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Una rassegna di giovane videoarte a cura di Marcella Beccaria, Andrea Bellini, Francesco Bernardelli, Beatrice Merz, Marianna Vecellio Coordinamento: Francesco Bernardelli I NOVEMBRE 2011 ITALIANA l Castello di Rivoli, in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema, presenta in questa occasione un’ampia panoramica di video realizzati nell'ultimo decennio da una giovane generazione di artisti italiani. Si tratta di una vera e propria indagine esplorativa volta a presentare anche la produzione più recente. I video saranno proiettati nella Sala Due del Cinema Massimo prima della prima proiezione serale. La rassegna durerà complessivamente tre mesi (a cominciare da ottobre) e vedrà alternarsi i lavori di circa trenta video artisti. L’obiettivo della nostra collaborazione con il Museo del Cinema è anche quello di raggiungere un pubblico ampio e non necessariamente legato al mondo dell’arte contemporanea. Con questo progetto il Castello di Rivoli intende dimostrare interesse e capacità di osservazione anche nei confronti della ricerca artistica italiana più giovane. Il titolo della rassegna - programmaticamente ironico - richiama un'idea di pratica artistica in Video come modalità sempre più libera ed imprevedibile, in grado di reinventare la macchina comunicativa che regola e lega il patto di complicità fra spettatore e regista. Andrea Bellini, condirettore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea I verdi giorni di Diego Perrone, courtesy l'artista e Massimo De Carlo, Milano Immagini in movimento. Appunti trasversali. N oi spaziali trasmettiamo, per la prima volta nel mondo, attraverso la televisione, le nostre nuove forme d'arte, basate sui concetti dello spazio, visto sotto un duplice aspetto: il primo quello degli spazi, una volta considerati misteriosi ed ormai noti e sondati, e quindi da noi usati come materia plastica; il secondo quello degli spazi ancora ignoti del cosmo, che vogliamo affrontare come dati di intuizione e di mistero, dati tipici dell'arte come divinazione. La televisione è per noi un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti. Siamo lieti che dall'Italia venga trasmessa questa nostra manifestazione spaziale, destinata a rinnovare i campi dell'arte. È vero che l'arte è eterna, ma fu sempre legata alla materia, mentre noi vogliamo che essa ne sia svincolata, e che attraverso lo spazio, possa durare un millennio, anche nella trasmissione di un minuto. Tratto dal MANIFESTO DEL MOVIMENTO SPAZIALE PER LA TELEVISIONE, 1952 La televisione - intesa sia come mezzo tecnologico sia come oggetto quotidiano è strettamente legata alla storia del video d’artista. Anzi, pensando ai non lontani inizi di questo linguaggio artistico, le sue prime espressioni sono in genere datate all’inizio degli anni Sessanta, quando alcuni apparecchi televisivi compaiono nelle installazioni dell’artista coreano Nam June Paik e negli assemblage del tedesco Wolf Vostell. A questi due importanti punti di partenza se ne associa però un altro, perchè in Italia già nel 1952, Lucio Fontana firma con un fedele gruppo di artisti spazialisti il “Manifesto del Movimento Spaziale per la Televisione”. Nel manifesto si delineano le possibilità di un inedito linguaggio formulato a partire dall’infinita libertà offerta dalle nuove tecniche. Spazio, tempo e materia diventano elementi duttili, non più dominati dalle tre dimensioni, da una scansione lineare o dalla forza di gravità. Sono passati molti anni e soprattutto è mutata la tecnologia. Ma l’entusiasmo di Lucio Fontana continua, e alla televisione con relative tecniche di registrazione e trasmissione delle immagini si sono aggiunti altri strumenti, in primis il computer e i sistemi digitali, che hanno spalancato altre porte alla creatività degli artisti. Per chi cerchi una definizione relativa al video d’artista esso continua ad essere un territorio molto ampio, una sorta di non-categoria che funziona più per inclusione che per esclusione. Così se soprattutto in ambito anglosassone la storia dell’arte e quella della cultura trovano reciproco stimolo nell’idea dei cosiddetti “visual studies”, al posto di video sempre più spesso si parla e si riflette sul concetto di “immagini in movimento”. Si tratta di una semplice locuzione, ma quanto basta per abbracciare opere sempre più difformi, sia per tecniche, contenuti sia per possibili soluzioni espositive. È proprio con questa tipologia di sguardo allargato che abbiamo affrontato l’idea di presentare una selezione di opere “in movimento” di artisti italiani tra i venti e i quarant’anni per questa rassegna organizzata in collaborazione con il Museo del Cinema. Scegliere un tema, oppure seguire metodologie univoche o rigorose scelte formali erano certo soluzioni possibili, ma artificiose e arbitrarie rispetto all’oggetto, o meglio al mezzo, su cui verte la rassegna. Abbiamo invece pensato che si potesse agire in più profonda risonanza con l’ampia varietà del materiale e delle intenzioni artistiche in esso contenute, proponendo uno spaccato trasversale della produzione video italiana degli ultimi dieci anni, offrendo al pubblico opere che vanno dalle video animazioni al formato documentario, dalle opere di contenuto sociale a quello autobiografico, dalle opere incentrate sulla manipolazione del mezzo filmico e la scomposizione dei suoi codici a quelle basate sull’invenzione digitale. Ancora un’osservazione: se moltissimo è cambiato dai tempi di Lucio Fontana si può anche ricordare che adesso come allora, gli artisti che utilizzano le immagini in movimento sono - eccetto alcuni casi - per la maggior parte artisti che impiegano anche un’ampia varietà di altre forme espressive, che includono la performance, l’installazione, la scultura, la pittura, l’incisione, il disegno, la fotografia, oppure il suono, sia esso in forma di musica, canto oppure rumore. A riprova che la creatività non è mai vincolata al mezzo, ma lo impiega e lo piega quale utile strumento per “fare arte”. Marcella Beccaria, curatore, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea Variations di Marinella Senatore, courtesy Galleria Umberto Di Marino, Napoli Cinema Massimo - Sala 2 - Programma delle proiezioni ANDREA SALVINO Il Disprezzo MARINELLA SENATORE Variations ELISA SIGHICELLI Phi-Building GOLDIECHIARI Dump Queen 1-3 NOVEMBRE 4-6 NOVEMBRE 7-9 NOVEMBRE 10-12 NOVEMBRE DIEGO PERRONE I verdi giorni SALVATORE ARANCIO Sentinel ROBERTO CUOGHI Foolish Things ISOLA & NORZI Anemone Mirabilis 13-15 NOVEMBRE 16-18 NOVEMBRE 19-21 NOVEMBRE 22-24 NOVEMBRE Ceci n’est pas du cinema! Giovane videoarte italiana Courtesy Gagosian Gallery, Londra e Giò Marconi, Milano Il Disprezzo 2001, video, b&n, sonoro, 9’ Sei giorni a Milano nel 1975, da mercoledì 16 a lunedì 21 aprile, uguali a tanti altri, in quegli anni. Sei giorni in cui si compie una storia oggi dimenticata, la storia di due militanti della sinistra extraparlamentare uccisi, uno dopo l’altro, il primo dai fascisti, il secondo travolto, l’indomani, da una camionetta dei carabinieri che caricava i manifestanti scesi in piazza. Si chiamavano Claudio Varalli e Giannino Zibecchi ed è la loro storia, la storia della loro morte che racconta Andrea Salvino ne Il Disprezzo. Sala 2 • MAR 1 - GIO 3, prima del primo spettacolo serale Andrea Salvino Courtesy l’artista Mi dedico in maniera preponderante alla pittura e al disegno, ma non disdegno sporadiche incursioni in altri territori e linguaggi: fotografia e video. Il mio lavoro guarda alla storia e all’attualità sociale e politica. Ricerco e seleziono quello che del passato, ma anche del presente, può essere delegato a rappresentare un disagio personale e collettivo. (Andrea Salvino) Fra i pittori di maggior talento della sua generazione, Andrea Salvino (Roma, 1969) vive e lavora oggi a Berlino. Negli anni l’artista ha elaborato una pittura a suo modo classica, caratterizzata dalla varietà di stile, tecnica e iconografia, ma coerente nella costruzione di una narrazione che intreccia storie private e collettive, reali e fittizie, sempre dotate di un forte indice storico. Infatti la Storia è una fonte primaria dell’immaginario di Salvino, in particolare il periodo turbolento degli anni ‘60 e ‘70, un’epoca mitica di rivoluzioni sociali ed estetiche, di grandi utopie e tensioni violente. Variations 2011, HD, colore, sonoro stereo, 12’ Variations è un progetto partecipativo che ha coinvolto oltre 300 abitanti del Lower East Side, New York, dove convivono diverse comunità, dalla ispanica e afro-americana, all’asiatica, di discendenza europea, etc. Associazioni di quartiere, volontari, centri sociali, blog e riviste settimanali, quotidiani locali, radio e web-tv, hanno diffuso le informazioni sui giorni di casting e di riprese nel quartiere: i partecipanti hanno ricoperto tutti i ruoli della produzione cinematografica, dalla recitazione alla regia, dalla camera al make up, e soprattutto la fase fondamentale di scrittura della sceneggiatura, realizzata all’interno degli spazi del teatro del New Museum, da oltre 60 cittadini. In uno scambio continuo di informazioni, ogni partecipante ha apportato al gruppo le proprie competenze e capacità, e acquisito altre abilità che hanno poi trasferito ad altri partecipanti. Dalle case private al rapporto con la troupe, finanche al catering, i cittadini hanno gestito e continuano tutt’ora a gestire pagine web e blog spontanei, dove raccontano dell’esperienza fatta e informano di futuri progetti collettivi che intendono realizzare con lo stesso gruppo di persone. Sala 2 • VEN 4 - DOM 6, prima del primo spettacolo serale Marinella Senatore Nata nel 1977, Marinella Senatore vive e lavora fra Berlino e Madrid, e insegna all’Università di Castilla-La Mancha e all’Università Complutense di Madrid. Marinella Senatore opera con la fotografia, il disegno, l’installazione video e sonora; nei suoi progetti, spesso sviluppati in collaborazione con istituzioni quali università e musei, ha coinvolto intere comunità di persone nelle diverse fasi del processo creativo. L’osservatore diventa un attivo participante, e la consueta gerarchia fra l’artista quale unico autore ed il pubblico come destinatario può così essere rimessa in discussione e riscritta. Il pubblico è coinvolto come sceneggiatore, attore, scenografo, operatore di riprese, regista… condividendo il tempo, le esperienze e le capacità tecniche, e acquisendo nuove forme di conoscenza in un contesto da laboratorio in fieri, dove il contatto con i contenuti e le motivazioni vengono tratte dall’ambiente e messe in relazione al livello di coinvolgimento scelto. Connettendo eventi e fatti personali con processi collettivi, la dimensione reale con quella fittizia, la storia con la cronaca, tutto il suo lavoro incoraggia e mette in scena la costruzione di un archivio di narrazioni condivise che creano un senso di comunità. II Courtesy Galleria Umberto Di Marino, Napoli Ceci n’est pas du cinema! • Programma di novembre Phi-Building video, colore, sonoro Paolo Campana, 2’ 23” loop In Phi-Building compare un grattacielo la cui facciata è ricoperta di led che compongono immagini pubblicitarie. Ho eliminato tutte le parti che mostravano gli oggetti pubblicizzati e ho lasciato soltanto i motivi astratti in movimento composti da luci colorate. L’edificio é recepito nella sua realtà solo ad intermittenza: quando le luci sono accese, il video fa pensare a un’ animazione astratta, mentre quando si spengono l’edificio riassume le sue sembianze reali. L’accensione e lo spegnimento delle luci in sequenza, crea un illusione ottica, la percezione di un movimeto apparente: è lo stesso meccanismo della visione grazie al quale le immagini statiche del cinema, messe in sequenza, sembrano in movimento. (Elisa Sighicelli) Sala 2 • LUN 7 - MER 9, prima del primo spettacolo serale Elisa Sighicelli Se i lightbox di Elisa Sighicelli si avvalgono di alcuni stilemi del linguaggio cinematografico, che l’artista piega però in nuove direzioni, allo stesso modo i suoi video e film utilizzano tecniche fotografiche per creare una sorta di ibrido in cui pittura, cinema e fotografia sembrano combinarsi in maniera assolutamente originale. […] Tutti questi lavori si basano su uno sguardo quasi maniacale in cui dettagli rubati dalla dimensione quotidiana vengono ripetuti all’infinito: è attraverso questa osservazione prolungata che l’artista trasforma l’elemento concreto in astrazione. (Cecilia Alemani) Nota a livello internazionale per il carattere sperimentale delle sue opere, volte principalmente all’utilizzo della fotografia, del lightbox, nonché di film e video, Elisa Sighicelli (Torino, 1968 - dove oggi vive e lavora) ha studiato arte alla Chelsea School of Art, Kingston University e conseguito un master in scultura alla Slade School of Fine Art di Londra, città dove ha vissuto per venti anni. Courtesy Galerie Elaine Levy Project, Bruxelles Dump Queen 2008, video, colore, sonoro, 5’ Nel video Dump Queen Lotta Melin reinterpreta l’artista brasiliana degli anni ‘40 Carmen Miranda. La Melin balla e canta la canzone Chica Chica Boom Chic, nuova versione realizzata per il video dalla cantautrice brasiliana Rosalia De Souza, nella discarica di Guidonia, alle porte di Roma. La scenografia di questa folle danza di rimozione è una montagna di spazzatura e il volo di uno stormo di gabbiani affamati che affollano il cielo. Nel video la protagonista rappresenta una divinità dell’abbondanza “tropicale ed esotica” che mette in scena una danza parodistica e allegra in un contesto di decadenza, rovina ed abiezione. Come in un rito di rimozione Carmen Miranda balla incosciente sui rifiuti, ignorando il degrado che la circonda. Sala 2 • GIO 10 - SAB 12, prima del primo spettacolo serale goldiechiari Il duo artistico goldiechiari è l’acronimo dei cognomi di Sara Goldschmied (Milano, 1975) e Eleonora Chiari (Roma, 1971). La loro produzione artistica, costituita principalmente da video e fotografia, si caratterizza per il forte dualismo tra forma e contenuto: l’evidente grazia estetica è in funzione di un complesso messaggio sotteso che si rivela soltanto a un più profondo livello di lettura in tutti i loro lavori. Al di là del primo impatto volutamente accattivante e di immediata accessibilità, le opere della coppia nascono sulla base di solidi principi socio-politici di riferimento. Il loro spirito giocoso è dunque indissolubilmente legato a una componente molto seria. I lavori eterogenei di goldiechiari mettono in scena icone occidentali stabilendo precise regole del gioco, alle quali l’osservatore si deve attenere per poter fruire appieno le opere. Lo spettatore è libero di scegliere se accettare o meno le regole ma, una volta entrato nella dimensione e nello spirito ludico, è chiamato a “giocare” seriamente, senza mezzi termini. (Letizia Ragaglia) Courtesy l’artista e Massimo De Carlo, Milano I verdi giorni 2000, videoanimazione, colore, sonoro, 2’ 30” I personaggi di questo cartone animato sono quattro bambini di cui due gemelli e perfettamente identici. L’ambientazione: un giardino con una strada e qualche albero. La camera inquadra i personaggi, impegnati in una lotta-gioco per tutta la durata dell’animazione. Le azioni dell’azzuffata non sono esagerate (i gesti consueti dei bambini, graffi, morsi, sputi, testate...); una forma di realismo dei gesti che consente di raffreddare le immagini. Il design dei personaggi e i disegni sono abbastanza classici (qualità media televisiva), estremamente semplici, schematici, con pochi dettagli e non particolarmente espressivi, con colori piatti e accesi. Non c’è una trama vera e propria. Iniziano a picchiarsi con una scusa e con una scusa finiscono. Non ci sono dialoghi ma solo urla molto forti e risate sguaiate. Sala 2 • DOM 13 - MAR 15, prima del primo spettacolo serale Diego Perrone Diego Perrone (Asti, 1970) vive e lavora tra Milano e Berlino. In dieci anni di carriera, si è conquistato spazi di assoluto rilievo internazionale: la Biennale di Venezia nel 2003 e Manifesta nel 2000, il Centre Pompidou di Parigi, la Fondazione Trussardi di Milano, il MART di Trento, il PS1 di New York, la Biennale di Berlino. Insieme lirico e crudele, ha saputo farsi interprete della condizione contemporanea con sensibilità attenta e spietata allo stesso tempo. Il suo lavoro arriva dritto al cuore, mette in luce con grande intensità le dinamiche interne del conflitto, riflettendo su opposizioni cruciali quali vita e morte, modernità e tradizione, velocità e lentezza, fragilità e precarietà, azione e contemplazione. III Ceci n’est pas du cinema! Giovane videoarte italiana Sentinel 2009, video, colore, sonoro, 9’ 13” Mentre guardavo 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick ho provato particolare interesse per i paesaggi presenti nella prima parte del film, quella intitolata “l’alba dell’umanità”. La sequenza si apre con una serie di vedute di regioni inospitali dell’Africa. L’ambientazione è essenziale e senza tempo: si potrebbe trattare di una rappresentazione del passato, di qualcosa in corso, o di un possibile futuro, come avviene nelle mie incisioni. Ho così deciso di lavorare con queste immagini e ho cancellato gli animali, che nella pellicola originaria di Kubrick sembravano invece avere un ruolo importante. Ho lavorato digitalmente, intervenendo scena per scena, e ho manipolato anche il suono, lavorando su elementi che sottolineassero l’idea di presenze passate. Il titolo Sentinel viene dalla storia breve scritta da Arthur Clarke, co-autore con Kubrick della sceneggiatura di 2001 Odissea nello spazio. (Salvatore Arancio) Sala 2 • MER 16 - VEN 18, prima del primo spettacolo serale Salvatore Arancio Courtesy Federica Schiavo Gallery, Roma Salvatore Arancio (Catania, 1974) vive e lavora a Londra, dove ha studiato arte e fotografia al Royal College of Art. La sua cifra artistica si riconosce nell’incisione fotografica, ma tutto il suo lavoro attraversa in realtà un ampio raggio di mezzi quali il collage, l’animazione e il video. L’interesse predominante dell’artista si concentra nella potenzialità dell’immagine. Discostandosi dal loro significato letterale, Arancio crea nuove combinazioni e giustapposizioni che risultano al medesimo tempo fortemente evocative e profondamente inquietanti. Rivolgendo il suo sguardo alla Natura e alla Scienza quali fonti di ispirazione, ne sconvolge tratti e caratteristiche (legate alla tradizione del Sublime) attraverso un’operazione di ri-contestualizzazione, quasi inavvertibile eppure costante. Ecco così che i suoi paesaggi arrivano a possedere un senso sia di familiarità, ma anche di ignoto, che ne sottolinea così letture ed implicazioni simboliche. Foolish Things (Versione Karaoke) 2002, video, colore, sonoro, 4’ Foolish Things è stato realizzato per la quarta edizione della Biennale Europea di Arte Contemporanea Manifesta, svoltasi a Francoforte. Video ‘site-specific’, ma fuori contesto, è un salva-schermo stucchevole e noioso e soprattutto va spiegato. È uno scenario senza presenze, l’immagine stereotipata di una spiaggia malinconica ma finta. Ogni dettaglio però riproduce una caratteristica della storia che non ho mai voluto presentare come opera: avendo voluto assomigliare ad un uomo di mezza età, a 24 anni la mia vita è drasticamente cambiata. Manifesta avrebbe potuto essere l’occasione per presentare in qualche modo la storia dei miei 24 anni ad un pubblico internazionale, ma conoscevo già tutte le sciocchezze che avrei suscitato e con quelle sciocchezze ho fatto questo lavoro. (Roberto Cuoghi) Sala 2 • SAB 19 - LUN 21, prima del primo spettacolo serale Roberto Cuoghi Roberto Cuoghi (Modena, 1973) si è affermato come uno tra i talenti italiani più visionari. Radicale inventore del proprio linguaggio, Cuoghi lavora con le tecniche più diverse, impiegandole per sviluppare la sua personale indagine sul principio della metamorfosi. Centro della sua ricerca, per anni, è stato un pericoloso, quanto reale, sfasamento cronologico. Partendo da un punto di vista strettamente personale, e soggetto a deformazione, l’artista ha messo in scena un’irreversibile e irriverente sfida con il tempo, per guardare la propria vita da una prospettiva ribaltata: vivere il presente come se fosse un futuro già trascorso. Ha esteso i confini del suo essere e delle sue possibilità di comprensione; è invecchiato, ha assunto le sembianze e le problematiche di un uomo in età doppia rispetto alla sua. Ha rinunciato a parte della propria giovinezza e realizzato lavori utilizzando tracce della sua vita e delle sue esperienze: la biografia si intreccia in modo viscerale con la sua poetica. Courtesy l’artista Anemone Mirabilis 2010, video, colore, sonoro, 4’ loop Alcuni spezzoni tratti dal documentario di Jacques Cousteau Le Monde Sans Soleil sono rimontati dagli artisti e riprodotti in un singolare acquario/monitor, così concepito per finalità didattiche, e ripresi nuovamente attraverso una vasca contenente rare anemoni. Il video omaggia gli esperimenti dedicati a insediamenti abitativi nel mare del Sudan, realizzati in maniera sorprendentemente disinvolta da Jacques Cousteau nei primi anni Sessanta. L’utopia di Cousteau si traduce in un successo nel 1963, quando, al largo di Port Sudan, sei oceanauti sono in grado di vivere per un mese sul fondo del mare senza mai riemergere. Parte dei finanziamenti sono messi a disposizione dal Principato di Monaco con l’obbiettivo di collezionare e descrivere la flora e la fauna tropicale per la collezione dell’acquario del celebre Istituto Oceanografico. Scopo della missione è anche provare la possibilità di diverse attività domestiche all’interno di Conshelf II, raro esempio di architettura subacquea. Alla vita senza sole viene dedicato infatti il documentario Le Monde Sans Soleil, che nel testimoniare momenti di vita vissuta all’interno della capsula (mangiare, bere vino, fumare), gioca sull’ambivalenza del vetro come schermo che separa e insieme unisce i gesti quotidiani consumati all’interno dell’architettura alla vita del mondo sommerso. Sala 2 • MAR 22 - GIO 24, prima del primo spettacolo serale Isola & Norzi Hilario Isola (Torino, 1976) e Matteo Norzi (Torino, 1976). Vivono e lavorano a Torino e a New York. I lavori di Isola & Norzi sono segni mimetici inseriti nello spazio esistenziale, concepito come concentrato d’esperienza quotidiana e deposito del vissuto. Ciò che li interessa è ricreare il parallelismo concettuale che corre tra la trasformazione dei dispositivi abitativi e il divenire esperienziale del singolo in quanto individuo. Gli artisti ci parlano di temporaneità dalla prospettiva alterata di uno spigolo, dell’immobilismo che serra il passo e chiude ogni via d’uscita. Un frammento inglobato che porta con sé un bagaglio di luoghi comuni messi in dubbio, di fronte alla vanità decorata degli spazi vissuti e alla precarietà quotidiana di chi li attraversa. (Gaia Pasi) IV Courtesy gli artisti