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GLI ACE INIBITORI E GLI ANTAGONISTI DEL RECETTORE DELL’ANGIOTENSINA II
NELLA NEFROPATIA IgA CON PROTEINURIA LIEVE
Claudio Pozzi, Lucia Del Vecchio, Donatella Casartelli, Pietro Pozzoni, Simeone Andrulli, Alessandro
Amore1, Licia Peruzzi1, Rosanna Coppo1, Francesco Locatelli
Divisione di Nefrologia e Dialisi, Ospedale “A. Manzoni” Hospital, Lecco
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Divisione di Nefrologia e Dialisi, Ospedale “Regina Margherita”, Torino
Con la collaborazione dei Gruppi di Studio della SIN:
“Adulto e bambino” e “Immunopatologia Renale”
Introduzione
La Glomerulonefrite IgA (IgAN) è caratterizzata da un estremo polimorfismo patogenetico, clinico e
istologico; il decorso è molto variabile, potendosi osservare una remissione spontanea completa, una
macroematuria ricorrente, una persistenza di anomalie urinarie isolate e la progressione verso l’uremia
terminale (25-50% dei casi).
Negli ultimi anni si è molto dibattuto sull’esistenza di possibili fattori prognostici sfavorevoli, sia clinici che
istologici. La sclerosi glomerulare e la fibrosi interstiziale sono considerate le lesioni istologiche
principalmente associate ad una prognosi negativa. Considerando il danno istologico complessivo, si è
osservato che uno score elevato (ad esempio le classi IV e V delle classificazioni di Lee o Haas [1,2]) è
predittivo di una cattiva prognosi. Dal punto di vista clinico, i fattori principalmente coinvolti nella
progressione della nefropatia sono la proteinuria > 1 g/24 ore, una creatininemia elevata all’esordio e
l’ipertensione arteriosa [3].
IgAN con caratteristiche cliniche “benigne”
Pochi studi hanno affrontato il problema relativo ai pazienti che, all’esordio, presentano caratteristiche
cliniche definite “favorevoli”: funzione renale normale, proteinuria < 1 g/24 ore, assenza di ipertensione
arteriosa. E’ possibile definire benigna la glomerulonefrite in questi pazienti? Sono anch’essi a rischio di
sviluppare una insufficienza renale cronica (IRC) nel tempo? In caso affermativo, quali sono le tappe ed i
tempi attraverso cui si sviluppa IRC?
In Italia è poco diffusa la tendenza ad eseguire la biopsia renale in pazienti con funzionalità renale normale e
proteinuria < 1 g/24 ore (anche se nel Registro Italiano delle Biopsie Renali sono descritti più di 100
casi/anno con queste caratteristiche), per cui è difficile costruire la storia naturale delle forme lievi di IgAN
nel nostro paese.
Tuttavia, è possibile avere qualche informazione preziosa utilizzando i dati di autori cinesi e giapponesi, che
hanno una maggior consuetudine a sottoporre a biopsia renale anche pazienti con forme cosiddette
“benigne”.
Usui el al. [4], hanno valutato la sopravvivenza renale a 10 anni di 400 pazienti con proteinuria < 1 g/24 ore,
di cui 197 con proteinuria < 0.5 g/24 ore (proteinuria minima) e 203 con proteinuria di 0.5-0.9 gr/24 ore
(proteinuria lieve). Dopo un follow-up medio di 6.7 anni, 7 pazienti (3.5%) con proteinuria minima e 35
(17%) con proteinuria lieve presentavano IRC (creatininemia > 1.5 mg/dl); 3 pazienti con proteinuria minima
e 16 con proteinuria lieve erano in trattamento dialitico cronico. Questi dati documentano che la presenza
all’esordio di caratteristiche cosiddette “benigne” non garantisce sempre un decorso favorevole.
In un altro studio, Szeto et al. [5] hanno valutato 72 pazienti adulti con funzione renale normale, proteinuria
< 0.5 g/24 ore ed assenza di ipertensione arteriosa, ossia con caratteristiche estremamente “benigne”. Sono
stati considerati eventi avversi la comparsa di proteinuria > 1 g/24 ore, ipertensione arteriosa ed insufficienza
renale (FG < 70 ml/min). Dopo un follow-up medio di 7 anni, il 14% dei pazienti presentava una remissione
completa, il 42% una persistenza di anomalie urinarie e ben il 44% la comparsa di uno o più eventi avversi
(33% proteinuria > 1 g/24 ore, 26% ipertensione arteriosa, 7% IRC). Per quanto riguarda l’importanza del
dato istologico, si è visto che la probabilità di sviluppare un evento avverso a 10 anni era del 41% nei
pazienti con danno istologico lieve e del 89% in quelli con danno istologico moderato. Andando ad
analizzare i 5 pazienti che avevano sviluppato IRC, gli Autori hanno osservato in tutti inizialmente
l’aumento della proteinuria, successivamente la comparsa di ipertensione arteriosa ed infine l’insufficienza
renale. Il tempo medio per giungere all’IRC è stato di 7 anni, con una probabilità del 34% nei pazienti con
solo ematuria dopo 10 anni di follow-up e del 56% in quelli con anche proteinuria < 0.5 g/24 ore.
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Nel trial policentrico italiano [6], che ha valutato l’efficacia degli steroidi nella IgAN con proteinuria di 1-3.5
g/24 ore, sono stati studiati 86 pazienti. Esaminando la storia di questi pazienti precedente l’arruolamento
nello studio, abbiamo riscontrato che solo 32 (37%) avevano una proteinuria > 1 g/24 ore all’esordio della
glomerulonefrite o nei 12 mesi precedenti. Gli altri 54 (63%) avevano avuto un esordio caratterizzato da
macroematuria isolata (20%) o anomalie urinarie lievi (43%), ed avevano continuato per molto tempo a
presentare caratteristiche “benigne”. Solo dopo un periodo medio di 61 mesi (range 13-252) era comparsa
una proteinuria > 1 g/24 ore. Per quanto riguarda l’ipertensione arteriosa, al momento dell’arruolamento,
ossia quando tutti i pazienti avevano raggiunto il valore di proteinuria di almeno 1 g/24 ore, solo 29 pazienti
(34%) erano ipertesi, mentre altri 24 lo sono diventati nei successivi 10 anni di follow-up, prima che
comparisse l’IRC [7]. Anche questi dati, quindi, sembrano suggerire che: 1) nella maggioranza dei pazienti
l’IgAN esordisce con caratteristiche benigne, 2) nella progressione della malattia la proteinuria > 1 g/24 ore e
l’ipertensione arteriosa sono eventi “avversi” che, abitualmente, precedono il peggioramento funzionale
renale, 3) solitamente l’evento avverso più precoce è la proteinuria > 1 g/24 ore.
L’esame di questi dati consente di affermare che, di fronte ad un paziente con IgAN, non è mai possibile
affermare che la prognosi sia sicuramente benigna, neppure quando le caratteristiche cliniche ed istologiche
sembrerebbero favorevoli. In tutti i pazienti, anche quelli con proteinuria < 1 g/24 ore, o addirittura assente, è
indispensabile mantenere una costante sorveglianza nel tempo, per cogliere la comparsa di eventuali eventi
avversi.
Ma è possibile ridurre il rischio di sviluppare l’evento avverso solitamente più precoce, ossia la proteinuria >
1 g/24 ore, e quindi bloccare o rallentare la progressione verso l’IRC? Oggi non si può rispondere a questa
domanda, in quanto non esistono studi controllati a riguardo.
C’è un’altra domanda a cui occorre rispondere: è possibile identificare i pazienti destinati a sviluppare
“eventi avversi”, ossia i pazienti a rischio di progressione?
Vediamo brevemente quali sono ritenuti oggi i fattori più importanti:
1) Fattori sierologici
Si pensa che la patogenesi delle IgAN è dovuta alla circolazione ed alla deposizione di IgA1 abnormemente
glicosilate [8-10]. In particolare, sono state documentate sottili differenze rispetto a questo difetto,
soprattutto tra i casi progressivi e quelli che rimangono stabili per molti anni [11]. Pertanto, la glicosilazione
aberrante può essere considerata tra i fattori candidati ad influire sulla progressione.
2) Fattori genetici
Diversi fattori genetici sono stati segnalati come possibili fattori di sviluppo o di progressione della IgAN
verso l’insufficienza renale. Sebbene al momento attuale nessuno di essi sia stato individuato in modo
convincente, il ruolo dei fattori genetici non può essere escluso.
Analisi qualitativa della proteinuria
L’escrezione urinaria di citochine, così come il riscontro di proteine di origine tubulare, costituiscono dati
interessanti, che sono stati riportati in associazione con un danno interstiziale da diversi autori, in modo
particolare da Schena e Gesualdo [12], come anche da alcuni di noi [13].
3) Quadro istologico renale
la presenza di danno tubulo-interstiziale è considerato un fattore di rischio, sebbene queste lesioni siano
modeste nei pazienti con funzione renale normale e proteinuria < 1 g/24 ore.
5) Ruolo dell’ematuria
Appare strano che in una malattia come la IgAN, dove l’ematuria è così rilevante nell’individuare la
malattia, sia come macroematuria recidivante che come microematuria persistente, così poca attenzione
venga dedicata a questo fattore clinico. Ci si potrebbe domandare se pazienti con livelli di proteinuria simili
(< 1 g/24 ore) possano avere un diverso esito, in accordo con la presenza di macroematuria ricorrente,
microematuria rilevante persistente o minima incostante microematuria. Dato che l’ematuria nella IgAN può
significare danno/necrosi delle anse capillari glomerulari (Coppo et al, Clinical Conference, Berlin WCM
2003), essa potrebbe rappresentare un marcatore di persistente o ricorrente attività clinica, che potrebbe
corrispondere alla presenza di lesioni istologiche attive.
E’ utile una terapia preventiva nei casi “favorevoli”?
Un lungo elenco di tentativi terapeutici è stato suggerito per questa nefropatia.
Gli steroidi hanno condotto a risultati variabili [6,14-22], ma la loro interpretazione è difficile, poiché la
maggior parte degli studi riguarda piccole casistiche, comprendenti pazienti di età diversa (adulti e bambini),
differenti gradi di danno istologico e, soprattutto, diversi gradi di proteinuria. Nel 1999 abbiamo pubblicato i
risultati di un trial multicentrico, randomizzato e controllato, disegnato per confrontare gli effetti di un ciclo
di steroidi di 6 mesi contro un trattamento di supporto in 86 pazienti con IgAN e proteinuria moderata (1-3.5
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g/24 ore) [6]. Dopo 10 anni di follow-up, il rischio di presentare un raddoppio della creatininemia era
significativamente più basso nei pazienti trattati, che presentavano anche una significativa riduzione della
proteinuria già dopo un anno e lungo l’intero follow-up [7].
Anche il fish-oil è stato proposto per il trattamento della IgAN [23-28], ma sembrerebbe che la sua efficacia,
se presente, sia limitata ai pazienti con ridotta funzione renale e malattia renale avanzata; nessun effetto
favorevole è stato riscontrato sulla proteinuria.
In considerazione dei possibili effetti collaterali (steroidi) o degli alti costi (fish-oil), questi trattamenti non
possono essere proposti come la terapia di scelta nei pazienti con un basso rischio di progressione, ma
dovrebbero essere impiegati, almeno per il momento, nei pazienti che già presentino caratteristiche cliniche
sfavorevoli.
D’altra parte, anche i pazienti con caratteristiche benigne all’esordio possono progredire verso l’uremia
terminale. Per questo motivo, è importante verificare se per questi pazienti esista un trattamento, ben
tollerato ed economico, in grado di ridurre il rischio di un aumento della proteinuria e della pressione
arteriosa, ossia dei markers di progressione della malattia.
Razionale per bloccare il Sistema Renina-Angiotensina
L’attivazione del sistema renina-angiotensina (RAS) a livello renale promuove un’ipertensione
intraglomerulare e sistemica, e quindi contribuisce alla comparsa di un danno renale su base emodinamica.
Inoltre, l’angiotensina II (Ang II), il principale mediatore degli effetti di questo sistema, può indurre le
cellule mesangiali e tubulari a proliferare attraverso meccanismi diretti ed indiretti, e probabilmente
favorisce la sintesi di matrice extracellulare e lo sviluppo di fibrosi interstiziale. Diversi studi hanno indicato
che i depositi di IgA innescano un’attivazione delle cellule mesangiali simile a quella prodotta dall’Ang II,
dando forza all’ipotesi di un ruolo importante dell’Ang II nella progressione della IgAN. A conferma di ciò,
è stata dimostrata un’iperattività del RAS nei pazienti con IgAN, specialmente in quelli proteinurici e
progressivi [29].
Diversi lavori clinici hanno mostrato che gli ACE inibitori (ACEI) promuovono un significativo effetto
renoprotettivo sulla velocità di progressione delle nefropatie croniche proteinuriche, sia di pazienti diabetici
[30,31], che non [32,33]. L’effetto benefico di questi farmaci è chiaramente correlato all’effetto
antiproteinurico ed è stato confermato anche in una metanalisi comprendete 1860 pazienti con malattia
renale diversa dal diabete [34].
Gli ACEI inducono una chiara riduzione della proteinuria anche nella IgAN [35-38], e studi retrospettivi
hanno evidenziato una ridotta velocità di declino del filtrato glomerulare nei pazienti trattati con ACEI [3940]. Comunque, mancano ancora studi prospettici e controllati, con casistiche numerose, che dimostrino una
favorevole influenza degli ACEI sulla progressione della IgAN. Inoltre, nelle sottoanalisi dei due più grossi
studi effettuati con gli ACEI in pazienti con malattie renali non diabetiche [32-33], non è stata dimostrata
una specifica influenza favorevole sulla progressione dei pazienti con IgAN, con la sola eccezione di una
tendenza ad una più lenta progressione nei pazienti dello studio REIN trattati con ramipril. Comunque, il
follow-up medio dei pazienti inclusi negli studi AIPRI e REIN era inferiore a 3 anni, e quindi insufficiente a
rilevare gli effetti farmacologici in una nefropatia caratterizzata, nella maggior parte dei pazienti, da una
progressione lenta.
Recentemente, Praga et al. [41] hanno pubblicato i risultati di uno studio condotto su 44 pazienti affetti da
IgAN, con creatininemia < 1.5 mg/dl e proteinuria > 0.5 g/24 ore, randomizzati a ricevere enalapril
(iniziando da 5 mg/die ed aumentando il dosaggio, se necessario, fino a 40 mg/die, per mantenere una PA ≤
140/90 mmHg) o nessun trattamento. Dopo un follow-up medio di 75 mesi, il numero di pazienti che hanno
raggiunto l’endpoint primario (aumento del 50% della creatininemia basale) è stato significativamente più
basso nel gruppo trattato rispetto al gruppo di controllo (rispettivamente 12% e 57%). La proteinuria ha
mostrato una significativa riduzione nel gruppo trattato con enalapril, mentre non ha presentato variazioni
significative nel gruppo di controllo. All’analisi multivariata il trattamento con enalapril è stato il solo fattore
predittivo di sopravvivenza renale (OR, 0.18; 95% IC da 0.03 a 0.87; P = 0.04). Occorre tuttavia tenere
presente che la popolazione in studio era piuttosto eterogenea, con molti pazienti che presentavano
all’esordio fattori prognostici negativi (la maggior parte dei pazienti aveva una proteinuria moderata o
elevata e quasi la metà erano ipertesi).
E’ in corso un altro studio prospettico randomizzato, comprendente pazienti con FG > 50 ml/min/1.73 m2 e
proteinuria di 1-3.5 g/die/1.73 m2 [42].
Al momento attuale non abbiamo dati utili circa gli effetti degli ACEI nei pazienti con IgAN a basso rischio
di progressione, ossia i pazienti normotesi con proteinuria < 1 g/24 ore. Sarebbe, comunque, importante
capire se un trattamento in fase precoce della IgAN possa modificare il decorso della malattia.
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Gli antagonisti del recettore 1 dell’Ang II (ARB) impediscono il legame con l’angiotensina II e determinano
un blocco selettivo del sistema renina-angiotensina, non accompagnato, a differenza della somministrazione
di ACEI, dall’aumento di bradichinina. Inoltre, a differenza degli ACEI, che determinano una riduzione dei
livelli di Ang II, il blocco dei recettori AT1 porta ad un aumento compensatorio dell’Ang II, per una mancata
inibizione della sintesi di renina, AT1 mediata, da parte dell’apparato iuxtaglomerulare. Diversi studi
sperimentali hanno confermato che gli AT1RA hanno effetti acuti sull’emodinamica renale, parzialmente
differenti dagli ACEI, non determinando un’importante caduta del tono dell’arteriola efferente e hanno
mostrato capacità di nefroprotezione in diversi modelli sperimentali [43-46]. Nell’uomo è stato confermato
l’effetto antiproteinurico e renoprotettivo degli ARB, in particolare in pazienti con diabete di tipo II e
nefropatia diabetica [47,48]. Più recentemente uno studio giapponese randomizzato, condotto su 263 soggetti
affetti da nefropatie prevalentemente di origine glomerulare ha evidenziato un effetto sovrapponibile della
terapia con un ACEI (trandolapril 3 mg/die) rispetto ad un ARB (losartan 100 mg/die) a livello di
sopravvivenza renale (dopo tre anni di follow-up, il 23% dei pazienti assegnati a trandolapril ed il 23% di
quelli assegnati a losartan e raggiungeva l’end-point combinato del raddoppio della creatinina dal basale o
uremia terminale) e di riduzione dei valori di proteinuria rispetto al basale (–42·1% nel gruppo trattato con
losartan e –44·3% nel gruppo trattato con trandolapril). L’associazione dei due farmaci consentiva di
osservare un miglioramento della sopravvivenza renale (11% con raddoppio della creatininemia
dopo 3 anni) ed un maggior calo della proteinuria (-75.6%).E’ interessante notare che ben il 50% dei
263 pazienti arruolati era affetto da IgAN [49].
Non esistono ad oggi studi effettuati con gli ARB esclusivamente su paziente con IgAN e, in particolare con
valori di proteinuria inferiori a 1 g/die.
Scopo dello studio
Date queste premesse, scopo dello studio sarà testare l’ipotesi che il blocco del RAS possa ridurre il rischio
di sviluppare eventi avversi nei pazienti con IgAN benigna. Il blocco verrebbe effettuato dapprima con una
sola classe farmacologica (ACEI o ARB), passando all’associazione non appena si evidenziasse un blocco
inefficace (aumento della proteinuria di almeno il 50%).
Secondariamente, si valuterà il ruolo di markers biochimici e genetici nel predire l’eventuale progressione
della nefropatia e l’eventuale risposta alla terapia con ACEI e ARB.
DISEGNO SPERIMENTALE
Natura dello studio
Multicentrico, non in cieco, randomizzato, con consenso informato dei partecipanti ed approvazione da parte
dei Comitati Etici locali.
Criteri di inclusione
a) Pazienti di entrambi i sessi, con diagnosi di IgAN primitiva, accertata biopticamente (microscopio ottico
+ immunofluorescenza).
b) Pazienti di età compresa fra 3 e 60 anni (Gruppo Pediatrico 3-17 anni, Gruppo Adulto 18-60 anni).
c) Biopsia renale (negli adulti: eseguita non più di un anno prima della randomizzazione).
d) Proteinuria, calcolata come media di almeno 3 diversi valori misurati in un periodo non inferiore ai 3
mesi (run-in-phase), compresa fra 0.3 e 0.9 g/24 ore (nessun valore deve essere uguale o superiore a 1
g/24 ore). Nei bambini si utilizza il rapporto proteinuria/creatininuria su urine delle 24 ore, che non
necessita correzione per la superficie corporea: il criterio di inclusione è quindi un rapporto
Proteinuria/Creatininuria (Pu/Cu) >0.3 <1 (nessun dato ≥ 1). Anche negli adulti si suggerisce di
aggiungere questo dato, per confrontarne la corrispondenza con la proteinuria 24 ore espressa in gr (per
cui negli adulti occorre raccogliere i due dati: proteinuria 24 ore in gr e Pu/Cu sulle urine di 24 ore).
Inoltre, sia negli adulti che nei bambini, si propone di eseguire anche una valutazione del rapporto Pu/Cu
sulle urine del mattino (spot), per capire se questo dato possa in futuro essere usato al posto del valore
sulle urine di 24 ore.
e) Creatininemia < 1.3 mg/dl nel maschio e < 1.2 mg/dl nella femmina (nei bambini il dato va corretto per
1.73 m2), con filtrato glomerulare di almeno 70 ml/min stimato con la formula di Cockroft (o con la
formula di Schwartz nei soggetti di età inferiore a 18 anni).
f) Pressione arteriosa < 135/85 mmHg (riferita al 3° valore di 3 misurazioni consecutive rilevate in
posizione seduta, dopo almeno 2 minuti di riposo e a distanza di 2 minuti l’uno dall’altro), in assenza di
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farmaci antiipertensivi. Per i bambini: BP < 90° percentile per la statura in accordo con le tavole
internazionali (vedi allegati).
Criteri di esclusione
a) Assunzione di ACE inibitori o FANS (in modo continuativo) nei 3 mesi precedenti.
b) Assunzione di steroidi, o immunosoppressori nei 12 mesi precedenti.
c) Presenza di diabete mellito, malattie epatiche, positività per HBSAg ed HCVAb, infezioni, tumori,
gravidanza in atto, forme secondarie di IgAN.
d) Donne in età feconda, che non adottino efficaci misure anticoncezionali.
Criteri di valutazione dell'efficacia (end-points)
a) End-point primario:
- Adulti: comparsa di proteinuria > 1.3 gr/24 ore, o aumento della creatininemia basale di
almeno il 50%.
- Bambini: comparsa di Pu/Cu > 1.3, o aumento della creatininemia basale di almeno il 50%
(corretta per 1.73 m2).
Questi dati vanno confermati da un secondo controllo eseguito entro un mese dal primo; in caso
di non conferma il paziente rimane nello studio ed esegue il successivo controllo dopo 6 mesi dal
primo controllo. Quando un paziente presenta uno di questi valori esce dallo studio ed il
raggiungimento dell’end-point viene stabilito alla data del primo riscontro del dato patologico. Il
valore di proteinuria > 1.3 gr/24 ore ( e Pu/Cu > 1.3) è stato scelto in quanto costituisce un
aumento di circa il 50% rispetto al dato basale (considerando il valore massimo di proteinuria
per l’arruolamento, che è proteinuria 0.9 gr/24 054 o Pu/Cu = 0.9), rappresentando un segno di
verosimile progressione della nefropatia; inoltre, è un valore certo, e non equivoco, di passaggio
alla categoria di proteinuria moderata (corrispondente a > 1 gr/1.73 m2 24 ore). In ogni caso, nei
gruppi trattati si considererà end point solo il superamento di 1.3 nei pazienti che hanno già
effettuato l’associazione dei 2 farmaci (ramipril e irbesartan).
b) End-points secondari:
• Comparsa di ipertensione arteriosa (PA > 140/90 mmHg o > 90° Centile nei bambini), rilevata come
descritto in precedenza. In questo caso il paziente prosegue lo studio.
• Come end-point di efficacia verrà considerata la remissione completa della proteinuria (valore < 0.2 di
rapporto Pu/Cu), confermato da due controlli periodici successivi eseguiti a distanza di 6 mesi. In
questo caso il paziente prosegue lo studio.
• Effetti collaterali avversi o morte.
Randomizzazione
L'arruolamento dei pazienti verrà effettuato mediante randomizzazione presso la Nefrologia di Lecco per i
pazienti adulti (età 18-60 anni) e presso la Nefrologia di Torino per i pazienti pediatrici (età 3-17 anni). La
randomizzazione avverrà per posta elettronica con messaggio inviato al Dr. Andrulli o alle segretarie di
Lecco (lista pazienti adulti), oppure alla dr.ssa Peruzzi o alle segretarie di Torino (lista pazienti pediatrici).
Nel messaggio occorre indicare: “Studio IgA ACEARB”, Città, Centro, Medico di riferimento, prime tre
lettere del cognome del paziente, prima lettera del nome del paziente, data di nascita del paziente. L’esito
della randomizzazione sarà comunicato al mittente entro 48 ore lavorative con l’indicazione del codice
paziente e del gruppo di trattamento assegnato (Ramipril, Irbesartan o Controllo).
Dopo la randomizzazione occorre compilare e spedire al Centro di Lecco (adulti) o Torino (bambini) la
scheda di arruolamento.
Inizio e fine arruolamento
Durata del periodo di arruolamento: 3 anni.
Inizio dell’arruolamento: 01/10/2005
Fine prevista dell’arruolamento: 30/09/2008
TRATTAMENTO
Schemi terapeutici pazienti adulti
I pazienti, dopo aver sottoscritto il consenso informato al protocollo, vengono assegnati ad uno dei seguenti
schemi di terapia:
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A) Ramipril 5 mg/die, nei bambini 3 mg/m2, (l’assunzione alla sera, prima di cena o prima di coricarsi,
potrebbe ridurre gli eventuali sintomi ipotensivi). E’ possibile iniziare con 2.5 mg (bambini 1,5 mg/m2),
passando poi alla dose piena nell’arco di 4 settimane. Dopo 6 mesi di trattamento, in caso di un aumento
della proteinuria di almeno il 50% del valore basale si assocerà l’irbesartan al dosaggio di 300 mg/die,
nei bambini 175 mg/m2, (iniziando con 150 mg/die, bambini 90 mg/m2, da portare a dosaggio pieno
nell’arco di 4 settimane). In caso, invece, di riduzione della proteinuria o di aumento inferiore al 50% del
valore iniziale, il paziente adulto proseguirà con 5 mg di ramipril, 3 mg/m2 nei bambini. Qualora
comparisse la tosse (da ACEI) il paziente verrà passato al trattamento con solo ARB. In caso di aumento
pressorio, potranno essere utilizzati i seguenti farmaci: calcioantagonisti, beta-bloccanti, diuretici, alfabloccanti. In caso di ipotensione sintomatica: se il paziente sta assumendo 2.5 mg di ramipril (1,5 mg/m2
nei bambini), il farmaco verrà sospeso, riprovando a somministrarlo dopo qualche giorno alla sera prima
di coricarsi; se persistesse ipotensione sintomatica il ramipril verrà sospeso ed il paziente esce dallo
studio; se il paziente sta assumendo 5 mg di ramipril (3 mg/m2 nel bambino), verrà portato al dosaggio
inferiore.
B) Irbesartan 300 mg/die, nei bambini 175 mg/m2 (l’assunzione alla sera, prima di cena o prima di coricarsi,
potrebbe ridurre gli eventuali sintomi ipotensivi). E’ possibile iniziare con 150 mg, 90 mg/m2 nei
bambini, passando poi alla dose piena nell’arco di 4 settimane. Dopo 6 mesi di trattamento, in caso di un
aumento della proteinuria di almeno il 50% del valore basale si assocerà il ramipril al dosaggio di 5
mg/die nell’adulto e di 3 mg/m2 nel bambino. In caso, invece, di riduzione della proteinuria o di aumento
inferiore al 50% del valore iniziale, il paziente proseguirà con 300 mg di irbesartan (Adulto) e 175
mg/m2 nel bambino. In caso di aumento pressorio, potranno essere utilizzati i seguenti farmaci:
calcioantagonisti, beta-bloccanti, diuretici, alfa-bloccanti. In caso di ipotensione sintomatica: se il
paziente sta assumendo 150 mg di irbesartan, il farmaco verrà sospeso, riprovando a somministrarlo
dopo qualche giorno alla sera prima di coricarsi; se persistesse ipotensione sintomatica l’irbesartan verrà
sospeso ed il paziente esce dallo studio; se il paziente sta assumendo 300 mg di irbesartan (bambini 175
mg/m2), verrà proposto il dosaggio inferiore.
C) Terapia di supporto. I pazienti che assumono solo terapia di supporto, qualora si osservasse un aumento
della PA, potranno utilizzare gli stessi farmaci anti-ipertensivi dei pazienti del gruppo A e B, tranne gli
ACEI e gli ARB, in quanto farmaci di confronto.
Trattamenti concomitanti
Durante lo studio, non sarà consentito l'uso di steroidi, immunosoppressori, ciclosporina, FANS (eccetto un
uso occasionale), anticoagulanti ed antiaggreganti.
Trattamento dell’ipertensione
In caso di comparsa d’ipertensione nel corso dello studio (end-point secondario), i pazienti di entrambi
gruppi potranno essere trattati con i farmaci antiipertensivi prima menzionati; nel gruppo di controllo
saranno da evitare gli ACEI e gli ARB. Il target pressorio desiderato è ≤ 130/80 mmHg. Nei bambini < 80 °
centile.
OSSERVAZIONE E RACCOLTA DATI
Controlli basali
Al momento della randomizzazione occorre registrare:
- anamnesi familiare per ipertensione arteriosa e malattie renali
- eventuale storia in merito al fumo di sigarette e sigari
- dati salienti anamnestici (tonsillectomia, data e modalità di esordio nefropatia, data biopsia, eventuali
episodi di macroematuria all’esordio o in seguito); inoltre, se disponibili: valori di creatininemia,
proteinuria (corretta per la superficie corporea nei bambini) e rapporto proteinuria/creatininuria
all’esordio e alla biopsia.
- peso corporeo ed altezza
- pressione arteriosa (come sopra descritto)
- frequenza cardiaca
- eventuali terapie concomitanti
Dovranno essere effettuati i seguenti esami di laboratorio:
- Creatininemia, azotemia, emocromo, colesterolo totale e frazionato, trigliceridi, uricemia, proteine
totali, sodiemia, potassiemia, IgA seriche.
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Commento: l'aumento del
dosaggio non deve essere fatto
solo sulla base della
proteinuria, ma anche sulla
base dei valori pressori
Commento: l'aumento del
dosaggio non deve essere fatto
solo sulla base della
proteinuria, ma anche sulla
base dei valori pressori
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Urine di 24 ore per il dosaggio di proteinuria, creatinina urinaria, sodio urinario
Campione urine del mattino per eseguire esame completo, ematuria (presente o assente:; se possibile
segnare anche l’intensità +/+++ e/o il numero di emazie per campo), dosaggio di proteinuria e
creatininuria (il rapporto Pu/Cu spot serve per verificare se questo dato sia utilizzabile al posto del
rapporto proteinuria/creatininuria su urine di 24 ore)
Verrà raccolto inoltre:
- un campione di sangue intero per lo studio genetico (vedi appendice II per le modalità di prelievo,
conservazione e spedizione)
- un campione di siero per lo studio delle IgA glicosilate (Vedi appendice III)
- un campione di urine 24 ore ed un campione di urine fresche del mattino per lo studio delle
citochine urinarie (vedi appendice IV per le modalità di prelievo, conservazione e spedizione)
Durata del follow-up
Essendo la IgAN una malattia solitamente a lenta evoluzione, soprattutto nei pazienti con caratteristiche
“favorevoli”, ed essendo la proteinuria > 1 g/24 negli adulti un evento che in questi pazienti si verifica
solitamente dopo almeno 2 anni dall’esordio, lo studio prevede l'osservazione per almeno 5 anni (o meno, in
caso di comparsa dell’end-point primario).
Controlli
Le visite e gli esami di controllo andranno effettuati dopo 1 e 6 mesi dalla randomizzazione, poi con cadenza
semestrale.
Ad ogni controllo occorre registrare:
- Eventuali episodi di macroematuria
- Peso corporeo, pressione arteriosa e frequenza cardiaca (anche l’altezza nei bambini)
- Creatininemia, potassiemia, emocromo
- Esame completo urine, con aggiunta del dosaggio di proteinuria e creatininuria sul campione.
- Proteinuria, creatininuria e sodiuria sulle urine delle 24 ore.
- Presenza di eventuali effetti collaterali
- Terapia assunta
- Eventuali variazioni su fumo di sigarette o sigaro
E’ possibile eseguire controlli ogni volta che il medico lo ritenesse necessario, a condizione che la visita
venga registrata, insieme ai provvedimenti adottati.
Valutazione istologica
La valutazione del materiale istologico verrà fatta perifericamente, secondo le modalità usuali, secondo i
criteri istologici proposti dall’OMS (Churg e Sobin, modificati). A questo scopo, ciascun Centro compilerà la
scheda istologica (allegato V), indicando il grado di danno, secondo la classificazione di Churg e Sobin.
Quando sarà disponibile una nuova classificazione in fase di elaborazione dal Pathology Consensus della
IgAN, le biopsie saranno eventualmente riclassificate secondo i nuovi criteri.
Valutazione markers di progressione
All’ingresso nello studio e dopo un anno di follow-up occorre raccogliere un campione di siero e di urina per
la determinazione di: IgA glicosilate, EGF/MCP-1 e α1-microglobulina/creatinina urinaria, da inviare al
Centro Coordinatore (vedere le istruzioni allegate).
ANALISI STATISTICA
Dimensioni del campione
La dimensione del campione è stata calcolata con le seguenti stime ed assunti:
Stime:
* Probabilità del 30% di raggiungere l'end-point primario entro 5 anni di follow-up con il trattamento C
(Controllo) e del 15% con il trattamento A (Ramipril) o B (Irbesartan) (differenza assoluta del 15% e relativa
del 50%).
Assunti:
* Errore di 1° tipo (α) di 0.05 (significa che si accetta una probabilità di giungere a questa conclusione
errata: i trattamenti sono diversi, quando in realtà sono identici).
7
* Errore di 2° tipo (β) di 0.2 (significa che si accetta una probabilità del 20% di giungere a questa
conclusione errata: i trattamenti sono identici, quando in realtà sono diversi).
* Potenza dello studio (1-β) di 0.8 (probabilità dell'80% di giungere a questa conclusione corretta: i
trattamenti effettivamente diversi, sono statisticamente diversi).
* Test ad una coda (il ricercatore si aspetta un beneficio maggiore con i trattamenti sperimentali B o C).
* Percentuale di persi al follow-up del 20%.
* Test di riferimento: Log-rank test.
In base a queste stime ed assunti statistici, il numero di pazienti necessario è di 378 in totale, 126 pazienti per
gruppo.
Considerando che la maggioranza dei Centri Italiani non sottopone questi pazienti a biopsia renale e che,
nonostante questo, il numero di pazienti con IgAN e proteinuria < 1 g/die, relativamente ai Centri che si
riferiscono al Registro Nazionale Italiano delle biopsie renali, è di circa 100 nuovi casi all'anno, si può
ipotizzare che si possa raggiungere il numero necessario di 378 pazienti nell'arco di 3 anni, qualora si
ottenesse l'adesione di almeno 40 Centri Nefrologici.
Analisi dei dati
La durata minima del follow-up è di 5 anni se il paziente non presenta un rapporto proteinuria/creatininuria
(Pu/Cu) superiore ad 1.3 e non aumenta la sua creatininemia basale più del 50%. Se la sua proteinuria
(Pu/Cu) supera 1.3 o la sua creatininemia aumenta oltre il 50%, e il dato è confermato entro un mese, diventa
un caso alla data del 1° aumento della proteinuria oltre 1.3 (Pu/Cu) o del 50% della creatininemia ed esce
dallo studio. Il paziente uscirà dallo studio anche in caso di morte, passaggio ad altro centro non partecipante
allo studio, mancato ritorno ai controlli periodici, inizio di una terapia incompatibile con gli obiettivi di
questo studio, ritiro del consenso; in questi casi il paziente sarà troncato (Censored) all’ultima data di
osservazione.
L’analisi sarà basata sul principio della “intention to treat”: analisi dei pazienti come randomizzati.
Saranno utilizzati il metodo del prodotto limite (Kaplan e Meier) per stimare la curva di sopravvivenza
(tempo libero dall’end-point primario: aumento della proteinuria oltre 1.3 (Pu/Cu) o aumento della
creatininemia basale del 50%) nei tre gruppi ed il log-rank test per il confronto statistico di queste curve.
L’analisi multivariata secondo il modello di Cox sarà utilizzata per valutare il rischio relativo associato alla
presenza dei seguenti fattori prognostici: età, sesso, proteinuria basale, pressione arteriosa basale e nel corso
del follow-up e il quadro istologico renale.
Adesioni
Le adesioni allo studio vanno comunicate alla segreteria dei reparti coordinatori o ad uno dei medici
referenti.
Si raccomanda di designare in ogni Centro un medico di riferimento, con cui tenere i contatti per tutti i
problemi riguardanti i pazienti arruolati dal singolo Centro.
Comitato Guida, responsabile del disegno sperimentale
Per i pazienti adulti: Divisione di Nefrologia e Dialisi, Ospedale “A. Manzoni”, via dell’Eremo 9, 23900
Lecco.
Per i pazienti pediatrici: Divisione di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale “Regina Margherita”, piazza
Polonia 94, 10126 Torino.
Referenti Pazienti adulti:
- Dr. Claudio Pozzi
- Tel. 0341-489827
[email protected]
- Dr.ssa Donatella Casartelli - Tel. 0341-489857
[email protected]
- Dr. Simeone Andrulli
- Tel. 0341-489847
[email protected]
- Dr. Pietro Pozzoni
- Tel 0341-489859
[email protected]
- Prof. Francesco Locatelli - Tel. 0341-489850
[email protected]
Fax (Nefrologia. Lecco)
0341-489860
E-mail segreteria:
[email protected]
Referenti Pazienti pediatrici:
- Dr. Alessandro Amore
- Tel 011-6635543
[email protected]
- Dr.ssa Licia Peruzzi
- Tel 011-3135381
[email protected]
- Prof.ssa Rosanna Coppo - Tel 011-3135848
[email protected]
- Fax (Nefrologia, Torino)
011-6635543
E-mail:
[email protected]
8
Analisi statistica
Dr. Simeone Andrulli
Controllo di qualità
Pazienti adulti: dr. Claudio Pozzi e dr.ssa Donatella Casartelli, Lecco
Pazienti pediatrici: dr. Alessandro Amore e dr.ssa Licia Peruzzi, Torino
Centri di randomizzazione
Pazienti adulti: Nefrologia, Lecco
- E-mail segreteria:
- E-mail dr. Simeone Andrulli:
[email protected]
[email protected]
Pazienti pediatrici: Nefrologia, Torino
- E-mail segreteria:
E-mail dr.ssa Licia Peruzzi:
[email protected]
[email protected]
Segreteria organizzativa
Dr.ssa Lucia Del Vecchio (Multimedia, Milano) [email protected]
Codici del Protocollo
ACEARB1
AOPLECC_III_2005_001
2005-003885-40
Acronimo del protocollo depositato al Ministero:
Registro Nazionale OSC:
Registro Europeo EUMEA-EUDRACT:
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11
ALLEGATO I
FORMULA DI COCKCROFT E GAULT
Creatinine clearance =
(140 – età) x peso corporeo (kg)
___________________________________ x 0.85 (nelle femmine)
Creatininemia (mg/dl) x 72
FORMULA DI SCHWARTZ
Creatinina clearance =
0.55 x altezza (in cm)
___________________
Creatininemia (mg/dl)
12
ALLEGATO II
VALUTAZIONE GENETICA
RUOLO DEL LOCUS 4P16.3 E DEI POLIMORFISMI DEL GENE DELL’ ALFA ADDUCINA E DELL’ αIDURONIDASI NELLA PROGRESSIONE DELLA NEFROPATIA DA IgA
INTRODUZIONE
Il decorso della IgAN è estremamente variabile (la sopravvivenza renale a 10 anni è stimata intorno all’85-90% ; a 20
anni del 75-80%). Sebbene molti pazienti mantengano per decenni una funzione renale nei limiti di norma, altri
progrediscono nel giro di pochi anni verso l’uremia terminale. E’ stato quindi ipotizzato che fattori genetici possano
avere un ruolo importante nel determinare tale progressione.
L’ipertensione arteriosa è comunemente considerata un fattore prognostico negativo nelle nefropatie croniche ed alcuni
studi hanno evidenziato una possibile influenza di una predisposizione ereditaria per l’ipertensione arteriosa essenziale
sia nella progressione della IgAN (1-3) e di altre glomerulonefriti (3), che della nefropatia diabetica (4).
I geni associati all’ipertensione arteriosa essenziale sono stati quindi considerati come possibili candidati e, data
l’importanza del sistema renina-angiotensina nello sviluppo della glomerulosclerosi, è stato posto grande interesse sul
polimorfismo I/D del gene dell’Angiotensin I Converting Enzyme (ACE). Tuttavia sebbene alcuni studi effettuati su un
numero limitato di pazienti abbiano evidenziato un’aumentata frequenza dell’allele D nei progressors (5,6), tale
risultato non è stato confermato in studi su campioni più estesi (7-9).
L’adducina è un eterodimero del citoscheletro che regola l’azione dell’actina, di alcune integrine e l’espressione di
molecole d’adesione (10), probabilmente implicati nella progressione del danno glomerulare ed interstiziale.
Nell’uomo il polimorfismo Gly460Trp del gene dell’α-adducina è associato all’ipertensione arteriosa essenziale (11).
Con lo scopo di studiare il ruolo del polimorfismo dell’α-adducina nella progressione della IgAN, in precedenza
abbiamo condotto uno studio retrospettivo multicentrico su 244 pazienti affetti da IgAN accertata istologicamente,
selezionati dal campione complessivo, rispondenti ai criteri di selezione illustrati sotto. Abbiamo osservato una
associazione ai limiti della significatività statistica. Questa osservazione poteva esseere dovuta a: 1) scarsa potenza
statistica della nostra osservazione, 2) debolezza del linkage disequilibrium. Infatti, in genere, una associazione tra un
polimorfismo e una malattia non è necessariamente causale, ma entrambe (la malattia e il polimorfismo, che in questo
caso funge solo da marcatore) possono essere in linkage disequilibrium con il gene responsabile della malattia. Per
chiarire questo punto abbiamo studiato la regione limitrofa del cromosoma 4.
Dati preliminari hanno evidenziato che un polimorfismo C/T in terza posizione e quindi che non cambiava l'aminoacido
(118Leu) del gene dell’α-L-iduronidasi (IDUA) è significativamente associato alla velocità di progressione della
nefropatia verso l’uremia terminale (più rapida nei soggetti portatori dell’allele T, p < 0.001).
Il gene dell’IDUA codifica per una proteina lisosomiale implicata nella degradazione dei glicosaminoglicani,
componenti essenziali della membrana basale glomerulare per il mantenimento della permeo-selettività della barriera
glomerulare in quanto caricati negativamente (12). Una riduzione dell’eparan solfato è stata messa in relazione con lo
sviluppo di proteinuria nella nefropatia diabetica sperimentale (13). D’altra parte i proteoglicani come l’eparan-solfato
sono anche costituenti della matrice mesangiale extracellulare e la loro presenza correla con la severità
dell’insufficienza renale (14). Inoltre in vitro è stato dimostrato che l’eparan-solfato è in grado di stimolare la sintesi di
proteine della matrice extracellulare da parte delle cellule mesangiali (15). Aumentati livelli di eparan-solfato
potrebbero giocare un ruolo anche nello sviluppo del danno tubulo-interstiziale (16).
L’IDUA è stata estesamente studiata perché il deficit di tale enzima è alla base dello sviluppo delle mucopolisaccaridosi
di tipo I (conosciute anche come sindrome di Hurler, Scheie e Hurler/Scheie), gravi patologie da accumulo lisosomiale.
Abbiamo ipotizzato che mutazioni non patogene e relativamente frequenti di tale gene potrebbero anche determinare
modesti aumenti dell’attività dell’enzima (gain of function), ovviamente clinicamente silenti (almeno per quanto
riguarda le malattie da accumulo). Tali mutazioni potrebbero comunque influenzare la distribuzione dell’eparan-solfato
a livello glomerulare ed interstiziale, influenzando così la progressione delle nefropatie ed, in particolare, della IgAN. A
parziale conferma di questa osservazione abbiamo recentemente osservato che la affinità per il substrato dell'IDUA
estratta da fibroblasti cutanei umani in coltura omozigoti per il genotipo TT (Leu118Leu) era una volta e mezza
(p=0.009) rispetto a quella dell'IDUA estratta da fibroblasti con genotipo CC (Leu118Leu).
Scopo del lavoro è confermare il ruolo del locus 4p16.3 nella progressione della IgAN verso l’uremia terminale e nella
risposta alla terapia, eventualmente in combinazione con altri fattori genetici.
MODALITA’ DEL PRELIEVO E BIOLOGIA MOLECOLARE
Verranno prelevati 10 ml di sangue usando 4 provette da emocromo (raccolta 2.5 ml per provetta in Na EDTA). Il
sangue di ciascuna provetta sarà trasferito in una provetta da 5 ml di polipropilene (quelle opache). Le provette saranno
mantenute verticali in un portaprovette e conservate a -20°C.
I campioni dovranno essere poi inviati in ghiaccio secco al laboratorio di Nefrologia e Dialisi, Ospedale A. Manzoni,
Lecco (Via dell’Eremo 9, 23900). Il DNA verrà estratto in accordo alle metodiche standard.
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14
ALLEGATO III
STUDIO DELLA GLICOSILAZIONE DELLE IgA
La nefropatia a depositi IgA (IgAN) è definita dalla presenza di depositi mesangiali prevalenti di IgA, proliferazione
delle cellule mesangiali (MC) ed espansione della matrice, lesioni che possono progredire sino a sclerosi glomerulare
(1). La formazione dei depositi di IgA è stata inizialmente considerata secondaria ad un accumulo di immunocomplessi
circolanti a costituzione IgA (IgAIC) (2) , tuttavia questa ipotesi non ha trovato riscontro in successivi studi focalizzati
nella ricerca di antigeni alimentari o virali negli IgAIC circolanti e nei depositi renali.
In questi ultimi anni l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata sulle caratteristiche qualitative delle IgA1, la sottoclasse
presente nei depositi, particolarmente sulla composizione della sua componente carboidratica, quale elemento
patogenetico. A differenza delle altre proteine sieriche , le IgA1 umane altamente glicosilate, presentano catene
glicidiche legate in posizione O a radicali di serina e treonina. (2,3). Queste sono localizzate nella regione cerniera
delle IgA1 e sono costituitte da un “core” di N-acetilgalattosamina (GalNAc), ricoperte da molecole di galattosio (Gal)
per formare radicali di Galβ1,3GalNAc. Questi radicali sono ricoperti da acido sialico (Neu5Ac) in posizione α 2,6 e
/o α 2,3 . Esiste una estrema eterogeneità nella composizione carboidratica delle IgA1 e ogni molecola di IgA1 può
presentare da 1 a 4 catene carboidratiche con variabile entità di galattosilazione e di sialilazione.
Il nostro Gruppo aveva osservato che le IgA1 sieriche di pazienti affetti da IgAN si legavano con estensione
variabile ad una variegata serie di molecule, da antigeni alimentari e a componenti della matrice mesangiale e che
questo legame era basato , più che ad una specificità antigenica, su un’interazione carboidratica, lectino simile (5,6).
Partendo da queste osservazioni, alcuni Autori, compresi noi stessi, hanno dimostrato anomalie nella composizione
della catena carboidratica delle IgA1, con ridotta esposizione di galattosio e/o di acido sialico e formazione di IgA1 che
esprimono radicali di GalNAc. La carenza di radicali di galattosio è stata studiata mediante legame a specifiche lectine
dotate di alta affinità per radicali di GalNAc (7,8) o in spettrometria di massa con rilievo di residui di Galβ1,3GalNAc ,
espressione di un ridotto numero di radicali di acido sialico (9). Allo scopo di definire ulteriormente la composizione
carboidratica delle IgA1 in pazienti affetti da IgAN, abbiamo isolato da sieri di pazienti affetti da malattia di Berger ed
in soggetti sani di controllo differenti glicoforme di IgA1 con cromatografia di affinità utilizzando colonne di lectine
specifiche per i differenti singoli carboidrati (10). I picchi eluiti sono stati separati in HPLC in modo da isolare
glicoproteine con peso molecolare compreso tra 250-400 kDa ed infine abbiamo quantificato il contenuto di IgA1 nelle
diverse frazioni. In pazienti affetti da IgAN, rispetto alla popolazione sana di controllo abbiamo osservato
un’aumentata percentuale di IgA1 con maggiore esposizione di radicali di GalNAc e Neu5Ac-α2,6GalNAc. Una
ridotta galattosilazione delle IgA1 risulta nella neo-esposizione di radicali di GalNAc ad attività antigenica, riconosciuti
da IgG o IgA1 anticorpi naturali (11) con formazione di immunocomplessi e in fenomeni di interazione IgA1-IgA1 e
formazione di aggregati ad alto peso molecolare (12).
Il ruolo patogenetico delle IgA1 con alterata glicosilazione (AGlyIgA1) è stata confermata dalla loro presenza
nei depositi mesangiali di biopsia di pazienti affetti da IgAN utilizzando legami con lectine specifiche o con
spettrometria di massa (13). Inoltre, IgA1 deglicosilate in vitro si sono mostrate capaci di indurre depositi e
infiammazione quando iniettati in animali da esperimento (14).
Interazione delle IgA con alterata glicosilazione e cellule mesangiali
La comprensione dei meccanismi che regolano il legame delle macromolecule contenenti IgA1 alle MC e I
risultanti effetti flogistici rappresentano un elemento chiave nella patogenesi della IgAN. E’ stato dimostrato che
molecole di IgA1 deficienti in galattosio e/o acido sialico o immunocomplessi (IC) IgA1-IgA1IC o IgG-IgA1IC, o
IgA1IC reagenti con antigeni esogeni non vengono normalmente eliminate dai meccanismi fisiologici di clearance
epatica (15) e grazie all’aumentata interazione carboidratica con componenti della matrice mesangiale (fibronettina,
laminino, collageno) (6) ne sia favorita la loro deposizione mesangiale. Non sono state ancora definitivamente
riconosciuti I recettori specifici per le IgA1 sulle MC, anche se sembra poco probabile che queste si identifichino con
gli FcαR (CD89) o con recettori di asialoglicoproteine (ASGP-R) (15). I candidati, attualmente maggiormente
accreditati sono recettori che appartengono alla famiglia dei recettori per la transferrina (16).
Negli ultimi anni abbiamo focalizzato la nostra attenzione sul ruolo svolto dalle IgA con alterata glicosilazione
(AGlyIgA) sulla reattività delle MC, studiando gli effetti biologici di differenti glicoforme di IgA1 isolate da pazienti
affetti da IgAN ricche in radicali terminali di GalNAc o Neu5Ac2,6,GalNAc o preparate in vitro con trattamento
enzimatico di IgA1 normali (con neuraminidasi che rimuove radicali di acido sialico- deSia IgA- e galattosidasi che
rimuove radicali di galattosio- deSia/deGal IgA) (17).
Tra i diversi mediatori della flogosi il complemento sembra giocare un ruolo cruciale nell’induzione della flogosi
in modelli sperimentali di IgAN e le IgA1 con alterata glicosilazione hanno una maggiore affinità nella fissazione del
C3b. Utilizzando un anticorpo monoclonale diretto contro un neoepitopo presente su C3 -C3b, iC3b, C3dg attivati,
abbiamo osservato che le IgA1 isolate da pazienti affetti da malattia di Berger che esprimevano un maggior numero di
radicali di GalNAc e Gal erano più efficaci nell’attivare il complemento quando paragonate alle IgA1 isolate da
soggetti sani di controllo (17).
Un altro aspetto che abbiamo valutato è stata la modulazione da parte delle IgA1 con alterata glicosilazione delle
integrine espresse sulle MC (18). I segnali di traduzione intracitoplasmatica indotta dalle integrine di superfice delle
15
MC regolano la crescita e la sopravvivenza cellulare oltre che la sintesi e l’organizzazione della matrice mesangiale
stessa. IgA deSia e IgA deSia/deGal preparate in vitro così come IgA1 con alterata glicosilazione o isolate da pazienti
afetti da IgAN aumentavano significativamente l’espressione dell’integrina αvβ3 in MC in vitro.
Cercando di studiare i meccanismi di riparazione post-flogistici abbiamo valutato un eventuale effetto
modulatorio delle IgA con alterata glicosilazione, sia isolate da pazienti con IgAN che preparate in vitro sulla sintesi ed
espressione del VEGF-A e sulla sintasi inducibile dell’ossido nitrico (iNOS) (19)
Abbiamo osservato che le IgA con alterata glicosilazione, sia isolate da pazienti che preparate in vitro, deprimevano
significativamente la trascrizione e traduzione del gene del VEGF-A, mentre si osservava che le IgA1 deSia ed ancor di
più le IgA1 deSia/deGal aumentavano significativamente la trascrizione, traduzione ed attività della iNOS. I due
fenomeni erano correlati e mediati dalla sintesi di NO. .
Infine abbiamo oservato che IgA con alterata glicosilazione, sia prodotte in vitro (IgA deSia IgA e IgA deSia/deGal
) che isolate da pazienti affeti da IgAN con maggiore espressione di GalNAc o Neu5Ac-2,6,GalNAc – riducevano
significativamente la proliferazione delle MC in vitro ed aumentavano l’incidenza di apoptosi (10).
In conclusione, IgA1 con alterata glcosilazione, sia preparate in vitro che isolate da pazienti affetti da nefropatia di
Berger si sono mostrate significativamente più attivi delle IgA1 con normale assetto carboidratico nell’attivare il
complemento, modulare l’espressione delle integrine espresso dalle MC, aumentare l’attività NOS e deprimere la sintesi
del VEGF-A con risultato finale di una depressione dell’indice proliferativo mesangiale ed aumento di quello
apoptotico. E’ interessante notare che l’effetto anti-proliferativo è esercitato prevalentemente da IgA1 ad alterata
glicosilazione con peso molecolare compreso tra 200-450 kDa, mentre quelle a più alto peso molecolare (700-1000
kDa) aumentavano l’indice proliferativo mesangiale. (20). E’ noto che la IgAN è una glomerulonefrite caratterizzata da
proliferazione mesangiale, che durante la progressione, l’entità della proliferazione può essere responsabile della
comparsa di lesioni sclerotiche. E’ verosimile che il peso molecolare degli aggregati di IgA1 ad alterata glicosilazione
che si depositano a livello mesangiale rappresentino un punto cruciale non solo nella patogenesi ma anche nella
evoluzione sclerotica della malattia.
Caratteristiche biochimiche dell’alterata glicosilazione delle IgA1 ed espressione e progressione della IgAN
E’ noto che esiste una vasta gamma di espressione cliniche di IgAN, da quelle benigne con possibilità di
guarigione, a quelle progressive verso la sclerosi con possibilità di recidiva del rene trapiantato. I meccanismi che
regolano questo diverso atteggiamento clinico non sono stati ancora del tutto chiariti.
Il nostro Gruppo ha studiato I livelli sierici di IgA1 leganti la Vicia Villosa (VV) e Helix Aspesa (HA) (due
lectine provviste di specificità per radicali di N-Acetilgalattosamina, anche se con diversa affinità) in una coorte di
pazienti affetti da IgAN giunti al trapianto renale con o senza recidiva istologica della malattia (21). Questa coorte di
pazienti presentava livelli di IgA1 esprimenti radicali di GalNAc (legame alla VV e HA) significativamente maggiori
rispetto ai soggetti sani di controllo. I livelli di IgA1 leganti la VV erano inoltre significativamente più elevate nei
pazienti che presentavano una recidiva della IgAN rispetto ai non recidivanti, e questa caratteristica si è mostrata avere
un valore predittivo di recidiva di IgAN. Nessuna differenza stata rilevata per i livelli di IgA1 leganti l’HA tra i
recidivanti e i non recidivanti.
In un altro gruppo di pazienti, con normale funzione renale e proteinuria, i livelli di IgA1 leganti la VV erano
sovrapponibili ai controlli, mentre I livelli di IgA1 leganti l’HA erano significativamente maggiori. Una eterogeneità
nella composizione carboidratica della regione cerniera è stata evidenziata da altri Autori in pazienti affetti da IgAN ed
in controlli (22). Specificità di legame alle diverse lectine è stata inoltre rilevata in correlazione con lo spessore della
membrana basale glomerulare (23).
In conslusione, I nostri dati permettono di speculare che differenti difetti di glicosilazione delle IgA1 possano
influenzare non solo la presentazione clinica della malattia, ma anche la storia naturale dei singoli casi. Tuttavia,
ulteriori studi sono necessari per valutare se il difetto di glicosilazione resta costante o varia nel tempo.
Possibilità di modulare gli effetti indotti dale IgA ad alterata glicosilazione sulle cellule meangiali
I nostril studi ci hanno permesso di chiarire che gran parte degli effetti biologici indotti dale IgA ad alterata
glicosilazione sulle MC sono mediate dall’attivazione e traslocazione nucleare del fattore trascrizionale NF-kB. E’ noto
che stimoli specifici dissociano la proteina inibitrice IkBα dal complesso NF-kB nel citoplasma permettendone la
traslocazione nucleare e l’attivazione della trascrizione di geni regolanti la trascrizione di mediatori flogistici e
sclerogeni. I livelli citoplasmatici di IkBα disponibili per bloccare NF-kB dipendono dall’attività dei protesomi, che
degradono lìIkB dopo ubiquinitazione. Cellule mesangiali trattate con IgA con altarata glicosilazione inducono una
traslocazione nucleare di NF-kB in parallelo con una riduzione dei livelli di IkB. L’attivazione di NF-kB e gli eventi
correlati sono risultati significativamente inibiti dalla coincubazione con antagonisti del sistema angiotensinico (24).
MODALITA’ DEL PRELIEVO PER LE LO STUDIO DELLA GLICOSILAZIONE DELLE IgA
Verranno prelevati 10 ml di sangue usando 4 provette senza anti-coagulante. Il sangue verrà suddiviso in 2 provette da 5
ml e seperato a 2000 rpm per 10 min. Il siero raccolto in 2 provette senza additivi verrà congelato a -20° ed inviato in
ghiaccio secco al Centro Coordinatore di Lecco, che provvederà a mandarle al laboratorio di Nefrologia, Dialisi,
Trapianto, Ospedale Regina Margherita, Piazza Polonia, 94, 10126 Torino all’attenzione della D.ssa Peruzzi Licia, Tel
0113135362, e-mail [email protected] .
16
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17
ALLEGATO IV
VALUTAZIONE CITOCHINE E PROTEINE TUBULARI
Numerosi dati della letteratura supportano l’idea di una analisi qualitative della proteinuria. Ci si potrebbe aspettare che
diverse citochine infiammatorie possano giocare un ruolo chiave nello sviluppo e nella progressione del danno
glomerulare nei pazienti con IgAN, stimolando la proliferazione cellulare e l’accumulo di matrice extracellulare sia nei
glomeruli, che nel compartimento tubulo-interstiziale.
La concentrazione di numerose citochine infiammatorie è risultata significativamente aumentata nelle urine di pazienti
con IgAN, confrontate con quelle di soggetti sani o con pazienti con altre malattie glomerulari Queste citochine
comprendono il transforming growth factor-beta1 (TGF-β1) [1,2], il Fas solubile (sFas) [3], il macrophage migration
inhibitory factor (MIF) [4], l’interleuchina 17 (IL-17) [5], il vascular endothelial growth factor (VEGF) [6],
l’interleuchina 8 (IL-8) [7,8], il macrophage-colony stimulating factor (M-CSF) [9], l’interleuchina 6 (IL-6) [10-12], il
tumour necrosis factor alpha (TNF-α) e l’interleuchina 1 beta (IL-1β) [13]. In molti casi questi valori urinari elevati
non erano accompagnati da corrispondenti elevati livelli serici delle stesse citochine, suggerendo l’esistenza di una
produzione locale delle citochine all’interno del rene. Inoltre, il fatto che, almeno in alcuni casi, questi reperti
persistevano anche dopo aggiustamento per i livelli delle proteine urinarie, consente di concludere che gli aumentati
livelli di citochine urinarie può effettivamente essere espressione di un’aumentata produzione renale, piuttosto che di
un’aumentata escrezione da parte dei glomeruli danneggiati. Pertanto, attualmente il riscontro di aumentati livelli
urinari di citochine infiammatorie può essere considerato un marker di infiammazione renale nella IgAN.
Diversi autori hanno pure rinvenuto una relazione fra i livelli urinari di alcune citochine e l’attività della IgAN. Ad
esempio, i livelli urinari di IL-6, IL-8 e MCP-1 sono stati trovati più alti nei pazienti con IgAN in fase avanzata,
piuttosto che in fasi iniziali lievi [7,12,14], e livelli più alti di IL-6 sono stati trovati correlati col grado di danno
istologico [10,11,15], con la progressione delle lesioni istologiche [16] ed anche con la prognosi renale a lungo termine
[10]. Anche i livelli urinari di TGF-β1, MIF, M-CSF e MCAF erano correlati con diverse lesioni istologiche,
particolarmente con la proliferazione mesangiale [2,4,8,17]. Infine, è stato documentato che i livelli urinari di alcune
citochine tendevano ad essere temporaneamente, ma marcatamente, elevate nel corso di episodi di acuta esacerbazione
della malattia in concomitanza con infezione delle alte vie respiratorie [8,15]. Complessivamente, questi dati
suggeriscono una possibile utilità del dosaggio delle citochine urinarie nella definizione della severità della IgAN e
della sua prognosi, insieme con altri parametri clinici, laboratoristici ed istologici.
Inoltre, alcuni provvedimenti terapeutici, in particolare gli steroidi, hanno mostrato di ridurre l’escrezione urinaria di
alcune citochine nella IgAN. Ad esempio, Haramaki et al. hanno trovato che i livelli urinari di TGF-β1 di 16 pazienti
con IgAN erano significativamente ridotti dopo un mese di trattamento con prednisolone al dosaggio di 0.8 mg/kg/die,
mentre lo stesso risultato non era ottenuto con l’idrocloride dilazep [2].
Questi dati sono di particolare interesse, non solo perché suggeriscono che i positivi effetti degli steroidi sulla
progressione della IgAN possono dipendere, almeno in parte, dalla soppressione della produzione renale di citochine
infiammatorie, ma anche perché mostrano che il dosaggio delle citochine urinarie può essere un utile strumento per
valutare l’efficacia della terapia nei pazienti con IgAN.
Modalità del prelievo ed analisi previste
All’ingresso nello studio e dopo un anno di follow up occorre raccogliere un campione di urina da inviare al Centro
Coordinatore di Lecco, per la determinazione di:
1.
EGF/MCP
2.
α1-microglobulina/creatinina urinaria
3.
IgG – α1 e β1 microglobulina
Le determinazioni sono eseguite su campioni spot (campione di urine fresche del mattino).
Occorre inviare al Centro Coordinatore di Lecco 3 provette da 10 ml di urina, conservate in ghiaccio secco.
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1992; 38: 185-189.
Dohi K, Iwano M, Muraguchi A, Horii Y, Hirayama T, Ogawa S, Shiiki H, Hirano T, Kishimoto T, Ishikawa H.
The prognostic significance of urinary interleukin 6 in IgA nephropathy. Clin Nephrol 1991; 35: 1-5.
Yokoyama H, Wada T, Furuichi K, Segawa C, Shimizu M, Kobayashi K, Su S, Mukaida N, Matsushima K.
Urinary levels of chemokines (MCAF/MCP-1, IL-8) reflect distinct disease activities and phases of human IgA
nephropathy. J Leukoc Biol 1998; 63: 493-499.
19
ALLEGATO V
Classificazione istologica della Glomerulonefrite IgA
(sec. Churg e Sobin – OMS)
GRADO I (lieve)
IA
• Glomeruli normali
•
Tubuli e interstizio normali
IB
•
Lieve ipercellularità mesangiale
•
Tubuli e interstizio normali
IC
•
Lieve aumento della matrice mesangiale
•
Tubuli e interstizio normali
•
Alcuni infiltrati interstiziali focali
•
< 25% dell’area corticale con infiltrati focali
interstiziali
•
Fino al 50% dell’area corticale con atrofia
tubulare e infiltrati interstiziali
•
< 25% della corticale con atrofia tubulare,
infiltrati e fibrosi
•
* Fino al 50% della corticale con atrofia
tubulare, infiltrati e fibrosi
•
> 50% della corticale con atrofia tubulare,
infiltrati e fibrosi
GRADO II (moderato)
II A
• < 25% dei glomeruli con proliferazione
mesangiale e lieve sclerosi
• Possibili rari crescents
II B
• Fino al 50% dei glomeruli con proliferazione
mesangiale e/o sclerosi
• Proliferazione endocapillare, con ostruzione
capillare
• < 25% dei glomeruli con adesioni e crescents
cellulari
II C
• > 50% dei glomeruli con proliferazione
mesangiale e/o sclerosi
• > 50% dei glomeruli con adesioni e crescents
cellulari
GRADO III (severo)
III A
• < 25% dei glomeruli con sclerosi segmentaria
o globale
• < 25% dei glomeruli con adesioni e crescents
fibrosi
III B
• Fino al 50% dei glomeruli con sclerosi
• Fino al 50% dei glomeruli con adesioni e
crescents fibrosi
III C
• > 50% dei glomeruli con sclerosi
• > 50% dei glomeruli con adesioni e crescents
fibrosi
Paziente _____________________________
Centro_______________________________
GRADO ISTOLOGICO ______________ (specificare anche la lettera: es. I A)
20
OSPEDALE:
ALLEGATO VI
PROTOCOLLO TERAPEUTICO ACEARB1: SCHEDA DI ARRUOLAMENTO
CITTA’:
INIZIALI DEL PAZIENTE:
DATA DI NASCITA:
DATI ANAMNESTICI
Anamnesi familiare positiva per ipertensione arteriosa:
Diagnosi d’ipertensione prima dei 60 anni in:
□ madre
□ padre
□ fratelli
N° fratelli ipertesi ……………..
CODICE PZ:
sì O
no O
N° totale fratelli ……………
Anamnesi familiare positiva per malattie renali:
sì O
no O
Specificare …………………………………………………………………………………
Fumo di sigaretta o sigaro: al presente sì O
In passato sì O
Anni totali di fumo: ………….
no O
no O
Quante al dì? ……………
Quante al dì? ……………
Esordio della nefropatia (riportare il primo riscontro della glomerulonefrite):
Data: ...........................................
Modalità:
Anomalie urinarie
Macroematuria
Macroematuria nel follow up: sì O
no O
Tonsillectomia: si O
no O
DATA DI ARRUOLAMENTO:
Invio sangue per studio genetico, siero per IgA glicosilate, urine per citochine: data _______________
PRESSIONE ARTERIOSA:
FREQUENZA CARDIACA:
PESO CORPOREO (KG):
ALTEZZA (CM):
Commento: alla biopsia?
ESAMI DI LABORATORIO:
Creatininemia_____________
Azotemia_____________ Emocromo: Hb________ GB_________
Colesterolo totale_____________ LDL ____________ Trigliceridi______________________________
Uricemia___________ Proteine totali__________ Na________ K________
Proteinuria 24 ore________
Creatinina urinaria________
Na urinario (mmol24 ore)________
Microematuria (sì/no, +/+++, emazia/campo)_______________________
Proteinuria/Creatininuria 24 ore ______________
IgA seriche____________
Diuresi _____________
Proteinuria/Creatininuria spot ______________
Terapia concomitante:_________________________________________________________________________
DATA DELLA BIOPSIA RENALE:
GRUPPO ASSEGNATO:
RAMIPRIL
IRBESARTAN
MEDICO DI RIFERIMENTO:
Telefono:
E-mail:
21
CONTROLLO
ALLEGATO VII
ACEARB1: SCHEDA DI RACCOLTA DATI NEL FOLLOW UP
Iniziali paziente___________________________
Codice numero _____________
Centro __________________________________
Data (e mese di
follow up)
Peso corporeo
(kg)
Altezza (per i bambini)
(cm)
P.A.
(mmHg)
Frequenza cardiaca
Creatininemia
(mg/dl)
Hb (g/dl)
Leucociti
Potassiemia
(mmol/l)
Microematuria
(sì/no)
Proteinuria 24 ore
Pu/Cu
24 ore
Pu/Cu spot
(urine del mattino)
Creatininuria
(mg/dl)
Natriuria
(mmol/24 ore)
Terapia
Effetti collaterali
Fumo (sì o no)
22
ALLEGATO VIII
GLI ACE INIBITORI E GLI ANTAGONISTI DEL RECETTORE DELL’ANGIOTENSINA II NELLA
NEFROPATIA IgA CON PROTEINURIA LIEVE
CONSENSO INFORMATO
Mi è stata data l’opportunità di informarmi e di porre domande sul “Trial multicentrico nei pazienti con
forma benigna di glomerulonefrite a depositi di IgA”.
La natura, i benefici ed i possibili effetti dei farmaci impiegati mi sono stati spiegati esaurientemente dal
medico sottoindicato.
Con la presente dichiarazione acconsento a prendere parte a questo studio e sono consapevole di essere
libero di ritirarmi dallo stesso in qualsiasi momento io lo desideri.
Autorizzo a rendere disponibili i dati delle mie cartelle cliniche relative allo studio alle Autorità Sanitarie ed
ai Comitati Etici, nel totale rispetto della mia privacy.
Firma del paziente ………………………………………… …………….
Nome del paziente ………………………………………………………….
Data ………………………………………….
Firma del Medico ……………………………………………..…………..
Nome del Medico …………………………………………………………..
Data …………………………………………..
23
ALLEGATO IX
GLI ACE INIBITORI E GLI ANTAGONISTI DEL RECETTORE DELL’ANGIOTENSINA II NELLA
NEFROPATIA IgA CON PROTEINURIA LIEVE
Foglio informativo per il paziente
La malattia renale di cui Lei è affetto (“Glomerulonefrite a depositi di IgA”) è la glomerulonefrite più diffusa
al mondo e nel 25-50% dei casi conduce alla dialisi nell’arco di 10-25 anni.
I fattori che sembrano identificare i pazienti destinati a progredire verso l’insufficienza renale cronica sono:
la presenza di una riduzione della funzione renale all’esordio della malattia, la presenza di ipertensione
arteriosa e la presenza di una perdita urinaria di proteine superiore a 1 grammo al giorno.
Lei, fortunatamente, non ha queste caratteristiche, per cui la sua malattia, al momento attuale, può essere
ritenuta “benigna”, ossia una forma che, se permanessero sempre queste caratteristiche, non dovrebbe
condurre all’insufficienza renale cronica.
Tuttavia, nel tempo le condizioni possono mutare. Studi recenti mostrano che nelle forme “benigne” la
guarigione spontanea può osservarsi in circa il 15-20% dei pazienti; negli altri casi la malattia può
mantenersi invariata, ma può anche aggravarsi. In particolare, si è visto che in circa il 40-45% dei casi la
glomerulonefrite può assumere caratteristiche più gravi già nei primi 7 anni, ossia può presentare una
proteinuria superiore a 1 grammo al giorno, oppure una ipertensione arteriosa o, raramente, un’iniziale
insufficienza renale cronica.
Oggi non abbiamo elementi che ci possono aiutare a distinguere, fin dall’inizio della malattia, i pazienti che
progrediranno, da quelli che guariranno o resteranno stabili. Pertanto, attualmente i provvedimenti terapeutici
vengono attuati solo quando i pazienti presentano caratteristiche sfavorevoli.
Tuttavia, esistono dei farmaci che si sono dimostrati capaci di ridurre la proteinuria, proteggere l’attività dei
glomeruli e ridurre l’azione negativa di alcune sostanze infiammatorie (“citochine”). Questi farmaci sono gli
ACE inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II, che vengono già abitualmente impiegati, in
modo favorevole, nei pazienti con proteinuria superiore a 1 grammo al giorno o nei pazienti con ipertensione
arteriosa. Non sappiamo se somministrati in una fase precoce (benigna) della malattia, questi farmaci siano
in grado di ridurre il rischio di una progressione verso una forma più grave.
Lo studio che proponiamo ha proprio lo scopo di verificare questa possibilità.
A questo studio partecipano diversi Centri Nefrologici Italiani.
Lo studio prevede la suddivisione casuale dei pazienti in tre gruppi: al primo gruppo verrà proposta
l’assunzione quotidiana di ramipril (un ACE inibitore), al secondo una dose quotidiana di irbesartan (un
antagonista del recettore dell’angiotensina II), mentre al terzo verranno proposti unicamente dei controlli
periodici per sorvegliare l’andamento della glomerulonefrite (quello che viene normalmente fatto nella
pratica clinica di ogni giorno).
Tutti i pazienti verranno seguiti per almeno 5 anni.
Nel corso dello studio eseguiremo anche dei prelievi di sangue e di urina, sia per valutare l’andamento della
malattia renale, che per verificare se vi siano dei fattori genetici o biochimici in grado di consentirci di
prevedere fin dall’inizio quale sarà l’andamento della glomerulonefrite nel tempo.
Qualora la malattia dovesse assumere caratteristiche più gravi (comparsa di ipertensione arteriosa, presenza
di proteinuria superiore a 1 grammo al giorno), a tutti i pazienti verrà proposto dai medici il trattamento da
loro ritenuto più appropriato ed efficace per bloccare la progressione della glomerulonefrite.
Gli ACE inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II sono farmaci che riducono la pressione
arteriosa, e questo è un bene nelle persone con una glomerulonefrite; tuttavia, occorre valuterà che non vi sia
una riduzione eccessiva e sintomatica dei valori pressori. Gli effetti collaterali indesiderati più comuni sono
la comparsa di tosse secca e l’aumento del potassio nel sangue; più raramente vi è una riduzione dei globuli
rossi o dei globuli bianchi. Nella maggior parte dei casi questi farmaci sono ben tollerati.
Il medico che la segue nello studio è a conoscenza di questi possibili effetti indesiderati ed attuerà la
necessaria sorveglianza, procedendo, se necessario, alla sospensione del trattamento.
La Sua partecipazione allo studio è completamente volontaria. Lei ha il diritto di non partecipare o di ritirarsi
in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione.
Se desidera ulteriori chiarimenti, può rivolgersi al medico responsabile dello studio, che provvederà a
rispondere esaurientemente a tutte le Sue domande.
Il Medico Responsabile …………………………………………………………..
24
STUDIO ACEARB1: LETTERA PER IL MEDICO CURANTE
Al Medico Curante del/la Signor/a
____________________________________________
Gentile Collega,
con la presente desideriamo informarla che il suo paziente è stato inserito, con il consenso scritto
dello stesso, in un protocollo di studio che prevede il possibile impiego di un ACE inibitore
(ramipril) e/o un antagonista recettoriale dell’angiotensina II (irbesartan) per cercare di ridurre il
rischio di progressione della glomerulonefrite a depositi di IgA.
Questo studio avrà la durata di 5 anni.
Gli ACE inibitori e gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina II sono già ampiamente utilizzati nelle
nefropatie proteinuriche, ma non vi sono studi controllati nella glomerulonefrite IgA con
caratteristiche ancora “favorevoli” (funzione renale normale, assenza di ipertensione arteriosa,
proteinuria inferiore a 1 gr/24 ore), nonostante l’elevato rischio di questi pazienti (superiore al 50%)
di progredire verso una forma progressiva di glomerulonefrite IgA.
Il paziente è stato assegnato ad un gruppo di studio (gruppo ramipril, gruppo irbesartan e gruppo
controllo) e verrà sorvegliato mediante controlli semestrali. Qualora vi fosse un incremento della
proteinuria si potrà valutare l’efficacia dell’associazione ramipril/irbesartan e nel caso in cui la
proteinuria mostrasse una tendenza alla progressione il paziente uscirà dallo studio e potrà essere
trattato con gli schemi suggeriti dalle linee guida attuali.
Qualora il paziente dovesse assumere per motivi differenti altri farmaci oltre a quelli prescritti,
voglia cortesemente informarci anche tramite lo stesso paziente, in modo da poter valutare
l’eventuale interferenza di questi farmaci.
Sarà nostra premura informarla di eventuali problemi o variazioni di terapia che dovessero
verificarsi nel corso dello studio.
La ringraziamo sin d’ora per la collaborazione, rimanendo a disposizione per ulteriori chiarimenti.
Cordiali saluti.
__________________________________
______________________
(Nome del ricercatore)
(Data)
___________________________________
______________________
(Firma del ricercatore)
(Recapito telefonico)
25