento economico del 22 RICCIO,La responsabilita’ degli internet providers nel Dlgs 70/03 in Danno e responsabilita’ civile 12/2003 23 Il Tribunale di Catania ,29 giugno 2004 cit. sembra invece ascrivere la responsabilita’ del fornitore del servizio sul piano civile , a titolo di colpa qualora quegli –consapevole della presenza nel sito di materiale sospetto,si sia astenuto dall’accertarne la illiceita’ ed al tempo stesso di rimuoverlo;a titolo di dolo quando quegli sia stato consapevole dell’antiguridicita’ della condotta dell’utente ed abbia ancora una volta omesso di intervenire 24 Tribunale di .Roma ord.su reclamo (confermativo della cautela)11.2.2010 in Dir.Inf.2010 pag.275 12 programma il Grande Fratello si era visto diffondere via Internet sui siti di Youtube e Google Video una serie di sequenze con grave danno di sviamento di clientela in quanto gli utenti si astenevano dal guardare il programma a pagamento sulle pay tv,usufruendone gratuitamente in rete . I giudici capitolini , dopo aver qualificato l’attivita’ di You Tube e Google come servizio di hosting consistente nell’offrire una piattaforma attraverso la quale rendere disponibili al pubblico contenuti audio e video ,pur escludendo che il provider fosse onerato di una attivita’ preventiva di controllo dei frammenti caricati , ha ritenuto che fosse comunque tenuto alla rimozione immediata del materiale una volta avuta conoscenza della sua illegalita’ su denunzia e diffida del titolare dei diritti esclusivi senza necessita’ di attendere ordini dalle autorita’. Anche il Tribunale di Milano25 in analoga vicenda ha considerato Yaooo fornitore di hosting attivo quale organizzatore e selezionatore dei brani di filmati tratti da programmi televisivi (Il grande fratello,Amici,Zelig,Striscia la Notizia e le Iene ) in violazione dei diritti esclusivi dei produttori(artt.78 bis e 79 LdA),sanzionando la colposa inattivita’ serbata dal provider a fronte delle diffide e segnalazioni ricevute da RTI e inibendo l’ulteriore diffusione dei programmi con fissazioni di penali da inadempimento e/o ritardo per aver quegli esorbitato da qualsiasi posizione di “neutralita’” ponendosi al di la’ della mera memorizzazione di contenuti e dalla predisposizione di un software per consentirne la visione agli utenti . Le problematiche inerenti le violazioni dei diritti di autore sui contenuti audiovisivi messi a disposizione del pubblico nonostante la spettanza a terzi dei diritti di utilizzazione ha interessato anche altri paesi sia pur con esiti diversificati. Una Corte francese26 applicando la legge 575/2004 sulla fiducia nell’economia digitale (LCEN)ha stabilito che se l’host provider –in virtu’ del regime di responsabilita’ limitata che lo contraddistingue‐non e’ tenuto ad un obbligo di verifica delle informazioni che trasmette o 25 Sez.spec.Tribunale di Milano,9 settembre 2011 in Il Dir Ind.6/2011 26 Tribunal de Grande Instance de Crèteil sent. 14 dicembre 2010in Dir.Inf.2011 pag.279
13 memorizza ne’ ad un obbligo generale di ricerca di fatti o circostanze che rivelino l’esistenza di attivita’ illecite , nel momento pero’in cui viene a conoscenza del carattere illegale delle informazioni ricevute su notifica circostanziata del terzo (contenente tutti i dati necessari per identificare i soggetti coinvolti e le ragioni atte a dimostrare l’illecito perpetrato)deve prontamente rimuoverle senza attendere l’ordine dell’Autorita’ (visto che gia’ e’ in possesso di adeguati mezzi tecnici per disabilitare o cancellare i contenuti a carattere pedofilo,di apologia del crimine o che incitano all’odio razziale per cui e’ in grado di predisporre anche i mezzi occorrenti al ritiro dei testi segnalati come contraffatti ). Del resto questa e’ la posizione adottata dal modello statunitense che ha ispirato la direttiva comunitaria e disciplina partitamente la procedura di notice and take dawn ,stabilendo che ‐al cospetto della notification della complaining party che lamenti la violazione dei propri diritti (comunicazione che deve contenere tutta una serie di indicazioni sui diritti violati ed il materiale illecito diffuso)‐il prestatore intermediario deve provvedere alla rimozione rimanendo esonerato da responsabilita’ ove le informazioni si siano rivelate lecite ed il denunziante tenuto a risarcire il danno provocato dalla sua istanza infondata. Analogamente il Tribunale supremo spagnolo27 chiamato a dare un interpretazione all’espressione “conoscenza effettiva”, quale condizione di applicabilità del regime di esenzione di responsabilità del service provider ha stabilito che la conoscenza effettiva esiste non solo quando un organo competente dichiari la natura illecita e lesiva delle informazioni, ordinandone la cancellazione, ma anche quando il service provider possa giungere alla stessa conclusione, attraverso semplici meccanismi logici. natura illecita e lesiva delle informazioni fosse palese, alla portata di chiunque, e che quindi non fosse necessario attendere una statuizione sul punto da parte di un Tribunale, al fine di rimuovere tali contenuti. La tesi della”ufficializzazione” della notizia per determinare l’obbligo di attivazione del provider e’ stata invece seguita in un precedente 27 Tribunal Supremo ,sent.72/2011 del 10 febbraio 2011 in www.medialaws.eu 14 affrontato dal Tribunale di Roma28 nel procedimento cautelare promosso da FAPAV (Federazione antipirateria Audiovisiva) contro Telecom per inibire l’accesso agli utenti che ,utilizzando le connettivita’ messe a disposizione dal provider, avevano scaricato illegalmente materiale coperto da copyright . I giudici romani hanno nell’occasione escluso che l’intermediario della comunicazione (ma il rimando sembra effettuato al mere conduit ex art.14.1 Dlgs 70/2003)fosse tenuto a qualsiasi obbligo di sorveglianza ma solo di “collaborazione” con l’autorita’ giudiziaria od amministrativa per l’accertamento della violazione(inoltrando le informazioni ricevute alla Procura della Repubblica ed al Ministero delle Comunicazioni)29 e dunque ha reputato che la diffida di FAPAV(nonostante l’informazione che conteneva sui downloads illegali) non fosse da sola in grado a far interrompere il servizio essendo –tra l’altro‐ Telecom contrattualmente tenuta alla prestazione. 10. I rapporti tra copyright e privacy I rapporti tra copyright e privacy sono sempre stati conflittuali e particolare risalto di questa situazione si rinviene nel contesto litigioso interessato dal sistema cd. peer to peer (P2P)che consente attraverso metodi di condivisione del materiale scaricato (file sharing )lo scambio illegale di files protetti dal diritto d’autore . Cio’ costituisce sicuramente la piu’ grave minaccia posta dalle tecnologie digitali all’industria mondiale dell’intrattenimento. Le strategie di contrasto allo scambio non autorizzato di files protetti transitano sovente dal tentativo di acquisizione dall’IP di turno degli 28 Tribunale di Roma ord.15 aprile 2010 in www.internetsociety.wordpress.com 29 In Francia la legge c.d Hadopi(loi favorisant la diffusion e la protection de la creation sur Internet) ha istituito una autorita’ amministrativa indipendente con compiti di indagine istruttoria (Haute Autorite’ pour la diffusion des ouvres et la protection des droits sur Internet)e prevede –nella versione rivisitata in vigore dall’1 gennaio 2010 (essendo stata la 1^ versione dichiarata parzialmente incostituzionale )la disconnessione forzata per chi scarichi illegalmente opere protette dal diritto d’autore con “risposta graduale” che va dalla diffida alla segnalazione al giudice perche’ –valutate le prove acquisite dall’Autorita’‐ proceda con sanzioni civili o penali fino alla disconnessione.Nonostante la legge sia tuttora molto contestata ha prodotto risultati efficaci contro la pirateria.
15 indirizzi dei presunti trasgressori e la giurisprudenza USA ha fornito molti esempi al riguardo 30 In Italia l’”ostensione” dei dati anagrafici dei fruitori di brani musicali in violazione dei diritti d’autore attraverso piattaforme di peer to peer tova un precedente interessante nell’ordine cautelare emanato dal Tribunale di Roma (caso Peppermint)31utilizzando il disposto dell’art.156 bis della L.633/194132 interpretato –nella locuzione ivi adottata di “controparte”‐con significato trascendente l’autore dell’illecito sino a ricomprendere ogni altra persona che si trovi in possesso di materiale od utilizzi il servizio in violazione dei diritti altrui,cioe’ anche il c.d “responsabile indiretto” come ricavabile dalle prescrizioni della direttiva comunitaria sul rispetto dei diritti di proprieta’ intellettuale per fatti commessi su scala commerciale 33. Il Tribunale nell’occasione ha escluso che l’esercizio di tale “diritto investigativo” potesse trovare impedimento nella disciplina in materia di privacy e trattamento dei dati personali a sensi dell’art.24 del Dlgs 196/2003 che fa salva l’utilizzazione di tali dati anche senza il consenso del titolare per ragioni di tutela giurisdizionale. Diversamente –in analoga vertenza ‐veniva dallo stesso Tribunale respinto il ricorso per ottenere l’accesso ai dati del provider(Wind Telecomunicazioni) 34 sul rilievo della inestendibilita’ degli artt.156 bis e 156 ter LdA alle “comunicazioni elettroniche”, stante la prevalenza della disciplina sul trattamento dei dati personali(la tutela della segretezza e riservatezza costituendo normativa di rango superiore)rispetto a quella di protezione dei diritti d’autore, atteso che 30 Significativo il caso Verizon che ha visto la RIIA(Recording Industry Association of America)ottenere dal service provider –con lo strumento stragiudiziale della subpoena‐la rivelazione dei nominativi associati agli indirizzi IP anche se la Federal Circuit Court della Columbia ha ritenuto inutilizzabile tale mezzo laddove l’ISP si limitasse a fornire la mera connessione ad Internet senza memorizzare il materiale. (Recording Indus. Ass’n of Am. V. Verizon Internet Servs, Inc., 351 F. 3d 1229 ‐D.C. Cir. 2003). 31 Tribunale di Roma ,ord.(su reclamo)9 febbraio 2007 in Diritto dell’Internet 5/2007 pag.461
32 Norma introdotta dal Dlgs 16 marzo 2006 n.140 in applicazione della c.d direttiva enforcement (dir.2004/48/CE del 29 aprile 2004)che ha l’equivalente nell’art.121(discovery)del Codice della proprieta’ industriale(Dlgs 10 febbraio 2005 n.30)
33Anche se il riferimento piu appropriato andrebbe all’art.156 ter Lda che ha l’equivalente nel “diritto di informazione” di cui all’art.121 bis del Codice di proprieta’ industriale (norma pur essa ivi inserita dal Dlgs cit.)
34 Tribunale di Roma,ord.14 Luglio 2007 in Diritto dell’Internet 5/2007 pag.463
16 l’art 132 del Codice della privacy35 vietava tale trattamento per finalita’ diverse da quelle di repressione delle specifiche fattispecie di reato ivi previste. La normativa sulla privacy e’ entrata in gioco anche nel caso Vividown dove l’impianto accusatorio penale era stato esteso dalla Procura ai vertici di Google rinviati a giudizio per concorso omissivo(art.40 cp) nel reato di diffamazione e di trattamento illecito di dati sensibili per non aver impedito il caricamento in rete(uploading) di un video di contenuto lesivo alla dignita’ di un disabile . Nell’occasione il giudice monocratico del Tribunale di Milano36 ,ferma la responsabilita’ di chi aveva girato e caricato il video sul sito web , ha escluso la responsabilita’ nel reato di diffamazione del gestore che aveva avuto in carico il video,non essendo stato ravvisato alcun obbligo giuridico di preventivo controllo da parte del provider sul contenuto del materiale (anche per l’impossibilita’ tecnica di verificare il flusso di una enorme quantita’ di dati). A Google e’ stata peraltro attribuita una “posizione di garanzia” quale titolare del trattamento dei dati personali comportante l’obbligo di corretta e puntuale avvertenza agli utenti del rispetto delle norme sulla privacy ,in ispecie quella di procurarsi il consenso dagli aventi diritto . Da qui la condanna dei responsabili per il reato di cui all’art.167 Dlgs 196/2003 (trattamento illecito di dati)perche’le condizioni generali di servizio adottate dal provider risultavano estremamente generiche sul punto e dunque quegli veniva ad accettare consapevolmente il rischio di un inserimento e divulgazione di dati che avrebbero dovuto essere oggetto di particolare cautela . Questa sentenza e’ significativa perche’ –al di la’ delle conclusioni assunte‐definisce il motore di ricerca (quale e’ Google ,Virgilio,Yahoo)un intermediario dell’informazione che organizza le informazioni selezionate dalla rete indicizzando i testi in una enorme banca dati 35 Dlgs 30 giugno 2003 n.196
36 Tribunale di Milano,sent.penale 1972/2010 del 24.2.2010 17 offerta all’accesso dell’utente : quindi un vero e proprio hoster attivo nel trattamento dei dati organizzati per il pubblico dei visitatori. 11.Potere inibitorio e contenuto della tutela esigibile Le tecniche informatiche di peer to peer hanno interessato anche il versante penale e dunque i provvedimenti esigibili per contrastare tale fenomeno. Ci si e’ interrogati –ad esempio‐ se lo strumento del sequestro preventivo penale di natura reale (in quanto apponente un vincolo di indisponibilita’ sulla res)potesse essere affiancato dall’ordine rivolto al provider di inibire l’accesso al sito web sequestrato.(the piratebay) La Corte di Cassazione ,dopo aver precisato che l’attivita’ del sito web era proprio quella che consentiva lo scambio illegittimo di files da utente ad utente e dunque vi era un apporto causale idoneo a far sorgere una imputazione a titolo di concorso a carico del gestore per il reato previsto dall’art.171 ter lett a‐bis L.633/1941 che punisce la messa a disposizione in rete –mediante connessioni di qualsiasi genere‐di opere protette dal diritto di autore ed aver ricordato che il carattere reale della misura non implica necessariamente la materialita’ della res tendendo il vincolo ad inibire quelle attivita’che il destinatario della misura stessa avrebbe potuto realizzare mediante la cosa,sottolineava che la lettura congiunta degli artt.14‐16 e 17 del Dlgs 70/2003 portava a ritenere la sussistenza di un vero e proprio potere inibitorio dell’autorita’ giudiziaria avente il contenuto di un ordine ai fornitori di servizi internet di precludere ai rispettivi utenti l’accesso al sito incriminato al fine di impedire la prosecuzione del reato e rafforzare la cautela reale propria del sequestro preventivo . Il che’ collima con le prescrizioni del Dlgs 70/2003 che per tutte le tre tipologie (mere conduit,cashing,hosting )prevede ‐con disposizione di chiusura in calce ad ogni singolo articolo‐ che l’autorita’ giudiziaria o quella amministrativa con funzioni di vigilanza(individuabile caso per caso secondo natura dell’illecito e cosi’ l’Autorita’ garante per la protezione dei dati personali nei casi di violazione della privacy ovvero il Garante per la concorrenza ed il mercato in caso di pubblicita’ 18 ingannevole etc )siano sempre abilitati ad esercitare ,anche in via d’urgenza, poteri inibitori nei confronti dei providers affinche’ impediscono o pongano fine alle violazioni commesse nello svolgimento delle attivita’ loro proprie . Piuttosto ‐ove venga accolta l’inibitoria nei confronti del fornitore di accesso ‐ e’ sulla portata del comando che occorre riflettere perche’ sia effettivamente utile allo scopo ,mancando una espressa disposizione in tal senso nella legislazione nazionale . Sulla possibilita’ di imporre sistemi di “filtraggio e blocco” delle comunicazioni proprio perche’ potrebbe in qualche modo limitare l’esercizio dei diritti e della liberta’ di informazione garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea si e’ espressa negativamente la Corte di Giustizia con due recenti pronunzie rese in sede di rinvio pregiudiziale sulla interpretazione della direttiva sul commercio elettronico (2000/317CE)e della direttiva sul rispetto dei diritti di proprieta’ intellettuale(2004/48/CE)lette in loro combinato disposto 37 . I giudici del Lussemburgo hanno infatti escluso che possa essere ordinato al provider di elaborare nei confronti della intera sua clientela ,a proprie spese e senza limiti di tempo meccanismi di filtraggio delle comunicazioni elettroniche per individuare quelle contenenti opere protette ai fini di disporne il blocco di trasferimento , precisando che l’autorita’ giudiziaria nazionale ha l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra ‐da un lato‐la tutela dei diritti di proprieta’ intellettuale e ‐dall’altro‐ quello della liberta’ di impresa ,il diritto alla tutela dei dati personali e la liberta’ di ricevere o comunicare informazioni38 . 37 Corte di giustizia 24 novembre 2011 C‐70/10 G e 16 febbraio 2012 C‐360/10 su rinvio pregiudiziale della Corte di appello di Bruxelles avanti alla quale erano state impugnate le decisioni emesse dal Tribunale belga di 1^ istanza che –accertata la violazione dei diritti di autore realizzata mediante scambio non autorizzato di files musicali concernenti opere appartenenti al repertorio delle denunzianti ‐ aveva inibito la cessazione dell’illecito imponendo all’internet provider un obbligo di sorveglianza generalizzata da attuarsi con la creazione di dispositivi di blocco o filtraggio del traffico “peer to peer”
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Interessante notare come il Tribunal de Grande Instance de Crèteil nella sentenza citata alla nota
26 –pur al corrente della pendenza della questione pregiudiziale –l’abbia ritenuta ,per astrattezza e
generalita’ delle questioni coinvolte, irrilevante sul caso deciso , imponendo l’ordine di installazione di
19 La tutela inibitoria contro le violazioni commesse via internet trova poi addentellati specifici sul versante dei rimedi ‐cautelari e di merito‐
previsti a protezione sia dei diritti di proprieta’ industriale che dei diritti di autore39. Il Codice della proprieta’ industriale gia’ annovera una norma ad hoc con riferimento ai nomi a dominio aziendali abusivamente utilizzati in contraffazione di altrui marchi e segni distintivi o con modalita’ concorrenzialmente scorrette ,consentendo l’art.133 una doppia misura cautelare –in negativo‐quale imposizione di non facere ,cioe’ di astensione dall’uso rivolto contro l’assegnatario del domain name e ‐in positivo‐quale “ordine” di trasferimento provvisorio del nome a dominio in favore del beneficiario del provvedimento interdettale previa –occorrendo‐ prestazione di congrua cauzione su ordine del giudice . E’ da ritenere che l’inibitoria di diritto industriale attivabile contro ogni soggetto i cui servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprieta’ industriale(artt.124 e 131 del Codice PI 40) possa avvincere‐ ove ne ricorrano i presupposti nel rispetto delle regole dettate dal Dlgs 70/2003 ‐ anche l’“intermediario” dei cui servizi l’autore della violazione si sia avvalso 41 ,all’occorrenza con impiego integrativo dei mezzi di tutela innominata ex art.700 cpc per ordinare la “disabilitazione” ovvero la rimozione dei dati illegittimi 42. sistema di filtro efficace ed immediato su Youtube per contrastare i ri-caricamenti degli specifici video
indicati e da indicare dall’INA(Institut National de l’Audiovisuel).
39 Di tale specifica misura si sono sovente avvalse le sezioni specializzate italiane della P.I.:cosi’Sez.spec. Tribunale di Napoli ,ord.26 marzo 2004 in SPI,2004,I,104 che –al cospetto di contraffazione di “marchio di fatto” mediante abusiva registrazione come domain name‐ ne ordinava il trasferimento all’avente diritto imponendo il pagamento di penale giornaliera per il ritardo nell’attuazione del provvedimento. Il trasferimento provvisorio del nome a dominio e’ stato disposto anche da sez.spec.Tribunale di Roma , ord. 16 novembre 2005 (SPI,2005,II,334) per contenere l’aggravamento del danno derivato dalla diffusivita’ della pubblicita’ internet suscettibile di ampliare lo sviamento della clientela e da sez.spec. Tribunale di Torino ord.19 luglio 2005 (SPI 2005,I,238) che riteneva prudenziale imporre una congrua cauzione a garanzia del risarcimento del danno in ipotesi che non fosse stata accolta la domanda di merito. 40 Il I° comma della norma e’ stato cosi’ modificato dal Dlgs 16 marzo 2006 n.40 in attuazione della Direttiva “enforcement” 41 SCUFFI,Diritto processuale della proprieta’ industriale ed intellettuale,pag.368,Giuffre’,2009 42 In tal senso sez.spec.Tribunale di Milano,ord 24 Dicembre 2005 in SPI,2005,II,303 la quale ha precisato che può essere impartito in sede cautelare l’ordine di cancellazione del sito il cui nome di dominio costituisca violazione di altrui diritti di marchio, da eseguirsi entro un termine 20 Per quanto concerne i diritti d’autore la norma dell’art.156 della L.633/1941 (che ha l’equivalente cautelare nell’art.163 )prevede analogo istituto contro l’autore e l’intermediario i cui servizi siano stati utilizzati per commettere la violazione ,facendo espressamente salve le disposizioni del Dlgs 70/2003 per cui sembra ribadito in positivo che il coinvolgimento del provider dovra’ sempre superare la soglia di impunibilita’ propria del mero fornitore di connettivita’ che non compia attivita’ “incisive” sulla trasmissione ed informazione divulgata dal sito ospitato Proprio seguendo tale percorso Il Tribunale di Milano 43 ha accolto solo la domanda proposta contro il webmaster del sito che aveva attuato dei links con siti cinesi pirata che fornivano in rete la trasmissione di partite di calcio del campionato italiano su cui vantava diritti esclusivi Sky ,rigettando invece il medesimo provvedimento richiesto anche contro il prestatore di servizio(Telecom)per la preminenza del regime di irresponsabilita’ sancito dal Dlgs 70/2003. prefissato, con facoltà dell’interessato , in caso di inottemperanza, di provvedervi direttamente, a mezzo ufficiale giudiziario, presso la controparte e terzi provider, facendo apporre sulla home page la dicitura “sito oscurato per ordine dell’autorità giudiziaria” . 43 Sez.spec del Tribunale di Milano ord.3 giugno 2006(ined.).
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