Quale ruolo ha la religione nei processi migratori?

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Quale ruolo ha la religione nei processi migratori?
Quale ruolo ha la religione nei processi migratori?
di Annemarie Dupré
“Migrazione e religione in un mondo globalizzato”
Organizzazione Internazionale per le Migrazioni
Rabat (Marocco), 5-6 dicembre 2005
Questo tema può essere guardato da molte prospettive differenti. Io mi concentrerei sul ruolo delle
chiese cristiane, e specificatamente baserò le mie riflessioni sulle esperienze fatte all'interno del
lavoro per la Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (CCME). Tale Commissione
rappresenta le chiese protestanti e ortodosse europee attive nel lavoro di difesa dei diritti e di
integrazione dei migranti e dei rifugiati. Nel CCME la questione religiosa trova una collocazione nel
programma “Unità nella diversità”. Io stessa appartengo alla minoranza delle chiese protestanti in
Italia e questa appartenenza si rifletterà nel mio contributo. Svilupperei due aspetti del tema
assegnatomi dagli organizzatori di questa conferenza:
I. Quale ruolo ha la religione nella vita dei migranti?
II. Quale potrebbe essere il ruolo delle chiese cristiane in questo ambito?
I. Quale ruolo ha la religione nella vita dei migranti?
La religione svolge un ruolo su differenti livelli nella vita della società:
− può essere semplicemente una questione molto personale della vita spirituale di ogni individuo;
− può essere la ragion d'essere della comunità;
− a livello statale, può essere uno strumento per la coesione politica e sociale o al contrario uno
Stato può scegliere di relegare le questioni religiose completamente alla sfera privata. Essa
può anche diventare una delle maggiori cause di conflitti interni ad uno Stato.
Tutti e tre gli aspetti potrebbero giocare un ruolo nei processi migratori. Ci sono implicazioni
individuali, ma anche la vita della collettività e la coesione interna di un paese potrebbero essere
influenzate da questo fattore.
1. La religione e l'individuo:
a) religione ed identità
Per molte persone la religione è una componente della loro identità. Uno specifico credo è parte
della vita di ognuno. Gli insegnamenti, le tradizioni e le abitudini di una specifica religione
influenzano queste persone nei loro comportamenti, nel loro modo di affrontare le situazioni e nelle
modalità con cui si relazionano l'uno con l'altro. Il sistema personale dei valori si baserà sulla
religione alla quale una persona appartiene. La religione può essere una parte importante di un
individuo ed anche se una tale persona emigrerà in un altro paese porterà con sé questi elementi
di fede. Anche se privato di tutte le ricchezze materiali questo capitale religioso accompagnerà il
migrante. E' risaputo che la religione può diventare una parte importante dell'identità di un
migrante, anche se, fino al momento in cui lascia il proprio paese, ha dimostrato ben poco
interesse nei riguardi delle questioni religiose. Nella nuova situazione, avendo lasciato alle spalle
la famiglia e i legami sociali e sentendo il bisogno di difendere la sua identità, la religione diventa
un fattore importante. Dipende da quello che una persona troverà nel paese ospitante, se questa
parte di identità diventerà un elemento positivo o negativo nel personale processo di integrazione.
La religione diventerà un fattore di isolamento o una possibilità di trovare un senso di
appartenenza? La fede e la religione potrebbero diventare uno strumento e un'opportunità per
sperimentare un'identità transnazionale. Il migrante potrebbe trovare un modo per definire per sé
una nuova identità, fatta di componenti da entrambe le società. Questa non dovrebbe essere solo
un sunto di due culture ma qualcosa di nuovo, che possa essere importante per entrambe le
società. La precondizione è una società ospitante aperta e accogliente, dove anche le comunità di
fede locali praticano questi valori.
b) La religione può giocare un ruolo in molti aspetti della vita quotidiana
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Le convinzioni religiose e le regole influenzano quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana di ogni
credente: anche questioni legate alla salute e alla cura della salute possono essere toccate. Per
esempio, le donne migranti potrebbero trovare difficile l'accesso ai servizi sanitari a causa della
loro educazione religiosa. L'educazione dei bambini dipende molto dai valori religiosi, così come
tutte le questioni della vita familiare. Il ben noto conflitto tra la prima e la seconda generazione
nelle comunità dei migranti è anche una conseguenza di questo fatto. Le leggi religiose
influenzano le condizioni di lavoro, il ritmo del lavoro quotidiano e il tempo libero; le regole
dell'abbigliamento e quelle relative al cibo potrebbero non permettere alle persone di lavorare in
determinati posti. La questione della parità di diritti tra uomini e donne potrebbe creare situazioni
critiche.
2) Religione e vita collettiva
Spesso la religione non è solo una convinzione personale; al credente potrebbe essere richiesto di
partecipare attivamente alla vita della comunità, come parte irrinunciabile della sua fede. Se questi
credenti emigrano all'estero, cercheranno con forza di trovare e ricostruire nel paese ospitante una
comunità dove vivere la loro fede.
Le comunità religiose dei migranti possono avere un ruolo positivo o negativo all'interno del
processo di integrazione. Nella prima fase di integrazione, esse potrebbero far sentire a casa il
migrante e offrirgli un senso di appartenenza, di sicurezza e di mutuo supporto, ma se queste
comunità sono chiuse e/o emarginate dalla società ospitante si creeranno ghetti e situazioni
controproducenti per il processo di integrazione. Potrebbero nascere società parallele e la
comunicazione con la società ospitante potrebbe diventare difficile.
Dall'altro lato, se una tale comunità di fede è aperta o anche mista, con membri migranti e
autoctoni, accomunati dalla stessa fede, essa potrebbe diventare un ponte e permettere un
processo di integrazione più armonico.
Infine, la comunità religiosa svolge un ruolo importante nel direzionare i movimenti migratori. E'
risaputo che i migranti spesso scelgono il paese o anche la città in base ai legami religiosi che
hanno in quel posto.
Potrebbero sapere che in una determinata città vive una comunità che professa lo stesso credo e
dove sarà più facile sentirsi a casa e ricevere sostegno. In questo modo la religione potrebbe
anche diventare un fattore di attrazione per le migrazioni. Mi riferisco, per esempio, alla migrazione
dei cristiani dal Medio Oriente.
3) Religione e Stato
Per lungo tempo la società è stata considerata un tutto omogeneo. I governi non hanno
considerato la questione della religione come una priorità, nonostante nessuna società sia mai
stata totalmente omogenea. Le migrazioni sono sempre esistite ed oggi sono un fattore strutturale
di tutti gli Stati e tutti devono far fronte a società eterogenee e, dopo gli eventi dell'11 settembre a
New York, la questione religiosa è diventata una questione all'interno delle politiche migratorie.
Il ruolo della religione all'interno di un sistema legale e il funzionamento di uno Stato sono molto
diversi nelle differenti parti del mondo. Può esserci una totale divisione tra religione e stato o
possono esserci altri stati dove la religione è un fattore dominante nella legislazione e per il
funzionamento di tutte le istituzioni. In entrambi i casi possono esserci diversi approcci alla
questione. I problemi possono acuirsi se i migranti che provengono da un determinato sistema
devono far fronte ad una situazione opposta nel paese ospitante. Un esempio potrebbe essere
quello di una persona o di una comunità che proviene da uno Stato dove vige la legge della Sharia
e che si trova a vivere in uno Stato secolarizzato del mondo industrializzato. I bisogni religiosi, le
forti convinzioni e i valori che la persona si porta dietro potrebbero creare conflitti con la
legislazione e il modo di vivere nel paese ospitante. La coesione sociale potrebbe essere a rischio.
Questo diventa anche più importante se le istituzioni religiose del paese di origine continuano ad
influenzare la vita delle comunità dei migranti nel paese di immigrazione.
Come abbiamo visto prima, la religione può essere importante in tutti gli aspetti della vita
quotidiana e, quindi, la legislazione e la pubblica amministrazione dovranno tenere conto di questa
questione. Nelle scuole e in tutte le istituzioni educative il problema potrebbe acuirsi. Menziono
solo la questione delle scuole di matrice religiosa che sono di importanza fondamentale per
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diverse comunità di fede, ma anche il commercio e l'industria potrebbero essere influenzati dal
comportamento del consumatore basato su regole religiose; lo stesso potrebbe valere per il lavoro
culturale e scientifico.
Riassumendo queste riflessioni si può dire:
1) i migranti hanno bisogno di esprimere e vivere il loro credo religioso. Questo può essere un
mezzo per la loro stabilizzazione e può evitare la marginalizzazione, mentre la perdita
dell'identità religiosa porterebbe alla perdita dei valori etici e questi migranti potrebbero
essere anche più disorientati e sradicati nel paese ospitante.
2) Le comunità religiose simili della società ospitante e delle comunità di migranti dovrebbero
promuovere lo scambio e la condivisione e diventare così un ponte per l'integrazione,
evitando la marginalizzazione e la frustrazione delle comunità di fede dei migranti e
riducendo il rischio di processi di radicalizzazione. Il CCME sta lavorando in questa
direzione con il programma “Unità nella diversità – Essere Chiesa Insieme”.
3) Le comunità religiose della società ospitante potrebbero essere arricchite dal contributo
delle comunità religiose dei migranti. Le esperienze interculturali possono essere praticate
ed eventualmente trasferite in altri settori della vita sociale. Il cosiddetto capitale sociale, di
fondamentale importanza per la coesione sociale, sarà incrementato se il fattore religioso
legato ai movimenti migratori viene gestito correttamente. Tutte le componenti della società
civile e i governi dovranno lavorare insieme per perseguire questo scopo.
II. Quale potrebbe essere il ruolo delle chiese cristiane in questo ambito?
a) Perché le chiese dovrebbero sentire il bisogno o il desiderio di diventare attive in questo
campo?
Le chiese sono comunità di fede e come tali hanno un mandato religioso che le fa agire. La base
del mandato cristiano è un libro, la Bibbia, e da questo testo in un processo teologico i cristiani
hanno elaborato il loro codice di comportamento. Per quanto riguarda i migranti, ci sono regole
precise che le chiese dovrebbero rispettare. Ne menziono solo alcune:
1) la dignità umana deve essere rispettata in ogni caso e in ogni situazione;
2) il cristiano dovrebbe amare il suo prossimo e i migranti potrebbero diventare il suo
prossimo;
3) i migranti devono essere accolti e protetti;
4) tutti gli esseri umani sono “cittadini nella famiglia di Dio”, il che significa che essi sono
uguali e hanno diritti e doveri come cittadini, non sono solo ospiti o “Gastarbeiter”;
5) i cristiani sono convinti che esiste un verità suprema di cui solo Dio è possessore. Gli esseri
umani hanno solo una visione parziale di questa verità. Quindi i cristiani devono rispettare
le convinzioni altrui, anche se queste non corrispondono alle loro;
6) la fede cristiana ha allo stesso tempo un approccio universalistico, credendo nella Chiesa
Universale e dall'altra parte la spiritualità individuale è parte di una fede personale.
Entrambi gli aspetti sono parte dell'identità cristiana.
b) Il ruolo delle Chiese può essere osservato da due punti di vista:
in base al loro credo, le chiese potrebbero essere coinvolte nel campo delle migrazioni in differenti
modi:
1) in riferimento alla protezione della dignità umana, dei diritti e della libertà, le chiese
potrebbero diventare parti attive della società, similmente ad altri attori sociali;
2) le chiese potrebbero agire anche come comunità di fede, che hanno il loro credo in comune
con quello di certe comunità di migranti.
1. Le chiese come protagoniste attive nella società per la difesa dei diritti dei migranti e
dei rifugiati.
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Le chiese sono comunità di fede e come tali si sentono parti responsabili della società civile
organizzata. Esse non possono vivere in un ghetto spirituale. Questa responsabilità all'interno
dello Stato le rende protagonisti attivi per quanto riguarda la coesione sociale.
Esse intendono essere coinvolte nella difesa per il rispetto dei diritti umani e della dignità delle
persone. Esse dovrebbero farlo alle stesse condizioni di altre componenti della società e non
dovrebbero rivendicare uno status privilegiato – questa alla fine è la posizione di molte chiese
protestanti - Lavorando per questioni di giustizia sociale ed economica, non distingueranno tra i
migranti della loro stessa fede e quelli che appartengono ad altri credi.
Lavoreranno in due direzioni:
aa) nel lavoro di difesa per una politica e una legislazione su immigrazione e asilo;
bb) su programmi di solidarietà a sostegno dei singoli individui.
aa) Difesa
Per quanto riguarda la politica migratoria, le chiese si adopereranno per promuovere una corretta
politica migratoria che rispetti i valori come i diritti umani, la solidarietà, la condivisione, la non
discriminazione. - So che qui sto parlando fuori da una tipica posizione del mondo occidentale
industrializzato - In molte parti del mondo, le chiese non hanno la possibilità e la libertà di agire in
questo modo.
Come rappresentante della Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (CCME) potrei
menzionare l'impegno politico a livello europeo, principalmente con l'Unione Europea e il Consiglio
Europeo. Il CCME ha preparato un documento con dodici criteri fondamentali per una corretta
politica su immigrazione e asilo. Esso si oppone alle direttive europee sul ricongiungimento
familiare, che non rispettano i diritti dei bambini e il diritto di vivere in famiglia. Le misure antidiscriminazione sono state un'importante questione del nostro impegno, così come la lotta al
traffico di esseri umani.
Riguardo alle questioni religiose, le chiese dovranno impegnarsi sul tema della libertà religiosa,
non solo quella delle proprie comunità ma anche quella di altri credi e comunità di fede. Le chiese
devono insistere su una corretta legislazione in materia di libertà religiosa. Deve esserci il pieno
rispetto di tutte le minoranze religiose, non solo quelle cristiane. In questo contesto, si inserisce
l'intero dibattito sui valori comuni e sul modo in cui comunità di fede distanti possano avanzare il
loro diritto a promuovere certe regole religiose che potrebbero sembrare incompatibili con i valori
che sono percepiti come fondamentali nella comunità ospitante. Deve essere trovato un equilibrio
tra la libertà religiosa di una certa comunità religiosa e i valori fondamentali e la libertà di tutti gli
altri cittadini e comunità che lo Stato deve proteggere.
bb) Solidarietà e sostegno ad ogni individuo
In Europa, le chiese promuovono i loro programmi di sostegno ai migranti al fine di permettere la
loro integrazione e il pieno accesso ad eguali diritti in tutti i settori della vita civile. Gestiscono
programmi per la casa, l'educazione, l'accesso al mercato del lavoro, sportelli di ascolto e
orientamento socio-legale per migranti e rifugiati e sostengono le associazioni di migranti.
Promuovono scuole di lingua e corsi per la formazione professionale, sostengono i rifugiati che
desiderano studiare all'Università. Gestiscono case per i rifugiati e per i minori non accompagnati,
per le madri con bambini piccoli e altri gruppi vulnerabili. Proteggono le donne che sono state
vittime di tratta e violenza.
c) Le chiese delle società ospitanti in collaborazione con le chiese migranti cristiane: “Unità
nella diversità – Essere Chiesa Insieme”.
Quando i migranti e i rifugiati confessano lo stesso credo di una chiesa dello Stato ospitante si
presenta una situazione particolare. Molti migranti sono cristiani. In questo caso, non parliamo di
assistere i migranti per bisogni sociali o di dare loro assistenza legale per difendere i loro diritti. Il
legame qui è totalmente diverso, è un legame spirituale con importanti implicazioni teologiche.
I migranti che sono cristiani e appartengono alle nostre chiese non sono ospiti ma membri delle
nostre chiese. Questo è importante da specificare.
E' una grande opportunità che nella chiesa possiamo incontrarci sullo stesso piano. I livelli
economici, sociali o culturali non dovrebbero essere di nessuna importanza. Siamo partner con
uguali diritti e doveri. Questo potrebbe suonare piacevole ed è la condizione fondamentale delle
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chiese.
Tuttavia la realtà non è sempre così. Parlando da un punto di vista europeo, so molto bene che le
nostre chiese nei paesi ospitanti non sempre si comportano secondo questa affermazione. Molto
spesso affrontiamo la questione ancora come una questione di assistenza protettiva e non
consideriamo le questioni più profonde, come la collaborazione e l'empowerment.
Le chiese migranti pongono interrogativi sul nostro modo di essere chiesa. Il processo missionario
comincia ad essere invertito. Non va più secondo la tradizionale direttrice dal Nord verso il Sud,
perché i cristiani dell'emisfero meridionale spesso hanno una attitudine missionaria molto forte nei
confronti del secolarizzato mondo industrializzato. Non è sempre facile accettare questo. Un
migrante cristiano che accetta di essere un ospite nella mia comunità è benvenuto ma se lui o lei
desidera essere un membro a pieno titolo e partecipare anche ai processi decisionali, sorgono dei
problemi. Se questi migranti cristiani desiderano cambiare la nostra liturgia o introdurre un nuovo
pensiero teologico, molte chiese europee incontrano delle difficoltà e potrebbero tentare di fermare
questo processo.
All'interno delle chiese cristiane in Europa un simile processo sta prendendo piede così come
nell'intera società europea. Come possiamo vivere insieme in un contesto multi o interculturale? Le
chiese probabilmente hanno una responsabilità anche più grande nel trovare delle modalità,
poiché questo è parte del loro credo “... non più ospiti ma cittadini...” come viene detto in una
lettera di San Paolo (Efesini 2, 19). Le chiese devono trovare delle modalità per fare di questo una
realtà.
Diamo un rapido sguardo a che cosa è successo nelle chiese europee. Alla fine del 2003, secondo
il Dossier della Caritas Italiana, c'erano circa 24 milioni di migranti nell'Unione Europea. Circa il
48,5% di questi appartengono alle chiese cristiane, circa il 30,9% sono musulmani, circa il 20,5%
appartengono ad altre religioni.
Le chiese europee si accostano alla questione in molti modi differenti:
− in alcuni paesi le chiese locali scelgono la strada dello sviluppo separato: le chiese migranti
sono cresciute e, in alcuni paesi, ora sono chiese maggioritarie;
− in altri il fenomeno è stato visto solo come una questione di assistenza. Le chiese migranti
hanno cominciato a svilupparsi e le chiese locali le hanno sostenute, spesso finanziariamente,
senza provare a costruire una reale mutua comprensione e uno scambio;
− Noi troviamo un approccio particolare nelle chiese locali minoritarie quali le chiese protestanti
nei paesi europei meridionali: per esempio in Italia, dove i protestanti sono una minoranza
molto piccola. Oggi i migranti sono almeno la metà dei protestanti presenti in Italia. I migranti
sono presenti in quasi tutte le chiese protestanti italiane. In molte comunità, i migranti sono la
maggioranza, spesso più del 60%. Le chiese protestanti italiane si sono ritrovate in una
situazione totalmente nuova e devono convivere con questa. Queste chiese devono affrontare
la questione di come i credenti migranti possano diventare membri pienamente eguali delle
chiese locali. Come possono le differenze culturali e teologiche diventare una risorsa e non un
motivo di conflitto in una comunità multi o interculturale?
Anche nelle chiese protestanti italiane, sono stati sperimentati diversi modelli di convivenza, di
collaborazione e di insegnamento reciproco.
Potrebbe essere ancora presto per giudicare come sarà una comunità interculturale dove tutte le
componenti possano trovare la corretta collocazione con eguali diritti e dove l'empowerment di
tutte le componenti diventi una realtà:
− molti migranti cristiani preferiscono costruire le loro chiese, dove poter vivere la loro fede come
facevano nel loro paese di origine, dove poter usare la loro lingua madre e riprodurre le loro
tradizioni religiose. Questo è soprattutto un modello che spesso sceglie la prima generazione
di cristiani. Certamente dà un senso di appartenenza e offre la sensazione di sentirsi a casa,
ma, se i legami con il resto della società sono deboli, potrebbe ostacolare il processo di
integrazione;
− il modello della comunità mista, in cui le persone del luogo e i migranti vivono insieme,
potrebbe essere un altro approccio, che può condurre a risultati differenti:
•
la chiesa locale promuoverà un processo di assimilazione e, insisterà sul fatto che i
migranti accettino di vivere la loro fede esattamente nello stesso modo delle persone
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•
del luogo. Questo produrrà una perdita di identità e di valori di una parte della comunità.
tutte le componenti della comunità provano a crescere insieme imparando l'uno
dall'altro, sviluppando così qualcosa di nuovo. Questo potrebbe corrispondere all'idea
del cristiano che crede nella chiesa universale dove tutti sono uguali e hanno eguali
diritti e doveri. Potrebbe essere un modello di empowerment per tutti i membri, e una
reale collaborazione. Questo è il modello al quale le chiese protestanti italiane stanno
realmente mirando. E' un obiettivo molto ambizioso e abbiamo ancora molta strada da
fare. Tuttavia i cristiani hanno una grande responsabilità. Avere successo nel
raggiungere l'obiettivo di una comunità di fede dove ogni membro ha eguali diritti e
possibilità è di duplice importanza: da una parte significa rispondere ai presupposti
della fede cristiana ma anche guardando alla situazione da un punto di vista secolare
questo approccio è importante per il processo di integrazione dei migranti nelle nostre
società. Se una integrazione religiosa positiva prende piede, questa potrebbe diventare
uno strumento per l'intero processo di integrazione dei migranti. Le chiese o altre
comunità di fede dei paesi riceventi potrebbero diventare importanti costruttori di ponti
per un positivo scambio di valori. I valori della società secolarizzata, come la
democrazia, i diritti umani e la partecipazione attiva potrebbero essere trasferiti
attraverso questo canale, allo stesso tempo importanti input da parte dei migranti, come
il senso di comunità, il mutuo soccorso, la solidarietà, i contributi culturali e altre abilità,
potrebbero trovare la loro strada nella società ricevente.
1) Riassumendo, si potrebbe dire che le chiese e tutte le comunità di fede dei paesi riceventi
hanno un ruolo da giocare nel processo migratorio. Possono diventare un ponte tra differenti
culture e comunità, ma se non conviveranno con questa responsabilità, se saranno esclusive e
dominanti, se non condivideranno valori, potere e beni potrebbero contribuire ad un negativo
processo di alienazione, frustrazione e marginalizzazione dei migranti.
2) Per permettere alle comunità di fede di giocare questo importante ruolo positivamente, gli
Stati dovranno garantire una corretta legislazione, prima di tutto in materia di immigrazione e
asilo e, in secondo luogo, sulla libertà religiosa dove un equilibrio può essere trovato tra i
bisogni di tutte le comunità di fede e il rispetto della libertà di tutti i cittadini e dei valori
fondamentali della dignità umana e del buon funzionamento della società civile.
(Traduzione dall'originale inglese a cura di Dafne Marzoli)
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