parte prima : definire il tema della vocalita
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parte prima : definire il tema della vocalita
1 Antonella Guzzoni*, musicoterapista, Casa del Sole-Mantova *Laurea in Filosofia (Univ. Degli studi di Bologna) Diploma in Pianoforte Principale (Conservatorio Campiani di Mantova) Diploma in Musicoterapia (Corso Quadriennale di Assisi) Frequentati i quattro Livelli di Musicoterapia Didattica (Prof. R.O.Benenzon) Formatore A.I.M. Studio pubblicato nella rivista Musica&Terapia (a cura di Gerardo Manarolo), Cosmopolis, Torino,2005. TITOLO : Il significato dell’espressività vocale nei Disturbi dello Spettro autistico PARTE PRIMA : DEFINIRE IL TEMA DELLA VOCALITA’ NELL’ETA’ DELLO SVILUPPO Capitolo primo LA PRESENZA DELLA VOCE 1.1Verso una “scienza della vocalità”:il quadro dei problemi Nel cercare di definire “l’ordine del vocale” molte discipline si sono attivate in questo ambito di ricerca negli ultimi vent’anni :la filosofia,l’antropologia culturale,la fonetica e la fonologia,la semiotica,la linguistica, la psicologia. E poi la psicoanalisi,la biologia,l’etologia.Senza contare i contributi della musicoterapia e delle arti-terapie che si sono poste il problema della voce e delle sue funzioni in ambito riabilitativo e terapeutico. Molte idee si sono perfezionate,ma nonostante questo, risulta ancora oggi complesso poter far riferimento ad una vera e propria “scienza della vocalità”,come già negli anni Ottanta P. Zumthor auspicava : “E’ ben strano-sottolinea l’autore- che,fra tutte le nostre discipline istituzionali,non esista ancora una scienza della voce.Ce ne auguriamo la prossima fondazione.” (1) 2 Proponendo una distinzione fra oralità e vocalità,egli definisce “oralità” il funzionamento della voce in quanto portatrice di linguaggio,e “vocalità” l’insieme delle attività e dei valori che le sono propri,indipendentemente dal linguaggio. Tuttavia,può essere d’aiuto fin da ora, inquadrare una prospettiva d’indagine che ricorra ad una riflessione in termini non dicotomici. L’aspetto originale nell’ipotesi di cercare di osservare e di riflettere sul fenomeno della vocalità nell’età dello sviluppo, riguarda l’implicazione del significato particolare che essa assume in tale periodo della vita umana.Le espressioni vocali,a partire dai primissimi mesi di vita, si legano indissolubilmente alla qualità e alla modalità di utilizzare la voce e rimandano a scelte vocali che ciascun bambino compie all’interno del proprio percorso di crescita , nell’interazione con i propri contesti di vita relazionale,nei rimandi che l’ambiente invia e alle tonalità emotive e affettive con le quali essi sono vissuti.Il concetto di scelta vocale può creare un “trabocchetto”nell’ordine delle idee, poiché richiama il concetto di consapevolezza e intenzionalità . Nei bambini con ritardo mentale grave o con disturbi generalizzati dello sviluppo è stata spesso messa in discussione sia la dose di consapevolezza che quella di intenzionalità nel rapporto che essi hanno con se stessi,con gli altri e con il mondo esterno. A supporto però dell’idea di fondo di una possibilità di esprimere comunque una scelta, anche se con modalità di codifica e decodifica massiva o denotativa (Moretti,1980) ,vi sono da un lato gli studi di Goffman (1963-81) e dall’altro quelli di Stern (1985).Il modello di Goffman rientra nell’approccio alla comunicazione come passaggio di informazioni,ma in una prospettiva prettamente sociologica.Tra gli esseri umani infatti non avviene semplicemente un movimento di dati o informazioni,ma si stabilisce un rapporto psicosociale.Per l’autore lo scambio comunicativo consta di quattro elementi .Innanzitutto i sistemi di comunicazione stabiliti tra un certo numero di individui ;in secondo luogo,la 3 condotta o le strategie di comunicazione adottate dalle parti interagenti nei contatti reciproci .Inoltre fanno parte del processo di trasmissione dell’informazione le costrizioni comunicative,ossia i vincoli ecologici,emotivi e intellettivi che limitano fra gli esseri umani la scelta delle strategie .Infine il frame o cornice interpretativa, cioè il quadro di riferimento entro cui si realizza una comunicazione. I fenomeni di filtro (che possono modificare il messaggio),feedback (retroazione)e ridondanza(ripetizioni che favoriscono la decodifica esatta di un messaggio) vengono pertanto elaborati da Goffman secondo paradigmi specificatamente antropologici e le dinamiche di trasmissione dell’informazione (la scelta,la codifica e la decodifica) vengono socialmente contestualizzate. La teoria si configura,quindi,come “ponte concettuale” tra le teorizzazioni della comunicazione centrate sulla informazione e quelle centrate sulla interazione.(2) Gli studi di Stern (1985),a questo proposito, sul senso del SE’ in bambini in fase preverbale sono illuminanti .Una delle premesse su cui si è basato il lavoro di Stern è che alcune forme di senso del SE’ esistano molto prima dell’autoconsapevolezza e del linguaggio verbale. Fra queste ,il senso di essere soggetti agenti,il senso di coesione fisica,di continuità temporale,di avere un’intenzione,operano già nel neonato,visto come un essere molto attivo e recettivo.Per “senso”,l’autore intende la semplice coscienza,distinta dalla consapevolezza autoriflessiva e si riferisce a esperienze dirette e concrete con il mondo circostante,non di pensiero.Questi sensi del SE’ costituiscono le fondamenta dell’esperienza soggettiva dello sviluppo sociale del bambino. (3) All’interno di queste prospettive non risulterà azzardata l’ipotesi di una vocalità del bambino vissuta a diversi livelli nell’interazione con L’Altro. Già a partire dai primi mesi di vita viene riconosciuta all’essere umano la straordinaria capacità di distillare e organizzare le qualità estraibili dell’esperienza.Egli gradualmente e 4 sistematicamente ordina questi elementi dell’esperienza per identificare costellazioni di costanti relative al Sé e all’Altro. (4) L’espressività vocale, diviene a pieno titolo un luogo di manifestazione del senso,inteso come selezione di percorsi possibili. Secondo la prospettiva di Vygotskij (1962), il senso è una formazione dinamica e complessa con molte zone di ineguale stabilità;il significato,convenzionalmente stabilito,è una di queste zone,ed esattamente ,la più costante.Ciò che qui preme porre subito in evidenza è che la molteplicità di codici e l’indefinita varietà dei contesti e delle circostanze fanno sì che uno stesso messaggio possa essere decodificato da diversi punti di vista e in riferimento a diversi sistemi di convenzione. (5) Risulterà pertanto efficace riflettere in termini globali : occorre pensare al rapporto voce-corpo-gesto-parola-linguaggio come a quello di un’unicità,di un continuum che possiede una consistenza sonora,un’unicità relazionale e una tendenza dell’essere umano al comunicarsi. Nella dimensione di una fenomenologia vocalica dell’unicità (6) ,cercherò di indagare come la competenza vocale, che nasce partendo da una dotazione biologica originaria dell’essere umano e si sviluppa già dai primissimi scambi relazionali con le figure di riferimento e gli ambienti familiari,si manifesta in modo preponderante con caratteristiche uniche ed irripetibili in ogni bambino,al di là della cronicità o dell’ineluttabilità di un quadro clinico. Si vedrà più oltre come tale riflessione investa direttamente il processo musicoterapico,all’interno del quale la vocalità,anche in quadri di severa patologia,occupi un posto di primo piano per conferire percorsi di senso all’interno della relazione sonoro-musicale. Del resto, nonostante i più recenti sviluppi,la conoscenza scientifica che abbiamo dell’uomo in rapporto alla sua dimensione vocale e sonoro-musicale,soprattutto in 5 situazioni psicopatologiche, rimane spesso frammentata e arroccata su posizioni difficilmente integrabili,che rendono nebulosa la riflessione di un fenomeno così vasto e complesso come quello vocale.Le scienze che da differenti angolazioni studiano il rapporto uomo-voce costituiscono una vasta costellazione .Le difficoltà che ho richiamato non intendono essere un alibi per rinunciare alla riflessione o all’indagine,ma piuttosto una spinta conoscitiva in un ambito di studi affrontabile solo in termini interdisciplinari. 1.2 Il “gesto”vocale Prima ancora che il linguaggio abbia inizio e si articoli in parole per trasmettere messaggi nella forma di enunciati verbali e anche qualora questo linguaggio non si sviluppi in modo adeguato, l’espressività vocale si impone come potenzialità di significazione e vibra come flusso di vitalità,spinta,anche se ancora confusa, al voler-dire,all’esprimere,cioè all’esistere.(7) Esiste un rapporto naturale tra i suoni emessi da un bambino e lo stato psicofisico attivato da particolari vissuti emotivi.Il filo che tiene unita la relazione con la propria madre si rende udibile e materico per mezzo di scambi tonici e tonico-fonici.Il principale “strumento” del bambino per raggiungere i suoi fini è costituito da un altro essere umano familiare.(8) L’emissione di un suono si trasforma così in una traduzione vocale di un gesto.Questo “gesto” vocale consente ad ogni bambino di poter raggiungere una persona o un oggetto esterno. La voce indica,tocca e conquista ciò che più coinvolge il bambino.(9) Il termine “gesto” rimanda ad una intenzionalità.Spesso nel bambino molto piccolo, o nei bambini con determinate patologie come i disturbi generalizzati dello sviluppo,l’uso dell’espressività vocale può rappresentare un gesto di adattamento prodotto non tanto allo scopo di comunicare qualcosa in particolare,ma piuttosto 6 con quello di regolare o esprimere semplicemente uno stato emotivo. In ogni caso il “gruppo vocale familiare”,per usare l’espressione con la quale E.Lécourt definisce l’insieme delle voci dell’ambiente familiare che accompagnano tutto il processo di crescita del nascituro, in una sorta di concerto vocale ben caratterizzato dal punto di vista dei toni,degli attacchi,delle intensità ,dei timbri vocali e dei silenzi (10),si porrà in una dimensione particolare di ascolto rispetto a quel bambino, qualificando di volta in volta il suo ambiente circostante in termini affettivi,attraverso infinite tonalità e sfumature emotive. In situazioni ambientali “sufficientemente serene”,le produzioni vocali del bambino sono poste al centro dell’attenzione del gruppo familiare che le accoglie,le trattiene e le riproduce come una sorta di coro indifferenziato agli occhi e alle orecchie del neonato.Questo “gruppo” offre al bambino l’esperienza di una fusione musicale;le caratteristiche di questa esperienza determineranno la futura identità vocale e sonoro/musicale del soggetto.Il bambino, da parte sua interagisce con l’ambiente tramite la sua produzione vocale,le sue grida,i suoi pianti,i suoi gorgheggi. Questi costituiscono una sorta di cordone ombelicale acustico che assicura una transizione armoniosa tra la dipendenza diretta della vita prenatale e l’autonomia affettiva futura. Il grido del neonato accolto e trasformato dall’entourage familiare si umanizza e diviene un richiamo,una modalità comunicativa. L’espressività vocale introduce una dimensione dialogica,protopsicologica,emotiva e affettiva che farà da preludio alla nascita del linguaggio. All’interno di quello che Anzieu (1985) definisce lo specchio sonoro la voce materna consente al bambino di avviarsi alla conoscenza del mondo esterno e del proprio corpo,all’unificazione del percepito sensoriale. E’ tramite tale interazione che il bambino riceve lo statuto di soggetto.La voce si fa allora supporto del pensiero e diviene uno strumento,un’area di transizione tra l’espressione di affetti e bisogni e la rappresentazione delle parole 7 del linguaggio.Quali che siano i tratti articolatori imposti dalla lingua di appartenenza,le caratteristiche personologiche del bambino e la dimensione emotiva che vi sottende, andranno a caratterizzare la sua vocalità. (11) Il suono vocalico di un bambino,anche il più flebile e fioco,non esprime solamente una reazione ad uno stimolo,interno od esterno,ma è da considerarsi un’azione di tutto un organismo su un ambiente complesso.Ogni suono che esce dalla bocca di un bambino contiene tutto il suo mondo-esperienza orale,le sue sensazioni date dal respirare,dal cibarsi,dal deglutire,dal piangere e dal ridere;contiene la relazione che ciascun bambino ha con il mondo,il suo modo di vederlo,di sentirlo,di udirlo,la sua eredità biologica,la sua costituzione psicologica. Quello che intendo per gesto vocale non è da considerarsi dunque come l’espressione di una reazione nervosa ad un’azione di stimolo,ma come la risposta del corpo di ciascun bambino ad un mondo che lo impegna. Infatti ,al di fuori di questo rapporto,non si riuscirà a cogliere nell’ordine e nel disordine gestuale un’unità di senso,ma solo la somma inespressiva di suoni a cui il gesto vocale si riduce quando la sua interpretazione non avviene in rapporto al mondo e alla situazione in cui si è generato,ma solo al sistema anatomico che lo produce. (12) Cogliere un’unità di senso nelle produzioni vocali di un bambino,soprattutto se molto piccolo, ci pone di nuovo nel cercare di comprendere il confine tra comunicazione e informazione. Tale confine non è tracciato sulle caratteristiche costitutive del segno vocale (verbale o non verbale),ma sulla duplice relazione intenzionale (denotativa e comunicativa)che nella comunicazione intesa come processo sociale si instaura tra trasmettitore e segno.Le grida di un lattante che reclama la propria poppata non vengono ritenute intenzionalmente comunicative (anche se ben presto si accorgerà che più strilla forte più la madre accorrerà veloce).Esse possono solo fornire informazioni sullo stato di chi le emette. 8 All’opposto un vocalizzo è considerato comunicativo nel momento in cui il bambino lo utilizza consapevolmente come una forma intesa alla significazione. Pertanto si riconosce la distinzione tra informazione e comunicazione per la comprensione di un atto comunicativo vocale rispetto ad un atto informativo vocale,ma la linea di demarcazione che li separa non è a mio avviso così netta e invalicabile quando ci si riferisce ai bambini ,soprattutto se in fase ancora prelinguistica. Tutto il processo comunicativo è visto come un continuum caratterizzato dalla presenza progressivamente crescente di intenzionalità (13): chi ruota attorno ai bambini e si relaziona con loro sbilancia l’asse comunicativo in avanti, verso di loro, cercando di interpretare,dare un senso alle espressioni vocali che, combinate ad altri fattori come gesti,posture, espressioni del viso ,uso dello sguardo,divengono un potente mezzo per segnalare una situazione vissuta. Da queste indicazioni è possibile rendersi conto della complessità di tutto il comportamento comunicativo,che si può scomporre a fini analitici in elementi semplici ma di cui occorre non perdere di vista l’unitarietà. Secondo Fraser (1978) un primo passo verso la rilevazione e la comprensione della ricchezza propria dei processi di comunicazione consiste nell’analizzare un’interazione comunicativa sulla base dei sistemi (di comunicazione) di cui è composta. L’autore ne individua quattro : il sistema verbale,intonazionale (uso di enfasi,sottolineature,inflessioni di voce :non sono infatti le parole in sé che dicono se una data frase dichiarativa o interrogativa,ma le differenze di accento e le modalità di intonazione),paralinguistico (comprende fenomeni quali borbottii,sbadigli,sussurri,risolini,colpi di tosse ecc.oltre che ritmo e velocità di eloquio,pause ed esitazioni),cinesico (movimenti delle mani del corpo,del viso,lo sguardo e il contatto visivo reciproco,ecc.) Questi elementi ,secondo Fraser,sono in continua evoluzione e possono essere descritti come “aspetti dinamici” 9 dell’interazione oltre ad aspetti più stabili come la prossimità,la distanza fra due persone,interpretabile come un indice della relazione esistente tra gli individui coinvolti in un atto comunicativo (Argyle e Kendon,1967).La classificazione proposta da Fraser rappresenta solo una fra le molte distinzioni reperibili nella letteratura.Altri autori sottolineano ulteriori aspetti. Ad esempio Lyons (1972) sostiene esistere una gradazione di linguisticità,una scala in cui il componente verbale occupa un estremo.(14) Note al capitolo primo 1)P.Zumthor, La presenza della voce - Introduzione alla poesia orale, Il Mulino,Bologna,1984,p.7. 2) L.Anolli/R.Ciceri,La voce delle emozioni – Verso una semiosi della comunicazione vocale non-verbale delle emozioni, Franco Angeli,Milano,1992,pp.17-18 e 28-29. La prospettiva di E.Goffman è riportata sia nel testo che nelle note dagli autori dell’opera. Per il riferimento agli studi sui processi di codificazione delle risposte e decodificazione degli stimoli si rimanda a G.Moretti , Metodo e prassi in neuropsichiatria infantile,Vita e pensiero,Milano 1980. 3)D.N.Stern (1985),Il mondo interpersonale del bambino,Bollati Boringhieri,Torino,1987,pp. 23-25. 4) ivi , p.82. 5)L.Anolli/R.Ciceri,op.cit.,p.17,nota 1. 6)A.Cavarero, A più voci – Filosofia dell’espressione vocale,Feltrinelli,Milano, 2003, p.21. 7)C.Bologna, Flatus vocis-Metafisica e antropologia della voce,Il Mulino,Bologna,1992,nuova ediz.2000,p.23. 10 8)J.Bruner (1983), Il linguaggio del bambino -Come il bambino impara ad usare il linguaggio,Armando editore,1987,p.24. 9)In questa direzione J.L.Austin (1962) ha proposto la Teoria degli atti linguistici,con l’obiettivo di attirare l’attenzione proprio sull’aspetto che dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa. cfr. J.L.Austin,Quando dire è fare,ed.Marietti,Torino,1974. 10)E.Lecourt,Musica e struttura psichica,in Musica e Terapia,Quaderni italiani di musicoterapia,(a cura di G.Manarolo e M.Borghesi)ed.Cosmopolis,Torino,1998,p.5. 11) G.Manarolo/F.Giberti,Il suono della voce in psicopatologia,in Musica e Terapia,op.cit.pp.86-88. Il concetto di “specchio sonoro” è contenuto nell’opera di D.Anzieu (1985),L’Io pelle,Borla,Roma,1987. 12)U.Galimberti,Dizionario di Psicologia,Utet,Torino,seconda ristampa 1999, voce Gesto-fenomenologia del gesto,p.436. 13) cfr. L.Anolli/R.Ciceri, op.cit., pp 41,58. 14) P.E.Ricci Bitti/B.Zani,La comunicazione come processo sociale,Il Mulino,Bologna 1983,pp.21-22 11 Capitolo secondo AZIONE,GIOCO,VOCALITA’ 2.1 Collocazione topologica della vocalità nell’età dello sviluppo: “l’area transizionale” di Winnicott. Nel cercare di definire come si manifesti la vocalità del bambino devo ricorrere a due precisazioni: una di carattere terminologico ed una di carattere epistemologico. Per quanto riguarda l’uso dei termini “voce” e “vocalità”,essi sono considerati sinonimi anche se a mio avviso,preferisco parlare di vocalità ,in quanto quest’ultimo termine è sentito da me più esteso e ricco.Per “voce”si intende solitamente il suono prodotto dalla laringe e articolato per mezzo delle corde vocali nel parlare e nel cantare. Il termine “vocalità” (termine musicale), come già sottolineato,implica i suoni vocali rispetto alla qualità e alla modalità di esprimersi attraverso la voce e rimanda a tutto il mondo-esperienza-orale – sensoriale - motoria e alle tonalità emotive e affettive con le quali esso viene vissuto dal bambino. Il termine utilizzato da Anolli e Ciceri (1992) di atto fonopoietico,pur rappresentando solo una parte delle complesse attività globali che coinvolgono due 12 o più individui che interagiscono all’interno di uno spazio e di un tempo comunicazionale, rappresenta uno strumento di una certa efficacia speculativa. Gli autori definiscono atto fonopoietico tutti le azioni che utilizzano il canale vocale per comunicare : parlare,conversare,cantare,discutere e riunisce in sé sia gli aspetti verbali sia quelli non verbali.L’atto fonopoietico ha il potere di denotare(l’indicare del segno,ad es.cane=animale domestico a quattro zampe)),di evocare(proprio del simbolo,ad es.l’onomatopea “baubau” che per il bambino indica il cane) e di connotare(logica affettiva della poesia,ad es. “Che vita da cani!”). (1) Queste caratteristiche dell’atto fonopoietico torneranno ad essere utili nel fluire della trattazione. La seconda importante considerazione è di ordine epistemologico e ritiene come sia fondamentale e indispensabile definire la vocalità del bambino non un fenomeno che nasce e si sviluppa in modo indipendente e isolato, all’interno della relazione madre-bambino,già ma che si espande durante la fase della gravidanza.Volendo poi trovare una collocazione spaziale ideale,è Winnicott (1970)a fornirci il luogo : l’ “area transizionale”. Quell’area nella quale ogni bambino costruisce un ponte tra pura soggettività e realtà oggettiva condivisa. I fenomeni vocali fanno parte dei fenomeni transizionali come il succhiarsi il pollice,il toccare una morbida coperta .In quell’attività creativa di ricerca del SE’ attraverso il fare del gioco, il bambino inizia ad esplorare i propri suoni vocali in quello spazio potenziale fra sè e le figure familiari che gli prestano cure e attenzioni e inizia a scoprire le valenze e gli effetti che tali suoni da lui creati producono sull’ambiente che lo circonda. (2) Analogamente nel processo musicoterapico,il setting rievoca e richiama quest’area transizionale,allo scopo di creare un contenitore in grado di accogliere e l’aspetto espressivo-musicale e la portata semantica delle produzioni vocali. 13 L’area transizionale rappresenta uno spazio emozionale di conquista delle potenzialità comunicative del bambino. Nel presentare il “mondo a piccole dosi” da parte della madre e delle figure di riferimento (il gruppo vocale familiare e, in terapia,il musicoterapista ) il bambino attraverso i giochi vocali (unitamente a giochi motori,senso-percettivi,ecc.) trasforma la sua attività concreta e protosimbolica in attività simbolica,iniziando il lungo cammino di trasformazione delle emozioni in pensieri,del dato espressivo in dato cognitivo. Questo cammino per Winnicott è essenzialmente “creativo”,poiché come in ogni processo creativo di manipolazione di oggetti concreti o di idee ogni individuo si apre all’elaborazione dei propri processi emotivi che dovrebbero avvenire attraverso una separazione per gradi,attraverso una “madre sufficientemente buona” che aiuta il bambino a diventare un individuo fisicamente e psicologicamente autonomo.(3) A questo proposito,nelle arti-terapie e nello specifico della musicoterapia risulta evidente la matrice maturativa del processo creativo,all’interno del quale il paziente trova la propria peculiare dimensione espressiva e relazionale. La creatività in questo senso può essere pensata come una connotazione della personalità ,affiorante in ogni tratto della stessa,che conferisce a ciascun essere umano di attuarsi psichicamente in un continuo rinnovamento oltre che di comunicare socialmente i fermenti che lo animano,con stimoli e “prodotti” innovativi. La creatività è vista quindi come forza di autoaffermazione del Sé .(4) Le interazioni vocali tra madre e bambino sono un esempio straordinario di creatività spontanea . Il linguaggio che la madre e le figure di riferimento principale utilizzano nel rivolgersi al bambino assume caratteristiche proprie anche in relazione all’età e al sesso del bambino stesso. Questo linguaggio si colloca sul “terreno della percezione” . Esso gioca soprattutto con le qualità espressive dei suoni, delle onomatopee,delle parole o delle frasi usando come stimoli i fenomeni 14 sinestesici,abbracciando tutte le sfere sensoriali.Si tratta di un linguaggio particolarmente ricco di colorazioni sonore e fonosimboliche , di rimandi emotivoaffettivi,vissuti nella cultura di appartenenza. Il fonosimbolismo ,come ambito di studi,è un fenomeno di pertinenza della psicologia della percezione,ed in particolare della percezione delle qualità espressive di eventi sonori. Nell’affrontare il tema della vocalità questo tipo di studio offre un’ottica indispensabile per cercare di comprendere la natura delle qualità espressive e dei fenomeni sinestesici che ruotano attorno ad una scelta vocale,mettendo in luce come sia possibile un passaggio da una dimensione puramente acustica dello stimolo (altezza,intensità,timbro,ecc.)a dimensioni pertinenti ad altre modalità sensoriali (ad es.le opposizioni grande/piccolo,luminoso/oscuro,ecc.) e viceversa,oppure riconducendosi a modalità più complesse dell’esperienza cognitiva ed emotiva (ad es.le opposizioni buono/cattivo,gradevole/sgradevole ecc.).Conformemente alla natura stessa dell’oggetto di studio (la vocalità),che attiene contemporaneamente all’ambito dei fenomeni senso- percettivi,emotivo-affettivi ,comunicativo-relazionali dell’essere umano e a quello dei fenomeni linguistici,la ricerca in ambito fonosimbolico contribuisce ad integrare i vari punti di vista in un rapporto di congruenza. (5) 2.2 Il gioco sonoro come fattore di crescita e di sviluppo Le capacità di produzione e di comprensione vocale e sonoro-musicale avvengono nel bambino attraverso la via regia del gioco.Citando il titolo di un’ opera di Delalande ci accorgiamo veramente che la musique est un jeu d’enfant (Delalande 1984). Il merito di questo autore è quello di aver elaborato il concetto di condotta 15 musicale. Il concetto di “condotta” è tratto dalla psicologia di ispirazione funzionalistica,in particolare francese,e indica una serie di comportamenti messi in atto e coordinati fra loro in funzione di una finalità. Si parla allora di “comportamento” quando ci si riferisce semplicemente ad un atto,senza considerare la motivazione che l’ha prodotto;si parla di “condotta” quando si prende in considerazione come un comportamento soddisfi una certa motivazione,un certo bisogno.Studiare le “condotte musicali” significa quindi mettere l’accento sulle finalità,sui bisogni,sulle motivazioni e sulle funzioni che vengono assolte da ciascuna azione musicale (compreso l’ordine del vocale),siano esse rivolte al produrre o all’ascoltare “materiale sonoro-musicale”. Attraverso l’osservazione del bambino e delle sue fasi di gioco (appoggiandosi sulla teoria piagetiana dello sviluppo) Delalande arricchisce di riflesso la comprensione dell’importanza della dimensione sonoro-musicale nella vita dell’uomo. Le fasi di produzione sonora del bambino sono classificate all’interno di tre grandi categorie : condotte di esplorazione,d’espressione e di costruzione. (6) Queste tre grandi categorie non solo caratterizzano l’età evolutiva ,ma accompagnano l’essere umano durante tutta la propria esistenza in rapporto al bisogno di scoperta e conoscenza del mondo e nel cercare di donargli un senso. Le condotte di esplorazione fanno appello principalmente alle attività dell’essere umano di soddisfare i propri bisogni senso-percettivi e senso-motori legandosi indissolubilmente ai vissuti corporei di tali esperienze. Ogni bambino produce,modifica e “gioca” con il suono.Questo a partire dal suo primo “strumento d’eccellenza” datogli in dotazione :la voce. Le cose si precisano in seguito quando,attraverso oggetti come piccoli sonagli o oggetti d’uso quotidiano,il bambino inizia un “repertorio esplorativo globale” che si traduce in varie azioni come guardare, battere,scuotere,grattare,ma anche annusare e portare alla bocca. 16 In questa fase,un primo tratto che caratterizza l’attività senso-motoria è che la mano del bambino,come la sua bocca ,gli servono tanto per sentire che per agire. Azione e percezione si differenziano con la maturazione di un senso del Sé sempre più differenziato parallelamente dall’ambiente. L’atto esplorativo, basato sui diversi analizzatori sensoriali e sulla motricità, opera simultaneamente nella produzione e nella ricezione del suono,procurando diverse sensazioni che possono andare nella direzione della piacevolezza o ,al contrario della sgradevolezza,attivando costantemente il corpo sulla dimensione edonica dell’esperienza. Alcuni oggetti appaiono come delle attrezzature che consentono di calamitare l’attenzione del bambino sul risultato sonoro che deve guidare la sua ricerca. A livello di vocalità, ad esempio, la piacevolezza di emettere suoni in oggetti a forma concava o in tubi permette al bambino di cogliere le variazioni sonore dei propri suoni vocali. Con queste variazioni d’intensità,intonazione e timbro vocale,il bambino si trova sulla soglia della seconda famiglia di condotte conoscitive :l’utilizzazione espressiva del suono.Gli studi sulle condotte del bambino nei confronti degli oggetti segnalano una particolare relazione tra esplorazione e gioco che,mentre ne individua la specificità,ne conferma la complementarietà,suggerendo un’analoga connessione dei processi di pensiero implicati. Tra esplorazione e gioco vi sarebbe una relazione d’alternanza,un ritmo “bifasico”: Un oggetto nuovo susciterebbe dapprima comportamenti esploratori,volti a indagare le proprietà dell’oggetto;una volta ridotto il tasso di novità contenuto nello stimolo attraverso la sua riconduzione a schemi conosciuti,l’oggetto viene utilizzato a fini ludici :l’enfasi non è più allora sull’oggetto ma su “io” in rapporto all’oggetto. Ripetizione e variazione appaiono come i corollari delle condotte esplorative,conseguenze di una specifica curiosità per lo spazio sonoro.Si tratta di una questione di accento, non di contrapposizione. Tra esplorazione e gioco vi è una sorta di rapporto di figura –sfondo come nelle 17 immagini “ambigue” segnalate dagli psicologi della Gestalt nelle quali ,in alternanza “si vedono”diverse figure. (7) L’espressione degli stati emozionali e affettivi attraverso la produzione vocale e sonora rappresenta una “sequenza gestuale” che viene trascritta attraverso il suono,ma si tratta di una sequenza re-interpretata attraverso il ricordo del vissuto corporeo,sonoro e affettivo che gli è associato. Inizia un primo investimento simbolico dell’oggetto sonoro messo in rapporto con un vissuto (esperienza del movimento,dei sentimenti e degli affetti) o con certi aspetti legati alla cultura di appartenenza (vita sociale).Il bambino scopre e utilizza le produzioni e gli ascolti sonoro-musicali facendo appello a differenti forme di simbolismo,più o meno convenzionale.Il meccanismo di formazione del simbolismo sonoro è dipendente da una molteplicità di fattori :accanto alle caratteristiche oggettive di altezza,timbro,intensità,durata ecc.,il suono infatti possiede in forma diretta e immediata anche alcune valenze sinestesiche,capaci di costruire la base di valori espressivi. Accanto a questi fattori,che costituiscono l’asse naturale del simbolismo fonetico,ve ne sono altri di natura più specificatamente culturale,ed altri ancora che vanno individuati nei significati inconsci che ciascun suono può aver acquisito in connessione con le vicende emotive dell’evoluzione di ciascun individuo.Possiamo distinguere tre principali categorie alle quali ricondurre i vari fenomeni fonosimbolici : il fonosimbolismo ecoico,che indica una produzione imitativa; il fonosimbolismo sinestesico,che raggruppa i casi in cui lo stimolo sonoro evoca esperienze pertinenti ad altre dimensioni sensoriali in conseguenza della percezione.In questa categoria si troveranno organizzazioni sonore che rimandano a dimensioni spaziali (grande/piccolo),altre che suggeriscono 18 elementi visivi (luce/oscurità) o traduzioni di tipo tattile (duro/molle,ruvido/liscio); il fonosimbolismo fisiognomico,che raccoglie i casi in cui l’espressività concerne l’area psicologica.In questo caso avremo organizzazioni sonore che veicolano emozioni caratteristiche come personologiche gioia,tristezza,serenità,paura di un individuo o evocano come persona bella,buona,brutta,cattiva,deforme,mostruosa,ecc. (8) Il mondo sonoro-musicale viene legato a schemi di rappresentazione musicale psicologicamente fondati. Imberty (1988), similmente a Delalande, ha dimostrato nei suoi rigorosi studi come certe condotte legate alla vita senso-motoria e affettiva siano generali,comuni a tutti gli individui e rintracciabili in ogni “umana esperienza musicale”.Il simbolo musicale evoca analogicamente qualcosa. La difficoltà della semantica musicale sta proprio nella polisemia .Ciò che collega simbolizzante e simbolizzato è la comunanza di reazione affettive che essi provocano. Comunanza che proviene dallo psichismo innato,dalle abitudini culturali e dalle esperienze e associazioni individuali. La base del simbolismo musicale è emozionale,iconica e cinetica. Questo non ci stupisce, visto che dal termine latino emoveo deriva il termine “emozione”, che significa appunto “muovere verso”,implicando un movimento. Anche gli studi della Langer (1942)ripresi da Stern (1985) ed inseguito dal neurofisiologo Damasio (1999)confermano questo flusso di “affetti vitali” e di “sentimenti di fondo” che possono essere rievocati continuamente attraverso l’esperienza sonoro-musicale vissuta sullo scorrere del tempo.L’evocazione di movimenti o di stati affettivi si inserisce in tutta una serie di condotte corporee,mimico-gestuali,posturali,ecc.,mediante diversi gradi del tono muscolare. Questi schemi di risonanza emotiva scorrono sui poli estremi dell’esperienza vitale 19 del soggetto : gli schemi di tensione o distensione che concorrono alla sensazione generale di integrazione o disintegrazione dell’”Io”. Quando uno stimolo sonoro si presenta in forma ambigua si crea da un punto di vista neurofisiologico una sorta di sovraccarico sull’attività reticolare del nostro cervello;dobbiamo trovare un compromesso che ci permetta di elaborare un’informazione carica e densa: possiamo rielaborarla o rinunciare ad essa. (9) All’interno della “struttura” dell’emozione, la prima fase di percezione destabilizza la nostra tonalità emotiva di base. E’ nella cosiddetta seconda fase di “commento” che si gioca poi la possibilità fra potere strutturante o destrutturate dello stimolo emotigeno.Lo stato di tensione che si crea in questo delicato momento,crea sicuramente una sorta di “privazione” degli schemi organizzativi a cui il soggetto ricorre,ma rappresenta anche una potenziale area per una nuova attualizzazione del campo di possibilità conoscitive. Nella terza fase omeostatica di “ammortizzamento” si ricrea una nuova distensione con guadagno organizzativo della nuova potenzialità o liberata dalla destrutturazione che viene in qualche modo espulsa. (10) Ritornando al discorso delle condotte espressive del bambino,tutti i meccanismi descritti,permettono l’accendersi delle possibilità espressive e comunicative del proprio mondo interno attraverso il mezzo sonoro,in un cammino che va dall’esprimere all’esprimersi. Quando le condotte musicali divengono non solo un mezzo espressivo ma anche un mezzo comunicativo per entrare in relazione con l’Altro,il bambino si affaccia alla terza ed ultima categoria che fa riferimento a condotte di costruzione,o più precisamente a mio avviso, a condotte finalizzate ad un piano di progettualità. Il bambino non solo “costruisce” produzioni sonore attraverso “regole di gioco”,più o meno socialmente condivisibili o organizzate,ma inizia a sviluppare la propria progettualità di gioco.La progettualità si riferisce alla capacità “rimodellante”da parte del bambino del mondo circostante:si può dire che 20 ogni bambino impegnato nel suo gioco si comporti come un poeta in quanto dona a suo piacere un nuovo assetto alle cose del mondo attraverso la “messa in forma” dei propri vissuti affettivi.Il gioco si appoggia alle cose visibili e tangibili del mondo reale,permettendo però di estrinsecare la propria interiorità: da un lato l’uso delle cose e dall’altro la forza progettuale di rappresentare e rappresentarsi l’esperienza del suo “essere al mondo”. Il piano della progettualità implica meccanismi elaborativi e integrativi dell’apparato psichico sempre più profondi. Il cammino di crescita del bambino nell’età evolutiva è segnato da due dimensioni esistenziali : il dover essere al mondo gli si impone come necessità,ma gli offre spazi di progettualità, occasioni di “poter essere”. Il bambino ha comunque un enorme carico di necessità ,proprio perché è bisognoso di cure e attenzioni da parte dell’adulto per poter crescere e diventare autonomo . Se l’ambiente che accoglie il bambino è garante di spazi potenziali creativi e valorizzanti allora la sua individualità e originalità rispettate consentiranno un’occasione proficua per costruirsi un’identità il più armonica possibile. Spazi e tempi creativi volti al recupero dell’espressività individuale come quelli che poggiano sulla valorizzazione della “crescita vocale e sonora” del bambino, sia che esso si trovi in una situazione di crescita armonica o disarmonica,consentono la creazione di spazi e tempi privilegiati connotati dall’importanza relazionale e affettiva.Nell’approccio musicoterapico in età evolutiva ,ciò che va considerato oltre al recupero funzionale è il recupero di una dimensione esistenziale che possa schiudersi sul mondo delle occasioni ed opportunità di crescita. Questo non è solamente confermato in un’ambito di riflessione fenomenologia,ma anche dalle prospettive di studio offerte dalle moderne neuroscienze. Vocalità,suono e musica,per il loro impatto emozionale,attirano l’attenzione e modulano gli stati emotivi del bambino.E il bambino ,come avviene in tutte le culture del mondo,percepisce ed esprime il 21 mondo sonoro-musicale con la partecipazione di tutto il corpo (voce,movimento),senza distinzione fra “musica” e “danza”. La vocalità dell’essere umano,come fenomeno bio-culturale,rappresenta un coinvolgimento delle funzioni acustiche,motorie,emozionali e dell’attività di interazione sociale.Il poter esplorare oggetti sonori implica un continuo adattamento del corpo secondo stimoli uditivi,visivi e somato-sensoriali coinvolgendo molte aree cerebrali oltre a quella acustica. Le neuroscienze in questi anni stanno aprendo nuovi orizzonti alla comprensione dell’importanza dell’esperienza musicale nella vita dell’uomo,contribuendo a definire il rapporto dialettico tra scienza ed arte in “promesse” di fecondità riabilitative e terapeutiche. Le questioni più sentite sono quelle che riguardano l’immaginario musicale e il rapporto musica-emozioni. La ricerca sull’immaginario musicale esplora le modalità seguite per generare le rappresentazioni musicali interne;la percezione e l’immaginario non solo condividono processi psicologici simili,ma anche schemi di attivazione corticale.Anche la questione di come “il musicale” possa evocare risposte emotive diversificate sul piano dell’intensità e della coloritura emozionale è affrontata ,in questi ultimi anni,attraverso le nuove tecniche di neuroimaging funzionale. Queste indagini non spiegheranno mai completamente il meraviglioso mistero che avvolge l’uomo e suoi modi di rapportarsi con i prodotti estetici della sua esperienza ,ma ci stanno indicando ad esempio come le risposte euforiche associate a taluni passaggi musicali portano ad una attività cerebrale in varie regioni,incluse quelle precedentemente collegate alle ricompense biologiche ad ai processi di motivazione.In tal modo ,malgrado si tratti di uno stimolo astratto e culturalmente contestualizzato,il suono e la musica ci offrono molte possibilità per esplorare le architetture neurali funzionali,aprendo nuove vie di prendersi cura dell’Altro attraverso la loro peculiarità riabilitativo-terapeutica. (11) 22 2.3 Le coppie primarie dell’esperienza vocale e sonoro-musicale Come ho già sottolineato il corpo del bambino,non in quanto oggetto,ma in quanto struttura di relazioni con il mondo,costituisce il punto originario,di ogni esperienza umana. E’ il corpo fenomenico che vive nel mondo così come il mondo e in relazione a un soggetto o ai soggetti che gli danno un significato. Queste espressioni,appariranno più chiare proprio occupandoci dell’ordine del vocale e del musicale. L’esperienza del mondo inizia infatti non quando si percepisce una cosa,ma piuttosto quando si percepisce una differenza,un’alternanza,un “ritmo”.Esperire non è stare in una posizione bensì in una disposizione.L’esperienza è possibile solo quando qualcosa è già accaduto.Conoscere è in qualche modo riconoscere qualcosa che è già avvenuto e potergli attribuire un senso. Ed è proprio perché il tempo supporta ogni esperienza con la continuità del suo ritmo che noi possiamo identificare le cose,dare loro dei nomi e parlare di esse. Nomi e concetti non sarebbero possibili senza quest’esperienza di riconoscimento di ciò che si è già esperito. Il tempo oggettivo,quello misurato con l’orologio e scandito dal metronomo,il tempo spazializzato,non è una cosa ma un costrutto che nasce a partire dall’esperienza del ritmo. Per il neonato il mondo temporale è scandito in termini di assenza o presenza della madre.Le prime esperienze di essere al mondo sono scandite da elementi ritmici,dal battere /levare,dalla presenza/assenza della madre,del cibo,della luce,del suono e degli oggetti,da stati di tensione/distensione. Nel ritmo dell’andare e del venire,il bambino struttura quell’esperienza percettivoemotiva che lo aiuterà a riconoscersi come soggetto del mondo e a riconoscere l’altro. In questo perenne gioco di rimbalzo in cui consiste la stessa esistenza, e che è anche rimbalzo tra desiderio e frustrazione, il bambino cresce ed elabora 23 gradualmente la sua identità e la sua struttura di relazioni con il suo mondo interno ed esterno.Uno dei più potenti veicoli di orientamento percettivo-emotivo per il bambino è rappresentato dagli aspetti ritmico-sonori,soprattutto quelli legati alla voce e al contatto corporeo che “contengono” i vissuti emozionali del bambino rispetto alle diverse esperienze che vive e deve affrontare ( ciò che Winnicott chiama holding e handling di una madre sufficientemente buona). (12) La “materia sonora” rappresentata dalla vocalità della madre che con-tatta il bambino “parla” direttamente alle percezioni e alle emozioni di quest’ultimo.Non solo. E’ all’interno dei proto-dialoghi della diade madre-bambino che troviamo la dualità del ritmo,presente in tutta la sua fisicità e corporeità.Il ritmo è quindi una dimensione di fondo dell’esperienza umana. Gli elementi su cui esso opera si manifestano,come presenza/assenza,cioè come relazione. L’esperienza vocale e sonoro-musicale si fonda su coppie primarie di relazione ,dove l’elemento della dualità scandisce l’esperienza in termini spazio-temporali.Ecco che i parametri della percezione uditiva vocalmente e musicalmente considerati divengono strutture di significazione non soltanto in termini affettivo-relazionali ma anche cognitivi,coinvolgendo tutta la sfera dell’apprendere qualcosa dall’esperienza vissuta. Questi principi devono essere tenuti ben presenti dal musicoterapista nel suo setting di lavoro,poiché rappresentano i mezzi che donano un senso non solo all’esperienza sonoro-musicale ma soprattutto a quella comunicativa e relazionale della diade bambino/terapista. Cercherò dunque di sottolineare le principali coppie dell’esperienza percettiva vocale e sonoro-musicale che rappresentano la base di ogni esperienza relazionale di essere con l’Altro. 24 Suono/silenzio. “C’è /non c’è” ..Il suono è tale in relazione al silenzio su cui si staglia,si oppone a esso come rottura di una stabilità,così come la luce è tale in virtù della sua opposizione al buio.Il silenzio costituisce uno strumento espressivo fondamentale perché grazie ad esso e su esso il suono prende corpo.Anzi,può costituire esso stesso un mezzo elettivo di comunicazione e di espressione. Figura-sfondo. All’interno del parametro della discriminazione uguale/diverso tale relazione,ricorda Shafer (1977),è “il prodotto di una rete di abitudini culturali e percettive,in cui l’esperienza tende a essere organizzata secondo linee prospettiche che comprendano un primo piano,uno sfondo,e un lontano orizzonte”. (13) Forte/piano . Un altro costrutto della relazione tra corpo e mondo da un punto di vista sonoro è l’intensità. Anche qui la primaria discriminazione è tra due polarità,ma naturalmente esiste una dinamica di gradazione che si può articolare attraverso un continuum dal piano al forte (crescendo),dal forte al piano (diminuendo). L’intensità mostra quanta energia è diretta verso uno scopo o quanto intenso è un sentimento.Ci rivela il “quanto”. L’aggettivo “intenso”, dal latino intensum,participio passato di intendere “tendere con forza”, ci informa della forza fisico-corporea che accompagna l’essere umano nel vivere esperienze molto cariche e dense anche dal punto di vista psicologico,quindi dello stato di tensione che occorre per manifestare qualcosa con forza o del “sentire” qualcosa in questi termini o nel suo contrario (debole intensità). Il corpo e la fonte del suono : il timbro. Un altro costrutto fondamentale nella percezione del bambino e nella sua ricerca creativa è il timbro.Esso permette di distinguere e di identificare la fonte del suono prodotto ed ha a 25 che fare con la forma e la materia della fonte sonora. Acusticamente il timbro fa riferimento al fenomeno degli armonici.Gli innumerevoli oggetti materiali,naturali e artificiali,producono,una volta toccati percossi,pizzicati,sfregati o messi in vibrazione da un flusso d’aria, un’infinità di timbri.Il timbro ha a che fare con il toccare,un gesto fondamentale per il bambino nelle sue prime esplorazioni. Le sensazioni tattili costituiscono uno dei primi modi attraverso cui,in quanto corpo vivente,ci rapportiamo al mondo. Con la mano che tocca si fa l’esperienza del liscio e del ruvido,del duro e del morbido.Toccando gli oggetti,percuotendoli,gettandoli a terra il bambino scopre i loro suoni o i loro rumori come sordi,cupi,brillanti,aspri. L’esperienza emotiva ed affettiva delle diverse sfumature timbriche è offerta al bambino attraverso la discriminazione dei timbri vocali. Il timbro di voce rappresenta una sorta di impronta digitale unica ed irripetibile per ciascun essere umano :è infatti diverso per ogni persona ,poiché risente dell’azione filtro delle cavità di risonanza.Le differenze anatomiche e l’atteggiamento funzionale e psicologico prevalentemente assunto ci informano sul “chi”vocale della persona. Acuto/grave . Anche la discriminazione delle altezze,da cui si è sviluppato l’elemento melodico vocale e musicale,è un aspetto importante della relazione tra corpo e mondo. Anche in questo caso la segmentazione parcellizzata delle note degli intervalli ,frutto di una lunga ed elaborata evoluzione culturale,è preceduta nel bambino dalla distinzione acuto/grave,dove l’acuto richiama l’alto,cioè una posizione elevata nello spazio,mentre il grave richiama il basso.I suoni acuti ,riprodotti con la voce,risuonano “in testa” mentre quelli gravi nel petto e nello stomaco. I 26 bambini associano altre caratteristiche riferite alla qualità percettiva dell’esperienza di suoni gravi e acuti come la dimensione di un oggetto grande/piccolo o le caratteristiche fisiognomiche di un essere animato grande , grosso e minaccioso rispetto ad uno piccolo , minuto e gradevole. Il cosiddetto “tono di voce” si riferisce alla variazione di altezza nella pronuncia delle parole che in alcune lingue come il cinese o il giapponese,serve anche a distinguere parole con significati diversi.Il tono di voce si riferisce alla modulazione e al colorito della medesima. Battere e levare .Dall’esperienza tattile-udiva ritmica intrauterina del battito cardiaco (diastole/sistole) a quella collegata alla respirazione (inspirare/espirare) ogni esperienza si configura come alternanza e relazione fra le cose.Il fluire del movimento si caratterizza da un elemento che ricorre con più o meno regolarità,frammisto di momenti di tensione e distensione.Una certa regolarità ritmica rappresenta uno stato di equilibrio per l’essere umano solo se no aumenta o diminuisce i bisogni. Il fluire del ritmo dona sicurezza,stabilità,prevedibilità e fornisce la rassicurazione che le forze o l’energia istintiva non diverranno opprimenti né scompariranno.L’andamento agogico dell’esperienza sonora (l’alternanza a tempi veloci e lenti) si colloca nella considerazione “uguale/diverso”.La pulsazione come fatto biologico (battito del cuore,respirazione,ecc.) si collega direttamente ad esperienze relazionali e sociali come i ritmi d’interazione madre- bambino,ritmi vocali,di movimento,di gesti,che si dilatano o diventano incalzanti,che scorrono fluidamente o si frammentano. Parola,suono,movimento. La voce comunica in primo luogo l’unicità di chi la emette.Il proprio di un’emissione fonica non sta nel puro suono,sta piuttosto nell’aspetto corporeo e 27 relazionale a cui essa rimanda.La grana della voce concerne soprattutto il modo in cui,mediante la voluttà dell’emissione sonora,la voce lavora nel corpo.Esistono differenti piani di analisi del suono prodotto dall’apparato fonatorio e diverse valenze collegate ai parametri del suono come illustrato dalla Fig.1.2.3. Piano acustico Piano Uditivo Durata Lunghezza Piano Articolatorio Tensione dell’articolazione Frequenza fondamentale Altezza (in Hz) Ampiezza di vibrazione delle corde vocali Volume (in db) Configurazione spettrale Velocità Sforzo Respiratorio Timbro Movimenti articolatori specifici nella cavità orale Fig.1.2.3 Piani di analisi del suono prodotto dall’apparato fonatorio ( da Anolli/Ciceri,1992,op.cit.,p.443) Nell’atto fonopoietico i diversi sensi comunicano in virtù di quell’atto intersensoriale che è la percezione naturale.Il corpo ,ricorda Merleau-Ponty (1945),è un sistema sinergico,in quanto è l’immagine coagulata dell’esistenza. 28 Si può dire di vedere un suono o di ascoltare un colore poiché ogni sensazione fa vibrare tutto l’essere sensoriale. In questo contesto il movimento,inteso non solo come il movimento oggettivo nello spazio ma anche come progetto di movimento,come protensione del corpo verso il mondo e le cose,costituisce il fondamento dell’unità sensoriale. Infatti, usando ancora le parole di MerleauPonty, “ è il corpo a dare un senso non solo all’oggetto naturale,ma anche a oggetti culturali come le parole”. (14) La multisensorialità ,che nella percezione amodale del bambino piccolo rappresenta la modalità bio-psicologica caratterizzante la conoscenza del mondo,si fonda sulla trasversalità di alcune categorie percettive come appunto il ritmo e gli aspetti melodici intonazionali. L’elemento ritmico in particolare è presente nel suono delle parole,nei movimento corporei che lo accompagnano,nell’espressività del volto che si anima sotto la spinta di un suono che esce dalla bocca. Il ritmo non solo ascoltato ma anche visto,annusato,gustato,vocalizzato e gestualizzato,offre la possibilità di una sua completa interiorizzazione. Questa prospettiva, dunque, si rivelerà utile non solo in termini sonoro-musicali,ma in modo complementare, per lo sviluppo dello schema corporeo,della comunicazione e del linguaggio del bambino all’interno di una dimensione relazionale.Basti pensare dunque alla conseguente ricaduta di tali concetti sotto il profilo riabilitativo-terapeutico.E’ per questo che, pur appesantendo questa prima parte di indagine concettuale,si potrà chiarire nel seguito della trattazione il contributo fecondo di tali fondamenti teorici, in un’ottica terapeutica che utilizza i parametri sonoromusicali come elementi armonizzanti .L’utilizzo di tali principi si radica nelle relazioni motivate fra ciò che abbiamo definito come “coppie primarie dell’esperienza sonoro-musicale e vocale” e la qualità o stile relazionale che si instaura nelle interazioni della diade musicoterapista-bambino nella cornice del 29 setting musicoterapico.La multisensorialità , le conseguenti relazioni tra il linguaggio verbale ,non verbale e vita affettiva ed esperienza vissuta,sono il punto di partenza di proposte sonore e vocali coralmente scelte che intendono ricercare,ricostruire e restituire una significatività all’essere e all’agire del bambino in trattamento. (15) Note al capitolo secondo 1)L.Anolli / R.Ciceri,op.cit., pp.97-99 2) D.W.Winnicott (1971),Gioco e Realtà,Armando,Roma 1974,pp. 41-42 3)P.E.RicciBitti (a cura di),Regolazione delle emozioni e artiterapie,Carrocci,Roma 1998,pp.55,61. 4) (a cura di ) G.Belgrado,Il bambino dal suono alla musica,Giunti & Lisciani editori,Teramo,1987,p.61. 5)F.Dogana,Suono e senso – Fondamenti teorici ed empirici del simbolismo fonetico,Franco Angeli,Milano, 1983,p.16 6) cfr. F.Delalande,Le condotte musicali,Clueb,Bologna,1993,pp.53-83. La trattazione generale del cap.secondo e del par.2.2 ha tenuto conto dell’opera di G. Freddi,Azione,Gioco,Lingua-Fondamenti per una glottodidattica per bambini, Liviana Editrice ,Padova,1990. 7) A.Bondioli,Gioco e educazione,FrancoAngeli,Milano 1996,p.413. 8) P.L.Postacchini (et alii),Lineamenti di musicoterapia,Carocci,Roma, 1998,pp.42-43. 9)M.Imberty,Suoni Emozioni Significati,Clueb,Bologna,1988,pp. 30 10) P.E.Ricci Bitti/B.Zani,La comunicazione come processo sociale,Il Mulino, Bologna,1983,cap.6. 11) appunti dalla relazione di R.J.Zatorre , Prima edizione del Convegno internazionale “The Neuroscienceand Music”, 25-27 ottobre 2002,Fondazione Mariani,Venezia. 12) D.W.Winnicott (1971),Gioco e realtà,Armando,Roma 1974,p.190. 13) R.M. Schafer (1977),Il paesaggio sonoro,Ricordi-Unicopli,Milano,1985,p.213. 14) M. Merleau-Ponty (1945),Fenomenologia della percezione,Il Saggiatore,Milano,1972,p. 314. 15) La trattazione di tutto il paragrafo 3 del cap.2 ha preso spunto dal cap. sesto dell’opera di E.Bottero,A.Padovani,Pedagogia della musica,Edizioni Guerini e Associati,Milano,2000 . Per la definizione dei parametri della percezione uditiva: cfr. C .Giordano et alii,Biologia della musica,Omega Edizioni,Torino,1999, pp.194-201. 31 Capitolo terzo LO SVILUPPO DELLA VOCALITA’DEL BAMBINO 3.1 Il gioco delle relazioni : sviluppo vocale e sviluppo della competenza comunicativa Per comprendere l’importanza che occupa la dimensione vocale all’interno di un approccio musicoterapico rivolto a bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (DGS) e alle implicazioni metodologiche dell’uso di tale dimensione, è necessario far riferimento ad una prospettiva che indaghi innanzitutto i fenomeni vocali nei quadri armonici dello sviluppo.Ciò significa tenere conto, in modo imprescindibile, dell’analisi dello sviluppo della competenza comunicativa,a partire dalle prime interazioni del bambino con il proprio ambiente di vita. La vocalità si inserisce in modo integrato nel più ampio e complesso dominio della comunicazione come processo sociale. In quadri disarmonici, la competenza comunicativo-vocale risulta più o meno gravemente compromessa o appare atipica rispetto alle situazioni armoniche.Per poter analizzare le caratteristiche peculiari e 32 distintive dei profili comunicativo-vocali esibiti da questi particolari bambini occorre far riferimento alle conquiste e agli appuntamenti evolutivi cruciali nel processo di crescita e maturazione dell’individuo che si afferma come persona .Ed è proprio scomponendo la parola per-sona che appare evidente nel termine latino sonum (suono) la matrice sonora originaria e originale del nostro essere nel mondo (1) riconducendo la trama della trattazione all’importanza della dimensione sonoromusicale vissuta nella relazione terapeutica che conduce il bambino nel percorrere il cammino attraverso la propria in-sonanza (atto di un vivere),alla per-sonanza (scoperta sempre più consapevole della propria vocalità)per giungere ad una con – sonanza (voce comunicante) (2) all’interno di uno spazio privilegiato (il setting musicoterapico)di relazione e comunicazione.Migliorare la qualità del rapporto relazionale attraverso un’attenzione particolare alla espressività vocale del bambino,significa non soltanto porsi in un ottica riabilitativo- terapeutica più efficace, ma accettare una continua riesamina del materiale sonoro-musicale attraverso una visione il più possibile globale che si avvicini alla realtà biopsicosociale dell’individuo.(3) Nella prassi musicoterapica con bambini affetti da DGS diviene dunque fondamentale ricondursi alle tappe di conquista “armoniche” per poter valutare, caso per caso,i possibili deragliamenti,intesi non come devianze a norme rigidamente stabilite,ma come modalità “altre” di vivere l’esperienza vocale.La fase cosiddetta prelinguistica dello sviluppo comunicativo non è da considerarsi precomunicativa : le modalità utilizzate dal bambino per comunicare attraverso segnali non verbali,verranno trasferite poi nella comunicazione linguistica. Quando fra la fine del primo anno e l’inizio del secondo anno di vita compare il linguaggio,esso rappresenta un’estensione del repertorio comunicativo del bambino. Il neonato appare un organismo già dotato alla nascita di un’organizzazione 33 sensoriale altamente strutturata in grado di selezionare in modo attivo stimoli sensoriali provenienti dall’ambiente circostante,capace cioè fin dalla nascita di partecipare all’interazione attraverso diversi canali (visivo,vocale,tattile).Nel periodo neonatale il bambino possiede una adeguata sensibilità visiva e l’accomodazione matura rapidamente: egli discrimina gli schemi visivi e presta particolare attenzione a schemi dotati di caratteristiche strutturali complesse quali il volto umano (tridimensionale e mobile). Ed è proprio il volto materno a rappresentare la zona vocale d’eccellenza : da esso provenie la voce materna,associata ad altre qualità sensoriali come la configurazione e l’espressione (aspetti visivi),il profumo e l’odore della pelle (aspetti olfattivi),il contatto e i movimenti del volto e del corpo (aspetti tattili e cinesici).Tutti questi aspetti si riconducono ai contenuti della vita emotiva e affettiva all’interno del complesso gioco delle relazioni umane.I processi di relazione e comunicazione appaiono fondati su rapporti sociali in cui l’adulto (madre o caregiver) svolge il ruolo di fonte di stimolazioni,di contenimento (holding) e di interprete dei comportamenti-segnale dei bisogni manifestati dal bambino .Si può quindi parlare di un sistema di comunicazione circolare adulto-bambino in cui avviene un processo di adattamento e influenzamento reciproco,caratterizzato da un suo specifico aspetto evolutivo.Quando un bisogno è espresso dal bambino (ad esempio nel segnalare la richiesta della poppata attraverso l’uso di vocalizzi o del pianto) si verifica necessariamente un cambiamento anche nell’affetto e nel tono edonico. Si viene a creare una sequenza di eventi con forte pregnanza emotivo-affettiva che è rappresentata come un copione,uno scenario,una rappresentazione di eventi attraverso una configurazione temporale,cioè il profilo nel tempo di questi cambiamenti (il pianto del bambino,la reazione vocale di contenimento della madre,i comportamenti consolatori come il prendere in braccio il bambino ,il 34 cullarlo fino all’offerta del latte,la consolabilità e la coccolabilità del bambino ecc.).Da un punto di vista soggettivo,tutti questi cambiamenti che si verificano insieme sono vissuti e rappresentati come una “forma” affettiva” proprio come una frase di musica polifonica ,in un concerto “a più voci”.(4) La concezione dello sviluppo del bambino come essere che a livello epigenetico si evolve,ci fa riflettere in termini di punti sensibili che coinvolgono tutti gli aspetti delle aree di sviluppo del bambino,compreso quello vocale. Nei primi due anni di vita assistiamo a scatti cruciali nei quali si ri-negoziano e si ri-organizzano fra madre e bambino i vissuti,le aspettative,i desideri,le fantasie ,cioè quelle complesse reti di schemi che stanno alla base di ogni comportamento sociale umano (modi di agire e di pensare) e che Stern (1995) definisce con il termine di “reti di schemi di essere con”.(5) Anche l’espressività vocale contribuisce all’attivazione di tali schemi,manifestando un prosodiche,lessicali,ritmiche,ecc.) contenuto e un contenuto manifesto intrapsichico (scelte ( vissuti emotivi,aspettative,desideri). 3.2 La vocalità del bambino in rapporto alla costruzione del senso del Sé A chi osserva direttamente i bambini,la presenza di fasi di sviluppo non può non apparire evidente. Queste fasi non vengono tuttavia viste come contrassegni rigidi di determinate tappe di conquista che procedono per stadi successivi,ma come modalità attraverso le quali il bambino affronta di volta in volta determinati “punti critici”della sua crescita.L’individuazione di ciò che normalmente viene definito “sano” non serve in questa sede di lavoro a far emergere quelle condotte cosiddette patologiche,ma costituisce una premessa indispensabile per accostarsi ad un 35 atteggiamento terapeutico attraverso il suono e la musica che si rivolge ai bambini e per i bambini,poiché la loro maturazione si presenta come un processo permanente,continuo e globale. In passato si affermava che l’uomo era una sintesi tra filogenesi (ciò che caratterizza l’evoluzione della specie) e ontogenesi (ciò che caratterizza lo sviluppo dell’individuo partendo dal suo patrimonio genetico).Attualmente si preferisce porre l’accento sull’epigenesi,intendendo con tale termine tutta l’organizzazione somatica e comportamentale dell’individuo che si manifesta attraverso una costruzione dipendente sia dal programma genetico di base che dalle informazioni messe a sua disposizione dall’ambiente e dalla relazione con gli altri individui.Appare dunque evidente che il riferimento a determinate competenze che maturano e si riorganizzano nel percorso di crescita scaturisca da esigenze di ordine teorico,metodologico e clinico,congiunti con pressioni di tipo sociale e culturale. (6) Postulare alcune entità clinico-evolutive strettamente collegate con specifiche fasi sensibili,costituisce per il musicoterapista che opera quotidianamente attraverso lo strumento dell’osservazione,un punto di appoggio insostituibile nel cercare di descrivere e nel restituire un senso condivisibile alla “partitura interiore” di ciascun bambino. Cercherò ora di delineare i principali punti sensibili dell’ordine del vocale mantenendo la prospettiva sterniana sul ruolo centrale che occupa la costruzione del senso del Sé da parte del bambino,cioè il modo con cui egli sperimenta se stesso in rapporto con gli altri all’interno di un’esperienza soggettiva che organizza tutti gli eventi interpersonali. Man mano che emergono nuovi comportamenti e capacità essi vengono riorganizzati per formare nuove prospettive soggettive organizzanti il senso del Sé e dell’”altro”. La sfida terapeutica che deriva da queste considerazioni è che il bambino,qualsiasi bambino, cresce e si forma costruendo rappresentazioni di Sé e degli oggetti esterni.L’intreccio e lo scambio sottile che esiste tra queste 36 rappresentazioni,tra le loro idealizzazioni e i loro collassi, costituiscono la trama spazio-temporale del vivere e del conoscere. Ciascun bambino è un soggetto che insegna,cioè immette i suoi segni emotivo-affettivi nell’oggetto, nel tentativo continuo di conoscerlo e riconoscerlo.I processi cognitivi ed affettivi sono inscindibili;l’apprendimento non può essere separato da una attivazione affettiva ed anche una intensa esperienza affettiva contiene in sè l’attivazione di processi percettivi e cognitivi.Il corpo con la sua unità,i suoi stati,le sue azioni,i suoi ricordi e il suo sentire emozionale,è la base della prima organizzazione della realtà per il bambino.Ed proprio dal corpo che scaturisce l’energia sonora dell’espressività vocale : esperienza che agisce nella formazione degli schemi sensoriali e mentali (senti-mentali)del bambino.Molte ricerche si sono concentrate nell’investigare il potere del suono sulla persona;si tratta ora di rivendicare il potere della persona sul suono e della persona su se stessa attraverso il suono( il proprio suono-voce)e la relazione con l’”altro”. Lo sviluppo della vocalità del bambino inizia già durante il periodo prenatale. Il vissuto sonoro prenatale è fortemente influenzato dalla voce materna,uno stimolo sensoriale e neuroaffettivo irrinunciabile :le sue proprietà sinaptogeniche organizzano e attivano il sistema neurovegetativo e le strutture cerebrali del nascituro a partire dalla stimolazione diffusa della pelle e dell’orecchio interno. Secondo gli studi di Tomatis (1972,1987,1992) la colorazione timbrica e melodica della voce materna oltre ad essere veicolo di emozioni e affetti,crea una continuità tra la comunicazione intrauterina e la formazione di tutte quelle strutture che nel tempo si attiveranno per lo sviluppo del linguaggio. La diade madre-feto,durante il suo intero decorso,vive sempre all’insegna di condotte multisensoriali e pluridimensionali : è attiva sul piano termico,è viva a livello muscolare,vibro-tattile,uditivo.Usando le parole di Tomatis (1987): 37 “L’orecchio umano,desideroso di ascoltare,prepara dunque l’ambiente fin dai primi giorni della concezione.Esso è primo in tutto,manifestando la sua vitalità nello sviluppo della capacità di comunicazione,comunione. Prepara tutta la sua rete neuronica al fine di registrare ,di fissare il più possibile le tracce delle esperienze fetali,future basi del percorso umano che il bambino dovrà intraprendere dopo la nascita”.(7) Si forma un circuito cibernetico di comunicazione audio-vocale già a partire dal 4°mese di vita intrauterina in stretta relazione con una sensibilità totale,ampia,sinestesica. (8) Ed anche subito dopo la nascita,questo intimo gioco del conoscersi e del riconoscersi attraverso sonorità elettive,proseguirà per far ritrovare al neonato quel clima affettivo che aveva già vissuto all’interno del grembo sonoro della madre.Il neonato riconoscerà la voce che lo aveva intrattenuto. Certo è cambiata,non più distorta e amplificata dalla risonanza ossea e dal mezzo acquatico ,ma il piccolo ne ricorderà la colorazione timbrica,le inflessioni,il ritmo : tracce indelebili che si fisseranno sul profilo della futura competenza comunicativa.All’interno di quella zona psichica che Ster chiama costellazione materna,si avvia il cammino di crescita del bambino.I desideri,le paure,le fantasie,i ricordi,le motivazioni e le relazioni della madre organizzeranno la situazione reale di avere un bambino di cui prendersi cura. (9) Nella costruzione di senso che si associa all’avvio precoce della relazione madrebambino, ed anche all’espressione vocale,sono compresenti le esperienze sia del vivere che dell’essere vissuti. E’il primo pianto alla nascita,dopo che il neonato è emerso dal ventre materno, a segnare convenzionalmente la comparsa della voce nel bambino. Ciononostante,grida di tipo umano da parte del feto nell’utero materno sono state già rilevate.I neonati presentano diversi tipi di pianto (dalla nascita al 7° mese), 38 come ad esempio : segnale alla nascita,caratterizzato da un andamento melodico uniforme o in discesa verso i gravi,solitamente afono,sempre sforzato e stridulo,con colpi di glottide;segnale di dolore altezza,stridulo,duro,rauco,teso;segnale di : fame lunga : durata,acuto melodia in ascendente- discendente,frequenti colpi di glottide;segnale di piacere : andamento melodico piatto ,ipernasalizzazione,mai afono né stridulo,sonoro e rilassato. Già prima dei 2 mesi di vita cominciano a comparire suoni vocalici che accompagnano stati di benessere o malessere (tono edonico).Le grida del neonato e le altre vocalizzazioni sono sempre accompagnate da espressioni facciali e movimenti del corpo.Si riscontrano due classi di vocalizzazioni :vocalizzazioni positive ,associate con un’espressione sorridente (gorgheggi,riso,strilletti) e vocalizzazioni negative , associate a smorfie,tremolio delle labbra e corrugamenti (lamento rauco o morbido); Precocemente il bambino si attiva “intuendo”come un certo fenomeno produca sull’ambiente una certa modificazione. In questa fase il primo senso di sé che il bambino sperimenta è un sé fisico,sperimentato come unità fisica unitaria dotata di una volontà,di una vita affettiva e di una storia propria.Stern afferma che tale senso del sé opera al di fuori di ogni consapevolezza. E’ un senso del Sé esistenziale, definito dall’autore come“senso di un Sé emergente”.(10) Il neonato ricerca stimolazioni sensoriali,manifestando precise inclinazioni e preferenze.Egli risponde alle intonazioni della voce ancor prima di essere in grado ovviamente di comprendere il linguaggio verbale ; mostra un’ampia discriminazione tra differenti patterns di espressione nell’intonazione ed è sensibile a quelli che possiamo definire suoni-carezza :la mano,la guancia,una qualsiasi parte del corpo che accarezza o che è accarezzata si realizza sinestesicamente e quindi 39 anche musicalmente parlando,sulla base di una sonorità liscia,glissata,delicata, contenuta sul piano spaziale e temporale.La “melodizzazione” della voce materna è sinonimo di tutte le dimensioni di moto che la madre-sonora attiva con l’intento di soddisfare i bisogni del neonato. All’interno di questa cornice di forte attaccamento,l’espressività vocale non può altro che attivarsi tramite un con-tatto,ed è quindi per questa caratteristica che potremmo anche dire che ogni suono ha alla sua origine una azione e un conseguente vissuto tattile del corpo-pelle. Ecco che le interazioni madre –bambino saranno caratterizzate inoltre da: suoni-soffio (madre che sospira,fischietta,soffia sulla pelle del neonato);suonipizzico(carattere giocoso di un gesto-suono ritmico,staccato,”birbantello”); suoni-espulsi( pernacchiette,giochi con le labbra,suono del motorino); suoni-dita o palmo ( suoni onomatopeici come “ tic,tacchete,pic”che diteggiano il corpo del bambino,evidenziandone una parte;”senti qui ?”, “ti faccio totò !” :la madre picchietta e tamburella il corpo del piccolo). Si vengono a creare effetti inattesi e di attesa. La “sensibilità materna”in quanto tale,sembra possedere la dote di riportare la madre e le persone che si prendono cura del neonato,al recupero e alla pratica dei linguaggi primitivi,dei segnali primitivi come “attrezzi” più diretti ed utili alla realizzazione e alla comprensione delle varie forme di comunicazione realizzabili con il neonato. E gli “attrezzi” sonori e musicali,nella loro condizione di primordialità,sembrano essere anche quelli più idonei ad un contatto che ha come obiettivo essenziale quello di favorire la vita e la crescita.Il con-tatto sonoro,prima di linguaggi più organizzati e complessi,arriva più in fretta,ed ha la capacità di prendere, di avvolgere e di coinvolgere la vitale corporeità del neonato.Questa primaria espressività vocale,fa parte di quella umana matrice vocale che ha origini molto profonde. 40 E’ sulla base di questa matrice vocale materna che la “nuova vita” sente,di essere compresa all’interno di qualcuno che sa subito agire per il suo bene. (11) Se il bambino è insoddisfatto nel corpo,gli risulta molto difficile sviluppare aspettative stabili verso l’ambiente. Intorno ai tre mesi di vita i bambini mostrano una vera trasformazione.Quando si impegnano nell’interazione sociale appaiono più pienamente integrati.Sembrano affacciarsi alla relazione interpersonale con una prospettiva organizzante che ci fa pensare che abbiano un senso integrato di sé stessi,sotto forma di un corpo separato e compatto e una maggiore capacità di controllo delle proprie azioni.Ciò si realizza in quello che è stato definito da Stern “senso di Sé nucleare”.Esso comprende elementi affettivi peculiari come la presenza del sorriso sociale e di vocalizzi diretti all’”altro” e si basa sul funzionamento di numerose capacità interpersonali. Il formarsi di questo senso del sé nucleare modifica il mondo soggettivo e sociale del bambino poiché apre il campo delle relazioni nucleari. Secondo Stern,il bambino sperimenta in modo più profondo il senso di separazione fisica ma anche il senso dell’esperienza affettiva che lo lega alla madre.L’autore precisa che il termine “senso” opera al di fuori della “consapevolezza”,fraintesa con altri termini come “concetto”o “conoscenza”.Dall’incontro delle modificazioni comportamentali dell’adulto con le predilezioni del bambino,nasce,per quest’ultimo,l’occasione ottimale di percepire quelle costanti comportamentali che servono a identificare il Sé e “l’altro da sé”. Si pone l’occasione al bambino di identificare,attraverso interazioni interpersonali reciprocamente costruite, vere e proprie “isole di coerenza”.(12) Il bambino facilmente si sintonizza a “ far molto con poco”,grazie alle combinazioni con le quali già inizia a giocare.. Egli propriamente si adopera a variare una piccola serie di elementi per creare una più ampia gamma di possibilità.(13) 41 Emerge un vero e proprio sforzo comunicativo e una predisposizione all’esprimere i propri vissuti attraverso “il tema con variazione”.Le vocalizzazioni appaiono in questo periodo meno dipendenti dagli stati fisiologici e si producono due cambiamenti nei rapporti del bambino con l’ambiente sonoro. Il bambino impara ad ascoltare ,cioè a fare più attenzione alla voce umana e a chi la produce.Quando la persona gli parla,volta gli occhi o la testa e lo guarda.Tende inoltre a rispondere (sorrisi,vocalizzi eccitazione motoria)a chi gli rivolge la parola e o la gestualità corporea e mimico facciale. L’adulto è come incoraggiato dallo stesso bambino a rivolgersi a lui con determinate espressioni vocali,in un straordinario gioco di rimandi sonori e affettivi,definito con il termine di baby talk (o maderese) : un linguaggio strutturalmente e pragmaticamente diverso da quello utilizzato per rivolgersi ad adulti o a bambini più grandi e che varia anche a seconda del sesso del bambino(ai “maschietti” si rivolgono sfumature espressive diverse che non alle “femminucce”). Le differenze riguardano i seguenti aspetti: ASPETTO GRAMMATICALE : linguaggio semplificato formato da frasi brevi e semplici dal punto di vista sintattico,ma corretto; ASPETTO LESSICALE : viene utilizzato un vocabolario ristretto,legato in modo diretto a quella che è l’esperienza quotidiana del bambino; ASPETTO PROSODICO : l’intonazione è alta, spesso esagerata,sono presenti alcune peculiarità fonetiche,ad esempio la pronuncia lunga delle vocali; ASPETTO DELL’EFFICACIA COMUNICATIVA : è un linguaggio che evidenzia una notevole ridondanza,cioè le ripetizioni sia complete che parziali risultano frequenti ,le riformulazioni e le parafrasi sono numerose; sono inoltre presenti un numero molto alto di domande e di imperativi;uso delle onomatopee e di caratteristiche fonosimboliche (ad esempio un “tono alto” per indicare qualcosa di 42 piccolo,sottile,svelto,vivace,un “tono basso” per qualità opposte come grande,grosso,goffo,gonfio…); ASPETTO RITMICO : il ritmo di emissione è più lento, le pause tra gli enunciati risultano in media più lunghe rispetto a quelle di una conversazione normale.(14) Le prime funzioni ad emergere intorno a questi aspetti sono quelle di “negoziazione dell’attenzione”, di “espressione delle emozioni” e di “marcatura di eventi”. Gli aggiustamenti e le modificazioni del baby talk da un lato sembrano determinati dall’età del bambino cui l’adulto rivolge la propria attenzione :essi riflettono nell’adulto il livello di sviluppo del bambino,e sono alla base delle sue aspettative circa la capacità di interazione sociale del piccolo.Dall’altro lato risultano essere la risposta alle reazioni che il bambino stesso manifesta rispetto all’espressività vocale che gli viene rivolto. ( 15) L’analisi del baby talk ha una ricaduta concreta nell’approccio musicoterapico in età evolutiva,poiché costituisce inevitabilmente una modalità comunicativa preferenziale di un adulto che si prende cura di un bambino. A partire dal sesto mese di vita si sviluppa nel bambino una nuova prospettiva organizzante soggettiva : scopre l’esistenza di altre menti oltre la sua. L’altro da sé ed il suo sé non sono più connotati solo da caratteri fisici di azione ma includono degli stati soggettivi come i sentimenti,le motivazioni,le emozioni. Questi stati mentali divengono il nuovo contenuto della relazione. Al sé nucleare ed alla relazione nucleare si sostituisce un sè soggettivo ed una relazione intersoggettiva.Nasce cioè la possibilità di leggere gli stati mentali altrui,di conformarsi,allinearsi,sintonizzarsi con essi o contrapporsi ad essi anche se sempre al di fuori della consapevolezza e della possibilità di verbalizzazione. 43 Nell’essere umano si sviluppa dunque un’irrefrenabile tendenza a diventare membro di una collettività,e cioè a far parte del gruppo umano con esperienze soggettive potenzialmente condivisibili. (16) 3.3 L’esperienza sensoriale ed affettiva delle parole-suono La “spinta” alla dimensione intersoggettiva è rafforzata dallo sviluppo dell’espressività vocale e dallo sviluppo psicomotorio del bambino. Poter stare seduto senza gattonamento,permettono sostegno e l’inizio dell’attività motoria del al bambino di iniziare un’ esplorazione del mondo circostante con una certa autonomia. Attraverso una prensione più decisa,il bambino manipola,e spostandosi nello spazio incontra le cose con il suo corpo.Ed è appunto distinguendosi come “corpo proprio”dal resto dell’ambiente circostante che il bambino diventa soggetto.Il corpo non è tanto lo strumento attraverso cui ciascuno di noi si rapporta al mondo,ma è addirittura “ciò grazie a cui vi sono degli oggetti”.(17) Il corpo per il bambino non è solamente uno strumento privilegiato di conoscenza,ma quel luogo originario grazie al quale tutte le pratiche,i linguaggi accadono e si sviluppano.Nel corpo non si fa solo esperienza sensoriale :in esso le esperienze sensoriali fondano l’unità precategoriale del nostro essere nel mondo. 44 Merleau-Ponty (1945) ci ricorda che l’esperienza sensoriale,in quanto forma di esistenza,non può che essere spaziale: ogni sensazione,come coesistenza tra colui che sente e il sensibile,è di per se stessa costitutiva di uno spazio.La spazialità visiva e la spazialità sonora,ad esempio,sono diverse, ma si distinguono solo sullo sfondo di un mondo in comune e non possono entrare in rivalità se non perché aspirano entrambi all’essere totale. Per esprimere questa unità spazio-temporale e sensomotoria del corpo è stato utilizzato il termine di schema corporeo che rappresenta non la semplice somma delle associazioni colte durante l’esperienza,ma una presa di coscienza globale,una forma (Gestalt) anteriore alle parti.Lo spazio corporeo non è uno status a sé,ma un elemento dinamico,è il senso globale del corpo come spazio orientato nel mondo.Nella percezione naturale non è possibile limitare l’esperienza a un solo registro sensoriale,perché essa si riversa spontaneamente verso tutti gli altri : è ciò che intendiamo per percezione sinestesica.(18) Le esperienze uditive,accanto a quelle degli altri analizzatori,comprendenti anche la motricità,conducono dunque il bambino di otto-dieci mesi a non trovarsi “percettivamente impreparato” e a saper applicare alcuni schemi di elaborazione percettiva ai dati grezzi forniti dai vari recettori e “colorare”, con le tinte dell’affettività, l’esperienza vissuta. In questa fase assistiamo all’esplosione della lallazione.Questa fase molto differenziata in ciascun bambino si estende fino alla comparsa delle protoparole. Il fatto che un certo arrangiamento degli organi fonoarticolatori produca sempre un certo suono che si può udire,fa sì che si formi uno stretto legame nel suo cervello tra questo suono e la particolare attività fonoarticolatoria che lo produce. Il bambino è in grado di produrre suoni espressivi che assomigliano al cantato (musical bubbling) e risponde alle sollecitazioni vocali e musicali dell’adulto con movimenti ritmici del corpo,anche se non ancora sincronizzati.La percezione dei suoni linguistici comincia a essere influenzata dalla 45 memoria : suoni e combinazioni di suoni ascoltati con molta frequenza vengono percepiti più facilmente e chiaramente sono dunque preferiti. Suoni come “baubau”,”mamma”,”papà”,”vuoilapappa”,sono riconosciuti da molti bambini di lingua madre italiana e in qualche modo compresi :emerge la memoria per i suoni di determinate parole.La familiarità con i particolari suoni delle sillabe di una lingua inizia ad essere la via principale per la costruzione di un lessico espressivo. Il bambino inoltre è tutto preso dal giocare con i vari suoni che gli escono dalla bocca : “ma”,”ta”,”pa” sono tra i primi suoni ad essere variati ritmicamente e a livello intonativo.(19) Il bambino realizza una interazione sincronica tra ascolto ed esecuzione,che gli permette di esprimere attraverso emissioni di suoni laringei,unitamente ad un gioco di sguardi,posture,movimenti,espressioni del viso,stati emozionali sottolineati con primitive strutturazioni sovrasegmentali di natura ritmico-intonativa. L’attività esplorativa del bambino,iniziata come attività fonatoria di natura riflessa,a tappe evolutive,diviene di natura propriocettiva all’interno di un immediato sincretismo fra azione motoria ed eccitazione emozionale,affettiva,ludica,che si esercita in procedimenti adattativi-creativi con le figure parentali in primo luogo e via via,con altri adulti e coetanei. I modelli sonoro familiari,nonché l’affettuosa attenzione con cui essi si esplicano sul piano emozionale,hanno un’influenza capitale non solo per lo sviluppo vocale e musicale ma soprattutto per lo sviluppo psico-affettivo del bambino.In questa fase inoltre il bambino diventa timoroso e scoppia a piangere nei confronti di persone (e voci) non familiari.(20) Come direbbe Stern si configurano nuove “reti di schemi di essere con”.Quando l’impulso e il desiderio di esprimere qualcosa attraverso, ad esempio l’uso della voce vengono attivati nella situazione interpersonale,ciò crea 46 soggettivamente una struttura di tipo narrativo. Man mano che l’evento motivato procede verso il suo obiettivo,genera un linea di tensione,che è un tratto temporale essenziale nella struttura di tipo narrativo,oltre che una modalità percettiva (eventofase di crisi-risoluzione). Questa linea di tensione è creata dallo sviluppo temporale degli eventi :si crea una sorta di prototrama con un agente,un’azione,una strumentalità,una meta e un contesto. E’ ciò che Stern chiama involucro protonarrativo: un involucro temporale,oltre che un involucro di eventi,ma soprattutto un involucro che si collega con gli schemi affettivi del bambino. (21) Nell’interazione con l’altro il bambino inserisce un terzo elemento rilevante: l’oggetto-gioco ; tale oggetto può essere un oggetto di uso quotidiano (il cucchiaio,la copertina,ecc.),un giocattolo vero e proprio (la palla,l’automobilina,il pupazzo,la torre di cubi,ecc.) o un oggetto sonoro ( l’espressività vocale oppure oggetti che divengono veri e propri strumenti musicali non convenzionali:battere il cucchiaio sul ripiano del seggiolone,il “tai tai tai”ritmico che può uscire come suono vocale di accompagnamento a tale azione). Tutti questi fenomeni si configurano come una specie di glossolalia ludica : questo pone in luce la spiccata sensibilità che i bambini mostrano per le qualità espressive della sostanza fonica del linguaggio.Mentre l’adulto ha in genere verso la parola un atteggiamento funzionale ed utilitaristico (cioè la considera essenzialmente per il suo valore convenzionale di scambio),i bambini appaiono più attenti alla sua superfice sonora,alle sue potenziali evocazioni sinestesiche e ai tratti melodici e intonazionali del discorso. In particolare l’atteggiamento dei bambini mostra un certo rifiuto dell’arbitrarietà del rapporto significante/significato e un preciso bisogno di motivare a livello sensoriale la parola. La coscienza linguistica del bambino in questa fase sino alla fase delle prime parole è profondamente antiarbitraria ma bisognosa di regolarità e sempre in attesa di incontrare strutture e 47 forme musicali dense di evocazioni e trasparenti al significato. Di conseguenza è anche nella natura arbitraria della lingua che risiede una delle difficoltà dell’acquisizione e l’apprendimento si configura come una graduale “resa” alla mancanza di relazione analogica tra espressione e contenuto.Questa “resa”vedremo più oltre, come risulti estremamente complessa e costantemente “minata” nel bambino con disturbo generalizzato dello sviluppo. I costrutti teorici che meglio interpretano tale atteggiamento del bambino sono quelli di realismo nominale (Piaget,1926) e di percezione fisiognomica della realtà (Werner,1953).Secondo Piaget,il bambino non considera la parola come una semplice etichetta collegata arbitrariamente alla cosa designata,ma le attribuisce una realtà sostanziale,cioè la percepisce come uno degli attributi della cosa,come intrisa di qualità oggettuali (la parola “sole” è calda,la parola “luce” è luminosa,ecc.).Analogamente,secondo Werner,il bambino è caratterizzato da una specifica attenzione alle qualità espressive delle cose e alla loro capacità di evocare risposte emozionali ed estetiche,e ciò vale anche per quegli oggetti particolari che sono le parole. (22) Questo “sentire” sensoriale –emozionale- motorio del bambino lo si nota in modo particolare nell’uso delle onomatopee per designare,o meglio per evocare persone,animali,oggetti e situazioni attraverso un’alchimia straordinaria che miscela sapientemente gesto,espressività del volto e suono vocale. Il bambino “marca” gli eventi che vuole mostrare (ad esempio “bum” se cade qualcosa, “amm” quando mangia,”brum” quando spinge i giocattoli), denomina animali,oggetti e giochi con suoni corrispondenti che evocano “la cosa” (“baubau” è il cane , “zzzzz”è la zanzara, “ brumbrum” il motorino, “dodo” è l’orsacchiotto,ecc.). Siamo ancora in un ambito simbolico privato e soggettivo,intimamente legato all’esperienza vissuta dal bambino e alla lingua madre a cui si trova “esposto”. Già in questa fase troviamo in alcuni casi alcune somiglianze interculturali (per designare azioni come 48 ad esempio mangiare la pappa,fare pipì,andare a dormire)ma anche alcune differenze (un esempio può essere rappresentato dal fatto che le madri italiane usano il termine “nanna” per riferirsi al dormire,mentre le madri francesi usano il termine “dodò”). Per “dialogare” con un bambino che si trova a vivere questo livello espressivo occorre conoscere il suo mondo. Il rischio è che ci veda come impacciati e buffi interlocutori che non capiscono nulla di ciò che lui molto efficacemente ci sta comunicando. Di solito gli adulti “abili interlocutori” si rivolgono ai genitori del bambino per avere, in tempo reale, informazioni sul “codice”. Nella fase della raccolta di informazioni intorno ad un bambino che inizierà un percorso musicoterapico (la cosiddetta anamnesi sonoro-musicale),diviene di massima importanza conoscere, attraverso le figure familiari ed educative,queste modalità espressive intime e private che regolamentano in qualche modo l’interazione del bambino con il suo mondo degli affettivo di riferimento. A partire dai dodici mesi di vita,gli schemi percettivi unitamente a quelli motori sempre più sofisticati (passaggio dalla deambulazione sorretta a quella autonoma,prensione degli oggetti con modalità “a pinza”),portano il bambino a orientare l’attenzione verso alcune proprietà acustiche e a tralasciarne altre.Lo spazio acustico viene così in una certa misura distorto,e in parte filtrato dalle abitudini di elaborazione indotte dalla familiarità con una particolare lingua. La conseguenza più evidente di queste abitudini è che la lingua “suona” di meno e “parla” di più. (23) Nell’esperienze sonoro-musicali all’interno del setting musicoterapico con i bambini affetti da DGS ci si rende conto come in realtà la lingua continui a “risuonare”,rendendo possibile un “aggancio” emozionale con il materiale vocale e sonoro proposto dal bambino anche se la sua costruzione lessicale (“il patto 49 d’acciaio” fra significante e significato) rimane una zona vulnerabile e sensibile a mille interferenze. Vorrei mettere in evidenza come questo “magico” periodo di piacere per sonorità strane e bizzarre,rime, assonanze, ripetizioni, slogan,creazione di neologismi sia un punto sensibile nell’ambito di qualsiasi evoluzione,sia essa armonica che disarmonica. Peraltro ripetizioni,assonanze nonsense fonetici sono diffusi nelle ninnananne,nelle filastrocche e in tutte le canzoni che si rivolgono ai bambini di ogni cultura.Accanto all’invenzione di singole parole non è raro osservare nei bambini veri e propri linguaggi privati, nei quali le caratteristiche espressive del materiale fonetico giocano un ruolo centrale.Tutte le culture sembrano andare incontro a queste peculiarità sonoro-musicali che contraddistinguono l’espressività vocale dei cuccioli d’uomo di ogni parte del mondo. Suoni “risonativi chiusi” (M/N) e suoni “esplosivi”che si scaricano verso l’esterno (P/B e T/D) si alternano in colorazioni musicali contraddistinte da un lato da un colorito emotivo centripeto (l’attrarre a sé materno,l’abbracciare,il nutrire, il riscaldare e il rincuorare dei suoni nasali) e dall’altro dal valore centrifugo ,che “getta fuori”,indica,respinge,allontana o designa il mondo esterno. (24) In questo momento di scoperta di differenziazioni non solo sonore, ma anche di significato, il bambino,seguendo sempre l’ottica sterniana, inizia a raggiungere il senso di un sé verbale ed opera nel campo di relazioni che divengono anche verbali. Tra i quindici e i diciotto mesi questa nuova prospettiva di un senso del sé verbale si basa sulla capacità del bambino di avere già fatto una personale esperienza conoscenza del mondo e di poterla oggettivare ed esprimere per simboli comunicativi e linguistici. Il bambino raggiunge inoltre la capacità di oggettivare il sé,di essere autoriflessivo,di comprendere e produrre in modo sempre più sofisticato il linguaggio verbale.Intuisce il rapporto di causa-effetto e inizia, nella sua mente,ad 50 acquisire l’unificazione di passato,presente e futuro. Poiché l’esperienza del bambino è attiva,gli aspetti dinamici costituirebbero la parte più potente di ciò che egli viene a sapere sulle cose di cui fa esperienza. (25) I cambiamenti motivazionali,le immagini visive,i mutamenti affettivi,le sensazioni,i comportamenti motori,il linguaggio,lo spazio,il tempo e così via vengono tutti processati simultaneamente in parallelo in tutti i centri della mente,oltre che nelle aree specializzate destinate al processamento di ciascuno di essi.Il processamento in parallelo di ciascun schema viene realizzato con operazioni mentali di livello inferiore,che sono inconsce. Il risultato,suggerisce Stern,è una sorta di pandemonio mentale,dovuto all’attivazione simultanea di molti centri diversi come se fossero tanti personaggi in cerca d’autore. E dall’azione reciproca,dalla coordinazione e dall’integrazione di questi processi di livello inferiore e alla loro “messa in rete”,emerge un evento mentale più globale : una proprietà emergente della psiche,che ha coerenza e senso nel contesto in cui emerge. Emerge l’idea fondamentale che gli eventi umani interattivi siano percepiti e tradotti subito in termini di significati,anche se inizialmente primitivi. (26) Il successo delle prime forme di comunicazione richiede un contesto familiare e comune per aiutare soprattutto il bambino a rendere chiare le intenzioni comunicative. Bruner (1983) insiste sull’importanza fondamentale del “contesto” in cui avvengono le interazioni verbali e non verbali fra madre e bambino.Il “testo” è ciò che è nelle parole,il “contesto” è ciò che resta di quello che riguarda l’interpretazione delle parole, “ciò che resta” includendo sia parole che non parole.Il contesto operativo non può essere considerato come un dato,come semplicemente qualcosa che “si trova li”.Il contesto per il bambino viene creato,scelto e costruito nell’interazione fra bambino e adulto che si prende cura di lui.La dimensione “speciale” che offre Bruner per tali contesti d’interazione è quella dei 51 formati. I formati sono contesti “speciali” d’interazione, preselezionati e precostituiti dalla madre per il bambino. Essi ritualizzano,predispongono in senso emotivo,affettivo e quindi motivazionale il bambino . Creano un centro d’interesse intorno a qualcosa o qualcuno. I formati sono contesti giocosi e creativi : restano, anche se di volta in volta leggermente variati,facilmente riconoscibili e molto controllabili.Essi richiamano l’attenzione comune,l’alternanza dei turni e una struttura di sequenze.(27) Molte canzoncine per bambini,soprattutto quelle provenienti da salde tradizioni culturali, ripropongono in una “forma felice” formati d’interazione efficace fra adulto e bambino. Basti pensare al Girogirotondo,che ripetuto e scandito dalla voce che canta, attrae il bambino sul girare in tondo , sorretto e protetto nel tenersi per mano con l’adulto con il quale condividere l’effetto incantatorio che tale azione produce .Inoltre il cambiamento posturale dalla stazione eretta al “buttarsi giù per terra”, crea una libertà d’azione “vigilata” dall’adulto, che può decidere se lasciare o meno la presa delle mani del bambino ,ma produce libertà anche nel bambino, poichè,sentendosi sufficientemente sicuro,può decidere se lasciare la presa per precipitare a terra senza timori. Già dai due anni di vita esce lo spontaneo canterellare , il canto di sillabe o di alcune parole che accompagnano un’azione.Il bambino inizia poi a cantare frasi di canzoni,generalmente non nel tono giusto;si diverte per tutto ciò che è ritmico (la barca che dondola,l’oscillazione o la sedia a dondolo). Questi movimenti spesso stimolano il canto spontaneo: si registrano anche risposte motorie ritmiche (oscillare delle braccia,inclinare la testa,picchiettare i piedini)e l’accenno a danzare.Il suo vocabolario contiene ora più di 50 parole ed ha inizio la combinazione di più parole in una frase . Già verso il terzo anno di vita ,molti bambini sanno produrre interi canti,generalmente anche a tono. Inizia inoltre il 52 piacere del cantare in un gruppo di coetanei. C’è il riconoscimento di parecchie melodie.Quando non conosce le parole di un canto,il bambino le sostituisce con suoni vocali leganti. Esplora gli oggetti che gli stano intorno cercandone gli aspetti sonori,non solo attraverso azioni come sbattere,scuotere,battere con qualcosa,pizzicare,ma accennando di sincronizzare il movimento con la pulsazione ritmica ad esempio di una musica che ascolta.In questa fase spesso il bambino ama produrre sonorità forti ed esplosive; galoppa,salta,cammina e corre seguendo la pulsazione ritmica di un brano. All’età di quattro anni aumenta il controllo della voce. Il bambino è interessato in modo più forte agli aspetti di drammatizzazione dei canti . Crea canti durante il gioco. E’ capace di percezioni più analitiche e di rispondere con attività vissute in modo più preciso,discriminato e maggiormente adatto alle richieste ambientali. Inizia a riconosce ed apprezzare un vasto repertorio di musiche e di canti.Il canto è spesso corretto per quanto riguarda l’intonazione e l’intensità. Il linguaggio è ormai acquisito: le deviazioni del modello adulto sono più di stile che di grammatica.A cinque anni , con l’ulteriore maturazione percettiva,associativa e linguistica si sviluppa in maniera notevole il campo gnosico,sui piani sia corporeo,che spaziale,che spazio-temporale.Il bambino è in grado di sostenere motoriamente una coreografia di danza ben precisa e di esprimere con il corpo una sorta di narrazione espressiva.Ed è ciò che può fare anche attraverso la magia delle parole:può raccontare in prima persona gli avvenimenti e le esperienze che gli capitano. In altre parole può tessere una narrazione autobiografica.(28)Una narrazione non consiste semplicemente nel saper dare un nome alle cose,ma implica una visione e un’interpretazione del mondo delle attività umane sotto forma di un racconto unificante.E’ la “storia” a prendere prepotentemente il sopravvento e a caratterizzare quanto si è osservato,quello che è “successo”.La possibilità di comprendere le 53 attività e i vissuti degli esseri animati e non,sotto forma di intrecci psicologici ,è uno degli aspetti della maturazione neuropsicologica del bambino.Poiché la costruzione e la narrazione di storie rappresentano una costante in ogni tipo di cultura,e una tappa obbligata per tutti i bambini,viene spontaneo pensare, secondo l’autorevole visione di Stern, che la capacità di costruire storie sia patrimonio comune della razza umana. (29) Pensare attraverso storie significa poter costruire relazioni,creare legami.La musica,intesa come umana esperienza,appare eminentemente fondata su questa possibilità di mettere in relazione qualcosa con qualcos’altro. Storie narrate che creano le fiabe per bambini,storie cantate che creano i canti che si rivolgono ai bambini. Anche se con risultati sonori molto diversi,le tante culture “cantanti” sparse per il mondo,vivono la pratica del canto come uno dei più istintivi momenti per realizzare il prendersi cura dei più “piccoli e indifesi”. L’intonazione di un canto non rappresenta solo un processo funzionale al raggiungimento di uno stato di armonia sonora,ma soprattutto rappresenta la ricerca di uno stato di armonia di natura affettiva. Oltre all’intonazione della voce e delle voci,potremmo parlare di intonazione dei sensi,dei sentimenti,delle qualità,delle affinità e delle diversità,(30) che rappresentano in modo tangibile quell’intonazione emotiva e affettiva che Stern designa con il termine di sintonizzazione affettiva.Le madri di tutte le culture contattano naturalmente,in modo spontaneo e creativo, il proprio bambino attraverso una voce che si intona su quel loro bambino.Vedremo come questi processi di significazione dell’”essere con l’altro”abbiano una valenza insostituibile nel prendersi cura dei bambini attraverso una relazione d’aiuto centrata sull’esperienza vocale e sonoro-musicale.Il cercare di integrare la prospettiva dell’evoluzione del vocale accanto all’evoluzione del Sé nella vita del bambino rappresenta un tentativo speculativo per poter concretizzare nella prassi musicoterapica un approccio che fonda il suo intervento nell’improvvisazione 54 sonoro-musicale,ma che non si improvvisa nel tentativo terapeutico,professionale ed umano,di aiutare un’altra persona ad esperire il proprio Sé nella relazione con l’altro, con il proprio mondo interno ed esterno,con modalità positive e gratificanti. Note al capitolo terzo (1) M.Heidegger (1927),Essere e tempo,Longanesi,Milano,1976,cap.II (2)G.M.Rossi,Voce e persona,aggiornamento 2001 alle dispense Voce e comunicazione,Corso Quadriennale di Musicoterapia di Assisi,pp.3-4. (3)F.Giberti/R.Rossi,Manuale diPsichiatria,Piccin,Padova,1996,p.15: l’aggettivo biopsicosociale definisce e raccoglie tutte le componenti dell’organismo (sano o malato) in rapporto all’ambiente,cercando di evitare la prevalenza unilaterale di metodi e interpretazioni del comportamento umano ,accettandone le diverse variabili (eziopatogenetiche,cliniche e terapeutiche). (4) D.N. Stern in (a cura di) M.Ammaniti e D.N. Stern, Fantasia e realtà nelle relazioni interpersonali,Laterza,Bari-Roma,1995,pp.68-69. (5) D.N.Stern,La costellazione materna,Bollati Boringhieri,Torino 1995,p.75 (6)cfr. D.N.Stern,Il mondo interpersonale del bambino,op. cit.,pp.39-40 (7)A.Tomatis(1987)L’orecchio e la vita,Baldini & Castoldi,Milano,1992,p.332. (8) A.Tomatis, (1987),L’orecchio e la voce,Baldini & Castoldi,Milano,1993,cap.IV. (9) D.N.Stern,La costellazione materna,op.cit.,p.cap.XI. (10) ibidem,Il mondo interpersonale del bambino,op.cit.,pp 53-58. (11) M.Spaccazocchi/P.Stauder,Musica in sé,Quattro Venti Ed., 55 Urbino,2002,pp.33-34 e 40-49. (12)D.N.Stern,Il mondo interpersonale del bambino,op. cit.,pp.85-86. (13) J.Bruner,Il linguaggio del bambino,op.cit.,p.25. (14) A.Guzzoni,La vocalità del bambino, relazione tenuta durante il Corso di Aggiornamento Settembre 2002,presso il Centro Riabilitativo-Terapeutico “Casa del Sole” di Mantova,atti del Corso, p.8. (15) (a cura di ) L.Lena,I disturbi del linguaggio nella prima infanzia :per un approccio integrato,Atti del Convegno ULI,Ed.Del Cerro,Trieste,1995,pp.39-40. (16) D.N.Stern,Il mondo interpersonale del bambino,op.cit.,p.145-146. (17)M.Merleau-Ponty (1945),Fenomenologia della percezione,Il Saggiatore,Milano,1972,p.143. (18) ivi,p.154 , p.306. (19) (a cura di ) M.Orsolini,Il suono delle parole- Percezione e conoscenza del linguaggio nei bambini,La Nuova Italia,Milano,2000,p.4 (20) S. Ginevra in (a cura di) G.Belgrado ,Il bambino dal suono alla musica,Giunti & Lisciani Editori ,Teramo,1987,pp.81-82. (21) D.N.Stern, La costellazione materna,op.cit.,pp.94-97. (22) F.Dogana,Le parole dell’incanto –Esplorazioni dell’iconismo linguistico,Franco Angeli,Milano,1990,pp.321-322. (23) (a cura di) M.Orsolini,Il suono delle parole,op.cit.,p.17-18 (24) F. Dogana,Le parole dell’incanto,op.cit.,p326-327. (25) J.Bruner,Il linguaggio del bambino,op.cit.,p.31. (26) D.N.Stern,La costellazione materna,op.cit.,p.95 (27) J.Bruner,Il linguaggio del bambino,op.cit.,p.98-99. (28) A.Guzzoni,La vocalità del bambino,op.cit.p.6. 56 (29) D.N. Stern (1990),Diario di un bambino,Ed. Oscar Saggi Mondatori,Milano,1999,pp.145-147. (30) Cfr. B.Streito,Intonazione e accordatura di un gruppo vocale,in (a cura di)L.M. Lorenzetti/ F.Suvini,Prospettive in musicoterapia,Franco Angeli,Milano,2001.pp.88-90 e con M.Spaccazocchi,Musica Umana Esperienza,Ed.QuattroVenti,Urbino,2000,pp.11-13. PARTE SECONDA : IL SIGNIFICATO DELL’ESPRESSIVITA’ VOCALE NEL TRATTAMENTO MUSICOTERAPICO DI BAMBINI CON DISTUBO GENERALIZZATO DELLO SVILUPPO (DGS) Capitolo Quarto IL CONTESTO DELL’ESPERIENZA 4.1 L’esigenza di aprire un focus di studio sulla vocalità L’esigenza di aprire un focus di studio intorno all’ordine del vocale nasce dall’esperienza personale maturata in diversi anni di lavoro con bambini affetti da DGS. Una musicoterapia che si rivolge all’età dello sviluppo non può prescindere dallo studio costante dello sviluppo del bambino. Studiare tale sviluppo, significa cercare di conoscere come e perché gli organismi umani crescono e si modificano nel corso della vita. Uno degli scopi che si propone lo studio dello sviluppo è quello di individuare le modificazioni universali,quelle,cioè.che si verificano in tutti i 57 bambini,a prescindere dalla cultura in cui crescono ,dalle esperienze che fanno,dalla presenza di eventuali disabilità. Un altro compito della psicologia dello sviluppo è quella di spiegare le differenze individuali,centrate sul rispetto dell’individualità e delle influenze ambientali,le eventuali problematiche in ambito neuropsicologico,motorio-prassico,sensoriale o affettivo-relazionale. Il lavoro d’équipe e la supervisione consentono la continua raccolta e la rielaborazione degli elementi che caratterizzano la situazione di ciascun bambino,in una prospettiva dinamica,poiché rappresenta la sintesi della storia personale del passato,del presente e degli investimenti futuri di quel bambino. La mia visione personale nei confronti della musicoterapia integra le definizioni di Postacchini (1995) e Benenzon (1995,1997): la musicoterapia è una tecnica mediante la quale un operatore qualificato facilita l’attuazione di progetti d’integrazione spaziale,temporale e sociale dell’individuuo attraverso strategie di armonizzazione della struttura funzionale dell’handicap,per mezzo dell’impiego del parametro musicale;tale armonizzazione viene perseguita con un lavoro di sintonizzazioni affettive,le quali sono possibili e facilitate grazie a strategie specifiche della comunicazione non verbale. La musicoterapia dunque è una modalità di approccio sensoriale e affettivorelazionale che utilizza l’elemento sonoro-musicale per aprire ed esperire nuovi canali di comunicazione. Questa prospettiva pone al centro dell’intervento il bambino nella sua globalità,indipendentemente dai suoi disagi o disabilità.In musicoterapia la relazione terapeutica comprende le interazioni fra il soggetto,il mondo sonoro e il musicoterapista. Ciò significa considerare l’elemento sonoro-musicale non tanto terapeutico per se stesso,ma come mezzo espressivo privilegiato per entrare in relazione e comunicazione con l’Altro. All’interno di questo inquadramento teorico, 58 il mio intervento musicoterapico si è rivolto a venti piccoli pazienti, in età compresa fra i 4 e i 9 anni, affetti da esiti di cerebropatie infantili con diverse tipologie e gradi di gravità per un periodo di circa tre anni. Sei di questi bambini presentano disturbi della comunicazione e della relazione e sono inquadrabili all’interno delle categorie diagnostiche dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (DSM IV) e dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (ICD 10). Accanto ad interventi riabilitativo-terapeutici come l’idroterapia,l’ippoterapia e la logoterapia,ho potuto riscontrare l’impatto peculiare che la musicoterapia assume nel Trattamento Terapeutico Individualizzato. Storicamente la “forma” di una terapia dipende in gran parte dal materiale clinico evidenziato sulla base di diverse teorie ,diversi approcci metodologici,applicativi e dal contesto globale in cui avviene l’incontro tra teoria e materiale clinico. In effetti, le cure di cui il bambino fruisce, dipendono dal luogo e dal suo clima,non solo in senso spazio-temporale e meteorologico,ma anche in senso di “sensibilità terapeutica”,dal modo di essere degli adulti,dalla loro formazione professionale,che diventano effetto e causa del modo di considerare il bambino in quel determinato momento storico. Da diversi anni sono spronata nel cercare di avere costantemente uno sguardo d’insieme sullo “stato dell’arte” della musicoterapia e di tutte le discipline ad essa collegate .Emergono approcci multiformi e poliedrici, ma che comunque insistono nel cercare di dare nuove risposte terapeutiche, aggiornate con i nuovi campi di ricerca e di indagine ,per il bambino e per le sue relazioni durante un periodo così straordinario come quello dell’età dello sviluppo. Il “contenitore” che raccoglie la letteratura musicoterapica intorno al problema delle psicosi infantili e dell’autismo è sicuramente ricco e abbondante di materiali,ma la sensazione che si prova nella relazione d’aiuto che si apre a questi bambini,è quella di dover sempre ri-cominciare da capo. Tutto ciò comporta un modo di porsi nei confronti dell’”oggetto”di riflessione 59 (fenomeno,evento,situazione,persona,ecc.) con modalità che rispettino la sua particolarità ed unicità. Nel caso di interventi musicoterapici che si rivolgono a bambini con DGS ,la prospettiva rimane quella di considerare sempre il bambino in tutte le sue potenzialità e risorse,nei suoi aspetti problematici e patologici,in una visione globale e complessiva. E’ questa un’impostazione riabilitativo-terapeutica che non trascende dall’intervento sull’individuo,ma che lascia aperti spazi alla conoscenza del funzionamento psichico in generale,al di là della cronicità o ineluttabilità di un quadro clinico.Il presente lavoro di riflessione sulla prassi musicoterapica ,si è configurato sia con lo scopo di aiutare questi bambini all’interno di una relazione d’aiuto che si mantenga sempre viva e rigenerata dallo studio, sia nel cercare di delineare alcune costanti secondo un quadro di riferimento teorico psicodinamico e fenomenologico,che non si irrigidisca su certe posizioni prese ma che possa intervenire in senso multifocale indicando una strutturazione capace di integrare e integrarsi,non solo di assimilare : un quadro di riferimento che “adotta” e non “subisce” nel dialogo con le diverse discipline. Fra le tante possibilità di scegliere e “centrare “ un particolare aspetto da indagare nell’ambito di “fare musicoterapia” con bambini affetti da DGS ,(cio’ che nella ricerca clinica viene definito“to focus on the problem”)non è affatto casuale la scelta del tema della vocalità. Ciò scaturisce non solo da un’interesse personale che mi ha sempre affascinata,ma per la pregnanza e la rilevanza di significati che assume la vocalità nelle relazioni interpersonali con questi bambini,all’interno del setting musicoterapico;l’ipotesi di fondo che anima il mio modo di operare, è che vi siano forti possibilità di “aggancio” nei loro confronti attraverso l’uso della voce.La storia musicoterapica di questi bambini mette in luce come,nonostante tutte le problematiche legate a strumenti comunicativi e relazionali atipici,rimanga il bisogno e il desiderio di comunicarsi attraverso una modalità che è peculiare della 60 comunicazione umana: l’uso della voce.Il musicoterapista che utilizza con diverse modalità il corpo,il movimento,la voce,gli strumenti musicali nella relazione d’aiuto rivolta a questi bambini deve aprirsi al nuovo,al molteplice,con la consapevolezza che per tutti i bambini di questo mondo la voce rappresenta ,insieme al contatto corporeo,la prima fonte di contenimento,attivazione e rassicurazione. La voce innesca immediatamente nel qui ed ora una sorta di auto-presentazione e autoaffermazione di una soggettività che contatta l’altro,in tutta la sua fisicità e in tutte la sue tonalità affettive e faccia scaturire “un sentire (l’aisthesis) che è sempre un risentire,cioè un sentir-si-sentire :o meglio,se si preferisce,il sentire o è soggetto,o non sente. Ma forse è sul registro sonoro che questa struttura riflessa si espone con maggiore evidenza,e comunque si propone come struttura aperta,spaziata e spaziante (cassa di risonanza,spazio acustico,scarto di un rinvio) e al tempo stesso come incrocio,mescolanza,effetto di copertura del rinvio dal sensibile al sensato,e agli altri sensi”. Proseguendo con le parole del filosofo J.L.Nancy (2004) “il senso e il suono condividono lo spazio di un rinvio e questo spazio può essere definito come quello di un sè,o di un soggetto”. (1) Questa ricerca di un terreno condivisibile di senso e significatività nella musicoterapia avviene in uno spazio-tempo privilegiato e monitorabile per le sue caratteristiche strutturali. All’interno di una musicoterapia che si rivolge a bambini con DGS, è più che mai indispensabile attrezzarsi come terapisti ad un uso sempre più consapevole, e perciò più efficace, del mezzo vocale,”diaframma” fisico e psichico tra mondo interno e mondo esterno. Nei quattro esempi rappresentativi che ho scelto di descrivere in questo lavoro, emergerà come anche in quadri disarmonici non vi sia mai nel bambino la rinuncia di “mettersi in gioco”,non solo in senso metaforico,attraverso l’espressività e l’ascolto della voce,rivendicando spesso un’indipendenza rassicurante dell’ordine sensoriale e percettivo del sonoro rispetto al linguaggio verbale,ma che nella 61 specificità della sfera vocalica consegna comunque un senso alla parola,sua destinazione essenziale e privilegiata. In quest’ottica di studio la vocalità può innescare delle intersezioni strategiche proficue e feconde fra una musicoterapia e una logoterapia le cui finalità,seppur nella specificità dei propri disciplinari,concorrono a rafforzare il progetto interventi riabilitativo-terapeutico individualizzato più generale. Parte fondamentale dell’odierna definizione dei DGS è la grave alterazione della reciprocità sociale ed una frammentazione del senso del Sé. Il mondo delle psicosi e dell’autismo infantile rimane una complessa costellazione : l’evoluzione storica dei concetti ha comunque spostato il baricentro da una prospettiva psicogenetica ad una prospettiva che ritiene che in tali quadri sia presente un danno di natura biologica,pur non essendo stati ancora individuati indicatori etiologici e patogenetici che possano considerarsi come markers specifici del disturbo. Il modello d’inquadramento di tali problematiche è quello biopsicosociale.La qualità delle interazioni precoci tra madre e bambino è spesso alterata. La depressione materna di fronte a un bambino che fatica ad attaccarsi al seno,che ha ritmi sonno-veglia alterati,che presenta un linguaggio ed una gestualità bizzarri,creano linee di frattura all’interno di tutto il sistema familiare che si occupa del bambino. La scommessa riabilitativo-terapeutica non deve perdere d’occhio le potenzialità più o meno evidenti di quella madre con il suo bambino. La musicoterapia si inserisce in quella rete di relazioni e non può prescindere dalla loro storia. (2) 62 4.2 Il disegno della ricerca : il contributo dell’infant research nel trattamento musicoterapico di bambini con Disturbo Generalizzato dello Sviluppo Accanto alla prassi musicoterapica ho avvertito, in questi anni,la necessità di raccogliere dati intorno al focus della vocalità nell’intento di capire, descrivere ed analizzare le modalità d’interazione vocale dei bambini all’interno del setting musicoterapico, con una particolare attenzione rivolta a quei bambini che presentano gravi disturbi della comunicazione e della relazione.Non sapevo precisamente cosa stavo cercando. L’analisi dei dati non poteva comunque iniziare necessariamente dopo averli raccolti tutti,soprattutto quando si lavora in un ottica psicodinamica,fenomenologia e che procede ,per alcuni aspetti,con le caratteristiche della grounded theory. Nel processo di ricerca tipico della grounded theory infatti le teorie sono “versioni del mondo” preliminari e relative,destinate ad essere rinforzate ed elaborate nel corso del processo di studio. Questo non comincia dal nulla,ma da alcune idee sentite con vibranti con il proprio modo di operare. Ovviamente ciò che mi attrae della grounded theory è la sua metodologia di approccio alla ricerca che può essere definita “circolare”. La circolarità è un punto di forza,perché costringe il musicoterapista a riflettere costantemente sull’intero processo musicoterapico e sulle sue fasi di accertamento e valutazione,alla luce della raccolta dei dati e della loro interpretazione.Lo stretto legame tra raccolta e interpretazione dei dati da un lato,(interpretazione intesa in musicoterapia come possibilità di dare significazione al dato in senso fenomenologico,legato alla soggettività del bambino e alla relazione creatasi con il musicoterapista all’interno del setting) e la selezione dei “materiali oggettivi” dall’altro (il materiale vocale e sonoro –musicale, registrato attraverso varie procedure come protocolli,registrazioni audio e audiovideo) consente al 63 musicoterapista di valutare l’adeguatezza della propria metodologia di lavoro,delle categorie di osservazione e dei riferimenti teorici. (3) Questo complesso processo non avviene in solitudine,ma nel mio specifico caso,con modalità che prevedono uno scambio formativo e informativo costante attraverso i momenti di supervisione,di équipes multiprofessionali e nei momenti riservati al dialogo con i genitori del bambino in terapia. Questa circolarità di modi di “sentire” e “vedere” le cose permette di inquadrare l’andamento del processo comunicativorelazionale in corso,considerando le dinamiche intra ed extra setting. Due sono stati gli sforzi iniziali di questo percorso : in primo luogo la ricerca di criteri di analisi delle interazioni della diade bambino-musicoterapista ; in secondo luogo la ricerca di criteri descrittivi del materiale vocale e sonoro-musicale prodotto all’interno del rapporto dinamico bambino-musicoterapista,per cercare di individuare gli elementi fenomenologici specifici e indicativi di una relazione caratterizzata da una compartecipazione degli stati emotivi. (4) All’interno di un modello integrato di musicoterapia,ho cercato di convogliare l’apporto dell’infant research nell’approccio musicoterapico di R.O.Benenzon. Il contributo dell’infant research così come configurato da autori come B.Beebe e F.M. Lachmann (2002) può costituire,a mio avviso,notevoli spunti di approfondimento per una musicoterapia che si rivolge all’età dello sviluppo,in particolare ai bambini con DGS. Per questi autori, gli studi di D. Stern (1985-1995) sulle interazioni diadiche madre-bambino e sullo sviluppo del senso di Sè hanno rappresentato una sorta di “rivoluzione copernicana” da trasferire nelle relazioni d’aiuto non solo con gli stessi bambini ma anche nel trattamento degli adulti.(5) Lo sfondo teorico di Beebe e Lachmann nasce da un background psicodinamico (sono psicoanalisti ) riletto in chiave sistemica. Come sottolineano gli autori, il modello sistemico più generale nell’ambito dell’infant research è stato elaborato da Sander 64 (1977,1985,1995). Nel modello sistemico l’individuo partecipa a uno scambio continuo con il contesto. Il sistema interattivo è sempre in process,in confronto dialettico tra prevedibilità e trasformazione.Nelle interazioni madre-bambino è possibile scorgere delle specificità di corrispondenza ,una specie di risonanza tra due sistemi sintonizzati tra loro,in base alle loro proprietà corrispondenti. Queste corrispondenze,legate alla ricorrenza di “modelli”che si ripetono nel corso delle varie interazioni,generano una serie di aspettative nel bambino. Questo è stato notato soprattutto nel contributo della ricerca di Sander sui ritmi vocali nelle interazioni madre-bambino.(6)E’ ciò che Bruner intende con il termine di format.(7) Ed è ciò che si crea nelle interazioni all’interno del setting musicoterapico nelle dimensioni dell’ascolto e della produzione vocale e sonoro-musicale. Il processo di ripetizione infatti è un elemento fondamentale dell’esperienza sonoro-musicale. La ripetizione crea fenomeni psicologici di aspettativa,di “abitudine”. Come sottolinea il filosofo Piana “le abitudini ci consentono di sentirci in un mondo familiare e noto,in esse e attraverso di esse si realizza lo stesso processo di formazione della soggettività.Esse non hanno ragioni che non siano il dato di fatto di un inizio occasionale e di una reiterata conferma nella successione temporale. Eppure proprio in questa contingenza e nel modo della sua istituzione temporale sta tutta la loro potenza.” (8) E’ la potenza della memoria sensoriale delle relazioni,che talvolta si traduce in resistenze che si oppongono al “nuovo”. La familiarità con una determinata espressività vocale,la piacevolezza del risentire innumerevoli volte una linea melodica accettandone alcune variazioni su tema,la sospensione dell’azione sonora che genera il desiderio di ricomparsa,propongono esempi chiarificatori di come il bambino possa costruire una sorta di “base sicura” che gli permette movimenti fisici e psicologici di avvicinamento e allontanamento,scoprendo un 65 certo numero di strategie che “governano” le relazioni e lo aiutano ad organizzare in modo coerente i vissuti emotivi. (9) Nella prospettiva dell’infant research di Beebe e Lachmann (2002) il concetto benenzoniano di ISO (identità sonoro-musicale) acquista ancor più forza configurandosi in una dimensione che consente la possibilità di un continuo riplasmarsi della memoria sensoriale,percettiva,affettiva e motoria grazie all’interazione, in uno spazio ed un tempo privilegiato, tra bambino e musicoterapista che,sull’asse della temporalità, dona contenuti di senso ai vissuti della diade. (10) Alcuni principi organizzativi che regolano le interazioni madre-bambino possono chiarire, nell’ambito della musicoterapia, come essi presiedano al processo musicoterapico,puntando l’attenzione soprattutto alla dimensione non verbale che accompagna come un sottofondo,il processo di influenza reciproca della diade bambino-musicoterapista .Il modo in cui si organizza ,all’interno del setting musicoterapico, l’interazione tra bambino-musicoterapista ,va ad influenzare alcune tematiche dinamiche che rappresentano il fulcro della terapia stessa come il senso di fiducia,di sicurezza,il grado di definizione del Sé,i confini del Sé,il riconoscimento reciproco,la familiarità,l’elemento novità,la padronanza. Tutti questi aspetti vanno inoltre considerati nell’età dello sviluppo non solo in termini di cambiamenti, che avvengono per il possibile effetto di una terapia adeguata ed efficace,ma anche sotto la spinta di crescita e di naturale “motore” evolutivo che nella dimensione del bambino gioca un ruolo fondamentale nella riorganizazione delle interazioni e del mondo delle sue rappresentazioni. Inoltre il passaggio dalle interazioni ad una vera e propria relazione ha bisogno di “storia e memoria” ,cioè di qualche forma di rappresentazione della realtà e del suo ricordo : una dimensione 66 interpersonale,quella fra bambino e musicoterapista, che si deve sedimentare attraverso l’esperienza del “fare qualcosa insieme”. (11) Questo modo di prestare attenzione al processo terapeutico,contribuisce notevolmente all’azione terapeutica,specialmente in quei bambini considerati “difficili” per le loro difficoltà e atipicità sul piano dell’autoregolazione e della regolazione interattiva . L’esperienza clinica dimostra pienamente come in realtà ciascun bambino con grave disturbo della comunicazione e della relazione, possieda propri ritmi comportamentali,determinate preferenze e condotte verso gli oggetti, ma soprattutto conservi il desiderio di comunicare e di comunicarsi,anche se con strumenti disturbanti,disorganizzanti e perturbanti.Tuttavia la scommessa terapeutica che si rivolge a questi bambini attraverso una storia di relazione legata ad interazioni con il corpo,il movimento,la voce e gli strumenti musicali può costituire una “ via regia” di armonizzazione. Resta sempre aperta ,in ogni essere umano,la possibilità di una riorganizzazione del Sé-in-relazione -all’oggetto nell’ ambito delle relazioni interpersonali. La patologia può essere considerata una “restrizione” di questa qualità trasformativa oppure, da un punto di vista fenomenologico ed esistenziale, un modo “altro” per cercare di dare un senso al proprio essere al mondo. (12) Le modalità d’interazione non verbali hanno origine in sforzi adattivi di compromesso fra il bisogno di rapportarsi con l’altro da sé e quello di preservare l’integrità del proprio organismo,cioè di mantenere il livello di attivazione entro valori accettabili. Il trattamento musicoterapico dei bambini con DGS non intende inquadrare rigidamente le varie modalità d’interazione in qualche schema interpretativo :sarà l’andamento del percorso musicoterapico che metterà in luce le continue variazioni delle strategie autoregolatorie e di regolazione interattiva ,della condivisione degli stati soggettivi,il grado di responsività 67 corporea,vocale,visiva,sonora,della diade bambino –musicoterapista.Poiché tutto il comportamento non verbale avviene per la maggior parte sull’asse della inconsapevolezza è necessario da parte del musicoterapista dotarsi di strumenti operativi di osservazione come le registrazioni audiovideo delle sedute ,per poter “leggere” attentamente il processo relazionale che si snoderà in una complessa “partitura” ,ricavandone indicazioni preziose sull’andamento del rapporto ,sui punti di forza e sulle difficoltà. La comunicazione sonora si verifica nel qui e ora della matrice interattiva e possiede pertanto un particolare senso di vitalità e di immediatezza per entrambi i membri della coppia.(13) Ecco che accanto alle descrizioni fornite dai “diari di seduta” è necessario munirsi di apparecchiature audiovisive per creare dei “diari sonori e visivi” degli scambi relazionali che avvengono nel setting,delle “retrospettive” per monitorare i processi di cambiamento. La decodifica di una comunicazione non verbale rappresenta il momento più delicato della terapia. Entrano in gioco la sensibilità del musicoterapista,il suo modo di vedere e sentire le cose,la sua formazione personale. Nel caso dei processi musicoterapici legati ai bambini con DGS, occorre spesso una lunga indagine per comprendere la storia e il significato della relazione bambinomusicoterapista.Il mezzo vocale e sonoro-musicale si caratterizzano oltre che per vitalità e immediatezza,dalla non invasività in senso prossemico e dall’individualità che trasmettono.La voce può contattare il bambino da diverse distanze senza “invadere” il suo lo spazio fisico. C’è però un’ “invasione” in termini di spazio sonoro:di questo il musicoterapista deve avere piena consapevolezza,per saper adeguatamente dosare i silenzi,le pause,le rotture,i ritorni. Adottare il criterio di non invasività ,non significa ,nel trattamento con bambini,l’esclusione del contatto corporeo,la dimensione del toccare e dell’essere toccati. Questa dimensione sensoriale -corporea-affettiva va sempre tenuta presente come strumento efficace di 68 holding ed handling in senso winnicottiano, nella costruzione di un senso di sicurezza da parte del bambino. La vocalità come suono che appartiene ad una persona,a quella persona, contiene in modo intrinseco la possibilità della melodia. I suoni vocali per eccellenza sono quei suoni che permettono un canto. Le linee melodiche possono essere definite suoni che cantano. “Questi suoni che cantano sono anche incantevoli. (…)quando il suono risuona,quando il disegno comincia a tracciarsi nell’aria,allora l’orecchio che lo coglie non può distogliersi da esso,ma viene afferrato e trattenuto nel movimento. Questo è l’incanto. Incantevoli sono i suoni che generano incanto,e dunque ti obbligano ad ascoltarli”. (Piana 1996) (14) Come nel caso del gusto e dell’odorato ,anche l’orecchio ha le proprie preferenze,e perciò può accettare o rifiutare,accogliere o respingere.L’espressione “spazio sonoro”acquista di volta in volta nel setting musicoterapico delle caratteristiche ben definite e in essa è sempre implicata l’idea di una struttura relazionale,che ha una sua delimitazione spaziale,temporale,una sua ciclicità di eventi sonori (una “segmentazione”,intesa come raggruppamento di più unità ordinate in successione temporale oppure in simultaneità) che annuncia sempre un “ritorno all’identico”. Queste caratteristiche strutturali costituiscono lo sfondo sul quale avvengono le interazioni bambino-musicoterapista, terreno condivisibile di uno spazio e di un tempo di relazione che permette il formarsi e il trasformarsi di corrispondenti sonori della vita emotiva e affettiva .Il senso di sicurezza del bambino con DGS sembra essere continuamente destabilizzato e minato nell’esperienza concreta con la realtà che lo circonda. Egli cerca di trovare rifugio e senso in situazioni nelle quali possa sentirsi “fuori pericolo”,e cioè in situazioni in cui il mondo appare più rassicurante se mantiene delle caratteristiche costanti,immutabili. Non è forse quello che tutti gli esseri umani fanno per diminuire uno stato di tensione dettato dall’incertezza,dal non sentire dei confini chiari,rassicuranti e protettivi? Ecco che le stereotipie verbali 69 e il linguaggio ecolalico non solo rappresentano dei mezzi “rassicuranti”di una identità fragile continuamente minacciata dall’imprevedibilità dell’esperienza concreta ma divengono comunque dei mezzi per affermare la propria soggettività,un “farsi sentire” .(15) Questo “farsi sentire” avviene in modo del tutto casuale? In base a quale principio il bambino stabilisce cosa è importante per lui e cosa non lo è ? E’ forse il riconoscimento di ciò che è regolare,prevedibile e familiare nelle interazioni cui partecipa a diventare saliente ? Stern (1985) ha sostenuto questa tesi discutendo gli aspetti invarianti di sequenza,causalità,affetti e memoria. In modo simile Beebe e Lachmann (1988,2002) hanno affermato che le regolazioni attese e prevedibili attuate durante l’interazione tra madre e bambino creano una serie di aspettative che organizzano l’esperienza del bambino. Non solo. Questi concetti possono essere trasferiti nell’ambito delle relazioni d’aiuto. Le ipotesi di questi autori sono state riassunte nei cosiddetti tre principi di salienza. Tali principi chiarificano le origini del processo di interiorizzazione. Essi sono tre principi organizzativi fondamentali,che stabiliscono quali eventi siano salienti per il bambino e organizzino le sue aspettative sull’incontro con l’altro: il principio di regolazione attesa il principio di rottura e riparazione il principio dei momenti affettivi intensi. Il principio di regolazione attesa,basato sui modi caratteristici e “prevedibili” in cui si dispiega l’interazione ,è fra i tre il principio sovraordinato.Rottura e riparazione si riferiscono a una specifica sequenza “fuoriuscita” dal modello generale.Infine,i momenti affettivi intensi riflettono singoli eventi che lasciano il segno e resistono nel tempo.I tre principi ,quindi offrono una definizione gerarchica dei modelli d’interazione,organizzati su tre livelli :il modello generale,una sequenza e un 70 momento. Questi tre livelli organizzativi,precisano gli autori,dovrebbero essere considerati serie concatenate in cui ciascun livello ingloba il successivo.I modelli d’interazione sono modi caratteristici di autoregolazione e regolazione interattiva riconoscibili,riconosciuti,ricordati o attesi dal bambino. Essi influiscono sul mondo delle rappresentazioni del bambino :un mondo costruito attraverso ciò che Stern (1995) definisce reti di schemi di essere con. (16)Il principio di regolazione attesa potrebbe essere tradotto in questo senso : “posso aspettarmi che normalmente le cose vadano così”. Rottura e riparazione mette in evidenza “questo è ciò che succede quando le cose non vanno come dovrebbero;posso aspettarmi che si aggiusteranno,e questo è il modo in cui le aggiusteremo”. Ed infine Il principio dei momenti affettivi intensi traduce i vissuti emozionali, ad esempio : “che momento meraviglioso!”.Le rappresentazioni dell’esperienza vissuta nel bambino sono codificate come informazioni implicite e non verbali di tipo motorio,istintuale,visivo,tattile,acustico,olfattivo e gustativo. Esse non sono quindi necessariamente tradotte in forma linguistica. Le informazioni non verbali vengono memorizzate ed interiorizzate nei diversi canali percettivi visivi,nella forma di immagini,suoni,odori,sapori ,esperienze tattili,temperature corporee,stati di tensione o distensione. La seguente riflessione di studio si configura nell’assunzione di tali principi di salienza ,con la convinzione che essi si riflettano nelle interazioni sonoro-musicali e vocali della musicoterapica, diade bambino/ musicoterapista, all’interno della cornice “prendendo corpo” attraverso il materiale sonoro-musicale prodotto all’interno della relazione della diade stessa. Il disegno generale di questo lavoro riflette dunque l’ipotesi che sia possibile delineare, all’interno del trattamento musicoterapico dei bambini con DGS, sulla scorta dei principi precedentemente enunciati, un profilo comunicativo-vocale che 71 appartiene al bambino stesso nella sua dimensione interattiva e relazionale e l’individuazione di formati vocali e sonoro-musicali che riflettono le modalità peculiari con le quali avvengono le interazioni della diade bambino – musicoterapista,all’interno del setting. Il cercare di descrivere e analizzare tali processi viene affrontato nell’ambito di un’applicazione musicoterapica attenta ai bisogni esistenziali di ciascun bambino. Brazelton e Greenspan (2000) hanno identificato vari bisogni considerati “irrinunciabili” per i bambini . Tra essi ricordiamo : 1. Il bisogno di sviluppare costanti relazioni di accudimento. A livello di base ,le relazioni incoraggiano il calore,l’intimità,il piacere;forniscono protezione,sicurezza fisica e soddisfano i bisogni fisiologici e di benessere psicofisico.Le componenti “regolatrici” delle relazioni (per esempio la protezione dei bambini da stimolazioni troppo deboli o troppo forti) aiutano i bambini a rimanere sereni e pronti per un nuovo apprendimento. 2. Il bisogno di protezione fisica e sicurezza per sviluppare un senso di fiducia nei confronti dell’ambiente che li accoglie. 3. Il bisogno di esperienze modellate sulle differenze individuali,rispettando l’unicità e l’originalità di ogni bambino,nel rispetto dei suoi tempi e delle sue modalità di apprendimento. 4. Il bisogno di esperienze appropriate al grado di sviluppo,nel rispetto del ritmo di crescita di ciascun bambino. 5. Il bisogno di definire dei limiti,di fornire una struttura e delle aspettative.Quest’ultimo bisogno lo si vede ad esempio concretizzato molto bene nei diversi “sfondi” d’interazione che l’adulto crea nella pratica riabilitativo- terapeutica attraverso la strutturazione di diversi spazi 72 e tempi “privilegiati” (i setting di musicoterapia,logoterapia,idroterapia,ecc.). Spazi e tempi dedicati,che includono diversi materiali e che generano diverse aspettative nel bambino. (17) 4.3 Linee generali del trattamento musicoterapico L’intervento musicoterapico su cui si pone l’attenzione è caratterizzato da : l’instaurarsi di una relazione intersoggettiva fra il bambino ed il musicoterapista nella dimensione di uno spazio e di un tempo “privilegiato” chiamato setting. In tale contesto vengono utilizzati parametri armonizzanti di tipo sonoro-musicale i quali favoriscono lo sviluppo di sintonizzazioni di natura affettiva. Queste ultime costituiscono il fondamento di qualsiasi comunicazione non verbale. Le sintonizzazioni rappresentano dunque la tecnica attraverso la quale perseguire l’obiettivo dell’armonizzazione nel contesto della strategia complessiva di una migliore integrazione (spaziale,temporale e sociale) della personalità del bambino; 73 un approccio integrato di musicoterapia che convoglia l’apporto dell’infant research al modello musicoterapico di R.O.Benenzon; un processo dinamico di conoscenza del bambino e di come esso si rapporti con le varie forme di espressività e creatività attraverso l’osservazione diretta e partecipe del musicoterapista; la presenza di un setting costante che definisce il contesto della relazione d’aiuto. Winnicott (1971) definisce il setting come “la somma di tutti i particolari della tecnica”. Il setting non rappresenta tanto un insieme di regole precostituite e applicate,ma piuttosto una modalità interiorizzabile per poter definire i confini del Sè rispetto all’altro da Sé, in una zona protetta e senza intrusioni,nella quale il bambino possa sentirsi al sicuro e nella quale possa avvenire il processo che porta al dispiegamento del Sé.La stanza di terapia consiste in determinati materiali un luogo protetto caratterizzato dalla scelta di (strumenti musicali,oggetti,arredi)da parte del musicoterapista . Tali materiali sono suddivisi in due grandi categorie: oggetti non strutturati (materassini,pouf,cuscini,specchio) e oggetti strutturati (strumenti musicali convenzionali e non convenzionali,cioè autocostruiti e creati). Gli oggetti strutturati rappresentano dunque i materiali caratterizzanti dell’esperienza sonoro-musicale (ciò che nell’approccio musicoterapico di Benenzon viene definito come GOS ,Gruppo Operativo Strumentale)e nei quali confluiscono idrofoni,membranofoni,cordofoni,aerofoni ,secondo la classificazione di Sachs(1940). Il GOS viene configurato “a misura di ciascun bambino”.Esso dovrà essere sufficientemente ampio ma senza eccessi,in grado di rappresentare i parametri sonoro-musicali secondo la maggior varietà ed ampiezza. E’ 74 considerata buona norma proporre inizialmente un GOS di base ed ampliarlo in seguito al lavoro con ogni singolo bambino. Personalmente ritengo inoltre indispensabile pensare in termini di “utilizzabilità” e “appagabilità” degli oggetti :solamente in questa dimensione ogni oggetto acquista un senso e si “svela” al bambino. Nella mia modalità operativa inoltre ho inserito tra i materiali anche la possibilità di ascolto di brani musicali. Mi sono dotata di numerosi CD audio scelti e valutati sulla base delle esigenze psicosonore dei bambini. Si tratta di collezioni di brani strumentali sui quali è sempre possibile interagire con il corpo,la voce e gli strumenti musicali. L’inserimento degli ascolti da vivere attivamente attraverso il movimento,l’espressività vocale o strumentale viene valutata caso per caso; un processo di osservazione,descrizione e analisi diretta delle interazioni bambino-musicoterapista e sulla ricerca di strumenti idonei per la rilevazione dei dati, per monitorare e valutare l’andamento del processo musicoterapico; un processo di conoscenza del musicoterapista : esso cercherà di potenziare in modo dinamico la conoscenza dei propri “meccanismi” espressivi e psicologici,dei propri vissuti emotivi e delle proprie resistenze attraverso i momenti di supervisione e di lavoro d’èquipe; Il percorso di tale trattamento musicoterapico prevede: la presa a carico del bambino e inizio del trattamento ( presentazione del caso); l’elaborazione del Progetto Terapeutico Individualizzato da parte del musicoterapista e degli altri membri dell’èquipe che si occupano del 75 bambino (dopo un periodo di osservazione e accertamento di 4-5 sedute);in questa prima fase di assessment vengono valutati nel setting musicoterapico alcuni indicatori di idoneità:predisposizione del bambino,livello di accettazione del trattamento,sensibilità al setting specifico,risposte al suono e alla musica,rapporto con l’ambiente,tipo di comunicazione messa in atto. la realizzazione del trattamento (il musicoterapista attua il programma di trattamento concordato che verrà supervisionato con incontri a scadenza mensile. In questa fase il processo viene documentato dal terapista attraverso la compilazione di schede di osservazione (protocolli),registrazioni audio e audiovideo); la valutazione intermedia (verifica dell’evoluzione del caso con la presenza dell’èquipe multiprofessionale e dei genitori del bambino); la preparazione da parte del musicoterapista di una relazione finale da presentarsi in sede di riuniuone d’èquipe finale, nella quale viene effettuata una valutazione complessiva del trattamento . Il Progetto Terapeutico Individualizzato in Musicoterapia è delineato dalle seguenti indicazioni che il terapista documenta : obiettivi a breve e lungo termine tipo di esperienze sonoro-musicali scelta dei materiali (arredo,oggetti,strumenti musicali convenzionali e non). L’intervento musicoterapico che viene descritto in questa sede di studio, è parte di un progetto riabilitativo-terapeutico di ampio respiro in cui confluiscono varie 76 figure professionali con diverse competenze che cercano di rispondere per ciascun bambino preso a carico alle seguenti domande : Questo bambino chi è? (la risposta è data dal sapersi collocare in una prospettiva psicodinamica,esistenziale e fenomenologica); Questo bambino che cosa ha? (la risposta è la diagnosi eziopatogenetica che presenta le malattie causa di disabilità); Questo bambino che cosa sa fare? ( la risposta sta nel progetto riabilitativoterapeutico individualizzato che delinea le risorse e i bisogni del bambino e ciò che ci si propone di fare); Come aiutarlo? (la risposta risiede nelle linee metodologiche di intervento,cioè nella messa in atto delle strategie opportune per il conseguimento degli obiettivi del progetto musicoterapico individualizzato); Dove aiutarlo? (l’analisi del setting musicoterapico,delle sue caratteristiche e delle sue dinamiche ,rientra nella metodologia d’intervento,ma ,a mio avviso,richiede momenti di riflessione dedicati. Il setting nella relazione d’aiuto rappresenta lo spazio e il tempo privilegiato,nel quale bambino e musicoterapista interagiscono. Questa cornice ,caratterizzata dalla dimensione intersoggettiva,rappresenta l’insieme dei materiali -strumenti musicali convenzionali e non -e della progettualità d’uso attraverso le quali il musicoterapista si esprime cercando modalità relazionali sempre più idonee ed efficaci per migliorare la qualità dell’intervento). Come essere? ( la professionalità del musicoterapista,la sua formazione,la sua personalità,i suoi vissuti e bisogni devono essere costantemente condivisi, “monitorati”ed “automonitorati” attraverso il lavoro di supervisione e la rielaborazione personale dei casi per assolvere in modo adeguato al proprio compito. E’ il contenuto esistenziale del ruolo del musicoterapista la base da cui 77 partire per aiutarlo a realizzare quella completezza di professionalità rappresentata dall’integrazione tra aspetti tecnici e aspetti umani. E’ giusto pertanto far riferimento ai contenuti della soggettività del terapista nell’espletamento della sua professione,analizzando quali bisogni emergono dalle sue esperienze). (18) Le domande e le risposte rimangono domande e risposte aperte,mai definitive ed esaustive. Questo lo riscontro ogni giorno a stretto contatto con i bambini e rappresenta la spinta alla mia ricerca professionale,scientifica ed umana. Gli aspetti sonoro-musicali visti come mezzi privilegiati per entrare in relazione con l’Altro evidenziano uno degli obiettivi fondamentali della musicoterapia : quello di “accogliere”l’Altro in una dimensione di ascolto e di accoglienza. Condividere un’esperienza sonoro-musicale con associazioni individuali legate all’uso del corpo, del movimento,della voce ,degli strumenti musicali e di altri oggetti significativi per il bambino, significa condividere sensazioni,emozioni,stati d’animo. Pur tenendo conto dei bisogni individuali dei bambini in trattamento ho potuto delineare le caratteristiche generali del mio approccio musicoterapico che si caratterizza : dall’inseguire quotidianamente l’obiettivo generale dell’armonizzazione dell’handicap attraverso la tecnica delle sintonizzazioni nel contesto della strategia complessiva di una migliore integrazione(spaziale,temporale e sociale) della personalità del bambino ; dal “viaggio”in una relazione che nasce momento per momento,seduta dopo seduta,come scommessa per poter accogliere e comprendere l’Altro; dalla scelta consapevole di cercare di non anticipare il contenuto della relazione stessa (il linguaggio espressivo è improvvisato,nel senso che è non pre-visto,cioè “non visto prima”); 78 dalla gestione dello spazio e del tempo terapeutico con una modalità che da un lato mantiene riti,certezze,costanti (piano della familiarità) e dall’altro inserisce nuovi spunti e nuove modalità d’interazione che possono essere però riconosciute,ripetute,mutate,rivissute e rielaborate dal bambino(piano della novità); da un approccio atto a sostenere e condurre il bambino nell’esperienza sonoromusicale(con riferimento costante ad un piano intrapersonale e interpersonale)attraverso la creazione di un”contenitore affettivo” alla ricerca di un “terreno condivisibile”,di una “cornice significante”. La relazione che si instaura con il musicoterapista,attraverso la presenza di un setting costante “forma”),avvia (caratterizzato quel processo da determinati materiali di consapevolezza e di che prendono intenzionalità indispensabili,come direbbe Winnicott, “per una vita che valga la pena di essere vissuta”. Gli obiettivi generali dell’intervento musicoterapico (a lungo termine) possono riassumersi nei seguenti punti: Apertura di nuovi canali di comunicazione. Sviluppo delle potenzialità affettivo-comunicativo-relazionali. Sviluppo della consapevolezza del proprio corpo e delle proprie azioni. Consolidamento del senso d’identità. Miglioramento dell’interazione sociale. Stimolazione delle funzioni cognitive attraverso un processo di investimento di tipo affettivo. Sostenere ed amplificare la progettualità esplorativa e di gioco. Accrescere l’adattamento emotivo e affettivo nella prospettiva della regolazione delle emozioni. 79 Ampliare l’esplorazione della propria vocalità. Migliorare il comportamento attentivo. Sostenere l’esplorazione degli oggetti sonoro-musicali come ampliamento dell’esperienza sensoriale,corporea ed affettiva. Esperienze: Improvvisazione e dialogo sonoro-musicale Dialogo tonico Giochi corporei Esplorazione vocale Ascolti Movimento espressivo Materiali: Strumenti ritmici,melodici,armonici,etnici convenzionali (Strumentario Orff) e creati;CD musicali audio. Pianoforte Materassino Specchio Tappeto Pouf,cuscini Impianto stereo (produzione e registrazione) Ambiente : La mia stanza di musicoterapia (così mi piace chiamarla) è ben illuminata dalle finestre che le girano attorno su due lati e si affaccia sul verde. E’ sufficientemente 80 spaziosa, isolata e protetta. L’ho arredata con lo stretto necessario : una piccola scrivania,due sedie,due armadietti,uno scaffale,un grande tappeto verde,un materassino,uno specchio fisso,un pouf. Sedute : Sulla base dei bisogni dei bambini le sedute sono state condotte individualmente con frequenza settimanale, con durata di 40-45 min.ciascuna . Note al capitolo quarto 1 ) J.L. Nancy(2002),All’ascolto,Raffaello Cortina Editore,Milano,2004,pp.14-15. 2) E’ intenzionale la scelta di non aprire disquisizioni particolari nell’ambito delle definizioni e delle classificazioni nosografiche dell’autismo e delle psicosi infantili.Ritengo non siano essenziali, dato il “taglio” del lavoro. Testi base di riferimento sono comunque stati : D. Marcelli,Psicopatologia del bambino,Masson,Quinta edizione,Milano-Parigi-Barcellona,2001; L.Camaioni (a cura di),Psicologia dello sviluppo del linguaggio,Il mulino,Bologna 2001; U.Frith (1989),l’Autismo-spiegazione di un enigma,Laterza,Roma-Bari,1996; A.e F. Brauner ,Il linguaggio verbale e non verbale del bambino psicotico,Armando Editore ,Roma 1991. 81 3) Cfr. Strati ,La grounded theory,in L. Ricolfi,La ricerca qualitativa,Carocci,Roma 1998. 4) Cfr. in AA.VV. L’intervento musicoterapico con comunicazione e della relazione : criteri di i gravi disturbi della analisi del materiale sonoro/musicale,Quaderni di musicoterapia applicata,PCC,Assisi,n.22-ottobre 2003. 5) B.Beebe/F.M. Lachmann(2002),Infant research e trattamento degli adulti,Raffaelo Cortina Editore,Milano,2003. 6) ivi,p.29. 7) J.Bruner,op.cit.p.100 8) G. Piana,Filosofia della musica,Edizioni Guerini e associati,Milano,1996,p.20. 9) il concetto di “base sicura” è mutuato da J.Bowlby in Una base sicura,Cortina,Milano, 1988, mentre il concetto di “memoria sensoriale delle relazioni” fa riferimento all’opera di A.Seganti,La memoria sensoriale delle relazioni,Bollati Boringhieri,Torino,1995. 10) per il concetto di ISO si veda R.O.Benenzon,La nuova musicoterapia,,Phoenix Editrice, Roma 1997,pp.66-69. 11) G. Bollea,Presentazione dell’opera di G.Fava Vizziello/ D. Stern (a cura di),Dalle cure materne all’interpretazione,Raffaello Cortina Editore,Milano,1992. 12) Cfr. B.Beebe /F.M.Lachmann,op.cit.,pp. 111-112. 13) ivi,pp.120-121. 14)G.Piana,op.cit.,pp.182-183. 15) E. Cantadori,appunti personali della lezione “Ecolalie e stereotipie verbali nelle psicosi”, “Casa del Sole”,Mantova,formazione interna del personale,Aprile2003. 16) B.Beebe/F.M Lachmann,op.cit. pp.133-135. 17) Cfr. T.B.Brazelton/S.I. Greenspan (2000),I bisogni irrinunciabili dei bambini,Raffaello Cortina Editore,Milano ,2001. 82 18) Cfr. E.Cantadori,La persona disabile,dalla diagnosi all’intervento operativo,McGraw-Hill Companies,Milano,2002. Capitolo quinto LA DOCUMENTAZIONE DELLE OSSERVAZIONI NEL TRATTAMENTO MUSICOTERAPICO : CRITERI DI RIFERIMENTO E VALUTAZIONE 5.1 Descrizione e diario musicoterapico La prima fonte d’indagine del presente lavoro di studio è rappresentata dalla descrizione del percorso musicoterapico di ciascun bambino. Essa consiste nel segnare per iscritto,seduta per seduta,la successione delle interazioni della diade bambino-musicoterapista ,le modificazioni,i cambiamenti.Le diverse schede di osservazione vengono conservate in una cartella personale per ciascun bambino e 83 costituiscono una sorta di diario musicoterapico delle sedute. La stesura delle osservazioni avviene secondo una descrizione che ricalca i seguenti punti: SCHEDA DI OSSERVAZIONE Dati: Nome del bambino,diagnosi,data della seduta; GOS: (gruppo operativo strumentale utilizzato in seduta,motivo della scelta e suo posizionamento all’interno del setting); Proposta di brani d’ascolto ( tipo di brano,caratteristiche sonoro-musicali,motivo della scelta,posizionamento temporale all’interno della seduta); Strategia principale adottata durante la seduta: (contenimento,attivazione); Prime reazioni del b.no di fronte al setting e al mt : ( primo posizionamento nello spazio,scelta immediata di uno strumento,contatto corporeo,prime produzioni vocali o sonoro-musicali); Descrizione degli eventi più significativi nell’interazione b.no/mt: (produzioni vocali e sonoro- musicali,modalità d’esplorazione della voce e degli strumenti strumenti , modalità d’interazione prevalenti,espressioni affettive,alternanza dei turni,ecc.); Utilizzo del corpo da parte del b.no nell’interazione con il mt : (movimenti,gestualità,posture,distanza prossemica,esplorazione del proprio corpo,dello spazio,degli strumenti musicali); Utilizzo dello sguardo e della mimica facciale; Uso della vocalità: (emissione di suoni gutturali,vocalizzi,aspetti sillabici,lallazione vocalica/consonantica,onomatopee,parole,frasi,aspetti ritmici ed intonativi,canto,ecolalie,stereotipie verbali ,piacere nell’ascoltarsi,piacere nell’ascoltare la voce del mt); Associazioni corporeo-sonoro-musicali e vocali che hanno caratterizzato la seduta : (voce-movimento,suono di uno strumento/espressività vocale,ecc.); Atteggiamento prevalente del b.no a fine seduta; Vissuti del mt dopo la seduta. 84 Nella descrizione dei punti messi in evidenza nella scheda di osservazione ho adottato i seguenti criteri di riferimento (utilizzati anche per la stesura del Piano Terapeutico Individuale,per la valutazione Intermedia e Finale del Trattamento musicoterapico e per l’analisi delle registrazioni audiovideo effettuate per questo lavoro di studio) : CRITERI DI RIFERIMENTO E VALUTAZIONE PER L’OSSERVAZIONE DELLE INTERAZIONI BAMBINO/MUSICOTERAPISTA NEL SETTING MUSICOTERAPICO Corpo: Corpo come strumento :capacità motorie,percettive,espressività corporea,posturale,mimicogestuale. Corpo come soggettività : immagine del corpo,grado di autonomia. Risposte alle proposte corporee e di movimento del mt. Corpo nella relazione interpersonale : comportamento spaziale (distanza interpersonale,contatto corporeo,orientazione,postura); comportamento cinesico (movimenti di busto e gambe,gesti delle mani,movimenti del capo); volto (sguardo e contatto visivo, espressione del volto). Voce : Segnali vocali verbali e non verbali . Comprensione /Produzione.Espressività ed esplorazione vocale :articolazione,fonazione,tratti prosodici e soprasegmentali,presenza di linguaggio ecolalico o stereotipie verbali. Vocalizzazioni e canto (canta in altezza,continua un suono,canta la linea melodica nella tonalità della canzone,cantilena,ecc.).Uso del silenzio. Risposte alle proposte vocali del mt. 85 Esplorazione del setting e degli strumenti musicali (convenzionali e non): Oggetti,spazio,tempo. Consapevolezza degli oggetti (uso concreto,simbolico).Collocazione degli oggetti nello spazio e nel tempo. Strategie di gioco. Comportamenti musicali specifici : modalità di esplorazione,uso possibile, senso (che bisogni esprime?).Produzione sonoro-musicale (grado di interazione,strutture e caratteristiche dell’improvvisazione sonoro-musicale,grado di casualità o intenzionalità nel dialogo sonoro-musicale,contesto della produzione,esplorazione sensopercettiva,espressione emozionale). Risposte all’ascolto di produzioni sonoro-musicali del mt e di ascolti di brani (cd audio). Indici di valutazione delle produzioni sonoro-musicali e vocali nell’interazione b.no /mt : individuazione-valutazione delle dinamiche d’intensità,delle durate,dell’agogica,degli elementi ritmici,dei silenzi,dei tratti sonoro-musicali ricorrenti,della strutturazione e variazione di sequenze,d’interazione diacronica e sincronica,dell’andamento dialogico fra b.no e mt secondo i tre principi di salienza identificabili in regolazione attesa,rottura e riparazione,momenti affettivi intensi(Beebe e Lachmann 2002); Associazioni corporeo-sonoro-musicali: Associazioni più importanti di tipo ritmico,melodico,movimento,vocalizzi,canzoni.(1) 5.2 Vocalità: registrazione e valutazione dei dati osservativi Per la raccolta e la registrazione dei dati comportamentali osservati e codificati ho introdotto l’uso di registrazioni audio e audiovideo poichè permettono una conservazione dei dati osservati ,la possibilità di poterli rivedere e riascoltare, 86 nonché di condividerli all’interno della supervisione con i membri dell’èquipe multidisciplinare . All’interno del disegno di questo lavoro ho effettuato per i quattro casi rappresentativi una registrazione audiovideo e due registrazioni audio a scadenza mensile.Il periodo di monitoraggio attraverso l’uso di videotape si è svolto nell’arco di tempo di 18 mesi. Motivata dall’esigenza di aprire un focus sulla vocalità in termini più definiti ,la possibilità di analisi offerta dai videotape si è rivelata fondamentale .Le modalità osservative si sono focalizzate sui seguenti indici di rilevazione/valutazione del comportamento vocale (atti fonopoietici) nell’interazione bambino-musicoterapista : Atto fonopoietico Azione che utilizza il canale vocale come regolazione di uno stato corporeo,emozionale,con caratteristica informativa vs.comunicativa. Struttura :caratteristiche e Qualità sonora ed eventuale contenuto semantico ; descrizione dei funzioni. vocalizzi,aspetti sillabici,lallazione,onomatopee,parole,frasi e loro uso come espressione di bisogni,richieste,richiami,regolazione dello stato edonico e delle emozioni,organizzazione del pensiero e delle emozioni. Dinamiche d’intensità Volume della voce,crescendo/diminuendo. Dinamiched’intonazione Aspetti prosodici,melodici,intonazionali (intonazione ascendente o discendente); Elementi ritmici Configurazione ritmica dell’emissione vocale (regolare/non regolare); Velocità,pause,esitazioni,silenzi. Comportamento spaziale Posizione reciproca b.no/mt,distanza interpersonale,contatto corporeo,orientazione,postura. Espressioni del Mimica del volto (differenziata/indifferenziata,tesa/rilassata),risposta 87 volto/sguardo del sorriso,aggancio dello sguardo (rapido/prolungato), esplorazione del volto del mt da parte del b.no (evitamento,esplorazione visiva,tattile,olfattiva,gustativa) Comportamento cinesico Movimenti del corpo e delle mani (stato di tensione/distensione,rigidità/fluidità )presenza di schemi motori (gattonare,strisciare,correre,saltare,ecc.)gesti autoadattatori,emblematici,imitativi,espressivi,stereotipie motorie. Andamento dialogico Alternanza dei turni,circolarità e reciproca modulazione nell’interazione sulla base dei tre principi di salienza :regolazione attesa,rottura e riparazione,momenti affettivi intensi. Tipo di esperienza sonoro- Descrizione delle circostanze e delle modalità sonoro-musicali nelle musicale quali si verifica la produzione vocale descritta (descrizione dell’improvvisazione sonoro-musicale, scelta degli musicali,scelta dei brani musicali,presenza di condotte strumenti sonoro- musicali di esplorazione,espressione o di progettualità di gioco). I videotape sono stati da me realizzati con una videocamera fissa. Questa scelta è stata voluta al fine di non avere elementi “inquinanti” nel setting. I quattro soggetti rappresentativi sono stati sottoposti a supervisione. Essi sono stati scelti per l’appartenenza diagnostica configurabile all’interno dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo e per le caratteristiche comunicativo-vocali che rientrano in alcuni profili più generali che sono stati delineati all’interno di tale classificazione nosografica. I QUATTRO CASI RAPPRESENTATIVI: Il primo caso rappresentativo fa parte di quei bambini con DGS che al terzo anno di età non hanno elaborato ancora alcun linguaggio verbale e si esprimono con vocalizzi,suoni gutturali ,brusii vocali.La gestualità non supplisce alla mancanza linguistico-comunicativa. Il secondo caso rientra nelle caratteristiche di bambini che nei primi due anni di vita evolvono apparentemente in maniera armonica,poi 88 cessano quasi improvvisamente di produrre parole e regrediscono a vocalizzi o a suoni bisillabici. Il terzo caso illustra quei bambini che si trovano nella fase di lallazione e di parola-frase. Tale espressività vocale appare ripetitiva e stereotipata.Talvolta il bambino riesce a pronunciare qualche parola,utilizza correttamente l’onomatopea e dimostra di saper comprendere e riprodurre messaggi semplici e contestualizzati.Il quarto ed ultimo caso rappresenta quei bambini con DGS che dispongono di un linguaggio verbale ricco e strutturato,ma poco efficace sul piano comunicativo-relazionale.Sono presenti ecolalie e stereotipie verbali.Questi bambini pronunciano spesso parole e frasi che vanno ben oltre il proprio livello di competenza linguistico-comunicativa. Si riscontrano in tutti i casi citati : difficoltà di attenzione condivisa e di intenzioni comunicative di richiesta e di dichiarazione (ad esempio nell’interazione triadica Bambino-Adulto- Oggetto);compromissione di svariati comportamenti non verbali (sguardo diretto,espressione mimica,postura corporea,gestualità). Inoltre si osserva la mancanza di giochi d’imitazione o simulazione di tipo simbolico adeguati all’età di sviluppo del bambino con interessi e attività ristrette e ripetitive con eccessiva focalizzazione su particolari sino ad arrivare ad “isole di abilità”,non spendibili sul piano dell’integrazione sociale. Spesso il bambino con DGS è preoccupato di mantenere una sorta di immutabilità dell’ambiente che lo circonda privilegiando modalità esplorative sensoriali di tipo prossimale. (2) L’analisi di ciascun videotape è avvenuta principalmente sull’asse temporale della seduta interamente registrata (durata media di 35-40 minuti). All’interno di quest’arco di tempo ho annotato ,ad una prima visione,i principali e più significativi atti fonopoietici del bambino,quelle azioni che utilizzano l’espressività vocale come autoregolazione o come regolazione interattiva. Attraverso una seconda visione poi ho cercato di descrivere le produzioni vocali attraverso gli indici di 89 rilevazione/valutazione del comportamento vocale precedentemente enunciati. Tali descrizioni sono state commentate e analizzate quindi in sede di supervisione . Il concetto di atto fonopoietico mutuato da Anolli e Ciceri (1992) viene esteso in questo lavoro di studio nel processo comunicativo che avviene attraverso una relazione di tipo sonoro-musicale : essa percorre una direzione che va dalla possibilità di “un esprimere” (aspetti autoregolatori e informativi di un certo stato corporeo,emozionale,mentale) alla possibilità di “un’esprimersi” (aspetti di regolazione interattiva con la presenza progressivamente crescente di intenzionalità comunicativa),includendo le “risposte” del bambino alle proposte vocali e sonoromusicali che si creano per co-costruzione da parte della diade bambino/musicoterapista all’interno del setting. Gli atti fonopoietici della diade assumono varie valenze all’interno del setting musicoterapico a seconda del contesto,del frame di riferimento in cui essi si generano. 5.3 L’individuazione di formati vocali e sonoro-musicali Analizzando i videotape dei quattro soggetti rappresentativi,sulla scorta anche della raccolta/valutazione dei dati tramite le descrizioni fornite dalle Schede di Osservazione (o protocolli),ci si rende conto come il contesto operativo musicoterapico non può essere considerato un dato,un qualcosa che semplicemente “si trova lì”. Il contesto musicoterapico per il bambino viene in un primo tempo scelto e creato dal musicoterapista e poi co-costruito dalla diade bambino/musicoterapista nel fluire delle interazioni durante la seduta.. Vengono a configurarsi dei formati (il termine come ho già sottolineato è mutuato da Bruner),dei contesti speciali d’interazione reciproca che il musicoterapista attiva e seleziona sintonizzandosi sull’architettura affettiva del bambino. Questa “selezione” da parte del musicoterapista avviene attraverso dinamiche sia conscie 90 che inconscie che coinvolgono processi di attribuzione di significati del mondo esperienziale del bambino.I formati ,visti come contesti e disposizioni mentali del musicoterapista verso il bambino si trasformano in un possibile terreno di condivisione dell’esperienza vissuta.I formati possono essere rappresentati da diversi tipi d’interazione :vocale,corporea,gestuale,motoria,sonora.Ovviamente cercherò di illustrare più oltre,attraverso le “storie” dei quattro bambini rappresentativi,i formati che utilizzano maggiormente l’espressività vocale sia mia che del bambino in trattamento. I formati d’interazione reciproca si caratterizzano dalla possibilità del musicoterapista di “attivare” determinati stati psicoemotivi (le reti di schemi di essere con di Stern)attraverso modalità di “contatto” sonoromusicali che posseggono determinate “architetture” e che appartengono al principio saliente di regolazione attesa. Queste modalità possono presentare momenti di rottura e riparazione e caratterizzarsi da momenti affettivi intensi (Beebe e Lachmann, 2002). Attivazione di reti di schemi di essere con -------- Strategie sonoro-musicali ADESIONE-RISPECCHIAMENTO ---------------- IMITAZIONE TRASFORMAZIONE -------------------------------- VARIAZIONE CAMBIAMENTO ------------------------------------ SVILUPPO OPPOSIZIONE-ROTTURA ------------------------- CONTRASTO RIPARAZIONE ---------------------------------------- RIPRESA Lo schema sopraindicato va inserito all’interno del principio di regolazione attesa che si basa sui modi caratteristici e “prevedibili” (i formati vocali e sonoro-musicali ricorrenti)in cui si dispiega l’interazione bambino-musicoterapista. Tale principio offre reti e agganci non solo affettivi ma anche “sinaptici”, sulla scorta delle attuali 91 feconde riflessioni che presentano un approccio neurobiologico allo studio delle relazioni interpersonali (Siegel ,1999). (3) Inoltre vi è da sottolineare come vi siano molte analogie fra il processo musicoterapico, visto alla luce dei tre principi di salienza, e la struttura musicale della forma-sonata. Salvo deroghe particolari,il primo movimento della sonata classica è articolato in tre parti : esposizione,sviluppo e ripresa. Nella esposizione vengono presentati due temi. Nell’approccio musicoterapico benenzoniano il musicoterapista attende il “primo tema” del paziente per poi restituite una risposta o “secondo tema” che può rispecchiare il primo tema del paziente o discostarsi a diversi livelli da esso. Nella seconda parte detta sviluppo ,vengono elaborate le idee precedenti. I temi principali possono essere variati con diversi timbri,ritmi ,accenti;possono essere creati contrasti dinamici d’intensità,di timbro,d’altezza e contrasti ritmici,melodici ed armonici (modulazioni ad altre tonalità,passaggi da modo maggiore a modo minore e viceversa). Nella terza parte,la ripresa (o ricapitolazione o riesposizione),vengono riesposti i due temi iniziali.(4) Lo schema della forma-sonata si configura anch’esso come un formato che crea una regolazione attesa.Nel percorso musicoterapico “il musicale” si configura dunque come una sorta di bussola di orientamento che permette un aiuto al bambino con DGS per potersi “muovere”ed esplorare nuove dimensioni che caratterizzano la propria percezione e i tentativi di interiorizzare un’esperienza vissuta all’interno di una relazione ricca di rimandi affettivi positivi che si consolida seduta dopo seduta. Tali dimensioni salienti sono il tempo,lo spazio,gli affetti,gli stati corporei e il livello di attivazione fisiologica .Ai fini euristici ho dovuto schematizzare e suddividere i processi affettivo-relazionali , vocali e sonoro-musicali che nella dimensione esperienziale troviamo interagire continuamente e simultaneamente in modo fluido. Il musicoterapista “accompagna” il bambino in “diverse 92 direzioni”affettive oltre che sonore,lo aiuta e lo sostiene,soprattutto laddove la regolazione attesa è perturbata. Nelle interazioni atipiche,la prevedibilità e la coordinazione bidirezionale restano,ma il comportamento del bambino non viene regolato in modo ottimale. L’espressione degli affetti e delle emozioni è disturbata e spesso il bambino con DGS mostra posture avversive e stati di ritiro (atteggiamenti definiti di “caccia e fuga”),ben visibili nell’analisi dei videotape. (5) All’interno di una relazione che inizia ad avere un certo “peso storico”,nella quale il musicoterapista ha creato una sorta di involucro protonarrativo (Stern, 1995) attraverso l’uso di formati vocali e sonoro-musicali,si osserva come ad un certo punto la relazione con l’Altro non venga messa in “discussione” da parte del bambino con DGS (dopo almeno quattro mesi di terapia ),nonostante le sue difficoltà di interazione. Potrebbe formarsi un’esperienza simbolica del tipo : “Ti riconosco e riconosco questo luogo. Stare vicino a te mi piace;la tua vicinanza e il tuo contatto mi gratificano anche se ciò a volte mi fa sentire sovrastimolato e sommerso” . Si oscilla continuamente fra gradi maggiori e minori di coordinazione,con una flessibilità che abbraccia una scala che va dalla corrispondenza in alcuni momenti,alla disgiunzione in altri. Riparare le disgiunzioni è compito del musicoterapista all’interno della relazione d’aiuto. Le disgiunzioni e i continui sforzi di armonizzazione delle interazioni rappresentano un importante principio organizzativo per il bambino con DGS. Anche le disgiunzioni si avvicinano al modello di regolazione attesa,poiché i tentativi di “risoluzione” da parte del caregiver diventano una sequenza attesa .In tal modo,il bambino impara ad aspettarsi che la riparazione sia possibile (Tronick,1989).(6) L’espressività vocale,con il suo diretto rimando alla fisicità sonora del corpo,rappresenta una buona “chiave d’ingresso” per accedere a stati mentali primitivi,poiché rimanda al primitivo “oggetto sonoro”,la voce materna,precursore 93 dell’oggetto interno post-natale. La voce,alternandosi col silenzio ,dà luogo ad esperienze primarie di presenza/assenza svolgendo un ruolo essenziale nella costruzione di un primitivo involucro psichico (Anzieu,1976,1978). Ciò che è emerso dall’analisi più generale dei videotape è il riflesso di un’”architettura” cocostruita esposta a continui “ritorni” su determinati temi vocali e sonori assimilabili al concetto musicale di ritornello.Il ruolo del ritornello è territoriale.Esso rappresenta il cerchio tracciato intorno al centro;è porzione di mondo;è casa-rifugionascondiglio e definizione-identità-rappresentazione di sé. Gli aspetti ritmici giocano un ruolo speciale in quanto forze interattive,flussi e passaggi che cercano di organizzarsi intorno ad una struttura.Questi aspetti legati al “musicale” si collegano, in modo più ampio, alla presenza di patterns di organizzazione emergenti e ricorrenti che caratterizzano tutte le relazioni umane. A livello vocale e sonoromusicale queste “organizzazioni” della vita affettivo-relazionale prendono forma attraverso i formati che caratterizzano l’interazione della diade bambinomusicoterapista. In termini di sviluppo, i vantaggi più importanti per una prospettiva terapeutica sono associati alla possibilità da parte del musicoterapista di sintonizzarsi sui bisogni del bambino con DGS,fornendogli un insieme sempre più denso di sicurezze esterne ed interne che gli possano permettere di affrontare le difficoltà legate alle sue interazioni con il mondo. Le esperienze vocali e sonore danno origine a stati emozionali soggettivi complessi :essi si inscrivono nella variazione degli stati di tensione e distensione del corpo. In questo modo,le risposte del corpo possono influenzare i meccanismi di “valutazione” e indirizzare i successivi processi di elaborazione . Gli stati della mente,sollecitati dalle variazioni dei parametri sonoromusicali ,vengono quindi creati all’interno di stati psicobiologici del cervello e del corpo. I cambiamenti degli stati del corpo vengono percepiti e rappresentati a livello 94 cerebrale sotto forma di marker somatici (Damasio,1994). Ricordi di precedenti esperienze emozionali evocano marker che si attivano secondo una “logica” del “come- se” (“as-if” loops,secondo Damasio).(7)La melodiosità della voce,il suono,la musica ,evocano a livello senso-percettivo marker “come -se” che vengono vissuti nel teatro del corpo aprendo la possibilità al bambino a diverse associazioni sul piano emotivo che,all’interno di uno spazio protetto e privilegiato,possono trasformarsi in “materiale” condivisibile a livello intersoggettivo. Anche in quadri di severi disturbi sul piano comunicativo-relazionale,il bambino distingue oggetti animati e inanimati nell’ambiente circostante,attribuendo ai primi reazioni e risposte emozionali peculiari e differenziate.Questo accade soprattutto per la voce umana.Ciò che va sempre tenuto conto con i bambini affetto da DGS è l’effettiva loro “portata del ponte” del livello di attivazione emozionale o per usare l’espressione di Siegel (1999) le loro finestre di tolleranza.(8) Questo concetto è molto importante ai fini di una ricaduta nella prassi musicoterapica. Tutti gli esseri umani posseggono una “finestra di tolleranza”,margini entro i quali stati emozionali di diversa intensità possono essere processati senza che ciò comprometta il funzionamento del sistema nel suo complesso. Nei bambini con DGS questi margini sono più ristretti e dunque stati emotivi molto intensi si possono “accendere” anche in assenza apparente di particolari stimoli.Le funzioni integrative delle emozioni, nelle quali i processi di autoregolazione e di regolazione interattiva permettono interazioni elastiche e adattive con l’ambiente,vengono spesso “sospese” .Sono stati alternativamente rigidi o caotici :stati definibili di disregolazione emotiva. Questi limiti delle “finestre di tolleranza” sono determinati nei DGS innanzitutto da problematiche di ordine biologico-costituzionale,ed in secondo luogo si determinano sulla base delle risposte che l’ambiente offre e alle 95 influenze legate alla storia delle passate esperienze.(9)Le esperienze di contenimento e di attivazione vocale e affettiva non si riducono all’azione della voce. Espansione del corpo,la vocalità abbraccia tutto ciò che ,in noi,si rivolge all’Altro,in particolare attraverso l’udito, il gesto e lo sguardo.I movimenti del corpo diventano sonori (dal gr.phonè “voce,suono”)e il suono vocale produce un’azione, “fa qualcosa”(dal gr. poiesis,deriv.del v.poiein, “fare”). La gestualità si definisce così in termini di distanze e di tensioni piuttosto che come sistema di segni. L’ esperienza musicoterapica cerca di ampliare le “finestre di tolleranza” dei bambini con DGS,dando loro la possibilità di sviluppare modalità più flessibili nel vivere se stessi,gli altri e la realtà che li circonda. Il superamento delle “finestre di tolleranza” si accompagna a livello neurologico,secondo gli studi di Siegel (1999),a un’inibizione dei meccanismi percettivi più corticali,mentre assumono un ruolo dominante le attività somatiche e sensoriali più “elementari”. In queste situazioni tutti gli esseri umani “sentono” intensamente e agiscono più sotto l’influsso di una “necessità” che di una “progettualità”.In altre parole,entriamo in uno stato in cui potenzialmente prevalgono risposte riflesse a stimoli somatici e sensoriali. Queste caratteristiche definiscono la condizione esistenziale dei bambini con DGS,poiché essi vivono spesso prolungati stati di disorganizzazione. Il trattamento musicoterapico può essere visto come un’azione costante di aiuto che possa permettere l’acquisizione di stati emotivo-affettivi più armonici,trasformando l’”energia emozionale” in esperienza concreta condivisa con l’Altro a contatto con determinati materiali sonori (la voce ,il corpo ,gli oggetti musicali) che nel “fare” prendono “forma”. Il “fare” del musicoterapista riproduce situazioni non troppo lontane dal tema originario dello stimolo, causando un piccolo carico di frustrazioni nel bambino connesso allo sforzo di dover attivare un minimo “nuovo” livello rappresentazionale.Le sintonizzazioni inesatte (Stern,1985), che costituiscono il 96 fondamento di qualsiasi modalità di comunicazione non verbale,favoriscono quindi un primo approccio elaborativo,basato sul riconoscimento di una buona parte dello stimolo originario,e quindi una condotta rassicurante legata al campo del consueto (ripetizione),quanto sulla necessità di dover affrontare una piccola variazione che consente al bambino con DGS di sperimentare il campo del nuovo e di aprire la mente a nuove strategie di funzionamento (tema con variazioni).(10) 5.4 Delineamento del profilo comunicativo-vocale all’interno del trattamento musicoterapico del bambino con DGS. Il cercare di delineare un profilo comunicativo-vocale, all’interno del trattamento musicoterapico del bambino con DGS, rappresenta un’ipotesi conoscitiva che integra i processi descrittivi e valutativi con i dati ulteriori che la vocalità conferisce alle modalità d’interazione all’interno del setting . Il profilo rappresenta uno strumento efficace in fase di assessment Iniziale (dopo le prime 4-5 sedute),Intermedio (dopo circa 24 sedute) e Finale (48 sedute),da poter condividere all’interno dell’équipe multiprofessionale.Esso riassume e commenta i dati emersi dalle descrizioni delle sedute (protocolli),dalle descrizioni/valutazioni dei videotape,e dal confronto effettuato nei momenti di supervisione. 97 Profilo comunicativo-vocale Nome e cognome------------------------------- data-----------------------------------Età------------------------ diagnosi------------------------------------------------------ Analisi strutturale dell’espressività vocale----------------------------------------(Viene descritto il livello di sviluppo della produzione vocale del bambino , le sue caratteristiche sonore,l’eventuale presenza di ecolalie o stereotipie verbali , l’investimento emotivo del bambino su tali caratteristiche.Si delinea la presenza e la descrizione di vocalizzi,di aspetti sillabici,di lallazioni,di onomatopee,di parolefrasi,di frasi ampliate e complesse e il loro uso come capacità/strategie di espressione di bisogni/richieste ,richiami,regolazione dello stato edonico e delle emozioni,organizzazione del pensiero e delle emozioni. Si analizzano le produzioni vocali secondo la scala di sonorità e si pongono in rilievo gli investimenti da parte del bambino in suoni o gruppi di suoni : scala di sonorità Vocali (a,e,i,o,u) Semiconsonanti “j”,”w” Consonanti :laterali “l”,vibranti “r”,nasali “m,n”,fricative sonore “v,z”e sorde “f,s” , occlusive sonore”b,d,g” e sorde “p,t,k” ---------------------------------------------------------------------------------------più sonorità meno sonorità Inoltre si cercherà di individuare l’uso dell’espressività vocale (atti fonopoietici) secondo caratteristiche tipiche di un codice vocale ristretto e privato (riferimento al “qui ed ora”,espressività molto contestualizzata e implicita dove prevalgono 98 aspetti concreti) rispetto ad un codice vocale più elaborato ,orientato “verso la persona”,maggiormente condivisibile sul piano interpersonale). Dinamiche d’intensità ------------------------------------------------------------(Volume della voce,uso dei crescendo e dei diminuendo,aderenza o non aderenza al contesto esperienziale). Dinamiche d’intonazione----------------------------------------------------------(Aspetti melodici ed intonazionali ,presenza del cantilenare o del cantare in tono,aderenza o non aderenza al contesto esperienziale). Elementi ritmici-------------------------------------------------------------------(Configurazioni ritmiche delle emissioni vocali;velocità,pause, esitazioni,silenzi;individuazione di legami con i movimenti del corpo e le azioni d’esplorazione degli oggetti sonori come grattare,pizzicare,soffiare,…). I suoni vocali vengono distinti in : continui o legati (sulla partitura musicale vengono indicati con “legature di portamento”), suoni intermittenti o cellule melodiche (suoni legati,intervallati a momenti di silenzio,legature di portamento più brevi),suoni staccati o a colpo( i suoni puntati in partitura o accentati) e suoni iterativi (sonorità simili ai trilli,ai glissati, ai tremoli). Comportamento spaziale------------------------------------------------------------------(Posizioni reciproche più ricorrenti nel setting fra bambino/musicoterapista,distanza interpersonale,contatto corporeo,orientazione,postura;spazio di occupazione:definito 99 dal corpo fermo in relazione con se stesso mentre si esplora;spazio di esplorazione: definito dal corpo in movimento,dal corpo del musicoterapista e dagli oggetti sonori; spazio di relazione: risultato delle due precedenti acquisizioni e definito dal rapporto oggetto-corpo del bambino-corpo del musicoterapista). Esplorazione degli oggetti sonori-------------------------------------------------------(Oggetto inglobato dal corpo come parte di sé;oggetto come scoperta durante l’esplorazione che diventa acquisizione percettiva del corpo in movimento;oggetto che interviene nella strutturazione dello spazio di relazione come traccia della presenza del corpo,divenendo mediazione del contatto fisico ed affettivo e come tale elemento di scambio comunicativo). Espressioni del volto/sguardo------------------------------------------------------------(Mimica del volto,risposta del sorriso,evitamento o aggancio dello sguardo rapido o prolungato,esplorazione del volto del musicoterapista da parte del bambino). Comportamento cinetico------------------------------------------------------------------(movimenti del corpo e delle mani;presenza di alcuni schemi motori come gattonare,strisciare,correre,saltare;stato di tensione/distensione,rigidità/fluidità;gesti autoadattatori,imitativi,emblematici,espressivi,stereotipie motorie). 100 Andamento dialogico----------------------------------------------------------------------(Alternanza dei turni,circolarità e reciproca modulazione nell’interazione sulla base dei tre principi di salienza :regolazione attesa,rottura e riparazione,momenti affettivi intensi). Tipo di esperienze sonoro-musicali---------------------------------------------------------(Descrizione dei principali formati d’interazione vocale e sonoro-musicale,scelta degli strumenti musicali e dei brani d’ascolto e loro utilizzo,condotte musicali d’esplorazione e d’espressione,caratteristiche delle sonorità che emergono durante le sedute,leitmotiv vocali e musicali ricorrenti). (11) Note al capitolo quinto 1) Cfr. R.O . Benenzon,Musicoterapia,esperienze di supervisione,Phoenix editrice,Roma 1999,cap. di A.Raglio La ricerca in musicoterapia,pp.91-124; si veda inoltre AA.VV. Quaderni di musica applicata,n.22 –ottobre pp.186-195. 2) Cfr. A.e F. Brauner (1978),Il linguaggio verbale e non verbale del bambino psicotico,Armando Editore,Roma,1991. 3) D.J. Siegel (1999), La mente relazionale-neurobiologia dell’esperienza interpersonale,Raffaello Cortina Editore,Milano,2001. 4) AA.VV. Enciclopedia della musica,Garzanti editori, ristampa 1999,voce “sonata”,p.875. 5) B.Beebe /F.M. Lachmann,op.cit.,pp.104-108. 6) Cfr.E.Tronick (1989),tr.it. (a cura di ) Riva Prugnola,La comunicazione affettiva tra il bambino e i suoi partner,Raffaello Cortina Editore,Milano,1999. 7) D.J.Siegel (1999),op.cit. p.142,147. In queste pagine l’autore riprende gli studi di A.Damasio (1994). 8) Ivi,p.249 9) Ivi,p.250 10) P.L.Postacchini et alii,Lineamenti di musicoterapia,op.cit., p.115. 11) I riferimenti bibliografici principali per la stesura del profilo comunicativovocale sono stati : M.Argyle(1978),Il corpo e il suo linguaggio,Zanichelli seconda edizione ,Bologna, 1992. M.Bonaiuto/F.Maricchiolo,La comunicazione non verbale, Carocci,Roma,2003. (a cura di) M.Orsolini,Il suono delle parole,percezione e conoscenza del linguaggio dei bambini,La Nuova Italia,Milano,2000. I.Fonagy,La vive voix,essai de psycophonétique,Payot,Paris,1983.Anolli /Ciceri ,La voce delle emozioni,Franco 101 Angeli,Milano 1992. G.Manarolo,L’angelo della musica-Musicoterapia e disturbi psichici,Omega edizioni,Torino,1996. Capitolo sesto QUATTRO CASI RAPPRESENTATIVI 6.1 La storia di P. :il “colore” dei vocalizzi Notizie anamnestiche : P. è un bambino di cinque anni e mezzo. La sua diagnosi parla di Autismo Atipico. E’ figlio unico. P.è stato allattato al seno fino al sesto mese di vita,ha raggiunto la posizione seduta al settimo mese e la deambulazione a tredici mesi. Ha sempre amato il contatto corporeo,ma il suo sguardo era particolarmente sfuggente e sembrava non distinguere le figure familiari dagli estranei. Gli inserimenti al nido e alla scuola dell’infanzia si rivelano “burrascosi”. P. non gioca con i coetanei,resta isolato e in disparte e sembra non stimare alcun pericolo. Si riscontra inoltre: ritardo 102 del linguaggio,ipercinesia, ritardo dello sviluppo psicomotorio .P. è motoriamente spigliato e si sposta incessantemente da un oggetto all’altro senza posarsi sulla persona. Sembra non prestare attenzione ai messaggi verbali e si comporta come se gli altri non fossero presenti. Presenta un uso primitivo degli oggetti con scarso interesse per i giochi se non per il portarli alla bocca o per sbatterli in cerca di stimolazioni tattili,acustiche e visive. Emette qualche vocalizzo ma apparentemente non comunicativo. Trattamento musicoterapico e delineamento del profilo comunicativo-vocale: Gli obiettivi generali del trattamento musicoterapico si sono configurati nell’espansione della vocalità del bambino come strumento comunicativoemozionale all’interno della relazione terapeutica e nel sostenere la sua esplorazione sonoro-musicale degli strumenti come ampliamento dell’esperienza sensoriale,corporea e affettiva. Il GOS (gruppo operativo strumentale)di partenza è costituito da : pianoforte,chitarra,grancassa, maracas,piccoli sonagli,xilopiano della Chicco,flauto dolce.Nel setting è inoltre presente uno specchio a parete,un materassino,un tappeto-moquette ed un pouf. Ad una prima osservazione (primi tre mesi di trattamento ) P. si esprime vocalmente attraverso vocalizzi prevalentemente sulle vocali “I” ed “E”con una intonazione di tipo discendente.Tali vocalizzi, acuti e striduli , accompagnano soprattutto le sue azioni motorie :corsette in diagonale per il setting,saltelli,piacere nello sbattere 103 alcuni sonagli.Ricerca da subito il contatto corporeo.Quando si lascia cullare e dondolare, l’intensità dell’emissione vocale diminuisce ed escono suoni vocalici sulla “A”. Mette in bocca i vari sonagli presenti nel setting (preferendo quelli più morbidi di gomma) e nell’esplorazione della bocca scopre il suono ad intermittenza del “fare l’indiano”(uah-uah-uah).Accetta anche che la mia mano si posi sulla sua bocca per ottenere lo stesso effetto,ma l’atteggiamento messo in atto all’inizio delle interazioni è di “caccia e fuga”. Esce però la risposta del sorriso quando lo rincorro,amplificando il mio avvicinarmi con vocalizzi che inizialmente richiamano i suoi o con suoni acuti emessi dal flauto dolce. E’ attratto dal salire sopra gli oggetti sonori. Con i piedini scalzi è gratificato dall’esplorare le corde della chitarra e lo xilopiano. Tenta di arrampicarsi con l’intero corpo sui tasti del pianoforte; si aggrappa al mio corpo per riuscire a questo intento.Saltella sulla grancassa posta da me vicino allo specchio. Mentre saltella l’emissione dei vocalizzi “subisce” la ritmicità dei saltelli. Amplifico questa ritmicità con l’uso della mia voce che canta il suo nome e gioca con i suoni che lo compongono .Propongo melodie vocali che inizialmente si sintonizzano sui suoi movimenti ma che gradatamente allentano la ritmicità trasformandosi in NINNA NANNE: “OOH,OOH,OOH,QUESTO BIMBO A CHI LO DO” ,”DIN ,DON,DIRIDIRIDON”. Si configurano i primi formati vocali e sonoro-musicali d’interazione. Inserisco nel GOS altri strumenti : il palo della pioggia e due bottigliette di plastica con acqua e sassolini colorati. P. accorcia le distanze da un punto di vista corporeo:mi viene spontaneamente vicino. In alcuni momenti accarezza i miei capelli e si succhia il pollice. Aumentano i momenti in cui siamo l’uno di fronte all’altro (P. si trova coricato sul pouf ed io gli sono di fronte).Inizia un’aggancio dello sguardo più prolungato.In questa posizione scopre il “funzionamento” del palo della pioggia:dosa lentamente il movimento delle manine per fare oscillare lo strumento. Le bottigliette con i sassolini se le 104 scuote davanti agli occhi (piacere visivo) e poi le porta alla bocca. Nei tre mesi successivi di terapia,P. scopre il piacere dei clusters al pianoforte. L’interazione si svolge fianco a fianco.I suoi clusters sono nel forte,dati con molta energia ,con una scansione ritmica irregolare. P. accompagna questa azione sullo strumento con vocalizzi sulle vocali “I,E,A”.Propongo alcune semplici melodie all’interno di un’ottava. Esce il suono “GHIIII”,sempre acuto e discendente. Mi porge in questo periodo i piedi. E’ gratificato dal fatto che li accarezzo e gli tocco dito per dito accompagnando l’azione in senso vocale con la “Filastrocca delle dita”.Si crea in P. un momento di attesa per il finale “…e il mignolino mangia tutta la pappa” e la conseguente pernacchietta che gli faccio sul piede. Sorride e mi esplora il volto con lo sguardo.Si crea qualche momento di “rottura” nella frustrazione di non riuscire a salire sopra il pianoforte.In alcune sedute appare più agitato e caotico.In questi momenti spesso P. non sta bene fisicamente (non è stato bene a casa,non ha dormito). Se si sente in qualche modo contrariato, in alcuni momenti, aumenta la sua tensione emotiva.Si differenziano nettamente i vocalizzi di quando esplora motoriamente il setting,da quelli di autoesplorazione da coricato,a quelli di contatto corporeo dove escono suoni vocali fra la “O” e la “U”e “UMMMMH”. Successivamente introduco nel GOS due campane intonate sulle note LA e FA diesis tenute insieme da un unico pezzo in lega di metallo. Accordo la chitarra con accordatura aperta sull’accordo di RE maggiore. Propongo il tema vocale “TINON,TI-NON ,TI-NON E CIAO CIAO A TE”.Mi esce come tutti i temi vocali proposti,spontaneamente, nel flusso delle interazioni con P.,frutto della sintonizzazione sui particolari momenti di regolazione attesa che si vengono a creare seduta per seduta. P. è attratto dal far risuonare il campanaccio. Con la chitarra creo un tappeto sonoro alle sue produzioni con il giro di accordi aperti RE – SOL-RE-LA –RE. Si lascia accarezzare sul viso. Al tatto, sento i suoi muscoli 105 facciali molto tesi,soprattutto nella zona mascellare. In questo periodo spesso digrigna i denti. Tenta di soffiare nel flauto e in alcuni suoi tentativi riesce ad emettere suono.Rinforzo con un “BRRAAVOOO!”.Il “tema del campanaccio” rappresenta un altro formato d’interazione vocale e sonoro-musicale.Lo vario a livello ritmico,timbrico e cambiando i suoni vocali.Aumenta l’esplorazione del mio volto. Quando vado a trovarlo nel suo gruppo classe mi riconosce sia per la voce, quando non mi vede ,o per via visiva quando mi avvicino volutamente senza parlare.La risposta è del sorriso , mi corre incontro e vuole essere preso in braccio (allunga le mani per essere afferrato).Dopo circa dodici mesi di terapia, escono nuovi suoni vocali :un “KRRRRR” pronunciato nel pianissimo e iterato e un “AGNAGNAGNA” velocissimo mentre si guarda allo specchio.In questo periodo sono le nacchere con stelo ad interessarlo molto come oggetti che si possono trasportare nel movimento corporeo. Le esplora con la bocca e con il movimento della mano “a pinza”.Inserisco nel setting un grande scatolone di cartone con lo scopo di alternare i momenti di esplorazione motoria a momenti più contenuti in termini spaziali e relazionali.L’oggetto piace molto a P. Inizia il suo gioco d’esplorazione del “dentro/fuori”. Quando si cala dentro e si rannicchia seduto,da fuori, lo chiamo con il gioco del “CUT….AAAH!” ,dove al suono “AAAH” corrisponde il mio mostrarmi con il volto. Ride e rimane fermo immobile nell’attendere l’effetto sorpresa. Anche questo rappresenta un’importante formato d’interazione. Lo vario con altri riferimenti sonori e vocali come “TOC,TOC,…CHI C’E’?...DOV’E’ QUESTO BIMBO?”intonati su intervalli di terza e di quinta ascendenti e discendenti. Quando esce dallo scatolone lo batte con le mani o lo fa strisciare sul pavimento.Accompagno le sue azioni con suoni come “ZZZZZZZ” o “FRRRRRRR”. Nell’esplorazione dei sonagli emergono alcune stereotipie motorie:li sfarfalla davanti agli occhi.Riprendo il ticchettio delle nacchere con 106 melodie che inseriscono suoni vocali come “TIK E TIK E TIK”. Nei mesi successivi (dopo circa 18 mesi di terapia) P. trasferisce la piacevolezza del sentirsi contenuto sul pouf. Gli si tuffa dentro.Inizio a giocare con lui “chiudendolo a panino”, aprendo e chiudendo una parte del pouf su di lui: escono risate da parte di P.In questi momenti affettivi intensi,il bambino investe molto sull’esplorazione del mio volto.Osserva le smorfie che gli faccio,anche se non è ancora in grado di inferire uno stato emotivo corretto dall’espressività facciale dell’altro,ma è come se fosse sulla soglia per comprenderlo. E’ invece molto sensibile al tono della voce. In quest’ultimo periodo ho inserito nel setting anche l’uso di alcuni ascolti di brani musicali strumentali per bambini (suoni della natura e degli animali inseriti in un’orchestrazione che utilizza xilofoni,metallofoni,sonagli,carillons) per osservare le reazioni di P. Non appena parte la traccia del CD, dirige lo sguardo verso la fonte sonora. Su questi brani interagiamo con il corpo,la voce e gli strumenti musicali del GOS. Essi potranno configurarsi come formati d’interazione significativi per il bambino. P. infatti vocalizza maggiormente nel dialogo tonico-corporeo,la sua espressività vocale si “colora”maggiormente nella relazione corporea. La sua vocalità è legata all’esprimere il proprio tono edonico e all’energia d’investimento verso alcuni oggetti che lo attraggono.I vocalizzi fanno risaltare i suoi vissuti di tipo sensoriale e corporeo. Da un’attenzione di P.( segnalata anche dai genitori) più orientata verso il “mondo dei rumori” si sta delineando un’investimento emotivo da parte del bambino al “mondo dei suoni”,soprattutto quelli emessi dalla voce umana e condivisi all’interno di una interazione corporea.Inoltre si delinea la capacità di P. di indirizzare la propria attenzione verso un focus d’interesse vissuto sul piano della dimensione interpersonale. 107 6.2 La storia di PG: lo “spazio sonoro” della lallazione Notizie anamnestiche : PG ha 6 anni quando inizia il trattamento di musicoterapia. La cosa che maggiormente mi colpì di quel bambino furono i suoi immensi occhi azzurri,che spesso teneva bassi o ti guardavano di lato, e il suo pianto. Un pianto continuo e inesorabile che si è protratto per vari mesi. Questo ha creato molta tensione emotiva soprattutto da parte dei genitori,facendoli pensare “che PG non si sarebbe mai abituato alla nuova situazione”. Nel frattempo il bambino ritrovava una maggiore serenità,il suo pianto sfumava anche in piccoli sorrisi. Una modalità che lo aiutava a scaricare la propria tensione interna era rappresentata dal fatto di non rimanere in uno spazio chiuso e di camminare. PG afferrava la mano di chiunque e voleva camminare. Camminare ovunque,senza una meta,a passo sostenuto. Poi ha iniziato a preferire una mano,quella della sua educatrice e ad accettare lo spazio della propria aula. Il contatto corporeo lo metteva in allarme. La diagnosi di PG parla di un ritardo mentale grave con tratti psicotici. Nei primi due anni di vita ci si accorge che “qualcosa non funziona in PG,rispetto agli altri bambini”: ritmo sonno-veglia fortemente alterato con frequenti risvegli notturni,pianti in apparenza immotivati,mancanza di controllo sfinterico,difficoltà di alimentazione,scialorrea. Ha conquistato la posizione seduta fra il settimo e l’ottavo mese di vita;ha gattonato fino al diciassettesimo mese raggiungendo la deambulazione autonoma a partire dai diciotto mesi di vita, “spesso in punta di piedi” quando si trova emotivamente coinvolto . La lallazione è comparsa fra il sesto ed il settimo mese,anche se sul piano della comprensione il bambino sembra prestare poca attenzione a ciò che gli accade intorno. I suoi schemi ludici appaiono ripetitivi e monotoni. Nei primi tre 108 anni di vita PG era arrivato a pronunciare qualche parolina usata in contesti comunicativi adeguati (mamma,papà,nonna,pappa) segnalando i bisogni legati al fare “cacca e pipì”. Poi tutto si è involuto. Trattamento musicoterapico e profilo comunicativo-vocale: Durante le prime sedute, la permanenza di PG all’interno del setting era di una decina di minuti. Quando è partito il mio disegno di studio sulla vocalità,avevamo entrambi un anno di terapia alle spalle. Ormai PG si sentiva molto sereno sul piano della relazione con me e con lo spazio-tempo terapeutico. Dopo altri tre mesi di terapia, la situazione è la seguente : PG è più sicuro motoriamente anche se tende ancora a non badare agli ostacoli che può incontrare mentre cammina. Prova un piacere autoreferenziale per alcuni aspetti motori (soprattutto nel “raggomitolarsi” sul materassino). Tali comportamenti contribuiscono a regolare il proprio stato interno : rotolarsi,distogliere lo sguardo, succhiarsi la maglietta indossata ,emettere suoni gutturali sono esempi di strategie autoregolatorie del bambino che lo aiutano ad abbassare il suo livello di attivazione nella regolazione interattiva. La sua espressività vocale si caratterizza da suoni sillabici continuativi (DA DA DA o TAI TAI TAI) oltre che da vocalizzi e suoni gutturali. Iniziano a configurarsi i primi formati d’interazione vocale e sonoro-musicale che creano in PG un primo senso di aspettativa . Nei momenti di silenzio utilizza spesso la stessa postura :si mette di schiena rispetto a me e in ginocchio sul tappeto o sul materassino presente nel setting. In questi momenti è come se PG eliminasse lo spazio visivo per “concentrarsi “ancora di più su quello acustico: si trova sospeso in una soglia di attesa. E’ gratificato dalla mia voce che canta. Spesso compie dei balzi che lo vedono scattare in piedi per poi fare qualche corsetta in tondo nel setting. 109 PG in questo periodo ha un atteggiamento “recettivo” con gli oggetti sonori. Raramente li tocca. Si pone “in ascolto”.Il GOS è caratterizzato dai seguenti strumenti : pianoforte,chitarra,sonagli,maracas,glocken. Inserisco anche l’ascolto di brani strumentali per bambini .Trascorsi altri tre mesi di terapia, PG sorride e aggancia in alcuni momenti lo sguardo quando imito le caratteristiche della sua produzione vocale ed espando i “suoi suoni”. Riesce a produrre una pernacchietta e si specchia mentre esce il suono. Compaiono stati di eccitazione corporea quando gli suono e gli canto le canzoncine divenute per noi significative che rappresentano i nostri formati che si prestano ad essere variati (“La vecchia fattoria”,”Il ragnetto”,”Se sei felice”,”Ciao PG”).Ci specchiamo insieme (PG controlla con lo sguardo i miei movimenti) e non esita ad appoggiarsi sulla mia schiena mentre sono seduta alla ricerca di un contatto corporeo. Coglie quando lo chiamo cantando. Sorride e batte le mani. Riconosce i brani musicali in ascolto ( una versione strumentale della “Vecchia fattoria”,un brano intitolato “Bolle”,nel quale si ode l’azione del fare le bolle nell’acqua,e una versione per bambini del “Valzer dei Fiori”).Anch’essi rappresentano formati d’interazione che caratterizzano le sedute. Successivamente emerge una lallazione più variegata : “TAI TAI TE TE TE” alternati a “DE DE DE” e a suoni vocalici sulla “A” e sulla “E” con intonazione discendente. Introduco in questo periodo tre nuove canzoncine :le canto a PG accompagnandomi alternativamente alla chitarra e al pianoforte ( “Il valzer delle foglie”, “Il millepiedi”e una mia variazione al brano di M. Knopfler “Wild Theme”con la quale lo contatto attraverso la mia voce che canta con un “ la ...la…la…”che segue la linea melodica). Il ritmo è l’elemento che si sintonizza sul suo corpo in movimento: ad un aumento della velocità corrisponde spesso un caricamento emozionale e corporeo maggiore ad aumentano quantitativamente i vocalizzi di PG. Alterno ritmi binari a ritmi ternari. I miei suoni 110 vocali e strumentali orientati verso una maggiore acutezza “imprimono”gradualmente la forza in PG di sintonizzarsi su di essi ampliando la sua estensione vocale verso l’”alto”. Escono vocalizzi sulle “I” .L’utilizzo di PG dei fonemi T e D (dentali anteriori) come “transitori d’attacco vocali” denotano una protrusione verso l’esterno. La T in particolare “taglia” e si staglia nello spazio sonoro.I suoni gutturali sembrano rappresentare più un piacere autoreferenziale e una modalità di autoregolazione o un “rompere il silenzio”nei momenti di disagio. I videotape di alcune sedute con P. mettono in risalto la presenza di un “palleggio vocale” fra me e il bambino: lui vocalizza o lalla,io rispondo con la voce o con uno strumento musicale.Quando gli rispondo con il flauto o con i glissati del glocken e del metallofono diatonico,mi rimanda suoni vocali più acuti con una spinta maggiore dell’emissione d’aria. Ora PG è passato al fare attenzione agli oggetti e al piacere di afferrarli. Si accorge dalla mia postura quando inizio a lanciargli le maracas o i sonagli : ora si aspetta questa mia “mossa”,li afferra e ultimamente se li porta alla bocca. Le nostre interazioni si caratterizzano dunque dalla “triade” bambino-adulto-oggetto. Il suo sguardo è più prolungato. PG guarda sia gli oggetti sonori che gli interessano per poterli poi autonomamente afferrare sia il mio volto. Non sono ancora uscite azioni specifiche sugli oggetti (scuotere,battere,lanciare,ecc.),alcune di esse sono ancora casuali. E’ diminuita la distanza interpersonale. In alcune interazioni PG si lancia tra le mie braccia :registro in questi casi una sorta di “abbandono” del bambino. I suoi muscoli sono rilassati.Se si sente però troppo trattenuto dall’abbraccio si riallontana. Accetta il solletico accompagnato dal mio “GRIRIGHIRI”vocale :gli escono risate sonore. Le ripetizioni modulate,le cantilene,le canzoni sussurrate o ritmicamente scandite,stanno lasciando un’impronta non solo melodica ma soprattutto affettiva, che riemerge in ogni seduta con PG, come testimonianza di un linguaggio- 111 espressione-di affetti che si arricchisce di volta in volta attraverso la strategia del “tema con variazione” e dell’”alternanza”. Alternanza timbrica,ritmica,di altezze e intensità,di voci che si chiamano,si rincorrono,scappano e che sottolineano il proprio “essere con l’altro”. 6.3 La storia di M. : il gioco delle onomatopee Notizie anamnestiche M. ha iniziato il trattamento musicoterapico all’età di sette anni . Ho “monitorato” le sue produzioni vocali nell’arco di tempo di un anno e mezzo. La sua diagnosi parla di un ritardo mentale grave su base cerebropatia con spunti psicotici. M. ha conquistato la stazione eretta con sostegno a diciannove mesi. A tre anni ha iniziato la deambulazione con appoggio,a cinque quella autonoma. Si sposta nello spazio in modo rigido e incerto,con il corpo in evidente stato di tensione muscolare con arti inferiori a base allargata. L’immagine che si può ricevere di M. è di un simpatico “Pinocchietto”,provocatorio e irriverente nei modi d’interagire con gli altri .Se si impossessa di un oggetto lo batte per terra o su superfici che gli restituiscono una buona dose di rumore. Ama “presentarsi” in modo “clamoroso e bizzarro”. Quando la “temperatura emozionale” gli sale,manifesta comportamenti 112 auto ed eteroaggressivi. Usa modalità sensoriali di tipo prossimale:lecca spesso oggetti e superfici ; si lascia contenere e consolare a livello corporeo,anche se spesso evita lo sguardo. La lallazione è comparsa in epoca regolare. Spesso emette grida o accompagna con suoni vocalici indifferenziati la sua attività manipolatoria. Trattamento musicoterapico e profilo comunicativo-vocale La cosa che mi sempre colpito di M. è la sua straordinaria capacità di trasformare in “esperienza vocale” il suo rapporto con il mondo. Già dalle prime sedute osservavo le sue scelte vocali assolutamente pertinenti con il tipo di esperienza senso-motoria vissuta. Pur in assenza di particolari problematiche motorie,a parte una rigidità muscolare diffusa,all’inizio del trattamento M. si rannicchiava sul pavimento rimanendo pressoché immobile o spostandosi con attività di striscio;per portarlo fuori dal setting a fine seduta spesso dovevo prenderlo in braccio. Gli oggetti del GOS potevano trasformarsi da un momento all’altro in “armi” contro se stesso.Il setting di partenza si è caratterizzato dal pianoforte,dalla chitarra, da un tamburo basco di dimensioni medie,maracas e sonagli. La prima sua associazione vocale con le maracas è stata “CI CI CI – CU CU CU”. E’ stato il nostro primo formato d’interazione. M. ha accettato di alzarsi da terra e “supportato” dalle mie braccia che lo sorreggevano,ha cominciato a condividere il dondolio alternato dei due piedi sul ritmo caratterizzato da una cellula regolare composta da breve-brevelunga/breve-breve-lunga. Lo scuotimento delle maracas gli faceva produrre suoni sibilanti come “SSSSSS”.Le sue capacità imitative iniziano a fargli esplodere tante parole ,soprattutto a contatto con i coetanei. Investe in tutte le parole che contengono i suoni “S,Z” e “R”siano essi all’inizio o all’interno della parola. Sono suoni che “volano” veloci e “rotolano”dappertutto. Escono nuovi formati 113 d’interazione. La “partitura sonora “ di M. è molto ricca. I glissati del pianoforte sono i “VRRROING”.La vibrazione delle corde della chitarra è il suono vocale “FRRRRR”. Il guiro rappresenta il “CRA CRA “della “RANA VERDE”.Cocostruiamo variazioni su i suoi temi esposti. Ripete spesso una frase tratta da una storia che gli hanno raccontato “SONO IL MOSCONE VERDE!”, accentuando i suoni “S” e “R”. Aumenta con il trascorrere delle sedute la consapevolezza di M. di ciò che è presente nel setting. Dopo dodici mesi di terapia,M. mostra di sapersi orientare bene nello spazio terapeutico. Si dirige autonomamente verso gli oggetti che lo interessano. La sua produzione sonora e vocale rispecchia in ogni seduta lo stato emotivo del momento.Quando è più teso le intensità aumentano ed anche la sua rigidità corporea . Il tamburo si chiama “TANKETE TANKETE”.La grancassa è la “BELLA SCATOLONA” e fa “PUM PUM PUM”. E’ buffissimo nello scandire il mio nome trasformando in un suono espirato la parte finale di “ANTO-NELLLAAAHH”. Rispondo con il gioco corporeo-vocale del fare lo “SHAMPOO”. E’ gratificato dalla mia mano che gli tocca i capelli. Investe molto nei glissati della voce soprattutto in quelli discendenti. Gli escono risate quando gli faccio sentire la mia voce che canta suoni bassi e un po’ gracchianti. Intona alcune linee melodiche. Si aggiungono brani cantati e filastrocche cariche di rimandi fonosimbolici: M. scopre poi il piacere del “cantare insieme”.Ride per il gioco musicale del darsi “botta e risposta”. Si sono venuti a creare alcuni momenti di “rottura e riparazione” per l’investimento totalizzante di M. nei confronti della chitarra (spesso diviene un oggetto d’incistamento). In alcuni momenti della seduta la nascondo per poi farla ricomparire. Inizialmente la frustrazione per la perdita si è manifestata con agitazione motoria e comportamenti autoaggressivi di M.. Poi ha compreso il fatto che la chitarra non scompare del tutto ma riappare. In questo andare e venire ha 114 cominciato a pronunciare frasi pertinenti al contesto come “VOGLIO LA CHITARRA” o “DOV’E’ LA CHITARRA…LA MIA CHITARRA ? ”. Se aspetto un po’ troppo nel farla ritornare mi dice “BRUTTA!”. Ho gradito tantissimo il suo aggettivo! M. sta scoprendo come denominare le proprie emozioni. 6.4 La storia di S. : l’incanto delle parole Notizie anamnestiche S. inizia il trattamento di musicoterapia all’età di 8 anni. La sua diagnosi parla di ritardo psicomotorio in cerebropatia con spunti psicotici. Non è stato possibile l’allattamento al seno e vi sono stati molti problemi con l’allattamento artificiale poiché il bambino non era interessato ad alimentarsi. I problemi legati all’alimentazione si sono protratti nei primi anni di vita. A otto mesi comparsa del gattonamento; a tredici cammina e corre. Le prime parole sono comparse ad un anno di vita. E’ stato poi il linguaggio immaturo ad allertare i genitori oltre ad episodi di tensione emotiva del bambino che lo rendevano difficilmente gestibile. Il comportamento di S. è ipercinetico con momenti di forte irritabilità.La progettualità è rigida;ama fare i puzzler e mettere in fila oggetti secondo un proprio ordine ; si 115 arrabbia moltissimo se l’ambiente non conserva delle costanti .Lo sguardo del bambino appare difensivo e annullante. Il codice linguistico che emerge è un “codice privato” (riferimenti simbolici o strutturazioni rigide) . S. riporta frasi del mondo televisivo,dei cartoons, slogan e alcune frasi del mondo degli adulti che lo colpiscono : le ripete all’infinito. In certi momenti della vita scolastica ha bisogno di spazi privati di autonomia e movimento. A sette anni è agganciabile con il richiamo verbale. Sono presenti anche manifestazioni di affettuosità reciproca. Realizza lo scambio visivo. Buona l’autonomia nelle attività di routine della vita scolastica . Trattamento musicoterapico e profilo comunicativo-vocale La sensazione che si riceve stando a contatto con S. è che il suo linguaggio atipico e bizzarro racchiuda in realtà una dimensione comunicativa forte e un desiderio di dare un senso alle esperienze che vive. Il suo apparente “essere in un altro mondo”, sembra essere il tentativo disperato di “essere nel mondo”, anche se con una “strumentazione di bordo” che non coglie e rifiuta l’”ambiguità”del codice verbale, ma che ragiona per logiche sensoriali ed emotive, da un certo punto di vista, “schiaccianti”. La parola GATTO per S. graffia,la parola FUOCO brucia ed è pericolosa,la parola MOSTRO è un’emozione paurosa e inquietante,la favola di Cappuccetto Rosso rischia di inghiottirlo ad ogni suo racconto. S. possiede un “codice criptato”ricco di vissuti emozionali,sicuramente poco spendibile da un punto di vista sociale,ma condivisibile all’interno di una dimensione intersoggettiva. 116 Da un punto di vista sonoro-musicale S. presenta vere e proprie “isole di abilità”:è intonatissimo ; da come è in grado di riprodurre diverse linee melodiche e dal suo “arrabbiarsi” se i suoni non coincidono ad un certo “disegno”,credo proprio che possegga un’orecchio assoluto (questo è emerso in varie supervisioni). Notavo,nel corso delle sedute, come questo forte investimento negli aspetti sonoro-musicali rischiavano di “sequestrarlo” sul piano emotivo, creando una sorta di scudo protettivo fra S. e il mondo delle relazioni. I punti di partenza essenziali del nostro percorso erano sicuramente i “temi”del suo “brusio interiore” : l’obiettivo di fondo è rappresentato dalla possibilità di trasformarli in “materiale “ di scambio affettivo. In questa fase S. riporta nel setting solamente alcune frasi che si configurano come leitmotiv per vari mesi : “VERSO L’INFINITO E ANCHE PIU’ IN LA’!” e “SIETE PERFETTI!”. Accetta le mie variazioni musicali. Canta insieme a me le due frasi. Nell’uso del GOS S. è estremamente “provocatorio”. Quando non gli va bene una cosa, ad esempio, si mette a dare dei colpi fortissimi sul tamburo o sulla grancassa. Ride quando io mi chiudo gli orecchi. Esce il piacere per il movimento espressivo .Nell’ascolto dei brani di una raccolta intitolata “Un giorno al mare” (S. adora fare il bagno quando va in vacanza al mare con la famiglia) S. balla e associa ad alcuni suoni “saltellanti” il suono vocale “POING” e dei saltelli a piedi pari per il setting.Mi intima “ANTONELLA,SALTA !”. Scoppia a ridere quando vede che lo inseguo saltellando. E’ attento ai miei movimenti,ne imita alcuni. In brani meno ritmati dove si sente il rumore del mare,S. sceglie il palo della pioggia come strumento e lo suona ballando e specchiandosi allo specchio. Esce da parte di S. un tema vocale che diviene un formato d’interazione molto importante sul piano affettivo : si tratta della canzone dei Beatles “Eleanor Rigby”.E’ un brano che si presta ad essere variato e sviluppato in vari modi.La melodia in minore molto “classica e barocca” è accompagnata da disegni discendenti e puntati degli archi .S. 117 non conosce la lingua inglese ma canta tutto il testo appoggiandosi sulla musicalità delle parole. Mi colpisce il fatto che andando a vedere cosa dice il testo scopro delle domande rese in musica “Ma cosa fanno le persone sole? Ma dove vanno le persone sole ?”. Penso all’opera di D. Gaita “Il pensiero del cuore”(1991).S. ha colto la “sagoma sonora” di quel brano,la sua analogia non discorsiva ma affettiva ? La musica ha messo in moto il corporeo della sua vita emotiva: l’impulso a danzare in S. è sempre forte. I passi della sua danza fanno riferimento ora ad un “Pas de deux”. Dopo dodici mesi di terapia, emerge un nuovo formato d’interazione vocale e sonoro-musicale. Questa volta si tratta del tema della “Pantera Rosa” di H. Mancini legato alle avventure dell’Ispettore Clouseau e al celeberrimo cartone animato,adorato da S. Il brano ha una componente senso-motoria fortissima. Non si riesce all’ascolto a camminare se non con il ritmo della linea melodica. Il suono del sax per S. è una voce. Cantiamo e ricantiamo il tema variandolo in tanti modi con l’aiuto del pianoforte. A livello visivo S. si accorge che nel brano è presente un “meccanismo iconico” di un tasto nero che segue uno bianco. Con il dito indice della mano destra cerca sulla tastiera dello strumento “quelle note”. Rimane colpito dall’incipit della seconda traccia del CD che contiene “La pantera Rosa”anche se non appena parte la musica mi dice “NO! TOGLI!”.Si tratta del brano “Royal Blue”,molto dolce e suadente. Chiedo di poterlo ascoltare. Accetta dopo varie interruzioni. Nel periodo successivo S. dimostra una maggiore flessibilità per le proposte e una certa capacità dialogica. Si è venuto a creare nella diade bambino-terapista un “alfabeto affettivo” che parte dal corpo vissuto in diverse dimensioni (movimenti,posture,colori e ritmi della voce e degli strumenti musicali) e che può essere condiviso in un’esperienza estetica gratificante. Noto poi l’influenza in S. di due opere particolari : Fantasia 2000 della Walt Disney e le avventure del maghetto Henry Potter. E’ il tema della 118 “Rapsodia in blu” di G. Gershwin a catturare la vocalità e il movimento espressivo di S. Mi chiede insistentemente poi la musica di Henry Potter.Non possiedo il CD e onestamente non riesco nemmeno a riprodurre qualcosa che possa andare bene a S. nei miei tentativi al pianoforte .Mi dice “CHIUDI IL BECCO!”.Gli propongo allora un brano che so essere contenuto anche in Fantasia 2000, Aquarium di SaintSaens,dal Carnevale degli animali : mi dice che “QUI c’è Henry Potter !”.In questo periodo usa sempre di più il verbo “guardare” al posto di “ascoltare”. “ANTONELLA GUARDIAMO LA MUSICA”è una frase ricorrente. Le associazioni di tipo visivo sono sicuramente sollecitate dalle innumerevoli videocassette che S. si guarda a casa . Ma ci sono legami di tipo sinestesico che S. trasferisce nel modo in cui commenta le esperienze vissute. Il bambino investe inoltre negli strumenti a fiato (prolungamento della vocalità)come il flauto dolce,il flauto a coulisse e il tubo sonoro. In questo periodo vi è la comparsa di una forte oralità :spesso mette in bocca i sonagli di piccola dimensione. Annusa gli strumenti musicali .Spesso accetta di rimanere coricato a tappeto vicino a me senza ricerche di stimoli particolari se non di un profondo silenzio comunicante. In una seduta ripete cantando la frase (tratta da un cartone animato) “ I SOLDI SON LA MIA PASSION!”: lo provoco dicendo che ha capito male,la frase canta esattamente “I SOGNI SON LA MIA PASSION”. “NOOO! ANTONELLA STAI SBAGLIANDO TUTTO! Mi ripete. Queste nostri piccoli diverbi sono frequenti :le piccole frustrazioni aiutano a crescere. Ciò che sta interiorizzando S. è che a momenti di rottura seguono momenti di riparazione . Mi siedo al pianoforte e gli canto “I sogni son desideri” ,brano tratto dal film Walt Disney “Cenerentola”. Sorride, anche se non è del tutto convinto di questo 119 slittamento o depistaggio. In realtà la melodia del ritornello gli è piaciuta. Dopo qualche seduta mi chiede “ ANTONELLA,FAI QUELLA DEI SOGNI!”. CONCLUSIONI Da questo lavoro di studio emerge un dato fondamentale :il fatto che la mente di ogni essere umano cerca costantemente di “dare senso” all’esperienza vissuta. Le “storie musicoterapiche” dei diversi bambini che ho descritto, mettono in evidenza come,anche in presenza di problematiche legate a strumenti comunicativi e relazionali atipici, rimanga sempre vivo in ciascun individuo il bisogno e il desiderio di comunicarsi. In un trattamento musicoterapico che si rivolge all’età dello sviluppo, ritengo fondamentale il contributo dimensione descrittiva delle interazioni dell’infant research : una interpersonali come processi continui,dinamici,reciprocamente influenzati e co-costruiti. Le implicazioni di tali 120 concetti arricchiscono l’azione terapeutica che utilizza mezzi espressivi come la voce ,il corpo e il mondo sonoro-musicale condivisibili dimensione intersoggettiva dell’esperienza. I all’interno di una diversi percorsi musicoterapici sottolineano il ruolo delle emozioni come processi integrativi fondamentali,poiché in una situazione “protetta e privilegiata”,quale quella del setting musicoterapico, permettono la possibilità di riconoscere,provare,apprezzare,regolare, dar forma ed ampliare sensazioni ed emozioni in modo sempre più articolato e vario. Gli “oggetti estetici” contengono essi stessi una struttura dinamica. Il piacere sensoriale,sensomotorio e corporeo dell’ordine del vocale e del sonoro-musicale rappresentano un godimento di sé nel godimento dell’altro e si riconducono al loro significato originario di partecipazione e appropriazione di sé. L’elemento sonoro-musicale condiviso allontana, nei quadri di Disturbo Generalizzato dello Sviluppo,l’effetto calamita esaurendo il suo compito in un piacere fine a se stesso. L’esperienza del “fare” musica insieme a qualsiasi livello evolutivo ma con diversificazione di mezzi ( voce,corpo,movimento, oggetti sonori ),materializzando mondo interno e mondo esterno,si cala in una prassi che diviene azione conoscitiva e spinta affettiva d’investimento per conoscere l’Altro da sé. L’espressività vocale (l’atto fonopoietico) si impone come potenzialità di significazione nella vita relazionale di ogni bambino. L’ individuazione dei “punti sensibili” dello sviluppo vocale nel corso dell’evoluzione dei primi anni di vita del bambino, ha significato il poter aver dei “punti d’appoggio” osservativi sulle modalità secondo le quali i cuccioli d’uomo sperimentano se stessi in rapporto con gli altri, negoziando e ri-negoziando costantemente i propri bisogni all’interno delle relazioni interpersonali, sulla scorta delle risorse individuali. Due, credo, siano i fili rossi che hanno collegato le idee e i dati di questo lavoro di riflessione .Il primo è per così dire “esterno” e riguarda le modalità secondo le quali 121 l’azione musicoterapica, a mio avviso ,si snoda sul piano delle interazioni bambinomusicoterapista. Il principale mezzo di aiuto in questo senso è rappresentato dall’individuazione di formati vocali e sonoro-musicali (contesti riconoscibili e controllabili dal bambino,involucri protonarrativi che donano un senso all’esperienza sonora vissuta) e dalla possibilità che essi offrono in termini di rilevazione e valutazione delle azioni che utilizzano il canale vocale da parte del bambino, all’interno delle interazioni bambino-musicoterapista, permettendo il delineamento di un profilo comunicativo-vocale; quest’ultimo rappresenta uno strumento che consente una “fotografia dinamica” sul focus vocale all’interno del trattamento musicoterapico. Il secondo filo è invece di carattere più “interno” e procedurale. Si tratta dell’aver osservato come i vari livelli d’intenzione comunicativa e le diverse “scelte” espressive possano ri-plasmarsi e trasformarsi in agganci affettivi anche in situazioni perturbate come quelle presentate dai Disturbi Generalizzati dello Sviluppo. Alla luce di queste considerazioni ,ritengo che il modo migliore per rinnovare e rendere fecondi gli aspetti metodologici musicoterapici ,sia quello di chinarsi con lo sguardo sul bambino che abbiamo di fronte nello spazio terapeutico,tenendo conto della sua storia ,del contesto umano e materiale in cui egli viene a trovarsi. Questo non può avvenire senza parametri osservativi : rischieremmo di guardare e non vedere ,di ascoltare senza “sentire”. Il musicoterapista deve cercare quindi di reperire sulla direttrice bio-psico-sociale i tratti e le sequenze dello sviluppo umano,individuare le caratteristiche e le peculiarità del bambino,così da poter disporre di un profilo fedele ai fini terapeutici e perseguire obiettivi di integrazione interna e interpersonale, sulla scorta di esperienze condivisibili di risonanza emotiva ed affettiva . 122 C’è un’immagine che da anni accompagna i miei studi di musicoterapia :il quadro di Giulio Romano raffigurante “La Vergine Maria col bambino e S.Anna”. E’ straordinario il modo in cui l’artista abbia catturato quello scambio di sguardi,quel tuffarsi negli occhi dell’Altro fra una mamma e il suo bambino. Non si è trattato solamente di esaltare un tenero rapporto tra madre e figlio. La sensibilità di Giulio Romano ha fissato su quella tavola un momento affettivo intenso. Quel sonoro,morbido caldo abbraccio mette in luce la centralità di una memoria sensoriale e l’esistenza ,per ogni essere umano,di un’aspettativa soggettiva prioritaria dell’influenza degli altri sui propri stati d’animo. Chi si occupa di relazioni d’aiuto nell’ età dello sviluppo ,ha l’arduo compito di cercare di mantenere una visione che si “sintonizzi” il più possibile sui bisogni emozionali del bambino che ha di fronte. Usando le parole di D.J. Siegel (1999) nell’opera La mente relazionale (p.291): “attraverso questi stati di risonanza le menti di terapeuta e paziente possono unirsi in un sistema diadico più ampio,che sviluppa processi autoorganizzativi e narrativi specifici . In questo senso il rapporto terapeuta-paziente riflette in molti modi quella che dovrebbe essere l’essenza delle relazioni umane:comprendere e accettare gli altri per ciò che sono,cercando contemporaneamente di alimentare un’ulteriore crescita e integrazione”. 123 124