Apri - Gruppo Archeologico del Territorio Cerite

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Conferenza del 20 agosto 2016
“Ager Caeretanus. I paesaggi di epoca romana: dalla prima colonizzazione
alla fine del mondo antico”
Relatore: Dott. Flavio Enei
Alla presenza di un pubblico delle grandi occasioni, il dott. Enei ha
inizialmente precisato che il suo intendimento è quello di descrivere le
modificazioni subite dal territorio ceretano nelle varie fasi storiche
attraversate al fine di concretare quella “memoria storica” indispensabile
per trasformare in comunità genti diverse. Un territorio, quello cerite, il cui
patrimonio archeologico, opportunamente gestito, è in grado di costituire
fonte di arricchimento culturale e materiale per le future generazioni.
La prima civiltà che emerse dal territorio tra l’XI° e VIII° sec. a.C. – ha
continuato il Relatore - è quella villanoviana/etrusca caratterizzata da una
organizzazione politica e sociale analoga a quella delle polis greche e a quelle che si daranno
molti secoli più tardi le città medioevali. Una organizzazione federativa nell’ambito della quale,
eccettuato un labile vincolo religioso, ogni città godeva della completa autonomia politica, militare,
economica e sociale. Una struttura fragile che infatti, messa alla prova, non resse all’urto di Roma.
La proiezione di una prima immagine mostra il territorio sul quale Caere esercitava il suo
potere. Si estendeva dal fiume Mignone (o Marangone) a nord al Torrente Arrone a sud su un
ambiente costituito da una zona montana (i monti Ceriti), una pedemontana e una pianura costiera
lagunare (oggi testimoniata dalla piccola oasi di Macchia Tonda) che offriva ai suoi abitanti
abbondanti risorse idriche, legname e minerali nonché ottime opportunità per la conduzione della
pastorizia e la coltivazione di cereali (ne fornì abbondanti durante le guerre puniche).
Una successiva mappa mostra l’elevata densità delle fattorie che si estendevano su tutto il
territorio con la sola eccezione delle aree sacre riservate alle necropoli. In tale contesto l’abitato di
Pyrgi ed il suo porto costituivano un elemento qualificante e importante soprattutto per l’esercizio
del commercio marittimo. Il primo cedimento della federazione etrusca alla politica espansionista
di Roma, basata sul “divide et impera”, si registrò a Veio nel 396 e costituì la premessa di uno
scontro globale che si protrasse a lungo. Il successo conseguito consentì a Roma di ampliare il
suo territorio a nord del Tevere giungendo a contatto con quello di Caere e Tarquinia con le quali
mantenne inizialmente rapporti di buon vicinato in attesa di risolvere i suoi problemi con i Galli
Senoni e i suoi alleati latini. Tanto più che Caere, quando Roma fu sopraffatta dai Galli, non
approfittò della situazione, anzi aprì le sue porte ai profughi romani e strappò ai galli, che rifluivano
a nord, parte del bottino che prontamente restituì ai legittimi proprietari. Roma fu riconoscente a
Caere per questo aiuto (più tardi concesse ai suoi cittadini lo status di “cives sine suffragio”), ma
non tanto da risparmiarla quando, ripresa la sua marcia espansionistica, la trovò schierata con
Tarquinia. Fu allora (273 a.C.) che a Caere fu imposto di cedere la fascia costiera del suo territorio
che Roma immediatamente presidiò con colonie militari in corrispondenza dei porti e dei possibili
attracchi anche in funzione anti Punica (Pyrgi, Castrum novum, Alsium, Fregelle) e più tardi anche
la riduzione in Prefettura ( sembra che il primo prefetto fosse un tal Genusio Clusino).
Una ulteriore mappa evidenzia di quel periodo l’accresciuta densità di “villae” che occupavano
anche spazi in precedenza protetti da vincoli “sacri” a dimostrazione che esse costituivano
altrettanti elementi di un pianificato investimento produttivo ben evidenziato nella famosa tavola
Peutingeriana. Con il tempo e il conseguimento di una maggiore sicurezza da pericoli interni ed
esterni, su tutta la costa vennero edificate sontuose villae rurali produttive o semplicemente
adibite all’otium.
L’elemento che le caratterizzava era la presenza di “peschiere” che
accrescevano la loro grandiosità di cui è possibile farsi una idea dagli affreschi vesuviani relative
ad analoghe villae . Con le invasioni barbariche e soprattutto il disastroso passaggio di Alarico, il
territorio subì una ulteriore trasformazione. Le ville rurali e costiere si ridussero drasticamente di
numero o furono trasformate in siti fortificati in possesso di alcune superstite famiglie romane
(Torlonia, Odescaldi ed altre). Ancora più avanti le ventennali guerre gotico-bizantine (535-553),
le pestilenze, l’accresciuta insicurezza delle campagne e la malaria fecero il resto, privando il
territorio cerite dei suoi abitanti e riducendo l’antica e possente Caere ad un misero villaggio.
Il territorio tornò ad essere ripopolato a partire dagli anni ’50 del 1900 da gente attratta
dall’aspettativa di un nuovo benessere, ma priva di quella “memoria storica” che l’amico Flavio si è
da tempo impegnato a recuperare e diffondere.