Abusi edilizi e legge penale La disciplina dei condoni

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Abusi edilizi e legge penale La disciplina dei condoni
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Nona commissione- Tirocinio e Formazione professionale
Incontro di studio sul tema:
“I crimini ambientali: rifiuti, paesaggio e violazioni urbanistiche ”
Roma 25-27 marzo 2009
Hotel Ergife
Abusi edilizi e legge penale
La disciplina dei condoni
Relatore: Dott. Paolo Scognamiglio
Magistrato del Tribunale di Paola
2
PARTE PRIMA
I reati edilizi
1.1. I reati edilizi. Le principali norme di riferimento
In materia urbanistica, la tematica relativa ai “reati edilizi ed urbanistici”, ha
da sempre creato problemi, anche di carattere terminologico, infatti le espressioni “reati edilizi ed urbanistici” ed “abusi edilizi”, vengono utilizzate in maniera sinonimica, tuttavia la prima locuzione essendo più specifica, esclude
l’abusivismo minore1.
Nella nostra analisi ci occuperemo essenzialmente delle figure penalmente rilevanti ed al riguardo appare opportuno prendere le mosse dall’ art. 44 del
T.U. n. 380/2001 che, riproducendo lo schema dell’articolo 20 legge 47/1985,
raggruppa i reati urbanistico-edilizi in tre diverse previsioni, alle quali correla
sanzioni penali di diversa entità.
lett. a):
— l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal titolo IV dello
stesso T.U., nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di
costruire (punita con l’ammenda fino a 20.658 euro).
lett. b):
— l’esecuzione di lavori in totale difformità o in assenza del permesso di costruire;
— la prosecuzione dei lavori nonostante l’ordine di sospensione; (fattispecie punite con
l’arresto fino a 2 anni e l’ammenda da 10.328 euro a 103.290 euro).
1
Così ATERNO-CASSANO, La giurisprudenza di assoluzione dai reati edilizi ed urbani-
stici,2008, p. 5, cui si rinvia per un complessivo approfondimento della materia.
3
lett. c):
— la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio (come individuata dall’art. 30, 1°
comma, dello stesso T.U.);
— gli interventi edilizi, nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico ed ambientale, effettuati in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza
del permesso di costruire;
(fattispecie punite con l’arresto fino a 2 anni e l’ammenda da 30.986 euro a 103.290 euro).
I reati previsti dall’articolo 44 del T.U. 380/2001 costituiscono fattispecie legali commissive mediante inosservanza di prescrizioni e configurano illeciti
diversi che possono concorrere materialmente. Così nell’ipotesi di costruzione
iniziata senza permesso di costruire e di prosecuzione di lavori dopo l’ordine
di sospensione, devono ravvisarsi due autonomi reati2.
Va escluso, invece, il concorso di reati tra la contravvenzione prevista dall’art.
44, lett. b) e quella prevista dalla lettera a) dello stesso articolo: il primo reato
(più grave), infatti, contiene ed assorbe il secondo.
L’ipotesi di cui all’art. 44, lett. c), configura un’autonoma ipotesi di reato
e non una semplice aggravante della contravvenzione prevista dalla lettera b)
del medesimo articolo: ne deriva che non è possibile il giudizio di comparazione (ex art. 69 cod. pen.) con eventuali circostanze attenuanti3.
1.2. La previsione di cui all’articolo 44 lett. A) dpr 380/01
L’art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001 punisce con l’ammenda sino ad euro
20.568,00 l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dallo stesso T.U. n. 380/2001, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire.
L’inosservanza delle norme riporta a tutte le disposizioni contenute nelle leggi, che il legislatore ha emanato nella materia edilizia ed urbanistica, e che na-
2
FIALE, Diritto urbanistico, Napoli, 2006, 957 ss.
3
Cass. 15-11-1997, n. 10392; Cass. 30-7-1992, n. 8532; Cass. 23-4-1994, n. 4699.
4
turalmente siano ancora in vigore.
Si fa riferimento, pertanto, alla Legge n. 1150/1942, alla Legge n. 10/1977, alla Legge n. 47/1985 e per finire al D.P.R. n. 380/2001, con tutte le loro modifiche ed integrazioni, nonché a tutte le altre norme e disposizioni che contemplino la materia edilizia ed urbanistica.
La norma punisce, accanto all’inosservanza delle prescrizioni del piano regolatore generale e delle prescrizioni contenute nei piani particolareggiati e, comunque, in generale degli strumenti urbanistici regionali e nazionali, anche
l’inosservanza delle modalità esecutive contenute nel permesso di costruire, a
patto che tali inosservanze o deviazioni dal permesso di costruire, siano di tipo
qualitativo e non consistano in opere funzionalmente autonome.
In altro caso, infatti, se l’opera edilizia realizzata sia funzionalmente autonoma e diversa rispetto all’opera edilizia, così come è stata assentita, si verte allora nella ipotesi criminosa disciplinata dall’art. 44, lett. b).
Si è affermato che la norma costituisce una “ Norma penale in bianco”, il cui
precetto va di volta in volta ricercato in altre disposizioni delle leggi edilizie e
urbanistiche o degli strumenti e regolamenti edilizi4.
Si tratta di una norma di chiusura o di salvataggio, relativamente a tutte le fattispecie concrete che non possono trovare la propria collocazione nelle disposizioni contenute alla lett. b) e ad esempio si era pensato che potessero essere
sanzionate ex art. 44 lettera a) anche tutti i casi di realizzazione di opere in virtù di concessione edilizia, successivamente ritenuta ilegitttima, ma su tale questione torneremo successivamente.
1. 3. L’articolo 44 lettera b)
La previsione di cui all’articolo 44 lettera b) dpr 380/01 punisce:
-l’esecuzione dei lavori in totale difformità dal permesso di costruire;
4
Cass. Sez. un. 21-12-1993, n. 11635, in Corriere giur., 1994, 750
ed in dottrina
BRESCIANO M- PADALINO MORICHINI A-, I reati urbanistici, Milano, 2000, p.114.
5
-l’esecuzione dei lavori in assenza del permesso di costruire;
-la prosecuzione degli stessi lavori nonostante l’ordine di sospensione.
E’ ben possibile il concorso dei reati e non è infrequente l’ipotesi in cui il soggetto agente inizi i lavori edilizi senza aver previamente richiesto il permesso
di costruire e, in seguito all’inizio degli stessi, l’autorità comunale, avvedutasi
del fatto di reato, emani un ordine di sospensione dei lavori.
Il soggetto, che ha posto in essere le condotte illecite, sarà responsabile di ben
due reati: da una parte, in ordine temporale, il reato di esecuzione dei lavori in
assenza del permesso di costruire e successivamente, il reato di prosecuzione
degli stessi lavori, nonostante l’ordine di sospensione impartito dall’autorità
competente.
Ma vediamo più nel dettaglio le singole fattispecie:
1.3.1.Totale difformità dal permesso di costruire
Per l’individuazione del concetto di totale difformità occorre riferirsi all’ articolo 31 T.U. edilizia a norma del quale sono interventi eseguiti in totale difformità, quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano volumetriche o di utilizzazione da quelle oggetto del permesso stesso.
Rispetto al permesso di costruire, dunque:
— la difformità totale si delinea allorché i lavori riguardino un’opera diversa
(per conformazione e strutturazione) da quella contemplata nel provvedimento: e si applica la pena di cui all’art. 44, lett. b);
— la difformità parziale si delinea allorché i lavori tendano ad apportare variazioni, circoscritte in senso qualitativo e quantitativo, alle opere così come
identificate nel provvedimento: e si applica la pena di cui all’art. 44, lett. a).
La difformità totale, in effetti, si verifica allorché si costruisca «aliud pro alio», in una situazione nella quale l’esecuzione dei lavori è assistita da un permesso di costruire meramente apparente o non pertinente; o i lavori eseguiti
esulino radicalmente dal progetto approvato, nel senso che essi tendano a realizzare opere aggiuntive a quelle consentite e che abbiano una loro autonomia
6
e novità oltre che sul piano costruttivo anche su quello della valutazione economico-sociale (come ad esempio allorché venga realizzato un edificio a più
piani in aggiunta a quello o a quelli stabiliti dal permesso).
Il concetto di difformità parziale si riferisce, invece, ad ipotesi residuali tra le
quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa
consistenza (da valutarsi in relazione al progetto approvato), nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza e non siano suscettibili di utilizzazione autonoma5.
1.3.2. Lavori in assenza del permesso di costruire
L’art. 44 del D.P.R. n. 380/2001, alla lett. b), punisce, accanto alla esecuzione
dei lavori in totale di costruire ed alla prosecuzione degli stessi lavori edilizi
nonostante l’ordine di sospensione impartito, anche l’ attività di esecuzione
dei lavori edilizi in assenza del permesso di costruire.
Se non crea particolari problemi l’ ipotesi di realizzazione di lavori in assenza
totale del permesso di costruire, un delicato problema è rappresentato dalla riconducibilità a tale fattispecie dell’ ipotesi in cui un soggetto abbia realizzato
un’ opera sulla base di un permesso di costruire poi ritenuto illegittimo.
In passato si era affermato il potere del giudice penale, in virtù dell’articolo 5
legge 20-3-1865, n. 2248, all. E), di disapplicare l’atto amministrativo ritenuto
illegittimo, ma tale posizione suscitò numerose perplessità nella dottrina
(BAJNO, PETRONE, VENDITTI, VILLATA) la quale osservò come l’art. 5
della legge n. 2248/186 non può spiegare alcuna efficacia nell’ambito del pro5
Così FIALE, Diritto urbanistico, Napoli, 2006, p. 969. In giurisprudenza si è affermato che
si configura la difformità parziale «quando le modificazioni incidano su elementi particolari
e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative
non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera» (Cass., sez. III, 7 ottobre 1987, Ferrari, in
Riv. pen., 1988, 1104). Il giudice di merito, al fine di accertare se la difformità sia soltanto
parziale, deve svolgere un preciso raffronto tra l’opera autorizzata e quella eseguita e nella
sentenza deve dare espressamente conto degli accertamenti compiuti e dei risultati conseguiti
attraverso il suddetto confronto (Cass., sez. III, 8 novembre 1991, Riva).
7
cesso penale, in quanto questo non è rivolto alla tutela di diritti soggettivi,
bensì all’accertamento della corrispondenza di un fatto alla fattispecie incriminatrice.
Si asserì, infine, che la disapplicazione si risolve, agli effetti penali, in una
forma di retroattività «in malam partem» (BAJNO, G. DE ROBERTO), dal
momento che si qualifica postumamente illecita una condotta posta in essere
in conformità ad un titolo assistito dalla presunzione di legittimità degli atti
amministrativi, che è principio generale del nostro ordinamento6.
Su tale posizione si attestarono anche le Sezioni Unite della Cassazione che
vennero ad affermare :
1) il giudice penale, ai sensi degli artt. 4 e 5 della Legge n. 2248/1865, All. E,
sull’abolizione del contenzioso amministrativo, ha il potere di disapplicare solo gli atti
amministrativi illegittimi che comportano una lesione di diritti soggettivi;
2) invece, gli atti amministrativi che rimuovono un ostacolo al libero esercizio dei diritti
(nulla-osta o autorizzazioni o ancora che costituiscono diritti in capo a soggetti privati
(concessioni), se illegittimi, non possono essere disapplicati dal giudice penale, a meno
che la disapplicazione stessa non trovi fondamento in una esplicita previsione legislativa
ovvero nel generale potere del giudice di interpretare la norma penale nei casi in cui
l’illegittimità dell’atto amministrativo si configuri essa stessa come elemento essenziale
della fattispecie criminosa;
3) per conseguenza, il reato di costruzione edilizia senza concessione non è configurabile quando questa sia stata rilasciata illegittimamente; mentre è configurabile quando questa sia stata rilasciata da organo assolutamente privo del potere dì provvedere oppure sia frutto di attività criminosa del soggetto pubblico che la rilascia o del
soggetto privato che la acquisisce, giacché in questi ultimi casi l’atto amministrativo
è giuridicamente inesistente o illecito, e quindi non è oggettivamente riferibile alla sfera del lecito giuridico7.
Tale posizione venne ribadita da un successivo intervento delle Sezioni Unite8
in cui si precisò che «al giudice penale non è affidato, in definitiva alcun cd.
sindacato sull’atto amministrativo», ma questi — nell’esercizio della potestà
penale — è tenuto ad accertare la conformità tra ipotesi di fatto (opera ese6
Vedi per approfondimenti anche giurisprudenziali FIALE, Diritto urbanistico, Napoli,
2006, p. 977 ss.
7
Cass. Sez. un. 17-2-1987, n. 3, Riv. giur. ed., 1987, I, 328.
8
Cass. Sez. un. 21-12-1993, n. 11635 sopra citata.
8
guenda o eseguita) e fattispecie legale (identificata dalle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia, dalle previsioni degli
strumenti urbanistici e dalle prescrizioni del regolamento edilizio).
Sempre nella pronuncia si legge che l’oggetto della tutela penale apprestata
dall’art. 20 della legge n. 47/1985 non è più — come nella legge n. 1150/1942
— il bene strumentale del controllo e della disciplina degli usi del territorio,
bensì «la salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio» medesimo.
La decisione si segnala anche perché afferma che i principi statuiti hanno valore e portata generale in relazione a tutte le fattispecie, attualmente previste
dall’ art. 44 dpr 380/01, e respinge così un orientamento che si era affacciato
in giurisprudenza9 secondo cui nell’ipotesi di illegittimità dell’atto concessorio
sarebbe configurabile la più lieve ipotesi di cui all’articolo 44 lettera a).
1.3.3.Prosecuzione dei lavori dopo l’ ordine di sospensione
L’articolo 44 lett. b) dpr 380/01 si applica anche alla prosecuzione dei lavori
nonostante l’ordine di sospensione.
Deve innanzitutto premettersi che la costruzione in assenza di permesso e
l’inosservanza dell’ordine di sospensione dei lavori costituiscono due diverse ipotesi di illecito penale, che possono coesistere, dando luogo ad un
concorso materiale di reati, poiché violano distinti interessi penalmente tutelati; infatti, ciascuna delle due violazioni presenta elementi obiettivi e subiettivi
diversi rispetto all’altra, poiché la costruzione in assenza di permesso è lesiva
dell’interesse ad una ordinata trasformazione urbanistica del territorio, mentre
l’inosservanza dell’ordine di sospensione dei lavori è lesiva del potere di autotutela della p.a. in materia urbanistica10.
La previsione sanzionatoria in esame deve ritenersi riferita non soltanto ai
provvedimenti sospensivi adottati dall’autorità comunale ai sensi dell’art. 27,
3° comma, del T.U. n. 380/2001, ma anche alle ipotesi di sospensione dei la9
Cass. 19-10-1992, Palmieri; Cass. 21-5-1993, P.M. in proc. Tessarolo.
10
Così espressamente Cass. 17-5-2005, n. 18199, Tomassetti.
9
vori disposta dalla Regione: ex art. 40, 1° comma, del T.U. (qualora il Comune non vi abbia provveduto nei termini stabiliti), ovvero ex art. 39, 3° comma
(in pendenza delle procedure di annullamento del permesso di costruire).
Non rientrano, invece, nella fattispecie incriminatrice le violazioni di ordinanze di sospensione dei lavori adottate in via cautelare dal giudice amministrativo.
Una volta emesso l’ordine di sospensione dei lavori, pertanto, qualunque intervento sul manufatto costituisce reato ai sensi dell’art. 44, lett. b), del T.U. n.
380/2001 ed è del tutto irrilevante il fatto che le opere poste in essere dopo
l’ordine di sospensione non necessitino di concessione e consistano, ad esempio, in interventi di intonacatura, installazione dell’impianto elettrico o
montaggio degli impianti idraulici11.
Non integra invece l’ipotesi di reato in esame l’inosservanza dell’ordine di
demolizione del manufatto abusivo imposto dall’autorità amministrativa
(e ciò deve ritenersi anche per l’ingiunzione di demolizione prevista dall’art.
31 del T.U. n. 380/2001), «sia per la mancanza di espressa previsione normativa sia perché la legge urbanistica mira a criminalizzare l’illecita attività costruttiva e non anche l’inerzia dell’autore dell’illecito nel ripristinare lo stato
antecedente dei luoghi; inerzia cui la legge appresta riparo con le sanzioni
amministrative della demolizione e, in mancanza, della confisca12.
Il sistema normativo non prevede, invero, un obbligo di demolizione per il costruttore, ma soltanto un onere di demolizione, che gli consente di impedire
l’applicazione a suo carico delle più gravi sanzioni.
1.4.Interventi abusivi nelle zone sottoposte a vincolo
L’art. 44, lett. c), del T.U. n. 380/2001 fissa la pena edittale per gli interventi
edilizi eseguiti in totale difformità, in variazione essenziale o in assenza del
11
Così espressamente Cass. 23-1-1996, n. 719.
12
Vedi Cass. 23-3-1982, Riv. Pen.,1983, 334.
10
permesso di costruire, nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico o ambientale (di cui al D.Lgs. 22-1-2004, n. 42).
I concetti di totale difformità e di assenza del permesso di costruire sono stati
già esaminati nelle pagine precedenti ed è quindi necessario soffermarsi sulla
nozione di variazione essenziale.
La disciplina delle variazioni essenziali è contenuta all’art. 32 del Testo Unico, il cui
tenore ricalca sostanzialmente il disposto dell’art. 7 della Legge n. 47/1985 così come abrogato dall’art. 136 del Testo Unico.
Infatti l’art. 32, nel disciplinare gli interventi edilizi rientranti nella categoria delle
variazioni essenziali, dispone che “fermo restando quanto disposto dal comma 1
dell’art. 31”, cioè fermo restando le situazioni suscettibili di rientrare nel novero degli interventi in totale difformità, le Regioni stabiliscono quali interventi edilizi sono
da considerare come variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che
l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97
del 16 aprile 1968;
b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali
Gli interventi in variazione essenziale (descritti dall’art. 32 del T.U. n.
380/2001) sono puniti normalmente con la pena prevista dall’art. 44, lett. a).
Tuttavia, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. c), 2° periodo del dpr 380/2001 le
pene previste dalla predetta normativa si applicano, oltre che in caso di opere
realizzate in assenza od in totale difformità della concessione edilizia, anche
per gli interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo paesistico-ambientale
in variazione essenziale.
Inoltre ai sensi dell’articolo 32 ultimo comma dpr 380/2001 sono considerati
in variazione essenziale tutti gli interventi effettuati in immobili sottoposti , tra
l’altro a vincolo paesistico-ambientale.
11
Vi è una previsione normativa che rende immediatamente applicabili le statuizioni di cui al’art. 44 lett. c) dpr 380/2001 indipendentemente dall’entità
dell’intervento13 .
1.5. Soggetti attivi dei reati edilizi. Questioni controverse.
La natura della presente relazione non consente nemmeno un fugace cenno alla controversa questione circa la natura propria o comune delle contravvenzione in materia edilizia, questione che sembra aver perso però di importanza dal
momento che la stessa giurisprudenza sembra preferire oggi un approccio meno teorico e non si è comunque mai dubitato della possibilità anche per
l’extraneus di concorrere nel reato edilizio commesso da altri.
Sembra opportuno pertanto soffermarsi sulla responsabilità penale di alcune
figure particolarmente discussa in dottrina e la norma da cui partire non può
che essere l’articolo 29, comma 1, dpr 380/01 nella parte in cui dispone che
“il titolare del permesso di costruire, il committente ed il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente Capo,
della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di
piano, nonché unitamente al direttore dei lavori, alle disposizioni contenute
nel permesso di costruire ed alle modalità esecutive stabilite dal medesimo”.
Ci si soffermerà in particolare sulle figure del proprietario- normalmente il titolare del permesso di costruire- e su quelle dei tecnici, progettista e direttore
dei lavori.
1.5.1. Il proprietario
Piuttosto discusso è se il proprietario del suolo, non formalmente committente,
possa essere considerato di per sé responsabile per l’esecuzione di lavori da altri intrapresi sul terreno di sua proprietà.
13
Cass. 23-4-2004, n. 19034; Cass. 3-3-2003, n. 9538.
12
Un orientamento più rigoroso affermava la responsabilità penale del proprietario il quale, essendo consapevole che sul suo terreno viene eseguita da un
terzo una costruzione abusiva e potendo intervenire, deliberatamente se ne astiene, tenendo così una condotta omissiva alla quale pure si ricollega, come
conseguenza diretta, l’esecuzione dell’opera.
Si sosteneva in tale prospettiva che «Il proprietario o comproprietario di un terreno il
quale, essendo consapevole che su di esso viene eseguita da altro soggetto una costruzione
abusiva e, potendo intervenire, deliberatamente se ne astiene, pone in essere, così facendo,
una condotta omissiva che condiziona, rendendola possibile, la realizzazione dell’opera abusiva, sì che questa può essere considerata una conseguenza diretta anche della suddetta
condotta omissiva, della quale il soggetto deve essere quindi ritenuto responsabile ai sensi
del principio generale di casualità dettato dal 1° comma dell’art. 40 c.p.; d’altra parte, anche
il 2° comma di detto articolo (secondo il quale «non impedire un evento, che si ha l’obbligo
giuridico di impedire, equivale a cagionarlo»), dev’essere interpretato in termini solidaristici,
con particolare riferimento al principio della funzione sociale della proprietà, sancito
dall’art. 41, 2° comma, Cost., in forza del quale deve ritenersi che il proprietario non possa
utilizzare la cosa propria né consentire che altri la utilizzi in modo che ne derivi danno ai
consociati, ed abbia quindi l’obbligo giuridico di non consentire che l’evento dannoso o pericoloso si realizzi; in base, poi, alle norme generali che regolano il concorso di persone nel
reato, deve ritenersi che il proprietario risponda, a titolo di concorso morale, non solo nel caso di costruzione senza concessione (reato che può essere commesso da chiunque), ma anche
nel caso di costruzione in totale difformità della licenza (reato configurabile, in base all’art. 6
L. 28 febbraio 1985, n. 47, a carico dei soli soggetti ivi indicati)14.
Accanto a tale posizione vi era altro orientamento secondo il quale «Il semplice
fatto di essere proprietario (o comproprietario del terreno sul quale vengono svolti lavori
edilizi senza concessione non è sufficiente da solo a costituire fonte di responsabilità penale,
nemmeno qualora egli sia a conoscenza che altri eseguano opere abusive sul suo fondo, in
quanto non vi è alcuna norma che gli imponga un obbligo giuridico di far cessare i lavori:
per l’affermazione della responsabilità penale, invece, occorre la presenza di altri elementi
in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che il proprietario (o comproprietario) del
terreno non sia rimasto passivo ma sia stato anche committente od esecutore dei lavori o ab-
14
Cass., sez. III, 14 luglio 1999, Mareddu, in Riv. pen., 2000, 28; 26 ottobre 1999, Cuccì, in
Cass. pen., 2000, 2751.
13
bia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con il committente o l’esecutore dei
lavori abusivi15.
Ed è questa la posizione che sembra ormai prevalente.
Si afferma infatti che — ai fini della declaratoria della responsabilità del proprietario (o del comproprietario) — il giudice deve valutare la eventuale sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti, indagando in ordine: alla disponibilità giuridica e di fatto del suolo, alla residenza stabile nel luogo in cui si è
edificato, all’interesse specifico a realizzare le nuove opere per esigenze anche
proprie o comunque comuni al nucleo familiare; all’esistenza di comportamenti positivi da cui trarre una compartecipazione almeno morale
all’esecuzione delle opere abusive.
Si veda in particolare in giurisprudenza:
— «In materia di reati edilizi, la responsabilità del comproprietario, qualora non sia committente esecutore dei lavori, deve essere ricavata da indizi precisi e concordanti, quali
l’accertamento della concreta situazione in cui è stata svolta l’edificazione abusiva, i rapporti di parentela con l’esecutore dell’opera, ovvero il committente o il proprietario (nel
caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito i
quali avevano fondato la responsabilità del comproprietario coniuge del committente, non
solo sulla considerazione che la comunione di vita rende solitamente partecipe il coniuge
delle deliberazioni che assumono rilevanza familiare e sulla mancanza di qualsiasi opposizione manifestata dal coniuge in merito alle opere abusive, ma su plurimi elementi positivi, quali la comunanza di interessi tra i coniugi in relazione all’attività commerciale che
veniva svolta nel manufatto, il concreto interessamento posto in essere dal coniuge comproprietario per la realizzazione dell’opera, evidenziatosi anche per mezzo della sottoscrizione diretta di istanze presso varie autorità amministrative)» (Cass., sez. III, 4 maggio
2004, Rizzuto).
1.5.2. I tecnici: Direttore dei lavori e progettista
E’ possibile ora accennare alla questione della responsabilità penale delle figure del direttore dei lavori e del progettista.
15
Cass. sez. III: 3 maggio 2001, Zorzi, Urbanistica e appalti, 2002, 359; 29 marzo 2001,
Bertin, in RivistAmbiente, 2001, 696.
14
«Direttore dei lavori» è il professionista abilitato che sovraintende alle opere,
assumendo la responsabilità tecnica della loro esecuzione.
Il rapporto di direzione dei lavori assume rilevanza sul piano pubblicistico solo attraverso la comunicazione al Comune e, dopo tale comunicazione, il professionista incaricato non potrà esimersi dalle responsabilità penali proprie
della qualifica che ha consapevolmente assunto adducendo il carattere meramente fittizio della sua prestazione, finalizzata soltanto alla formale ottemperanza di precetti normativi.
Spetta all’Amministrazione segnalare le violazioni in cui è incorso il direttore
dei lavori al Consiglio dell’Ordine professionale al quale questi appartiene ed
il professionista «è passibile» di sospensione dall’albo professionale per un
periodo da 3 mesi a 2 anni.
L’art. 29, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 esonera espressamente da responsabilità il direttore dei lavori, qualora questi:
— abbia contestato al titolare del permesso, al committente ed al costruttore la violazione
delle prescrizioni del permesso di costruire;
— abbia fornito contemporaneamente all’Amministrazione comunale motivata comunicazione della violazione stessa;
— e, nelle ipotesi di totale difformità (o di variazione essenziale), abbia altresì rinunziato
contestualmente all’incarico.
Per essere scriminante il recesso deve essere tempestivo, deve cioè intervenire
non appena l’illecito edilizio obiettivamente si profili ad opera del cliente, ovvero non appena il professionista abbia avuto conoscenza che le direttive, da
lui a suo tempo impartite, siano state disattese o violate16.
Non è invece sufficiente che il direttore adduca di essersi disinteressato dei lavori, qualora non abbia formalizzato le proprie dimissioni o lo abbia fatto in
ritardo.
Ugualmente alcuna efficacia liberatoria può riconoscersi ad una rinuncia comunicata mediante lettera diretta ai committenti, posto che tale atto è ontologicamente inidoneo a fornire
16
Così FIALE, Diritto urbanistico, Napoli, 2006, p.10109; in giurisprudenza Cass. 10-5-
2005, n. 34376; Cass. 14-6-2007, n. 23129.
15
la prova che vi sia stata reale rinuncia nella data indicata17.
E venendo alla posizione del progettista, questi è colui che redige il progetto
dell’opera e ben può essere soggetto diverso dal direttore dei lavori: alla redazione del progetto, infatti, non deve necessariamente seguire la prestazione
professionale di direzione dei lavori di esecuzione dell’opera progettata.
Per quanto attiene ai reati urbanistici, dunque, il progettista non potrà essere
chiamato a rispondere dell’altrui attività di realizzazione del progetto, da
chiunque essa sia posta in essere. La sola redazione di un progetto, anche difforme dalla normativa vigente, non comporterà responsabilità penale, neppure
per concorso con colui che lo realizzi, non potendosi assolutamente configurare un nesso di casualità tra la redazione medesima e l’attività di attuazione, unica penalmente rilevante.
Diversa è l’ipotesi in cui il progettista, in concorso con il committente, rediga
il progetto alterando dolosamente la realtà dei luoghi (indichi, ad esempio,
una maggiore superficie del lotto, poiché quella effettiva non consentirebbe
l’edificazione ovvero allo scopo di realizzare una maggiore volumetria; oppure ometta di rappresentare un edificio esistente, computabile ai fini del rapporto plano-volumetrio o delle distanze), così da conseguire il rilascio di un permesso di costruire non conforme alla normativa vigente.
In tal caso egli, unitamente al committente, risponderà del reato di cui agli artt.
48 e 479 cod. pen. (falsità ideologica in atto pubblico commessa attraverso
l’induzione in errore, con inganno, dell’autorità comunale)18.
1.6. La sentenza di condanna e l’ordine di demolizione
L’ articolo 31, comma 9, dpr 380/01, riproducendo sostanzialmente il disposto
del testo dell’articolo 7 ultimo comma legge 47/85, statuisce che con la sen-
17
Cass. 14-6-2007, n. 38924
18
Vedi per questi aspetti FIALE, op. cit, p.1021 ss.
16
tenza di condanna il giudice “ ordina la demolizione delle opere se essa non
sia stata ancora eseguita”.
La natura, le caratteristiche ed il campo di applicazione dell’ ordine di demolizione sono state chiarite da numerosi interventi del giudice di legittimità19.
E’ possibile enucleare i seguenti principi:
• l’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa di natura ablatoria e
giurisdizionale, la cui esecuzione compete all’autorità giudiziaria non essendo ipotizzabile, né logicamente spiegabile, che l’esecuzione di un provvedimento adottato dal giudice penale, venga affidato alla pubblica amministrazione.
La competenza totale ed autonoma dell’autorità giudiziaria ordinaria comporta che le attività
dovranno comunque essere gestite in proprio dall’ufficio del P.M. che si avvarrà sia della
forza pubblica che di organi tecnici esterni per le operazioni pratiche.
A quanto detto si può aggiungere che la competenza del giudice penale in ordine alla emanazione dell’ordine di demolizione a completamento di una sentenza di condanna per violazione delle norme edilizie ed urbanistiche, lungi dall’essere un atto subordinato ad una eventuale inerzia della Pubblica Amministrazione, si presenta invece come atto assolutamente autonomo e non attribuito in via di supplenza seppure coordinabile con quello amministrativo,
per cui non si pone in rapporto alternativo con l'ordine di demolizione eventualmente già impartito dalla P.A.. Trattasi di una sanzione amministrativa di tipo ablatorio (non di una pena
accessoria, né di una misura di sicurezza patrimoniale), caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale ne è attribuita l'applicazione, la cui catalogazione
fra i provvedimenti giurisdizionali trova ragione giuridica proprio nella sua accessività alla
"sentenza di condanna"20.
• l’esercizio di tale potere-dovere trova la propria condizione applicativa solo nella permanenza dell’opera abusiva e trova come limite l’avvenuta acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale perfezionatasi e non
osta alla possibilità di demolizione l'acquisizione gratuita dell'opera
abusiva patrimonio indisponibile del comune, dal momento che è possibile ravvisare un'ipotesi di incompatibilità soltanto se la deliberazione consiliare abbia statuito di non dover demolire l'opera acquisita
19
V. in particolare Cass. Sez. un. 20-11-1996, n.10.
20
Così espressamente Cass. Sez un. 24-7-1996, n. 15; Cass. 12-12-2006, n. 40438; Cass. 28-
11-1995, n.11475.
17
ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento
delle opere abusive21.
Si ricordi che in base all'art. 7 della legge n. 47 del 1985 (ora art. 31 T.U.) il consiglio comunale può dichiarare legittimamente la prevalenza di interessi pubblici ostativi alla demolizione alle seguenti condizioni: 1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla
tutela del vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del Consiglio con cui si dichiari
formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della
demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto
abusivo ad edificio pubblico, ecc...22
• L’ordine di demolizione può essere revocato o sospeso quando intervenga
una sanatoria in via amministrativa.
La natura di sanzione amministrativa accessoria comporta che laddove intervenga la sanatoria del manufatto e quindi l’amministrazione abbia ritenuto di regolarizzare l’opera, il predetto ordine può essere revocato, anche eventualmente in sede esecutiva laddove sia divenuta
definitiva la sentenza di condanna.
Rimane naturalmente immutato il potere del giudice dell’esecuzione di controllare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua
emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio
23
del potere di rilascio .
Nel caso in cui sia stata presentata soltanto una domanda di condono o sanatoria, il giudice
può disporre la sospensione dell’ esecuzione laddove ritenga prevedibile che in un breve lasso di tempo l’autorità amministrativa adotti un provvedimento che si ponga in insanabile
contrasto con l’ordine di esecuzione24.
Con specifico riferimento al condono edilizio di cui alla legge 326/2003, si è sostenuto che il
giudice per sospendere l’esecuzione deve accertare l’esistenza delle seguenti condizioni: a)
la tempestività e proponibilità della domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il
termine previsto per l'accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta; e) l'avvenuto integrale versa21
Tra le tante vedi Cass. 8-7-2003, n. 37120; Cass. 9-6-2005, n. 26149; Cass. 11-5-2005, n.
37120.
22
Sulle condizioni che consentono al Consiglio comunale di ritenere prevalenti interessi
pubblici ostativi alla demolizione vedi Cass. 10-7-2007, n. 28499.
23
Così Cass. 22-12-2005,n.46831; Cass. 11-3-2003,n.11051.
24
Così Cass. 11-3-2003, n.11051.
18
mento della somma dovuta ai fini dell'oblazione; f) l'eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito25.
• È possibile subordinare la sospensione condizionale della pena all’obbligo
di di abbattimento delle opere abusive26.
È di spettanza degli organi preposti all’esecuzione del giudicato l’accertamento
dell’adempimento dell’obbligo imposto nel termine della sentenza o fissato dallo stesso Giudice dell’esecuzione su richiesta del Pubblico Ministero. A seguito dell’inadempimento il
Giudice della esecuzione provvederà alla revoca del beneficio condizionato27.
Laddove il soggetto, condannato a pena sospesa subordinata alla demolizione del manufatto,
ottenga poi nelle more la sanatoria dell’ abuso da parte dell’autorità amministrativa, deve ritenersi che i provvedimenti di sanatoria che consentano la conservazione dell’opera già abusiva, devono intervenire all’interno dei tempi fissati dal giudice per l’adempimento
dell’ordine.
Detto termine di adempimento — per il principio della obbligatorietà ed effettività della
pena — integra un elemento essenziale della concessione subordinata del beneficio ed entro
la durata di esso deve essere assolto l’obbligo condizionante, salve le ipotesi di impossibilità assoluta non dipendente da proprio atto volontario.
La subordinazione della sospensione condizionale della pena ad un obbligo da adempiere entro un determinato termine, assolve, infatti, alla funzione di dimostrare che il reo è meritevole del beneficio anzidetto, sicché solo la presenza di fatti a lui non imputabili e tali da escludere la possibilità di eseguire quanto prescritto, entro il periodo stabilito, impedisce la revoca del beneficio28
La intervenuta scadenza del termine (stante l’essenzialità dello stesso per le finalità perseguite dall’art. 165 cod. pen.) rende irrilevante, pertanto, ai fini della revoca del beneficio,
ogni questione circa la possibilità di eventuale sanatoria per condono edilizio29.
La Corte di Cassazione ha evidenziato, in proposito, che il rilascio di concessione in sanatoria e, comunque, l’adozione di provvedimenti della P.A. incompatibili con l’ordine di demo25
Cass. 12-12-2003, n. 3992; vedi anche Cass. 23.1.07, n. 1904 che ha precisato come non
possa essere disposta in sede di esecuzione la sospensione dell'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna in attesa della definizione della procedura relativa al rilascio della concessione in sanatoria qualora l'opera non rientri tra quelle condonabili.
26
Cass. Sez. un. 3-2-1997, n. 714; Cass. 17-4-2003, n. 18304; Cass. 7-4-2000, n. 4086.
27
Cass. 3-2-1997, n.10.
28
Cass., sez. III, 16 aprile 2004, Moscato.
29
Cass., sez. III: 5 luglio 2005, Maietta; 10 dicembre 2004, Rizzo; 24 febbraio 2004, Borrel-
lo ed altra; 25 giugno 2002, Antonimi, in Riv. pen., 2002, 976.
19
lizione impartito con la sentenza di condanna, successivamente al passaggio in giudicato della decisione medesima, può incidere sulla concreta eseguibilità della demolizione, ma non
incide sulla revoca della sospensione condizionale della pena ove intervenga in epoca successiva alla scadenza del termine per l’adempimento della condizione cui la sospensione è
subordinata.
Diversi sono, infatti, i presupposti e la funzione dell’ordine di demolizione e della subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo, sia pure avente a contenuto l’osservanza dell’ordine demolitorio medesimo, in quanto
tale secondo istituto mira a garantire che il comportamento del reo, successivamente alla
condanna, si adegui concretamente a quel processo di ravvedimento la cui realizzazione costituisce scopo precipuo dell’istituto stesso, mentre l’ordine di demolizione soddisfa
l’interesse pubblico all’eliminazione della costruzione abusiva, ove non intervenga, prima
dell’effettiva demolizione, un provvedimento amministrativo con esso incompatibile: un
provvedimento siffatto, dunque, assume un rilievo logicamente differente nelle due ipotesi,
in relazione all’epoca diversa in cui deve intervenire30 .
• La spontanea demolizione del manufatto ad opera dell'agente non estingue
il reato di abuso edilizio, giacché tale causa estintiva non è prevista dalla
legge n. 47 del 1985 né dal testo unico approvato con D.P.R. n. 380 del
2001.
L'estinzione del reato come conseguenza della spontanea demolizione del manufatto da parte
dell'agente, prima che venga disposta dall'ufficio o comunque prima che intervenga la condanna, e stata prevista con il comma 36, 1 quinquies dell'art. 1 della legge n. 308 del 2004,
ma riguarda i soli manufatti realizzati su beni paesaggisticamente vincolati ed estingue solo
il reato paesaggistico. Tale norma non può essere applicata analogicamente al reato urbanistico trattandosi di fatto che offende un bene giuridico diverso da quello paesaggistico, tanto
è vero che è configurabile il concorso tra i due reati proprio perché sono diversi i beni giuridici violati. Il fatto che siano entrambi sanzionati con la medesima pena prevista nella stessa
norma penale non fa venire meno la loro autonomia.
Al di fuori delle ipotesi di non perseguibilità espressamente previste, l'autodemolizione
estingue il reato solo se accompagnata dal certificato di conformità dell'opera rilasciato
in base agli artt. 13 e 22 della legge n. 47 del 1985 ed ora in base all'articolo 36 del Testo
unico31.
30
Cass. 5-3-2004, Raptis,
31
Cass. 10-1-2007, n. 231, riportata amplius, CASSANO-ATERNO, op. cit, p.93.
20
• L’ordine di demolizione trova applicazione anche nell’ ipotesi di sentenza
emessa su accordo delle parti ex art. 444 c.p.p.
L'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, del D.P.R. n. 380/2001 è sanzione caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale il relativo esercizio è
attribuito, ma sostanzialmente amministrativa di tipo ablatorio, che il giudice deve disporre
anche nella sentenza applicativa di pena concordata tra le parti. A tale sentenza, sono ricollegabili tutti gli effetti di una sentenza di condanna, ad eccezione di quelli espressamente indicati dall'art. 445, 1° comma, c.p.p., fra i quali non è compresa la sanzione in oggetto (non
trattandosi di pena accessoria ne di misura di sicurezza)32.
La ratio dell’applicazione dell’ordine di demolizione nella sentenza “patteggiata”, va ricercata nel potere-dovere del giudice di emettere tale provvedimento giurisdizionale, senza che
tale compito possa essere discusso o discrezionalmente valutato.
Se il giudice omette di disporre, nella sentenza di condanna per abusi edilizi, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, avrà posto in essere un provvedimento annullabile per violazione di legge.
• Nel caso in cui il giudice omette di impartire l’ordine di demolizione, non
vi si può porre rimedio attraverso la correzione degli errori materiali.
L’ordine di demolizione, pur avendo natura amministrativa, è atto giurisdizionale che deve
essere disposto dal giudice con la sentenza di condanna per cui, in caso di mancata statuizione in tal senso, il dispositivo della sentenza potrà essere integrato solo dal giudice di appello.
Infatti la procedura di cui all’art.130 cpp può essere applicata solo per porre rimedio ad errori od omissioni rilevabili dal contesto del provvedimento e di natura tale da non modificare il
contenuto essenziale dello stesso, mentre l’omissione in questione integra un vitium iudicando rettificabile solo in sede di impugnazione a seguito di rituale investitura del giudice di essa33.
E’ comunque da segnalare che il giudice di appello può emettere l’ordine di demolizione
nell’ipotesi in cui il giudice di primo grado nulla abbia previsto al riguardo ed
anche nella ipotesi in cui l’impugnazione sia stata proposta dall’imputato solamente. Trattasi di ipotesi che non viola il divieto di “reformatio in peius”34.
32
Cass. 12-12-2006, n. 40422.
33
Cass. 23-10-1998,n. 4455; Cass. 8-5-2007, n. 17380; Cass. 10-10-2006,n. 33939.
34
Cass. 2-12-1999, n. 13812.
21
PARTE SECONDA
LA DISCIPLINA DEI CONDONI
2.1. Il condono edilizio di cui alla legge 326/2003
L’ art. 32, comma 25, della legge 24.11.2003, n. 326 statuisce che le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 47/85 si applicano anche alle opere abusive ultimate entro il 31.3.2003, che non abbiano comportato un ampliamento
del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria
ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 mc .
La norma, in particolare, indica nella “regolarizzazione del settore” la finalità
dell’emanazione del permesso in sanatoria per le opere realizzate in difformità
dalla disciplina vigente. La regolarizzazione, peraltro, è perseguita non per
mezzo della demolizione delle opere illecite, ma con la loro “legalizzazione a
posteriori”.
Le disposizioni sul rilascio del “titolo abilitativo edilizio in sanatoria” sono
inserite in un contesto normativo che è stato definire “virtuoso”35.
Sono disciplinati, inoltre, programmi di interventi miranti: a) alla messa in sicurezza del territorio nazionale sul versante del dissesto idrogeologico; b) al ripristino e riqualificazione
dei beni di interesse paesistico di cui al titolo II del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 (T.U. sulla tutela dei beni culturali e ambientali) (co. 11: le somme stanziate sono, poi, assegnate alle
regioni). Infine, il comma 12 istituisce un fondo di rotazione denominato “fondo per le demolizioni delle opere abusive” (con finanziamento fino a 50.000 euro) a favore dei Comuni
per anticipazioni senza interessi al fine di alleviare i costi necessari per le demolizioni degli
edifici abusivi, e il comma 13 prevede la costituzione dell’Osservatorio nazionale
35
Vedi GIORDANO L., Condono edilizio e giudice penale. Profili applicativi ed orienta-
menti giurisprudenziali, relazione al Corso di formazione decentrate presso la Corte di Appello di Salerno del 28 ottobre 2005 dal titolo “ Il condono edilizio: Leggi nazionali e regionali. Problematiche applicative ed orientamenti giurisprudenziali”.
22
dell’abusivismo edilizio, con l’onere di creare un sistema informativo unitario, in collaborazione con le regioni.
2.2. Le opere sanabili
L’articolo 32, comma 26, decreto legge n. 269/2003 distingue gli abusi edilizi
in sei categorie, basando tale distinzione essenzialmente sulla gravità
dell’infrazione.
In particolare si definiscono sei distinte tipologie di abusi36:
-
tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e
non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
-
tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio ma
conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data
di entrata in vigore del presente provvedimento;
-
tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’art. 3, comma 1, lett. d)
del D.P.R. 6.6.01, n. 380, realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio;
-
tipologia 4. Opere di restauro e di risanamento conservativo come definite dall’art. 3,
comma 1, lett. c) del D.P.R. 6.6.01, n. 380 realizzate in assenza o in difformità del titolo
abilitativo edilizio nelle zone omogenee A di cui all’art. 2 del D.M. 2.4.68, n. 1444;
-
tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’art. 3,
comma 1, lett. c) del D.P.R. 6.6.01, n. 380, realizzate in assenza o in difformità del titolo
abilitativo edilizio;
-
tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria come definite dall’art. 3, comma 1, lett.
b) del D.P.R. 6.6.01, n. 380, realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.
La distinzione va letta nell’ottica di rapportare le diverse tipologie di abusi ad
un diverso importo dell’oblazione che deve essere versata da parte dei soggetti
interessati ad ottenere la sanatoria edilizia.
2.3. Gli abusi non sanabili. L’articolo 32 legge 269/2003
36
La tabella è tratta da CASSANO-ATERNO, op. cit.,p. 17.
23
L’ elencazione delle opere non sanabili è contenuta nell’articolo 32, comma
27, Legge 269/2003 che rimanda altresì agli articoli 32 e 33 legge 47/1985.
In particolare la norma citata statuisce che, fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono
comunque suscettibili di sanatoria quando :
a) siano state eseguite dal proprietario o avente causa condannato con sentenza definitiva,
per i delitti di cui all'articolo 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale o da terzi per suo
conto;
b) non sia possibile effettuare interventi per l'adeguamento antisismico, rispetto alle categorie previste per i comuni secondo quanto indicato dalla ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 105 dell'8 maggio 2003;
c) non sia data la disponibilità di concessione onerosa dell'area di proprietà dello Stato o degli enti pubblici territoriali, con le modalità e condizioni di cui all'articolo 32 della legge 28
febbraio 1985, n. 47, ed al presente decreto;
d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonche' dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
e) siano state realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli articoli 6
e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
f) fermo restando quanto previsto dalla legge 21 novembre 2000, n. 353, e mdipendentemente dall'approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3 della citata legge n.
353 del 2000, il comune subordina il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria alla
verifica che le opere non insistano su aree boscate o su pascolo i cui soprassuoli siano stati
percorsi dal fuoco. Agli effetti dell'esclusione dalla sanatoria e' sufficiente l'acquisizione di
elementi di prova, desumibili anche dagli atti e dai registri del Ministero dell'interno, che le
aree interessate dall'abuso edilizio siano state, nell'ultimo decennio, percorse da uno o più
incendi boschivi;
g) siano state realizzate nei porti e nelle aree, appartenenti al demanio marittimo, di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato ed alle esigenze della navigazione marittima, quali identificate ai sensi del secondo comma dell'articolo 59
24
del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Le siffatte esclusioni si giustificano in gran parte per la natura delle opere o
della zona nella quale insistono (vincolate37) e trattasi di previsione del tutto
conforme a quanto già previsto dagli articoli 32 e 33 legge 47/1985, espressamente richiamati dal comma in commento.
A ciò si aggiunga che la previsione in commento ha previsto esclusioni di natura soggettiva, legate ai soggetti attivi dell’abuso medesimo.
Ci si riferisce alle opere che sono state poste in essere dal proprietario o avente
causa, condannato con sentenza definitiva per i delitti di cui agli artt. 416-bis
C.P. (Associazione di tipo mafioso), 648-bis C.P. (Riciclaggio) e 648-ter (Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita).
In questi casi l’iter amministrativo di concessione della sanatoria, iniziato da
persona imputata di uno dei reati su indicati, è sospeso, in attesa della emanazione della sentenza definitiva di non luogo a procedere, di proscioglimento o
di assoluzione. Solo successivamente a pronunce di questo tenore, il procedimento amministrativo di concessione della sanatoria edilizia riprenderà a percorrere l’iter procedimentale che le è proprio, fino a giungere a completamento. Infatti per l’imputato il procedimento amministrativo di sanatoria rimane
sospeso fino alla emanazione della sentenza penale definitiva.
Nel momento in cui il giudice penale si pronuncerà con una sentenza di condanna per i reati già elencati, la procedura amministrativa non potrà che concludersi con un diniego alla sanatoria.
2.4. Poteri delle Regioni in campo urbanistico e rilevanza ai fini penalistici
37
Una disciplina maggiormente rigorosa per gli immobili che insistono sulle aree vincolate
si spiega in considerazione della necessità di proteggere dall’abusivismo beni sottoposti a
particolari tutele, come per esempio le aree in cui insistono vincoli di natura archeologica, o
particolari vincoli di destinazione che mal si prestano ad essere trattati da piani di urbanizzazione e che l’edificazione pregiudicherebbe gravemente ed irreparabilmente.
25
La legge 326/2003 è stata oggetto di una pronuncia di illegittimità da parte
della Corte Costituzionale che con sentenza n. 196/2004, ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale di molte disposizioni dell'art. 32 del D.L. 269/03 conv.
in L. 326/03 per la violazione delle competenze riservate al legislatore regionale nella materia concorrente del “governo del territorio”, perché non prevedeva38:
1) la possibilità di determinare limiti volumetrici inferiori a quelli indicati nella legge statale, per tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'allegato 1;
2) la possibilità, le condizioni e le modalità per l’ammissibilità della sanatoria per tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'allegato 1;
3) la possibilità di disciplinare in modo diverso gli effetti del silenzio
del Comune sulla domanda di condono;
4) la possibilità di determinare in modo autonomo la misura dell'anticipazione degli oneri concessori, nonché le relative modalità di versamento;
5) la determinazione di un congruo termine entro cui doveva essere emanata la legge regionale in materia.
Tuttavia tale pronuncia non incide sugli aspetti penalistici in quanto la Corte,
richiamando precedenti pronunce39, ha affermato che la disciplina dei profili
penalistici deve essere integralmente attribuita al legislatore statale, perché altrimenti si violerebbe il principio di riserva di legge “statale” di cui all’art. 25,
co. 2, Cost., l’art. 3, co. 1, Cost. in materia di eguaglianza dei cittadini dinanzi
alla legge e l’art. 117, lettera l), Cost. che riserva al legislatore statale la competenza esclusiva in materia di ordinamento penale.
Ne consegue che il legislatore regionale, nel disciplinare la sanatoria degli abusi edilizi, può intervenire solo sugli effetti amministrativi, integrando o limitando i presupposti temporali e spaziali del condono edilizio, determinati,
nei parametri “massimi”, dal legislatore statale; il legislatore regionale, invece,
non può incidere, con un suo intervento di dettaglio più o meno “ limitativo
38
Vedi per un approfondita analisi degli interventi della Corte Costituzionale GIORDANO,
cit.
39
Cfr. Corte cost. 25/10/1989, n. 487.
26
”, sull’assoggettamento o meno alla sanzione penale prevista dall’art. 44
D.P.R. n. 380/2001.
Si è espressamente affermato che “solo al legislatore statale spetta il potere di
incidere sulla sanzionabilità penale, a quest’ultimo va riconosciuta la discrezionalità in materia di estinzione del reato o della pena, o di non procedibilità”. “Solo alla legge statale spetta l’individuazione della portata massima del
condono edilizio straordinario di cui all’art. 32 del decreto-legge n. 269 del
2003, attraverso la definizione sia delle opere abusive non suscettibili di sanatoria, sia del limite temporale di realizzazione delle opere condonabili, sia
delle volumetrie massime sanabili”40.
Secondo la Consulta, la legislazione sul condono “… ha effetti sia sul piano
penale che sul piano delle sanzioni amministrative, ma … non esclude la possibilità che le procedure finalizzate al conseguimento dell'esenzione dalla punibilità penale si applichino ad un maggior numero di opere edilizie abusive
rispetto a quelle per le quali operano gli effetti estintivi degli illeciti amministrativi; ciò è reso d'altra parte evidente nelle disposizioni dello stesso Capo
IV della legge 47/1985, e successive modificazioni e integrazioni, che nell'articolo 38 disciplina separatamente, al secondo ed al quarto comma, i presupposti del condono penale (il versamento dell'intera oblazione) ed amministrativo (il conseguimento del titolo abilitativo in sanatoria) e nell'articolo 39
prevede che, ove si sia effettuata l'oblazione, si produca comunque l'estinzione
dei reati anche ove le opere non possano conseguire la sanatoria. D'altra parte, anche l'articolo 32 impugnato prevede, al comma 36, i presupposti per il
verificarsi dell'effetto estintivo penale, mentre i diversi presupposti per il conseguimento del titolo abilitativo in sanatoria sono regolati dal comma 37, così
confermando che i due effetti possono essere indipendenti l'uno dall'altro, dal
momento che l'effetto penale si produce a prescindere dall'intervenuta conces40
In questa decisione è stato ribadito che “la dichiarazione di illegittimità costituzionale non
ha invece toccato il comma 27, dell’art. 32 d.l. n. 269/2003, contenente la previsione delle
tipologie di opere insuscettibili di sanatoria, e ciò coerentemente con l’assunto secondo il
quale alle Regioni non può essere riconosciuto alcun potere di rimuovere i limiti massimi di
ampiezza del condono individuati dal legislatore statale”.
27
sione della sanatoria amministrativa e anche se la sanatoria amministrativa
non possa essere concessa”41.
Sulla base di questa impostazione il giudice penale, al fine della declaratoria di
estinzione dei reati, deve limitarsi ha verificare la ricorrenza dei presupposti
per la sanatoria disciplinati dal d.l. n. 269/2003. La verifica effettuata dal giudice penale prescinde dal diritto dell’imputato a conseguire il titolo abilitativo
con efficacia sanante, che potrebbe non essergli riconosciuto dall’ente locale
preposto tenuto ad applicare la legge regionale.
La Corte Costituzionale, del resto, già in precedenza aveva sostenuto che
“l’estinzione prevista dall’art. 38 l. n. 47/85 non si accompagna necessariamente al rilascio della concessione in sanatoria ed è di carattere del tutto eccezionale42”.
2.5. Presentazione della domanda di condono e sospensione del procedimento penale
Il comma 32 dell’ articolo 32 legge 326/2003, nella sua ultima formulazione,
prevede che la domanda di definizione deve essere presentata al Comune entro
il 10 dicembre 2004, unitamente alla prescritta documentazione, tra cui
l’attestazione del versamento del 30% oblazione e degli oneri concessori.
L’importo restante dell’oblazione e degli oneri concessori deve essere versato
per importi uguali entro:
- il 31 maggio 2005 per la seconda rata (l’originario termine del 30 giugno 2004 è stato dapprima prorogato al 30 settembre 2004 successivamente alla sentenze n. 196 della Corte costituzionale al 20 dicembre
2004 dall’art. 5 del D.L. 168/2004; infine al 31 maggio 2005 dal D.L.
23 novembre 2004 n.282)
- il 30 settembre 2005 per la terza rata
41
Cfr. Corte Costituzionale n. 196/2004.
42
Corte Costituzionale ord. n. 149/1989; nella medesima ordinanza, la Consulta ha statuito
che … il legislatore gode di una scelta ampiamente discrezionale in ordine all’ampiezza di
particolari estinzioni di reato in conseguenza di sanatorie amministrative …”.
28
Il richiedente, nella domanda, deve anche presentare dichiarazione con la quale attesta di non avere carichi pendenti che precludono l’ottenimento della sanatoria.
Nel caso in cui l’opera per la quale è stata inoltrata la richiesta di sanatoria,
superi i quattrocentocinquanta metri cubi, alla stessa domanda di condono deve essere allegata una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato degli interventi abusivi, nonché una certificazione attestante l’idoneità statica delle opere
eseguite.
La mancata presentazione della domanda di condono entro il termine previsto
determina l’applicazione delle sanzioni previste dal TU In materia edilizia.
Ai sensi dell’ art. 38, 1° comma, L. 47/85 la presentazione della domanda di
cui all’art. 31, accompagnata dall’attestazione del versamento della prima rata,
sospende il procedimento penale.
Occorre premettere che la sospensione del procedimento penale riguarda solo
la fase del giudizio, ma non quella delle indagini preliminari, né preclude
l’adozione di misure cautelari reali43, che sono destinate a raccogliere mezzi di
prova, che potrebbero nel frattempo disperdersi, ed ad impedire che il reato sia
portato a conseguenze ulteriori.
D’altra parte ciò appare in maniera inconfutabile, già dal disposto letterale
dell’art. 22, Legge n. 47/1985, il quale nel prevedere la sospensione de quo si
riferisce all’azione penale.
La sospensione del procedimento penale stabilita dall'art. 44 l. n. 47/1985, in
genere, è definita “automatica” e consegue alla commissione di un reato urbanistico. La sospensione contemplata dall’art. 38 stessa legge, invece, è indicata
come “obbligatoria” e presuppone la presentazione della domanda di condono
nonché il versamento, integrale o parziale, della somma dovuta a titolo di oblazione, incombendo alla parte la dimostrazione dell’adempimento di quanto
43
Cfr. da ultimo Cass. 9-1-2004, n. 291, secondo cui “l’avvenuta presentazione della do-
manda di definizione degli illeciti edilizi ai sensi dell’art. 32 D.L. n. 269/2004 non incide
sulla possibilità di eseguire una misura cautelare reale disposta sull’immobile oggetto di
condono”.
29
prescritto e al giudice l’esame della sussistenza delle condizioni per procedere
alla sospensione44.
Le due sospensioni, dunque, hanno diverse funzioni: la prima mira a consentire agli interessati di presentare la domanda di condono edilizio ed è prevista
per ragioni di economia processuale; l’altra è finalizzata all’ottenimento di
detta concessione ed all’estinzione dei reati, indicati all’art. 38, co. 2, l. cit.,
mediante il pagamento dell’oblazione45.
La Suprema Corte ha costantemente sottolineato che
• mentre la sospensione ex-art. 44 è stata prevista per la finalità eminentemente pubblica di consentire agli interessati l’eventuale presentazione della domanda di condono e di evitare nel frattempo un'eventuale
dispersione di attività giudiziaria in attuazione del principio di "economia processuale"46,
• la sospensione ex-art. 38, è ispirata a ragioni soggettive e personali,
poiché assume la funzione di non rendere vana l'intrapresa procedura
di sanatoria e di versamento dell'oblazione ai fini della dichiarazione
di estinzione dei reati….. 47
Il termine per la sospensione ex art. 44 legge 47/85 era legato al termine ultimo per la presentazione della domanda di condono, è ormai decorso ed appare
inutile soffermarsi.
Maggiore attenzione merita invece la sospensione ex art. 38 ed è pacifico sia
in dottrina che in giurisprudenza che compete al giudice stabilire se sussistano
tutti i requisiti necessari per la declaratoria di estinzione del reato edilizio attraverso la procedura del condono.
La Corte di Cassazione, al riguardo, così si è pronunciata:
44
Cass. 21-1-1997, n. 1970.
45
Per un approfondimento sulle caratteristiche delle due sospensioni v. FILIPPO L, La di-
sciplina del condono edilizio del 2003, relazione tenuta il 17-5-2005 nell’ambito del corso
CSM 1520 dal titolo “La tutela ambientale: le infrazioni in materia edilizia ed il condono”.
46
47
Cass. 27-7-1995, n. 8545 ; Cass. 14-10-1996, n. 1296.
Cass. 7-9-1995, n. 9479.
30
- la sospensione di cui all’art. 45 della legge n. 47/85 non è automatica per tutti i processi penali, per reati urbanistici astrattamente interessati dal condono edilizio, ma può
essere applicata esclusivamente per le opere che oggettivamente abbiano i requisiti di
condonabilità di cui all’art. 32 del D.L. 269/03, (convertito con modificazioni dalla legge
24.11.2003, n. 326, con espresso richiamo (commi 25 e 28), per quanto in esso non previsto,
alle “disposizioni compatibili” dei capi IV e V della stessa legge n. 47/1985 e dell’art. 39
della legge 23.12.1994, n. 724)48.
Il giudice, inoltre, è tenuto a verificare la corrispondenza dell’intervento
edilizio di cui si chiede la sanatoria con quello oggetto di sequestro: in questa prospettiva è necessario un confronto tra il processo verbale di sequestro e
la descrizione delle opere abusive contenuta nella domanda di sanatoria.
Il procedimento penale non può essere sospeso, ai sensi dell’art. 38, così come ex art. 44 l. n. 47/1985, quando dal mero esame degli atti emerga la carenza di un fondamentale presupposto per la condonabilità dell’intervento edilizio
abusivo49. E’ quindi necessario verificare la data di ultimazione
dell’intervento edilizio e lo stato di completamento che deve essere al rustico.
Sotto il profilo temporale, in particolare, potrebbe essere necessario lo svolgimento di una attività istruttoria al fine di determinare l’epoca di esecuzione
dell’illecito, perché dal verbale di sequestro, normalmente, emerge solo la data
di accertamento delle opere.
La domanda di condono edilizio per nuove costruzioni abusive di natura
non residenziale, inoltre, non può determinare la sospensione del procedimento penale per l’accertamento del reato ex art. 38 l. n. 47/1985 perché, ai
sensi dell’art. 25 d.l. n. 269/03, convertito nella legge n. 326/03, le disposizioni sulla sanatoria si applicano alle sole nuove costruzioni residenziali50.
48
Cass. 27-2-2007, n. 8067.
49
Cass. pen., Sez.un., 24/11/1999, n.22, Sadini e altri.
50
Cass. 18/11/2003, n. 26461; Cass. 24-3-2004, n. 14436. Secondo queste decisioni è con-
sentita la sanatoria delle opere abusive di natura non residenziale solo se si sostanziano in un
mero ampliamento di un manufatto preesistente non superiore al 30 % della volumetria della
costruzione originaria o, in alternativa, in un ampliamento non superiore a 750 mc.
31
Il procedimento penale, infine, deve riguardare un reato per il quale è prevista l’estinzione per oblazione, con esclusione, si ribadisce, della contravvenzione per lottizzazione abusiva.
Ma il giudice deve verificare anche se sussiste una ipotesi di insanabilità assoluta dell’opera abusiva ?
Si allude alla necessità o meno dell’accertamento dell’esistenza di vincoli ostativi al condono disciplinati dagli artt. 32 e 33 L. n. 47/1985 nonché delle ulteriori fattispecie di insanabilità assoluta disciplinate dall’art. 32, co. 27, d.l. n.
269/2003.
Mentre in passato parte della giurisprudenza sembrava optare per la soluzione
negativa51, si è affermato più recentemente che il giudice penale deve verificare anche l’insussistenza delle cause di non condonabilità in esame. In particolare, si è ritenuto che tra i controlli demandati al giudice che deva accertare la
ricorrenza di una causa di estinzione del reato vi sia anche la verifica
dell’esistenza di un’insanabilità assoluta dell'opera abusiva per carenza di alcuni presupposti non essendo dette ipotesi fra quelle previste dall'art. 39 l. n.
47/1985 concernente gli effetti del diniego di sanatoria52.
Di conseguenza il giudice non deve disporre la sospensione anche se dagli atti
processuali o dalla contestazione del reato già risulta certa o comunque probabile l’insussistenza di un fondamentale presupposto per l’emanazione della
concessione in sanatoria, perché la sospensione, inevitabilmente ed inutilmente, allungherebbe i tempi del processo53.
Il principio, già affermato in relazione alle precedenti sanatorie, è stato ribadito dalla Corte di Cassazione in relazione al decreto legge 269/2003 laddove ha
statuito che non è consentita la sospensione del processo penale ex art. 38 l. n.
47/1985 in relazione ad una domanda di sanatoria presentata ex art. 32 d.l. n.
269/2003 per opere realizzate in zone sottoposte a vincoli e non conformi
alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici54.
51
Cass. 27-6-1995, n. 9418.
52
Cass. pen., sez. III, 22/02/1996, Castaldo.
53
Vedi considerazioni di GIORDANO L, relazione citata.
54
Cass. 29-1-2004,n.3350 ; Cass. 21-9-2007, n.35222.
32
L’ assunto ha una fondamentale rilevanza pratica anche perché la sospensione
del processo determina la sospensione della prescrizione, ma secondo
l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, la sospensione del procedimento costituisce una disposizione di “favore” unicamente finalizzata a consentire
all’imputato di provvedere a tutti gli adempimenti necessari per ottenere la sanatoria amministrativa e l'estinzione dei reati per oblazione. Ne consegue che
qualora fosse disposta erroneamente dal giudice, deve essere considerata
inesistente e non rileva ai fini del calcolo del termine di prescrizione del
reato55.
2.6. L’area operativa della sospensione ex art. 38 e 44 l. n. 47/1985
Una volta che il giudice penale abbia ritenuto l’opera astrattamente condonabile, dispone la sospensione del processo penale, ma si pone il problema di verificare sino a quale momento il processo possa ritenersi sospeso.
Ebbene l’articolo 38 Legge 47/85, al primo comma, statuisce che la presentazione entro il termine perentorio della domanda di cui all’art. 31, accompagnata dall’attestazione del versamento della somma di cui al primo comma
dell’art. 35, sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative
Anche l’applicazione di tale norma al nuovo condono deve ritenersi pacifica in
considerazione del rinvio alle disposizioni di cui alla Legge 28 febbraio 1985
n. 47 ed all’art. 30 della legge 724/94 operato dai commi 25 e 28 ult. periodo
dell’art. 32 cit.
Può pertanto affermarsi che:
- il termine iniziale della sospensione obbligatoria del procedimento e quindi
della prescrizione del reato coincide con il momento di cessazione di quella
automatica, mentre il termine ultimo di cessazione della sospensione coinciderà con il maturare del termine di 36 mesi dalla data da cui risulti l’oblazione
interamente corrisposta.
55
Cass. 11-1-2006,n. 563.
33
Il fondamento normativo di tale conclusione consiste nel fatto che le leggi sul
condono non indicano il momento di cessazione della sospensione del processo e di conseguente ripresa della prescrizione, per cui è necessario applicare la
regola generale stabilita dall’art. 159 ultimo comma cp, in base alla quale il
corso della prescrizione riprende dal giorno in cui cessa la causa che ha dato
luogo alla sospensione. Ovviamente tale causa è costituita dalla pendenza del
procedimento amministrativo di sanatoria che porterà all’eventuale perfezionarsi della fattispecie estintiva del reato e quindi la sospensione non avrà più
ragion d’essere e potrà essere rimossa nel momento in cui in via definitiva si
sarà perfezionata la fattispecie estintiva56.
Con riferimento al condono di cui alla legge n. 724/1994, ad esempio, in tema di prescrizione dei reati urbanistici al termine di quattro anni e sei mesi andavano aggiunti i periodi di sospensione del processo, a norma degli art. 38 e 44 l. n. 47/1985. Tali periodi, ai sensi dei decreti legge sul condono edilizio del 1994, reiterati perché non convertiti in legge, ammontavano a 223 giorni. Ad essi andava ancora aggiunto quello di due anni, dall'1 aprile 1995 al
31 marzo 1997, calcolabile a norma dell'art. 38 della stessa legge, che prevede una sospensione obbligatoria, in ordine alla quale il provvedimento del giudice ha carattere dichiarativo
dei relativi presupposti; presupposti che consistono nell’avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio afferente all'immobile abusivo per cui è processo e nel versamento di almeno la prima rata dell’oblazione all’uopo auto-liquidata dall'interessato57.
Trasportando questi principi al condono disciplinato dalla legge 269/2003 si
avrà che la sospensione del procedimento edilizio di cui all'art. 38 della l. n.
47/1985 viene meno quando perviene la risposta definitiva da parte della pubblica amministrazione circa la condonabilità dell’ opera oppure è decorso il
termine di trentasei mesi di cui all’ art. 32, comma 36, Legge 326/2003.
Si pone però il problema di individuare per quali reati interviene la sospensione, se in particolare essa riguardi anche reati quali violazione di
sigilli, reati del codice della navigazione, danneggiamento etc… che non
possono essere condonati ( per i reati ambientali faremo un discorso a parte).
Ebbene in passato la giurisprudenza affermava che , in caso di pluralità di reati
in materia di edilizia e urbanistica, la sospensione del procedimento, con la
56
V. considerazioni di LEONARDO F, relazione citata, p.9.
57
Cass. pen., Sez. III, 30/09/1998, n. 11311, Latelli.
34
correlata sospensione dei termini prescrizionali, prevista per il solo reato di
costruzione senza concessione dall'art. 44 l. 28 febbraio 1985 n. 47, aveva effetto per gli ulteriori reati esclusivamente se a questo legati dal vincolo della
continuazione58.
La tesi si basava sull’ art. 161, co. 2, c.p., che disponeva “quando per più reati
connessi si procede congiuntamente, la sospensione o la interruzione della
prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri”, ma tale norma è
stata abrogata dalla legge 251/2005 (legge ex Cirielli) .
Di conseguenza deve ritenersi che per i reati diversi da quelli edilizi, urbanistici la sospensione non possa trovare applicazione.
E per i reati commessi in zone vincolate paesaggisticamente ?
Ebbene deve necessariamente premettersi che ai sensi dell’articolo 32, comma 26, D.L.
269/2003, laddove si sia in presenza di opere edilizie che si trovino in zone vincolate paesaggisticamente, sono sanabili solo le tipologie di abuso riconducibili ai nn. 4,5 e 6 (manutenzione, restauro e risanamento conservativo, previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo), laddove per le altre tipologie di abuso la sanabilità è subordinata
alle seguenti condizioni: a) che le opere siano state realizzate prima dell’imposizione del
vincolo; b) che le stesse siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici; c) che le
difformità consistano esclusivalemnte in quelle analiticamente indicate nell’art. 32 L.
47/1985.
Di conseguenza laddove si è in presenza di reati astrattamente condonabili,
nulla osta alla sospensione. Se invece le tipologie di reato non sono condonabili, analogamente a quanto visto per delitti quali la violazione di sigilli, danneggiamento, non trova applicazione la sospensione.
In questi casi potrebbe essere opportuno, onde evitare la soluzione della separazione dei processi, tecnicamente corretta, ma che comporta ovvie difficoltà
di carattere pratico con aggravio di lavoro anche per le cancellerie, verificare
se la difesa intenda chiedere un rinvio complessivo per tutte le ipotesi di reato
contestate in attesa della definizione amministrativa della procedura di condo58
Cfr. Cass. Sez. U., 24/08/1995, n. 9080, secondo cui “la sospensione prevista dall'art. 44
l. 28 febbraio 1985 n. 47, deve essere applicata all'intero procedimento, qualora il giudice
di merito, riconoscendo il vincolo della continuazione, abbia proceduto unitariamente per
varie ipotesi di reato”.
35
no, rinvio che, ai sensi dell’art. 159, 1° comma, n°3 c.p (rinvio su richiesta
delle parti), determinerebbe la sospensione della prescrizione.
In queste ipotesi deve ritenersi che anche nel caso di rinvio di durata maggiore
di sessanta giorni la prescrizione sarà sospesa per tutto il periodo, dal momento che il termine di 60 giorni è espressamente previsto solo nel caso di rinvio
per impedimento del difensore o dell’imputato59.
2.7.Il decorso dei trentasei mesi e l’estinzione dei reati
Come si è accennato l’ art.. 32, co. 36 d.l. n. 269/2003 statuisce che La presentazione nei termini della domanda di definizione dell’illecito edilizio,
l’oblazione interamente corrisposta, nonché il decorso di trentasei mesi dalla
data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti, di cui all’art.
38 comma 2° della legge 28 febbraio 1985 n. 47. Trascorso il suddetto periodo di trentasei mesi si prescrive il diritto al conguaglio od al rimborso spettante .
La norma ha chiaramente anche una finalità di accelerazione dei procedimenti,
cosicchè il mero decorso del tempo produce comunque un effetto estintivo dei
reati.
Ma cosa si intende per “oblazione interamente corrisposta” ??
Possono ipotizzarsi due distinte soluzioni al problema.
1° soluzione
La fattispecie estintiva si perfeziona con il decorso di 36 mesi dalla data del pagamento
dell’oblazione purché la stessa possa ritenersi congrua a seguito di un formale giudizio di
congruità della pubblica amministrazione oppure per effetto dell’intervenuta concessione in
sanatoria o dell’avveramento del silenzio-assenso.
Il giudice penale deve allora acquisire in ordine alla somma autoliquidata il giudizio di congruità od accertare comunque l’intervenuta concessione in sanatoria in forma espressa o tacita ed attendere i 36 mesi dalla data del pagamento della detta somma prima di dichiarare estinto il reato.
59
Vedi Cass. 3-12-2007, n. 44924. Per un’analisi completa delle cause di sospensione della
prescrizione sia consentito rinviare a F.IZZO- P.SCOGNAMIGLIO, La riforma della prescrizione, Napoli, 2006.
36
2° soluzione
La fattispecie estintiva si perfeziona con il decorso di 36 mesi dalla data del pagamento integrale della somma autoliquidata senza la necessità che la stessa sia oggetto di un formale
giudizio di congruità della pubblica amministrazione o che debba ritenersi congrua per effetto dell’intervenuta concessione in sanatoria o dell’avveramento del silenzio-assenso.
Il giudice penale deve soltanto attendere il decorso dei 36 mesi senza dovere acquisire né il
giudizio di congruità in ordine alla somma autoliquidata né accertare comunque l’intervenuta
concessione in sanatoria in forma espressa o tacita60.
La seconda soluzione appare preferibile ove si consideri la sostanziale illogicità del fatto di richiedere, oltre al requisito del decorso del termine, anche quello dell’accertata congruità della somma autoliquidata.
Ed, infatti, la norma prevede il termine di 36 mesi
- sia come elemento costitutivo della fattispecie estintiva
- sia come limite temporale entro cui il Comune deve accertare la congruità
della somma autoliquidata e chiedere l’eventuale conguaglio.
Da ciò consegue che il decorso del termine di 36 mesi, entro cui si prescrive il
diritto al conguaglio, nel rendere definitiva la somma autoliquidata, di fatto
sostituisce la funzione svolta dalla dichiarazione di congruità.
Richiedere allora l’ulteriore requisito della dichiarazione di congruità da parte
del Comune appare privo di senso.
Ed, infatti, un’eventuale formale dichiarazione di congruità successiva al decorso di tale termine sarebbe del tutto superflua, atteso che il decorso dei 36 mesi, nel prescrivere il diritto al
conguaglio, rende di per sé congrua la somma autoliquidata.
La situazione normativa del condono 2003 appare, dunque, ben diversa rispetto a quella dei precedenti condoni.
Ed, infatti, nella legge 47/85 il riferimento al termine dei 36 mesi entro cui si prescriveva il
diritto al conguaglio era del tutto sganciato dalla fattispecie estintiva dei reati ed era contenuto nel comma 18 dell’art. 35 subito dopo la descrizione dei presupposti per la formazione del
silenzio-assenso. Era, in particolare, previsto che dopo la formazione del silenzio-assenso,
che si formava con il decorso del termine perentorio di 24 mesi dalla presentazione della
domanda (previo pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed effettuata la presentazione all’UTE della documentazione necessaria all’accatastamento), il Co60
Per tali considerazioni si rimanda ancora una volta a LEONARDO F, relazione citata, p.
23 ss.
37
mune aveva altri 12 mesi per chiedere il conguaglio.
Analoga normativa operava anche per il condono ‘94 in virtù degli specifici rinvii operati dal
comma 1 dell’art. 39 L. 724/94.
Ed allora non essendo previsto il termine di 36 mesi come elemento costitutivo della fattispecie estintiva, la stessa poteva ben perfezionarsi anche in epoca antecedente al decorso del
termine dei 36 mesi a condizione che la somma autoliquidata fosse dichiarata congrua o dovesse ritenersi tale implicitamente per effetto dell’intervenuta concessione in sanatoria espressa o tacita.
Ora, invece, il comma 36 richiede, come elemento costitutivo della fattispecie estintiva,
l’ulteriore elemento del decorso dei 36 mesi dalla data da cui risulta l’oblazione interamente
corrisposta, per cui non si vede come la dichiarazione di congruità o la conclusione dell’iter
amministrativo in data antecedente al decorso dei 36 mesi possa far ritenere integrata la fattispecie estintiva normativamente definita.
Si ribadisce, sembra esservi
un totale sganciamento del procedimento amministrativo
dall’iter di perfezionamento della fattispecie estintiva del reato61.
2.8.L’ estinzione dei reati ambientali
L’ art. 32, comma 36, legge 269/2003 prevede che il decorso di trentasei mesi
dalla data da cui risulti il pagamento determina gli effetti di cui all’art. 38, 2°
comma, Legge 47/85, ossia l’estinzione dei reati urbanistici, sismici, relativi
alla violazione delle norme sul cemento armato etc…
Nulla dice sull’estinzione dei reati ambientali per i quali, sempre che si sia in
presenza di quegli interventi edilizi minori sopra descritti, l’ articolo 32 legge
47/85 statuisce che “ Il rilascio del titolo abilitativo edilizio, corredato da nulla osta, determina anche l’estinzione del reato”.
Ma cosa succede nei seguenti casi:
a) decorso del termine di trentasei mesi senza che l’amministrazione preposta
alla tutela del vincolo abbia rilasciato il nulla osta;
b) rilascio del nulla osta, ma senza la concessione in sanatoria.
Ebbene la legge 47/1985 non prevedeva in alcun modo l’estinzione dei reati paesaggistici in
virtù del conseguimento della sanatoria e solo il condono del 1994 (art. 39 della legge n. 724
del 23.12.1994) statuì al comma 8 che Nel caso di interventi edilizi nelle zone e fabbricati
61
Vedi considerazioni LEONARDO F, cit, p.28.
38
sottoposti a vincolo ai sensi della legge n. 1497/39 e del D.L. n. 312/85, conv. con mod. dalla L. n. 431/85, il rilascio della concessione edilizia o dell’autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela
del vincolo, estingue il reato per la violazione del vincolo stesso62.
In relazione al nuovo condono il comma 1° dell’art. 32 L. 47/85 prevede, ora,
analogamente a quanto previsto dal comma 8° dell’art. 39 L. 94/724,
l’estinzione del reato per la violazione del vincolo a seguito del rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria e del parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.
Di conseguenza se interviene il titolo in sanatoria, corredato dal nulla osta, è
pacifica l’estinzione del reato ambientale.
Nel caso in cui vi sia il nulla osta, ma non il rilascio del titolo in sanatoria, in
alcuni assunti della giurisprudenza di merito si è affermato che comunque il
decorso dei trentasei mesi produce l’effettivo estintivo dei reati urbanistici, dal
momento che il rilascio del nulla osta fa venir meno l’oggettività giuridica del
reato ambientale.
Si è sostenuto in tale prospettiva che non avrebbe sostanzialmente senso affermare che il reato ambientale non è estinto per il fatto che non è stato rilasciato il titolo abilitativo: infatti il mancato rilascio del titolo potrebbe dipendere da svariate ragioni, magari non rilevanti dal punto di vista penalistico (es:
più rigorosa legge regionale), ma non per ragioni legate al vincolo ambientale,
per il quale è intervenuto il nulla osta.
Specificamente si è affermato63:
Milita in tal senso ( nel senso ossia dell’estinzione del reato ambientale per il mero rilascio del nulla
osta ed il decorso dei trentasei mesi) l’art. 32 legge 47/85 per come modificato dal comma 43 dell’art.
32 della citata legge 326/03.
62
La giurisprudenza della Cassazione, in maniera pacifica in sede di applicazione
dell’articolo 39, comma 8, legge 724/1994, venne ad affermare che il conseguimento
dell’autorizzazione in sanatoria determinava l’estinzione dei reati paesaggistico-ambientali,
ossia delle fattispecie previste dalla legge 1089/39; art. 1 sexies L. 431/85; articolo 734 c.p..
Vedi tra le tante Cass. 10365/95; 473/95, 5404/96, 1228/96, 1150/98; Cass. 2420/97 e
11965/99).
63
Così espressamente Tribunale Paola n. 386/08 del 2-10-2008; vedi nello stesso senso an-
che Trib. Paola n. 458/08 del 20-11-2008.
39
Il Tribunale non ignora che il silenzio dell’amministrazione comunale, nei 36 mesi successivi al pagamento dell’ultima rata dell’oblazione, non va equiparato al rilascio del provvedimento abilitativi.
Né dimentica di correlare tale affermazione con la lettera 32 della l. 28 febbraio 1985,n. 47 nella parte
in cui l’estinzione del reato paesaggistico è conseguenza del rilascio del titolo abilitativo alla costruzione e non del mero decorso del tempo.
Tuttavia, l’interpretazione di tale articolo deve collocarsi nel complessivo contesto normativo della
legge di condono.
Sotto questo profili rileva, innanzitutto, la scelta del legislatore di disciplinare lo snodo delle vicende
penali in totale autonomia da quelle amministrative, prevenendo gli effetti della domanda di condono
sull’azione penale rispetto alla definizione amministrativa dell’illecito.
Soprattutto, è rilevante la volontà di favorire una pronta estinzione delle violazioni penali con offensività attenuata dall’assenza di un oltraggio sostanziale al territorio.
Con l’affermazione suddetta s’ intende fare riferimento non a fattispecie astratte di reati paesaggistici,
ma alla concretezza di situazioni specifich in cui la violazione formale ( mancata richiesta del nulla
osta prima di operare l’intervento edilizio) che è condotta atta di per sé ad integrare il reato contestato,
a seguito del rilascio del nulla osta paesaggistico, si appalesa inidonea a determinare anche una concreta offesa al patrimonio paesaggistico-ambientale.
L’intento del legislatore è reso manifesto dal comma 43 della legge 326/03.
Tale disposizione, da un lato, richiama una specifica ed eccezionale forma di estinzione del reato paesaggistico, dall’altro rafforza il profilo sostanziale della tutela della legge 431/85: con la modifica
dell’art. 32 legge 47/85 il vecchio “silenzio consenso” alla richiesta di nulla osta paesaggistico è sostituito dal “silenzio rifiuto”.
In questo contesto complessivo va letto l’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 nella parte in cui,
nonostante la modifica operata dal comma 43 della legge 326/03, continua a subordinare l’estinzione
del reato al “rilascio del titolo abilitativo…” e non al decorso del termine di 36 mesi.
Al Tribunale pare che ci si trovi di fronte ad un retaggio lessicale del vecchio art. 39 comma 8 legge
724/94 che non prevedeva che l’effetto estintivo dell’azione penale sui reati edilizi fosse determinato
dal mero decorso del tempo; succede così che il legislatore, nel modificare l’art. 32 della legge 47/85
in punto conseguenze del silenzio, abbia omesso di modulare l’evento estintivo del reato paesaggistico
sulla base dei criteri introdotti dalla legge di condono edilizio del 2003.
Tuttavia, pur in presenza di una tale eredità lessicale, la volontà del legislatore di disarticolare gli eventi amministrativi da quelli penali, proprio alla luce della introduzione del silenzio rifiuto volta ad
introdurre forme di controllo effettivo nelle zone sottoposte a vincolo, induce a ritenere che, nella
normativa di condono, sia stata data dal legislatore per scontata una sostanziale equipollenza, ai soli
effetti penali, fra il decorso dei termini di cui al comma 36 dell’art. 32 ed il rilascio del titolo abilitativo.
Una diversa interpretazione che voglia subordinare l’estinzione del reato paesaggistico all’effettivo
rilascio del titolo abilitativo, imporrebbe di giudicare ed eventualmente condannare l’imputato per il
reato ambientale pur avendo costui, seppur tardivamente, ma prima dei 36 mesi di cui al comma 36,
ottenuto il nulla osta paesaggistico ed essendo stato prosciolto dagli altri reati.
Non è chi non veda l’aberrazione insita in simile ipotesi.
40
Non solo la sussistenza del reato ambientale sarebbe determinata dalla mera inerzia
dell’amministrazione, ma, ed è quel, che in tal contesto argomentativi più conta, sarebbe determinata
dall’inerzia della pubblica amministrazione non rispetto al nulla osta ambientale, che la P.A. ha rilasciato, ma rispetto ala sanatoria edilizia.
Ed ancora: un futuro ipotetico espresso diniego del condono dovrebbe ancorarasi su dati diversi da
quelli ambientali (è stato rilasciato il nulla osta paesaggistico), con l’incongruenza che l’imputato, avendo commesso una violazione svuotata di offensività sostanziale sotto il profilo ambientale, ma non
sotto altri, si vedrebbe condannato per il primo reato e prosciolto per gli altri rispetto ai quali
l’efficacia del decorso del termine ha operato i suoi effetti estintivi prescindere dall’effettivo rilascio
del titolo abilitativo in sanatoria.
Ritiene, pertanto, il Tribunale che il lessico usato dal legislatore sia mero retaggio di pregressa normativa da ritenere superato attraverso una interpretazione estensiva degli effetti del
comma 36 dell’art. 32 nel senso sopra indicato.
La posizione appare indubbiamente suggestiva, ma vi è da segnalare in senso
contrario che non appare accolta dalla giurisprudenza della Cassazione che
sembra richiedere la necessità dell’ effettivo rilascio del permesso in sanatoria.
Ma cosa succede nell’ ipotesi in cui non sia intervenuta nemmeno il nulla- osta
ambientale?
Deve preliminarmente osservarsi che il nuovo testo dell’articolo 32 legge
47/85 qualifica espressamente tale silenzio come silenzio- rifiuto con possibilità di impugnare il silenzio entro centoottanta giorni dalla data di ricevimento
dela richiesta di parere.
Si è precisato che la condotta inadempiente dell’Amministrazione, protrattasi
per il termine stabilito dalla legge, assurge a presupposto processuale per consentire l’immediato accesso alla tutela e non dà luogo alla “fictio” di un provvedimento negativo sulla domanda del privato64.
Ciò posto, nell’ambito del processo penale sembra opportuno che il giudice
oneri l’interessato a produrre documentazione attestante lo stato dell’iter amministrativo della domanda e chiedere eventualmente al giudice un rinvio per
il perfezionamento della sanatoria, rinvio che, essendo su richiesta della difesa, sospende il termine di prescrizione ex art. 159 c.p65.
64
Cons. Stato 14-11-2006, n. 6705.
65
Vedi considerazioni al punto 2.6.
41
2.9. Il condono ambientale
La legge 15 dicembre 2004, n. 308 recante “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale
e misure di diretta applicazione”, ha previsto una speciale sanatoria per gli
abusi edilizi commessi in zone sottoposte a vincolo ambientale e paesaggistico.
Tale sanatoria si realizza attraverso una disciplina transitoria ed una definitiva.
Innanzitutto per quanto concerne gli abusi commessi prima del 30 settembre
2004, il comma 37 dell’art. 1 del provvedimento in esame, dispone la possibilità di sanare gli abusi realizzati entro e non oltre detta data, in assenza o in
difformità dell’autorizzazione paesaggistica, a condizione che le opere edilizie
realizzate ed i materiali utilizzati, seppure diversi da quelli indicati
nell’eventuale autorizzazione, rientrino tra quelli previsti ed assentiti dagli
strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o altrimenti siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico, ed inoltre che i trasgressori abbiano preventivamente pagato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 167 del
T.U. in materia di beni culturali di cui al D.Lgs. n. 42/2004 (il maggiore importo, determinato tramite perizia di stima, tra il danno arrecato ed il profitto
conseguito dalla trasgressione) maggiorata da un terzo alla metà, oltre ad una
sanzione pecuniaria aggiuntiva che va da un minimo di euro 3.000,00 ad un
massimo di euro 50.000,00.
Per accedere alla sanatoria sopra descritta occorreva presentare, entro il 31
gennaio 2005, apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo
(la Regione o, più spesso, il comune), finalizzata al conseguimento del parere
di compatibilità paesaggistica, rilasciato ovviamente dopo la conclusione dei
lavori, in contrasto con quanto previsto dall’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004,
che vieta autorizzazioni in sanatoria successive alla realizzazione di interventi
edilizi.
42
L’accertamento di compatibilità determina l’estinzione del reato previsto
dall’art. 181 D.Lvo n. 42/04 e di ogni altro reato in materia paesaggistica, ivi
compreso l’art. 734 c.p.
Accanto a tale sanatoria per gli abusi commessi sino al 30 settembre 2004 e la
cui domanda andava presentata entro il 31 gennaio 2005, viene introdotto un
regime agevolato per gli abusi edilizi di minore gravità, commessi dopo il 1°
ottobre 2004.
Per quanto riguarda invece la sanatoria degli abusi commessi dopo il 1° ottobre 2004, è stato introdotto il comma 1 ter al D.Lgs. 42/2004 prevedendo la
possibilità di sanare i seguenti abusi minori.
Si è cioè stabilito che:
1-ter. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'art.
167, qualora l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione il cui al comma 1 non si applica:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non
abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b)
per
l'impiego
di
materiali
in
difformità
dall'autorizzazione
paesaggistica;
c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi
dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
In questi casi il il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo
dell’immobile o dell’area interessata, dagli interventi di cui sopra, presenta
apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo, ai fini
dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi.
L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio
di 180 giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro
il termine perentorio di 90 giorni.
L’attenzione della giurisprudenza di legittimità si è però concentrata soprattutto sulla disposizionedi carattere transitorio inerente il cd. mini condono ambientale, relativo ai lavori realizzati entro il 30-9-2004.
Ci si è chiesti in particolare se tale previsione consentisse di ritenere sanati anche gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia.
43
La previsione normativa infatti non sembra porre limiti alle tipologie edilizie
ammesse alla sanatoria, apparentemente aprendo la strada alla estinzione di
qualunque intervento edilizio abusivo su beni paesaggistici.
Non vi è poi alcuna previsione di raccordo tra la legge 308/2004 e la legge di
poco precedente sul condono edilizio (L. n. 326/03), che invece, come abbiamo visto, limita la condonabilità ai soli interventi edilizi di minore rilevanza
(restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), con la conseguenza che tutti gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia realizzati entro il 30.9.2004 su beni vincolati sarebbero astrattamente
condonabili dal punto di vista paesaggistico e non condonabili dal punto
di vista edilizio.
Ne deriverebbe la estinzione del reato di cui all’art. 181 D.Lvo n. 42/04 e la
sopravvivenza del reato di cui all’art. 44 lett. c) DPR n. 380/01 con le relativem sanzioni demolitorie e la conseguenza inaccettabile ed iniqua della demolizione dell’opera, anche se sanata con riferimento al condono ambientale66.
Sul punto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità non sembra univoco.
Un orientamento minoritario ha ritenuto che la mancata previsione di limiti
all’intervento edilizio suscettibile di condono ambientale ha una sua logica e
una sua coerenza interna e si spiega con la natura eccezionale dell’intervento
normativo.
Si è al riguardo affermato che il legislatore, dopo avere introdotto con la legge in esame
per le zone vincolate una sanatoria a regime limitata agli abusi minori, ha voluto consentire
in via eccezionale una sanatoria ad amplissimo raggio, posto che quella limitata era stata già
prevista a regime e, d'altra parte, la stessa L. n. 326 del 2003, già in vigore consentiva nelle
zone vincolate la sanatoria degli abusi minori commessi fino a tutto il mese di marzo del
2003. Pertanto una sanatoria limitata ad interventi minori non avrebbe avuto senso giacché
tale sanatoria era già prevista in via generale con le modificazioni apportate all'art. 181 del
codice Urbani per mezzo del della L. n. 308 del 2004, art. unico, comma 36. Quindi, qualsiasi intervento realizzato entro il 30 settembre del 2004 nelle zone vincolate è suscettibile di
66
Vedi considerazioni di D’ AGOSTINO M, Condono edilizio e condono paesaggistico: in-
terferenze, tenuta il 21-4-2008 nell’ambito del corso di formazione decentrata n. 3169 dal titoloQuestioni problematiche in tema di urbanistica ed edilizia; indirizzi giurisprudenziali
44
sanatoria alle condizioni previste dalla legge ossia: a) che le tipologie edilizie realizzate ed i
materiali utilizzaticene se diversi da quelli indicati nell'autorizzazione, debbano rientrare tra
quelli previsti ed assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico, b) che i trasgressori abbiano previamente pagato la sanzione pecuniaria di cui del D.L. n. 42 del 2004, art. 167, maggiorata da un terzo alla metà. Nel rispetto delle anzidette condizioni qualsiasi intervento si
deve considerare sanabile. Tuttavia si deve rilevare che tale sanatoria per espressa disposizione della norma è limitata al reato di cui D.L. n. 42 del 2004, art. 181, e comunque ai reati
paesaggistici come ad esempio a quello previsto dall'art. 734 c.p., ma non si estende al reato
edilizio per la mancanza di norme di coordinamento. Invero, mentre la L. n. 326 del 2003,
art. 32, comma 43, n. l, ha espressamente previsto che "il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo", quella sul condono paesaggistico
non contiene alcuna previsione del genere. In mancanza di esplicita norma di coordinamento
non è possibile estendere la sanatoria anche al reato edilizio, specialmente se commesso dopo il 31 marzo del 2003 e prima del 30 settembre del 2004, giacché il condono edilizio e
quello paesaggistico si fondano su presupposti diversi quanto ai paramenti di valutazione
della compatibilità dell'opera. Invero, per la condonabilità dell'abuso edilizio, è richiesta la
conformità agli strumenti urbanistici vigenti; per quella dell'abuso paesaggistico la conformità agli strumenti di pianificazione paesaggistica ove vigenti,o,altrimenti al cosiddetto "contesto paesaggistico" Un'opera può essere conforme ai piani paesaggistici ma non agli strumenti
urbanistici e viceversa, giacché l'interesse paesaggistico è diverso da quello urbanistico, anche se si sta imponendo la tendenza a fare coincidere i due interessi (cfr ad esempio l'art. 145
67
del codice Urbani) .
Secondo la posizione che sembra maggioritaria invece il condono ambientale
sarebbe possibile per i soli abusi cd. minori.
Si è infatti rilevato che qualora gli stessi limiti si ritenessero non estensibili al
cd. "condono paesaggistico" si dovrebbe paradossalmente ipotizzare - per gli
interventi abusivi eseguiti in zona vincolata - la possibilità di estinzione dei soli reati paesaggistici e la sopravvivenza di quelli urbanistici che comportano
però, comunque, l'obbligo di demolizione68.
Manca allo stato, a quanto consta, un intervento delle Sezioni Unite cosicché
permane il contrasto giurisprudenziale, riferito peraltro alla normativa transitoria.
67
Così espressamente Cass. 22-5-2007, n. 19719; vedi anche Cass. 5-4-2006, n. 15946.
68
Così espressamente Cass. 13-9-2005,n. 33297; vedi anche Cass. 6-12-2007, n. 45597.
45
Non vi sono invece contrasti all’interno della giurisprudenza nel ritenere che il
condono ambientale introdotto dall'art. 1, commi 37, 38 e 39 L. n. 308 del
2004 estingue, per espressa disposizione della norma, esclusivamente il reato
di cui all'art. 181 D.Lgs. n. 42 del 2004 e gli altri reati paesaggistici, e non si
estende pertanto al reato edilizio per mancanza di norme di coordinamento69.
Ugualmente è pacifico che la presentazione dell'istanza di accertamento di
compatibilità paesaggistica per gli abusi commessi entro il 30 settembre 2004
(art. 1, comma trentasettesimo, L. 15 dicembre 2004, n. 308) non determina la
sospensione del procedimento penale in difetto di un'espressa previsione legislativa, non potendosi nemmeno estendere alla disciplina del condono paesaggistico l'effetto sospensivo previsto dalla disciplina del condono edilizio introdotta dal D.L. n. 269 del 2003 (conv. con modifiche in L. n. 326 del 2003), attesa la mancanza di qualsiasi collegamento tra le due discipline70.
La statuizione è di notevole rilevanza pratica perché, come visto sopra, nel caso in cui il giudice abbia sospeso il processo, tale sospensione deve essere
considerata inesistente e non rileva ai fini del calcolo del termine di prescrizione del reato.
69
Così espressamente Cass. 9-1-2008, n. 583; Cass. 10-5-2006, n. 15946.
70
Cass. 10-10-2007, n. 37311; Cass. 12-4-2006, n. 12923.
46
PARTE TERZA
LA LOTTIZZAZIONE ABUSIVA
3.1. La nozione di lottizzazione abusiva
In materia di sanzioni correlate agli illeciti urbanistici ed edilizi, tra i problemi
più controversi si pone quello relativo alla determinazione della nozione di lottizzazione abusiva ed in particolare all’individuazione degli elementi del reato
di lottizzazione abusiva, della natura giuridica e del momento consumativo di
esso.
E’ da premettere che prima dell’entrata in vigore della legge 47/85 nell’ambito della normatica che sanzionava gli abusi sotto il profilo amministrativo- non si rinveniva alcun riferimento specifico alla lottizzazione abusiva.
Le uniche norme di riferimento erano :
•
sotto il profilo civilistico l’articolo 31 della legge 1150/1942 che, dopo le modifiche introdotte dall’art. 10 della legge n. 765/1967, sanciva l’invalidità per gli atti di compravendita di terreni abusivamente lottizzati a scopo residenziale, qualora da essi risultasse
che l’acquirente non era a conoscenza della mancanza di una lottizzazione autorizzata;
•
sotto il profilo penalistico l’articolo 17 lett. B) legge 10/1977 conteneva una norma meramente sanzionatoria dell’inosservanza del disposto dell’articolo 28 della legge
1150/1942 che però non forniva una accezione definita del lottizzare, ma configurava
varie ipotesi aventi in comune l’elemento materiale di una durevole trasformazione urbanistica di una consistente porzione di territorio senza la contemporanea attuazione dei
servizi e delle infrastrutture necessarie per la razionalità e l’organico inserimento ambientale del nuovo insediamento. Ipotesi che si distinguevano fra loro in relazione alla
non lottizzabilità del terreno, alla mancanza di autorizzazione alla lottizzazione, alla non
autorizzabilità di essa etc…La fattispecie suscitava molte perplessità, anche sotto il profilo costituzionale, ritenendosi eccessivamente indeterminata la fattispecie incriminatri-
47
ce.
In questo quadro interviene l’articolo 18, 1° comma, della legge 47/1985- testualmente riprodotto dall’articolo 30 T.U. n. 380/2001 che fornisce una duplice definizione della lottizzazione abusiva dei terreni, ricollegando la stessa:
a) ad un’ attività materiale, quando vengono iniziate opere che comportino
trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti od adottati, o comunque
stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione;
b) ad un’ attività giuridica, quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento o la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti
che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura
del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il
numero, l’ubicazione o l’eventuale previsione di opere di urbanizzazione
ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non
equivoco la destinazione a scopo edificatorio71.
L’ordinamento punisce la lottizzazione abusiva con sanzioni amministrative (
il dirigente o responsabile del competente ufficio comunale è tenuto ad emettere ordinanza di sospensione che può avere ad oggetto sia l’eventuale interruzione delle opere in corso, che il divietro di disporre per atto tra vivi delle oper
emesedime e dei terreni interessati), sanzioni civilistiche (la nullità degli atti
avente ad oggetto i terreni ai quali non sia allegato il certificato di destinazione
urbanistica), sia sanzioni penali ed è su queste che accentreremo la nostra attenzione.
3.2. Il reato di lottizzazione abusiva
71
Per un approfondimento della tematica della lottizzazione abusiva v. FIALE, Diritto urba-
nistico,Napoli, 2006, p. 1091 ss.
48
La lottizzazione abusiva è punita, ai sensi dell’articolo 44 lettera c) dpr
380/01, con la pena dell’ arresto fino a due anni e l’ammenda da euro
30.986,00 ad euro 103.290,00.
Riguardo la natura giuridica della fattispecie, partendo dal presupposto che
l’oggetto della tutela penale va identificato con l’assetto urbanistico ed edilizio
del territorio, in funzione della pianificazione del comune, la dottrina dominante ha ritenuto trattarsi di un reato di pericolo, evidenziando che ciò che rileva è la possibilità che il territorio stesso subisca una trasformazione di carattere urbanistico non prevista, o diversa da quella prevista dall’autorità comunale (CICALA).
In particolare la contravvenzione di lottizzazione negoziale, rientra nella categoria dei reati di pericolo astratto, ovvero fra quegli illeciti la cui condotta è
ritenuta pericolosa, sic et simpliciter, dal legislatore, in base alla considerazione, derivata dall’esperienza, che determinati comportamenti espongono a rischio il bene protetto dalla norma72. Infatti, accertati il frazionamento e la vendita di
un terreno, e purché ricorrano quegli elementi di sospetto o indiziari elencati dalla norma, il
reato è perfetto anche se dovesse risultare da altre circostanze che gli acquirenti non avevano
intenzione di intraprendere alcuna attività costruttiva73.
In passato la giurisprudenza affermava che si era in presenza di una contravvvenzione di tipo doloso in cui era ncessario che l’evento fosse previsto e voluto dal reo quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria
diretta a limitare e a condizionare, con ostacoli di fatto e di diritto, la riserva
pubblica di programmazione territoriale74.
Tale posizione sembra superata dalla più recente giurisprudenza la quale ha evidenziato come il reato di lottizzazione abusiva non si configura come una contravvenzione esclusivamente dolosa, atteso che potendo realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione a lottizzare sia per contrasto con le prescrizioni di legge o con gli strumenti urbanistici, la stessa, sia nella forma negoziale che materiale, può essere
commessa anche per colpa75.
72
V. anche CASSANO-ATERNO, op.cit,. p. 122.
73
Cass. 10-5-1988, n. 5766.
74
Cass. 28-2-1990, n. 5195.
75
Cass. 31-10-2004, n. 33916; Cass. 12-10-2005, n.36940
49
3.3. Il concorso di persone nel reato di lottizzazione abusiva
La contravvenzione di lottizzazione abusiva, materiale e cartolare, è suscettibile di essere posta in essere da più persone in concorso tra loro, attraverso lo
svolgimento di attività diverse e, da un certo punto di vista, autonome.
Se nel reato di lottizzazione abusiva materiale il concorso di persone si presenta come eventuale, nella lottizzazione abusiva cartolare, invece, la compartecipazione è obbligatoria poiché si tratta di reato necessariamente plurisoggettivo
per cui è necessario che compaia almeno un venditore ed un acquirente.
In adesione alla teoria del reato di lottizzazione abusiva, come reato comune,
si ritiene che i soggetti attivi del reato non possono essere ristretti all’interno
di una categoria ben definita, così accanto all’acquirente ed al venditore, avremo i diversi professionisti che avranno partecipato alla procedura di lottizzazione, come ingegneri, architetti, geometri e professionisti, i quali avranno
avuto un ruolo nella fattispecie delittuosa che si sta esaminando76.
Schematizzando si può affermare che soggetti attivi del reato possono essere:
• proprietario del terreno abusivamente frazionato a fini edificatori;
• acquirente dei lotti frazionati, anche qualora non abbia dato inizio a concreta attivtà di edificazione, sempore che sia consapevole dell’abusività
della lottizzazione operata dalla parte venditrice77;
• tutti coloro che- sia frazionando inizialmente il terreno sia predisponendo
la zona all’insediamento futuro- contribuiscono alla programmazione ed attuazione della lottizzazione, ivi compresi i professionisti che svolgono attività di consulenza78 e coloro che si occupano delle vendite;
76
Così espressamente CASSANO-ATERNO, p. 125.
77
Cass. 13-7-1995, Giust. Pen, 1996, II; 350.
78
Cass. 30-6-1987, Riv. Pen, 1988, 241 sulla responsabilità del geometra che per incarico
del proprietario di un terreno abbia proceduto allo lottizzazione in contrasto con i piani urbanistici
50
• dirigente comunale che abbia autorizzato illegittimamente l’intervento in
mancanza di un presupposto legale per il rilascio dell’autorizzazione79.
Nel caso in cui gli acquirenti vendano, a loro volta, il fondo acquistato, è necessario distinguere due diverse eventualità: la prima si verifica allorquando
l’originario acquirente decida in seguito di vendere l’immobile, che aveva precedentemente acquistato, senza frazionarlo ulteriormente; la seconda eventualità rimanda alla situazione che si verifica quando il terreno, già frazionato in
lotti più piccoli, è rivenduto separatamente a più soggetti.
Nella prima ipotesi si palesa una situazione di fatto per cui, mancando una
nuova suddivisione o un frazionamento dell’immobile in lotti più piccoli, si ritiene che la vendita sia penalmente irrilevante per il nostro ordinamento giuridico, mentre nella seconda ipotesi è evidente che ci si trova in un contesto sostanzialmente diverso in cui si configura chiaramente un’ipotesi di protrazione
del reato di lottizzazione abusiva (MENDOZA).
3.4. La confisca dei terreni abusivamente lottizzati
L’articolo 44, 2° comma, T.U. n. 380/2001- che riproduce testualmente
l’articolo 19 legge 47/85- impone al giudice penale l’obbligo di disporre la
confisca dei terreni abusivamente lottizzati, nonché delle opere eventualmente
realizzate sugli stessi.
Per effetto della confisca, i terreni e le opere sono acquisite di diritto e gratuitamente al patrimonio disponibile del Comune nel cui territorio è avvenuta la
lottizzazione abusiva.
La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.
È discussa la natura giuridica dell’istituto della confisca dei beni oggetto di
lottizzazione abusiva.
79
Cass. 14-6-2002, Drago.
51
Secondo un primo indirizzo dottrinale, si tratterebbe di una misura di sicurezza
patrimoniale riconducibile alla previsione di cui all’art. 240, comma 1, C.P,
ma tale tesi appare decisamente da respingere ed a ben guardare la confisca in
esame, è un istituto giuridico del tutto diverso dall’ipotesi prevista e punita
dall’art. 240 C.P.
Innanzitutto, la confisca dei terreni presenta come caratteristica fondamentale,
quella di essere obbligatoria, e non facoltativa come la fattispecie regolata dal
Codice Penale, all’art. 240.
Per quanto attiene alla sua applicazione concreta, questa prescinde da un giudizio di pericolosità, discendendo piuttosto ed immediatamente dalla mera valutazione della sua antigiuridicità80.
Inoltre i terreni e le opere vengono acquisiti al patrimonio immobiliare del
comune e non a quello statale come avviene per la confisca codicistica, configurandosi una espropriazione a favore dell’autorità comunale in luogo di quella a favore dello Stato81.
Sembra pertanto potersi affermare che la confisca in esame sia una sanzione
amministrativa obbligatoria, irrogata dal giudice penale in funzione di supplenza rispetto alla pubblica amministrazione, connessa alla oggettiva illiceità
della cosa, da colpire perciò presso chiunque la detenga a qualsiasi titolo, e
quindi anche presso terzi i quali, se estranei al reato ed acquirenti in buona fede, possono far valere i loro diritti in sede civile82.
La confisca si avvicina quindi all’ordine di demolizione dell’ordine di demolizione previsto dall’art. 31, ultimo comma, T.U. 380/2001, ma a differenza di
quest’ ultimo deve essere ordinata non solo in seguito a pronuncia di condanna, ma ogni qualvolta venga accertata l’esistenza di una lottizzazione abusiva,
con esclusione della sola ipotesi dell’assoluzione per insussistenza del reato83.
80
V. considerazioni di CASSANO-ATERNO, op. cit, p.130; in giurisprudenza Cass. 4-10-
2004, n. 38728; Cass. 27-10-2004, n. 41757.
81
Così espressamente Cass. 4-10-2004,n. 38728
82
Cass. 22-3-2005, n. 17424
83
Cass. 6-5-1999, n.777; Cass. 21-2-2003,n. 8557; Cass. 14-12-2000, n. 12999; Cass. 28-9-
1995,n. 1089.
52
Se è pacifico che la confisca può trovare applicazione anche in sede esecutiva84, ma è discusso se possa farsi luogo alla stessa una volta che l’autorità
amministrativa abbia autorizzato un intervento che pur inizialmente configurava ipotesi di lottizzazione.
Secondo un orientamento di legittimità85 i provvedimenti amministrativi che,
dopo il passaggio in giudicato della sentenza concernente il provvedimento di
confisca, mutano la destinazione delle aree o comunque consentono ciò che
anteriormente era vietato, non solo non elidono l’illiceità della condotta oggetto della condanna, ma non possono icidere sull’esecuzione del trasferimento di
proprietà del bene che costituisce conseguenza indefettibile della confisca.
Questa posizione è respinta da un orientamento più recente che afferma la possibilità di revoca della confisca in sede esecutiva, laddove l’amministrazione
adottio un piano dsi recupero urbanistico dell’area interessato o autorizzi successivamente la lottizzazione, fermo restando le responsabilità penali in capo
ai lottizzatori86.
E’ invece pacifica l’inapplicabilità alla lottizzazione abusiva del condono edilizio o dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36 dpr 380/0187 .
Sul punto sono state sollevate anche questioni di legittimità costituzionale, ma
la Corte costituzionale con sentenza 21-4-1994, n. 14888 ha statuito che la lottizzazione abusiva costituisce una forma di intervento ben più incisiva, per
ampiezza e vastità, di quanto non sia la costruzione realizzata in difformità o
in assenza di concessione, con compromissione molto più grave, nel caso di
lottizzazione, della programmazione edificatoria del territorio stesso.
Secondo il Giudice delle Leggi è ben comprensibile che il legislatore, il quale
gode di ampia discrezionalità nello stabilire comportamenti costituenti reato e
84
Cass., 18 –5-1999, Negro; Cass. Sez. III, 8-11-2000, Petrachi, Riv. Giur. Ed, 2001, I, 529
sull’ impossibilità per il giudice di applicarla d’ ufficio.
85
Cass. 8-2-2002, Montalto, Questione giustizia, 2002, 936.
86
Cass. 29-12-2005, n. 47272; in passato nello stesso senso Cass. 20-3-1998, Stea, Riv. Giur.
Ed, 1998, I, 1251.
87
Cass., sez. III, 4-4-2003, bertelli; Cass. 19-9-1996, Urtis, Riv. Pen, 1997, 177; Cass. 8-11-
2000, Petrachi, Riv. Giur. Ed, 2001, I; 529.
88
La si trova in Cass. Pen., 1994, 2379-
53
nel fissare le relative sanzioni, abbai voluto riservare alle due fattispecie uin
diverso trattamento anche dal punto di vista delle cause di estinzione del reato.
3.5. Confisca e terzi
Un problema piuttosto delicato riguarda il rapporto tra confisca di cui
al’articolo 44 dpr 380/01 e terzi estranei al reato.
Ebbene la giurisprudenza afferma concordemente che la confisca colpisce ance i terzi acquirenti in buona fede i quali potranno far valere i loro diritti in sede civile nei confronti del dante causa responsabile, atteso ce trattasi di una
sanzione amministrativa a natura reale e non personale applicata indipendentemente da una sentenza di condanna e sul solo presupposto dell’ accertamento giurisdizionale di una lottizzazione abusiva89.
Infine va osservato che per quanto concerne il ricavato della vendita dei lotti
abusivamente formati, si ritiene che lo stesso sia suscettibile di confisca facoltativa ex art. 240, 1° comma, c.p., trattandosi di “ profitto” del reato di lottizzazione abusiva90.
Dott. Paolo Scognamiglio
Tribunale di Paola
89
Cass. 21-3-2005, ord. N. 10916; rv. 230984; Cass. 4-12-1995, Riv. Giur. Ed, 1996, I,
1116; Cass. Sez. III, 4 aprile 1995, Marano; Cass. 7-7-2004, Lappara, Guida diritto, 2004,
fasc. 48, 84.
90
Cass. 29-5-1985; nel senso che il ricavato costituisca il prezzo della lottizzazione abusiva
Trib. Siracusa, 10 dicembre 1979, Foro it., 1980; II, 543 citata da FIALE, Diritto urbanistico, Napoli, 2006, p. 1120 cui si rinvia per approfondimenti.
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PARTE PRIMA
I REATI EDILIZI
1.1. I reati edilizi. Le principali norme di riferimento......................... 2
1.2. La previsione di cui all’articolo 44 lett. A) dpr 380/01 ................. 3
1. 3. L’articolo 44 lettera b) .................................................................... 4
1.3.1.Totale difformità dal permesso di costruire..................................... 5
1.3.2. Lavori in assenza del permesso di costruire................................... 6
1.3.3.Prosecuzione dei lavori dopo l’ ordine di sospensione ................... 8
1.4.Interventi abusivi nelle zone sottoposte a vincolo .......................... 9
1.5. Soggetti attivi dei reati edilizi. Questioni controverse. ............... 11
1.5.1. Il proprietario................................................................................ 11
1.5.2. I tecnici: Direttore dei lavori e progettista................................... 13
1.6. La sentenza di condanna e l’ordine di demolizione .................... 15
PARTE SECONDA
LA DISCIPLINA DEI CONDONI
2.1. Il condono edilizio di cui alla legge 326/2003............................... 21
2.2. Le opere sanabili............................................................................. 22
2.3. Gli abusi non sanabili. L’articolo 32 legge 269/2003................... 22
2.4. Poteri delle Regioni in campo urbanistico e rilevanza ai fini
penalistici................................................................................................ 24
2.5. Presentazione della domanda di condono e sospensione del
procedimento penale ............................................................................. 27
2.6. L’area operativa della sospensione ex art. 38 e 44 l. n. 47/1985 32
2.7.Il decorso dei trentasei mesi e l’estinzione dei reati..................... 35
2.8.L’ estinzione dei reati ambientali .................................................. 37
2.9. Il condono ambientale.................................................................... 41
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PARTE TERZA
LA LOTTIZZAZIONE ABUSIVA
3.1. La nozione di lottizzazione abusiva .............................................. 46
3.2. Il reato di lottizzazione abusiva .................................................... 47
3.3. Il concorso di persone nel reato di lottizzazione abusiva .......... 49
3.4. La confisca dei terreni abusivamente lottizzati........................... 50
3.5. Confisca e terzi ............................................................................... 53