file - Museo dell`automobile
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1 LA FIAT E I CARROZZIERI Uno dei piaceri più sottili che da’ il dilettarsi di storia è scoprire la discutibilità di un luogo comune, di una considerazione accettata supinamente per abitudine mentale. E’ stata più volte ricordata, anche su queste pagine, la grande varietà di aziende automobilistiche nate in Italia, soprattutto tra Torino e Milano, all’inizio del secolo, e il loro progressivo rarefarsi nei decenni a seguire, fino ad arrivare, in anni recenti, alla concentrazione di tutti i marchi superstiti in una sola casa, la Fiat. Questo fenomeno è stato raramente messo in parallelo con un altro fenomeno, per la verità diverso, che ha riguardato il proliferare delle carrozzerie. Diverso perché di queste non si è assistito ad una analoga scomparsa, se mai ad un loro progressivo irrobustirsi e per alcune addirittura un trasformarsi in solide realtà industriali. Alla vigilia della prima guerra mondiale, sempre tra Torino e Milano, sorsero una cinquantina di carrozzerie; altrettante nel periodo tra le due guerre; altre venticinque dal dopoguerra agli anni sessanta; oggi vi sono nomi famosi in tutto il mondo, dall’I.D.E.A. alla Bertone, dall’Italdesign alla Pininfarina e alla Ghia, che ispirano e determinano il grande design automobilistico mondiale. Perché questa differenza, verificatasi per di più, oltre che nella stessa manciata di decenni, anche nella stessa area geografica, quella del torinese? Gli stessi motivi che hanno portato alla nascita di tante fabbriche automobilistiche e alla loro successiva decadenza, dovrebbero anche aver favorito prima la nascita e quindi la chiusura di tante carrozzerie. Invece la vettura fotografata in queste pagine racconta il contrario. Negli anni trenta, quando per i contraccolpi della crisi americana falliscono marchi gloriosi, incapaci di reggere la concorrenza Fiat, la sua forza di esportazione, di comunicazione, di distribuzione, la Garavini, carrozzeria poco più che artigianale, propone il bellissimo 508 cabriolet di queste pagine. E il cabriolet Garavini a quattro porte diventa un classico della vetturetta sportiva, elegante, civettuola, leggiadra, accessibile. La Garavini non carrozzava soltanto Fiat: anche Lancia, Alfa Romeo, Itala, Bugatti, Delahaye, Citroen. Con clienti come il re dei Belgi, o Menelik, imperatore d’Etiopia; persino un maharaja, per cui fu allestita una Isotta Fraschini con volante in avorio e motore placcato in oro zecchino. Garavini non è un’eccezione: lavorano a pieno ritmo molti altri carrozzieri, dagli Stabilimenti Farina a Castagna, dalla Balbo alla Touring alla 2 Allemano, Vignale, Zagato, Francis Lombardi, Fissore, Savio, Boneschi, Boano… e la lista non è completa. Sono soltanto le carrozzerie italiane che prosperano: quelle straniere – alcune notissime come Labourdette, Saoutchik, Figoni e Falaschi, Chapron, Van den Plas, Mulliner, Fleetwood, Le Baron, Rollston, Graber – per la maggior parte non superano gli anni cinquanta. Dunque la ragione deve essere una ragione ambientale, specificatamente italiana. Cioè, la Fiat. Quella stessa azienda a cui, per luogo comune, si attribuisce il declino di tante fabbriche automobilistiche, rappresenta il presupposto della sopravvivenza di tante carrozzerie. Infatti la maggior parte delle aziende automobilistiche, intorno alla fine degli anni trenta, cessarono di produrre i telai che costituivano l’elemento base dell’attività del carrozziere; passate alla produzione monoscocca l’onere di costruire autotelai e conseguentemente alimentare il lavoro dei carrozzieri viene considerato troppo alto. La Fiat invece continua a mantenere gli autotelai nei propri listini, anche quando questo si trasforma da beneficio economico in perdita. Ed è stata la disponibilità degli autotelai ad aver consentito ai carrozzieri italiani di rimanere in vita. Quando cioè la monoscocca ha cominciato a diventare la regola, i carrozzieri hanno potuto sopravvivere solo dove esisteva una fabbrica automobilistica disposta a fornire pianali meccanizzati, con garanzia sulle parti meccaniche e facoltà di valersi della sua rete di vendita. Quest’ultimo particolare assume una cruciale importanza: nel caso di un marchio automobilistico concorrente, la rete di vendita deve essere autonoma, perché il cliente deve percepire la differenza tra un marchio e l’altro; nel caso di carrozzerie speciali, l’utilizzo della stessa rete di vendita della fabbrica fornitrice del telaio può soltanto agevolare, anche nella comunicazione al cliente. Dunque un elemento di obbligata differenziazione, come nel caso di concorrenza tra due marchi, diventa un elemento unificante ed economicamente vantaggioso, nel caso del rapporto tra fabbrica e carrozzeria. Naturalmente nulla avviene per caso. Innanzitutto un ruolo fondamentale gioca la geniale inventività e creatività dei carrozzieri italiani; e giocano anche differenti condizioni storico-economiche. Agli inizi della storia dell’automobile l’Italia, pur non essendo tra i primissimi, mantiene il passo con gli altri paesi europei costruttori di automobili: la Francia, la Germania, la Gran Bretagna. Quando però l’automobile da fatto elitario, da piacevole e stravagante invenzione, si trasforma in industria, l’Italia allenta il passo: il suo è un mercato da paese povero, ancora inadatto ad un prodotto così 3 costoso. Gli altri paesi, compresi gli Stati Uniti, intraviste le grandi potenzialità commerciali del veicolo a motore, si attrezzano per offrire il prodotto completo. La forma dell’automobile - la linea e la perfezione costruttiva della carrozzeria – perde importanza. Caratteristiche indispensabili diventano l’affidabilità, il prezzo, l’economicità d’uso, la produzione in serie. Il carrozziere, maestro artigiano che nel suo mestiere riuniva quello del sellaio, scoccaio, battilastra, verniciatore, tappezziere, viene sostituito dalle presse che con un solo colpo forgiano una fiancata. Lo sviluppo industriale assume sì le cadenze angoscianti di “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin, ma l’automobile diventa un bene comune. L’Italia rimane invece un paese motoristicamente sottosviluppato, dal punto di vista della diffusione dell’automobile. Questo ha avuto certo conseguenze negative, ma altrettanto sicuramente ha salvato il mestiere dei carrozzieri, che hanno potuto continuare indisturbati, o quasi, a fornire ai loro clienti prodotti costosi e raffinati. All’interno del fecondo rapporto tra Fiat e carrozzieri c’è una lunga parentesi, poco conosciuta, che si stende tra il 1910 e il 1931. In quegli anni funzionò un “Reparto Carrozzerie Fiat”, con sede a Torino in via Madama Cristina, di cui ci parlano le bellissime fotografie in bianco e nero di queste pagine. Reparto scoccai, reparto fucinatori, reparti finizione, e soprattutto carrozzerie eleganti e raffinate, dagli altisonanti nomi d’origine straniera: Run-about Courreuse, Gun boats, Double Paheton Embouti, Landaulet Limousine, Coupé Berlina, Char à Bancs. Se si osserva con attenzione la facciata dello stabilimento, riprodotta in queste pagine, si può leggere “Carrozzeria Italiana J.Rotschild & Fils”. La storia infatti di questo reparto non è che una fase, temporanea ma gloriosa, del dialogo che si instaurò tra la Fiat e i carrozzieri fin dai primi anni di vita dell’azienda torinese Questa sino al 1903 si fornisce quasi in esclusiva da Alessio. Ma è un rapporto non privo di momenti difficili. Nel Consiglio di Amministrazione del 17 gennaio di quell’anno, Agnelli segnala la fondazione di una “Società in accomandita semplice sotto la ragione di Carrozzeria Industriale G. Lanza e C. per la fabbricazione di gabbie per vetture automobili”. Egli propone di entrare nel capitale sociale di 30.000 per due “carature” di £ 3.000, “ottenendo così economicamente e speditamente i lavori di carrozzeria che sono necessari”. Ad alcuni consiglieri questo pare una rappresaglia contro l’Alessio, al che Agnelli risponde vivacemente: “Per ciò che riguarda l’Alessio avremmo diritto se non a rappresaglie, a difendere i nostri interessi … - e cita - …diversi casi nei quali diversi clienti, anche abituali, furono da lui (l’Alessio) distolti dal concludere affari con la nostra casa. Ora il dar guadagno a chi ci fa concorrenza è una cattiva pratica commerciale. Abbiamo continue 4 lagnanze per ritardata consegna a causa delle scocche. Non abbiamo in Torino altri carrozzieri possibili per prezzi equi: la necessità di una nuova fabbrica si imponeva”. Così viene decisa la partecipazione Fiat alla Carrozzeria Industriale, e il consigliere Racca viene delegato “per la commissione di vigilanza della carrozzeria”. Non dev’essere un compito facilissimo se a distanza di un anno (21 febbraio 1905) il Racca comunica le sue dimissioni da “Membro del Consiglio di Vigilanza della Carrozzeria Industriale”, motivandole con l’eccessiva indipendenza del gerente. Sarà la Carrozzeria Rotschild & Fils a rilevare nello stesso anno le attività di Lanza, aprendo una nuova sede in via Madama Cristina 147. Nel 1910 il Consiglio di Amministrazione Fiat decide a sua volta di assorbire la Rotschild, ed ecco perché, a due mesi dall’operazione finanziaria (marzo 1910), il reparto è perfettamente funzionante, completo e in grado di fornire carrozzerie di tutti i tipi. Attrezzatissimo e all’avanguardia, il Reparto Carrozzerie Fiat aveva come primo cliente, naturalmente, la Fiat, ma non mancavano commesse di lavoro da parte di ditte esterne e concorrenti, per esempio la Lancia. Nel 1925 fu trasformato in "Sezione Carrozzerie Speciali” e sei anni più tardi i locali furono ceduti alla Società Anonima Microtecnica. Così finì un capitolo importante nella storia della Fiat. Ma come abbiamo visto riprese produttivo e multiforme il rapporto della stessa Fiat con tanti carrozzieri, per la gioia dei nostri occhi e della creatività italiana. Donatella Biffignandi Centro di Documentazione Museo Nazionale dell’Automobile di Torino 1999