Scarica Il Sole news n. 33

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Il Sole news - semestrale - Poste Italiane S.p.A - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2, DCB Como
IL SOLE NEWS
n. 33 - dicembre 2011
IL SOLE NEWS
Periodico di solidarietà mondiale che racconta e rendiconta le attività in corso in Italia e nel Sud del mondo
de Il Sole - Associazione per la cooperazione internazionale e le adozioni a distanza Onlus
Direttore responsabile
Elena Scarrone
Sede e contatti della direzione
via L. Leoni 20
22100 Como
Tel. 031.275065
[email protected]
www.ilsole.org
Stampa
Tipografia Banfi
via dei Mulini 25
22100 Como
Fotografie
Archivio Il Sole Onlus
Redazione
Elisabetta Maccioni, Greta Pini, Francesca Pozzi, Diego Roncoroni
Hanno collaborato in questo numero:
Martina Bianchi, Alessandra Bonanomi, Diego Rizza, Fabio Ronchetti, Elena Scarrone, Maria Spinelli,
Vittorio Villa
Registrazione
Tribunale di Como
n. 21/2000 del 8/09/2000
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EDITORIALE
IL
Sole Onlus ha sempre operato, e continua a farlo, cercando di fare in modo che i fondi provenienti dalle donazioni raccolte vengano utilizzati al meglio.
Per farlo è necessario conciliare l’esigenza di avere una struttura operativa che abbia il minor
costo possibile con quella di avere uno staff che abbia la professionalità necessaria a gestire nel migliore dei modi i fondi disponibili. Per farlo è necessario determinare quali siano le reali necessità dei
bambini e delle loro famiglie nelle specifiche realtà locali, valutare accuratamente i costi da sopportare per affrontare lo specifico problema, organizzare la realizzazione del progetto, controllare che lo
stesso venga portato a termine nei tempi e con i costi previsti verificando l’operato delle organizzazioni locali, riferire adeguatamente ai donatori i risultati ottenuti per poter dimostrare il raggiungimento
degli obiettivi previsti e motivarli a continuare a sostenerci.
Questo equilibrio tra bassi costi ed elevata professionalità è molto instabile e si confronta continuamente con la realtà quotidiana dell’Associazione.
Fino ad ora Il Sole Onlus ha saputo gestire bene queste esigenze garantendo il mantenimento di un
ottimale rapporto tra fondi raccolti e costi. Recentemente l’Istituto Italiano della Donazione ha confermato la bontà del nostro lavoro concedendo la sua certificazione alla nostra Associazione.
In questi mesi la situazione economica generale, e soprattutto la forte diminuzione dei fondi stanziati
dai donatori istituzionali (Comunità Europea, Governo Italiano, Regioni, Province, Fondazioni Bancarie ecc.) ha portato ad un sensibile calo dei fondi raccolti da quasi tutte le Ong di qualsiasi specifico
settore si occupino. Per Il Sole Onlus questa situazione ha portato ad un calo di circa il 20% dei fondi
raccolti nel 2011 rispetto all’anno precedente. Per i prossimi mesi le previsioni economiche globali
fanno temere un ulteriore peggioramento della situazione con conseguente calo dei fondi a disposizione del terzo settore.
Tradotto nella realtà quotidiana questo significa maggiori difficoltà a garantire ai vari beneficiari i
fondi promessi, ritardi nei versamenti ed aumento dell’incidenza dei costi di struttura.
Il Consiglio de Il Sole ha messo allo studio una serie di iniziative volte al ristabilimento del controllo
dei costi in rapporto alla situazione attuale. La prima di queste decisioni è stata quella di trasferire al
più presto gli uffici presso una sede di minori dimensioni che permetta un risparmio di alcune migliaia
di euro all’anno. Altre misure verranno prese a breve in funzione dell’evoluzione della situazione.
In questo contesto è doveroso il riconoscimento della notevole abnegazione dello staff che opera al
meglio in condizioni molto difficili.
A Voi amici e sostenitori chiediamo di aiutarci in questo difficile compito contribuendo per quanto
possibile alle nostre iniziative e, soprattutto, invitando amici e conoscenti a farlo. La ricchezza de Il
Sole Onlus sono i suoi donatori. Quello che offre è la garanzia di non sprecare nemmeno un euro di
quanto raccolto. Chi ci conosce da anni può confermarlo. Abbiamo tutte le potenzialità per rafforzarci
ancora di più. Abbiamo bisogno soprattutto di tanti ambasciatori del nostro messaggio.
DIEGO RONCORONI
Consigliere Il Sole Onlus
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INDICE
Editoriale Notizie dal mondo 3
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Focus sui Paesi
ITALIA - La solidarietà ai tempi della crisi Gli europei e l’aiuto allo sviluppo Crisi silenziose DARFUR - Guerre dimenticate 10
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Gli impegni de Il Sole ETIOPIA - In viaggio in Etiopia ETIOPIA - Fiori che rinascono MONDO - Preziosi, ma non con prezzo ITALIA - E poi arrivi a Marsala ITALIA - Conosciamo il Burkina Faso ITALIA - Regalo inaspettato 16
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Diari di missione
BENIN - La casa del Sole INDIA - Passaggio in India ETIOPIA - Wintana ETIOPIA - Matrimoni all’Etiope ECUADOR - Missione di monitoraggio 27
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Calendario eventi 34
Cosa stiamo facendo 36
Letture consigliate 38
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NOTIZIE DAL MONDO
Otto milioni di minori spariti nel 2011
3 Novembre 2011
Secondo i dati diffusi da Telefono Azzurro e Icmec Otto milioni di bambini spariranno nel nulla nel 2011.
Piccoli destinati a diventare fantasmi, a non fare più ritorno nelle loro case, ammesso che ne abbiano una. La
stima, dell’International Centre for Missing and Exploited Children, è solo uno dei numeri da brivido presentati a
Roma, al Forum internazionale voluto da Telefono Azzurro e dal Icmec, in collaborazione con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù e con la Mayo Clinic.
Bambini fantasmi, dunque, ma anche vittime di violenza nella spirale dell’infanzia violata.
Il 10-20% dei piccoli e degli adolescenti europei, dunque fino a uno su cinque, rischia di essere vittima di un
abuso sessuale. Numeri destinati a salire nei Paesi a basso e medio reddito, dove l’86% dei bimbi tra i 2 e i 14
anni subisce violenze fisiche o psicologiche da parte di uno dei genitori o di altre figure familiari, mentre due su
tre sono soggetti a gravi punizioni fisiche. Il dossier 2011 del Centro Studi di Telefono Azzurro, mostra che negli
Usa ogni 5 ore un bambino muore vittima di abusi e maltrattamenti.
Ogni settimana nel mondo occidentale muoiono 66 bimbi sotto i 15 anni d’età per abusi fisici o maltrattamenti,
27 dei quali negli States. E sono i più piccoli a rischiare di più: quelli sotto l’anno di età corrono maggiori pericoli
di essere uccisi ed è nove volte più probabile che siano vittime di abusi mortali o vengano gravemente feriti.
Più fragili, poi, i bambini con disabilità, che hanno una probabilità due o tre volte superiore di essere vittime di
crimini violenti rispetto agli adulti.
Fonte: Vita.it
INDIA
Ricchi premi per schiaffi a mariti
21 novembre 2011
L’indiano The Telegraph riferisce dell’interessante programma di incentivi promosso da T.G. Venkatesh, Ministro
di Stato dell’Andhra Pradesh, nell’India centro-orientale, che offre premi in contanti a donne disposte a picchiare
i mariti in pubblico. Il programma paga infatti una “taglia” di mille rupie (poco meno di €15) la sberla – fino a
un totale di dieci - alle signore che schiaffeggiano gli sposi abusivi o alcolizzati davanti a testimoni. Secondo
Venkatesh, l’iniziativa - che finora avrebbe premiato 210 mogli irritate - dovrebbe non solo ridurre l’ubriachezza
e la violenza domestica, ma restituire la dignità alle donne maltrattate. “Quando l’avrete fatto”, il Ministro ha
spiegato al pubblico femminile durante un recente comizio, “i vostri mariti torneranno a casa presto anziché
uscire a bere, vi rispetteranno di più e passeranno più tempo in famiglia”.
Fonte: Corrispondenti.net
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- NOTIZIE DAL MONDO - NOTIZIE DAL MONDO - NOTIZIE DA
La pesante eredità delle bambine Dommara: costrette a prostituirsi per mantenere la famiglia
20 novembre 2011
Hyderabad - In occasione della Giornata Universale del Bambino, che si celebra in tutto il mondo domenica 20
novembre, l’organizzazione cattolica spagnola Manos Unidas ha voluto ricordare il dramma delle bambine della
comunità Dommara, che vivono nello stato dell’Andhra Pradesh, in India. Le bambine Dommara appartengono
ai Dom, una sottocasta diffusa in tutto il paese con nomi diversi, che parla il tegulu e vive raggruppata in piccoli
insediamenti alla periferia delle città, agli snodi ferroviari o ai bordi delle strade, disprezzata dal resto della
società. Non hanno nessun tipo di riconoscimento sociale nè costituzionale, come quelli degli appartenenti a
qualsiasi altra casta. La maggior parte della bambine, come le loro mamme e le loro nonne, sono costrette a fare
della prostituzione l’unico mezzo di sopravvivenza per l’intera famiglia. Secondo la tradizione infatti, gli uomini
della comunità non lavorano e sono mantenuti dalle mogli. L’ozio e la mancanza di opportunità alimentano
tra questi il consumo eccessivo di alcool. Quello della prostituzione è un fenomeno molto radicato in questa
comunità e impedisce alle donne di uscire dal circolo della povertà e dell’emarginazione. L’indice di abbandono
scolastico è molto alto. Si moltiplicano le malattie trasmesse sessualmente e il contagio di Hiv. La violenza
nelle famiglie e l’abuso dei minori è all’ordine del giorno. Inoltre, la miseria, la discriminazione, la mancanza di
formazione e l’abbandono hanno trasformato il traffico di minori in un affare lucrativo.
Fonte: Agenzia Fides
Continua a crescere in India il prezzo del cibo
3 novembre 2011
In una settimana l’aumento è stato del 121,21% rispetto all’anno passato e dello 0,8% rispetto alla settimana
precedente. I maggiori prezzi rafforzano l’inflazione, che rischia di superare la crescita economica del Paese. Il
25 ottobre, la banca centrale ha aumentato il tasso di sconto per la 13ma volta da marzo 2010. Cresce in India
il prezzo dei cibi. Malgrado la politica di stretta creditizia portata avanti dalla centrale Reserve Bank of India
(Rbi), infatti, l’indice dei prezzi all’ingrosso dei beni alimentari segna nella settimana dal 15 al 22 ottobre, un
aumento del 12,21% rispetto all’anno passato, maggiore anche dell’11,43% registrato nella settimana precedente. Il dato segnalato è il più alto che si registra da gennaio, quando l’indice segnò un aumento del 12,9%.
L’aumento, che su base settimanale sfiora lo 0,8%, è attribuito agli alti prezzi degli alimenti altamente proteici come carne, pesce, uova – alle difficoltà di approvvigionamento e al cattivo sistema di distribuzione. La scarsità
di infrastrutture, infine, rende spesso difficile trasportare le derrate alimentari e si calcola che il 40% della frutta
e della verdura marcisca prima di arrivare sui banchi dei mercati. L’alto prezzo dei cibi preoccupa perché dà forza
a un’inflazione che da 10 mesi è indicato al 9%, dato, quest’ultimo, che allarma anche perché supera la crescita
economica, fissata per il 2011 intorno all’8%. La Rbi sta reagendo imponendo la crescita del costo del denaro.
Un aumento del tasso dello 0,25% annunciato il 25 ottobre è stato il 13mo da marzo 2010.
Fonte: Asianews.it
BENIN
Al via la campagna “Tutti i bambini a scuola”
7 ottobre 2011
Il governo del Benin ha lanciato la campagna nazionale 2011-2012 per la scolarizzazione. All’insegna dello
slogan Tous les enfants à l’ecolé (Tutti i bambini a scuola), l’iniziativa è stata inaugurata ufficialmente con una
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AL MONDO - NOTIZIE DAL MONDO - NOTIZIE DAL MONDO cerimonia a Malanville, località a circa 700 chilometri a nord della capitale Cotonou.
“Obiettivo principale della campagna”, si sostiene in un comunicato del ministero dell’Istruzione, “è far sì che
genitori e opinion leader si impegnino concretamente su questo tema”. Per quest’anno scolastico, si legge nella
nota, “si punta soprattutto a portare almeno al 60 per cento il tasso di scolarizzazione delle bambine”.
Fonte: Agi.it
Repubblica del Congo, accordo con il Benin contro la tratta dei bambini
26 settembre 2011
La Repubblica del Congo e il Benin hanno siglato un accordo di cooperazione contro la tratta dei bambini. L’accordo è stato siglato a Pointe Noire, capitale economica del paese, ma anche quella più investita dal fenomeno,
tra il ministro degli Affari Sociali del Congo, Emilienne Raoul, e il suo omologo del Benin, Fatouma Amadou.
I due paesi si impegnano attraverso lo scambio di informazioni continue e di un monitoraggio più stretto delle
polizie di frontiere a fermare questo traffico. L’accordo, infine, prevede che esperti dei due paesi elaborino e
adottino un piano di azione comune di lotta alla tratta dei bambini.
Fonte: Agi.it
19 agosto: il Benin abolisce la pena di morte
22 agosto 2011
È il 106° paese nel mondo e il 17° in Africa. Un provvedimento che è stato approvato a larghissima maggioranza
dal Parlamento. Abolire la pena di morte in Benin. Una legge in tal senso è stata approvata dal Parlamento della
nazione africana con 54 voti a favore, 5 contrari e 6 astensioni.
Secondo gli osservatori politici di questa capitale, la stragrande maggioranza che si è pronunciata contro la
pena capitale indica che il provvedimento presentato dal governo esprime un’esigenza sentita in tutto il Paese.
Intervistato dalla tv pubblica, un rappresentante dell’opposizione, Lazard Sehoueto, del partito ‘L’Unione fa la
Nazione’, ha infatti dichiarato ai media locali che “non si poteva non dire sì a un provvedimento che punta a
promuovere la dignità umana e i diritti dell’uomo”
Fonte: Vita.it
BURKINA FASO
Programma contro la mortalità infantile
7 novembre 2011
Cinque Paesi del continente - Burkina Faso, Republica democratica del Congo, Zambia, Zimbabwe e Sierra Leone
- beneficeranno di un sostegno di oltre 38 milioni di euro, erogati dal Canada, per lottare contro la mortalità di
partorienti e neonati.
Fonti vicine al ministero della Salute burkinabé hanno annunciato che gli esperti dei Paesi che usufruiranno
dei fondi si metteranno “molto presto” all’opera per “procedere alla pianificazione operativa degli interventi e
prendere accordi sui meccanismi di controllo”.
Alle varie iniziative parteciperanno anche la Banca mondiale e organismi internazionali della galassia Onu,
quali Unicef, Fondo delle nazioni unite per la popolazione, e Unaids.
Fonte: Agi.it
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- NOTIZIE DAL MONDO - NOTIZIE DAL MONDO - NOTIZIE DA
61 mln di euro per l’agricoltura nel 2012
4 novembre 2011
La Banca mondiale ha deciso di concedere al Burkina Faso un finanziamento a fondo perduto di un valore
pari a circa 61 milioni di euro, che saranno utilizzati per l’attuazione di un programma di sostegno alle filiere
agro-silvo-pastorale, da completarsi entro il 2012. L’iniziativa, hanno rilevato fonti della capitale burkinabe’,
“punta alla crescita dei settori agricolo e pastorale, e alla riduzione della povertà tramite il potenziamento della
competitività”. Punti forti del comparto agricolo del Burkina Faso sono le produzioni di manghi, cipolle, cotone,
niebé, sesamo e mais.
Fonte: Agi.it
ETIOPIA
Acqua e salute, nuovi interventi in Etiopia
17 novembre 2011
Con la pubblicazione delle linee guida per la formulazione e la presentazione delle proposte delle Ong, parte la
seconda fase dell’Iniziativa di emergenza della Dgcs in Etiopia, riguardante la riduzione del rischio nei settori
Acqua, Igiene Ambientale e Salute. La Dgcs infatti, lo scorso 4 agosto 2011, visto il peggioramento della crisi in
atto nel Paese e dopo l’appello del governo etiopico alla comunità internazionale per fornire assistenza umanitaria, ha approvato il rifinanziamento del fondo in loco dell’Iniziativa di emergenza Aid 9386 per un totale di 1,3
milioni di euro. L’obiettivo è consolidare i risultati ottenuti nell’ambito della prima fase dell’iniziativa, favorendo
la ricerca di soluzioni sostenibili e durature. Il coordinamento, la facilitazione dei rapporti con le Autorità e con
altre agenzie/organizzazioni operanti sul territorio, l’assistenza tecnica e il monitoraggio delle attività saranno
assicurati dall’Ambasciata d’Italia ad Addis Abeba, dall’Utl e dagli esperti inviati dalla Dgcs. La nuova fase
dell’iniziativa consentirà alla Cooperazione italiana di estendere il proprio raggio d’azione nel sud est. Le regioni
interessate saranno Oromia, Regione Somala e Snnpr. Basti pensare che soprattutto nelle aree pastorali di queste regioni alla limitata disponibilità d’acqua, problema cronico in Etiopia, si sono aggiunte le conseguenze del
fenomeno atmosferico della Niña, tra la fine del 2010 e il 2011, che hanno ulteriormente compromesso l’accesso
e l’utilizzo di fonti di acqua sicura. In particolare, la nuova fase dell’iniziativa interesserà le popolazioni locali e
rifugiate particolarmente colpite da condizioni ambientali e climatiche avverse e soggette al flusso migratorio
dai Paesi limitrofi e mireranno a ridurre e prevenire il rischio di emergenza umanitaria nei settori dell’acqua
e della salute, a migliorare la gestione delle risorse disponibili e a favorire la riduzione delle patologie legate
all’acqua e alla malnutrizione infantile. Oltre ai settori principali, si interverrà anche sullo sviluppo delle risorse
umane, sulla protezione di rifugiati e sfollati, sulla promozione della condizione femminile. Le azioni messe in
atto mireranno al massimo coinvolgimento e alla collaborazione delle Autorità locali e ricercheranno la costruzione di sinergie con altre organizzazioni sul territorio impegnate in interventi simili o complementari.
Fonte: esteri.it
CAMBOGIA
Alla sbarra gli ultimi Khmer rossi. Giorno storico per la Cambogia
21 novembre 2011
Rivive in un’aula di tribunale la macchina di morte dei Khmer rossi in Cambogia. A più di trent’anni di distanza.
È iniziato a Phnom Penh il processo contro tre alti dirigenti del regime marxista totalitario che, tra il 1975 e il
1979, provocò oltre due milioni di morti in tutto il Paese, quasi un quarto della popolazione.
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AL MONDO - NOTIZIE DAL MONDO - NOTIZIE DAL MONDO Davanti ai giudici e agli occhi di centinaia di cambogiani che hanno affollato l’aula dell’udienza, così come ai
molti incollati davanti alla televisione, è comparso Nuon Chea, 85 anni, il “fratello numero due”, braccio destro
del “numero uno” Pol Pot, morto nel 1998 a 73 anni; ma anche l’ex capo di Stato di Kampucea democraticà,
Khieu Samphan, 80 anni, nonchè l’allora ministro degli Esteri, Ieng Sary, 86 anni.
Manca invece all’appello, Ieng Thirith, la first lady del sanguinario regime. La donna, che oggi ha 79 anni, la settimana scorsa è stata dichiarata incapace di intendere e di volere dal tribunale anche se è tuttora sotto custodia, dopo l’appello presentato dalla procura. I tre esponenti del regime, che respingono ogni accusa, dovranno
rispondere di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Milioni di persone furono trasferite forzatamente
in campi di lavoro disumani dove morirono di stenti tra violenze e crudeltà. «Il partito comunista di Kampuchea
trasformò la Cambogia in un immenso campo di schiavi, imponendo a un’intera popolazione un sistema che
ancora oggi è difficile da comprendere», ha sottolineato il procuratore nazionale, Chea Leang, puntando il dito
contro le «insopportabili condizioni» nei campi di lavoro e contro «la crudeltà» dei trasferimenti forzati. «Crimini tra i peggiori inflitti a una nazione nella storia moderna».
«La loro colpevolezza - ha aggiunto il procuratore internazionale Adrew Cayley, riferendosi ai tre imputati - può
essere provata senza che siano forniti ulteriori elementi». Il processo, in cui si sono costituite circa quattromila
parti civili, è il secondo davanti a un tribunale internazionale. Nel luglio 2010 Kaing Guek Eav, conosciuto come
il compagno Duch, responsabile del famigerato centro di tortura S-21, fu condannato a 30 anni di prigione per
la morte di 15mila persone. Altri due dossier contro dirigenti di secondo piano potrebbero invece essere abbandonati. Il primo ministro Hun Sen si è sempre opposto a nuovi processi. L’alto commissario per i diritti dell’uomo
dell’Onu, Navi Pillay, dal canto suo, oggi ha messo in guardia contro ogni tentativo di ingerenza e ha definito
l’apertura del processo «un giorno storico per il popolo cambogiano».
A rischio l’alimentazione della popolazione colpita dalle gravi inondazioni
17 novembre 2011
Le gravi inondazioni che hanno colpito la Cambogia hanno messo a serio rischio l’alimentazione della popolazione del paese. In 17 delle 24 province sono morte circa 300 persone e altre 34 mila sono state costrette a
sfollare. Secondo il National Committee for Disaster Management (NCDM), sono andati distrutti circa 200 mila
ettari di campi di riso, il 10% del raccolto dell’intero paese. Si stima che i danni, compresa la distruzione di
oltre mille scuole e circa 2.400 chilometri di strade, abbiano superato quelli riportati dopo le inondazioni del
2000. Un terzo dei residenti di Chhoer Teal Plun Village, nella provincia di Kratie, a nordest, ha perso gran parte
di tutto il raccolto di riso. Si prevede che i sacchi contenenti 20 chili di riso, donati dalla Croce Rosa alle famiglie
colpite, dureranno una settimana e che la gente avrà presto bisogno di acquistare cibo a credito. Secondo il
NCDM, hanno ricevuto aiuti circa 80 mila famiglie, ma ci sono alcune province ancora molto penalizzate dove
non sono ancora arrivati soccorsi, come ad esempio in quella sudorientale di Prey Vey. L’impatto a lungo termine
delle inondazioni rimane incerto. Il ministero dell’Agricoltura afferma che prevede di distribuire semi di riso
alle comunità colpite per compensare le perdite dei raccolti andati distrutti. Queste inondazioni, inoltre, hanno
prolungato la stagione della febbre emorragica dengue, a causa della quale, nei primi 9 mesi di quest’anno, sono
morti 54 bambini rispetto ai 28 del 2010. Le epidemie di dengue sono alimentate dalle forti piogge che formano piscine di acqua e fanno da ricettacolo per le uova del mosquito vettore della malattia. Altri rischi sanitari
associati con le inondazioni includono le malattie causate dall’acqua inquinata, come infezioni respiratorie e
morbillo, in seguito ai danni riportati alle strutture e ai servizi igienici. Le Nazioni Unite insieme ad altre ong
si stanno organizzando per fornire compresse per purificare l’acqua, filtri per l’acqua in ceramica e taniche per
lo stoccaggio dell’acqua potabile.
Fonte: Agenzia Fides
Segui gli aggiornamenti sul nostro sito www.ilsole.org nella sezione “News dai Paesi”
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FOCUS SUI PAESI
ITALIA
In un momento di crisi economica ha senso investire soldi, energie e tempo
nella solidarietà internazionale?
La solidarietà ai tempi della crisi
S
iamo immersi quotidianamente in una
situazione sempre più difficile che tocca
sempre di più noi, i nostri familiari ed i nostri amici. In queste condizioni ha ancora senso
investire soldi, energie e tempo nella solidarietà
internazionale? Non sarebbe più ragionevole
occuparci del cugino in cassa integrazione o del
vicino di casa a cui è stata tagliata l’assistenza
domiciliare?
La risposta ad una domanda del genere richiede
di ripensare dall’inizio alle motivazioni di quello
che facciamo come Associazione e come Donatori.
A prima vista, a prescindere dalla crisi, l’operato
delle ONG nell’ambito della solidarietà internazionale può apparire totalmente insensato. Che
impatto sulla realtà di milioni di persone può
avere prendersi cura di alcune centinaia di loro?
Che benefici possono derivarne alle popolazioni
quando i governi locali sono spesso indifferenti
o peggio lavorano per demolire l’operato delle
ONG? Quesiti ai quali qualsiasi persona legata
alla razionalità dei numeri tende a dare risposte
totalmente negative. L’esperienza di ogni giorno
ci suggerisce invece che questi interventi tendono ad avere un impatto molto superiore a quanto
sarebbe ragionevole attendersi. 10 bambini che
riescono a frequentare la scuola suggeriscono
una speranza ad altri 1000. Un pozzo di un
villaggio libera da fatiche quotidiane permettendo di utilizzare queste energie in progetti di
crescita personale. Pochi euro di microcredito
offrono una possibilità ad alcuni che indicano
10
una strada a molti altri. Un effetto moltiplicatore che si nutre delle enormi energie positive
normalmente totalmente inibite dalla realtà
sociale, che hanno solo bisogno di uno stimolo
relativamente piccolo per attivarsi.
Un altro aspetto importantissimo, ma spesso
sottovalutato, del lavoro delle ONG è, molto
semplicemente, che sono le uniche che parlano
dei problemi dei paesi in via di sviluppo, totalmente ignorati da tutti i mezzi di comunicazione. Quante volte sui nostri giornali si parla di
mortalità da parto o per infezione del morbillo?
Persino della terribile carestia in corso nel Corno
d’Africa si parla pochissimo ed in modo estremamente superficiale. E come possiamo verificare
ogni giorno, solo i problemi conosciuti possono
essere affrontati.
Torniamo a chiederci a questo punto se e come
il nostro operato si concili con la difficile realtà
quotidiana. In altri termini la domanda può
essere ancora più diretta: Ci possiamo ancora
permettere di essere solidali in tempo di crisi?
O dobbiamo pensare prima di tutto a “casa
nostra”?
Un’altra volta facciamo un passo indietro. Perché
ci sembra giusto essere solidali? Quali sono le
motivazioni che ci spingono ad occuparci di persone che vivono in paesi dei quali ignoravamo
persino l’esistenza?
Le mie risposte sono due, lo facciamo per generosità e per egoismo. Lo facciamo per generosità
perché le nostre convinzioni morali, etiche o
religiose ci dicono che è giusto e doveroso
occuparsi di chi è meno fortunato di noi. Questo
impegno può essere declinato in centinaia di
modi diversi ma parte da motivazioni estremamente profonde nella nostra coscienza ma anche
nel subconscio. Mi spingerei a dire che derivano dalla natura di animale sociale del genere
umano. È evidente che questa concezione morale
non ammette graduatorie, un essere umano è un
essere umano.
Lo facciamo per egoismo? Sì se prendiamo per
valida una frase che ho avuto la fortuna di ascoltare dal politologo francese Bertrand Badie: “Se
noi fossimo degli egoisti razionali lavoreremmo
per risolvere i problemi dell’Africa”. Chi si occupa di solidarietà ha chiaro che un mondo meno
ingiusto sarebbe un mondo migliore per tutti,
anche per i privilegiati. Privilegiati che sono
attualmente costretti ad alzare continuamente
i muri, reali e legali, che hanno costruito per
difendere la loro oasi di “benessere”. E benessere
è messo tra virgolette perché si tratta solo di
privilegi economici, inevitabilmente ottenuti a
scapito dello stare bene nel senso più completo
del termine.
Ed allora la domanda iniziale si trasforma: Ci
possiamo permettere di NON essere solidali in
tempo di crisi? O dobbiamo ESSERE SOLIDALI
per pensare prima di tutto a “casa nostra”?
DIEGO RONCORONI
GLI EUROPEI E L’AIUTO ALLO SVILUPPO
Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid
È
stato pubblicato nel mese di novembre 2011 il sondaggio di Eurobarometer 375 Making a difference in the
world: Europeans and the future of development aid.
L’indagine sugli europei e il futuro degli aiuti allo sviluppo è stata condotta nei 27 Stati membri nel settembre 2011, intervistando 26.856 europei dai 15 anni in su. Lo scopo dello studio è quello di fornire un quadro aggiornato del gradimento da parte degli europei sugli aiuti allo sviluppo e sul futuro della cooperazione. Secondo il
sondaggio di Euro-barometro l’85% degli europei considerano importante l’aiuto alle popolazioni più povere.
Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid, Special EuroBarometer 375, pag. 8
http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm
11
- FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI I giovani tra i 15 e i 24 anni sono i più forti sostenitori degli aiuti: «9 su 10 pensano sia importante aiutare i
poveri e il 41% lo considera “molto importante”, a fronte del 35% delle persone di oltre 40 anni».
Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid, Special EuroBarometer 375, pag. 11
http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm
I giovani dimostrano anche maggiore impegno personale per questa causa: il 53% dei giovani e il 60% degli
studenti, infatti, sarebbe pronto a pagare di più certi prodotti (es.commercio equo e solidale) se ciò andasse a
vantaggio delle popolazioni povere del mondo. I giovani hanno inoltre espresso la maggiore determinazione a
mantenere l’impegno di aumentare i livelli di aiuto (69%, a fronte di una media del 62% di tutti gli interpellati).
E gli Italiani? Il dato generale è leggermente inferiore alla media europea, l’84% è a favore degli aiuti contro l’89%
della media. In particolare solo il 25% degli italiani dice che aiutare le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo è
molto importante, ben il 59% lo ritiene abbastanza importante, mentre solo il 12% non importante.
Making a difference in the world: Europeans and the future of
development aid, Special EuroBarometer 375, pag. 33
http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm
12
- FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI Il 61% degli italiani identifica nell’Africa sub sahariana l’area del mondo più bisognosa di aiuti.
Insomma dati che sicuramente non corrispondono con l’impegno scarso del nostro paese nell’aiutare il sud nel
mondo. A seguito dei tagli delle manovre finanziarie, per i fondi della cooperazione allo sviluppo (legge 49/87)
gestiti dal Ministero degli Affari Esteri (MAE) si passa dal minimo storico del 2011, pari a 179 milioni di euro a
un nuovo record negativo con soli 86 milioni di euro, un taglio del -51%.
Il taglio complessivo applicato al budget del MAE dalle manovre estive è stato di 206 milioni di euro; ben 92
milioni a carico della cooperazione con i Paesi in Via di Sviluppo. La diminuzione è ancor più evidente se si
prende a confronto il dato del 2008, in cui la cooperazione allo sviluppo aveva raggiunto i 732 milioni di euro
di stanziamenti. Il calo è dell’88%.
Un dato non in linea con il sentito dei cittadini euopei e italiani:
Making a difference in the world: Europeans and the
future of development aid, Special EuroBarometer 375,
pag. 23 e 26
http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm
(Fonte Eurobarometer 375 e greenreport.it)
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- FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI CRISI SILENZIOSE
I
n questo numero apriamo le nostre porte al “mondo”. Quello che noi facciamo, come lo facciamo, gli interventi che garantiamo non esauriscono i problemi legati alla mondialità. Siamo consapevoli dell’utilità della nostra “goccia nell’oceano”, ma siamo altrettanto consapevoli della grandezza dell’oceano. Senza rammaricarci,
senza frustrazioni, forti della bontà degli interventi che portiamo, degli aiuti che diamo, dei doni che facciamo:
un dono non si misura con la straordinarietà di un gesto, ma nel suo essere ordinario.
Per questo motivo andiamo avanti con i sostegni a distanza e con i progetti di tutela dell’infanzia in Burkina Faso,
Etiopia, Benin e India, senza mai dimenticare posti in cui l’emergenza è cronica, il bisogno è vitale, la richiesta
d’aiuto è quotidiana.
Darfur, Congo, Costa d’Avorio, Libia, Chad, Niger, Somalia e tanti altri posti ancora lamentano situazioni di emergenza umanitaria devastanti.
Posti in cui Il Sole Onlus non opera (ancora), ma che non dimentica.
Posti in cui la giustizia, divina o sociale a seconda delle fedi, non trova posto; posti in cui i diritti umani sono
calpestati quotidianamente, posti in cui l’informazione è latitante.
Per questo motivo, su questo numero, la nostra Elena Scarrone inaugura una sezione dedicata alle crisi silenziose.
Iniziamo col Darfur, che fino a qualche tempo fa inondava le pagine dei giornali (persino Paolo Bonolis a Sanremo
ne ha parlato…), ma che ora è ricoperto dal più omertoso silenzio. Come se tutto fosse a posto, come se nulla
fosse successo. Come se nulla stia succedendo.
E invece succede.
VITTORIO VILLA
DARFUR
La tragedia del Darfur si consuma nel silenzio. La guerra civile continua
ma i media non la raccontano
Guerre dimenticate
S
ei anni di guerra civile, non meno di 300 mila
morti, molti di più - 450 mila - secondo le stime
della Coalition for International Justice, almeno
due milioni di persone in fuga e ridotte alla fame.
È la tragedia del Darfur che si consuma nel silenzio,
praticamente totale sui telegiornali e quotidiani
italiani che già di norma dedicano pochissimo spazio
alle notizie dall’estero. Un inferno che purtroppo anche nel mondo dei media occidentali viene raccontato
di rado. Con l’eccezione della Bbc, il servizio pubblico
britannico, che nella regione teatro di un genocidio e
di una emergenza umanitaria drammatica, nella quale
le vittime sono soprattutto donne e bambini, invia i
propri inviati, che realizzano reportage trasmessi in
prima serata.
Non solo, un canale radio della Bbc, grazie ad un accordo con un gruppo di giornalisti africani entra nelle
case degli sfollati. Sono loro a raccontare attraverso
il programma “Lifeline radio Darfur” ai profughi nei
campi in Sudan e nel Ciad quanto accade, lanciando
- FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI - FOCUS SUI PAESI anche campagne di prevenzione e vaccinazione. Il
conflitto in quella regione remota situata nell’ovest
del Sudan ha origini complesse, etniche, religione e
politiche e nasce nel 1955, anno dell’indipendenza
del Darfur. Da allora il paese è insanguinato da una
lunghissima guerra civile tra il nord arabo e musulmano ed il sud del Sudan, non arabo, animista e
cristiano. Dal febbraio del 2003 il conflitto vede contrapposti i Janjawid (letteralmente demoni a cavallo),
un gruppo di sanguinari miliziani arabi reclutati
dalle locali tribù nomadi dei baggara e la popolazione
non baggara della regione, composta da tribù dedite
all’agricoltura. Il governo sudanese, pur negando
ufficialmente di sostenere i Janjawid ha
fornito loro armi e assistenza partecipando anche ad
attacchi congiunti rivolti sistematicamente contro i
gruppi etnici Fur, Zaghawa e Masalit. Massacri, stupri,
violenze, mutilazioni, perfino bombardamenti dei
campi profughi sono una terribile realtà. Nonostante
l’invio di una forza di pace dei caschi blu, decisa dal
consiglio di sicurezza dell’Onu nell’agosto del 2006,
gli accordi di pace di Doha, congelati, le tregue promesse e mai mantenute, i massacri continuano e nessuno li racconta. Sotto silenzio passa l’impegno dei
volontari delle poche Ong che in quella zona operano,
che lavorano con rischi altissimi per la propria vita.
Francesco Azzarà, operatore di Emergency, è prigioniero dei sequestratori dal 14 agosto scorso, di lui non
si hanno più notizie. In Italia le poche informazioni
sono reperibili sul sito di “Italians for Darfur Onlus”
che lancia un appello a Rai, Mediaset e La7 affinché
finisca questo silenzio sulla tragica e interminabile
crisi umanitaria in Darfur, e soprattutto informa
sull’evoluzione del conflitto.
Il sito riporta ad esempio una notizia diffusa dalla tv
al Arabya secondo la quale la corte penale internazionale avrebbe raccolto le prove dei crimini di guerra
del Ministro della difesa del Sudan Abdel Rahim
Mohamed Hussein e starebbe per chiederne l’arresto.
Se tali voci venissero confermate, Hussein sarebbe
il quarto alto rappresentante sudanese sul quale
pende un mandato di arresto internazionale dopo
l’ex comandante delle milizie Janjawid, l’ex ministro
dell’interno e lo stesso presidente del governo sudanese, Al Bashir.
Tra le televisioni straniere del mondo arabo, che
seguono il conflitto in Darfur, Al Jazeera, la nota
emittente del Qatar. Un conflitto, quello in Darfur che
come tutti gli altri dimenticati ci riguarda, anche se
i media italiani non se ne sono ancora accorti. Per
concludere, ricordo a tutti noi una frase di Vittorio
Arrigoni, reporter e attivista italiano ucciso a Gaza
il 15 aprile, che chiudeva sempre i suoi reportage
sull’operazione piombo fuso, raccontando – unico
reporter nella striscia – il massacro compiuto sui civili
palestinesi dall’esercito israeliano nel 2009.
“Restiamo umani”.
ELENA SCARRONE
GLI IMPEGNI DE IL SOLE
ETIOPIA
Una missione di monitoraggio diventa molto di più, per la presenza di
dieci siciliani: quattro adolescenti dal passato burrascoso e sei insegnanti,
assistenti sociali, mediatori...
In viaggio in Etiopia
N
on è un viaggio qualunque. Non è la classica missione di monitoraggio e valutazione
progetti. È molto di più. Non è definibile
razionalmente. È un’espressione di umanità che mancava da parecchio tempo ai miei viaggi. Mi riferisco al
viaggio che abbiamo organizzato nel mese di luglio
ad Addis Abeba, Etiopia. Anche se per dieci giorni la
città mi è sembrata Addis Abeba, Sicilia.
Sì, Sicilia, per via del fatto che con me hanno viaggiato dieci siciliani, alcuni marsalesi e alcuni palermitani. Un bel mix di Sicilia occidentale, un bel connubio
di dialetti, accenti, vocali diversi da quelli solitamente
sentiti in ufficio e dintorni. Dieci persone, rappresentanti la società civile siciliana: una professoressa, una
mediatrice culturale, una consulente, una psicologa
due assistenti sociali e, cosa non indifferente quattro
ragazzi in area penale. Sì ragazzi contro la legge,
ragazzi che hanno commesso un reato e con una pena
da scontare. Pena alternativa al carcere minorile, ma
pur sempre una pena.
Con il gruppo di amici e volontari di Marsala, magistralmente condotti da quel giramondo di Salvatore
Inguì, abbiamo cercato di unire l’utile al dilettevole.
Il dilettevole è facile da intuire: un viaggio in Etiopia,
seppur a visitare i nostri progetti è pur sempre
un’esperienza non indifferente per chi ama viaggiare.
L’utile non è facile da intuire, ma rappresenta per Il
Sole Onlus, anche se abbiamo l’ardire di credere che
lo rappresenti per chiunque voglia (pre)occuparsi
della tutela dell’infanzia e dell’adolescenza (come da
Convenzione dell’Onu), una sfida non indifferente:
garantire, attraverso i nostri progetti nei Paesi in Via
di Sviluppo, dei benefici anche a bambini ed adolescenti
16
italiani.
Da anni ci occupiamo di educazione allo sviluppo o
alla mondialità, attraverso interventi nelle scuole di
ogni ordine e grado, ma quest’anno abbiamo voluto
fare il salto di qualità. Non siamo più noi a portare i
nostri progetti nelle scuole, sono i ragazzi a venire a
visitare i nostri progetti. Ribaltare le logiche dominanti dà sempre i suoi buoni frutti. Vedere il mondo
con una prospettiva diversa aiuta a comprenderlo
meglio. Ecco perché dopo un paio di chiacchierate
semiserie, un paio d’occhiate d’intesa, con Salvatore
abbiamo messo in piedi un “numero zero” di quello
che in futuro diventerà un progetto consolidato.
Del resto l’articolo 40 della Convenzione dei diritti
del Fanciullo delle Nazioni Unite parla chiaro: “Gli
Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo accusato
e riconosciuto colpevole di aver violato la legge penale
ad essere trattato in un modo che risulti atto a
promuovere il suo senso di dignità e valore, che rafforzi il suo rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali altrui, e che tenga conto della sua età,
nonché dell’esigenza di facilitare il suo reinserimento
nella società e di fargli assumere un ruolo costruttivo
in seno a quest’ultima…”.
Attraverso la conoscenza dell’altro da sé, la sperimentazione di un viaggio nei Paesi in Via di Sviluppo,
l’incontro con bambini e adolescenti in difficoltà è
possibile infondere nei minori in area penale concetti
fondamentali per il recupero di valori centrali per la
(ri)scoperta della propria dignità. Il concetto di riabilitazione della pena, soprattutto nei confronti dei
minori, è centrale nei valori che animano Il Sole Onlus
nella realizzazione dei suoi progetti.
Ecco perché ci siamo imbarcati in questa avventura:
portare quattro adolescenti dal passato burrascoso,
un presente così così e un futuro incerto ad incontrare coetanei dal passato burrascoso, un presente
burrascoso e un futuro burrascoso. L’impatto è stato
a dir poco devastante. Per loro. Ma anche per noi.
Quelli che, calati nel proprio ambiente con ruoli da
duro ben definiti, stereotipati dal luogo comune sono
giovani intraprendenti, sicuri, sfacciati e noncuranti
del pericolo, al primo impatto con Addis Abeba,
Etiopia si sono mostrati molto più sensibili di quanto
lasciassero intuire in precedenza. Non degli agnellini,
per carità, ma un po’ più propensi verso l’altro, questo
sì. E con il passare dei giorni, abbiamo visto e sentito
nei loro animi squarci di solidarietà che sapevano di
nuovo nel loro modo di essere. Si stupivano di queste
nuove emozioni, chiedevano, facevano gaffe, si esprimevano con termini goffi, ma efficaci e, sempre, dico
sempre, riuscivano a centrare la gravità delle situazioni che incontravano. Le loro espressioni in dialetto
palermitano ancora echeggiano nella mia testa:
“talè che nicu, u picciriddu nivuru (guarda che piccolo
quel bambino)” “talé che sapuritu chistu (guarda che
carino questo)”. Ma anche alcune delle loro frasi sulla
riscoperta della solidarietà sul dovere di tutti loro a
fare qualcosa per questi bambini al loro ritorno in
Italia, sono pezzi di cuore lasciati lì, ad Addis Abeba,
Sicilia.
Non so per quanto tempo questi ragazzi si porteranno dentro questo viaggio, ma sono sicuro che ad
oggi, cinque mesi dopo, si portano ancora dentro
l’Etiopia, Addis Abeba e il nostro progetto di punta
Fiori che rinascono. Una sorta di nemesi. I bambini
vittime di abuso sessuale si fanno portatori di valori
nei confronti di quelli che potrebbero essere i loro
persecutori. È il mondo che si ribalta, è la logica che
si rivoluziona. È il nostro modo di pensare. Mio e di
Salvatore, Donatella, Francesca, Maria, Mia, Roberta,
Virginia e dei quattro giovani che ci hanno accompagnato durante questo viaggio. Viaggio solidale, di
scambio culturale per dare una definizione standard.
Ma per noi che non amiamo molto le definizioni standard è un modo di vivere e pensare la cooperazione
allo sviluppo in altro modo. Fuori da strumenti livellatori asettici (che per carità servono per garantire la
massima efficacia ed efficienza ai vari progetti), ma
dentro il cuore della cooperazione: le relazioni umane
e il ritorno alla centralità della persona.
Chiunque essa sia, purché lo voglia.
Fuori dagli standard, ma dentro la giustizia. Sociale.
VITTORIO VILLA
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GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE ETIOPIA
La ricerca scientifica legata al progetto Fiori che rinascono prosegue, i
primi test e questionari sono stati somministrati alle 50 bambine, che
partecipano al programma
Fiori che rinascono
I
l progetto Fiori che rinascono è partito già
più di 10 anni fa e nel tempo si è consolidato
e migliorato. Gli obiettivi legati alla realizzazione di una ricerca scientifica che ne valuti e
approfondisca l’utilità sono diversi. Da una parte
è importante valutare quanto ed in che modo
l’intervento del Counseling center di Addis Abeba è efficace nell’aiutare i bambini e le bambine
vittime di violenza sessuale a superare un’esperienza talmente traumatica. Da questo punto
di vista la ricerca prevede di valutare tramite
una serie di questionari e test la sintomatologia
presente nei bambini al momento in cui vengono presi in carico dal centro e di rivalutarla con
gli stessi strumenti a sei mesi e poi ad un anno
dall’inizio dell’intervento. Si osserverà in questo
modo l’efficacia dell’intervento sulla remissione
dei sintomi e su quali aspetti l’intervento ha
più o meno effetto. La pubblicazione di tali dati
fornirà un’importante pubblicità per il lavoro
condotto in questi anni e sarà un’ottima occasione per far conoscere il progetto anche alla
comunità scientifica internazionale. Dall’altra
parte sappiamo che la maggior parte delle
ricerche sull’abuso sessuale sono state fatte in
paesi occidentali e su tali riferimenti si basa la
letteratura scientifica. Dell’abuso sessuale nei
paesi africani si sa ancora poco se non rispetto
a paesi come quelli dell’Africa nordoccidentale
e il Sudafrica. Paesi che hanno maggiori risorse
sia economiche che culturali per poter mettere
in piedi progetti di tale portata. Quindi altro
obiettivo è fornire l’importante opportunità a un
paese così escluso dalla letteratura internazionale di mettere in evidenza il problema dell’abuso sessuale con le sue specifiche caratteristiche.
È davvero importante conoscere in modo più
approfondito il tipo di impatto un tale fenomeno
può avere su soggetti che vivono in un contesto
culturale così diverso e particolare.
La ricerca si rivolge a 50 bambine di età compresa tra i 7 e gli 11 anni (età più rappresentativa dei soggetti che si rivolgono al centro) e
prevede la somministrazione di una batteria di
test accanto ai quali vengono raccolte informazioni personali e familiari e sul tipo di abuso e le
circostanze in cui è stato subito.
Al ritorno dalla loro missione di luglio Francesca
e Vittorio ci hanno portato i primi questionari
raccolti dal gruppo dei counselors. Al momento
sono entrate a far parte della ricerca 22 bambine neo accolte presso il centro e 25 bambine
che risultano in carico da meno di un anno. Gli
operatori hanno fatto davvero un ottimo lavoro
con una puntualità e precisione che è davvero
ammirevole. Dobbiamo tenere in considerazione
che il progetto prevede la somministrazione
di questionari e test per ogni bambino con un
impegno di circa tre ore per soggetto!
Stiamo provvedendo ad analizzare il materiale e
ci prospettiamo di avere entro metà dicembre i
primi dati. In questa prima fase confronteremo
tali dati con la situazione sintomatologica rilevata dalle ricerche internazionali e potremo farci
un quadro più chiaro di quali aspetti risultano
essere più o meno invalidanti nelle situazioni
con cui abbiamo a che fare. In questo modo
potremo anche progettare con ancora maggiore
puntualità il tipo di intervento che offriamo a
tali bambini e bambine. Un intervento tagliato
su misura a seconda delle difficoltà che ciascuno
di loro evidenzia.
DOTT.SSA MARIA SPINELLI
(Studente di dottorato Università degli Studi di Milano)
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- GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE MONDO
Perchè il 20 novembre è, a livello mondiale, La Giornata dei diritti dell’Infanzia?
Preziosi, ma non con prezzo
L
a data è stata stabilita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1989, anno
di promulgazione della Convenzione dei
Diritti del Bambino, il 20 novembre, ogni anno,
ci ricorda, come un monito alla dimenticanza,
che esistono anche loro: i bambini. C’è quindi da
pensare che unicamente in un giorno prestabilito i bambini siano tali?
No, certo che no. I bambini sono tali ogni
giorno, ogni minuto del tempo che scorre. E
chi sono i bambini, ovvero, sono una categoria
universalmente definibile e dai limiti serrati?
C’è un momento preciso in cui si smette di
essere bambini (Art. 1: « Ai sensi della presente
Convenzione si intende per fanciullo ogni essere
umano avente un’età inferiore a diciott’anni,
salvo se abbia raggiunto prima la maturità in
virtù della legislazione applicabile»)? Il mondo
delle regole, delle categorie e delle definizioni
è talmente labile e personalistico che è inverosimile dare confini ad un immenso contenitore,
con altrettante indefinibili varianti. Ogni caso è
a sé. Ogni bambino è un mondo a sé. Il bambino
ha una sola definizione possibile, come disse
Nabokov “Un bambino è la forma più perfetta di
essere umano”, l’impegno dell’adulto dovrebbe
essere di non corromperlo.
Cosa certa sono le differenze, quelle sì. Ad
esempio tra i bambini che popolano il “Nord
del Mondo” e quelli del “Sud del Mondo”. Tra i
bambini che, per casuale fortuna, sono nati in
famiglie abbienti o socialmente attive, e quelli
che, per altrettanto casuale, sfortuna, sono nati
in ambienti ostili o culturalmente disattenti
ai Diritti dei più piccoli. E con Diritti si torna
alla Convenzione che ben 193 Paesi, non tutti,
nel corso degli anni hanno ratificato, voluto e
sottoscritto (l’Italia ha ratificato la Convenzione
il 27 maggio del 1991). Imprescindibile principio propulsore della Convenzione è che tutti gli
Stati Parte devono impegnarsi in direzione del
Superiore, e assoluto, Interesse del Bambino tale
20
interesse dovrebbe quindi avere la priorità. Dovrebbe. Poi, ovviamente, la realtà è ben diversa,
e terrena, dal grande tavolo virtuale al quale
siedono uomini dall’immenso potere sfuggente e
che nulla conoscono della quotidianità, ben altro
che virtuale, di bambini e bambine del Mondo.
Ancora tanti bambini subiscono violenze, di ogni
genere, siano esse verbali, fisiche e sessuali, e
non dovrebbero.
Ancora troppi bambini sono “commercio”, sia
esso sessuale, economico o “organico”, e non
dovrebbero, nel modo più assoluto, esserlo.
A tutti gli effetti tanti bambini ancora lavorano,
e non dovrebbero.
Ancora tante bambine vengono date in spose e
non dovrebbero.
Ancora tanti bambini sono valutati e considerati
oggetti, alla pari di sacchi da riempire e svuotare a seconda delle esigenze e, proprio, non
dovrebbero essere considerati tali.
Tutte queste innumerevoli violazioni ai Diritti
dei più piccoli, al Diritto loro, e solo loro, di essere bambini esistono, anzi proliferano, quando
essere bambino vuol dire avere lo sguardo che
tende solo all’istante che si vive, vuol dire abbandono, totale e inconsapevole, a una necessaria protezione, vuol dire essere preziosi, dove
- GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE non è il prezzo economico a dare valore ma unicamente il fatto di essere al mondo. I bambini
non hanno la fibra, fisica e morale, per “combattere” per se stessi. L’avranno, un giorno, se
ben guidati, scortati ed esortati a scegliere per
il meglio. Avranno capacità di giudizio se noi,
gli adulti, riusciremo ad essere l’esempio alto e
limpido che i più piccoli meritano. E dovremmo
imparare a rispettarli, sempre, i nostri bambini,
ascoltandoli, poiché “I grandi non capiscono mai
niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta” - Antoine de Saint-Exupéry.
Per questo dobbiamo essere attenti, anzi attentissimi quando pensiamo ai bambini, pensar(li)
senza escluderli.
Il 20 novembre 1989 è sicuramente una data
storica, quella in cui “una categoria” multifor-
me, multicolore, è entrata a pieno titolo tra le
schiere della società; divenendo la parte vera,
di noi, da difendere. Quindi ogni 20 novembre è
fondamentale per creare riflessioni, idee, motti,
programmi e piani di azione. Ma niente può
fermarsi solo ad un giorno, a 24 ore, di acclamata dignità che per altri 364 giorni cade nell’oblio
scostata da cose sempre “più importanti”, sempre “più urgenti”, sempre “altro”.
Quindi ogni giorno dovremmo, tutti, dedicare un
pensiero a chi, da solo, a sé non può pensare.
“Dio mi liberi dalla saggezza che non piange,
dalla filosofia che non ride, dall’orgoglio che non
s’inchina davanti a un bambino - Kahlil Gibran”.
FRANCESCA POZZI
ITALIA
“Lontani, ma così vicini” un incontro a Marsala in occasione della Giornata dei
diritti dell’Infanzia. Maria Spinelli racconta la sua esperienza di relatrice
E poi arrivi a Marsala
E
poi arrivi a Marsala. Mi chiedevo perché andare
fino in Sicilia per celebrare la Giornata dei diritti
dell’Infanzia e mi è stato subito evidente il motivo. A Marsala si respira aria di diritti, di interesse, di
desiderio di migliorare e tanta energia. Sarà il sole,
la luce, sarà la lunga storia di questa città, sarà la
bellezza di questa terra. O tutte queste cose insieme!
La serata è stata organizzata all’interno della Pinacoteca situata nell’antico Convento del Carmine, un
posto molto suggestivo dove tra le volte antiche e le
colonne in pietra di tufo vengono esposte sculture e
opere d’arte. La sala si è riempita velocemente delle
più svariate persone, dai ragazzi delle comunità
protette ad assistenti sociali, all’avvocato, al regista,
al libraio… Molti li avevamo già incontrati la sera
prima passeggiando per il centro con il nostro amico
Salvatore Inguì, assistente sociale dell’Ufficio Servizi
Sociali Minorili, una vera celebrità in questa città.
Molte erano persone comuni attirate dalla curiosità
verso il nostro incontro dal titolo Lontani, ma così
vicini. L’obiettivo era parlare del progetto Fiori che
rinascono e raccogliere fondi attraverso la vendita
all’asta delle fotografie realizzate nella missione di
luglio dai volontari e dai bambini stessi del counseling center di Addis Abeba.
Mentre Francesca illustrava il progetto e introduceva
la serata osservavo da una posizione privilegiata la
platea, il silenzio, gli sguardi carichi di interesse di
tutti. Il sincero desiderio di conoscere. Poi ho parlato
io e ho raccontato la mia esperienza di aprile ad
Addis così come la ricerca che al progetto “Fiori” si
accompagna.
Ho avuto la chiara sensazione di essere in un luogo
dove poter portare e condividere l’emozione che avevo
provato e che provo nel collaborare al progetto; ecco
questo è stato Marsala per me: accoglienza. Salvatore
con la sua energia e la sua competenza ha completato il tutto! Si è reinventato come battitore d’asta e le
persone hanno “lottato” per aggiudicarsi le splendide
immagini dei bambini di Addis.
Certamente i soldi raccolti non sono così tanti da fare
la differenza, ma l’obiettivo di questa serata era altro.
Era far conoscere il progetto, attirare l’attenzione
delle persone sull’importante e complesso lavoro che
Il Sole Onlus sta portando avanti ad Addis Abeba in
un giorno così carico di significato come la Giornata
dei diritti dell’Infanzia.
DOTT.SSA MARIA SPINELLI
(Studente di dottorato Università degli Studi di Milano)
21
- GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE ITALIA
Nel mese di settembre Valerie Kafando, referente del Burkina Faso, ha fatto
visita a Il Sole Onlus. È stato organizzato un incontro per permettere a
sostenitori e non di conoscere Valerie e il Paese in cui operiamo
Conosciamo il Burkina Faso
N
on capita spesso di sentir parlare di Burkina
Faso. Tra i vari Paesi dell’Africa Occidentale
è sicuramente uno di quelli a cui si dedicano
meno attenzioni mediatiche. La curiosità, quindi, cresce quando vengo a sapere che, in data 29 Settembre
2011, si tiene un incontro organizzato dall’Associazione Il Sole Onlus con il titolo Conosciamo il Burkina
Faso. Giunta nel luogo dell’incontro, il mio sguardo
viene subito catturato dall’abbigliamento delle tre
donne burkinabè presenti in sala. Loro, avvolte da un
vestito che ripropone motivi religiosi, sono le rappresentanti dei progetti che l’Associazione ha attuato in
Burkina Faso. Spicca fin da subito il carisma di una
delle tre donne: è Valerie Kafando, esperta di cooperazione allo sviluppo e di sostegni a distanza.
La serata si apre con un aperitivo offerto da Il Sole
Onlus e continua tra le chiacchiere dei presenti fino
a quando viene richiamata l’attenzione per l’inizio
effettivo dell’incontro.
22
Dopo una breve introduzione della Presidente Ornella
Lavezzoli, la parola passa a Valerie Kafando che introduce i progetti realizzati in Burkina Faso. Le iniziative
vertono essenzialmente su due versanti strettamente
collegati tra loro: da una parte i sostegni a distanza,
dall’altra la formazione professionale delle donne,
perché “il benessere del bambino passa attraverso
il benessere della madre” - lo ricorda Vittorio Villa,
direttore de Il Sole Onlus.
L’esperta racconta come il sostegno a distanza salvaguardi più aspetti della vita (dall’assistenza sanitaria
di base, alla frequenza scolastica, alla garanzia dei
pasti quotidiani) e come sia migliorata la situazione
per quei ragazzi che hanno continuato a studiare.
Le donne sono coinvolte nel progetto La casa delle
donne, che prevede corsi di formazione professionale
(tessitura, tintura dei filati e preparazione di sapone)
e il microcredito per l’avvio di attività generatrici di
reddito.
- GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE In un contesto di poligamia, il gentil sesso deve provvedere a più faccende e lavorare molte ore in più rispetto agli uomini, oltre ad occuparsi della casa e dei
figli. Le mogli lavorano a turno nel campo del marito
(è il marito che decide quale delle mogli deve lavorare
quel giorno) e in più sono obbligate a coltivare altre
terre. Il raccolto serve a sfamare i figli e la parte in eccesso viene venduta per acquistare prodotti di prima
necessità al mercato e per permettere ai bambini di
studiare. Le donne sono le prime ad uscire di casa la
mattina e le ultime a rientrare la sera.
Valerie racconta aneddoti ed esperienze degli abitanti
dei villaggi, sostenuti da Il Sole Onlus, con i quali è
costantemente in contatto. Mediante episodi che
talvolta lasciano basiti gli ascoltatori, viene raccontata la storia di alcuni ragazzi che sono stati aiutati con
le adozioni.
Andare a scuola richiede molte ore di cammino sotto
il sole, avere a disposizione una bicicletta accorcia
il percorso e mette al riparo le ragazze dai rischi
connessi all’abbandono scolastico. Valerie ha sottolineato questo aspetto, chiedendo aiuto, per l’acquisto
delle biciclette.
Cos’ha lasciato questa serata? Oltre ad una maggiore
conoscenza della società burkinabé, credo che dalle
parole di Valerie sia emerso un messaggio importante
che, spesso, viene sottovalutato.
I racconti di Valerie mi hanno fatto capire che è difficile trovare elementi pratici per aiutare qualcuno che
non appartiene alla nostra cultura. L’impegno e i soldi
non bastano; è necessario che persone autoctone
facciano da tramite per spiegare quali siano i reali
bisogni di un villaggio.
Questo incontro ha messo in contatto due realtà
molto diverse e distanti fra loro. Personalmente
ritengo sia il modo migliore per instaurare un dialogo
e una conoscenza reciproca. Sono certa che i presenti,
finito l’incontro, abbiano preso coscienza di quanto
sia importante rispettare una cultura se si ha la reale
volontà di aiutarla.
ALESSANDRA BONANOMI
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Tutti i versamenti sono da intestare a Il Sole Ong Onlus, specificando nella causale il nome
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ITALIA
I percorsi di Educazione allo sviluppo nelle scuole, riservano qualche sorpresa...
Regalo inaspettato
Corro il rischio di annoiarvi, ma anche oggi vi racconto qualcosa riguardo i percorsi nelle scuole che mi
vedono in prima linea. Se mi state leggendo con tutta
probabilità sto continuando a sopravvivere!
Nell’ultimo periodo ho avuto la fortuna di conoscere
alcuni bambini e ragazzi della scuola primaria e
secondaria “Frigerio” di Albese con Cassano. Come
sempre è stato uno scambio, credo, importante per
entrambi.
Quando si intraprendono percorsi un pochino più
strutturati del singolo incontro che spesso propongo,
non è così semplice trovare il modo di rendere interessanti tutti gli incontri a tutti i ragazzi. Sono stato
quindi molto contento di aver sperimentato invece
una partecipazione davvero attiva nelle classi di Albese con Cassano! Ho trovato tantissimo interesse e vi
assicuro non è sempre scontato; mi permetto quindi
di ringraziare anche le insegnanti che stanno facendo
davvero un ottimo lavoro con questi ragazzi!
La sorpresa più bella, però, arriva da Alessia, che,
dopo un paio di incontri, mi presenta una sua iniziativa personale. Tra un compito a casa e l’altro, infatti,
ha deciso di provare a creare un documento che riassumesse il percorso fatto con me in classe. Il risultato
è una presentazione che ha deciso di donarci!
Ho deciso di soffermarmi in queste righe sul lavoro
fatto da Alessia, per due motivi: il primo, banalmente
è per il grande piacere che ho provato nel ricevere
questo bellissimo regalo (piacere che sono felice di
esprimere in queste poche parole); il secondo, ben
più importante, è l’aver potuto verificare concretamente cosa i nostri incontri lasciano e, non vi nascondo che lo dico con un certo orgoglio, lasciano molto,
moltissimo: il gesto di Alessia non ha importanza
solo per la sua gentilezza e per il suo interesse, ma soprattutto perché ci dimostra che la strada intrapresa è
quella giusta. È il sapere che Alessia, come altri, sono
tornati a casa con qualcosa in più, con una consapevolezza che da oggi li aiuterà a ribaltare il mondo per
poterlo osservare da una prospettiva diversa.
FABIO RONCHETTI
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SOSTIENI UN BAMBINO A DISTANZA
L’obiettivo del Sostegno a distanza è quello di creare un legame significativo e duraturo nel tempo tra tutti gli
attori dell’intervento.
Insieme alla realizzazione di progetti di sviluppo, il sostegno a distanza vuole rientrare in un concetto più ampio
di sostegno a distanza ravvicinato. Il sostegno, che vuole riavvicinare la distanza, cerca di creare un ponte per
uno sviluppo partecipato capace di coinvolgere, in egual misura, Nord e Sud del Mondo, sostenitori e beneficiari.
Il sostenitore può assottigliare lo spazio che esiste tra lui e il bimbo sostenuto. Per questo motivo l’Associazione
favorisce contatti epistolari tra sostenitori e beneficiari, promuove incontri con i bambini adottati a distanza e
viaggi di conoscenza della loro realtà di appartenenza.
Cognome ……………………………………………………… Nome …………………………………………………………………………
Denominazione (nel caso di un’azienda, ente o gruppo) ………………………………………………………………………
Codice fiscale o Partita Iva ……………………………………………………
Data di nascita ………………………………… Professione………………………………………………………….
Indirizzo ………………………………………………………………………………………………….……
Cap ……………… Città …………………………………………………………….. Prov. ………………
Tel. ……………………………………………… Cell. …………………………………………………..……
E-mail………………………………………………………………………………………………………………
Intendo attivare N° ……. adozione/i a distanza nel seguente Paese:
- Burkina Faso
- India
- Etiopia – progetto Fiori che rinascono, bambini vittime di violenza sessuale
Quota:
- Annuale (Euro 300)
- Due rate semestrali di 150 euro
- Etiopia
- Quattro rate trimestrali di 75 euro
Per sostenere un bambino vittima di violenza sessuale inserito nel progetto Fiori che rinascono:
- Annuale (Euro 516) - Due rate semestrali di 258 euro
È possibile versare la quota a copertura dell’adozione a distanza tramite:
- Bonifico bancario: Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù – IBAN IT71Q0843010900000000260452
- Conto corrente postale N. 11751229 intestato a: Il Sole Ong Onlus
- Rid bancario compilando l’apposito modulo.
Tutti i versamenti sono da intestare a Il Sole Ong Onlus, specificando nella causale il Paese dell’adozione, esempio: “Adozione in Etiopia”.
DATA …………………..
FIRMA ………………………………...............
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Le persone fisiche e giuridiche possono dedurre o detrarre gli importi delle donazioni a favore de Il Sole Ong
Onlus ai sensi del D. lgs 460/97, Art. 13.
La presente scheda compilata e firmata, può essere inviata, con allegata copia della ricevuta del versamento o
del bonifico all’attenzione di Luciana Milanesi – responsabile dell’ufficio adozioni:
- via fax al numero 031.2757275
- via e-mail all’indirizzo: [email protected]
- via posta all’indirizzo:
Il Sole Onlus
Via L. Leoni 20,
22100 Como
INFORMATIVA AGLI UTENTI
(Ai sensi dell’Art.13 del D.Lgs. 196/2003 - Codice in materia di protezione dei dati personali)
Titolare del trattamento è l’Associazione Il Sole Onlus, con Sede in via Leoni 20, 22100 Como (Co), che li utilizzerà per le operazioni connesse alle adozioni, per l’invio della newsletter, del giornalino e del materiale informativo relativo ai progetti e alle campagne di raccolta fondi.
I dati saranno trattati esclusivamente dal personale dell’associazione, non saranno comunicati, né diffusi, né
trasferiti ad altri.
L’utente potrà esercitare i diritti di cui all’art. 7 del D. Lgs. 196/2003 nei limiti e alle condizioni previste dagli
artt. 8, 9 e 10 del citato decreto legislativo rivolgendosi al Titolare del trattamento.
Acconsento al trattamento dei dati personali:
- Si
- No
Firma ………………………………………………………….
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DIARI DI MISSIONE
BENIN
La neonata casa Casa famiglia Maison du Soleil ospita dodici ragazze madri,
vittime della tratta
La casa del Sole
È
nata. Con la collaborazione di tante persone volonterose, finalmente ce l’ha fatta. È una nuova
nata per Il Sole Onlus, frutto di un parto lungo
e faticoso. Di cosa parliamo? Di un parto metaforico
e di uno vero. Da qualche mese Il Sole Onlus vanta
un’altra casa famiglia che si aggiunge a quelle in
Etiopia: la casa famiglia Maison du Soleil (la casa del
sole, appunto) in Benin.
Ospita dodici ragazze madri di Cotonou, la seconda
città del Benin, nonché la più importante dal punto
di vista economico, grazie al porto internazionale e ai
suoi traffici.
I traffici, appunto. Attraverso il porto, centro di corruzione di livello mondiale, ma soprattutto attraverso
il Grand Marché de Danktopa, i traffici sono all’ordine
del giorno a Cotonou. Traffici di tutti i tipi, compresi
quelli di esseri umani, nella fattispecie di bambini.
Cotonou è il “centro di ricezione e di smistamento”
per la tratta dei bambini e il Mercato ne è il suo epicentro focale. Fortunatamente ci sono pionieri, eroi
contemporanei che non lasciano nel silenzio questo
obbrobrio. Mi riferisco alle Suore Salesiane di Cotonou, capitanate da Suor Maria Antonietta e dalla sua
fida scudiera Elena. Coadiuvate da un nugolo di volontari e professionisti hanno messo in piedi, in poco
meno di dieci anni, una struttura a favore dell’infanzia
a dir poco immensa. Centri d’accoglienza, centro di
formazione professionale, atelier di formazione e la
fantastica Maison de l’Esperance (casa della speranza) in cui offrono servizi di formazione in cucina,
panetteria, pasticceria e produzione di sapone.
Il tutto a favore di bambine, ragazze vittime della tratta.
Chiunque si avvicini al Benin, con l’intento di lavorare a favore
dell’infanzia non può non passare da Suor Maria Antonietta.
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- DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE - DIARI DI M
Tutti la conoscono, tutti la apprezzano, ma lei, piemontese doc ed Elena, toscana(ccia) doc, non si lasciano
impressionare dai primi venuti. Le ho incontrate, ho
spiegato chi sono (prima come persona, poi come
direttore de Il Sole Onlus), ho spiegato cosa fa Il Sole
Onlus e cosa vorrebbe fare in Benin. Ci siamo piaciuti. Dal mio punto di vista non è stato difficile farmi
piacere queste due donne dalla parvenza coriacea, ma
dai grandi sentimenti, dal loro, chi lo sa, immagino di
sì visto che insieme in poco tempo abbiamo “messo su”
un progetto a Cotonou veramente ambizioso.
(Auto)ironia a parte, quello che è importante è che al di
là di strumenti operativi, tecnicismi e burocratismi vari
l’impatto personale, individuale fatto di relazioni umane (nel senso vero del termine), di scambi di idee, di
opinioni, di conoscenza e conoscenze ha prevalso per
costruire qualcosa di solido e duraturo nel tempo. Sono
dell’idea che la cooperazione allo sviluppo sia soprattutto l’insieme delle relazioni umane tra individui con
un unico e comune obiettivo. E questo è un esempio di
buona cooperazione.
Dunque, Suor Maria Antonietta, Elena, ma anche
Bertille, Kate, Giulio e la miriade di persone incontrate
a Cotonou hanno assistito a questo parto in diretta.
Ma come dimenticare Licia, il cui contributo è stato
fondamentale per rendere questo parto possibile.
Dunque, IFMA, (le Suore Salesiane) Il Sole Onlus (noi)
e Lisa Spa (il nostro finanziatore senza il quale non
saremmo qua a descrivervi questo evento), tutti attorno alla nascita di quella che può essere una delle più
grandi sfide del nostro tempo: garantire ai bambini la
tutela dei loro diritti. Ovunque e comunque.
Quello che ai più può sembrare banale, in realtà non lo
è. Nella casa famiglia garantiamo alle ragazze madri
e ai loro figli, la possibilità di essere ragazze e anche
madri. Non bisogna dimenticarsi che sono entrambe
le cose. E vanno tutelate nei due sensi. Ragazze, quindi
con diritti consoni alla loro età, e madri, quindi con
doveri consoni al loro ruolo.
Alla Maison du Soleil, il tempo passa scandito da
regole rigorose in grado di far capire alle giovani ospiti
l’equilibrio tra diritti e doveri, l’importanza di assumersi
impegni, la necessità di svagarsi come ragazze della
loro età (in media 14 anni!!).
Sono bimbe anche loro. E sono madri.
L’equipe della Maison du Soleil è molto professionale.
Bertille, educatrice francese, coordina un gruppo di
psicologhe, educatori, operatori sociali in grado di
gestire caso per caso ogni minimo aspetto della vita di
ogni singola ospite. Rapporti con i genitori (di solito
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burrascosi), rapporti con le scuole, rapporti con i datori
di lavoro, rapporti con il padre del bambino (il più
delle volte fuggitivo o renitente alla paternità). Tutto.
Tutta la vita di queste fanciulle passa per loro. Passa
per la Maison du Soleil. E deve passare rapidamente,
visto che le ragazze verranno ospitate per non più di
un anno: il tempo di reinserirsi nel tessuto sociale
di appartenenza in maniera sicura, senza rischi di
alcun tipo, con un lavoro sicuro, con rapporti familiari
risolti, con una professionalità garantita e, cosa da non
sottovalutare, laddove la maternità è causata da abuso
e violenza, con un livello di superamento del trauma
ben avviato. E poi via, verso una nuova sfida. Quella di
essere ragazza e madre.
Per ovvi motivi di sintesi, questo è un breve riassunto
della vita alla Maison du Soleil. Ma vi garantisco che
la Maison du Soleil è molto di più. È la vita. Per queste
ragazze e per i loro figli. E, credetemi, non è metafora.
È verità.
Infatti, come dicevo, recentemente siamo stati testimoni di due parti. Il primo, la Maison du Soleil, il secondo,
al suo interno. Una delle nostre ragazze è diventata
madre proprio grazie alla casa del sole che l’ha accolta.
È la vita che si rinnova, all’interno della Maison du
Soleil. È la forza di chi crede che “un progetto che si realizza è stato il sogno di qualcuno”. Lo diceva Einstein,
lo crediamo tutti. Per questo il progetto all’interno del
quale la Maison du Soleil si inserisce si chiama Sogni
da riaccendere.
Sogni di ragazza, sogni di madre, sogni di bambino.
Sogni di futuro.
VITTORIO VILLA
MISSIONE - DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE INDIA
Un viaggio per incontrare e conoscere quei bambini e quelle donne, di cui Martina
ha letto e sentito parlare durante il tirocinio nella nostra Associazione
Passaggio in India
L’
accoglienza indiana mi stava aspettando.
Ho raggiunto Proddatur in un pomeriggio di
novembre dopo un percorso che ci ha messo
poco a trasmettermi quelli che sarebbero stati i tratti
salienti del mio soggiorno nel subcontinente. Calore,
meteorologico ma soprattutto umano, accoglienza,
colori, profumi, bellezza e autenticità.
Nel giro di una settimana avrei avuto modo di conoscere le donne che beneficiano del nostro microcredito e la maggior parte dei bambini a cui sponsorizziamo l’istruzione.
I primi incontri sono stati con le donne a cui Il Sole
Onlus ha concesso un piccolo prestito perché potessero iniziare una loro attività. Con l’aiuto di coordinatori
più esperti hanno aperto piccoli negozi, aperto laboratori di sartoria, intrapreso l’allevamento di bisonti
o capre, iniziato a produrre ceste in bambù destinate
alla vendita, e molto altro. Mi hanno mostrato con
orgoglio i loro risultati: dai sari alle ceste, dal loro
animale al loro negozietto. Ma soprattutto, mi hanno
dimostrato di aver considerevolmente aumentato non
solo le loro condizioni di vita, ma anche le condizioni
dell’intera comunità dei loro villaggi, e l’autostima
che hanno in sé stesse.
Vedere tutto questo in remoti villaggi dell’Andhra
Pradesh, da donna, mi ha banalmente resa contenta
e orgogliosa di quello che Il Sole Onlus sta facendo
per loro e per coloro che le circondano. Una per una
mi hanno accolta in casa loro, mi hanno presentata a
tutta la famiglia, mi hanno resa partecipe della loro
nuova condizione di donne partecipative. Un successo
materiale per loro, un successo emotivo per me.
E poi i bambini. Meravigliosi e bellissimi bambini. A
scuola o nelle loro abitazioni, c’era il futuro nei loro
occhi. Spesso facenti parte di famiglie molto più allargate di quelle italiane, e sicuramente con stili di vita
drasticamente più modesti, questi bambini diffondevano umanità e gioia. Felici del mio arrivo non hanno
risparmiato gesti e parole per la sottoscritta: mi
hanno offerto sorrisi, frutti, lavoretti fatti con la carta,
e la loro costante compagnia quando mi trovavo a
scuola o in casa loro. In ognuno dei villaggi che ho
visitato mi si avvicinavano timidi per non lasciarmi
più fino alla mia partenza. E a scuola abbiamo giocato per ore, in una sorta di scambio culturale in cui io
proponevo i miei giochi importati e loro proponevano
i loro. Il risultato sono stati dei pomeriggio che la mia
memoria non cancellerà.
L’esperienza indiana è stata forte, bella, impegnativa,
ma soprattutto autentica. Il mio viaggio in India ha
racchiuso in pochi giorni quello che sulla carta avrei
impiegato anni a capire, forse non riuscendoci mai.
La cosa più importante che ho portato a casa, forse,
è la consapevolezza che aiutare donne e bambini, gli
strati più vulnerabili della società indiana, significa
aiutare un intero paese.
MARTINA BIANCHI
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- DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE - DIARI DI M
ETIOPIA
Dopo la violenza subita, Wintana è entrata a far parte del progetto Fiori che rinascono, i laboratori artistici hanno risvegliato in lei entusiasmo e voglia di fare
Wintana
W
intana ha subito violenza a otto anni.
Wintana è stata violentata dal padre.
Wintana ha la mamma sieropositiva.
Wintana è epilettica.
Wintana, con tutto questo pesante portato, ha solo
quattordici anni.
E ora, davanti a me, Wintana sorride. In un modo dolce che la natura ha voluto solo per lei. Wintana dopo
la violenza subita è entrata a far parte del progetto
Fiori che rinascono. Wintana, per noi, è semplicemente un “Fiore”. Un fiore che riesce, ora, a mostrare
i suoi splendidi colori. Segue un percorso psicologico
strutturato e pensato appositamente per lei dal suo
psicologo di riferimento al Counseling center: Temesgen. Data la situazione famigliare, il padre colpevole
che è in prigione, e la madre malata; Wintana è stata
ospite per circa dieci mesi di una delle quattro Case
famiglia previste dal progetto. Dopo questo periodo è
stata affidata alle cure della nonna. A causa della sua
malattia Wintana ha problemi a muoversi e a parlare
con fluidità, per questo motivo lo staff del Counseling
center ha deciso di farla partecipare ai laboratori
artistici, altro fondamentale segmento del progetto
Fiori che rinascono.
I laboratori attivi al momento sono di musica, teatro,
fotografia e video. I laboratori sono stati pensati con
lo scopo di far socializzare i bambini, di far interagire
tante realtà simili ma sempre uniche.
Scopo fondamentale dei laboratori è far tornare i bambini in contatto con il proprio sé, dopo il trauma subito; farli rientrare in confidenza con il proprio corpo,
con le proprie azioni.
Un lento ma costante riappropriarsi di un sé turbato
dalla violazione di un abuso. Dalla convinzione di
essere colpevoli di azioni completamente inappropriate. Cantare e recitare insieme fa armonizzare
con la vicinanza fisica di altri bambini, attraverso la
mediazione di operatori formati. Scattare fotografie
e girare brevi e piccoli video fa concentrare su azioni
precise che necessitano ascolto, attenzione. Danno la
possibilità, in quanto strumenti in digitale, di rivedere
subito il proprio operato e sviluppare una prima
capacità analitica, aiutando a elevare, di conseguenza, un’autostima evidentemente incrinata. Una sfida
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ai propri sé che non sono colpevoli di azioni altre. Di
altri. Che sono, purtroppo, incontrollabili per i bambini, che sono immensamente lontane dall’amore, dal
rispetto, dalla civiltà che innata dovrebbe governare
ogni essere umano. Non si possono sempre trovare
giustificazioni alle azioni umane. Unicamente perché
non ci sono, non esistono.
Wintana frequenta il laboratorio di video, la si vede
girare intorno agli amici con la piccola telecamera,
poi, tutta seria e concentrata decide che soggetto
o scena riprendere, preme il tasto e lenta si muove,
usa lo zoom, rivede il girato, esprime approvazione
o disappunto per le proprie riprese e poi passa la
telecamera al compagno.
Ma non è sempre stata così, Wintana. All’inizio, timida e imbarazzata, stava in un angolo. Piano piano,
grazie all’incoraggiamento del “suo” Temesgen, grazie
a Heleni – operatrice del laboratorio video -, Wintana
ha preso confidenza con i compagni di laboratorio,
con la piccola telecamera, con se stessa.
Un gradino alla volta, è arrivata ad oggi, davanti a
noi, a “scorrazzare” con gli altri, a schiacciarmi un
fugace occhiolino di complicità mentre mi riprende,
MISSIONE - DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE a darmi un bacio mentre mi passa vicino. Wintana,
come ci racconta Temesgen, prima era molto pigra
e svogliata, ora invece nei giorni in cui frequenta i
laboratori sveglia la nonna all’alba, eccitata e felice.
Wintana è uno dei “nostri orgogli”, di cui siamo fieri,
che danno il famoso “senso” alle cose, al lavoro,
all’impegno de Il Sole e di tutti i sostenitori italiani
che ci seguono. Wintana è infatti seguita attraverso
il sostegno a distanza che qui si declina in modo preciso nella nostra concezione di sostegno a distanza
ravvicinata.
Perché è stata proprio Wintana, con la sua tenacia di
esile ragazza, e prima di fragile bambina, ad accorciare una distanza tanto grande; colma di spazio,
di cultura, di dolori, di incommensurabile sfortuna.
Basta uno sguardo alle sue giovani riprese, un bacio
figlio della sorpresa ad accorciare qualunque, anche
minima, distanza. Grazie, quindi, Wintana. Porterò il
tuo messaggio a chi crede in te, lontano, ma solo nei
chilometri, da qui.
FRANCESCA POZZI
ETIOPIA
Curiosità sulle tradizioni e i festeggiamenti
Matrimoni all’Etiope
T
emesgen, psicologo del counseling center del
progetto Fiori che rinascono, oggi non c’è, qui
nella casa che ospita i laboratori artistici, ad
Addis Abeba.
Sta partecipando al matrimonio del suo più caro amico. Ieri mi son fatta raccontare qualche particolare
sulla cerimonia e i festeggiamenti. Il giorno del matrimonio è davvero un giorno molto ricco e decisamente
lunghissimo. Ma partiamo con ordine. La mattina gli
amici più stretti e i parenti più vicini partono tutti
insieme dalle rispettive case dei futuri sposi in direzione del luogo scelto per la cerimonia, dove vengono
travolti da una marea di conoscenti e amici che può
arrivare a duemila persone. Una vera folla. Nell’arco
della giornata gli sposi scattano fotografie con ogni
invitato, un vero, interminabile, lavoro. Al termine
degli scatti, ha luogo la cerimonia vera e propria,
con rito religioso (ad Addis Abeba vi è prevalenza di
Cristiani Copti) o civile. A seguito della cerimonia ha
luogo il pranzo o la cena. Tutta la giornata è accompagnata da musica e danza – sia tipiche e tradizionali
che contemporanee. Finiti i festeggiamenti, alla sera,
gli amici più cari degli sposi li accompagnano all’alloggio previsto per la prima notte e i festeggiamenti
proseguono sempre con musica, danze, cibi e bevande, il taglio della torta e ancora musica, danze, festa.
Fin qui, senza tener conto dei grandi numeri, tutto
sommato, un matrimonio etiope non sembra tanto
diverso dai nostri. Ma il tutto continua… . Il martedì,
dopo la cerimonia, le famiglie e gli amici più stretti
della nuova coppia, si ritrovano a casa della famiglia
dello sposo per la “cerimonia del nome”. La mamma
del neo sposo sceglie, con grande cura, un nuovo
nome per la nuora, un nome che solo il marito, e una
ristretta cerchia di persone (tra famigliari e amici)
userà per chiamarla. Il nome dovrà essere bello,
evocativo, denso di significato e affascinante. Quindi,
il martedì, è il giorno del nuovo nome. Ma il giovedì si
continua, con l’incontro ufficiale di scambio e di conoscenza delle due famiglie di origine degli sposi; è un
incontro che coinvolge i tanti parenti, anche lontani,
che prima dell’unione non conoscevano le rispettive
famiglie. Per quanto riguarda il vestiario delle varie
cerimonie è diverso a seconda dell’occasione, per cui
per la cerimonia grande (oceanica), l’abbigliamento è
all’occidentale, giovane e giovanile, non molto dissimile dai matrimoni italiani. Per le cerimonie a seguire, invece, del martedì e giovedì, vengono indossati gli
abiti tradizionali e si praticano le numerose ritualità
legate alla ricca cultura etiope. Tante feste, tante
ritualità, tanta gioia e sempre, vitale e immancabile,
tradizione. Anche nei matrimoni, l’Etiopia, e Addis
Abeba, rivelano tutta la forza dei contrasti che le
contraddistinguono. Contrasti sempre molto forti che
sempre si ravvedono ad ogni spostamento o sguardo.
Città dei contrari e dei contrasti, Addis Abeba, proprio
come ci spiega Temesgen, mentre si prepara alla
grande festa che lo aspetta.
FRANCESCA POZZI
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ECUADOR
Che cosa ha a che fare Il Sole Onlus con l’Ecuador? La risposta è semplice e complessa al tempo stesso. Diego è un
educatore, si occupa di ragazzi disabili, per la Cooperativa Il Gabbiano. Qualche mese fa ha bussato alla porta della
nostra Associazione, ci ha parlato dei bambini e delle bambine con disabilità, che trovano quasi nulla assistenza
in questa Repubblica del Sudamerica, della loro situazione spesso difficile, al limite dell’umano. Ci ha proposto di
collaborare, di dare al suo progetto, quegli strumenti operativi necessari a renderlo concreto.
Abbiamo accettato di confrontarci con un nuovo Paese, lontano geograficamente dall’Etiopia, il Benin, il Burkina
Faso, l’India… ma vicino nelle problematiche.
Quelli che leggerete sono i primi passi che Diego, e Il Sole con lui, stanno facendo per comprendere meglio la condizione dell’infanzia, raccogliere informazioni indispensabili per progettare insieme un intervento a tutela dei più piccoli.
Missione di monitoraggio
I
n questi giorni sto conoscendo e collaborando con
alcune Associazioni che operano nel campo delle
disabilità nella provincia di Chimborazo, specialmente nella città di Riobamba.
Ho fin’ora collaborato con le associazioni “Proteccion
Y Descanso, “Afapech”, ”Fapani”, “Instituto Carlos
Garbay” oltre al progetto governativo della vicepresidenza denominato “Manuela Espejo”. Grazie al
CONADIS (Conjunto Nacional discapacitades), ho
potuto realizzare molte visite nelle abitazioni di
persone con gravi problemi economici e di disabilità.
La situazione è veramente difficile, molte famiglie
con parenti disabili vivono ben sotto la soglia della
povertà, con scarsissimi (o spesso inesistenti) aiuti
da parte del governo. Le persone con disabilità sono
spesso abbandonate a loro stesse, rinchiuse in casa.
L’integrazione sociale è praticamente nulla, specialmente riguardo alle persone con disabilità mentale.
Da circa due anni il governo ha intrapreso una
massiccia campagna a favore della disabilità, con il
progetto Manuela Espejo, cercando di raggiungere anche le famiglie più isolate. Spesso le azioni risultano
inefficaci o si limitano alla consegna di ausili (carrozzine, letti anti-decubito, protesi ecc.) senza supporto
psicologico, educativo o assistenziale. Ultimamente
sono state introdotte delle “borse disabilità” (pari a
240 dollari mensili), fruibili esclusivamente dai parenti delle persone con grave disabilità e in precarie
condizioni economiche (i parenti stessi per poter
usufruire del “buono” non devono avere altre fonti di
reddito). Tale supporto economico spesso crea gravi
problemi nelle famiglie i cui membri lottano furiosamente per ottenere la tutela della persona beneficiaria e per accaparrarsi quindi i soldi, non occupandosi
poi a volte del benessere della persona interessata.
Il CONADIS e specialmente il progetto M.ESPEJO
vigilano sul buon fine della borsa disabilità, visitando
a sorpresa alcune famiglie interessate ed eventualmente applicano la sospensione o revoca del buono.
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Ho avuto modo di effettuare varie visite molte delle
quali, nonostante le estreme condizioni di povertà
della famiglia, hanno comunque apportato delle
migliorie alle condizioni di vita dei beneficiari. Altre
visite sono state molto difficili. Ci è stato segnalato
il caso di un padre che vive con la figlia di 23 anni,
disabile mentale. È stata accertata violenza sessuale
sulla ragazza e il padre ha cercato di dare la colpa
all’unico vicino di casa (tra l’altro ultraottantenne),
trattandosi di una zona molto isolata. Con il supporto
degli operatori della vicepresidenza e accompagnati
da un rappresentante delle forze dell’ordine siamo
entrati in casa, approfittando dell’assenza del padre,
e abbiamo trovato la ragazza con evidenti segni di recenti percosse su tutto il corpo, la casa in totale stato
di abbandono e bottiglie di superalcolici ovunque. È
molto difficile descrivere tale scena, abbiamo pianto
tutti, la ragazza non parla, ha cercato subito affetto
e sembrava felice di vederci. Purtroppo al momento
non abbiamo potuto fare niente di più, bisogna proseguire per vie legali.
In tutta la vasta provincia non esistono centri di accoglienza e residenziali di nessun tipo per persone con
disabilità, l’unico centro esistente è una comunità di
suore che accoglie circa 20 bambini orfani disabili e
non. In questa regione povera ci sono molti problemi
di violenza sessuale verso le persone con disabilità e
anche problemi di consanguineità che generano gravi
tare genetiche nelle popolazioni rurali.
Mi spiace di riportare tante tristi realtà ma non saranno mai abbastanza per descrivere una situazione
tanto difficile e diversa da quella a cui siamo abituati
in Italia. Anche se già conoscevo bene la situazione
dell’Ecuador, non smetto mai di meravigliarmi....
Al di là di tutto sto veramente vivendo esperienze
forti ed importanti e sto conoscendo molta gente
veramente “tosta” che sa trovare la forza di andare
avanti e lottare con pochissimi mezzi a disposizione.
DIEGO RIZZA
Lecologico e il Pozzo dei Desideri
Sono ormai tre anni che Polti, con la gamma Lecologico, è impegnata in una battaglia
molto importante: a fianco dell’Associazione Il Sole Onlus sostiene in prima linea
la costruzione di pozzi di acqua potabile nei villaggi del Burkina Faso.
Come è noto il Burkina Faso è un paese dell’Africa tra i più poveri al mondo
che combatte quotidianamente contro la cronica mancanza di acqua.
Polti, in questi ultimi anni, ha finanziato la realizzazione di tre Pozzi:
nel 2009 nel villaggio di Sahongo,
nel 2010 nel villaggio di Tangseiga
e nel 2011 nel villaggio di Koumlèla Naponé.
Per la popolazione, soprattutto per i bambini del Burkina Faso, avere
un pozzo di acqua potabile nel proprio villaggio significa molto:
combattere la denutrizione, migliorare l’alimentazione
e non camminare più per ore per raggiungere pozzi lontani kilometri.
In altre parole è la realizzazione di un desiderio.
L’ iniziativa Pozzo dei desideri sarà finanziata tramite il ricavato proveniente dalla vendita di Lecologico di Polti
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CALENDARIO EVENTI
Campagna di Natale
Natale solidale con le confezioni natalizie, realizzate in collaborazione con la Cooperativa equo solidale Altrospazio. Con un contributo minino di 9, 16, 20, 25 euro, a seconda del contenuto della confezione, potrai portarti
a casa regali non solo golosi, ma anche giusti.
Parte del ricavato delle confezioni sarà devoluto ai progetti Fiori che rinascono in Etiopia e Sogni da riaccendere
in Benin, per la tutela dei bambini vittime di violenza sessuale.
Giornate soleidali
Dall’1 al 21 dicembre la nostra sede, in via Leoni 20, a Como, sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9
alle 17.30, sabato 3 e domenica 4 dicembre dalle 10 alle 18 per le Giornate soleidali. Occasione in cui, a fronte
di un’offerta minima, sarà possibile ricevere confezioni natalizie, bigliettini augurali, oggetti di artigianato, abbigliamento, cosmetici, giochi per bambini, oggetti di cartoleria, cioccolato e altre golosità.
Gli articoli in vendita sono stati donati a Il Sole Onlus dai negozi: Icam Cioccolato, La Massaia Lariana, Cartoleria
Moresi, Pelletteria Del Zoppo, Profumeria Brillantina.
La biblioteca de Il Sole
Gli ultimi arrivi della biblioteca:
Maaza Mengiste, Lo sguardo del leone, Neri Pozza, 2010
Romanzo
In un giorno del 1974, la vita di Hailu e di milioni di etiopi muta di colpo. Dal cielo di Addis Abeba, gli elicotteri
dell’esercito imperiale lasciano cadere migliaia di volantini. I fogli annunciano alla popolazione l’impensabile:
la ribellione dell’arma a una «monarchia vetusta e decadente». Nei mesi seguenti l’imperatore Hailè Selassiè,
subito dopo aver firmato l’ordinanza di scioglimento del governo e del consiglio della corona, viene arrestato e
trasportato in una modesta casa sulla collina che sovrasta la capitale.Nella notte fra il 26 e il 27 agosto del 1975
il monarca viene ucciso.
Nei trent’anni trascorsi come medico del Prince Mekonnen Hospital, ribattezzato dal nuovo regime Black Lion
Hospital, Hailu non ha mai visto una città così sconvolta come ora. Hailu tuttavia, non si ribella. Continua la sua
vita segnata dalla solitudine seguita alla morte della moglie per un male incurabile, anche quando scopre che
il figlio più giovane, Dawit, non frequenta affatto i corsi universitari, ma le riunioni clandestine della resistenza
studentesca contro il Derg.
Un giorno, però, al Black Lion Hospital viene trasportato il corpo di una ragazza avvolto in un foglio di plastica
trasparente. Un’oscenità inaudita, che costringe Hailu a drammatiche e inevitabili decisioni.
Namita Devidaya, La stanza della musica, Neri Pozza, 2010
Romanzo
È un pomeriggio d’estate a Bombay nel quartiere malfamato di Kennedy Bridge. Durante il mattino, la zona sottostante il
ponte somiglia a qualsiasi altra strada affollata della città, gremita di venditori ambulanti e di passanti frettolosi.
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Ma già a partire dalle prime ore del pomeriggio, i marciapiedi davanti ai bordelli e ai ritrovi per soli uomini si
riempiono di sguardi equivoci e indiscreti. Proprio nei pressi dei bordelli, in fondo alla strada, vive Dhondutai, la
grande musicista, l’allieva di Bhurji Khan, il figlio di Alladiya Khan, il leggendario fondatore del gharana di Jaipur,
una delle più antiche scuole di musica classica indiana, e di Kesarbai, la cantante celebre per essere stata una
donna senza peli sulla lingua, ma che quando intonava un raga di straordinaria bellezza dietro l’altro trascendeva
davvero la sua natura mortale.
Sono le cinque, quando Namita e sua madre arrivano a casa di Dhondutai. Namita ha dieci anni e un solo desiderio: fare sua la divina arte dei raga. La sua futura insegnante la accoglie con un sorriso angelico. La fa subito
entrare nella stanza della musica. In ogni angolo di quella stanza sembra risuonare una musica senza tempo,
persino sul volto di Dhondutai che, tra quelle mura, pare totalmente ignara degli uomini intenti a bighellonare
intorno ai bordelli sotto la sua finestra. Arrivare da lei, pensa Namita, è stato come attraversare uno stagno sudicio per raggiungere un bellissimo fiore di loto…
Mbacke Gadji, Numbelan - Il regno degli animali, Edizioni dell’Arco, 1996
Leggende africane
Nel libro sono raccolte alcune fra le numerose leggende senegalesi che, tramandate oralmente, sono state trascritte da Mbacke Gadji, come prezioso tributo verso il suo popolo e la sua cultura. Le favole, nella tradizione
africana, rappresentano uno strumento di conoscenza oltre che un modo per educare i ragazzi e diffondere gli
insegnamenti utili per affrontare le diverse situazioni della vita. L’istinto di sopravvivenza, nel rispetto della
libertà altrui, che trapela da questi racconti, costituisce il principio fondamentale che governa il paese e il popolo
di Numbelan.
M. Serge, M. Beuret , Cinafrica. Pechino alla conquista del continente nero, Il saggiatore, 2009
Saggistica
In cerca di petrolio e materie prime per nutrire un’espansione inarrestabile, Pechino si è lanciata alla conquista
dell’Africa, che attendeva da troppo tempo una rinascita postcoloniale. E per i cinquecentomila cinesi che vi si
sono riversati il continente nero è la promessa di un Far West del ventunesimo secolo. Alcuni hanno già fatto
fortuna, altri vendono ancora paccottiglia ai bordi delle strade infuocate dei paesi più poveri del mondo. Per gli
africani è forse l’evento più importante dei loro quarant’anni d’indipendenza.
I cinesi non assomigliano agli ex coloni. Seducono i popoli perché costruiscono strade, dighe e ospedali, e i dittatori perché non parlano di democrazia o trasparenza.
Come stanno mutando i ritmi e i costumi del continente? Quali benefici e quali problemi pone questo nuovo capitolo della globalizzazione? Lungo le ferrovie dell’Angola, nelle foreste del Congo e nei karaoke in Nigeria, Serge
Michel e Michel Beuret, insieme al fotografo Paolo Woods, hanno percorso quindici paesi sulle tracce dei cinesi
arrivati in Africa e di un nuovo mondo abitato da imprenditori pionieri e lavoratori sfruttati, da progresso e contraddizioni. Dalle campagne impoverite nel cuore della Cina alle poltrone in cuoio dei ministri africani, gli autori
ci raccontano l’avventura dei cinesi partiti per costruire, produrre e investire in una terra che per l’Occidente è
ormai condannata a ricevere solo aiuti umanitari.
Pierluigi Stefanini, Le sfide della cooperazione. Una discussione con Walter Dondi, Donzelli, 2008
Salvatore Inguì, La maratona degli slums, Navarra editore
Stefano Liberti, A sud di Lampedusa, Minimum fax, 2011
Nelson Mandela, Io, Nelson Mandela, Sperling & Kupfer, 2010
Alessandro Aruffo, Sankara, Massari, 2007
Per informazioni: Il Sole Onlus, via L. Leoni 20, 22100 Como, Tel. 031.275065 - [email protected].
Puoi seguire gli aggiornamenti della biblioteca all’indirizzo www.anobii.com/ilsoleonlus/books
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COSA STIAMO FACENDO
PROGETTI IN CORSO
BURKINA FASO
1 litro di latte per chi cresce - Mediafriends, Comune di Como, Banca Intesa-San Paolo
La casa delle donne nel villaggio di Koumlèla Naponé - Fondazione San Zeno e Chiesa Valdese
Progetto sostegni a distanza (Tutela del diritto all’educazione di base primaria e secondaria)
ETIOPIA
Fiori che rinascono (Counseling center, Foster home, laboratori artistici)
Progetto sostegni a distanza (Tutela del diritto all’educazione di base primaria e secondaria e diritto alla salute)
Progetto sostegni a distanza Fiori che rinascono
ITALIA
Esploriamo i diritti - percorsi di Educazione allo sviluppo nelle scuole
INDIA
La Casa delle donne
Progetto sostegni a distanza (Tutela del diritto all’educazione di base primaria e secondaria e diritto alla salute
attraverso la gestione dell’Olivia school)
BENIN
La casa delle donne nel villaggio di Toucountouna
Sogni da riaccendere a Cotonou
PROGETTI IN FASE DI VALUTAZIONE
BURKINA FASO
Realizzazione di un pozzo a Koumlèla Naponé con il finanziamento di Polti
Una Scuola per Goala
SOSTEGNI A DISTANZA
Etiopia 663
India 379
Burkina Faso 293
Totale 1335
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BOMBONIERE
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Promuove, attraverso il commercio, maggior giustizia sociale ed economica, sviluppo
sostenibile, rispetto per le persone e per l’ambiente.
Il commercio Equo e Solidale propone una relazione paritaria fra tutti i soggetti
coinvolti: produttori, lavoratori, importatori, botteghe e consumatori
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LETTURE CONSIGLIATE
Eravamo solo bambini, Massimo Polidoro, Ed. Piemme, 2010
Lo scrittore Massimo Polidoro, giornalista e divulgatore, con questo libro ci
trasporta direttamente nella cronaca italiana degli anni ’60 e ’70, riportando
alla luce fatti che l’opinione pubblica ha forse volutamente rimosso, vista la
crudezza e l’orrore che innegabilmente evocano.
Per poterci far partecipare meglio alla vicenda egli adotta la modalità del romanzo scritto in prima persona dove il protagonista è Mario, un dodicenne
orfano che si trova improvvisamente catapultato in una realtà che segnerà per
sempre la sua breve vita.
All’inizio del romanzo, infatti, Mario quarantenne ricorda di quando, dopo avere trascorso i primi anni in diversi brefotrofi, è stato trasferito nell’Istituto di
cura e recupero per ritardati mentali a Grottaferrata, il Santa Rita.
Sin dai primi momenti all’interno dell’edificio, il ragazzo percepisce alcune
anomalie nell’organizzazione, ma è quando vede le condizioni nelle quali sono
tenuti gli altri bambini, che inizia a dubitare di potere mai riuscire a uscire
dalla terribile situazione nella quale è caduto.
Si rende conto ben presto che il personale dell’istituto non ha a cuore il bene
degli assistiti, ma con crudeltà e indifferenza esegue gli ordini che provengono da una misteriosa “santa”, che
tirannicamente esercita il suo potere su tutto l’istituto.
I bambini sono generalmente trattati, da tutto il personale, come oggetti sui quali sfogare ogni bassezza e atrocità: non nutriti, lasciati al freddo e costretti a lavorare in cantiere o in ufficio per preparare il ricco materiale pubblicitario che consente all’Istituto Santa Rita di svolgere una capillare ricerca di finanziamenti, che si riversano
cospicui nelle casse della direttrice Maria Diletta Pagliuca, da tutto il mondo.
L’Istituto ha infatti, due facce: una decorosa, pulita ed efficiente per i politici, i prelati ed i genitori (paganti) dei
bambini ricoverati ed una reale, nota solo ai bambini che ogni giorno devono subire vessazioni e vere e proprie
torture per non essere sottoposti alle cure alle quali sono destinati.
Mario è un bambino intelligente e generoso e, grazie a queste qualità, persino in mezzo a tanta desolazione,
trova un compagno, Francesco, con il quale stringere un vero patto di amicizia che lo porterà a sopravvivere nelle
situazioni più estreme.
L’epilogo della vicenda è scritto sia negli atti processuali contro la falsa dottoressa Maria Diletta Pagliuca, che
nelle memorie di Mario Appignani, il vero protagonista della storia, che nella vita adulta non trovò mai la stabilità tanto agognata.
Massimo Polidoro nel suo romanzo, traendo ispirazione dai documenti della cronaca giudiziaria, opera una ricostruzione molto credibile degli stati d’animo di un bambino ridotto in schiavitù, ma soprattutto denuncia
l’indifferenza e l’egoismo di molti adulti tesi solo alla ricerca cieca del profitto a spese dei più deboli ed esorta
il lettore a non dimenticare questa vicenda, poiché in Italia, delle situazioni simili, si sono verificate proprio
recentemente.
ELISABETTA MACCIONI
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Razzisti a parole (per tacer dei fatti), Federico Faloppa, Ed. Laterza, 2011
È sconvolgente, pensare che inserendo in un motore di ricerca questa frase,
si arrivi a 140.000 risultati perché altrettanti italiani sentono la necessità di
denunciare la loro condizione di disagio e constatare che questo numero si
innalza sempre più.
Nella sua dettagliata analisi, l’autore affronta l’argomento del razzismo come
dipendente dal concetto di “razza”, dimostrando con abbondanza di citazioni, che dal punto di vista scientifico, questo concetto non ha davvero ragion
d’essere in quanto l’uomo è un organismo troppo giovane geneticamente per
avere potuto generare delle razze “pure” come ad esempio per alcuni animali,
per i quali il discorso può valere.
Si evince quindi che non esiste un razzismo solo ma vari razzismi, generati
più frequentemente dalla paura del diverso (la xenofobia) e dalla difficoltà
di rapportarsi con culture diverse che potrebbero minacciare l’integrità della
cultura dominante, supposta la migliore. Le parole quindi risultano essere
degli elementi molto importanti nella diffusione e nella perpetrazione del
razzismo: prima di tutto sono le istituzioni a prevedere delle norme e procedure atte a punire solo determinati gruppi di persone giustificando invece dei
comportamenti che alimentano l’odio e la discriminazione, ma anche i media, che hanno un ruolo fondamentale
nell’amplificare e consolidare certe figure negative che provengono dal linguaggio della politica, spesso, alla
ricerca dello scoop e del sensazionalismo, coniano dei termini e definizioni che non fanno che promuovere il
razzismo nei confronti di piccoli gruppi etnici, siano essi stranieri o di diversa religione o di diverso orientamento
sessuale. E infine il razzismo più diffuso, quello delle barzellette e dei luoghi comuni del linguaggio corrente,
dell’utilizzo di simboli che inneggiano al fascismo o al nazismo, esibiti come discutibili ornamenti o come simboli di guerra negli stadi o per le strade, finisce per invadere la nostra società senza che noi ce ne rendiamo conto:
è un “razzismo democratico”, come l’hanno descritto alcuni studiosi.
La trattazione, organizzata in capitoli, dopo un’interessante introduzione passa quindi alla disamina degli stilemi
tipici del linguaggio: inizia con l’esame del termine “negro” portando degli esempi di cronaca nei quali l’epiteto
in questione è stato utilizzato, con la chiara accezione dell’insulto. Il secondo termine affrontato è “vu cumprà”
che, comparso nel 1986 nella stampa italiana, si è variamente deformato nel corso degli anni ‘80 denotando
sempre maggiormente, lo stereotipo del venditore extracomunitario fino ad arrivare ai giorni nostri, nei quali la
vecchia immagine è stata riesumata in occasione dell’ultima campagna elettorale per il manifesto di un noto
partito. Si rimane poi attoniti nella lettura del razionale della “discriminazione transitoria positiva”: cosa ci può
essere di positivo nel differenziare le classi scolastiche solamente in base alla lingua? Su che basi pedagogiche
sconosciute si basa questo provvedimento? Queste domande rimangono insolute, visto che i politici, autori di
tale provvedimento non si sono mai premuniti di fornire una risposta. Anche la parola “clandestino” ha subito
una modifica nel corso del tempo, dal significato di nascosto o segreto, a illegale. Da qualche anno a questa parte,
la parola è diventata sinonimo di criminale e fuorilegge, grazie alla recente istituzione del reato di “immigrazione
clandestina” che porta a definire i migranti senza fare alcuna distinzione di condizione, per esempio di rifugiato
politico. L’autore, con statistiche certificate da organi accreditati, ci dimostra che tutti i pregiudizi divulgati ultimamente, sono generati da dati scorretti, rivelando invece che la maggioranza dei migranti arriva in Italia in
modo regolare. Le parole “etnico”, “zingaro” e “emergenza sicurezza”, altrettanto importanti per Federico Faloppia,
sono descritte negli ultimi capitoli del testo con nuove fonti e note. Chiude il saggio un elenco di luoghi comuni
che spiegano come il razzismo sia sempre maggiormente una realtà dei nostri giorni, nei confronti della quale si
dovrebbe smettere di essere indulgenti.
ELISABETTA MACCIONI
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