parte prima : definire il tema della vocalita

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parte prima : definire il tema della vocalita
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Antonella Guzzoni*, musicoterapista, Casa del Sole-Mantova
*Laurea in Filosofia (Univ. Degli studi di Bologna)
Diploma in Pianoforte Principale (Conservatorio Campiani di Mantova)
Diploma in Musicoterapia (Corso Quadriennale di Assisi)
Frequentati i quattro Livelli di Musicoterapia Didattica (Prof. R.O.Benenzon)
Formatore A.I.M.
Studio pubblicato nella rivista Musica&Terapia (a cura di Gerardo
Manarolo), Cosmopolis, Torino,2005.
TITOLO : Il significato dell’espressività vocale
nei Disturbi dello Spettro autistico
PARTE PRIMA :
DEFINIRE IL TEMA DELLA VOCALITA’
NELL’ETA’ DELLO SVILUPPO
Capitolo primo
LA PRESENZA DELLA VOCE
1.1Verso una “scienza della vocalità”:il quadro dei problemi
Nel cercare di definire “l’ordine del vocale” molte discipline si sono attivate in
questo ambito di ricerca negli ultimi vent’anni :la filosofia,l’antropologia
culturale,la fonetica e la fonologia,la semiotica,la linguistica, la psicologia. E poi la
psicoanalisi,la biologia,l’etologia.Senza contare i contributi della musicoterapia e
delle arti-terapie che si sono poste il problema della voce e delle sue funzioni in
ambito riabilitativo e terapeutico. Molte idee si sono perfezionate,ma nonostante
questo, risulta ancora oggi complesso poter far riferimento ad una vera e propria
“scienza della vocalità”,come già negli anni Ottanta P. Zumthor auspicava : “E’
ben strano-sottolinea l’autore- che,fra tutte le nostre discipline istituzionali,non
esista ancora una scienza della voce.Ce ne auguriamo la prossima fondazione.” (1)
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Proponendo una distinzione fra oralità e vocalità,egli definisce “oralità” il
funzionamento della voce in quanto portatrice di linguaggio,e “vocalità” l’insieme
delle attività e dei valori che le sono propri,indipendentemente dal linguaggio.
Tuttavia,può essere d’aiuto fin da ora, inquadrare una prospettiva d’indagine che
ricorra ad una riflessione in termini non dicotomici. L’aspetto originale nell’ipotesi
di cercare di osservare e di riflettere sul fenomeno della vocalità nell’età dello
sviluppo, riguarda l’implicazione del significato particolare che essa assume in tale
periodo della vita umana.Le espressioni vocali,a partire dai primissimi mesi di vita,
si legano indissolubilmente alla qualità e alla modalità di utilizzare la voce e
rimandano a scelte vocali che ciascun bambino compie all’interno del proprio
percorso di crescita , nell’interazione con i propri contesti di vita relazionale,nei
rimandi che l’ambiente invia e alle tonalità emotive e affettive con le quali essi sono
vissuti.Il concetto di scelta vocale può creare un “trabocchetto”nell’ordine delle
idee, poiché richiama il concetto di consapevolezza e intenzionalità .
Nei bambini con ritardo mentale grave o con disturbi generalizzati dello sviluppo è
stata spesso messa in discussione sia la dose di consapevolezza che quella di
intenzionalità nel rapporto che essi hanno con se stessi,con gli altri e con il mondo
esterno. A supporto però dell’idea di fondo di una possibilità
di esprimere
comunque una scelta, anche se con modalità di codifica e decodifica massiva o
denotativa (Moretti,1980) ,vi sono da un lato gli studi di Goffman (1963-81) e
dall’altro quelli di Stern (1985).Il modello di Goffman rientra nell’approccio alla
comunicazione come passaggio di informazioni,ma in una prospettiva prettamente
sociologica.Tra gli esseri umani infatti non avviene semplicemente un movimento
di dati o informazioni,ma si stabilisce un rapporto psicosociale.Per l’autore lo
scambio comunicativo consta di quattro elementi .Innanzitutto i sistemi di
comunicazione stabiliti tra un certo numero di individui ;in secondo luogo,la
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condotta o le strategie di comunicazione adottate dalle parti interagenti nei contatti
reciproci .Inoltre fanno parte del processo di trasmissione dell’informazione le
costrizioni comunicative,ossia i vincoli ecologici,emotivi e intellettivi che limitano
fra gli esseri umani la scelta delle strategie .Infine il frame o cornice interpretativa,
cioè il quadro di riferimento entro cui si realizza una comunicazione.
I fenomeni di filtro (che possono modificare il messaggio),feedback (retroazione)e
ridondanza(ripetizioni che favoriscono la decodifica esatta di un messaggio)
vengono pertanto elaborati da Goffman secondo paradigmi specificatamente
antropologici e le dinamiche di trasmissione dell’informazione (la scelta,la codifica
e
la
decodifica)
vengono
socialmente
contestualizzate.
La
teoria
si
configura,quindi,come “ponte concettuale” tra le teorizzazioni della comunicazione
centrate sulla informazione e quelle centrate sulla interazione.(2)
Gli studi di Stern (1985),a questo proposito, sul senso del SE’ in bambini in fase
preverbale sono illuminanti .Una delle premesse su cui si è basato il lavoro di Stern
è che alcune forme di senso del SE’ esistano molto prima dell’autoconsapevolezza e
del linguaggio verbale. Fra queste ,il senso di essere soggetti agenti,il senso di
coesione fisica,di continuità temporale,di avere un’intenzione,operano già nel
neonato,visto come un essere molto attivo e recettivo.Per “senso”,l’autore intende la
semplice coscienza,distinta dalla consapevolezza autoriflessiva e si riferisce a
esperienze dirette e concrete con il mondo circostante,non di pensiero.Questi sensi
del SE’ costituiscono le fondamenta dell’esperienza soggettiva dello sviluppo
sociale del bambino. (3)
All’interno di queste prospettive non risulterà azzardata l’ipotesi di una vocalità del
bambino vissuta a diversi livelli nell’interazione con L’Altro.
Già a partire dai
primi mesi di vita viene riconosciuta all’essere umano la straordinaria capacità di
distillare e organizzare le qualità estraibili dell’esperienza.Egli gradualmente e
4
sistematicamente
ordina
questi
elementi
dell’esperienza
per
identificare
costellazioni di costanti relative al Sé e all’Altro. (4)
L’espressività vocale, diviene a pieno titolo un luogo di manifestazione del
senso,inteso come selezione di percorsi possibili.
Secondo
la prospettiva di
Vygotskij (1962), il senso è una formazione dinamica e complessa con molte zone
di ineguale stabilità;il significato,convenzionalmente stabilito,è una di queste
zone,ed esattamente ,la più costante.Ciò che qui preme porre subito in evidenza è
che la molteplicità di codici e l’indefinita varietà dei contesti e delle circostanze
fanno sì che uno stesso messaggio possa essere decodificato da diversi punti di vista
e in riferimento a diversi sistemi di convenzione. (5)
Risulterà pertanto efficace riflettere in termini globali : occorre pensare al rapporto
voce-corpo-gesto-parola-linguaggio come a quello di un’unicità,di un continuum
che possiede una consistenza sonora,un’unicità relazionale e una tendenza
dell’essere umano al comunicarsi. Nella dimensione di una fenomenologia vocalica
dell’unicità (6) ,cercherò di indagare come la competenza vocale, che nasce
partendo da una dotazione biologica originaria dell’essere umano e si sviluppa già
dai primissimi scambi relazionali con le figure di riferimento e gli ambienti
familiari,si manifesta in modo preponderante con caratteristiche uniche ed
irripetibili in ogni bambino,al di là della cronicità o dell’ineluttabilità di un quadro
clinico.
Si vedrà più oltre come
tale riflessione investa direttamente il processo
musicoterapico,all’interno del quale la vocalità,anche in
quadri di severa
patologia,occupi un posto di primo piano per conferire percorsi di senso all’interno
della relazione sonoro-musicale.
Del resto, nonostante i più recenti sviluppi,la conoscenza scientifica che abbiamo
dell’uomo in rapporto alla sua dimensione vocale e sonoro-musicale,soprattutto in
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situazioni psicopatologiche, rimane spesso frammentata e arroccata su posizioni
difficilmente integrabili,che rendono nebulosa la riflessione di un fenomeno così
vasto e complesso come quello vocale.Le scienze che da differenti angolazioni
studiano il rapporto uomo-voce costituiscono una vasta costellazione .Le difficoltà
che ho richiamato non intendono essere un alibi per rinunciare alla riflessione o
all’indagine,ma piuttosto una spinta conoscitiva in un ambito di studi affrontabile
solo in termini interdisciplinari.
1.2 Il “gesto”vocale
Prima ancora che il linguaggio abbia inizio e si articoli in parole per trasmettere
messaggi nella forma di enunciati verbali e anche qualora questo linguaggio non si
sviluppi in modo adeguato, l’espressività vocale si impone come potenzialità di
significazione e vibra come flusso di vitalità,spinta,anche se ancora confusa, al
voler-dire,all’esprimere,cioè all’esistere.(7) Esiste un rapporto naturale tra i suoni
emessi da un bambino e lo stato psicofisico attivato da particolari vissuti emotivi.Il
filo che tiene unita la relazione con la propria madre si rende udibile e materico per
mezzo di scambi tonici e tonico-fonici.Il principale “strumento” del bambino per
raggiungere i suoi fini è costituito da un altro essere umano familiare.(8)
L’emissione di un suono si trasforma così in una traduzione vocale di un
gesto.Questo “gesto” vocale consente ad ogni bambino di poter raggiungere una
persona o un oggetto esterno. La voce indica,tocca e conquista ciò che più
coinvolge il bambino.(9)
Il termine “gesto” rimanda ad una intenzionalità.Spesso nel bambino molto piccolo,
o nei bambini con determinate patologie come i disturbi generalizzati dello
sviluppo,l’uso dell’espressività vocale può rappresentare un gesto di adattamento
prodotto non tanto allo scopo di comunicare qualcosa in particolare,ma piuttosto
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con quello di regolare o esprimere semplicemente uno stato emotivo. In ogni caso
il “gruppo vocale familiare”,per usare l’espressione con la quale E.Lécourt definisce
l’insieme delle voci dell’ambiente familiare che accompagnano tutto il processo di
crescita del nascituro, in una sorta di concerto vocale ben caratterizzato dal punto di
vista dei toni,degli attacchi,delle intensità ,dei timbri vocali e dei silenzi (10),si
porrà in una dimensione particolare di ascolto rispetto a quel bambino, qualificando
di volta in volta il suo ambiente circostante in termini affettivi,attraverso infinite
tonalità e sfumature emotive.
In situazioni ambientali “sufficientemente serene”,le produzioni vocali del bambino
sono poste al centro dell’attenzione del gruppo familiare che le accoglie,le trattiene
e le riproduce come una sorta di coro indifferenziato agli occhi e alle orecchie del
neonato.Questo “gruppo” offre al bambino l’esperienza di una fusione musicale;le
caratteristiche di questa esperienza determineranno la futura identità
vocale e
sonoro/musicale del soggetto.Il bambino, da parte sua interagisce con l’ambiente
tramite la sua produzione vocale,le sue grida,i suoi pianti,i suoi gorgheggi. Questi
costituiscono una sorta di cordone ombelicale acustico che assicura una transizione
armoniosa tra la dipendenza diretta della vita prenatale e l’autonomia affettiva
futura. Il grido del neonato accolto e trasformato dall’entourage familiare si
umanizza e diviene un richiamo,una modalità comunicativa. L’espressività vocale
introduce una dimensione dialogica,protopsicologica,emotiva e affettiva che farà da
preludio alla nascita del linguaggio. All’interno di quello che Anzieu (1985)
definisce lo specchio sonoro la voce materna consente al bambino di avviarsi alla
conoscenza del mondo esterno e del proprio corpo,all’unificazione del percepito
sensoriale. E’ tramite tale interazione che il bambino riceve lo statuto di soggetto.La
voce si fa allora supporto del pensiero e diviene uno strumento,un’area di
transizione tra l’espressione di affetti e bisogni e la rappresentazione delle parole
7
del linguaggio.Quali che siano i tratti articolatori imposti dalla lingua di
appartenenza,le caratteristiche personologiche del bambino e la
dimensione
emotiva che vi sottende, andranno a caratterizzare la sua vocalità. (11)
Il suono vocalico di un bambino,anche il più flebile e fioco,non esprime solamente
una reazione ad uno stimolo,interno od esterno,ma è da considerarsi un’azione di
tutto un organismo su un ambiente complesso.Ogni suono che esce dalla bocca di
un bambino contiene tutto il suo mondo-esperienza orale,le sue sensazioni date dal
respirare,dal cibarsi,dal deglutire,dal piangere e dal ridere;contiene la relazione che
ciascun bambino ha con il mondo,il suo modo di vederlo,di sentirlo,di udirlo,la sua
eredità biologica,la sua costituzione psicologica. Quello che intendo per gesto
vocale non è da considerarsi dunque come l’espressione di una reazione nervosa ad
un’azione di stimolo,ma come la risposta del corpo di ciascun bambino ad un
mondo che lo impegna. Infatti ,al di fuori di questo rapporto,non si riuscirà a
cogliere nell’ordine e nel disordine gestuale un’unità di senso,ma solo la somma
inespressiva di suoni a cui il gesto vocale si riduce quando la sua interpretazione
non avviene in rapporto al mondo e alla situazione in cui si è generato,ma solo al
sistema anatomico che lo produce. (12)
Cogliere un’unità di senso nelle produzioni vocali di un bambino,soprattutto se
molto piccolo, ci pone di nuovo nel cercare di comprendere il confine tra
comunicazione e informazione. Tale confine non è tracciato sulle caratteristiche
costitutive del segno vocale (verbale o non verbale),ma sulla duplice relazione
intenzionale (denotativa
e comunicativa)che nella comunicazione intesa come
processo sociale si instaura tra trasmettitore e segno.Le grida di un lattante che
reclama la propria poppata non vengono ritenute intenzionalmente comunicative
(anche se ben presto si accorgerà che più strilla forte più la madre accorrerà
veloce).Esse possono solo fornire informazioni sullo stato di chi le emette.
8
All’opposto un vocalizzo è considerato comunicativo nel momento in cui il
bambino lo utilizza consapevolmente come una forma intesa alla significazione.
Pertanto si riconosce la distinzione tra informazione e comunicazione per la
comprensione di un atto comunicativo vocale rispetto ad un atto informativo
vocale,ma la linea di demarcazione che li separa non è a mio avviso così netta e
invalicabile quando ci si riferisce ai bambini ,soprattutto se in fase ancora
prelinguistica.
Tutto il processo comunicativo è visto come un continuum
caratterizzato dalla presenza progressivamente crescente di intenzionalità (13): chi
ruota attorno ai bambini e si relaziona con loro sbilancia l’asse comunicativo in
avanti, verso di loro, cercando di interpretare,dare un senso alle espressioni vocali
che, combinate ad altri fattori come gesti,posture, espressioni del viso ,uso dello
sguardo,divengono un potente mezzo per segnalare una situazione vissuta.
Da queste indicazioni è possibile rendersi conto della complessità di tutto il
comportamento comunicativo,che si può scomporre a fini analitici in elementi
semplici ma di cui occorre non perdere di vista l’unitarietà.
Secondo Fraser (1978) un primo passo verso la rilevazione e la comprensione della
ricchezza propria dei processi di comunicazione consiste nell’analizzare
un’interazione comunicativa sulla base dei sistemi (di comunicazione) di cui è
composta. L’autore ne individua quattro : il sistema verbale,intonazionale (uso di
enfasi,sottolineature,inflessioni di voce :non sono infatti le parole in sé che dicono
se una data frase dichiarativa o interrogativa,ma le differenze di accento e le
modalità
di
intonazione),paralinguistico
(comprende
fenomeni
quali
borbottii,sbadigli,sussurri,risolini,colpi di tosse ecc.oltre che ritmo e velocità di
eloquio,pause ed esitazioni),cinesico (movimenti delle mani del corpo,del viso,lo
sguardo e il contatto visivo reciproco,ecc.) Questi elementi ,secondo Fraser,sono in
continua evoluzione e possono essere descritti come “aspetti dinamici”
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dell’interazione oltre ad aspetti più stabili come la prossimità,la distanza fra due
persone,interpretabile come un indice della relazione esistente tra gli individui
coinvolti in un atto comunicativo (Argyle e Kendon,1967).La classificazione
proposta da Fraser rappresenta solo una fra le molte distinzioni reperibili nella
letteratura.Altri autori sottolineano ulteriori aspetti. Ad esempio Lyons (1972)
sostiene esistere una gradazione di linguisticità,una scala in cui il componente
verbale occupa un estremo.(14)
Note al capitolo primo
1)P.Zumthor, La presenza della voce - Introduzione alla poesia orale,
Il Mulino,Bologna,1984,p.7.
2) L.Anolli/R.Ciceri,La voce delle emozioni – Verso una semiosi della
comunicazione vocale non-verbale delle emozioni,
Franco Angeli,Milano,1992,pp.17-18 e 28-29. La prospettiva di E.Goffman è
riportata sia nel testo che nelle note dagli autori dell’opera.
Per il riferimento agli studi sui processi di codificazione delle risposte e
decodificazione degli stimoli si rimanda a G.Moretti , Metodo e prassi in
neuropsichiatria infantile,Vita e pensiero,Milano 1980.
3)D.N.Stern (1985),Il mondo interpersonale del bambino,Bollati
Boringhieri,Torino,1987,pp. 23-25.
4) ivi , p.82.
5)L.Anolli/R.Ciceri,op.cit.,p.17,nota 1.
6)A.Cavarero, A più voci – Filosofia dell’espressione vocale,Feltrinelli,Milano,
2003, p.21.
7)C.Bologna, Flatus vocis-Metafisica e antropologia della voce,Il
Mulino,Bologna,1992,nuova ediz.2000,p.23.
10
8)J.Bruner (1983), Il linguaggio del bambino -Come il bambino impara ad usare il
linguaggio,Armando editore,1987,p.24.
9)In questa direzione J.L.Austin (1962) ha proposto la Teoria degli atti
linguistici,con l’obiettivo di attirare l’attenzione proprio sull’aspetto che dire
qualcosa è anche fare sempre qualcosa.
cfr. J.L.Austin,Quando dire è fare,ed.Marietti,Torino,1974.
10)E.Lecourt,Musica e struttura psichica,in Musica e Terapia,Quaderni italiani di
musicoterapia,(a cura di G.Manarolo e M.Borghesi)ed.Cosmopolis,Torino,1998,p.5.
11) G.Manarolo/F.Giberti,Il suono della voce in psicopatologia,in Musica e
Terapia,op.cit.pp.86-88. Il concetto di “specchio sonoro” è contenuto nell’opera di
D.Anzieu (1985),L’Io pelle,Borla,Roma,1987.
12)U.Galimberti,Dizionario di Psicologia,Utet,Torino,seconda ristampa 1999,
voce Gesto-fenomenologia del gesto,p.436.
13) cfr. L.Anolli/R.Ciceri, op.cit., pp 41,58.
14) P.E.Ricci Bitti/B.Zani,La comunicazione come processo sociale,Il
Mulino,Bologna 1983,pp.21-22
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Capitolo secondo
AZIONE,GIOCO,VOCALITA’
2.1 Collocazione topologica della vocalità nell’età dello sviluppo:
“l’area transizionale” di Winnicott.
Nel cercare di definire come si manifesti la vocalità del bambino devo ricorrere a
due precisazioni: una di carattere terminologico ed una di carattere epistemologico.
Per quanto riguarda l’uso dei termini “voce” e “vocalità”,essi sono considerati
sinonimi anche se a mio avviso,preferisco parlare di vocalità ,in quanto quest’ultimo
termine è sentito da me più esteso e ricco.Per “voce”si intende solitamente il suono
prodotto dalla laringe e articolato per mezzo delle corde vocali nel parlare e nel
cantare. Il termine “vocalità” (termine musicale), come già sottolineato,implica i
suoni vocali rispetto alla qualità e alla modalità di esprimersi attraverso la voce e
rimanda a tutto il mondo-esperienza-orale – sensoriale - motoria e alle tonalità
emotive e affettive con le quali esso viene vissuto dal bambino.
Il termine
utilizzato da Anolli e Ciceri (1992) di atto fonopoietico,pur
rappresentando solo una parte delle complesse attività globali che coinvolgono due
12
o più individui che interagiscono all’interno di uno spazio e di un tempo
comunicazionale, rappresenta uno strumento di una certa efficacia speculativa.
Gli autori definiscono atto fonopoietico tutti le azioni che utilizzano il canale vocale
per comunicare : parlare,conversare,cantare,discutere e riunisce in sé sia gli aspetti
verbali sia quelli non verbali.L’atto fonopoietico ha il potere di denotare(l’indicare
del segno,ad es.cane=animale domestico a quattro zampe)),di evocare(proprio del
simbolo,ad es.l’onomatopea “baubau” che per il bambino indica il cane) e di
connotare(logica affettiva della poesia,ad es. “Che vita da cani!”). (1)
Queste caratteristiche dell’atto fonopoietico torneranno ad essere utili nel fluire
della trattazione.
La seconda importante considerazione è di ordine epistemologico e ritiene come sia
fondamentale e indispensabile definire la vocalità del bambino non un fenomeno
che nasce e si sviluppa in modo indipendente e isolato,
all’interno
della
relazione
madre-bambino,già
ma che si espande
durante
la
fase
della
gravidanza.Volendo poi trovare una collocazione spaziale ideale,è Winnicott
(1970)a fornirci il luogo : l’ “area transizionale”. Quell’area nella quale ogni
bambino costruisce un ponte tra pura soggettività e realtà oggettiva condivisa. I
fenomeni vocali fanno parte dei fenomeni transizionali come il succhiarsi il
pollice,il toccare una morbida coperta .In quell’attività creativa di ricerca del SE’
attraverso il fare del gioco, il bambino inizia ad esplorare i propri suoni vocali in
quello spazio potenziale fra sè e le figure familiari che gli prestano cure e attenzioni
e inizia a scoprire le valenze e gli effetti che tali suoni da lui creati producono
sull’ambiente che lo circonda. (2)
Analogamente nel processo musicoterapico,il setting rievoca e richiama quest’area
transizionale,allo scopo di creare un contenitore in grado di accogliere e l’aspetto
espressivo-musicale e la portata semantica delle produzioni vocali.
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L’area transizionale rappresenta uno spazio emozionale di conquista delle
potenzialità comunicative del bambino. Nel presentare il “mondo a piccole dosi” da
parte della madre e delle figure di riferimento (il gruppo vocale familiare e, in
terapia,il musicoterapista ) il bambino attraverso i giochi vocali (unitamente a
giochi
motori,senso-percettivi,ecc.)
trasforma
la
sua
attività
concreta
e
protosimbolica in attività simbolica,iniziando il lungo cammino di trasformazione
delle emozioni in pensieri,del dato espressivo in dato cognitivo. Questo cammino
per Winnicott è essenzialmente “creativo”,poiché come in ogni processo creativo di
manipolazione di oggetti concreti o di idee ogni individuo si apre all’elaborazione
dei propri processi emotivi che dovrebbero avvenire attraverso una separazione per
gradi,attraverso una “madre sufficientemente buona” che aiuta il bambino a
diventare un individuo fisicamente e psicologicamente autonomo.(3)
A questo proposito,nelle arti-terapie e nello specifico della musicoterapia risulta
evidente la matrice maturativa del processo creativo,all’interno del quale il paziente
trova la propria peculiare dimensione espressiva e relazionale.
La creatività in questo senso può essere pensata come una connotazione della
personalità ,affiorante in ogni tratto della stessa,che conferisce a ciascun essere
umano di attuarsi psichicamente in un continuo rinnovamento oltre che di
comunicare socialmente i fermenti che lo animano,con stimoli e “prodotti”
innovativi. La creatività è vista quindi come forza di autoaffermazione del Sé .(4)
Le interazioni vocali tra madre e bambino sono un esempio straordinario di
creatività spontanea . Il linguaggio che la madre e le figure di riferimento principale
utilizzano nel rivolgersi al bambino assume caratteristiche proprie anche in
relazione all’età e al sesso del bambino stesso. Questo linguaggio si colloca sul
“terreno della percezione” . Esso gioca soprattutto con le qualità espressive dei
suoni, delle onomatopee,delle parole o delle frasi usando come stimoli i fenomeni
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sinestesici,abbracciando tutte le sfere sensoriali.Si tratta di un linguaggio
particolarmente ricco di colorazioni sonore e fonosimboliche , di rimandi emotivoaffettivi,vissuti nella cultura di appartenenza.
Il fonosimbolismo ,come ambito di studi,è un fenomeno di pertinenza della
psicologia della percezione,ed in particolare della percezione delle qualità
espressive di eventi sonori. Nell’affrontare il tema della vocalità questo tipo di
studio offre un’ottica indispensabile per cercare di comprendere la natura delle
qualità espressive e dei fenomeni sinestesici che ruotano attorno ad una scelta
vocale,mettendo in luce come sia possibile un passaggio da una dimensione
puramente acustica dello stimolo (altezza,intensità,timbro,ecc.)a dimensioni
pertinenti
ad
altre
modalità
sensoriali
(ad
es.le
opposizioni
grande/piccolo,luminoso/oscuro,ecc.) e viceversa,oppure riconducendosi a modalità
più complesse dell’esperienza cognitiva ed emotiva (ad es.le opposizioni
buono/cattivo,gradevole/sgradevole
ecc.).Conformemente
alla
natura
stessa
dell’oggetto di studio (la vocalità),che attiene contemporaneamente all’ambito dei
fenomeni senso- percettivi,emotivo-affettivi ,comunicativo-relazionali dell’essere
umano e a quello dei fenomeni linguistici,la ricerca in ambito fonosimbolico
contribuisce ad integrare i vari punti di vista in un rapporto di congruenza. (5)
2.2 Il gioco sonoro come fattore di crescita e di sviluppo
Le capacità di produzione e di comprensione vocale e sonoro-musicale avvengono
nel bambino attraverso la via regia del gioco.Citando il titolo di un’ opera di
Delalande ci accorgiamo veramente che la musique est un jeu d’enfant (Delalande
1984). Il merito di questo autore è quello di aver elaborato il concetto di condotta
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musicale. Il concetto di “condotta” è tratto dalla psicologia di ispirazione
funzionalistica,in particolare francese,e indica una serie di comportamenti messi in
atto e coordinati fra loro in funzione di una finalità. Si parla allora di
“comportamento” quando ci si riferisce semplicemente ad un atto,senza considerare
la motivazione che l’ha prodotto;si parla di “condotta” quando si prende in
considerazione come un comportamento soddisfi una certa motivazione,un certo
bisogno.Studiare le “condotte musicali” significa quindi mettere l’accento sulle
finalità,sui bisogni,sulle motivazioni
e sulle funzioni che vengono assolte da
ciascuna azione musicale (compreso l’ordine del vocale),siano
esse rivolte al
produrre o all’ascoltare “materiale sonoro-musicale”. Attraverso l’osservazione del
bambino e delle sue fasi di gioco (appoggiandosi sulla teoria piagetiana dello
sviluppo) Delalande arricchisce di riflesso la comprensione dell’importanza della
dimensione sonoro-musicale nella vita dell’uomo.
Le fasi di produzione sonora del bambino sono classificate all’interno di tre grandi
categorie : condotte di esplorazione,d’espressione e di costruzione. (6)
Queste tre grandi categorie non solo caratterizzano l’età evolutiva ,ma
accompagnano l’essere umano durante tutta la propria esistenza in rapporto al
bisogno di scoperta e conoscenza del mondo e nel cercare di donargli un senso.
Le condotte di esplorazione fanno appello principalmente alle attività dell’essere
umano di soddisfare i propri bisogni senso-percettivi e senso-motori legandosi
indissolubilmente
ai vissuti corporei di tali esperienze. Ogni bambino
produce,modifica e “gioca” con il suono.Questo a partire dal suo primo “strumento
d’eccellenza” datogli in dotazione :la voce. Le cose si precisano in seguito
quando,attraverso oggetti come piccoli sonagli o oggetti d’uso quotidiano,il
bambino inizia un “repertorio esplorativo globale” che si traduce in varie azioni
come guardare, battere,scuotere,grattare,ma anche annusare e portare alla bocca.
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In questa fase,un primo tratto che caratterizza l’attività senso-motoria è che la mano
del bambino,come la sua bocca ,gli servono tanto per sentire che per agire. Azione e
percezione si differenziano con la maturazione di un senso del Sé sempre più
differenziato parallelamente dall’ambiente. L’atto esplorativo, basato
sui diversi
analizzatori sensoriali e sulla motricità, opera simultaneamente nella produzione e
nella ricezione del suono,procurando diverse sensazioni che possono andare nella
direzione della piacevolezza o ,al contrario della sgradevolezza,attivando
costantemente il corpo sulla dimensione edonica dell’esperienza. Alcuni oggetti
appaiono come delle attrezzature che consentono di calamitare l’attenzione del
bambino sul risultato sonoro che deve guidare la sua ricerca. A livello di vocalità,
ad esempio, la piacevolezza di emettere suoni in oggetti a forma concava o in tubi
permette al bambino di cogliere le variazioni sonore dei propri suoni vocali. Con
queste variazioni d’intensità,intonazione e timbro vocale,il bambino si trova sulla
soglia della seconda famiglia di condotte conoscitive :l’utilizzazione espressiva del
suono.Gli studi sulle condotte del bambino nei confronti degli oggetti segnalano una
particolare relazione tra esplorazione e gioco che,mentre ne individua la
specificità,ne conferma la complementarietà,suggerendo un’analoga connessione
dei processi di pensiero implicati. Tra esplorazione e gioco vi sarebbe una relazione
d’alternanza,un ritmo “bifasico”: Un oggetto nuovo susciterebbe dapprima
comportamenti esploratori,volti a indagare le proprietà dell’oggetto;una volta
ridotto il tasso di novità contenuto nello stimolo attraverso la sua riconduzione a
schemi conosciuti,l’oggetto viene utilizzato a fini ludici :l’enfasi non è più allora
sull’oggetto ma su “io” in rapporto all’oggetto. Ripetizione e variazione appaiono
come i corollari delle condotte esplorative,conseguenze di una specifica curiosità
per lo spazio sonoro.Si tratta di una questione di accento, non di contrapposizione.
Tra esplorazione e gioco vi è una sorta di rapporto di figura –sfondo come nelle
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immagini “ambigue” segnalate dagli psicologi della Gestalt nelle quali ,in
alternanza “si vedono”diverse figure. (7)
L’espressione degli stati emozionali e affettivi attraverso la produzione vocale e
sonora rappresenta una “sequenza gestuale” che viene trascritta attraverso il
suono,ma si tratta di una sequenza re-interpretata attraverso il ricordo del vissuto
corporeo,sonoro e affettivo che gli è associato.
Inizia un primo investimento simbolico dell’oggetto sonoro messo in rapporto con
un vissuto (esperienza del movimento,dei sentimenti e degli affetti) o con certi
aspetti legati alla cultura di appartenenza (vita sociale).Il bambino scopre e utilizza
le produzioni e gli ascolti sonoro-musicali facendo appello a differenti forme di
simbolismo,più o meno convenzionale.Il meccanismo di formazione del simbolismo
sonoro è dipendente da una molteplicità di fattori :accanto alle caratteristiche
oggettive di altezza,timbro,intensità,durata ecc.,il suono infatti possiede in forma
diretta e immediata anche alcune valenze sinestesiche,capaci di costruire la base di
valori espressivi. Accanto a questi fattori,che costituiscono l’asse naturale del
simbolismo fonetico,ve ne sono altri di natura più specificatamente culturale,ed altri
ancora che vanno individuati nei significati inconsci che ciascun suono può aver
acquisito in connessione con le vicende emotive dell’evoluzione di ciascun
individuo.Possiamo distinguere tre principali categorie alle quali ricondurre i vari
fenomeni fonosimbolici :

il fonosimbolismo ecoico,che indica una produzione imitativa;

il fonosimbolismo sinestesico,che raggruppa i casi in cui lo stimolo sonoro
evoca esperienze pertinenti ad altre dimensioni sensoriali in conseguenza
della percezione.In questa categoria si troveranno organizzazioni sonore che
rimandano a dimensioni spaziali (grande/piccolo),altre che suggeriscono
18
elementi
visivi
(luce/oscurità)
o
traduzioni
di
tipo
tattile
(duro/molle,ruvido/liscio);

il fonosimbolismo fisiognomico,che raccoglie i casi in cui l’espressività
concerne l’area psicologica.In questo caso avremo organizzazioni sonore che
veicolano
emozioni
caratteristiche
come
personologiche
gioia,tristezza,serenità,paura
di
un
individuo
o
evocano
come
persona
bella,buona,brutta,cattiva,deforme,mostruosa,ecc. (8)
Il mondo sonoro-musicale viene legato a schemi di rappresentazione musicale
psicologicamente fondati. Imberty (1988), similmente a Delalande, ha dimostrato
nei suoi rigorosi studi come certe condotte legate alla vita senso-motoria e affettiva
siano generali,comuni a tutti gli individui e rintracciabili in ogni “umana esperienza
musicale”.Il simbolo musicale evoca analogicamente qualcosa. La difficoltà della
semantica musicale sta proprio nella polisemia .Ciò che collega simbolizzante e
simbolizzato è la comunanza di reazione affettive che essi provocano. Comunanza
che proviene dallo psichismo innato,dalle abitudini culturali e dalle esperienze e
associazioni individuali. La base del simbolismo musicale è emozionale,iconica e
cinetica. Questo non ci stupisce, visto che dal termine latino emoveo deriva il
termine “emozione”, che significa appunto “muovere verso”,implicando un
movimento. Anche gli studi della Langer (1942)ripresi da Stern (1985) ed inseguito
dal neurofisiologo Damasio (1999)confermano questo flusso di “affetti vitali” e di
“sentimenti di fondo” che possono essere rievocati continuamente attraverso
l’esperienza sonoro-musicale vissuta sullo scorrere del tempo.L’evocazione di
movimenti o di stati affettivi si inserisce in tutta una serie di condotte
corporee,mimico-gestuali,posturali,ecc.,mediante diversi gradi del tono muscolare.
Questi schemi di risonanza emotiva scorrono sui poli estremi dell’esperienza vitale
19
del soggetto : gli schemi di tensione o distensione che concorrono alla sensazione
generale di integrazione o disintegrazione dell’”Io”. Quando uno stimolo sonoro si
presenta in forma ambigua si crea da un punto di vista neurofisiologico una sorta di
sovraccarico sull’attività reticolare del nostro cervello;dobbiamo trovare un
compromesso che ci permetta di elaborare un’informazione carica e densa:
possiamo rielaborarla o rinunciare ad essa. (9)
All’interno della “struttura” dell’emozione, la prima fase di percezione destabilizza
la nostra tonalità emotiva di base. E’ nella cosiddetta seconda fase di “commento”
che si gioca poi la possibilità fra potere strutturante o destrutturate dello stimolo
emotigeno.Lo stato di tensione che si crea in questo delicato momento,crea
sicuramente una sorta di “privazione” degli schemi organizzativi a cui il soggetto
ricorre,ma rappresenta anche una potenziale area per una nuova attualizzazione del
campo
di
possibilità
conoscitive.
Nella
terza
fase
omeostatica
di
“ammortizzamento” si ricrea una nuova distensione con guadagno organizzativo
della nuova potenzialità o liberata dalla destrutturazione che viene in qualche modo
espulsa. (10) Ritornando al discorso delle condotte espressive del bambino,tutti i
meccanismi descritti,permettono l’accendersi delle possibilità espressive e
comunicative del proprio mondo interno attraverso il mezzo sonoro,in un cammino
che va dall’esprimere all’esprimersi. Quando le condotte musicali divengono non
solo un mezzo espressivo ma anche un mezzo comunicativo per entrare in relazione
con l’Altro,il bambino si affaccia alla terza ed ultima categoria che fa riferimento a
condotte di costruzione,o più precisamente a mio avviso, a condotte finalizzate ad
un piano di progettualità. Il bambino non solo “costruisce” produzioni sonore
attraverso “regole di gioco”,più o meno socialmente condivisibili o organizzate,ma
inizia a sviluppare la propria progettualità di gioco.La progettualità si riferisce alla
capacità “rimodellante”da parte del bambino del mondo circostante:si può dire che
20
ogni bambino impegnato nel suo gioco si comporti come un poeta in quanto dona a
suo piacere un nuovo assetto alle cose del mondo attraverso la “messa in forma” dei
propri vissuti affettivi.Il gioco si appoggia alle cose visibili e tangibili del mondo
reale,permettendo però di estrinsecare la propria interiorità: da un lato l’uso delle
cose e dall’altro la forza progettuale di rappresentare e rappresentarsi l’esperienza
del suo “essere al mondo”. Il piano della progettualità implica meccanismi
elaborativi e integrativi dell’apparato psichico sempre più profondi. Il cammino di
crescita del bambino nell’età evolutiva è segnato da due dimensioni esistenziali : il
dover essere al mondo gli si impone come necessità,ma gli offre
spazi di
progettualità, occasioni di “poter essere”. Il bambino ha comunque un enorme
carico di necessità ,proprio perché è bisognoso di cure e attenzioni da parte
dell’adulto per poter crescere e diventare autonomo . Se l’ambiente che accoglie il
bambino è garante di spazi potenziali creativi e valorizzanti allora la sua
individualità e originalità
rispettate
consentiranno un’occasione proficua per
costruirsi un’identità il più armonica possibile. Spazi e tempi creativi volti al
recupero dell’espressività individuale come quelli
che
poggiano sulla
valorizzazione della “crescita vocale e sonora” del bambino, sia che esso si trovi in
una situazione di crescita armonica o disarmonica,consentono la creazione di spazi e
tempi privilegiati connotati dall’importanza relazionale e affettiva.Nell’approccio
musicoterapico in età evolutiva ,ciò che va considerato oltre al recupero funzionale
è il recupero di una dimensione esistenziale che possa schiudersi sul mondo delle
occasioni ed opportunità di crescita. Questo non è solamente confermato in
un’ambito di riflessione fenomenologia,ma anche dalle prospettive di studio offerte
dalle moderne neuroscienze. Vocalità,suono e musica,per il loro impatto
emozionale,attirano l’attenzione e modulano gli stati emotivi del bambino.E il
bambino ,come avviene in tutte le culture del mondo,percepisce ed esprime il
21
mondo
sonoro-musicale
con
la
partecipazione
di
tutto
il
corpo
(voce,movimento),senza distinzione fra “musica” e “danza”. La vocalità dell’essere
umano,come fenomeno bio-culturale,rappresenta un coinvolgimento delle funzioni
acustiche,motorie,emozionali e dell’attività di interazione sociale.Il poter esplorare
oggetti sonori implica un continuo adattamento del corpo secondo stimoli
uditivi,visivi e somato-sensoriali coinvolgendo molte aree cerebrali oltre a quella
acustica. Le neuroscienze in questi anni stanno aprendo nuovi orizzonti alla
comprensione
dell’importanza
dell’esperienza
musicale
nella
vita
dell’uomo,contribuendo a definire il rapporto dialettico tra scienza ed arte in
“promesse” di fecondità riabilitative e terapeutiche. Le questioni più sentite sono
quelle che riguardano l’immaginario musicale e il rapporto musica-emozioni. La
ricerca sull’immaginario musicale esplora le modalità seguite per generare le
rappresentazioni musicali interne;la percezione e l’immaginario non solo
condividono
processi
psicologici
simili,ma
anche
schemi
di
attivazione
corticale.Anche la questione di come “il musicale” possa evocare risposte emotive
diversificate sul piano dell’intensità e della coloritura emozionale è affrontata ,in
questi ultimi anni,attraverso le nuove tecniche di neuroimaging funzionale. Queste
indagini non spiegheranno mai completamente il meraviglioso mistero che avvolge
l’uomo e suoi modi di rapportarsi con i prodotti estetici della sua esperienza ,ma ci
stanno indicando ad esempio come le risposte euforiche associate a taluni passaggi
musicali portano ad una attività cerebrale in varie regioni,incluse quelle
precedentemente collegate alle ricompense biologiche ad ai processi di
motivazione.In tal modo ,malgrado si tratti di uno stimolo astratto e culturalmente
contestualizzato,il suono e la musica ci offrono molte possibilità per esplorare le
architetture neurali funzionali,aprendo nuove vie di prendersi cura dell’Altro
attraverso la loro peculiarità riabilitativo-terapeutica. (11)
22
2.3 Le coppie primarie dell’esperienza vocale e sonoro-musicale
Come ho già sottolineato il corpo del bambino,non in quanto oggetto,ma in quanto
struttura di relazioni con il mondo,costituisce il punto originario,di ogni esperienza
umana. E’ il corpo fenomenico che vive nel mondo così come il mondo e in
relazione a un soggetto o ai soggetti che gli danno un significato. Queste
espressioni,appariranno più chiare proprio occupandoci dell’ordine del vocale e del
musicale. L’esperienza del mondo inizia infatti non quando si percepisce una
cosa,ma
piuttosto
quando
si
percepisce
una
differenza,un’alternanza,un
“ritmo”.Esperire non è stare in una posizione bensì in una disposizione.L’esperienza
è possibile solo quando qualcosa è già accaduto.Conoscere è in qualche modo riconoscere qualcosa che è già avvenuto e potergli attribuire un senso. Ed è proprio
perché il tempo supporta ogni esperienza con la continuità del suo ritmo che noi
possiamo identificare le cose,dare loro dei nomi e parlare di esse. Nomi e concetti
non sarebbero possibili senza quest’esperienza di riconoscimento di ciò che si è già
esperito. Il tempo oggettivo,quello misurato con l’orologio e scandito dal
metronomo,il tempo spazializzato,non è una cosa ma un costrutto che nasce a
partire dall’esperienza del ritmo. Per il neonato il mondo temporale è scandito in
termini di assenza o presenza della madre.Le prime esperienze di essere al mondo
sono scandite da elementi ritmici,dal battere /levare,dalla presenza/assenza della
madre,del cibo,della luce,del suono e degli oggetti,da stati di tensione/distensione.
Nel ritmo dell’andare e del venire,il bambino struttura quell’esperienza percettivoemotiva che lo aiuterà a riconoscersi come soggetto del mondo e a riconoscere
l’altro. In questo perenne gioco di rimbalzo in cui consiste la stessa esistenza, e che
è anche rimbalzo tra desiderio e frustrazione, il bambino cresce ed elabora
23
gradualmente la sua identità e la sua struttura di relazioni con il suo mondo interno
ed esterno.Uno dei più potenti veicoli di orientamento percettivo-emotivo per il
bambino è rappresentato dagli aspetti ritmico-sonori,soprattutto quelli legati alla
voce e al contatto corporeo che “contengono” i vissuti emozionali del bambino
rispetto alle diverse esperienze che vive e deve affrontare ( ciò che Winnicott
chiama holding e handling di una madre sufficientemente buona). (12)
La
“materia sonora” rappresentata dalla vocalità della madre che con-tatta il
bambino “parla” direttamente alle percezioni e alle emozioni di quest’ultimo.Non
solo. E’ all’interno dei proto-dialoghi della diade madre-bambino che troviamo la
dualità del ritmo,presente in tutta la sua fisicità e corporeità.Il ritmo è quindi una
dimensione di fondo dell’esperienza umana. Gli elementi su cui esso opera si
manifestano,come presenza/assenza,cioè come relazione.
L’esperienza vocale e
sonoro-musicale si fonda su coppie primarie di relazione ,dove l’elemento della
dualità scandisce l’esperienza in termini spazio-temporali.Ecco che i parametri della
percezione uditiva vocalmente e musicalmente considerati divengono strutture di
significazione
non
soltanto
in
termini
affettivo-relazionali
ma
anche
cognitivi,coinvolgendo tutta la sfera dell’apprendere qualcosa dall’esperienza
vissuta. Questi principi devono essere tenuti ben presenti dal musicoterapista nel
suo setting di lavoro,poiché rappresentano i mezzi che donano un senso non solo
all’esperienza sonoro-musicale ma soprattutto a quella comunicativa e relazionale
della diade bambino/terapista.
Cercherò dunque di sottolineare le principali coppie dell’esperienza percettiva
vocale e sonoro-musicale che rappresentano la base di ogni esperienza relazionale di
essere con l’Altro.
24

Suono/silenzio. “C’è /non c’è” ..Il suono è tale in relazione al silenzio su cui
si staglia,si oppone a esso come rottura di una stabilità,così come la luce è
tale in virtù della sua opposizione al buio.Il silenzio costituisce uno
strumento espressivo fondamentale perché grazie ad esso e su esso il suono
prende corpo.Anzi,può costituire esso stesso un mezzo elettivo di
comunicazione e di espressione.

Figura-sfondo.
All’interno
del
parametro
della
discriminazione
uguale/diverso tale relazione,ricorda Shafer (1977),è “il prodotto di una rete
di abitudini culturali e percettive,in cui l’esperienza tende a essere
organizzata secondo linee prospettiche che comprendano un primo
piano,uno sfondo,e un lontano orizzonte”. (13)

Forte/piano . Un altro costrutto della relazione tra corpo e mondo da un
punto di vista sonoro è l’intensità. Anche qui la primaria discriminazione è
tra due polarità,ma naturalmente esiste una dinamica di gradazione che si
può articolare attraverso un continuum dal piano al forte (crescendo),dal
forte al piano (diminuendo). L’intensità mostra quanta energia è diretta
verso uno scopo o quanto intenso è un sentimento.Ci rivela il “quanto”.
L’aggettivo “intenso”, dal latino intensum,participio passato di intendere
“tendere con forza”, ci informa della forza fisico-corporea che accompagna
l’essere umano nel vivere esperienze molto cariche e dense anche dal punto
di vista psicologico,quindi dello stato di tensione che occorre per
manifestare qualcosa con forza o del “sentire” qualcosa in questi termini o
nel suo contrario (debole intensità).

Il corpo e la fonte del suono : il timbro. Un altro costrutto fondamentale
nella percezione del bambino e nella sua ricerca creativa è il timbro.Esso
permette di distinguere e di identificare la fonte del suono prodotto ed ha a
25
che fare con la forma e la materia della fonte sonora. Acusticamente il
timbro fa riferimento al fenomeno degli armonici.Gli innumerevoli oggetti
materiali,naturali
e
artificiali,producono,una
volta
toccati
percossi,pizzicati,sfregati o messi in vibrazione da un flusso d’aria,
un’infinità di timbri.Il timbro ha a che fare con il toccare,un gesto
fondamentale per il bambino nelle sue prime esplorazioni. Le sensazioni
tattili costituiscono uno dei primi modi attraverso cui,in quanto corpo
vivente,ci rapportiamo al mondo. Con la mano che tocca si fa l’esperienza
del
liscio
e
del
ruvido,del
duro
e
del
morbido.Toccando
gli
oggetti,percuotendoli,gettandoli a terra il bambino scopre i loro suoni o i
loro rumori come sordi,cupi,brillanti,aspri. L’esperienza emotiva ed affettiva
delle diverse sfumature timbriche è offerta al bambino attraverso la
discriminazione dei timbri vocali. Il timbro di voce rappresenta una sorta di
impronta digitale unica ed irripetibile per ciascun essere umano :è infatti
diverso per ogni persona ,poiché risente dell’azione filtro delle cavità di
risonanza.Le differenze anatomiche e l’atteggiamento funzionale e
psicologico prevalentemente assunto ci informano sul “chi”vocale della
persona.

Acuto/grave . Anche la discriminazione delle altezze,da cui si è sviluppato
l’elemento melodico vocale e musicale,è un aspetto importante della
relazione tra corpo e mondo. Anche in questo caso la segmentazione
parcellizzata delle note degli intervalli ,frutto di una lunga ed elaborata
evoluzione
culturale,è
preceduta
nel
bambino
dalla
distinzione
acuto/grave,dove l’acuto richiama l’alto,cioè una posizione elevata nello
spazio,mentre il grave richiama il basso.I suoni acuti ,riprodotti con la
voce,risuonano “in testa” mentre quelli gravi nel petto e nello stomaco. I
26
bambini associano altre caratteristiche riferite alla qualità percettiva
dell’esperienza di suoni gravi e acuti come la dimensione di un oggetto
grande/piccolo o le caratteristiche fisiognomiche di un essere animato
grande , grosso e minaccioso rispetto ad uno piccolo , minuto e gradevole. Il
cosiddetto “tono di voce” si riferisce alla variazione di altezza nella
pronuncia delle parole che in alcune lingue come il cinese o il
giapponese,serve anche a distinguere parole con significati diversi.Il tono di
voce si riferisce alla modulazione e al colorito della medesima.

Battere e levare .Dall’esperienza tattile-udiva ritmica intrauterina del battito
cardiaco
(diastole/sistole)
a
quella
collegata
alla
respirazione
(inspirare/espirare) ogni esperienza si configura come alternanza e relazione
fra le cose.Il fluire del movimento si caratterizza da un elemento che ricorre
con più o meno regolarità,frammisto di momenti di tensione e
distensione.Una certa regolarità ritmica rappresenta uno stato di equilibrio
per l’essere umano solo se no aumenta o diminuisce i bisogni. Il fluire del
ritmo dona sicurezza,stabilità,prevedibilità e fornisce la rassicurazione che le
forze
o
l’energia
istintiva
non
diverranno
opprimenti
né
scompariranno.L’andamento agogico dell’esperienza sonora (l’alternanza a
tempi veloci e lenti) si colloca nella considerazione “uguale/diverso”.La
pulsazione come fatto biologico (battito del cuore,respirazione,ecc.) si
collega direttamente ad esperienze relazionali e sociali come i ritmi
d’interazione madre- bambino,ritmi vocali,di movimento,di gesti,che si
dilatano o diventano incalzanti,che scorrono fluidamente o si frammentano.

Parola,suono,movimento.
La voce
comunica in primo luogo l’unicità di chi la emette.Il proprio di
un’emissione fonica non sta nel puro suono,sta piuttosto nell’aspetto corporeo e
27
relazionale a cui essa rimanda.La grana della voce concerne soprattutto il modo
in cui,mediante la voluttà dell’emissione sonora,la voce lavora nel
corpo.Esistono differenti piani di analisi del suono prodotto dall’apparato
fonatorio e diverse valenze collegate ai parametri del suono come illustrato dalla
Fig.1.2.3.
Piano acustico
Piano Uditivo
Durata
Lunghezza
Piano Articolatorio
Tensione
dell’articolazione
Frequenza fondamentale
Altezza
(in Hz)
Ampiezza
di
vibrazione
delle corde vocali
Volume
(in db)
Configurazione spettrale
Velocità
Sforzo
Respiratorio
Timbro
Movimenti
articolatori
specifici nella cavità orale
Fig.1.2.3 Piani di analisi del suono prodotto dall’apparato fonatorio
( da Anolli/Ciceri,1992,op.cit.,p.443)
Nell’atto fonopoietico i diversi sensi comunicano in virtù di quell’atto
intersensoriale che è la percezione naturale.Il corpo ,ricorda Merleau-Ponty
(1945),è un sistema sinergico,in quanto è l’immagine coagulata dell’esistenza.
28
Si può dire di vedere un suono o di ascoltare un colore poiché ogni sensazione
fa vibrare tutto l’essere sensoriale. In questo contesto il movimento,inteso non
solo come il movimento oggettivo nello spazio ma anche come progetto di
movimento,come protensione del corpo verso il mondo e le cose,costituisce il
fondamento dell’unità sensoriale. Infatti, usando ancora le parole di MerleauPonty, “ è il corpo a dare un senso non solo all’oggetto naturale,ma anche a
oggetti culturali come le parole”. (14) La multisensorialità ,che nella percezione
amodale del bambino piccolo rappresenta la modalità bio-psicologica
caratterizzante la conoscenza del mondo,si fonda sulla trasversalità di alcune
categorie percettive come appunto il ritmo e gli aspetti melodici intonazionali.
L’elemento ritmico in particolare è presente nel suono delle parole,nei
movimento corporei che lo accompagnano,nell’espressività del volto che si
anima sotto la spinta di un suono che esce dalla bocca. Il ritmo non solo
ascoltato ma anche visto,annusato,gustato,vocalizzato e gestualizzato,offre la
possibilità di una sua completa interiorizzazione. Questa prospettiva, dunque, si
rivelerà utile non solo in termini sonoro-musicali,ma in modo complementare,
per lo sviluppo dello schema corporeo,della comunicazione e del linguaggio del
bambino all’interno di una dimensione relazionale.Basti pensare dunque alla
conseguente ricaduta di tali concetti sotto il profilo riabilitativo-terapeutico.E’
per questo che, pur appesantendo questa prima parte di indagine concettuale,si
potrà chiarire nel seguito della trattazione il contributo fecondo di tali
fondamenti teorici, in un’ottica terapeutica che utilizza i parametri sonoromusicali come elementi armonizzanti .L’utilizzo di tali principi si radica nelle
relazioni motivate fra ciò che abbiamo definito come “coppie primarie
dell’esperienza sonoro-musicale e vocale” e la qualità o stile relazionale che si
instaura nelle interazioni della diade musicoterapista-bambino nella cornice del
29
setting musicoterapico.La multisensorialità , le conseguenti relazioni tra il
linguaggio verbale ,non verbale e vita affettiva ed esperienza vissuta,sono il
punto di partenza di proposte sonore e vocali coralmente scelte che intendono
ricercare,ricostruire e restituire una significatività all’essere e all’agire del
bambino in trattamento. (15)
Note al capitolo secondo
1)L.Anolli / R.Ciceri,op.cit., pp.97-99
2) D.W.Winnicott (1971),Gioco e Realtà,Armando,Roma 1974,pp. 41-42
3)P.E.RicciBitti (a cura di),Regolazione delle emozioni e artiterapie,Carrocci,Roma 1998,pp.55,61.
4) (a cura di ) G.Belgrado,Il bambino dal suono alla musica,Giunti & Lisciani
editori,Teramo,1987,p.61.
5)F.Dogana,Suono e senso – Fondamenti teorici ed empirici del simbolismo
fonetico,Franco Angeli,Milano, 1983,p.16
6) cfr. F.Delalande,Le condotte musicali,Clueb,Bologna,1993,pp.53-83.
La trattazione generale del cap.secondo e del par.2.2 ha tenuto conto dell’opera di
G. Freddi,Azione,Gioco,Lingua-Fondamenti per una glottodidattica per bambini,
Liviana Editrice ,Padova,1990.
7) A.Bondioli,Gioco e educazione,FrancoAngeli,Milano 1996,p.413.
8) P.L.Postacchini (et alii),Lineamenti di musicoterapia,Carocci,Roma,
1998,pp.42-43.
9)M.Imberty,Suoni Emozioni Significati,Clueb,Bologna,1988,pp.
30
10) P.E.Ricci Bitti/B.Zani,La comunicazione come processo sociale,Il Mulino,
Bologna,1983,cap.6.
11) appunti dalla relazione di R.J.Zatorre , Prima edizione del Convegno
internazionale “The Neuroscienceand Music”, 25-27 ottobre 2002,Fondazione
Mariani,Venezia.
12) D.W.Winnicott (1971),Gioco e realtà,Armando,Roma 1974,p.190.
13) R.M. Schafer (1977),Il paesaggio sonoro,Ricordi-Unicopli,Milano,1985,p.213.
14) M. Merleau-Ponty (1945),Fenomenologia della percezione,Il
Saggiatore,Milano,1972,p. 314.
15) La trattazione di tutto il paragrafo 3 del cap.2 ha preso spunto dal cap. sesto
dell’opera di E.Bottero,A.Padovani,Pedagogia della musica,Edizioni Guerini e
Associati,Milano,2000 . Per la definizione dei parametri della percezione uditiva:
cfr. C .Giordano et alii,Biologia della musica,Omega Edizioni,Torino,1999,
pp.194-201.
31
Capitolo terzo
LO SVILUPPO DELLA VOCALITA’DEL BAMBINO
3.1 Il gioco delle relazioni : sviluppo vocale e sviluppo della competenza
comunicativa
Per comprendere l’importanza che occupa la dimensione vocale all’interno di un
approccio musicoterapico rivolto a bambini con Disturbi Generalizzati dello
Sviluppo (DGS) e alle implicazioni metodologiche dell’uso di tale dimensione, è
necessario far riferimento ad una prospettiva che indaghi innanzitutto i fenomeni
vocali nei quadri armonici dello sviluppo.Ciò significa tenere
conto, in modo
imprescindibile, dell’analisi dello sviluppo della competenza comunicativa,a partire
dalle prime interazioni del bambino con il proprio ambiente di vita. La vocalità si
inserisce in modo integrato nel più ampio e complesso dominio della
comunicazione come processo sociale. In
quadri disarmonici, la competenza
comunicativo-vocale risulta più o meno gravemente compromessa o appare atipica
rispetto alle situazioni armoniche.Per poter analizzare le caratteristiche peculiari e
32
distintive dei profili comunicativo-vocali esibiti da questi particolari bambini
occorre far riferimento alle conquiste e agli appuntamenti evolutivi cruciali nel
processo di crescita e maturazione dell’individuo che si afferma come persona .Ed è
proprio scomponendo la parola per-sona che appare evidente nel termine latino
sonum (suono) la matrice sonora originaria e originale del nostro essere nel mondo
(1) riconducendo la trama della trattazione all’importanza della dimensione sonoromusicale vissuta nella relazione terapeutica che conduce il bambino nel percorrere il
cammino attraverso la propria in-sonanza (atto di un vivere),alla per-sonanza
(scoperta sempre più consapevole della propria vocalità)per giungere ad una con –
sonanza (voce comunicante) (2) all’interno di uno spazio privilegiato (il setting
musicoterapico)di relazione e comunicazione.Migliorare la qualità del rapporto
relazionale attraverso un’attenzione particolare alla espressività vocale del
bambino,significa non soltanto porsi in un ottica riabilitativo- terapeutica più
efficace, ma accettare una continua riesamina del materiale sonoro-musicale
attraverso una visione il più possibile globale che si avvicini alla realtà
biopsicosociale dell’individuo.(3)
Nella prassi musicoterapica con bambini affetti da DGS diviene dunque
fondamentale ricondursi alle tappe di conquista “armoniche” per poter valutare,
caso per caso,i possibili deragliamenti,intesi non come devianze a norme
rigidamente stabilite,ma come modalità “altre” di vivere l’esperienza vocale.La fase
cosiddetta prelinguistica dello sviluppo comunicativo non è da considerarsi
precomunicativa : le modalità utilizzate dal bambino per comunicare attraverso
segnali non verbali,verranno trasferite poi nella comunicazione linguistica. Quando
fra la fine del primo anno e l’inizio del secondo anno di vita compare il
linguaggio,esso rappresenta un’estensione del repertorio comunicativo del bambino.
Il neonato appare un organismo già dotato alla nascita di un’organizzazione
33
sensoriale altamente strutturata in grado di selezionare in modo attivo stimoli
sensoriali provenienti dall’ambiente circostante,capace cioè fin dalla nascita di
partecipare all’interazione attraverso diversi canali (visivo,vocale,tattile).Nel
periodo neonatale il bambino possiede una adeguata sensibilità visiva e
l’accomodazione matura rapidamente: egli discrimina gli schemi visivi e presta
particolare attenzione a schemi dotati di caratteristiche strutturali complesse quali il
volto umano (tridimensionale e mobile).
Ed è proprio il volto materno a rappresentare la zona vocale d’eccellenza : da esso
provenie la voce materna,associata ad altre qualità sensoriali come la configurazione
e l’espressione (aspetti visivi),il profumo e l’odore della pelle (aspetti olfattivi),il
contatto e i movimenti del volto e del corpo (aspetti tattili e cinesici).Tutti questi
aspetti si riconducono ai contenuti della vita emotiva e affettiva all’interno del
complesso gioco delle relazioni umane.I processi di relazione e comunicazione
appaiono fondati su rapporti sociali in cui l’adulto (madre o caregiver) svolge il
ruolo di fonte di stimolazioni,di contenimento (holding) e di interprete dei
comportamenti-segnale dei bisogni manifestati dal bambino .Si può quindi parlare
di un sistema di comunicazione circolare adulto-bambino in cui avviene un processo
di adattamento e influenzamento reciproco,caratterizzato da un suo specifico aspetto
evolutivo.Quando un bisogno è espresso dal bambino (ad esempio nel segnalare la
richiesta della poppata attraverso l’uso di vocalizzi o del pianto) si verifica
necessariamente un cambiamento anche nell’affetto e nel tono edonico.
Si viene a creare una sequenza di eventi con forte pregnanza emotivo-affettiva che è
rappresentata come un copione,uno scenario,una rappresentazione di eventi
attraverso una configurazione temporale,cioè il profilo nel tempo di questi
cambiamenti (il pianto del bambino,la reazione vocale di contenimento della
madre,i comportamenti consolatori come il prendere in braccio il bambino ,il
34
cullarlo fino all’offerta del latte,la consolabilità e la coccolabilità del bambino
ecc.).Da un punto di vista soggettivo,tutti questi cambiamenti che si verificano
insieme sono vissuti e rappresentati come una “forma” affettiva” proprio come una
frase di musica polifonica ,in un concerto “a più voci”.(4)
La concezione dello sviluppo del bambino come essere che a livello epigenetico si
evolve,ci fa riflettere in termini di punti sensibili che coinvolgono tutti gli aspetti
delle aree di sviluppo del bambino,compreso quello vocale. Nei primi due anni di
vita assistiamo a scatti cruciali nei quali si ri-negoziano e si ri-organizzano fra
madre e bambino i vissuti,le aspettative,i desideri,le fantasie ,cioè quelle complesse
reti di schemi che stanno alla base di ogni comportamento sociale umano (modi di
agire e di pensare) e che Stern (1995) definisce con il termine di “reti di schemi di
essere con”.(5) Anche l’espressività vocale contribuisce all’attivazione di tali
schemi,manifestando
un
prosodiche,lessicali,ritmiche,ecc.)
contenuto
e
un
contenuto
manifesto
intrapsichico
(scelte
(
vissuti
emotivi,aspettative,desideri).
3.2 La vocalità del bambino in rapporto alla costruzione del senso del Sé
A chi osserva direttamente i bambini,la presenza di fasi di sviluppo non può non
apparire evidente. Queste fasi non vengono tuttavia viste come contrassegni rigidi di
determinate tappe di conquista che procedono per stadi successivi,ma come
modalità attraverso le quali il bambino affronta di volta in volta determinati “punti
critici”della sua crescita.L’individuazione di ciò che normalmente viene definito
“sano” non serve in questa sede di lavoro a far emergere quelle condotte cosiddette
patologiche,ma costituisce una premessa indispensabile per accostarsi ad un
35
atteggiamento terapeutico attraverso il suono e la musica che si rivolge ai bambini e
per i bambini,poiché la loro maturazione si presenta
come un processo
permanente,continuo e globale. In passato si affermava che l’uomo era una sintesi
tra filogenesi (ciò che caratterizza l’evoluzione della specie) e ontogenesi (ciò che
caratterizza
lo
sviluppo
dell’individuo
partendo
dal
suo
patrimonio
genetico).Attualmente si preferisce porre l’accento sull’epigenesi,intendendo con
tale termine tutta l’organizzazione somatica e comportamentale dell’individuo che si
manifesta attraverso una costruzione dipendente sia dal programma genetico di base
che dalle informazioni messe a sua disposizione dall’ambiente e dalla relazione con
gli altri individui.Appare dunque evidente che il riferimento a determinate
competenze che maturano e si riorganizzano nel percorso di crescita scaturisca da
esigenze di ordine teorico,metodologico e clinico,congiunti con pressioni di tipo
sociale e culturale. (6) Postulare alcune entità clinico-evolutive strettamente
collegate con specifiche fasi sensibili,costituisce per il musicoterapista che opera
quotidianamente attraverso lo strumento dell’osservazione,un punto di appoggio
insostituibile nel cercare di descrivere e nel restituire un senso condivisibile alla
“partitura interiore” di ciascun bambino.
Cercherò ora di delineare i principali punti sensibili dell’ordine del vocale
mantenendo la prospettiva sterniana sul ruolo centrale che occupa la costruzione
del senso del Sé da parte del bambino,cioè il modo con cui egli sperimenta se stesso
in rapporto con gli altri all’interno di un’esperienza soggettiva che organizza tutti
gli eventi interpersonali. Man mano che emergono nuovi comportamenti e capacità
essi vengono riorganizzati per formare nuove prospettive soggettive organizzanti il
senso del Sé e dell’”altro”. La sfida terapeutica che deriva da queste considerazioni
è che il bambino,qualsiasi bambino, cresce e si forma costruendo rappresentazioni
di Sé e degli oggetti esterni.L’intreccio e lo scambio sottile che esiste tra queste
36
rappresentazioni,tra le loro idealizzazioni e i loro collassi, costituiscono la trama
spazio-temporale del vivere e del conoscere. Ciascun bambino è un soggetto che insegna,cioè immette i suoi segni emotivo-affettivi nell’oggetto, nel tentativo
continuo di conoscerlo e riconoscerlo.I processi cognitivi ed affettivi sono
inscindibili;l’apprendimento non può essere separato da una attivazione affettiva ed
anche una intensa esperienza affettiva contiene in sè l’attivazione di processi
percettivi e cognitivi.Il corpo con la sua unità,i suoi stati,le sue azioni,i suoi ricordi e
il suo sentire emozionale,è la base della prima organizzazione della realtà per il
bambino.Ed proprio dal corpo che scaturisce l’energia sonora dell’espressività
vocale : esperienza che agisce nella formazione degli schemi sensoriali e mentali
(senti-mentali)del bambino.Molte ricerche si sono concentrate nell’investigare il
potere del suono sulla persona;si tratta ora di rivendicare il potere della persona sul
suono e della persona su se stessa attraverso il suono( il proprio suono-voce)e la
relazione con l’”altro”.
Lo sviluppo della vocalità del bambino inizia già durante il periodo prenatale.
Il vissuto sonoro prenatale è fortemente influenzato dalla voce materna,uno stimolo
sensoriale e neuroaffettivo irrinunciabile :le sue proprietà sinaptogeniche
organizzano e attivano il sistema neurovegetativo e le strutture cerebrali del
nascituro a partire dalla stimolazione diffusa della pelle e dell’orecchio interno.
Secondo gli studi di Tomatis (1972,1987,1992) la colorazione timbrica e melodica
della voce materna oltre ad essere veicolo di emozioni e affetti,crea una continuità
tra la comunicazione intrauterina e la formazione di tutte quelle strutture che nel
tempo si attiveranno per lo sviluppo del linguaggio.
La diade madre-feto,durante il suo intero decorso,vive sempre all’insegna di
condotte multisensoriali e pluridimensionali : è attiva sul piano termico,è viva a
livello muscolare,vibro-tattile,uditivo.Usando le parole di Tomatis (1987):
37
“L’orecchio umano,desideroso di ascoltare,prepara dunque l’ambiente fin dai primi
giorni della concezione.Esso è primo in tutto,manifestando la sua vitalità nello
sviluppo della capacità di comunicazione,comunione.
Prepara tutta la sua rete neuronica al fine di registrare ,di fissare il più possibile le
tracce delle esperienze fetali,future basi del percorso umano che il bambino dovrà
intraprendere dopo la nascita”.(7) Si forma un circuito cibernetico di comunicazione
audio-vocale già a partire dal 4°mese di vita intrauterina in stretta relazione con una
sensibilità totale,ampia,sinestesica. (8)
Ed
anche subito dopo la nascita,questo intimo gioco del conoscersi e del
riconoscersi attraverso sonorità elettive,proseguirà per far ritrovare al neonato quel
clima affettivo che aveva già vissuto all’interno del grembo sonoro della madre.Il
neonato riconoscerà la voce che lo aveva intrattenuto. Certo è cambiata,non più
distorta e amplificata dalla risonanza ossea e dal mezzo acquatico ,ma il piccolo ne
ricorderà la colorazione timbrica,le inflessioni,il ritmo : tracce indelebili che si
fisseranno sul profilo della futura competenza comunicativa.All’interno di quella
zona
psichica
che Ster chiama costellazione materna,si avvia il cammino di
crescita del bambino.I desideri,le paure,le fantasie,i ricordi,le motivazioni e le
relazioni della madre organizzeranno la situazione reale di avere un bambino di cui
prendersi cura. (9)
Nella costruzione di senso che si associa all’avvio precoce della relazione madrebambino, ed anche all’espressione vocale,sono compresenti le esperienze sia del
vivere che dell’essere vissuti.
E’il primo pianto alla nascita,dopo che il neonato è emerso dal ventre materno, a
segnare
convenzionalmente
la
comparsa
della
voce
nel
bambino.
Ciononostante,grida di tipo umano da parte del feto nell’utero materno sono state
già rilevate.I neonati presentano diversi tipi di pianto (dalla nascita al 7° mese),
38
come ad esempio : segnale alla nascita,caratterizzato da un andamento melodico
uniforme o in discesa verso i gravi,solitamente afono,sempre sforzato e stridulo,con
colpi
di
glottide;segnale
di
dolore
altezza,stridulo,duro,rauco,teso;segnale
di
:
fame
lunga
:
durata,acuto
melodia
in
ascendente-
discendente,frequenti colpi di glottide;segnale di piacere : andamento melodico
piatto ,ipernasalizzazione,mai afono né stridulo,sonoro e rilassato.
Già prima dei 2 mesi di vita cominciano a comparire suoni vocalici che
accompagnano stati di benessere o malessere (tono edonico).Le grida del neonato e
le altre vocalizzazioni sono sempre accompagnate da espressioni facciali e
movimenti del corpo.Si riscontrano due classi di vocalizzazioni :vocalizzazioni
positive ,associate con un’espressione sorridente (gorgheggi,riso,strilletti) e
vocalizzazioni negative , associate a smorfie,tremolio delle labbra e corrugamenti
(lamento rauco o morbido);
Precocemente il bambino si attiva “intuendo”come un certo fenomeno produca
sull’ambiente una certa modificazione. In questa fase il primo senso di sé che il
bambino sperimenta è un sé fisico,sperimentato come unità fisica unitaria dotata di
una volontà,di una vita affettiva e di una storia propria.Stern afferma che tale senso
del sé opera al di fuori di ogni consapevolezza. E’ un senso del Sé esistenziale,
definito dall’autore come“senso di un Sé emergente”.(10)
Il neonato ricerca stimolazioni sensoriali,manifestando
precise inclinazioni e
preferenze.Egli risponde alle intonazioni della voce ancor prima di essere in grado
ovviamente
di
comprendere
il
linguaggio
verbale
;
mostra
un’ampia
discriminazione tra differenti patterns di espressione nell’intonazione ed è sensibile
a quelli che possiamo definire suoni-carezza :la mano,la guancia,una qualsiasi parte
del corpo che accarezza o che è accarezzata si realizza sinestesicamente e quindi
39
anche musicalmente parlando,sulla base di una sonorità liscia,glissata,delicata,
contenuta sul piano spaziale e temporale.La “melodizzazione” della voce materna è
sinonimo di tutte le dimensioni di moto che la madre-sonora attiva con l’intento di
soddisfare i bisogni del neonato.
All’interno di questa cornice di forte
attaccamento,l’espressività vocale non può altro che attivarsi tramite un con-tatto,ed
è quindi per questa caratteristica che potremmo anche dire che ogni suono ha alla
sua origine una azione e un conseguente vissuto tattile del corpo-pelle.
Ecco che le interazioni madre –bambino saranno caratterizzate inoltre da:
suoni-soffio (madre che sospira,fischietta,soffia sulla pelle del neonato);suonipizzico(carattere giocoso di un gesto-suono ritmico,staccato,”birbantello”);
suoni-espulsi( pernacchiette,giochi con le labbra,suono del motorino);
suoni-dita o palmo ( suoni onomatopeici come “ tic,tacchete,pic”che diteggiano il
corpo del bambino,evidenziandone una parte;”senti qui ?”, “ti faccio totò !” :la
madre picchietta e tamburella il corpo del piccolo).
Si vengono a creare effetti inattesi e di attesa. La “sensibilità materna”in quanto
tale,sembra possedere la dote di riportare la madre e le persone che si prendono cura
del neonato,al recupero e alla pratica dei linguaggi primitivi,dei segnali primitivi
come “attrezzi” più diretti ed utili alla realizzazione e alla comprensione delle varie
forme di comunicazione realizzabili con il neonato. E gli “attrezzi” sonori e
musicali,nella loro condizione di primordialità,sembrano essere anche quelli più
idonei ad un contatto che ha come obiettivo essenziale quello di favorire la vita e la
crescita.Il con-tatto sonoro,prima di linguaggi più organizzati e complessi,arriva più
in fretta,ed ha la capacità di prendere, di avvolgere e di coinvolgere la vitale
corporeità del neonato.Questa primaria espressività vocale,fa parte di quella umana
matrice vocale che ha origini molto profonde.
40
E’ sulla base di questa matrice vocale materna che la “nuova vita” sente,di essere
compresa all’interno di qualcuno che sa subito agire per il suo bene. (11)
Se il bambino è insoddisfatto nel corpo,gli risulta molto difficile sviluppare
aspettative stabili verso l’ambiente.
Intorno ai tre mesi di vita i bambini mostrano una vera trasformazione.Quando si
impegnano nell’interazione sociale appaiono più pienamente integrati.Sembrano
affacciarsi alla relazione interpersonale con una prospettiva organizzante che ci fa
pensare che abbiano un senso integrato di sé stessi,sotto forma di un corpo separato
e compatto e una maggiore capacità di controllo delle proprie azioni.Ciò si realizza
in quello che è stato definito da Stern “senso di Sé nucleare”.Esso comprende
elementi affettivi peculiari come la presenza del sorriso sociale e di vocalizzi diretti
all’”altro” e si basa sul funzionamento di numerose capacità interpersonali. Il
formarsi di questo senso del sé nucleare modifica il mondo soggettivo e sociale del
bambino poiché apre il campo delle relazioni nucleari. Secondo Stern,il bambino
sperimenta in modo più profondo il senso di separazione fisica ma anche il senso
dell’esperienza affettiva che lo lega alla madre.L’autore precisa che il termine
“senso” opera al di fuori della “consapevolezza”,fraintesa con altri termini come
“concetto”o “conoscenza”.Dall’incontro delle modificazioni comportamentali
dell’adulto con le predilezioni del bambino,nasce,per quest’ultimo,l’occasione
ottimale di percepire quelle costanti comportamentali che servono a identificare il
Sé e “l’altro da sé”. Si pone l’occasione al bambino di identificare,attraverso
interazioni interpersonali reciprocamente costruite, vere e proprie “isole di
coerenza”.(12)
Il bambino facilmente si sintonizza a “ far molto con poco”,grazie alle combinazioni
con le quali già inizia a giocare.. Egli propriamente si adopera a variare una piccola
serie di elementi per creare una più ampia gamma di possibilità.(13)
41
Emerge un vero e proprio sforzo comunicativo e una predisposizione all’esprimere i
propri vissuti attraverso “il tema con variazione”.Le vocalizzazioni appaiono in
questo periodo meno dipendenti dagli stati fisiologici e si producono due
cambiamenti nei rapporti del bambino con l’ambiente sonoro. Il bambino impara ad
ascoltare ,cioè a fare più attenzione alla voce umana e a chi la produce.Quando la
persona gli parla,volta gli occhi o la testa e lo guarda.Tende inoltre a rispondere
(sorrisi,vocalizzi eccitazione motoria)a chi gli rivolge la parola e o la gestualità
corporea e mimico facciale. L’adulto è come incoraggiato dallo stesso bambino a
rivolgersi a lui con determinate espressioni vocali,in un straordinario gioco di
rimandi sonori e affettivi,definito con il termine di baby talk (o maderese) : un
linguaggio strutturalmente e pragmaticamente diverso da quello utilizzato per
rivolgersi ad adulti o a bambini più grandi e che varia anche a seconda del sesso del
bambino(ai “maschietti” si rivolgono sfumature espressive diverse che non alle
“femminucce”). Le differenze riguardano i seguenti aspetti:
ASPETTO GRAMMATICALE : linguaggio semplificato formato da frasi brevi e
semplici dal punto di vista sintattico,ma corretto;
ASPETTO LESSICALE : viene utilizzato un vocabolario ristretto,legato in modo
diretto a quella che è l’esperienza quotidiana del bambino;
ASPETTO PROSODICO : l’intonazione è alta, spesso esagerata,sono presenti
alcune peculiarità fonetiche,ad esempio la pronuncia lunga delle vocali;
ASPETTO DELL’EFFICACIA COMUNICATIVA : è un linguaggio che evidenzia
una notevole ridondanza,cioè le ripetizioni sia complete che parziali risultano
frequenti ,le riformulazioni e le parafrasi sono numerose; sono inoltre presenti un
numero molto alto di domande e di imperativi;uso delle onomatopee e di
caratteristiche fonosimboliche (ad esempio un “tono alto” per indicare qualcosa di
42
piccolo,sottile,svelto,vivace,un
“tono
basso”
per
qualità
opposte
come
grande,grosso,goffo,gonfio…);
ASPETTO RITMICO : il ritmo di emissione è più lento, le pause tra gli enunciati
risultano in media più lunghe rispetto a quelle di una conversazione normale.(14)
Le prime
funzioni
ad emergere intorno a questi aspetti
sono quelle di
“negoziazione dell’attenzione”, di “espressione delle emozioni” e di “marcatura di
eventi”.
Gli aggiustamenti e le modificazioni del baby talk da un lato sembrano determinati
dall’età del bambino cui l’adulto rivolge la propria attenzione :essi riflettono
nell’adulto il livello di sviluppo del bambino,e sono alla base delle sue aspettative
circa la capacità di interazione sociale del piccolo.Dall’altro lato risultano essere la
risposta alle reazioni che il bambino stesso manifesta rispetto all’espressività vocale
che gli viene rivolto. ( 15)
L’analisi del baby talk ha una ricaduta concreta nell’approccio musicoterapico in età
evolutiva,poiché
costituisce
inevitabilmente
una
modalità
comunicativa
preferenziale di un adulto che si prende cura di un bambino.
A partire dal sesto mese di vita si sviluppa nel bambino una nuova prospettiva
organizzante soggettiva : scopre l’esistenza di altre menti oltre la sua. L’altro da sé
ed il suo sé non sono più connotati solo da caratteri fisici di azione ma includono
degli stati soggettivi come i sentimenti,le motivazioni,le emozioni. Questi stati
mentali divengono il nuovo contenuto della relazione. Al sé nucleare ed alla
relazione
nucleare
si
sostituisce
un
sè
soggettivo
ed
una
relazione
intersoggettiva.Nasce cioè la possibilità di leggere gli stati mentali altrui,di
conformarsi,allinearsi,sintonizzarsi con essi o contrapporsi ad essi anche se sempre
al di fuori della consapevolezza e della possibilità di verbalizzazione.
43
Nell’essere umano si sviluppa dunque un’irrefrenabile tendenza a diventare membro
di una collettività,e cioè a far parte del gruppo umano con esperienze soggettive
potenzialmente condivisibili. (16)
3.3 L’esperienza sensoriale ed affettiva delle parole-suono
La “spinta” alla dimensione intersoggettiva è rafforzata dallo sviluppo
dell’espressività vocale e dallo sviluppo psicomotorio del bambino.
Poter
stare
seduto
senza
gattonamento,permettono
sostegno
e
l’inizio
dell’attività
motoria
del
al bambino di iniziare un’ esplorazione del mondo
circostante con una certa autonomia. Attraverso una prensione più decisa,il bambino
manipola,e spostandosi nello spazio incontra le cose con il suo corpo.Ed è appunto
distinguendosi come “corpo proprio”dal resto dell’ambiente circostante che il
bambino diventa soggetto.Il corpo non è tanto lo strumento attraverso cui ciascuno
di noi si rapporta al mondo,ma è addirittura “ciò grazie a cui vi sono degli
oggetti”.(17)
Il corpo per il bambino non è solamente uno strumento privilegiato di
conoscenza,ma quel luogo originario grazie al quale tutte le pratiche,i linguaggi
accadono e si sviluppano.Nel corpo non si fa solo esperienza sensoriale :in esso le
esperienze sensoriali fondano l’unità precategoriale del nostro essere nel mondo.
44
Merleau-Ponty (1945) ci ricorda che l’esperienza sensoriale,in quanto forma di
esistenza,non può che essere spaziale: ogni sensazione,come coesistenza tra colui
che sente e il sensibile,è di per se stessa costitutiva di uno spazio.La spazialità visiva
e la spazialità sonora,ad esempio,sono diverse, ma si distinguono solo sullo sfondo
di un mondo in comune e non possono entrare in rivalità se non perché aspirano
entrambi all’essere totale. Per esprimere questa unità spazio-temporale e sensomotoria del corpo è stato utilizzato il termine di schema corporeo che rappresenta
non la semplice somma delle associazioni colte durante l’esperienza,ma una presa di
coscienza globale,una forma (Gestalt) anteriore alle parti.Lo spazio
corporeo non è uno status a sé,ma un elemento dinamico,è il senso globale del corpo
come spazio orientato nel mondo.Nella percezione naturale non è possibile limitare
l’esperienza a un solo registro sensoriale,perché essa si riversa spontaneamente
verso tutti gli altri : è ciò che intendiamo per percezione sinestesica.(18)
Le esperienze uditive,accanto a quelle degli altri analizzatori,comprendenti anche la
motricità,conducono dunque il bambino di otto-dieci mesi a non trovarsi
“percettivamente impreparato” e a saper applicare alcuni schemi di elaborazione
percettiva ai dati grezzi forniti dai vari recettori e “colorare”, con le tinte
dell’affettività, l’esperienza vissuta. In questa fase assistiamo all’esplosione della
lallazione.Questa fase molto differenziata in ciascun bambino si estende fino alla
comparsa delle protoparole. Il fatto che un certo arrangiamento degli organi fonoarticolatori produca sempre un certo suono che si può udire,fa sì che si formi uno
stretto legame nel suo cervello tra questo suono e la particolare attività fonoarticolatoria che lo produce. Il bambino è in grado di produrre suoni espressivi che
assomigliano al cantato (musical bubbling) e risponde alle sollecitazioni vocali e
musicali dell’adulto con movimenti ritmici del corpo,anche se non ancora
sincronizzati.La percezione dei suoni linguistici comincia a essere influenzata dalla
45
memoria : suoni e combinazioni di suoni ascoltati con molta frequenza vengono
percepiti più facilmente e chiaramente sono dunque preferiti.
Suoni come “baubau”,”mamma”,”papà”,”vuoilapappa”,sono riconosciuti da molti
bambini di lingua madre italiana e in qualche modo compresi :emerge la memoria
per i suoni di determinate parole.La familiarità con i particolari suoni delle sillabe di
una lingua inizia ad essere la via principale per la costruzione di un lessico
espressivo.
Il bambino inoltre è tutto preso dal giocare con i vari suoni che gli escono dalla
bocca :
“ma”,”ta”,”pa” sono tra i primi suoni ad essere variati ritmicamente e a livello
intonativo.(19) Il bambino realizza una interazione sincronica tra ascolto ed
esecuzione,che gli permette di esprimere attraverso emissioni di suoni
laringei,unitamente ad un gioco di sguardi,posture,movimenti,espressioni del
viso,stati emozionali sottolineati con primitive strutturazioni sovrasegmentali di
natura ritmico-intonativa. L’attività esplorativa del bambino,iniziata come attività
fonatoria di natura riflessa,a tappe evolutive,diviene di natura propriocettiva
all’interno di un immediato sincretismo fra azione motoria ed eccitazione
emozionale,affettiva,ludica,che si esercita in procedimenti adattativi-creativi con le
figure parentali in primo luogo e via via,con altri adulti e coetanei. I modelli sonoro
familiari,nonché
l’affettuosa attenzione con cui essi si esplicano sul piano
emozionale,hanno un’influenza capitale non solo per lo sviluppo vocale e musicale
ma soprattutto per lo sviluppo psico-affettivo del bambino.In questa fase inoltre il
bambino diventa timoroso e scoppia a piangere nei confronti di persone (e voci) non
familiari.(20) Come direbbe Stern si configurano nuove “reti di schemi di essere
con”.Quando l’impulso e il desiderio di esprimere qualcosa attraverso, ad esempio
l’uso della voce vengono attivati nella situazione interpersonale,ciò crea
46
soggettivamente una struttura di tipo narrativo. Man mano che l’evento motivato
procede verso il suo obiettivo,genera un linea di tensione,che è un tratto temporale
essenziale nella struttura di tipo narrativo,oltre che una modalità percettiva (eventofase di crisi-risoluzione). Questa linea di tensione è creata dallo sviluppo temporale
degli eventi :si crea una sorta di prototrama con un agente,un’azione,una
strumentalità,una meta e un contesto. E’ ciò che Stern chiama involucro
protonarrativo: un involucro temporale,oltre che un involucro di eventi,ma
soprattutto un involucro che si collega con gli schemi affettivi del bambino. (21)
Nell’interazione con l’altro il bambino inserisce un terzo elemento rilevante:
l’oggetto-gioco ; tale oggetto
può essere un oggetto di uso quotidiano (il
cucchiaio,la copertina,ecc.),un giocattolo vero e proprio (la palla,l’automobilina,il
pupazzo,la torre di cubi,ecc.) o un oggetto sonoro ( l’espressività vocale oppure
oggetti che divengono veri e propri strumenti musicali non convenzionali:battere il
cucchiaio sul ripiano del seggiolone,il “tai tai tai”ritmico che può uscire come suono
vocale di accompagnamento a tale azione).
Tutti questi fenomeni si configurano come una specie di glossolalia ludica : questo
pone in luce la spiccata sensibilità che i bambini mostrano per le qualità espressive
della sostanza fonica del linguaggio.Mentre l’adulto ha in genere verso la parola un
atteggiamento funzionale ed utilitaristico (cioè la considera essenzialmente per il
suo valore convenzionale di scambio),i bambini appaiono più attenti alla sua
superfice sonora,alle sue potenziali evocazioni sinestesiche e ai tratti melodici e
intonazionali del discorso. In particolare l’atteggiamento dei bambini mostra un
certo rifiuto dell’arbitrarietà del rapporto significante/significato e un preciso
bisogno di motivare a livello sensoriale la parola. La coscienza linguistica del
bambino in questa fase sino alla fase delle prime parole è profondamente antiarbitraria ma bisognosa di regolarità e sempre in attesa di incontrare strutture e
47
forme musicali dense di evocazioni e trasparenti al significato. Di conseguenza è
anche nella natura arbitraria della lingua che risiede una delle difficoltà
dell’acquisizione e l’apprendimento si configura come una graduale “resa” alla
mancanza di relazione analogica tra espressione e contenuto.Questa “resa”vedremo
più oltre, come risulti estremamente complessa e costantemente “minata” nel
bambino con disturbo generalizzato dello sviluppo. I costrutti teorici che meglio
interpretano tale atteggiamento del bambino sono quelli di realismo nominale
(Piaget,1926) e di percezione fisiognomica della realtà (Werner,1953).Secondo
Piaget,il bambino non considera la parola come una semplice etichetta collegata
arbitrariamente alla cosa designata,ma le attribuisce una realtà sostanziale,cioè la
percepisce come uno degli attributi della cosa,come intrisa di qualità oggettuali (la
parola “sole” è calda,la parola “luce” è luminosa,ecc.).Analogamente,secondo
Werner,il bambino è caratterizzato da una specifica attenzione alle qualità
espressive delle cose e alla loro capacità di evocare risposte emozionali ed
estetiche,e ciò vale anche per quegli oggetti particolari che sono le parole. (22)
Questo “sentire” sensoriale –emozionale- motorio del bambino lo si nota in modo
particolare nell’uso delle onomatopee per designare,o meglio per evocare
persone,animali,oggetti e situazioni attraverso un’alchimia straordinaria che miscela
sapientemente gesto,espressività del volto e suono vocale. Il bambino “marca” gli
eventi che vuole mostrare (ad esempio “bum” se cade qualcosa, “amm” quando
mangia,”brum” quando spinge i giocattoli), denomina animali,oggetti e giochi con
suoni corrispondenti che evocano “la cosa” (“baubau” è il cane , “zzzzz”è la
zanzara, “ brumbrum” il motorino, “dodo” è l’orsacchiotto,ecc.). Siamo ancora in
un ambito simbolico privato e soggettivo,intimamente legato all’esperienza vissuta
dal bambino e alla lingua madre a cui si trova “esposto”. Già in questa fase
troviamo in alcuni casi alcune somiglianze interculturali (per designare azioni come
48
ad esempio mangiare la pappa,fare pipì,andare a dormire)ma anche alcune
differenze (un esempio può essere rappresentato dal fatto che le madri italiane usano
il termine “nanna” per riferirsi al dormire,mentre le madri francesi usano il termine
“dodò”). Per “dialogare” con un bambino che si trova a vivere questo livello
espressivo occorre conoscere il suo mondo. Il rischio è che ci veda come impacciati
e buffi interlocutori che non capiscono nulla di ciò che lui molto efficacemente ci
sta comunicando. Di solito gli adulti “abili interlocutori” si rivolgono ai genitori del
bambino per avere, in tempo reale, informazioni sul “codice”.
Nella fase della raccolta di informazioni intorno ad un bambino che inizierà un
percorso musicoterapico (la cosiddetta anamnesi sonoro-musicale),diviene di
massima importanza conoscere, attraverso le figure familiari ed educative,queste
modalità espressive intime e private che regolamentano in qualche modo
l’interazione del bambino con il suo mondo degli affettivo di riferimento.
A partire dai dodici mesi di vita,gli schemi percettivi unitamente a quelli motori
sempre più sofisticati (passaggio dalla deambulazione sorretta a quella
autonoma,prensione degli oggetti con modalità “a pinza”),portano il bambino a
orientare l’attenzione verso alcune proprietà acustiche e a tralasciarne altre.Lo
spazio acustico viene così in una certa misura distorto,e in parte filtrato dalle
abitudini di elaborazione indotte dalla familiarità con una particolare lingua. La
conseguenza più evidente di queste abitudini è che la lingua “suona” di meno e
“parla” di più. (23)
Nell’esperienze sonoro-musicali all’interno del setting musicoterapico con i
bambini affetti da DGS ci si rende conto come in realtà la lingua continui a
“risuonare”,rendendo possibile un “aggancio” emozionale con il materiale vocale e
sonoro proposto dal bambino anche se la sua
costruzione lessicale (“il patto
49
d’acciaio” fra significante e significato) rimane una zona vulnerabile e sensibile a
mille interferenze.
Vorrei mettere in evidenza come questo “magico” periodo di piacere per sonorità
strane e bizzarre,rime, assonanze, ripetizioni, slogan,creazione di neologismi sia un
punto sensibile nell’ambito di qualsiasi evoluzione,sia essa armonica che
disarmonica. Peraltro ripetizioni,assonanze nonsense fonetici sono diffusi
nelle
ninnananne,nelle filastrocche e in tutte le canzoni che si rivolgono ai bambini di
ogni cultura.Accanto all’invenzione di singole parole non è raro osservare nei
bambini veri e propri linguaggi privati, nei quali le caratteristiche espressive del
materiale fonetico giocano un ruolo centrale.Tutte le culture sembrano andare
incontro a queste peculiarità sonoro-musicali che contraddistinguono l’espressività
vocale dei cuccioli d’uomo di ogni parte del mondo. Suoni “risonativi chiusi”
(M/N) e suoni “esplosivi”che si scaricano verso l’esterno (P/B e T/D) si alternano in
colorazioni musicali contraddistinte da un lato da un colorito emotivo centripeto
(l’attrarre a sé materno,l’abbracciare,il nutrire, il riscaldare e il rincuorare dei suoni
nasali) e dall’altro dal valore centrifugo ,che “getta fuori”,indica,respinge,allontana
o designa il mondo esterno. (24)
In questo momento di scoperta di differenziazioni non solo sonore, ma anche di
significato, il bambino,seguendo sempre l’ottica sterniana, inizia a raggiungere il
senso di un sé verbale ed opera nel campo di relazioni che divengono anche verbali.
Tra i quindici e i diciotto mesi questa nuova prospettiva di un senso del sé verbale si
basa sulla capacità del bambino di avere già fatto una personale esperienza conoscenza del mondo e di poterla oggettivare ed esprimere per simboli
comunicativi e linguistici. Il bambino raggiunge inoltre la capacità di oggettivare il
sé,di essere autoriflessivo,di comprendere e produrre in modo sempre più sofisticato
il linguaggio verbale.Intuisce il rapporto di causa-effetto e inizia, nella sua mente,ad
50
acquisire l’unificazione di passato,presente e futuro. Poiché l’esperienza del
bambino è attiva,gli aspetti dinamici costituirebbero la parte più potente di ciò che
egli viene a sapere sulle cose di cui fa esperienza. (25)
I cambiamenti motivazionali,le immagini visive,i mutamenti affettivi,le sensazioni,i
comportamenti motori,il linguaggio,lo spazio,il tempo e così via vengono tutti
processati simultaneamente in parallelo in tutti i centri della mente,oltre che nelle
aree specializzate destinate al processamento di ciascuno di essi.Il processamento in
parallelo di ciascun schema viene realizzato con operazioni mentali di livello
inferiore,che sono inconsce. Il risultato,suggerisce Stern,è una sorta di pandemonio
mentale,dovuto all’attivazione simultanea di molti centri diversi come se fossero
tanti personaggi in cerca d’autore. E dall’azione reciproca,dalla coordinazione e
dall’integrazione di questi processi di livello inferiore e alla loro “messa in
rete”,emerge un evento mentale più globale : una proprietà emergente della
psiche,che ha coerenza e senso nel contesto in cui emerge. Emerge l’idea
fondamentale che gli eventi umani interattivi siano percepiti e tradotti subito in
termini di significati,anche se inizialmente primitivi. (26)
Il successo delle prime forme di comunicazione richiede un contesto familiare e
comune per aiutare soprattutto il bambino a rendere chiare le intenzioni
comunicative. Bruner (1983) insiste sull’importanza fondamentale del “contesto” in
cui avvengono le interazioni verbali e non verbali fra madre e bambino.Il “testo” è
ciò che è nelle parole,il “contesto” è ciò che resta di quello che riguarda
l’interpretazione delle parole, “ciò che resta” includendo sia parole che non parole.Il
contesto operativo non può essere considerato come un dato,come semplicemente
qualcosa che “si trova li”.Il contesto per il bambino viene creato,scelto e costruito
nell’interazione fra bambino e adulto che si prende cura di lui.La dimensione
“speciale” che offre Bruner per tali contesti d’interazione è quella dei
51
formati. I formati sono contesti “speciali” d’interazione, preselezionati e
precostituiti dalla madre per il bambino. Essi ritualizzano,predispongono in senso
emotivo,affettivo e quindi motivazionale il bambino . Creano un centro d’interesse
intorno a qualcosa o qualcuno. I formati sono contesti giocosi e creativi : restano,
anche se di volta in volta leggermente variati,facilmente riconoscibili e molto
controllabili.Essi richiamano l’attenzione comune,l’alternanza dei turni e una
struttura di sequenze.(27)
Molte canzoncine per bambini,soprattutto quelle provenienti da salde tradizioni
culturali, ripropongono in una “forma felice” formati d’interazione efficace fra
adulto e bambino. Basti pensare al Girogirotondo,che ripetuto e scandito dalla voce
che canta, attrae il bambino sul girare in tondo , sorretto e protetto nel tenersi per
mano con l’adulto con il quale condividere l’effetto incantatorio che tale azione
produce .Inoltre il cambiamento posturale dalla stazione eretta al “buttarsi giù per
terra”, crea una libertà d’azione “vigilata” dall’adulto, che può decidere se lasciare o
meno la presa delle mani del bambino ,ma produce libertà anche nel bambino,
poichè,sentendosi sufficientemente sicuro,può decidere se lasciare la presa per
precipitare a terra senza timori.
Già dai due anni di vita esce lo spontaneo canterellare , il canto di sillabe o di alcune
parole che accompagnano un’azione.Il bambino inizia poi a cantare frasi di
canzoni,generalmente non nel tono giusto;si diverte per tutto ciò che è ritmico (la
barca che dondola,l’oscillazione o la sedia a dondolo).
Questi movimenti spesso stimolano il canto spontaneo: si registrano anche risposte
motorie ritmiche (oscillare delle braccia,inclinare la testa,picchiettare i piedini)e
l’accenno a danzare.Il suo vocabolario contiene ora più di 50 parole ed ha inizio la
combinazione di più parole in una frase . Già verso il terzo anno di vita ,molti
bambini sanno produrre interi canti,generalmente anche a tono. Inizia inoltre il
52
piacere del cantare in un gruppo di coetanei. C’è il riconoscimento di parecchie
melodie.Quando non conosce le parole di un canto,il bambino le sostituisce con
suoni vocali leganti. Esplora gli oggetti che gli stano intorno cercandone gli aspetti
sonori,non
solo
attraverso
azioni
come
sbattere,scuotere,battere
con
qualcosa,pizzicare,ma accennando di sincronizzare il movimento con la pulsazione
ritmica ad esempio di una musica che ascolta.In questa fase spesso il bambino ama
produrre sonorità forti ed esplosive; galoppa,salta,cammina e corre seguendo la
pulsazione ritmica di un brano.
All’età di quattro anni aumenta il controllo della voce. Il bambino è interessato in
modo più forte agli aspetti di drammatizzazione dei canti . Crea canti durante il
gioco. E’ capace di percezioni più analitiche e di rispondere con attività vissute in
modo più preciso,discriminato e maggiormente adatto alle richieste ambientali.
Inizia a riconosce ed apprezzare un vasto repertorio di musiche e di canti.Il canto è
spesso corretto per quanto riguarda l’intonazione e l’intensità. Il linguaggio è ormai
acquisito: le deviazioni del modello adulto sono più di stile che di grammatica.A
cinque anni , con l’ulteriore maturazione percettiva,associativa e linguistica si
sviluppa in maniera notevole il campo gnosico,sui piani sia corporeo,che
spaziale,che spazio-temporale.Il bambino è in grado di sostenere motoriamente una
coreografia di danza ben precisa e di esprimere con il corpo una sorta di narrazione
espressiva.Ed è ciò che può fare anche attraverso la magia delle parole:può
raccontare in prima persona gli avvenimenti e le esperienze che gli capitano. In altre
parole può tessere una narrazione autobiografica.(28)Una narrazione non consiste
semplicemente nel saper dare un nome alle cose,ma implica una visione e
un’interpretazione del mondo delle attività umane sotto forma di un racconto
unificante.E’ la “storia” a prendere prepotentemente il sopravvento e a caratterizzare
quanto si è osservato,quello che è “successo”.La possibilità di comprendere le
53
attività e i vissuti degli esseri animati e non,sotto forma di intrecci psicologici ,è uno
degli aspetti della maturazione neuropsicologica del bambino.Poiché la costruzione
e la narrazione di storie rappresentano una costante in ogni tipo di cultura,e una
tappa obbligata per tutti i bambini,viene spontaneo pensare, secondo l’autorevole
visione di Stern, che la capacità di costruire storie sia patrimonio comune della
razza umana. (29) Pensare attraverso storie significa poter costruire relazioni,creare
legami.La musica,intesa come umana esperienza,appare eminentemente fondata su
questa possibilità di mettere in relazione qualcosa con qualcos’altro.
Storie narrate che creano le fiabe per bambini,storie cantate che creano i canti che si
rivolgono ai bambini. Anche se con risultati sonori molto diversi,le tante culture
“cantanti” sparse per il mondo,vivono la pratica del canto come uno dei più istintivi
momenti per realizzare il prendersi cura dei più “piccoli e indifesi”. L’intonazione
di un canto non rappresenta solo un processo funzionale al raggiungimento di uno
stato di armonia sonora,ma soprattutto rappresenta la ricerca di uno stato di armonia
di natura affettiva. Oltre all’intonazione della voce e delle voci,potremmo parlare di
intonazione dei sensi,dei sentimenti,delle qualità,delle affinità e delle diversità,(30)
che rappresentano in modo tangibile quell’intonazione emotiva e affettiva che Stern
designa con il termine di sintonizzazione affettiva.Le madri di tutte le culture
contattano naturalmente,in modo spontaneo e creativo, il proprio bambino
attraverso una voce che si intona su quel loro bambino.Vedremo come questi
processi di significazione dell’”essere con l’altro”abbiano una valenza insostituibile
nel prendersi cura dei bambini attraverso una relazione d’aiuto centrata
sull’esperienza vocale e sonoro-musicale.Il cercare di integrare la prospettiva
dell’evoluzione del vocale accanto all’evoluzione del Sé nella vita del bambino
rappresenta un
tentativo speculativo per poter concretizzare nella prassi
musicoterapica un approccio che fonda il suo intervento nell’improvvisazione
54
sonoro-musicale,ma che non si improvvisa nel tentativo terapeutico,professionale ed
umano,di aiutare un’altra persona ad esperire il proprio Sé nella relazione con
l’altro, con il proprio mondo interno ed esterno,con modalità positive e gratificanti.
Note al capitolo terzo
(1) M.Heidegger (1927),Essere e tempo,Longanesi,Milano,1976,cap.II
(2)G.M.Rossi,Voce e persona,aggiornamento 2001 alle dispense
Voce e comunicazione,Corso Quadriennale di Musicoterapia di Assisi,pp.3-4.
(3)F.Giberti/R.Rossi,Manuale diPsichiatria,Piccin,Padova,1996,p.15:
l’aggettivo biopsicosociale definisce e raccoglie tutte le componenti dell’organismo
(sano o malato) in rapporto all’ambiente,cercando di evitare la prevalenza
unilaterale di metodi e interpretazioni del comportamento umano ,accettandone le
diverse variabili (eziopatogenetiche,cliniche e terapeutiche).
(4) D.N. Stern in (a cura di) M.Ammaniti e D.N. Stern, Fantasia e realtà nelle
relazioni interpersonali,Laterza,Bari-Roma,1995,pp.68-69.
(5) D.N.Stern,La costellazione materna,Bollati Boringhieri,Torino 1995,p.75
(6)cfr. D.N.Stern,Il mondo interpersonale del bambino,op. cit.,pp.39-40
(7)A.Tomatis(1987)L’orecchio e la vita,Baldini & Castoldi,Milano,1992,p.332.
(8) A.Tomatis, (1987),L’orecchio e la voce,Baldini & Castoldi,Milano,1993,cap.IV.
(9) D.N.Stern,La costellazione materna,op.cit.,p.cap.XI.
(10) ibidem,Il mondo interpersonale del bambino,op.cit.,pp 53-58.
(11) M.Spaccazocchi/P.Stauder,Musica in sé,Quattro Venti Ed.,
55
Urbino,2002,pp.33-34 e 40-49.
(12)D.N.Stern,Il mondo interpersonale del bambino,op. cit.,pp.85-86.
(13) J.Bruner,Il linguaggio del bambino,op.cit.,p.25.
(14) A.Guzzoni,La vocalità del bambino, relazione tenuta durante il Corso di
Aggiornamento Settembre 2002,presso il Centro Riabilitativo-Terapeutico “Casa
del Sole” di Mantova,atti del Corso, p.8.
(15) (a cura di ) L.Lena,I disturbi del linguaggio nella prima infanzia :per un
approccio integrato,Atti del Convegno ULI,Ed.Del Cerro,Trieste,1995,pp.39-40.
(16) D.N.Stern,Il mondo interpersonale del bambino,op.cit.,p.145-146.
(17)M.Merleau-Ponty
(1945),Fenomenologia
della
percezione,Il
Saggiatore,Milano,1972,p.143.
(18) ivi,p.154 , p.306.
(19) (a cura di ) M.Orsolini,Il suono delle parole- Percezione e conoscenza del
linguaggio nei bambini,La Nuova Italia,Milano,2000,p.4
(20) S. Ginevra in (a cura di) G.Belgrado ,Il bambino dal suono alla musica,Giunti
& Lisciani Editori ,Teramo,1987,pp.81-82.
(21) D.N.Stern, La costellazione materna,op.cit.,pp.94-97.
(22) F.Dogana,Le parole dell’incanto –Esplorazioni dell’iconismo
linguistico,Franco Angeli,Milano,1990,pp.321-322.
(23) (a cura di) M.Orsolini,Il suono delle parole,op.cit.,p.17-18
(24) F. Dogana,Le parole dell’incanto,op.cit.,p326-327.
(25) J.Bruner,Il linguaggio del bambino,op.cit.,p.31.
(26) D.N.Stern,La costellazione materna,op.cit.,p.95
(27) J.Bruner,Il linguaggio del bambino,op.cit.,p.98-99.
(28) A.Guzzoni,La vocalità del bambino,op.cit.p.6.
56
(29) D.N. Stern (1990),Diario di un bambino,Ed. Oscar Saggi
Mondatori,Milano,1999,pp.145-147.
(30) Cfr. B.Streito,Intonazione e accordatura di un gruppo vocale,in (a cura
di)L.M. Lorenzetti/ F.Suvini,Prospettive in musicoterapia,Franco
Angeli,Milano,2001.pp.88-90 e con M.Spaccazocchi,Musica Umana
Esperienza,Ed.QuattroVenti,Urbino,2000,pp.11-13.
PARTE SECONDA : IL SIGNIFICATO DELL’ESPRESSIVITA’ VOCALE
NEL
TRATTAMENTO
MUSICOTERAPICO
DI
BAMBINI
CON
DISTUBO GENERALIZZATO DELLO SVILUPPO (DGS)
Capitolo Quarto
IL CONTESTO DELL’ESPERIENZA
4.1 L’esigenza di aprire un focus di studio sulla vocalità
L’esigenza di aprire un focus di studio intorno all’ordine del vocale nasce
dall’esperienza personale maturata in diversi anni di lavoro con bambini affetti da
DGS. Una musicoterapia che si rivolge all’età dello sviluppo non può prescindere
dallo studio costante dello sviluppo del bambino. Studiare tale sviluppo, significa
cercare di conoscere come e perché gli organismi umani crescono e si modificano
nel corso della vita. Uno degli scopi che si propone lo studio dello sviluppo è quello
di individuare le modificazioni universali,quelle,cioè.che si verificano in tutti i
57
bambini,a prescindere dalla cultura in cui crescono ,dalle esperienze che fanno,dalla
presenza di eventuali disabilità. Un altro compito della psicologia dello sviluppo è
quella di spiegare le differenze individuali,centrate sul rispetto dell’individualità e
delle
influenze
ambientali,le
eventuali
problematiche
in
ambito
neuropsicologico,motorio-prassico,sensoriale o affettivo-relazionale.
Il lavoro d’équipe e la supervisione consentono la continua raccolta e la
rielaborazione degli elementi che caratterizzano la situazione di ciascun bambino,in
una prospettiva dinamica,poiché rappresenta la sintesi della storia personale del
passato,del presente e degli investimenti futuri di quel bambino.
La mia visione personale nei confronti della musicoterapia integra le definizioni di
Postacchini (1995) e Benenzon (1995,1997):
la musicoterapia è una tecnica mediante la quale un operatore qualificato facilita
l’attuazione di progetti d’integrazione spaziale,temporale e sociale dell’individuuo
attraverso strategie di armonizzazione della struttura funzionale dell’handicap,per
mezzo dell’impiego del parametro musicale;tale armonizzazione viene perseguita
con un lavoro di sintonizzazioni affettive,le quali sono possibili e facilitate grazie a
strategie specifiche della comunicazione non verbale.
La musicoterapia dunque è una modalità di approccio sensoriale e affettivorelazionale che utilizza l’elemento sonoro-musicale per aprire ed esperire nuovi
canali di comunicazione.
Questa prospettiva pone al centro dell’intervento il bambino nella sua
globalità,indipendentemente dai suoi disagi o disabilità.In musicoterapia la
relazione terapeutica comprende le interazioni fra il soggetto,il mondo sonoro e il
musicoterapista. Ciò significa considerare l’elemento sonoro-musicale non tanto
terapeutico per se stesso,ma come mezzo espressivo privilegiato per entrare in
relazione e comunicazione con l’Altro. All’interno di questo inquadramento teorico,
58
il mio intervento musicoterapico si è rivolto
a venti piccoli pazienti, in età
compresa fra i 4 e i 9 anni, affetti da esiti di cerebropatie infantili con diverse
tipologie e gradi di gravità per un periodo di circa tre anni. Sei di questi bambini
presentano disturbi della comunicazione e della relazione e sono inquadrabili
all’interno delle categorie diagnostiche dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo
(DSM IV) e dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (ICD 10). Accanto ad interventi
riabilitativo-terapeutici come l’idroterapia,l’ippoterapia e la logoterapia,ho potuto
riscontrare l’impatto peculiare che
la
musicoterapia assume nel Trattamento
Terapeutico Individualizzato. Storicamente la “forma” di una terapia dipende in
gran parte dal materiale clinico evidenziato sulla base di diverse teorie ,diversi
approcci metodologici,applicativi e dal contesto globale in cui avviene l’incontro tra
teoria e materiale clinico. In effetti, le cure di cui il bambino fruisce, dipendono dal
luogo e dal suo clima,non solo in senso spazio-temporale e meteorologico,ma anche
in senso di “sensibilità terapeutica”,dal modo di essere degli adulti,dalla loro
formazione professionale,che diventano effetto e causa del modo di considerare il
bambino in quel determinato momento storico. Da diversi anni sono spronata nel
cercare di avere costantemente uno sguardo d’insieme sullo “stato dell’arte” della
musicoterapia e di tutte le discipline ad essa collegate .Emergono approcci
multiformi e poliedrici, ma che comunque insistono nel cercare di dare nuove
risposte terapeutiche, aggiornate con i nuovi campi di ricerca e di indagine ,per il
bambino e per le sue relazioni durante un periodo così straordinario come quello
dell’età dello sviluppo. Il “contenitore” che raccoglie la letteratura musicoterapica
intorno al problema delle psicosi infantili e dell’autismo è sicuramente ricco e
abbondante di materiali,ma la sensazione che si prova nella relazione d’aiuto che si
apre a questi bambini,è quella di dover sempre ri-cominciare da capo. Tutto ciò
comporta
un
modo
di
porsi
nei
confronti
dell’”oggetto”di
riflessione
59
(fenomeno,evento,situazione,persona,ecc.) con modalità che rispettino la sua
particolarità ed unicità. Nel caso di interventi musicoterapici che si rivolgono a
bambini con DGS ,la prospettiva rimane quella di considerare sempre il bambino in
tutte le sue potenzialità e risorse,nei suoi aspetti problematici e patologici,in una
visione globale e complessiva. E’ questa un’impostazione riabilitativo-terapeutica
che non trascende dall’intervento sull’individuo,ma che lascia aperti spazi alla
conoscenza del funzionamento psichico in generale,al di là della cronicità o
ineluttabilità di un quadro clinico.Il presente lavoro di riflessione sulla prassi
musicoterapica ,si è configurato sia con lo scopo di aiutare questi bambini
all’interno di una relazione d’aiuto che si mantenga sempre viva e rigenerata dallo
studio, sia nel cercare di delineare alcune costanti secondo un quadro di riferimento
teorico psicodinamico e fenomenologico,che non si irrigidisca su certe posizioni
prese ma che possa intervenire in senso multifocale indicando una strutturazione
capace di integrare e integrarsi,non solo di assimilare : un quadro di riferimento che
“adotta” e non “subisce” nel dialogo con le diverse discipline. Fra le tante
possibilità di scegliere e “centrare “ un particolare aspetto da indagare nell’ambito
di “fare musicoterapia” con bambini affetti da DGS ,(cio’ che nella ricerca clinica
viene definito“to focus on the problem”)non è affatto casuale la scelta del tema della
vocalità. Ciò scaturisce non solo da un’interesse personale che mi ha sempre
affascinata,ma per la pregnanza e la rilevanza di significati che assume la vocalità
nelle
relazioni
interpersonali
con
questi
bambini,all’interno
del
setting
musicoterapico;l’ipotesi di fondo che anima il mio modo di operare, è che vi siano
forti possibilità di “aggancio” nei loro confronti attraverso l’uso della voce.La storia
musicoterapica di questi bambini mette in luce come,nonostante tutte le
problematiche legate a strumenti comunicativi e relazionali atipici,rimanga il
bisogno e il desiderio di comunicarsi attraverso una modalità che è peculiare della
60
comunicazione umana: l’uso della voce.Il musicoterapista che utilizza con diverse
modalità il corpo,il movimento,la voce,gli strumenti musicali nella relazione d’aiuto
rivolta a questi bambini deve aprirsi al nuovo,al molteplice,con la consapevolezza
che per tutti i bambini di questo mondo la voce rappresenta ,insieme al contatto
corporeo,la prima fonte di contenimento,attivazione e rassicurazione. La voce
innesca immediatamente nel qui ed ora una sorta di auto-presentazione e autoaffermazione di una soggettività che contatta l’altro,in tutta la sua fisicità e in tutte
la sue tonalità affettive e faccia scaturire “un sentire (l’aisthesis) che è sempre un
risentire,cioè un sentir-si-sentire :o meglio,se si preferisce,il sentire o è soggetto,o
non sente. Ma forse è sul registro sonoro che questa struttura riflessa si espone con
maggiore evidenza,e comunque si propone come struttura aperta,spaziata e
spaziante (cassa di risonanza,spazio acustico,scarto di un rinvio) e al tempo stesso
come incrocio,mescolanza,effetto di copertura del rinvio dal sensibile al sensato,e
agli altri sensi”. Proseguendo con le parole del filosofo J.L.Nancy (2004) “il senso e
il suono condividono lo spazio di un rinvio e questo spazio può essere definito come
quello di un sè,o di un soggetto”. (1) Questa ricerca di un terreno condivisibile di
senso e significatività nella musicoterapia avviene in uno spazio-tempo privilegiato
e monitorabile per le sue caratteristiche strutturali. All’interno di una musicoterapia
che si rivolge a bambini con DGS, è più che mai indispensabile attrezzarsi come
terapisti ad un uso sempre più consapevole, e perciò più efficace, del mezzo
vocale,”diaframma” fisico e psichico tra mondo interno e mondo esterno.
Nei quattro esempi rappresentativi che ho scelto di descrivere in questo lavoro,
emergerà come anche in quadri disarmonici non vi sia mai nel bambino la rinuncia
di “mettersi in gioco”,non solo in senso metaforico,attraverso l’espressività e
l’ascolto della voce,rivendicando spesso un’indipendenza rassicurante dell’ordine
sensoriale e percettivo del sonoro rispetto al linguaggio verbale,ma che nella
61
specificità della sfera vocalica consegna comunque un senso alla parola,sua
destinazione essenziale e privilegiata. In quest’ottica di studio la vocalità può
innescare delle intersezioni strategiche proficue e feconde fra una musicoterapia e
una logoterapia le cui finalità,seppur nella specificità dei propri
disciplinari,concorrono
a
rafforzare
il
progetto
interventi
riabilitativo-terapeutico
individualizzato più generale. Parte fondamentale dell’odierna definizione dei DGS
è la grave alterazione della reciprocità sociale ed una frammentazione del senso del
Sé. Il mondo delle psicosi e dell’autismo infantile rimane una complessa
costellazione : l’evoluzione storica dei concetti ha comunque spostato il baricentro
da una prospettiva psicogenetica ad una prospettiva che ritiene che in tali quadri sia
presente un danno di natura biologica,pur non essendo stati ancora individuati
indicatori etiologici e patogenetici che possano considerarsi come markers specifici
del disturbo.
Il modello d’inquadramento di tali problematiche è quello
biopsicosociale.La qualità delle interazioni precoci tra madre e bambino è spesso
alterata. La depressione materna di fronte a un bambino che fatica ad attaccarsi al
seno,che ha ritmi sonno-veglia alterati,che presenta un linguaggio ed una gestualità
bizzarri,creano linee di frattura all’interno di tutto il sistema familiare che si occupa
del bambino. La scommessa riabilitativo-terapeutica non deve perdere d’occhio le
potenzialità più o meno evidenti di quella madre con il suo bambino. La
musicoterapia si inserisce in quella rete di relazioni e non può prescindere dalla loro
storia. (2)
62
4.2 Il disegno della ricerca : il contributo dell’infant research nel trattamento
musicoterapico di bambini con Disturbo Generalizzato dello Sviluppo
Accanto alla prassi musicoterapica ho avvertito, in questi anni,la necessità di
raccogliere dati intorno al focus della vocalità nell’intento di capire, descrivere ed
analizzare le modalità d’interazione vocale dei bambini all’interno del setting
musicoterapico, con una particolare attenzione rivolta a quei bambini che
presentano gravi disturbi della comunicazione e della relazione.Non sapevo
precisamente cosa stavo cercando. L’analisi dei dati non poteva comunque iniziare
necessariamente dopo averli raccolti tutti,soprattutto quando si lavora in un ottica
psicodinamica,fenomenologia e che procede ,per alcuni aspetti,con le caratteristiche
della grounded theory. Nel processo di ricerca tipico della grounded theory infatti le
teorie sono “versioni del mondo” preliminari e relative,destinate ad essere rinforzate
ed elaborate nel corso del processo di studio. Questo non comincia dal nulla,ma da
alcune idee sentite con vibranti con il proprio modo di operare. Ovviamente ciò che
mi attrae della grounded theory è la sua metodologia di approccio alla ricerca che
può essere definita “circolare”. La circolarità è un punto di forza,perché costringe il
musicoterapista a riflettere costantemente sull’intero processo musicoterapico e
sulle sue fasi di accertamento e valutazione,alla luce della raccolta dei dati e della
loro interpretazione.Lo stretto legame tra raccolta e interpretazione dei dati da un
lato,(interpretazione intesa in musicoterapia come possibilità di dare significazione
al dato in senso fenomenologico,legato alla soggettività del bambino e alla relazione
creatasi con il musicoterapista all’interno del setting) e la selezione dei “materiali
oggettivi” dall’altro (il materiale vocale e sonoro –musicale, registrato attraverso
varie procedure come protocolli,registrazioni audio e audiovideo) consente al
63
musicoterapista di valutare l’adeguatezza della propria metodologia di lavoro,delle
categorie di osservazione e dei riferimenti teorici. (3)
Questo complesso processo non avviene in solitudine,ma nel mio specifico caso,con
modalità che prevedono uno scambio formativo e informativo costante attraverso i
momenti di supervisione,di équipes multiprofessionali e nei momenti riservati al
dialogo con i genitori del bambino in terapia. Questa circolarità di modi di “sentire”
e “vedere” le cose permette di inquadrare l’andamento del processo comunicativorelazionale in corso,considerando le dinamiche intra ed extra setting.
Due sono stati gli sforzi iniziali di questo percorso : in primo luogo la ricerca di
criteri di analisi delle interazioni della diade bambino-musicoterapista ; in secondo
luogo la ricerca di criteri descrittivi del materiale vocale e sonoro-musicale prodotto
all’interno
del
rapporto
dinamico
bambino-musicoterapista,per
cercare
di
individuare gli elementi fenomenologici specifici e indicativi di una relazione
caratterizzata da una compartecipazione degli stati emotivi. (4)
All’interno di un modello integrato di musicoterapia,ho cercato di convogliare
l’apporto dell’infant research nell’approccio musicoterapico di R.O.Benenzon. Il
contributo dell’infant research così come configurato da autori come B.Beebe e
F.M.
Lachmann
(2002)
può
costituire,a
mio
avviso,notevoli
spunti
di
approfondimento per una musicoterapia che si rivolge all’età dello sviluppo,in
particolare ai bambini con DGS. Per questi autori, gli studi di D. Stern (1985-1995)
sulle interazioni diadiche madre-bambino e sullo sviluppo del senso di Sè hanno
rappresentato una sorta di “rivoluzione copernicana” da trasferire nelle relazioni
d’aiuto non solo con gli stessi bambini ma anche nel trattamento degli adulti.(5) Lo
sfondo teorico di Beebe e Lachmann nasce da un background psicodinamico (sono
psicoanalisti ) riletto in chiave sistemica. Come sottolineano gli autori, il modello
sistemico più generale nell’ambito dell’infant research è stato elaborato da Sander
64
(1977,1985,1995).
Nel modello sistemico l’individuo partecipa a uno scambio
continuo con il contesto. Il sistema interattivo è sempre in process,in confronto
dialettico tra prevedibilità e trasformazione.Nelle interazioni madre-bambino è
possibile scorgere delle specificità di corrispondenza ,una specie di risonanza tra
due sistemi sintonizzati tra loro,in base alle loro proprietà corrispondenti. Queste
corrispondenze,legate alla ricorrenza di “modelli”che si ripetono nel corso delle
varie interazioni,generano una serie di aspettative nel bambino. Questo è stato
notato soprattutto nel contributo della ricerca di Sander sui ritmi vocali nelle
interazioni madre-bambino.(6)E’ ciò che Bruner intende con il termine di format.(7)
Ed è ciò che si crea nelle interazioni all’interno del setting musicoterapico nelle
dimensioni dell’ascolto e della produzione vocale e sonoro-musicale. Il processo di
ripetizione infatti è un elemento fondamentale dell’esperienza sonoro-musicale. La
ripetizione crea fenomeni psicologici di aspettativa,di “abitudine”. Come sottolinea
il filosofo Piana “le abitudini ci consentono di sentirci in un mondo familiare e
noto,in esse e attraverso di esse si realizza lo stesso processo di formazione della
soggettività.Esse non hanno ragioni che non siano il dato di fatto di un inizio
occasionale e di una reiterata conferma nella successione temporale. Eppure proprio
in questa contingenza e nel modo della sua istituzione temporale sta tutta la loro
potenza.” (8) E’ la potenza della memoria sensoriale delle relazioni,che talvolta si
traduce in resistenze che si oppongono al “nuovo”. La familiarità con una
determinata espressività vocale,la piacevolezza del risentire innumerevoli volte una
linea melodica accettandone alcune variazioni su tema,la sospensione dell’azione
sonora che genera il desiderio di ricomparsa,propongono esempi chiarificatori di
come il bambino possa costruire una sorta di “base sicura” che gli permette
movimenti fisici e psicologici di avvicinamento e allontanamento,scoprendo un
65
certo numero di strategie che “governano” le relazioni e lo aiutano ad organizzare
in modo coerente i vissuti emotivi. (9)
Nella prospettiva dell’infant research di Beebe e Lachmann (2002) il concetto
benenzoniano di ISO (identità sonoro-musicale) acquista ancor più forza
configurandosi in una dimensione che consente la possibilità di un continuo
riplasmarsi della memoria
sensoriale,percettiva,affettiva e motoria grazie
all’interazione, in uno spazio ed un tempo privilegiato, tra bambino e
musicoterapista che,sull’asse della temporalità, dona contenuti di senso ai vissuti
della diade. (10)
Alcuni principi organizzativi che regolano le interazioni madre-bambino possono
chiarire, nell’ambito della musicoterapia, come essi
presiedano al processo
musicoterapico,puntando l’attenzione soprattutto alla dimensione non verbale che
accompagna come un sottofondo,il processo di influenza reciproca della diade
bambino-musicoterapista .Il modo in cui si organizza ,all’interno del setting
musicoterapico, l’interazione tra bambino-musicoterapista ,va ad influenzare alcune
tematiche dinamiche che rappresentano il fulcro della terapia stessa come il senso di
fiducia,di sicurezza,il grado di definizione del Sé,i confini del Sé,il riconoscimento
reciproco,la familiarità,l’elemento novità,la padronanza. Tutti questi aspetti vanno
inoltre considerati nell’età dello sviluppo non solo in termini di cambiamenti, che
avvengono per il possibile effetto di una terapia adeguata ed efficace,ma anche
sotto la spinta di crescita e di naturale “motore” evolutivo che nella dimensione del
bambino gioca un ruolo fondamentale nella riorganizazione delle interazioni e del
mondo delle sue rappresentazioni. Inoltre il passaggio dalle interazioni ad una vera e
propria relazione ha bisogno di “storia e memoria” ,cioè di qualche forma di
rappresentazione
della
realtà
e
del
suo
ricordo
:
una
dimensione
66
interpersonale,quella fra bambino e musicoterapista, che si deve sedimentare
attraverso l’esperienza del “fare qualcosa insieme”. (11)
Questo modo di prestare attenzione al processo terapeutico,contribuisce
notevolmente all’azione terapeutica,specialmente in quei bambini considerati
“difficili” per le loro difficoltà e atipicità sul piano dell’autoregolazione e della
regolazione interattiva . L’esperienza clinica dimostra pienamente come in realtà
ciascun bambino con
grave disturbo della comunicazione e della relazione,
possieda propri ritmi comportamentali,determinate preferenze e condotte verso gli
oggetti, ma soprattutto conservi il desiderio di comunicare e di comunicarsi,anche
se con strumenti disturbanti,disorganizzanti e perturbanti.Tuttavia la scommessa
terapeutica che si rivolge a questi bambini attraverso una storia di relazione legata
ad interazioni con il corpo,il movimento,la voce e gli strumenti musicali può
costituire una “ via regia” di armonizzazione. Resta sempre aperta ,in ogni essere
umano,la possibilità di una riorganizzazione del Sé-in-relazione -all’oggetto nell’
ambito delle relazioni interpersonali. La patologia può essere considerata una
“restrizione” di questa qualità trasformativa oppure, da un punto di vista
fenomenologico ed esistenziale, un modo “altro” per cercare di dare un senso al
proprio essere al mondo. (12)
Le modalità d’interazione non verbali hanno origine in sforzi adattivi di
compromesso fra il bisogno di rapportarsi con l’altro da sé e quello di preservare
l’integrità del proprio organismo,cioè di mantenere il livello di attivazione entro
valori accettabili. Il trattamento musicoterapico dei bambini con DGS non intende
inquadrare
rigidamente
le varie modalità d’interazione in qualche schema
interpretativo :sarà l’andamento del percorso musicoterapico che metterà in luce le
continue variazioni delle strategie autoregolatorie e di regolazione interattiva ,della
condivisione
degli
stati
soggettivi,il
grado
di
responsività
67
corporea,vocale,visiva,sonora,della diade bambino –musicoterapista.Poiché tutto il
comportamento non verbale avviene per la maggior parte sull’asse della
inconsapevolezza è necessario da parte del musicoterapista dotarsi di strumenti
operativi di osservazione come le registrazioni audiovideo delle sedute ,per poter
“leggere” attentamente il processo relazionale che si snoderà in una complessa
“partitura” ,ricavandone indicazioni preziose sull’andamento del rapporto ,sui punti
di forza e sulle difficoltà. La comunicazione sonora si verifica nel qui e ora della
matrice interattiva e possiede pertanto un particolare senso di vitalità e di
immediatezza per entrambi i membri della coppia.(13) Ecco che accanto alle
descrizioni fornite dai “diari di seduta” è necessario munirsi di apparecchiature
audiovisive per creare
dei “diari sonori e visivi” degli scambi relazionali che
avvengono nel setting,delle “retrospettive” per monitorare i processi di
cambiamento. La decodifica di
una comunicazione non verbale rappresenta il
momento più delicato della terapia. Entrano in gioco la sensibilità del
musicoterapista,il suo modo di vedere e sentire le cose,la sua formazione personale.
Nel caso dei processi musicoterapici legati ai bambini con DGS, occorre spesso una
lunga indagine per comprendere la storia e il significato della relazione bambinomusicoterapista.Il mezzo vocale e sonoro-musicale si caratterizzano oltre che per
vitalità e immediatezza,dalla non invasività in senso prossemico e dall’individualità
che trasmettono.La voce può contattare il bambino da diverse distanze senza
“invadere” il suo lo spazio fisico. C’è però un’ “invasione” in termini di spazio
sonoro:di questo il musicoterapista deve avere piena consapevolezza,per saper
adeguatamente dosare i silenzi,le pause,le rotture,i ritorni. Adottare il criterio di non
invasività ,non significa ,nel trattamento con bambini,l’esclusione del contatto
corporeo,la dimensione del toccare e dell’essere toccati. Questa dimensione
sensoriale -corporea-affettiva va sempre tenuta presente come strumento efficace di
68
holding ed handling in senso winnicottiano, nella costruzione di un senso di
sicurezza da parte del bambino. La vocalità come suono che appartiene ad una
persona,a quella persona, contiene in modo intrinseco la possibilità della melodia. I
suoni vocali per eccellenza sono quei suoni che permettono un canto. Le linee
melodiche possono essere definite suoni che cantano. “Questi suoni che cantano
sono anche incantevoli. (…)quando il suono risuona,quando il disegno comincia a
tracciarsi nell’aria,allora l’orecchio che lo coglie non può distogliersi da esso,ma
viene afferrato e trattenuto nel movimento. Questo è l’incanto. Incantevoli sono i
suoni che generano incanto,e dunque ti obbligano ad ascoltarli”. (Piana 1996) (14)
Come nel caso del gusto e dell’odorato ,anche l’orecchio ha le proprie preferenze,e
perciò può accettare o rifiutare,accogliere o respingere.L’espressione “spazio
sonoro”acquista di volta in volta nel setting musicoterapico delle caratteristiche ben
definite e in essa è sempre implicata l’idea di una struttura relazionale,che ha una
sua delimitazione spaziale,temporale,una sua ciclicità di eventi sonori (una
“segmentazione”,intesa come raggruppamento di più unità ordinate in successione
temporale oppure in simultaneità) che annuncia sempre un “ritorno all’identico”.
Queste caratteristiche strutturali costituiscono lo sfondo sul quale avvengono le
interazioni bambino-musicoterapista, terreno condivisibile di uno spazio e di un
tempo di relazione che permette il formarsi e il trasformarsi di corrispondenti sonori
della vita emotiva e affettiva .Il senso di sicurezza del bambino con DGS sembra
essere continuamente destabilizzato e minato nell’esperienza concreta con la realtà
che lo circonda. Egli cerca di trovare rifugio e senso in situazioni nelle quali possa
sentirsi “fuori pericolo”,e cioè in situazioni in cui il mondo appare più rassicurante
se mantiene delle caratteristiche costanti,immutabili. Non è forse quello che tutti gli
esseri umani fanno per diminuire uno stato di tensione dettato dall’incertezza,dal
non sentire dei confini chiari,rassicuranti e protettivi? Ecco che le stereotipie verbali
69
e il linguaggio ecolalico non solo rappresentano dei mezzi “rassicuranti”di una
identità fragile continuamente minacciata dall’imprevedibilità dell’esperienza
concreta ma divengono comunque dei mezzi per affermare la propria
soggettività,un “farsi sentire” .(15)
Questo “farsi sentire” avviene in modo del tutto casuale? In base a quale principio il
bambino stabilisce cosa è importante per lui e cosa non lo è ? E’ forse il
riconoscimento di ciò che è regolare,prevedibile e familiare nelle interazioni cui
partecipa a diventare saliente ? Stern (1985) ha sostenuto questa tesi discutendo gli
aspetti invarianti di sequenza,causalità,affetti e memoria. In modo simile Beebe e
Lachmann (1988,2002) hanno affermato che le regolazioni attese e prevedibili
attuate durante l’interazione tra madre e bambino creano una serie di aspettative
che organizzano l’esperienza del bambino. Non solo. Questi concetti possono essere
trasferiti nell’ambito delle relazioni d’aiuto. Le ipotesi di questi autori sono state
riassunte nei cosiddetti tre principi di salienza. Tali principi chiarificano le origini
del
processo
di
interiorizzazione.
Essi
sono
tre
principi
organizzativi
fondamentali,che stabiliscono quali eventi siano salienti per il bambino e
organizzino le sue aspettative sull’incontro con l’altro:

il principio di regolazione attesa

il principio di rottura e riparazione

il principio dei momenti affettivi intensi.
Il principio di regolazione attesa,basato sui modi caratteristici e “prevedibili” in cui
si dispiega l’interazione ,è fra i tre il principio sovraordinato.Rottura e riparazione
si riferiscono a una specifica sequenza “fuoriuscita” dal modello generale.Infine,i
momenti affettivi intensi riflettono singoli eventi che lasciano il segno e resistono
nel tempo.I tre principi ,quindi offrono una definizione gerarchica dei modelli
d’interazione,organizzati su tre livelli :il modello generale,una sequenza e un
70
momento. Questi tre livelli organizzativi,precisano gli autori,dovrebbero essere
considerati serie concatenate in cui ciascun livello ingloba il successivo.I modelli
d’interazione sono modi caratteristici di autoregolazione e regolazione interattiva
riconoscibili,riconosciuti,ricordati o attesi dal bambino. Essi influiscono sul mondo
delle rappresentazioni del bambino :un mondo costruito attraverso ciò che Stern
(1995) definisce reti di schemi di essere con. (16)Il principio di regolazione attesa
potrebbe essere tradotto in questo senso : “posso aspettarmi che normalmente le
cose vadano così”. Rottura e riparazione mette in evidenza “questo è ciò che
succede quando le cose non vanno come dovrebbero;posso aspettarmi che si
aggiusteranno,e questo è il modo in cui le aggiusteremo”. Ed infine Il principio dei
momenti affettivi intensi traduce i vissuti emozionali, ad esempio : “che momento
meraviglioso!”.Le rappresentazioni dell’esperienza vissuta nel bambino sono
codificate
come
informazioni
implicite
e
non
verbali
di
tipo
motorio,istintuale,visivo,tattile,acustico,olfattivo e gustativo. Esse non sono quindi
necessariamente tradotte in forma linguistica. Le informazioni non verbali vengono
memorizzate ed interiorizzate nei diversi canali percettivi visivi,nella forma di
immagini,suoni,odori,sapori ,esperienze tattili,temperature corporee,stati di tensione
o distensione.
La seguente riflessione di studio si configura nell’assunzione di tali
principi di
salienza ,con la convinzione che essi si riflettano nelle interazioni sonoro-musicali e
vocali
della
musicoterapica,
diade
bambino/
musicoterapista,
all’interno
della
cornice
“prendendo corpo” attraverso il materiale sonoro-musicale
prodotto all’interno della relazione della diade stessa.
Il disegno generale di questo lavoro riflette dunque l’ipotesi che sia possibile
delineare, all’interno del trattamento musicoterapico dei bambini con DGS, sulla
scorta dei principi precedentemente enunciati, un profilo comunicativo-vocale che
71
appartiene al bambino stesso nella sua dimensione interattiva e relazionale e
l’individuazione di formati vocali e sonoro-musicali che riflettono le modalità
peculiari con le quali avvengono le interazioni della diade bambino –
musicoterapista,all’interno del setting. Il cercare di descrivere e analizzare tali
processi viene affrontato nell’ambito di un’applicazione musicoterapica attenta ai
bisogni esistenziali di ciascun bambino. Brazelton e Greenspan (2000) hanno
identificato vari bisogni considerati “irrinunciabili” per i
bambini . Tra essi
ricordiamo :
1. Il
bisogno
di
sviluppare
costanti
relazioni
di
accudimento.
A livello di base ,le relazioni incoraggiano il calore,l’intimità,il
piacere;forniscono protezione,sicurezza fisica e soddisfano i bisogni
fisiologici e di benessere psicofisico.Le componenti “regolatrici” delle
relazioni (per esempio la protezione dei bambini da stimolazioni troppo
deboli o troppo forti) aiutano i bambini a rimanere sereni e pronti per un
nuovo apprendimento.
2. Il bisogno di protezione fisica e sicurezza per sviluppare un senso di
fiducia nei confronti dell’ambiente che li accoglie.
3. Il bisogno di esperienze modellate sulle differenze individuali,rispettando
l’unicità e l’originalità di ogni bambino,nel rispetto dei suoi tempi e delle
sue modalità di apprendimento.
4. Il bisogno di esperienze appropriate al grado di sviluppo,nel rispetto del
ritmo di crescita di ciascun bambino.
5. Il bisogno di definire dei limiti,di fornire una struttura e delle
aspettative.Quest’ultimo bisogno lo si vede ad esempio concretizzato
molto bene nei diversi “sfondi” d’interazione che l’adulto crea nella
pratica riabilitativo- terapeutica attraverso la strutturazione di diversi spazi
72
e
tempi
“privilegiati”
(i
setting
di
musicoterapia,logoterapia,idroterapia,ecc.). Spazi e tempi dedicati,che
includono diversi materiali e che generano diverse aspettative nel
bambino. (17)
4.3 Linee generali del trattamento musicoterapico
L’intervento musicoterapico su cui si pone l’attenzione è caratterizzato da :

l’instaurarsi di una relazione intersoggettiva fra il bambino ed il
musicoterapista nella dimensione di uno spazio e di un tempo “privilegiato”
chiamato setting. In tale contesto vengono utilizzati parametri armonizzanti
di tipo sonoro-musicale i quali favoriscono lo sviluppo di sintonizzazioni di
natura affettiva. Queste ultime costituiscono il fondamento di qualsiasi
comunicazione non verbale. Le sintonizzazioni rappresentano dunque la
tecnica attraverso la quale perseguire l’obiettivo dell’armonizzazione nel
contesto della strategia complessiva di una migliore integrazione
(spaziale,temporale e sociale) della personalità del bambino;
73

un approccio integrato di musicoterapia che convoglia l’apporto dell’infant
research al modello musicoterapico di R.O.Benenzon;

un processo dinamico di conoscenza del bambino e di come esso si rapporti
con le varie forme di espressività e creatività attraverso l’osservazione
diretta e partecipe del musicoterapista;

la presenza di un setting costante che definisce il contesto della relazione
d’aiuto. Winnicott (1971) definisce il setting come “la somma di tutti i
particolari della tecnica”. Il setting non rappresenta tanto un insieme di
regole precostituite e applicate,ma piuttosto una modalità interiorizzabile per
poter definire i confini del Sè rispetto all’altro da Sé, in una zona protetta e
senza intrusioni,nella quale il bambino possa sentirsi al sicuro e nella quale
possa avvenire il processo che porta al dispiegamento del Sé.La stanza di
terapia consiste in
determinati
materiali
un luogo protetto caratterizzato dalla scelta di
(strumenti
musicali,oggetti,arredi)da
parte
del
musicoterapista . Tali materiali sono suddivisi in due grandi categorie:
oggetti
non
strutturati
(materassini,pouf,cuscini,specchio)
e
oggetti
strutturati (strumenti musicali convenzionali e non convenzionali,cioè autocostruiti e creati). Gli oggetti strutturati rappresentano dunque i materiali
caratterizzanti dell’esperienza sonoro-musicale (ciò che nell’approccio
musicoterapico di Benenzon viene definito come GOS ,Gruppo Operativo
Strumentale)e
nei
quali
confluiscono
idrofoni,membranofoni,cordofoni,aerofoni ,secondo la classificazione di
Sachs(1940).
Il GOS viene configurato “a misura di ciascun bambino”.Esso dovrà essere
sufficientemente ampio ma senza eccessi,in grado di rappresentare i
parametri sonoro-musicali secondo la maggior varietà ed ampiezza. E’
74
considerata buona norma proporre inizialmente un GOS di base ed
ampliarlo in seguito al lavoro con ogni singolo bambino. Personalmente
ritengo inoltre indispensabile pensare in termini di “utilizzabilità” e
“appagabilità” degli oggetti :solamente in questa dimensione ogni oggetto
acquista un senso e si “svela” al bambino. Nella mia modalità operativa
inoltre ho inserito tra i materiali anche la possibilità di ascolto di brani
musicali. Mi sono dotata di numerosi CD audio scelti e valutati sulla base
delle esigenze psicosonore dei bambini. Si tratta di collezioni di brani
strumentali sui quali è sempre possibile interagire con il corpo,la voce e gli
strumenti musicali. L’inserimento degli ascolti da vivere attivamente
attraverso il movimento,l’espressività vocale o strumentale viene valutata
caso per caso;

un processo di osservazione,descrizione e analisi diretta delle interazioni
bambino-musicoterapista e sulla ricerca di strumenti idonei per la
rilevazione dei dati, per monitorare e valutare l’andamento del processo
musicoterapico;

un processo di conoscenza del musicoterapista : esso cercherà di potenziare
in modo dinamico la conoscenza dei propri “meccanismi” espressivi e
psicologici,dei propri vissuti emotivi e delle proprie resistenze attraverso i
momenti di supervisione e di lavoro d’èquipe;
Il percorso di tale trattamento musicoterapico prevede:

la presa a carico del bambino e inizio del trattamento ( presentazione del
caso);

l’elaborazione del Progetto Terapeutico Individualizzato da parte del
musicoterapista e degli altri membri dell’èquipe che si occupano del
75
bambino (dopo un periodo di osservazione e accertamento di 4-5 sedute);in
questa prima fase di assessment vengono valutati nel setting musicoterapico
alcuni indicatori di idoneità:predisposizione del bambino,livello di
accettazione del trattamento,sensibilità al setting specifico,risposte al suono
e alla musica,rapporto con l’ambiente,tipo di comunicazione messa in atto.

la realizzazione del trattamento (il musicoterapista attua il programma di
trattamento concordato che verrà supervisionato con incontri a scadenza
mensile. In questa fase il processo viene documentato dal terapista attraverso
la compilazione di schede di osservazione (protocolli),registrazioni audio e
audiovideo);

la valutazione intermedia (verifica dell’evoluzione del caso con la presenza
dell’èquipe multiprofessionale e dei genitori del bambino);

la preparazione da parte del musicoterapista di una relazione finale da
presentarsi in sede di riuniuone d’èquipe finale, nella quale viene effettuata
una valutazione complessiva del trattamento .
Il Progetto Terapeutico Individualizzato in Musicoterapia è delineato dalle seguenti
indicazioni che il terapista documenta :

obiettivi a breve e lungo termine

tipo di esperienze sonoro-musicali

scelta dei materiali (arredo,oggetti,strumenti musicali convenzionali e non).
L’intervento musicoterapico che viene descritto in questa sede di studio, è parte di
un progetto riabilitativo-terapeutico di ampio respiro in cui confluiscono varie
76
figure professionali con diverse competenze che cercano di rispondere per ciascun
bambino preso a carico alle seguenti domande :

Questo bambino chi è? (la risposta è data dal sapersi collocare in una prospettiva
psicodinamica,esistenziale e fenomenologica);

Questo bambino che cosa ha? (la risposta è la diagnosi eziopatogenetica che
presenta le malattie causa di disabilità);

Questo bambino che cosa sa fare? ( la risposta sta nel progetto riabilitativoterapeutico individualizzato che delinea le risorse e i bisogni del bambino e ciò che
ci si propone di fare);

Come aiutarlo? (la risposta risiede nelle linee metodologiche di intervento,cioè
nella messa in atto delle strategie opportune per il conseguimento degli obiettivi del
progetto musicoterapico individualizzato);

Dove aiutarlo? (l’analisi del setting musicoterapico,delle sue caratteristiche e delle
sue dinamiche ,rientra nella metodologia d’intervento,ma ,a mio avviso,richiede
momenti di riflessione dedicati. Il setting nella relazione d’aiuto rappresenta lo
spazio e il tempo privilegiato,nel quale bambino e musicoterapista interagiscono.
Questa
cornice
,caratterizzata
dalla
dimensione
intersoggettiva,rappresenta
l’insieme dei materiali -strumenti musicali convenzionali e non -e della progettualità
d’uso
attraverso le quali il musicoterapista si esprime
cercando modalità
relazionali sempre più idonee ed efficaci per migliorare la qualità dell’intervento).

Come essere? ( la professionalità del musicoterapista,la sua formazione,la sua
personalità,i suoi vissuti e bisogni devono essere costantemente condivisi,
“monitorati”ed “automonitorati” attraverso il lavoro di supervisione e la
rielaborazione personale dei casi per assolvere in modo adeguato al proprio
compito. E’ il contenuto esistenziale del ruolo del musicoterapista la base da cui
77
partire per aiutarlo a realizzare quella completezza di professionalità rappresentata
dall’integrazione tra aspetti tecnici e aspetti umani. E’ giusto pertanto far
riferimento ai contenuti della soggettività del terapista nell’espletamento della sua
professione,analizzando quali bisogni emergono dalle sue esperienze). (18)
Le domande e le risposte rimangono domande e risposte aperte,mai definitive ed
esaustive. Questo lo riscontro ogni giorno a stretto contatto con i bambini e
rappresenta la spinta alla mia ricerca professionale,scientifica ed umana.
Gli aspetti sonoro-musicali visti come mezzi privilegiati per entrare in relazione con
l’Altro evidenziano uno degli obiettivi fondamentali della musicoterapia : quello di
“accogliere”l’Altro in una dimensione di ascolto e di accoglienza. Condividere
un’esperienza sonoro-musicale con associazioni individuali legate all’uso del corpo,
del movimento,della voce ,degli strumenti musicali e di altri oggetti significativi per
il bambino, significa condividere sensazioni,emozioni,stati d’animo.
Pur tenendo conto dei bisogni individuali dei bambini in trattamento ho potuto
delineare le caratteristiche generali del mio approccio musicoterapico che si
caratterizza :

dall’inseguire
quotidianamente
l’obiettivo
generale
dell’armonizzazione
dell’handicap attraverso la tecnica delle sintonizzazioni nel contesto della strategia
complessiva di una migliore integrazione(spaziale,temporale e sociale)
della
personalità del bambino ;

dal “viaggio”in una relazione che nasce momento per momento,seduta dopo
seduta,come scommessa per poter accogliere e comprendere l’Altro;

dalla scelta consapevole di cercare di non anticipare il contenuto della relazione
stessa (il linguaggio espressivo è improvvisato,nel senso che è non pre-visto,cioè
“non visto prima”);
78

dalla gestione dello spazio e del tempo terapeutico con una modalità che da un lato
mantiene riti,certezze,costanti (piano della familiarità) e dall’altro inserisce nuovi
spunti e nuove modalità d’interazione che possono essere però
riconosciute,ripetute,mutate,rivissute e rielaborate dal bambino(piano della novità);

da un approccio atto a sostenere e condurre il bambino nell’esperienza sonoromusicale(con
riferimento
costante
ad
un
piano
intrapersonale
e
interpersonale)attraverso la creazione di un”contenitore affettivo” alla ricerca di un
“terreno condivisibile”,di una “cornice significante”.
La relazione che si instaura con il musicoterapista,attraverso la presenza di un
setting
costante
“forma”),avvia
(caratterizzato
quel
processo
da
determinati
materiali
di
consapevolezza
e
di
che
prendono
intenzionalità
indispensabili,come direbbe Winnicott, “per una vita che valga la pena di essere
vissuta”.
Gli obiettivi generali dell’intervento musicoterapico (a lungo termine) possono
riassumersi nei seguenti punti:

Apertura di nuovi canali di comunicazione.

Sviluppo delle potenzialità affettivo-comunicativo-relazionali.

Sviluppo della consapevolezza del proprio corpo e delle proprie azioni.

Consolidamento del senso d’identità.

Miglioramento dell’interazione sociale.

Stimolazione delle funzioni cognitive attraverso un processo di investimento di tipo
affettivo.

Sostenere ed amplificare la progettualità esplorativa e di gioco.

Accrescere l’adattamento emotivo e affettivo nella prospettiva della regolazione
delle emozioni.
79

Ampliare l’esplorazione della propria vocalità.

Migliorare il comportamento attentivo.

Sostenere l’esplorazione degli oggetti sonoro-musicali come ampliamento
dell’esperienza sensoriale,corporea ed affettiva.
Esperienze:

Improvvisazione e dialogo sonoro-musicale

Dialogo tonico

Giochi corporei

Esplorazione vocale

Ascolti

Movimento espressivo
Materiali:

Strumenti ritmici,melodici,armonici,etnici convenzionali (Strumentario Orff) e
creati;CD musicali audio.

Pianoforte

Materassino

Specchio

Tappeto

Pouf,cuscini

Impianto stereo (produzione e registrazione)
Ambiente :
La mia stanza di musicoterapia (così mi piace chiamarla) è ben illuminata dalle
finestre che le girano attorno su due lati e si affaccia sul verde. E’ sufficientemente
80
spaziosa, isolata e protetta. L’ho arredata con lo stretto necessario : una piccola
scrivania,due sedie,due armadietti,uno scaffale,un grande tappeto verde,un
materassino,uno specchio fisso,un pouf.
Sedute :
Sulla base dei bisogni dei bambini le sedute sono state condotte individualmente
con frequenza settimanale, con durata di 40-45 min.ciascuna .
Note al capitolo quarto
1 ) J.L. Nancy(2002),All’ascolto,Raffaello Cortina Editore,Milano,2004,pp.14-15.
2) E’ intenzionale la scelta di non aprire disquisizioni particolari nell’ambito delle
definizioni e delle classificazioni nosografiche dell’autismo e delle psicosi
infantili.Ritengo non siano essenziali, dato il “taglio” del lavoro. Testi base di
riferimento
sono
comunque
stati
:
D.
Marcelli,Psicopatologia
del
bambino,Masson,Quinta edizione,Milano-Parigi-Barcellona,2001; L.Camaioni (a
cura di),Psicologia dello sviluppo del linguaggio,Il mulino,Bologna 2001; U.Frith
(1989),l’Autismo-spiegazione di un enigma,Laterza,Roma-Bari,1996; A.e F.
Brauner ,Il linguaggio verbale e non verbale del bambino psicotico,Armando
Editore ,Roma 1991.
81
3) Cfr. Strati ,La grounded theory,in L. Ricolfi,La ricerca qualitativa,Carocci,Roma
1998.
4) Cfr. in AA.VV. L’intervento musicoterapico con
comunicazione
e
della
relazione
:
criteri
di
i gravi disturbi della
analisi
del
materiale
sonoro/musicale,Quaderni di musicoterapia applicata,PCC,Assisi,n.22-ottobre 2003.
5)
B.Beebe/F.M.
Lachmann(2002),Infant
research
e
trattamento
degli
adulti,Raffaelo Cortina Editore,Milano,2003.
6) ivi,p.29.
7) J.Bruner,op.cit.p.100
8) G. Piana,Filosofia della musica,Edizioni Guerini e associati,Milano,1996,p.20.
9) il concetto di “base sicura” è mutuato da J.Bowlby in Una base
sicura,Cortina,Milano, 1988, mentre il concetto di “memoria sensoriale delle
relazioni” fa riferimento all’opera di A.Seganti,La memoria sensoriale delle
relazioni,Bollati Boringhieri,Torino,1995.
10) per il concetto di ISO si veda R.O.Benenzon,La nuova musicoterapia,,Phoenix
Editrice, Roma 1997,pp.66-69.
11) G. Bollea,Presentazione dell’opera di G.Fava Vizziello/ D. Stern (a cura
di),Dalle cure materne all’interpretazione,Raffaello Cortina Editore,Milano,1992.
12) Cfr. B.Beebe /F.M.Lachmann,op.cit.,pp. 111-112.
13) ivi,pp.120-121.
14)G.Piana,op.cit.,pp.182-183.
15) E. Cantadori,appunti personali della lezione “Ecolalie e stereotipie verbali nelle
psicosi”, “Casa del Sole”,Mantova,formazione interna del personale,Aprile2003.
16) B.Beebe/F.M Lachmann,op.cit. pp.133-135.
17) Cfr. T.B.Brazelton/S.I. Greenspan (2000),I bisogni irrinunciabili dei
bambini,Raffaello Cortina Editore,Milano ,2001.
82
18) Cfr. E.Cantadori,La persona disabile,dalla diagnosi all’intervento
operativo,McGraw-Hill Companies,Milano,2002.
Capitolo quinto
LA DOCUMENTAZIONE DELLE OSSERVAZIONI NEL
TRATTAMENTO MUSICOTERAPICO :
CRITERI DI RIFERIMENTO E VALUTAZIONE
5.1 Descrizione e diario musicoterapico
La prima fonte d’indagine del presente lavoro di studio è rappresentata dalla
descrizione del percorso musicoterapico di ciascun bambino. Essa consiste nel
segnare per iscritto,seduta per seduta,la successione delle interazioni della diade
bambino-musicoterapista ,le modificazioni,i cambiamenti.Le diverse schede di
osservazione vengono conservate in una cartella personale per ciascun bambino e
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costituiscono una sorta di diario musicoterapico delle sedute. La stesura delle
osservazioni avviene secondo una descrizione che ricalca i seguenti punti:
SCHEDA DI OSSERVAZIONE
Dati: Nome del bambino,diagnosi,data della seduta;
GOS: (gruppo operativo strumentale utilizzato in seduta,motivo della scelta e suo
posizionamento all’interno del setting);
Proposta di brani d’ascolto ( tipo di brano,caratteristiche sonoro-musicali,motivo della
scelta,posizionamento temporale all’interno della seduta);
Strategia principale adottata durante la seduta: (contenimento,attivazione);
Prime reazioni del b.no di fronte al setting e al mt : ( primo posizionamento nello
spazio,scelta immediata di uno strumento,contatto corporeo,prime produzioni vocali o
sonoro-musicali);
Descrizione degli eventi più significativi nell’interazione b.no/mt: (produzioni vocali e
sonoro- musicali,modalità d’esplorazione della voce e degli strumenti strumenti , modalità
d’interazione prevalenti,espressioni affettive,alternanza dei turni,ecc.);
Utilizzo
del
corpo
da
parte
del
b.no
nell’interazione
con
il
mt
:
(movimenti,gestualità,posture,distanza prossemica,esplorazione del proprio corpo,dello
spazio,degli strumenti musicali);
Utilizzo dello sguardo e della mimica facciale;
Uso della vocalità: (emissione di suoni gutturali,vocalizzi,aspetti sillabici,lallazione
vocalica/consonantica,onomatopee,parole,frasi,aspetti
ritmici
ed
intonativi,canto,ecolalie,stereotipie verbali ,piacere nell’ascoltarsi,piacere nell’ascoltare la
voce del mt);
Associazioni corporeo-sonoro-musicali e vocali che hanno caratterizzato la seduta :
(voce-movimento,suono di uno strumento/espressività vocale,ecc.);
Atteggiamento prevalente del b.no a fine seduta;
Vissuti del mt dopo la seduta.
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Nella descrizione dei punti messi in evidenza nella scheda di osservazione ho
adottato i seguenti criteri di riferimento (utilizzati anche per la stesura del Piano
Terapeutico Individuale,per la valutazione Intermedia e Finale del Trattamento
musicoterapico e per l’analisi delle registrazioni audiovideo effettuate per questo
lavoro di studio) :
CRITERI DI RIFERIMENTO E VALUTAZIONE PER L’OSSERVAZIONE DELLE
INTERAZIONI BAMBINO/MUSICOTERAPISTA NEL SETTING
MUSICOTERAPICO
Corpo:
Corpo come strumento :capacità motorie,percettive,espressività corporea,posturale,mimicogestuale.
Corpo come soggettività : immagine del corpo,grado di autonomia.
Risposte alle proposte corporee e di movimento del mt.
Corpo nella relazione interpersonale :
comportamento spaziale (distanza interpersonale,contatto corporeo,orientazione,postura);
comportamento cinesico (movimenti di busto e gambe,gesti delle mani,movimenti del
capo); volto (sguardo e contatto visivo, espressione del volto).
Voce :
Segnali vocali verbali e non verbali . Comprensione /Produzione.Espressività ed
esplorazione vocale :articolazione,fonazione,tratti prosodici e soprasegmentali,presenza di
linguaggio ecolalico o stereotipie verbali. Vocalizzazioni e canto (canta in altezza,continua
un suono,canta la linea melodica nella tonalità della canzone,cantilena,ecc.).Uso del
silenzio.
Risposte alle proposte vocali del mt.
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Esplorazione del setting e degli strumenti musicali (convenzionali e non):
Oggetti,spazio,tempo. Consapevolezza degli oggetti (uso concreto,simbolico).Collocazione
degli oggetti nello spazio e nel tempo.
Strategie di gioco.
Comportamenti musicali specifici : modalità di esplorazione,uso possibile, senso (che
bisogni esprime?).Produzione sonoro-musicale (grado di interazione,strutture e
caratteristiche dell’improvvisazione sonoro-musicale,grado di casualità o intenzionalità nel
dialogo sonoro-musicale,contesto della produzione,esplorazione sensopercettiva,espressione emozionale).
Risposte all’ascolto di produzioni sonoro-musicali del mt e di ascolti di brani (cd audio).
Indici di valutazione delle produzioni sonoro-musicali e vocali nell’interazione b.no
/mt : individuazione-valutazione delle dinamiche d’intensità,delle durate,dell’agogica,degli
elementi ritmici,dei silenzi,dei tratti sonoro-musicali ricorrenti,della strutturazione e
variazione di sequenze,d’interazione diacronica e sincronica,dell’andamento dialogico fra
b.no e mt secondo i tre principi di salienza identificabili in regolazione attesa,rottura e
riparazione,momenti affettivi intensi(Beebe e Lachmann 2002);
Associazioni corporeo-sonoro-musicali:
Associazioni più importanti di tipo ritmico,melodico,movimento,vocalizzi,canzoni.(1)
5.2 Vocalità: registrazione e valutazione dei dati osservativi
Per la raccolta e la registrazione dei dati comportamentali osservati e codificati ho
introdotto l’uso di registrazioni audio e audiovideo
poichè permettono una
conservazione dei dati osservati ,la possibilità di poterli rivedere e riascoltare,
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nonché di condividerli all’interno della supervisione con i membri dell’èquipe
multidisciplinare . All’interno del disegno di questo lavoro ho effettuato per i
quattro casi rappresentativi una registrazione audiovideo e due registrazioni audio
a scadenza mensile.Il periodo di monitoraggio attraverso l’uso di videotape si è
svolto nell’arco di tempo di 18 mesi. Motivata dall’esigenza di aprire un focus sulla
vocalità in termini più definiti ,la possibilità di analisi offerta dai videotape si è
rivelata fondamentale .Le modalità osservative si sono focalizzate sui seguenti
indici di rilevazione/valutazione del comportamento vocale (atti fonopoietici)
nell’interazione bambino-musicoterapista :
Atto fonopoietico
Azione che utilizza il canale vocale come regolazione di uno stato
corporeo,emozionale,con caratteristica informativa vs.comunicativa.
Struttura :caratteristiche e
Qualità sonora ed eventuale contenuto semantico ; descrizione dei
funzioni.
vocalizzi,aspetti sillabici,lallazione,onomatopee,parole,frasi e loro uso
come espressione di bisogni,richieste,richiami,regolazione dello stato
edonico e delle emozioni,organizzazione del pensiero e delle
emozioni.
Dinamiche d’intensità
Volume della voce,crescendo/diminuendo.
Dinamiched’intonazione
Aspetti
prosodici,melodici,intonazionali (intonazione ascendente o
discendente);
Elementi ritmici
Configurazione ritmica dell’emissione vocale (regolare/non regolare);
Velocità,pause,esitazioni,silenzi.
Comportamento spaziale
Posizione
reciproca
b.no/mt,distanza
interpersonale,contatto
corporeo,orientazione,postura.
Espressioni del
Mimica del volto (differenziata/indifferenziata,tesa/rilassata),risposta
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volto/sguardo
del sorriso,aggancio dello sguardo (rapido/prolungato), esplorazione
del volto del mt da parte del b.no (evitamento,esplorazione
visiva,tattile,olfattiva,gustativa)
Comportamento cinesico
Movimenti del corpo e delle mani (stato di
tensione/distensione,rigidità/fluidità )presenza di schemi motori
(gattonare,strisciare,correre,saltare,ecc.)gesti autoadattatori,emblematici,imitativi,espressivi,stereotipie motorie.
Andamento dialogico
Alternanza
dei
turni,circolarità
e
reciproca
modulazione
nell’interazione sulla base dei tre principi di salienza :regolazione
attesa,rottura e riparazione,momenti affettivi intensi.
Tipo di esperienza sonoro-
Descrizione delle circostanze e delle modalità sonoro-musicali nelle
musicale
quali si verifica la produzione vocale descritta (descrizione
dell’improvvisazione
sonoro-musicale,
scelta
degli
musicali,scelta dei brani musicali,presenza di condotte
strumenti
sonoro-
musicali di esplorazione,espressione o di progettualità di gioco).
I videotape sono stati da me realizzati con una videocamera fissa. Questa scelta è
stata voluta al fine di non avere elementi “inquinanti” nel setting. I quattro soggetti
rappresentativi sono stati sottoposti a supervisione. Essi sono stati scelti per
l’appartenenza diagnostica configurabile all’interno dei Disturbi Generalizzati dello
Sviluppo e per le caratteristiche comunicativo-vocali che rientrano in alcuni profili
più generali che sono stati delineati all’interno di tale classificazione nosografica.
I QUATTRO CASI RAPPRESENTATIVI:
Il primo caso rappresentativo fa parte di quei bambini con DGS che al terzo anno di
età non hanno elaborato ancora alcun linguaggio verbale e si esprimono con
vocalizzi,suoni gutturali ,brusii vocali.La gestualità non supplisce alla mancanza
linguistico-comunicativa. Il secondo caso rientra nelle caratteristiche di bambini che
nei primi due anni di vita evolvono apparentemente in maniera armonica,poi
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cessano quasi improvvisamente di produrre parole e regrediscono a vocalizzi o a
suoni bisillabici. Il terzo caso illustra quei bambini che si trovano nella fase di
lallazione e di parola-frase. Tale espressività vocale appare ripetitiva e
stereotipata.Talvolta il bambino riesce a pronunciare qualche parola,utilizza
correttamente l’onomatopea e dimostra di saper comprendere e riprodurre messaggi
semplici e contestualizzati.Il quarto ed ultimo caso rappresenta quei bambini con
DGS che dispongono di un linguaggio verbale ricco e strutturato,ma poco efficace
sul
piano
comunicativo-relazionale.Sono
presenti
ecolalie
e
stereotipie
verbali.Questi bambini pronunciano spesso parole e frasi che vanno ben oltre il
proprio livello di competenza linguistico-comunicativa. Si riscontrano in tutti i casi
citati : difficoltà di attenzione condivisa e di intenzioni comunicative di richiesta e
di
dichiarazione
(ad
esempio
nell’interazione
triadica
Bambino-Adulto-
Oggetto);compromissione di svariati comportamenti non verbali (sguardo
diretto,espressione mimica,postura corporea,gestualità).
Inoltre si osserva la mancanza di giochi d’imitazione o simulazione di tipo
simbolico adeguati all’età di sviluppo del bambino con interessi e attività ristrette e
ripetitive con eccessiva focalizzazione su particolari sino ad arrivare ad “isole di
abilità”,non spendibili sul piano dell’integrazione sociale. Spesso il bambino con
DGS è preoccupato di mantenere una sorta di immutabilità dell’ambiente che lo
circonda privilegiando modalità esplorative sensoriali di tipo prossimale. (2)
L’analisi di ciascun videotape è avvenuta principalmente sull’asse temporale della
seduta
interamente registrata (durata media di 35-40 minuti). All’interno di
quest’arco di tempo ho annotato ,ad una prima visione,i principali e più significativi
atti fonopoietici del bambino,quelle azioni che utilizzano l’espressività vocale come
autoregolazione o come regolazione interattiva. Attraverso una seconda visione poi
ho cercato di descrivere le produzioni vocali attraverso gli indici di
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rilevazione/valutazione del comportamento vocale precedentemente enunciati. Tali
descrizioni sono state commentate e analizzate quindi in sede di supervisione . Il
concetto di atto fonopoietico mutuato da Anolli e Ciceri (1992) viene esteso in
questo lavoro di studio nel processo comunicativo che avviene attraverso una
relazione di tipo sonoro-musicale : essa percorre una direzione che va dalla
possibilità di “un esprimere” (aspetti autoregolatori e informativi di un certo stato
corporeo,emozionale,mentale) alla possibilità di “un’esprimersi” (aspetti di
regolazione interattiva con la presenza progressivamente crescente di intenzionalità
comunicativa),includendo le “risposte” del bambino alle proposte vocali e sonoromusicali
che
si
creano
per
co-costruzione
da
parte
della
diade
bambino/musicoterapista all’interno del setting. Gli atti fonopoietici della diade
assumono varie valenze all’interno del setting musicoterapico a seconda del
contesto,del frame di riferimento in cui essi si generano.
5.3 L’individuazione di formati vocali e sonoro-musicali
Analizzando i videotape dei quattro soggetti rappresentativi,sulla scorta anche della
raccolta/valutazione dei dati tramite le descrizioni fornite dalle Schede di
Osservazione (o protocolli),ci si rende conto come il contesto operativo
musicoterapico non può essere considerato un dato,un qualcosa che semplicemente
“si trova lì”. Il contesto musicoterapico per il bambino viene in un primo tempo
scelto
e
creato
dal
musicoterapista
e
poi
co-costruito
dalla
diade
bambino/musicoterapista nel fluire delle interazioni durante la seduta.. Vengono a
configurarsi dei formati (il termine come ho già sottolineato è mutuato da
Bruner),dei contesti speciali d’interazione reciproca che il musicoterapista attiva e
seleziona
sintonizzandosi
sull’architettura
affettiva
del
bambino.
Questa
“selezione” da parte del musicoterapista avviene attraverso dinamiche sia conscie
90
che inconscie che coinvolgono processi di attribuzione di significati del mondo
esperienziale del bambino.I formati ,visti come contesti e disposizioni mentali del
musicoterapista verso il bambino si trasformano in un possibile terreno di
condivisione dell’esperienza vissuta.I formati
possono essere rappresentati da
diversi tipi d’interazione :vocale,corporea,gestuale,motoria,sonora.Ovviamente
cercherò di illustrare più oltre,attraverso le “storie” dei quattro bambini
rappresentativi,i formati che utilizzano maggiormente l’espressività vocale sia mia
che del bambino in trattamento. I formati d’interazione reciproca si caratterizzano
dalla possibilità del musicoterapista di “attivare” determinati stati psicoemotivi (le
reti di schemi di essere con di Stern)attraverso modalità di “contatto” sonoromusicali che posseggono determinate “architetture” e che appartengono al principio
saliente di regolazione attesa. Queste modalità possono presentare momenti di
rottura e riparazione e caratterizzarsi da momenti affettivi intensi (Beebe e
Lachmann, 2002).
Attivazione di reti di schemi di essere con --------
Strategie sonoro-musicali
ADESIONE-RISPECCHIAMENTO ---------------- IMITAZIONE
TRASFORMAZIONE -------------------------------- VARIAZIONE
CAMBIAMENTO ------------------------------------
SVILUPPO
OPPOSIZIONE-ROTTURA ------------------------- CONTRASTO
RIPARAZIONE ---------------------------------------- RIPRESA
Lo schema sopraindicato va inserito all’interno del principio di regolazione attesa
che si basa sui modi caratteristici e “prevedibili” (i formati vocali e sonoro-musicali
ricorrenti)in cui si dispiega l’interazione bambino-musicoterapista. Tale principio
offre reti e agganci non solo affettivi ma anche “sinaptici”, sulla scorta delle attuali
91
feconde riflessioni che presentano un approccio neurobiologico allo studio delle
relazioni interpersonali (Siegel ,1999). (3)
Inoltre vi è da sottolineare come vi siano molte analogie fra il processo
musicoterapico, visto alla luce dei tre principi di salienza, e la struttura musicale
della forma-sonata. Salvo deroghe particolari,il primo movimento della sonata
classica è articolato in tre parti : esposizione,sviluppo e ripresa. Nella esposizione
vengono presentati due temi. Nell’approccio musicoterapico benenzoniano il
musicoterapista attende il “primo tema” del paziente per poi restituite una risposta o
“secondo tema” che può rispecchiare il primo tema del paziente o discostarsi a
diversi livelli da esso. Nella seconda parte detta sviluppo ,vengono elaborate le idee
precedenti. I temi principali possono essere variati con diversi timbri,ritmi
,accenti;possono essere creati contrasti dinamici d’intensità,di timbro,d’altezza e
contrasti ritmici,melodici ed armonici (modulazioni ad altre tonalità,passaggi da
modo maggiore a modo minore e viceversa). Nella terza parte,la ripresa (o
ricapitolazione o riesposizione),vengono riesposti i due temi iniziali.(4)
Lo schema della forma-sonata si configura anch’esso come un formato che crea una
regolazione attesa.Nel percorso musicoterapico “il musicale” si configura dunque
come una sorta di bussola di orientamento che permette un aiuto al bambino con
DGS per potersi “muovere”ed esplorare nuove dimensioni che caratterizzano la
propria percezione e i tentativi di interiorizzare un’esperienza vissuta all’interno di
una relazione ricca di rimandi affettivi positivi che si consolida seduta dopo seduta.
Tali dimensioni salienti sono il tempo,lo spazio,gli affetti,gli stati corporei e il
livello di attivazione fisiologica .Ai fini euristici ho dovuto schematizzare e
suddividere i processi affettivo-relazionali , vocali e sonoro-musicali che nella
dimensione esperienziale troviamo interagire continuamente e simultaneamente in
modo
fluido.
Il
musicoterapista “accompagna” il
bambino in
“diverse
92
direzioni”affettive oltre che sonore,lo aiuta e lo sostiene,soprattutto laddove la
regolazione attesa è perturbata. Nelle interazioni atipiche,la prevedibilità e la
coordinazione bidirezionale restano,ma il comportamento del bambino non viene
regolato in modo ottimale. L’espressione degli affetti e delle emozioni è disturbata
e spesso il bambino con DGS mostra posture avversive e stati di ritiro
(atteggiamenti definiti di “caccia e fuga”),ben visibili nell’analisi dei videotape. (5)
All’interno di una relazione che inizia ad avere un certo “peso storico”,nella quale il
musicoterapista ha creato una sorta di involucro protonarrativo (Stern, 1995)
attraverso l’uso di formati vocali e sonoro-musicali,si osserva come ad un certo
punto la relazione con l’Altro non venga messa in “discussione” da parte del
bambino con DGS (dopo almeno quattro mesi di terapia ),nonostante le sue
difficoltà di interazione. Potrebbe formarsi un’esperienza simbolica del tipo : “Ti
riconosco e riconosco questo luogo. Stare vicino a te mi piace;la tua vicinanza e il
tuo contatto mi gratificano anche se ciò a volte mi fa sentire sovrastimolato e
sommerso” . Si oscilla continuamente fra gradi maggiori e minori di
coordinazione,con una flessibilità che abbraccia
una scala che va dalla
corrispondenza in alcuni momenti,alla disgiunzione in altri. Riparare le disgiunzioni
è compito del musicoterapista all’interno della relazione d’aiuto. Le disgiunzioni e i
continui sforzi di armonizzazione delle interazioni rappresentano un importante
principio organizzativo per il bambino con DGS. Anche le disgiunzioni si
avvicinano al modello di regolazione attesa,poiché i tentativi di “risoluzione” da
parte del caregiver diventano una sequenza attesa .In tal modo,il bambino impara ad
aspettarsi che la riparazione sia possibile (Tronick,1989).(6)
L’espressività vocale,con il suo diretto rimando alla fisicità sonora del
corpo,rappresenta una buona “chiave d’ingresso” per accedere a stati mentali
primitivi,poiché rimanda al primitivo “oggetto sonoro”,la voce materna,precursore
93
dell’oggetto interno post-natale. La voce,alternandosi col silenzio ,dà luogo ad
esperienze primarie di presenza/assenza
svolgendo un ruolo essenziale nella
costruzione di un primitivo involucro psichico (Anzieu,1976,1978). Ciò che è
emerso dall’analisi più generale dei videotape è il riflesso di un’”architettura” cocostruita esposta a continui “ritorni” su determinati temi vocali e sonori assimilabili
al concetto musicale di ritornello.Il ruolo del ritornello è territoriale.Esso
rappresenta il cerchio tracciato intorno al centro;è porzione di mondo;è casa-rifugionascondiglio e definizione-identità-rappresentazione di sé. Gli aspetti ritmici
giocano un ruolo speciale in quanto forze interattive,flussi e passaggi che cercano di
organizzarsi intorno ad una struttura.Questi aspetti legati al “musicale” si collegano,
in modo più ampio, alla presenza di patterns di organizzazione emergenti e
ricorrenti che caratterizzano tutte le relazioni umane. A livello vocale e sonoromusicale queste “organizzazioni” della vita affettivo-relazionale prendono forma
attraverso i formati che caratterizzano l’interazione della diade bambinomusicoterapista.
In termini di sviluppo, i vantaggi più importanti per una prospettiva terapeutica
sono associati alla possibilità da parte del musicoterapista di sintonizzarsi sui
bisogni del bambino con DGS,fornendogli un insieme sempre più denso di
sicurezze esterne ed interne che gli possano permettere di affrontare le difficoltà
legate alle sue interazioni con il mondo. Le esperienze vocali e sonore danno origine
a stati emozionali soggettivi complessi :essi si inscrivono nella variazione degli stati
di tensione e distensione del corpo. In questo modo,le risposte del corpo possono
influenzare i meccanismi di “valutazione” e indirizzare i successivi processi di
elaborazione . Gli stati della mente,sollecitati dalle variazioni dei parametri sonoromusicali ,vengono quindi creati all’interno di stati psicobiologici del cervello e del
corpo. I cambiamenti degli stati del corpo vengono percepiti e rappresentati a livello
94
cerebrale sotto forma di marker somatici (Damasio,1994). Ricordi di precedenti
esperienze emozionali evocano marker che si attivano secondo una “logica” del
“come- se” (“as-if” loops,secondo Damasio).(7)La melodiosità della voce,il
suono,la musica ,evocano a livello senso-percettivo marker “come -se” che vengono
vissuti nel teatro del corpo aprendo la possibilità al bambino a diverse associazioni
sul piano emotivo che,all’interno di uno spazio protetto e privilegiato,possono
trasformarsi in “materiale” condivisibile a livello intersoggettivo. Anche in quadri
di severi disturbi sul piano comunicativo-relazionale,il bambino distingue oggetti
animati e inanimati nell’ambiente circostante,attribuendo ai primi reazioni e risposte
emozionali peculiari e differenziate.Questo accade soprattutto per la voce
umana.Ciò che va sempre tenuto conto con i bambini affetto da DGS è l’effettiva
loro “portata del ponte” del livello di attivazione emozionale o per usare
l’espressione di Siegel (1999) le loro finestre di tolleranza.(8) Questo concetto è
molto importante ai fini di una ricaduta nella prassi musicoterapica.
Tutti gli esseri umani posseggono una “finestra di tolleranza”,margini entro i quali
stati emozionali di diversa intensità possono essere processati senza che ciò
comprometta il funzionamento del sistema nel suo complesso. Nei bambini con
DGS questi margini sono più ristretti e dunque stati emotivi molto intensi si
possono “accendere” anche in assenza apparente di particolari stimoli.Le funzioni
integrative delle emozioni, nelle quali i processi di autoregolazione e di regolazione
interattiva permettono interazioni elastiche e adattive con l’ambiente,vengono
spesso “sospese” .Sono stati alternativamente rigidi o caotici :stati definibili di
disregolazione emotiva. Questi limiti delle “finestre di tolleranza” sono determinati
nei DGS innanzitutto da problematiche di ordine biologico-costituzionale,ed in
secondo luogo si determinano sulla base delle risposte che l’ambiente offre e alle
95
influenze legate alla storia delle passate esperienze.(9)Le esperienze di
contenimento e di attivazione vocale e affettiva non si riducono all’azione della
voce. Espansione del corpo,la vocalità abbraccia tutto ciò che ,in noi,si rivolge
all’Altro,in particolare attraverso l’udito, il gesto e lo sguardo.I movimenti del
corpo diventano sonori (dal gr.phonè “voce,suono”)e il suono vocale produce
un’azione, “fa qualcosa”(dal gr. poiesis,deriv.del v.poiein, “fare”). La gestualità si
definisce così in termini di distanze e di tensioni piuttosto che come sistema di
segni. L’ esperienza musicoterapica cerca di ampliare le “finestre di tolleranza” dei
bambini con DGS,dando loro la possibilità di sviluppare modalità più flessibili nel
vivere se stessi,gli altri e la realtà che li circonda. Il superamento delle “finestre di
tolleranza” si accompagna a livello neurologico,secondo gli studi di Siegel (1999),a
un’inibizione dei meccanismi percettivi più corticali,mentre assumono un ruolo
dominante le attività somatiche e sensoriali più “elementari”. In queste situazioni
tutti gli esseri umani “sentono” intensamente e agiscono più sotto l’influsso di una
“necessità” che di una “progettualità”.In altre parole,entriamo in uno stato in cui
potenzialmente prevalgono risposte riflesse a stimoli somatici e sensoriali.
Queste caratteristiche definiscono la condizione esistenziale dei bambini con
DGS,poiché essi vivono spesso prolungati stati di disorganizzazione. Il trattamento
musicoterapico può essere visto come un’azione costante di aiuto che possa
permettere l’acquisizione
di stati
emotivo-affettivi più armonici,trasformando
l’”energia emozionale” in esperienza concreta condivisa con l’Altro a contatto con
determinati materiali sonori (la voce ,il corpo ,gli oggetti musicali) che nel “fare”
prendono “forma”. Il “fare” del musicoterapista riproduce situazioni non troppo
lontane dal tema originario dello stimolo, causando un piccolo carico di frustrazioni
nel bambino connesso allo sforzo di dover attivare un minimo “nuovo” livello
rappresentazionale.Le sintonizzazioni inesatte (Stern,1985), che costituiscono il
96
fondamento di qualsiasi modalità di comunicazione non verbale,favoriscono quindi
un primo approccio elaborativo,basato sul riconoscimento di una buona parte dello
stimolo originario,e quindi una condotta rassicurante legata al campo del consueto
(ripetizione),quanto sulla necessità di dover affrontare una piccola variazione che
consente al bambino con DGS di sperimentare il campo del nuovo e di aprire la
mente a nuove strategie di funzionamento (tema con variazioni).(10)
5.4 Delineamento del profilo comunicativo-vocale all’interno del trattamento
musicoterapico del bambino con DGS.
Il cercare di delineare un profilo comunicativo-vocale, all’interno del trattamento
musicoterapico del bambino con DGS, rappresenta un’ipotesi conoscitiva che
integra
i processi descrittivi e valutativi con i dati ulteriori che la vocalità
conferisce alle modalità d’interazione all’interno del setting . Il profilo rappresenta
uno strumento efficace in fase di assessment Iniziale (dopo le prime 4-5
sedute),Intermedio (dopo circa 24 sedute) e Finale (48 sedute),da poter condividere
all’interno dell’équipe multiprofessionale.Esso riassume e commenta i dati emersi
dalle descrizioni delle sedute (protocolli),dalle descrizioni/valutazioni dei
videotape,e dal confronto effettuato nei momenti di supervisione.
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Profilo comunicativo-vocale
Nome e cognome------------------------------- data-----------------------------------Età------------------------ diagnosi------------------------------------------------------
Analisi strutturale dell’espressività vocale----------------------------------------(Viene descritto il livello di sviluppo della produzione vocale del bambino , le sue
caratteristiche sonore,l’eventuale presenza di ecolalie o stereotipie verbali ,
l’investimento emotivo del bambino su tali caratteristiche.Si delinea la presenza e la
descrizione di vocalizzi,di aspetti sillabici,di lallazioni,di onomatopee,di parolefrasi,di frasi ampliate e complesse e il loro uso come capacità/strategie di
espressione di bisogni/richieste ,richiami,regolazione dello stato edonico e delle
emozioni,organizzazione del pensiero e delle emozioni.
Si analizzano le produzioni vocali secondo la scala di sonorità e si pongono in
rilievo gli investimenti da parte del bambino in suoni o gruppi di suoni :
scala di sonorità
Vocali (a,e,i,o,u)
Semiconsonanti “j”,”w”
Consonanti :laterali “l”,vibranti “r”,nasali “m,n”,fricative sonore “v,z”e sorde “f,s” ,
occlusive sonore”b,d,g” e sorde “p,t,k”
---------------------------------------------------------------------------------------più sonorità
meno sonorità
Inoltre si cercherà di individuare l’uso dell’espressività vocale (atti fonopoietici)
secondo caratteristiche tipiche di un codice vocale ristretto e privato (riferimento
al “qui ed ora”,espressività molto contestualizzata e implicita dove prevalgono
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aspetti concreti) rispetto ad un codice vocale più elaborato ,orientato “verso la
persona”,maggiormente condivisibile sul piano interpersonale).
Dinamiche d’intensità ------------------------------------------------------------(Volume della voce,uso dei crescendo e dei diminuendo,aderenza o non aderenza al
contesto esperienziale).
Dinamiche d’intonazione----------------------------------------------------------(Aspetti melodici ed intonazionali ,presenza del cantilenare o del cantare in
tono,aderenza o non aderenza al contesto esperienziale).
Elementi ritmici-------------------------------------------------------------------(Configurazioni
ritmiche
delle
emissioni
vocali;velocità,pause,
esitazioni,silenzi;individuazione di legami con i movimenti del corpo e le azioni
d’esplorazione degli oggetti sonori come grattare,pizzicare,soffiare,…).
I suoni vocali vengono distinti in : continui o legati (sulla partitura musicale
vengono indicati con “legature di portamento”), suoni intermittenti o cellule
melodiche (suoni legati,intervallati a momenti di silenzio,legature di portamento più
brevi),suoni staccati o a colpo( i suoni puntati in partitura o accentati) e suoni
iterativi (sonorità simili ai trilli,ai glissati, ai tremoli).
Comportamento spaziale------------------------------------------------------------------(Posizioni reciproche più ricorrenti nel setting fra bambino/musicoterapista,distanza
interpersonale,contatto corporeo,orientazione,postura;spazio di occupazione:definito
99
dal corpo fermo in relazione con se stesso mentre si esplora;spazio di esplorazione:
definito dal corpo in movimento,dal corpo del musicoterapista e dagli oggetti
sonori; spazio di relazione: risultato delle due precedenti acquisizioni e definito dal
rapporto oggetto-corpo del bambino-corpo del musicoterapista).
Esplorazione degli oggetti sonori-------------------------------------------------------(Oggetto inglobato dal corpo come parte di sé;oggetto come scoperta durante
l’esplorazione che diventa acquisizione percettiva del corpo in movimento;oggetto
che interviene nella strutturazione dello spazio di relazione come traccia della
presenza del corpo,divenendo mediazione del contatto fisico ed affettivo e come tale
elemento di scambio comunicativo).
Espressioni del volto/sguardo------------------------------------------------------------(Mimica del volto,risposta del sorriso,evitamento o aggancio dello sguardo rapido o
prolungato,esplorazione del volto del musicoterapista da parte del bambino).
Comportamento cinetico------------------------------------------------------------------(movimenti del corpo e delle mani;presenza di alcuni schemi motori come
gattonare,strisciare,correre,saltare;stato di tensione/distensione,rigidità/fluidità;gesti
autoadattatori,imitativi,emblematici,espressivi,stereotipie motorie).
100
Andamento dialogico----------------------------------------------------------------------(Alternanza dei turni,circolarità e reciproca modulazione nell’interazione sulla base
dei tre principi di salienza :regolazione attesa,rottura e riparazione,momenti affettivi
intensi).
Tipo di esperienze sonoro-musicali---------------------------------------------------------(Descrizione dei principali formati d’interazione vocale e sonoro-musicale,scelta
degli strumenti musicali e dei brani d’ascolto e loro utilizzo,condotte musicali
d’esplorazione e d’espressione,caratteristiche delle sonorità che emergono durante
le sedute,leitmotiv vocali e musicali ricorrenti). (11)
Note al capitolo quinto
1) Cfr. R.O . Benenzon,Musicoterapia,esperienze di supervisione,Phoenix
editrice,Roma 1999,cap. di A.Raglio La ricerca in musicoterapia,pp.91-124; si
veda inoltre AA.VV. Quaderni di musica applicata,n.22 –ottobre pp.186-195.
2) Cfr. A.e F. Brauner (1978),Il linguaggio verbale e non verbale del bambino
psicotico,Armando Editore,Roma,1991.
3) D.J. Siegel (1999), La mente relazionale-neurobiologia dell’esperienza
interpersonale,Raffaello Cortina Editore,Milano,2001.
4) AA.VV. Enciclopedia della musica,Garzanti editori, ristampa 1999,voce
“sonata”,p.875.
5) B.Beebe /F.M. Lachmann,op.cit.,pp.104-108.
6) Cfr.E.Tronick (1989),tr.it. (a cura di ) Riva Prugnola,La comunicazione affettiva
tra il bambino e i suoi partner,Raffaello Cortina Editore,Milano,1999.
7) D.J.Siegel (1999),op.cit. p.142,147. In queste pagine l’autore riprende gli studi
di A.Damasio (1994).
8) Ivi,p.249
9) Ivi,p.250
10) P.L.Postacchini et alii,Lineamenti di musicoterapia,op.cit., p.115.
11) I riferimenti bibliografici principali per la stesura del profilo comunicativovocale sono stati : M.Argyle(1978),Il corpo e il suo linguaggio,Zanichelli
seconda edizione ,Bologna, 1992. M.Bonaiuto/F.Maricchiolo,La comunicazione
non verbale, Carocci,Roma,2003. (a cura di) M.Orsolini,Il suono delle
parole,percezione e conoscenza del linguaggio dei bambini,La Nuova
Italia,Milano,2000.
I.Fonagy,La
vive
voix,essai
de
psycophonétique,Payot,Paris,1983.Anolli /Ciceri ,La voce delle emozioni,Franco
101
Angeli,Milano 1992. G.Manarolo,L’angelo della musica-Musicoterapia e
disturbi psichici,Omega edizioni,Torino,1996.
Capitolo sesto
QUATTRO CASI RAPPRESENTATIVI
6.1 La storia di P. :il “colore” dei vocalizzi
Notizie anamnestiche :
P. è un bambino di cinque anni e mezzo. La sua diagnosi parla di Autismo Atipico.
E’ figlio unico. P.è stato allattato al seno fino al sesto mese di vita,ha raggiunto la
posizione seduta al settimo mese e la deambulazione a tredici mesi. Ha sempre
amato il contatto corporeo,ma il suo sguardo era particolarmente sfuggente e
sembrava non distinguere le figure familiari dagli estranei. Gli inserimenti al nido e
alla scuola dell’infanzia si rivelano “burrascosi”. P. non gioca con i coetanei,resta
isolato e in disparte e sembra non stimare alcun pericolo. Si riscontra inoltre: ritardo
102
del linguaggio,ipercinesia, ritardo dello sviluppo psicomotorio .P. è motoriamente
spigliato e si sposta incessantemente da un oggetto all’altro senza posarsi sulla
persona. Sembra non prestare attenzione ai messaggi verbali e si comporta come se
gli altri non fossero presenti. Presenta un uso primitivo degli oggetti con scarso
interesse per i giochi se non per il portarli alla bocca o per sbatterli in cerca di
stimolazioni tattili,acustiche e visive. Emette qualche vocalizzo ma apparentemente
non comunicativo.
Trattamento musicoterapico e delineamento del profilo comunicativo-vocale:
Gli obiettivi generali del trattamento musicoterapico
si sono configurati
nell’espansione della vocalità del bambino come strumento comunicativoemozionale all’interno della relazione terapeutica e nel sostenere
la sua
esplorazione sonoro-musicale degli strumenti come ampliamento dell’esperienza
sensoriale,corporea e affettiva. Il GOS (gruppo operativo strumentale)di partenza è
costituito da : pianoforte,chitarra,grancassa, maracas,piccoli sonagli,xilopiano della
Chicco,flauto dolce.Nel setting è inoltre presente uno specchio a parete,un
materassino,un tappeto-moquette ed un pouf.
Ad una prima osservazione (primi tre mesi di trattamento ) P. si esprime vocalmente
attraverso vocalizzi prevalentemente sulle vocali “I” ed “E”con una intonazione di
tipo discendente.Tali vocalizzi, acuti e striduli , accompagnano soprattutto le sue
azioni motorie :corsette in diagonale per il setting,saltelli,piacere nello sbattere
103
alcuni sonagli.Ricerca da subito il contatto corporeo.Quando si lascia cullare e
dondolare, l’intensità dell’emissione vocale diminuisce ed escono suoni vocalici
sulla “A”. Mette in bocca i vari sonagli presenti nel setting (preferendo quelli più
morbidi di gomma) e nell’esplorazione della bocca scopre il suono ad intermittenza
del “fare l’indiano”(uah-uah-uah).Accetta anche che la mia mano si posi sulla sua
bocca per ottenere lo stesso effetto,ma l’atteggiamento messo in atto all’inizio delle
interazioni è di “caccia e fuga”. Esce però la risposta del sorriso quando lo
rincorro,amplificando il mio avvicinarmi con vocalizzi che inizialmente richiamano
i suoi o con suoni acuti emessi dal flauto dolce. E’ attratto dal salire sopra gli
oggetti sonori. Con i piedini scalzi è gratificato dall’esplorare le corde della chitarra
e lo xilopiano. Tenta di arrampicarsi con l’intero corpo sui tasti del pianoforte; si
aggrappa al mio corpo per riuscire a questo intento.Saltella sulla grancassa posta da
me vicino allo specchio. Mentre saltella l’emissione dei vocalizzi “subisce” la
ritmicità dei saltelli. Amplifico questa ritmicità con l’uso della mia voce che canta il
suo nome e gioca con i suoni che lo compongono .Propongo melodie vocali che
inizialmente si sintonizzano sui suoi movimenti ma che gradatamente allentano la
ritmicità trasformandosi in
NINNA NANNE: “OOH,OOH,OOH,QUESTO
BIMBO A CHI LO DO” ,”DIN ,DON,DIRIDIRIDON”. Si configurano i primi
formati vocali e sonoro-musicali d’interazione. Inserisco nel GOS altri strumenti :
il palo della pioggia e due bottigliette di plastica con acqua e sassolini colorati. P.
accorcia le distanze da un punto di vista corporeo:mi viene spontaneamente vicino.
In alcuni momenti accarezza i miei capelli e si succhia il pollice. Aumentano i
momenti in cui siamo l’uno di fronte all’altro (P. si trova coricato sul pouf ed io gli
sono di fronte).Inizia un’aggancio dello sguardo più prolungato.In questa posizione
scopre il “funzionamento” del palo della pioggia:dosa lentamente il movimento
delle manine per fare oscillare lo strumento. Le bottigliette con i sassolini se le
104
scuote davanti agli occhi (piacere visivo) e poi le porta alla bocca. Nei tre mesi
successivi di terapia,P. scopre il piacere dei clusters al pianoforte. L’interazione si
svolge fianco a fianco.I suoi clusters sono nel forte,dati con molta energia ,con una
scansione ritmica irregolare. P. accompagna questa azione sullo strumento con
vocalizzi sulle vocali “I,E,A”.Propongo alcune semplici melodie all’interno di
un’ottava. Esce il suono “GHIIII”,sempre acuto e discendente. Mi porge in questo
periodo i piedi. E’ gratificato dal fatto che li accarezzo e gli tocco dito per dito
accompagnando l’azione in senso vocale con la “Filastrocca delle dita”.Si crea in P.
un momento di attesa per il finale “…e il mignolino mangia tutta la pappa” e la
conseguente pernacchietta che gli faccio sul piede. Sorride e mi esplora il volto con
lo sguardo.Si crea qualche momento di “rottura” nella frustrazione di non riuscire a
salire sopra il pianoforte.In alcune sedute appare più agitato e caotico.In questi
momenti spesso P. non sta bene fisicamente (non è stato bene a casa,non ha
dormito). Se si sente in qualche modo contrariato, in alcuni momenti, aumenta la
sua tensione emotiva.Si differenziano nettamente i vocalizzi di quando esplora
motoriamente il setting,da quelli di autoesplorazione da coricato,a quelli di contatto
corporeo dove escono suoni vocali fra la “O” e la “U”e “UMMMMH”.
Successivamente introduco nel GOS due campane intonate sulle note LA e FA
diesis tenute insieme da un unico pezzo in lega di metallo. Accordo la chitarra con
accordatura aperta sull’accordo di RE maggiore. Propongo il tema vocale “TINON,TI-NON ,TI-NON E CIAO CIAO A TE”.Mi esce come tutti i temi vocali
proposti,spontaneamente,
nel
flusso
delle
interazioni
con
P.,frutto
della
sintonizzazione sui particolari momenti di regolazione attesa che si vengono a
creare seduta per seduta. P. è attratto dal far risuonare il campanaccio. Con la
chitarra creo un tappeto sonoro alle sue produzioni con il giro di accordi aperti RE –
SOL-RE-LA –RE. Si lascia accarezzare sul viso. Al tatto, sento i suoi muscoli
105
facciali molto tesi,soprattutto nella zona mascellare. In questo periodo spesso
digrigna i denti. Tenta di soffiare nel flauto e in alcuni suoi tentativi riesce ad
emettere suono.Rinforzo con un “BRRAAVOOO!”.Il “tema del campanaccio”
rappresenta un altro formato d’interazione vocale e sonoro-musicale.Lo vario a
livello ritmico,timbrico e cambiando i suoni vocali.Aumenta l’esplorazione del mio
volto. Quando vado a trovarlo nel suo gruppo classe mi riconosce sia per la voce,
quando non mi vede ,o per via visiva quando mi avvicino volutamente senza
parlare.La risposta è del sorriso , mi corre incontro e vuole essere preso in braccio
(allunga le mani per essere afferrato).Dopo circa dodici mesi di terapia, escono
nuovi suoni vocali :un “KRRRRR” pronunciato nel pianissimo e iterato e un
“AGNAGNAGNA” velocissimo mentre si guarda allo specchio.In questo periodo
sono le nacchere con stelo ad interessarlo molto come oggetti che si possono
trasportare nel movimento corporeo. Le esplora con la bocca e con il movimento
della mano “a pinza”.Inserisco nel setting un grande scatolone di cartone con lo
scopo di alternare i momenti di esplorazione motoria a momenti più contenuti in
termini spaziali e relazionali.L’oggetto piace molto a P.
Inizia il suo
gioco
d’esplorazione del “dentro/fuori”. Quando si cala dentro e si rannicchia seduto,da
fuori, lo chiamo con il gioco del “CUT….AAAH!” ,dove al suono “AAAH”
corrisponde il mio mostrarmi con il volto. Ride e rimane fermo immobile
nell’attendere l’effetto sorpresa. Anche questo rappresenta un’importante formato
d’interazione. Lo vario con altri riferimenti sonori e vocali come “TOC,TOC,…CHI
C’E’?...DOV’E’ QUESTO BIMBO?”intonati su intervalli di terza e di quinta
ascendenti e discendenti. Quando esce dallo scatolone lo batte con le mani o lo fa
strisciare sul pavimento.Accompagno le sue azioni con suoni come “ZZZZZZZ” o
“FRRRRRRR”. Nell’esplorazione dei sonagli emergono alcune stereotipie
motorie:li sfarfalla davanti agli occhi.Riprendo il ticchettio delle nacchere con
106
melodie che inseriscono suoni vocali come “TIK
E TIK E TIK”. Nei mesi
successivi (dopo circa 18 mesi di terapia) P. trasferisce la piacevolezza del sentirsi
contenuto sul pouf. Gli si tuffa dentro.Inizio a giocare con lui “chiudendolo a
panino”, aprendo e chiudendo una parte del pouf su di lui: escono risate da parte di
P.In questi momenti affettivi intensi,il bambino investe molto sull’esplorazione del
mio volto.Osserva le smorfie che gli faccio,anche se non è ancora in grado di
inferire uno stato emotivo corretto dall’espressività facciale dell’altro,ma è come se
fosse sulla soglia per comprenderlo. E’ invece molto sensibile al tono della voce.
In quest’ultimo periodo ho inserito nel setting anche l’uso di alcuni ascolti di brani
musicali strumentali per bambini (suoni della natura e degli animali inseriti in
un’orchestrazione che utilizza xilofoni,metallofoni,sonagli,carillons) per osservare
le reazioni di P. Non appena parte la traccia del CD, dirige lo sguardo verso la fonte
sonora. Su questi brani interagiamo con il corpo,la voce e gli strumenti musicali del
GOS. Essi potranno configurarsi come formati d’interazione significativi per il
bambino.
P. infatti vocalizza maggiormente nel dialogo tonico-corporeo,la sua espressività
vocale si “colora”maggiormente nella relazione corporea. La sua vocalità è legata
all’esprimere il proprio tono edonico e all’energia d’investimento verso alcuni
oggetti che lo attraggono.I vocalizzi fanno risaltare i suoi vissuti di tipo sensoriale e
corporeo. Da un’attenzione di P.( segnalata anche dai genitori) più orientata verso il
“mondo dei rumori” si sta delineando un’investimento emotivo da parte del
bambino al “mondo dei suoni”,soprattutto quelli emessi dalla voce umana
e
condivisi all’interno di una interazione corporea.Inoltre si delinea la capacità di P. di
indirizzare la propria attenzione verso un focus d’interesse vissuto sul piano della
dimensione interpersonale.
107
6.2 La storia di PG: lo “spazio sonoro” della lallazione
Notizie anamnestiche :
PG ha 6 anni quando inizia il trattamento di musicoterapia. La cosa che
maggiormente mi colpì di quel bambino furono i suoi immensi occhi azzurri,che
spesso teneva bassi o ti guardavano di lato, e il suo pianto. Un pianto continuo e
inesorabile che si è protratto per vari mesi. Questo ha creato molta tensione emotiva
soprattutto da parte dei genitori,facendoli pensare “che PG non si sarebbe mai
abituato alla nuova situazione”. Nel frattempo il bambino ritrovava una maggiore
serenità,il suo pianto sfumava anche in piccoli sorrisi. Una modalità che lo aiutava
a scaricare la propria tensione interna era rappresentata dal fatto di non rimanere in
uno spazio chiuso e di camminare. PG afferrava la mano di chiunque e voleva
camminare. Camminare ovunque,senza una meta,a passo sostenuto. Poi ha iniziato a
preferire una mano,quella della sua educatrice e ad accettare lo spazio della propria
aula. Il contatto corporeo lo metteva in allarme. La diagnosi di PG parla di un
ritardo mentale grave con tratti psicotici. Nei primi due anni di vita ci si accorge che
“qualcosa non funziona in PG,rispetto agli altri bambini”: ritmo sonno-veglia
fortemente
alterato
con
frequenti
risvegli
notturni,pianti
in
apparenza
immotivati,mancanza di controllo sfinterico,difficoltà di alimentazione,scialorrea.
Ha conquistato la posizione seduta fra il settimo e l’ottavo mese di vita;ha gattonato
fino al diciassettesimo mese raggiungendo la deambulazione autonoma a partire dai
diciotto mesi di vita, “spesso in punta di piedi” quando si trova emotivamente
coinvolto . La lallazione è comparsa fra il sesto ed il settimo mese,anche se sul
piano della comprensione il bambino sembra prestare poca attenzione a ciò che gli
accade intorno. I suoi schemi ludici appaiono ripetitivi e monotoni. Nei primi tre
108
anni di vita PG era arrivato a pronunciare qualche parolina usata in contesti
comunicativi adeguati (mamma,papà,nonna,pappa) segnalando i bisogni legati al
fare “cacca e pipì”. Poi tutto si è involuto.
Trattamento musicoterapico e profilo comunicativo-vocale:
Durante le prime sedute, la permanenza di PG all’interno del setting era di una
decina di minuti. Quando è partito il mio disegno di studio sulla vocalità,avevamo
entrambi un anno di terapia alle spalle. Ormai PG si sentiva molto sereno sul piano
della relazione con me e con lo spazio-tempo terapeutico. Dopo altri tre mesi di
terapia, la situazione è la seguente : PG è più sicuro motoriamente anche se tende
ancora a non badare agli ostacoli che può incontrare mentre cammina. Prova un
piacere autoreferenziale per alcuni aspetti motori (soprattutto nel “raggomitolarsi”
sul materassino). Tali comportamenti contribuiscono a regolare il proprio stato
interno : rotolarsi,distogliere lo sguardo, succhiarsi la maglietta indossata ,emettere
suoni gutturali sono esempi di strategie autoregolatorie del bambino che lo aiutano
ad abbassare il suo
livello di attivazione nella regolazione interattiva. La sua
espressività vocale si caratterizza da suoni sillabici continuativi (DA DA DA o TAI
TAI TAI) oltre che da vocalizzi e suoni gutturali. Iniziano a configurarsi i primi
formati d’interazione vocale e sonoro-musicale che creano in PG un primo senso di
aspettativa . Nei momenti di silenzio utilizza spesso la stessa postura :si mette di
schiena rispetto a me e in ginocchio sul tappeto o sul materassino presente nel
setting. In questi momenti è come se PG eliminasse lo spazio visivo per
“concentrarsi “ancora di più su quello acustico: si trova sospeso in una soglia di
attesa. E’ gratificato dalla mia voce che canta. Spesso compie dei balzi che lo
vedono scattare in piedi per poi fare qualche corsetta in tondo nel setting.
109
PG in questo periodo ha un atteggiamento “recettivo” con gli oggetti sonori.
Raramente li tocca. Si pone “in ascolto”.Il GOS è caratterizzato dai seguenti
strumenti : pianoforte,chitarra,sonagli,maracas,glocken.
Inserisco anche l’ascolto di brani strumentali per bambini .Trascorsi altri tre mesi di
terapia, PG sorride e aggancia in alcuni momenti lo sguardo quando imito le
caratteristiche della sua produzione vocale ed espando i “suoi suoni”. Riesce a
produrre una pernacchietta e si specchia mentre esce il suono. Compaiono stati di
eccitazione corporea quando gli suono e gli canto le canzoncine divenute per noi
significative che rappresentano i nostri formati che si prestano ad essere variati
(“La vecchia fattoria”,”Il ragnetto”,”Se sei felice”,”Ciao PG”).Ci specchiamo
insieme (PG controlla con lo sguardo i miei movimenti) e non esita ad appoggiarsi
sulla mia schiena mentre sono seduta alla ricerca di un contatto corporeo. Coglie
quando lo chiamo cantando. Sorride e batte le mani. Riconosce i brani musicali in
ascolto ( una versione
strumentale della “Vecchia fattoria”,un brano intitolato
“Bolle”,nel quale si ode l’azione del fare le bolle nell’acqua,e una versione per
bambini del “Valzer dei Fiori”).Anch’essi rappresentano formati d’interazione che
caratterizzano le sedute. Successivamente emerge una lallazione più variegata :
“TAI TAI TE TE TE” alternati a “DE DE DE” e a suoni vocalici sulla “A” e sulla
“E” con intonazione discendente. Introduco in questo periodo
tre nuove
canzoncine :le canto a PG accompagnandomi alternativamente alla chitarra e al
pianoforte ( “Il valzer delle foglie”, “Il millepiedi”e una mia variazione al brano di
M. Knopfler “Wild Theme”con la quale lo contatto attraverso la mia voce che canta
con un “ la ...la…la…”che segue la linea melodica). Il ritmo è l’elemento che si
sintonizza sul suo corpo in movimento: ad un aumento della velocità corrisponde
spesso un caricamento emozionale e corporeo maggiore ad aumentano
quantitativamente i vocalizzi di PG. Alterno ritmi binari a ritmi ternari. I miei suoni
110
vocali
e
strumentali
orientati
verso
una
maggiore
acutezza
“imprimono”gradualmente la forza in PG di sintonizzarsi su di essi ampliando la
sua estensione vocale verso l’”alto”. Escono vocalizzi sulle “I” .L’utilizzo di PG dei
fonemi T e D (dentali anteriori) come “transitori d’attacco vocali” denotano una
protrusione verso l’esterno. La T in particolare “taglia” e si staglia nello spazio
sonoro.I suoni gutturali sembrano rappresentare più un piacere autoreferenziale e
una modalità di autoregolazione o un “rompere il silenzio”nei momenti di disagio.
I videotape di alcune sedute con P. mettono in risalto la presenza di un “palleggio
vocale” fra me e il bambino: lui vocalizza o lalla,io rispondo con la voce o con uno
strumento musicale.Quando gli rispondo con il flauto o con i glissati del glocken e
del metallofono diatonico,mi rimanda suoni vocali più acuti con una spinta
maggiore dell’emissione d’aria. Ora PG è passato al fare attenzione agli oggetti e al
piacere di afferrarli. Si accorge dalla mia postura quando inizio a lanciargli le
maracas o i sonagli : ora si aspetta questa mia “mossa”,li afferra e ultimamente se li
porta alla bocca. Le nostre interazioni si caratterizzano dunque dalla “triade”
bambino-adulto-oggetto. Il suo sguardo è più prolungato. PG guarda sia gli oggetti
sonori che gli interessano per poterli poi autonomamente afferrare sia il mio volto.
Non
sono
ancora
uscite
azioni
specifiche
sugli
oggetti
(scuotere,battere,lanciare,ecc.),alcune di esse sono ancora casuali. E’ diminuita la
distanza interpersonale. In alcune interazioni PG si lancia tra le mie braccia :registro
in questi casi una sorta di “abbandono” del bambino. I suoi muscoli sono rilassati.Se
si sente però troppo trattenuto dall’abbraccio si riallontana.
Accetta il solletico accompagnato dal mio “GRIRIGHIRI”vocale :gli escono risate
sonore. Le ripetizioni modulate,le cantilene,le canzoni sussurrate o ritmicamente
scandite,stanno lasciando un’impronta non solo melodica ma soprattutto affettiva,
che riemerge in ogni seduta con PG, come testimonianza di un linguaggio-
111
espressione-di affetti che si arricchisce di volta in volta attraverso la strategia del
“tema con variazione” e dell’”alternanza”. Alternanza timbrica,ritmica,di altezze e
intensità,di voci che si chiamano,si rincorrono,scappano e che
sottolineano il
proprio “essere con l’altro”.
6.3 La storia di M. : il gioco delle onomatopee
Notizie anamnestiche
M. ha iniziato il trattamento musicoterapico all’età di sette anni . Ho “monitorato”
le sue produzioni vocali nell’arco di tempo di un anno e mezzo.
La sua diagnosi parla di un ritardo mentale grave su base cerebropatia con spunti
psicotici. M. ha conquistato la stazione eretta con sostegno a diciannove mesi. A tre
anni ha iniziato la deambulazione con appoggio,a cinque quella autonoma. Si sposta
nello spazio in modo rigido e incerto,con il corpo in evidente stato di tensione
muscolare con arti inferiori a base allargata. L’immagine che si può ricevere di M. è
di un simpatico “Pinocchietto”,provocatorio e irriverente nei modi d’interagire con
gli altri .Se si impossessa di un oggetto lo batte per terra o su superfici che gli
restituiscono una buona dose di rumore. Ama “presentarsi” in modo “clamoroso e
bizzarro”. Quando la “temperatura emozionale” gli sale,manifesta comportamenti
112
auto ed eteroaggressivi. Usa modalità sensoriali di tipo prossimale:lecca spesso
oggetti e superfici ; si lascia contenere e consolare a livello corporeo,anche se
spesso evita lo sguardo. La lallazione è comparsa in epoca regolare. Spesso emette
grida o accompagna con suoni vocalici indifferenziati la sua attività manipolatoria.
Trattamento musicoterapico e profilo comunicativo-vocale
La cosa che mi sempre colpito di M. è la sua straordinaria capacità di trasformare in
“esperienza vocale” il suo rapporto con il mondo. Già dalle prime sedute osservavo
le sue scelte vocali assolutamente pertinenti con il tipo di esperienza senso-motoria
vissuta. Pur in assenza di particolari problematiche motorie,a parte una rigidità
muscolare diffusa,all’inizio del trattamento M. si rannicchiava sul pavimento
rimanendo pressoché immobile o spostandosi con attività di striscio;per portarlo
fuori dal setting a fine seduta spesso dovevo prenderlo in braccio. Gli oggetti del
GOS potevano trasformarsi da un momento all’altro in “armi” contro se stesso.Il
setting di partenza si è caratterizzato dal pianoforte,dalla chitarra, da un tamburo
basco di dimensioni medie,maracas e sonagli. La prima sua associazione vocale con
le maracas è stata “CI CI CI – CU CU CU”. E’ stato il nostro primo formato
d’interazione. M. ha accettato di alzarsi da terra e “supportato” dalle mie braccia
che lo sorreggevano,ha cominciato a condividere il dondolio alternato dei due piedi
sul ritmo caratterizzato da una cellula regolare composta da breve-brevelunga/breve-breve-lunga. Lo scuotimento delle maracas gli faceva produrre suoni
sibilanti come “SSSSSS”.Le sue capacità imitative iniziano a fargli esplodere tante
parole ,soprattutto a contatto con i coetanei. Investe in tutte le parole che
contengono i suoni “S,Z” e “R”siano essi all’inizio o all’interno della parola. Sono
suoni che “volano” veloci e “rotolano”dappertutto. Escono nuovi formati
113
d’interazione. La “partitura sonora “ di M. è molto ricca. I glissati del pianoforte
sono i “VRRROING”.La vibrazione delle corde della chitarra è il suono vocale
“FRRRRR”. Il guiro rappresenta il “CRA CRA “della “RANA VERDE”.Cocostruiamo variazioni su i suoi temi esposti. Ripete spesso una frase tratta da una
storia che gli hanno raccontato “SONO IL MOSCONE VERDE!”, accentuando i
suoni “S” e “R”. Aumenta con il trascorrere delle sedute la consapevolezza di M. di
ciò che è presente nel setting. Dopo dodici mesi di terapia,M. mostra di sapersi
orientare bene nello spazio terapeutico. Si dirige autonomamente verso gli oggetti
che lo interessano. La sua produzione sonora e vocale rispecchia in ogni seduta lo
stato emotivo del momento.Quando è più teso le intensità aumentano ed anche la
sua rigidità corporea . Il tamburo si chiama “TANKETE TANKETE”.La grancassa
è la “BELLA SCATOLONA” e fa “PUM PUM PUM”. E’ buffissimo nello scandire
il mio nome trasformando in un suono espirato la parte finale di “ANTO-NELLLAAAHH”. Rispondo con il gioco corporeo-vocale del fare lo “SHAMPOO”. E’
gratificato dalla mia mano che gli tocca i capelli. Investe molto nei glissati della
voce soprattutto in quelli discendenti. Gli escono risate quando gli faccio sentire la
mia voce che canta suoni bassi e un po’ gracchianti. Intona alcune linee melodiche.
Si aggiungono brani cantati e filastrocche cariche di rimandi fonosimbolici:
M. scopre poi il piacere del “cantare insieme”.Ride per il gioco musicale del darsi
“botta e risposta”. Si sono venuti a creare alcuni momenti di “rottura e riparazione”
per l’investimento totalizzante di M. nei confronti della chitarra (spesso diviene un
oggetto d’incistamento). In alcuni momenti della seduta la nascondo per poi farla
ricomparire. Inizialmente la frustrazione per la perdita si è manifestata con
agitazione motoria e comportamenti autoaggressivi di M.. Poi ha compreso il fatto
che la chitarra non scompare del tutto ma riappare. In questo andare e venire ha
114
cominciato a pronunciare frasi pertinenti al contesto come “VOGLIO LA
CHITARRA” o “DOV’E’ LA CHITARRA…LA MIA CHITARRA ? ”.
Se aspetto un po’ troppo nel farla ritornare mi dice “BRUTTA!”. Ho gradito
tantissimo il suo aggettivo! M. sta scoprendo come denominare le proprie emozioni.
6.4 La storia di S. : l’incanto delle parole
Notizie anamnestiche
S. inizia il trattamento di musicoterapia all’età di 8 anni. La sua diagnosi parla di
ritardo psicomotorio in cerebropatia con spunti psicotici. Non è stato possibile
l’allattamento al seno e vi sono stati molti problemi con l’allattamento artificiale
poiché il bambino non era interessato ad alimentarsi. I problemi legati
all’alimentazione si sono protratti nei primi anni di vita. A otto mesi comparsa del
gattonamento; a tredici cammina e corre. Le prime parole sono comparse ad un
anno di vita. E’ stato poi il linguaggio immaturo ad allertare i genitori oltre ad
episodi di tensione emotiva del bambino che lo rendevano difficilmente gestibile. Il
comportamento di S. è ipercinetico con momenti di forte irritabilità.La progettualità
è rigida;ama fare i puzzler e mettere in fila oggetti secondo un proprio ordine ; si
115
arrabbia moltissimo se l’ambiente non conserva delle costanti .Lo sguardo del
bambino appare difensivo e annullante. Il codice linguistico che emerge è un
“codice privato” (riferimenti simbolici o strutturazioni rigide) . S. riporta frasi del
mondo televisivo,dei cartoons, slogan e alcune frasi del mondo degli adulti che lo
colpiscono : le ripete all’infinito. In certi momenti della vita scolastica ha bisogno
di spazi privati di autonomia e movimento. A sette anni è agganciabile con il
richiamo verbale. Sono presenti anche manifestazioni di affettuosità reciproca.
Realizza lo scambio visivo. Buona l’autonomia nelle attività di routine della vita
scolastica .
Trattamento musicoterapico e profilo comunicativo-vocale
La sensazione che si riceve stando a contatto con S. è che il suo linguaggio atipico
e bizzarro racchiuda in realtà una dimensione comunicativa forte e un desiderio di
dare un senso alle esperienze che vive. Il suo apparente “essere in un altro mondo”,
sembra essere il tentativo disperato di “essere nel mondo”, anche se con una
“strumentazione di bordo” che non coglie e rifiuta l’”ambiguità”del codice verbale,
ma che ragiona per logiche sensoriali ed emotive, da un certo punto di vista,
“schiaccianti”. La parola GATTO per S. graffia,la parola FUOCO brucia ed è
pericolosa,la parola MOSTRO è un’emozione paurosa e inquietante,la favola di
Cappuccetto Rosso rischia di inghiottirlo ad ogni suo racconto. S. possiede un
“codice criptato”ricco di vissuti emozionali,sicuramente poco spendibile da un
punto di vista sociale,ma condivisibile all’interno di una dimensione intersoggettiva.
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Da un punto di vista sonoro-musicale S. presenta vere e proprie “isole di abilità”:è
intonatissimo ; da come è in grado di riprodurre diverse linee melodiche e dal suo
“arrabbiarsi” se i suoni non coincidono ad un certo “disegno”,credo proprio che
possegga un’orecchio assoluto (questo è emerso in varie supervisioni). Notavo,nel
corso delle sedute, come questo forte investimento negli aspetti sonoro-musicali
rischiavano di “sequestrarlo” sul piano emotivo, creando una sorta di scudo
protettivo fra S. e il mondo delle relazioni. I punti di partenza essenziali del nostro
percorso erano sicuramente i “temi”del suo “brusio interiore” : l’obiettivo di fondo
è rappresentato dalla possibilità di trasformarli in “materiale “ di scambio affettivo.
In questa fase S. riporta nel setting solamente alcune frasi che si configurano come
leitmotiv per vari mesi : “VERSO L’INFINITO E ANCHE PIU’ IN LA’!” e
“SIETE PERFETTI!”. Accetta le mie variazioni musicali. Canta insieme a me le
due frasi. Nell’uso del GOS S. è estremamente “provocatorio”. Quando non gli va
bene una cosa, ad esempio, si mette a dare dei colpi fortissimi sul tamburo o sulla
grancassa. Ride quando io mi chiudo gli orecchi. Esce il piacere per il movimento
espressivo .Nell’ascolto dei brani di una raccolta intitolata “Un giorno al mare” (S.
adora fare il bagno quando va in vacanza al mare con la famiglia) S. balla e associa
ad alcuni suoni “saltellanti” il suono vocale “POING” e dei saltelli a piedi pari per il
setting.Mi intima “ANTONELLA,SALTA !”. Scoppia a ridere
quando vede che
lo inseguo saltellando. E’ attento ai miei movimenti,ne imita alcuni. In brani meno
ritmati dove si sente il rumore del mare,S. sceglie il palo della pioggia come
strumento e lo suona ballando e specchiandosi allo specchio. Esce da parte di S. un
tema vocale che diviene un formato d’interazione molto importante sul piano
affettivo : si tratta della canzone dei Beatles “Eleanor Rigby”.E’ un brano che si
presta ad essere variato e sviluppato in vari modi.La melodia in minore molto
“classica e barocca” è accompagnata da disegni discendenti e puntati degli archi .S.
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non conosce la lingua inglese ma canta tutto il testo appoggiandosi sulla musicalità
delle parole. Mi colpisce il fatto che andando a vedere cosa dice il testo scopro delle
domande rese in musica “Ma cosa fanno le persone sole? Ma dove vanno le persone
sole ?”. Penso all’opera di D. Gaita “Il pensiero del cuore”(1991).S. ha colto la
“sagoma sonora” di quel brano,la sua analogia non discorsiva ma affettiva ? La
musica ha messo in moto il corporeo della sua vita emotiva: l’impulso a danzare in
S. è sempre forte. I passi della sua danza fanno riferimento ora ad un “Pas de deux”.
Dopo dodici mesi di terapia, emerge un nuovo formato d’interazione vocale e
sonoro-musicale. Questa volta si tratta del
tema
della “Pantera Rosa” di H.
Mancini legato alle avventure dell’Ispettore Clouseau e al celeberrimo cartone
animato,adorato da S.
Il brano ha una componente senso-motoria fortissima. Non si riesce all’ascolto a
camminare se non con il ritmo della linea melodica. Il suono del sax per S. è una
voce. Cantiamo e ricantiamo il tema variandolo in tanti modi con l’aiuto del
pianoforte. A livello visivo S. si accorge che nel brano è presente un “meccanismo
iconico” di un tasto nero che segue uno bianco. Con il dito indice della mano destra
cerca sulla tastiera dello strumento “quelle note”. Rimane colpito dall’incipit della
seconda traccia del CD che contiene “La pantera Rosa”anche se non appena parte la
musica mi dice “NO! TOGLI!”.Si tratta del brano “Royal Blue”,molto dolce e
suadente. Chiedo di poterlo ascoltare. Accetta dopo varie interruzioni. Nel periodo
successivo S. dimostra una maggiore flessibilità per le proposte e una certa capacità
dialogica. Si è venuto a creare nella diade bambino-terapista un “alfabeto affettivo”
che parte dal corpo vissuto in diverse dimensioni (movimenti,posture,colori e ritmi
della voce e degli strumenti musicali) e che può essere condiviso in un’esperienza
estetica gratificante. Noto poi l’influenza in S. di due opere particolari : Fantasia
2000 della Walt Disney e le avventure del maghetto Henry Potter. E’ il tema della
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“Rapsodia in blu” di G. Gershwin a catturare la vocalità e il movimento espressivo
di S.
Mi chiede insistentemente poi la musica di Henry Potter.Non possiedo il CD e
onestamente non riesco nemmeno a riprodurre qualcosa che possa andare bene a S.
nei miei tentativi al pianoforte .Mi dice “CHIUDI IL BECCO!”.Gli propongo allora
un brano che so essere contenuto anche in Fantasia 2000, Aquarium di SaintSaens,dal Carnevale degli animali : mi dice che “QUI c’è Henry Potter !”.In questo
periodo usa sempre di più il verbo “guardare” al posto di “ascoltare”.
“ANTONELLA GUARDIAMO LA MUSICA”è una frase ricorrente. Le
associazioni di tipo visivo sono sicuramente sollecitate dalle innumerevoli
videocassette che S. si guarda a casa . Ma ci sono legami di tipo sinestesico che S.
trasferisce nel modo in cui commenta le esperienze vissute. Il bambino investe
inoltre negli strumenti a fiato (prolungamento della vocalità)come il flauto dolce,il
flauto a coulisse e il tubo sonoro. In questo periodo vi è la comparsa di una forte
oralità :spesso mette in bocca i sonagli di piccola dimensione. Annusa gli strumenti
musicali .Spesso accetta di rimanere coricato a tappeto vicino a me senza ricerche di
stimoli particolari se non di un profondo silenzio comunicante.
In una seduta
ripete cantando la frase (tratta da un cartone animato)
“ I SOLDI SON LA MIA PASSION!”: lo provoco dicendo che ha capito male,la
frase canta esattamente “I SOGNI SON LA MIA PASSION”. “NOOO!
ANTONELLA STAI SBAGLIANDO TUTTO! Mi ripete. Queste nostri piccoli
diverbi sono frequenti :le piccole frustrazioni aiutano a crescere. Ciò che sta
interiorizzando S. è che a momenti di rottura seguono momenti di riparazione .
Mi siedo al pianoforte e gli canto “I sogni son desideri” ,brano tratto dal film Walt
Disney “Cenerentola”. Sorride, anche se non è del tutto convinto di questo
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slittamento o depistaggio. In realtà la melodia del ritornello gli è piaciuta. Dopo
qualche seduta mi chiede “ ANTONELLA,FAI QUELLA DEI SOGNI!”.
CONCLUSIONI
Da questo lavoro di studio emerge un dato fondamentale :il fatto che la mente di
ogni essere umano cerca costantemente di “dare senso” all’esperienza vissuta.
Le “storie musicoterapiche” dei diversi bambini che ho descritto, mettono in
evidenza come,anche in presenza di problematiche legate a strumenti comunicativi
e relazionali atipici, rimanga sempre vivo in ciascun individuo il bisogno e il
desiderio di comunicarsi. In un trattamento musicoterapico che si rivolge all’età
dello sviluppo, ritengo fondamentale il contributo
dimensione
descrittiva
delle
interazioni
dell’infant research : una
interpersonali
come
processi
continui,dinamici,reciprocamente influenzati e co-costruiti. Le implicazioni di tali
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concetti arricchiscono l’azione terapeutica che utilizza mezzi espressivi come la
voce ,il corpo e il mondo sonoro-musicale condivisibili
dimensione intersoggettiva dell’esperienza. I
all’interno di una
diversi percorsi musicoterapici
sottolineano il ruolo delle emozioni come processi integrativi fondamentali,poiché
in una situazione “protetta e privilegiata”,quale quella del setting musicoterapico,
permettono la possibilità di riconoscere,provare,apprezzare,regolare, dar forma ed
ampliare sensazioni ed emozioni in modo sempre più articolato e vario. Gli “oggetti
estetici” contengono essi stessi una struttura dinamica. Il piacere sensoriale,sensomotorio e corporeo dell’ordine del vocale e del sonoro-musicale rappresentano un
godimento di sé nel godimento dell’altro e si riconducono
al loro significato
originario di partecipazione e appropriazione di sé. L’elemento sonoro-musicale
condiviso allontana, nei quadri di Disturbo Generalizzato dello Sviluppo,l’effetto
calamita esaurendo il suo compito in un piacere fine a se stesso. L’esperienza del
“fare” musica insieme a qualsiasi livello evolutivo ma con diversificazione di
mezzi ( voce,corpo,movimento, oggetti sonori ),materializzando mondo interno e
mondo esterno,si cala in una prassi che diviene azione conoscitiva e spinta affettiva
d’investimento per conoscere l’Altro da sé. L’espressività vocale (l’atto
fonopoietico) si impone come potenzialità di significazione nella vita relazionale di
ogni bambino. L’ individuazione dei “punti sensibili” dello sviluppo vocale nel
corso dell’evoluzione dei primi anni di vita del bambino, ha significato il poter aver
dei “punti d’appoggio” osservativi sulle modalità secondo le quali i cuccioli d’uomo
sperimentano se stessi in rapporto con gli altri, negoziando e ri-negoziando
costantemente i propri bisogni all’interno delle relazioni interpersonali, sulla scorta
delle risorse individuali.
Due, credo, siano i fili rossi che hanno collegato le idee e i dati di questo lavoro di
riflessione .Il primo è per così dire “esterno” e riguarda le modalità secondo le quali
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l’azione musicoterapica, a mio avviso ,si snoda sul piano delle interazioni bambinomusicoterapista. Il principale mezzo di aiuto in questo senso è rappresentato
dall’individuazione di formati vocali e sonoro-musicali (contesti riconoscibili e
controllabili
dal
bambino,involucri
protonarrativi
che
donano
un
senso
all’esperienza sonora vissuta) e dalla possibilità che essi offrono in termini di
rilevazione e valutazione delle azioni che utilizzano il canale vocale da parte del
bambino, all’interno delle interazioni bambino-musicoterapista, permettendo il
delineamento di un profilo comunicativo-vocale; quest’ultimo rappresenta uno
strumento che consente una “fotografia dinamica” sul focus vocale all’interno del
trattamento musicoterapico. Il secondo filo è invece di carattere più “interno” e
procedurale. Si tratta dell’aver osservato come i vari livelli d’intenzione
comunicativa e le diverse “scelte” espressive possano ri-plasmarsi e trasformarsi
in agganci affettivi anche in situazioni perturbate come quelle presentate dai
Disturbi Generalizzati dello Sviluppo.
Alla luce di queste considerazioni ,ritengo che il modo migliore per rinnovare e
rendere fecondi gli aspetti metodologici musicoterapici ,sia quello di chinarsi con lo
sguardo sul bambino che abbiamo di fronte nello spazio terapeutico,tenendo conto
della sua storia ,del contesto umano e materiale in cui egli viene a trovarsi. Questo
non può avvenire senza parametri osservativi : rischieremmo di guardare e non
vedere ,di ascoltare senza “sentire”. Il musicoterapista deve cercare quindi di
reperire sulla direttrice bio-psico-sociale i tratti e le sequenze dello sviluppo
umano,individuare le caratteristiche e le peculiarità del bambino,così da poter
disporre di un profilo fedele ai fini terapeutici e perseguire obiettivi di integrazione
interna e interpersonale, sulla scorta di esperienze condivisibili di risonanza emotiva
ed affettiva .
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C’è un’immagine che da anni accompagna i miei studi di musicoterapia :il quadro
di Giulio Romano raffigurante “La Vergine Maria col bambino e S.Anna”. E’
straordinario il modo in cui l’artista abbia catturato quello scambio di sguardi,quel
tuffarsi negli occhi dell’Altro fra una mamma e il suo bambino. Non si è trattato
solamente di esaltare un tenero rapporto tra madre e figlio. La sensibilità di Giulio
Romano ha fissato su quella tavola un momento affettivo intenso. Quel
sonoro,morbido caldo abbraccio mette in luce la centralità di una memoria
sensoriale e l’esistenza ,per ogni essere umano,di un’aspettativa soggettiva
prioritaria dell’influenza degli altri sui propri stati d’animo. Chi si occupa di
relazioni d’aiuto nell’ età dello sviluppo ,ha l’arduo compito di cercare di mantenere
una visione che si “sintonizzi” il più possibile sui bisogni emozionali del bambino
che ha di fronte.
Usando le parole di D.J. Siegel (1999) nell’opera La mente relazionale (p.291):
“attraverso questi stati di risonanza le menti di terapeuta e paziente possono unirsi
in un sistema diadico più ampio,che sviluppa processi autoorganizzativi e narrativi
specifici . In questo senso il rapporto terapeuta-paziente riflette in molti modi
quella che dovrebbe essere l’essenza delle relazioni umane:comprendere e
accettare gli altri per ciò che sono,cercando contemporaneamente di alimentare
un’ulteriore crescita e integrazione”.
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