Programma completo

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 LabMusCont del Conservatorio “G. Puccini” della Spezia soprani: Felicita Brusoni, Ana Seixas flauto: Laura Basteri sassofoni: Thomas Luti, Giacomo Mornelli, Gianluigi Raffo, Francesca Marcone chitarra: Irem Gümüsgöz fisarmonica: Valentina Benelli percussioni: Luca Manfredini coordinatore: M° Andrea Nicoli Federico Favali – Mirroring per 2 sax e grancassa (prima assoluta) sax: Giacomo Mornelli, Gianluigi Raffo; grancassa: Luca Manfredini Il brano traspone sul piano sonoro la dualità della relazione oggetto-­‐oggetto riflesso di cui tutti facciamo esperienza quotidianamente. Frammenti ritmici dei sassofoni sono “riflessi” nella grancassa e viceversa. Ma anche le parti dei sassofoni sono l’una il riflesso dell’altra. Le micro articolazioni dell’uno, infatti, vengono riprese ed anche variate nell’altro e viceversa, cosicché si genera un continuum sonoro. Nella grancassa c’è una alternanza pollice-­‐mano per ottenere due suoni che siano uno il riflesso dell’altro, cioè stesso timbro ma differente colore. Per quanto riguarda la forma generale della composizione, ad una prima sezione caratterizzata dall’alternanza, nei sassofoni, di suoni reali e di slap, segue una seconda caratterizzata dai multifonici. I suoni sentiti ad uno ad uno nella prima parte generano “altri suoni” con un loro colore, che è diverso da quello sentito precedentemente. In fondo questa dualità rispecchia fedelmente la relazione mondo, da un lato, e come noi lo percepiamo, dall’altro, e per questo motivo investe la nostra percezione quotidiana di ciò che esiste. Riccardo Dapelo – ... zu klugen Gestirnen (Da un quadro-­‐poesia di Paul Klee) per soprano e nastro soprano: Felicita Brusoni In "Teoria della forma e della figurazione" Klee esclama "dal modello all'archetipo", cioè dal codice convenzionale al codice generativo assoluto. Spesso la ricerca di forme archetipiche ha condotto Klee verso le articolazioni elementari del segno. La scelta di fondo per la realizzazione di questa composizione è, mutatis mutandis, più o meno la stessa. Gli elementi "archetipici" estratti dal quadro-­‐poesia sono la direzionalità del binomio colore-­‐parola (dal grigio della notte al rosso del fuoco, al blu dei cieli stellati al bianco dei campi innevati) e, in ultima analisi il moto fondamentale (anch'esso archetipico e molto caro a Klee) tra due poli: dal Caos/disordine al Cosmo/ordine. Punto di partenza è un gesto sonoro di immediata percettibilità : una funzione esponenziale ascendente. Da questa base è stato generato un processo complessivo con caratteristiche di autoreferenzialità : un processo globale le cui molteplici componenti presentano tutte la medesima struttura. Questo archetipo sonoro ha modellato tutte le varie fasi della transizione dalla terra al cielo, realizzato con un progressivo mutamento dal rumore al suono. La lettura del testo gradualmente scava la sua "impronta" nel caos iniziale e apre la strada agli interventi del Soprano dal vivo. Nel punto corrispondente alla seconda sezione del quadro (assenza di colore) emerge la struttura caotica dello sfondo, il vero caos che secondo Klee " non potrà mai essere messo sul piatto della bilancia, ma per sempre resterà imponderabile e incommensurabile. Può essere nulla o alcunché di latente, morte o nascita, a seconda del prevalere di volontà o assenza di volontà, volere o non volere". Matteo Pittino – Le parole in ombra per flauto e chitarra flauto: Laura Basteri; chitarra: Irem Gümüsgöz L’origine di un’idea musicale è probabilmente uno dei misteri più affascinanti dell’operare di un compositore. Non è facile, una volta terminato un lavoro, a distanza di anni, ricordare l’attimo in cui il pensiero è stato concepito, ma è possibile talvolta rivivere le condizioni che lo hanno generato, le premesse e le intenzioni dalle quali l’idea ha preso forma. Le Parole in Ombra, per flauto e chitarra, nasce come l’esplorazione delle possibilità timbriche dei due strumenti e si sviluppa in una continua tensione tra elementi “concreti” della costruzione musicale – frammenti melodici, armonie definite, cellule ritmiche – e suoni non convenzionali che, come parole sussurrate nell’oscurità, assumono altri significati. Jacopo Simoncini – Com’esser può per due soprani (prima assoluta) soprani: Felicita Brusoni, Ana Seixas Un’infatuazione improvvisa per i madrigali di Gesualdo da Venosa mi ha offerto il destro per la composizione di questo pezzo per due soprani, il cui testo è estrapolato da un madrigale di Alessandro Gatti già messo in musica proprio da Gesualdo. Ho scelto di utilizzare solo una piccola parte del componimento poetico, ovvero i tre versi che mi sembravano più intensi e aforistici, e che, nella loro contrapposizione tra vita e morte violenta, offrivano immagini immediatamente ed efficacemente traducibili in gesti musicali. Il testo, tuttavia, è stato da me smembrato, scarnificato e ricomposto, in modo da renderlo, se possibile, ancora più diretto ed incisivo. Le due voci coinvolte non sono chiamate ad esprimersi soltanto attraverso la vocalità classica, ma anche utilizzando il parlato in diverse sfumature, o evidenziando un singolo fonema, come accade all’inizio del brano. In una esecuzione ideale, le due cantanti dovrebbero iniziare fuori scena, avvicinarsi pian piano l’una all’altra e rimanere faccia a faccia per tutta la durata del pezzo, allontanandosi poi mentre le loro voci svaniscono nel nulla. Il loro dovrebbe essere un canto drammatizzato, in cui le espressioni del viso, la gestualità e l’interpretazione delle parti non cantate sottolineano il significato del testo e la relativa traduzione sonora. Andrea Nicoli – da Quattro madrigali: n.1 e 2 per quartetto di sax (anteprima) sax: Thomas Luti, Giacomo Mornelli, Gianluigi Raffo, Francesca Marcone I quattro brani descrivono altrettanti Madrigali ai quali però manca il testo, il quale è immaginario, supposto. C'è solo una frase posta all'inizio di ogni madrigale che ne suggerisce lo stato d'animo o la situazione emotiva. Oggi verranno eseguiti solo il primi due. Il primo (... così, mi volto indietro a guardarti, mille e mille volte ancora) si presenta con decisione ed unitarietà. Questa solidità tende vacillare ed ogni strumento "perde" il tempo entrando in vortice acustico paradossale. Nel secondo (perché nessuno dei miei passi rimane sulla neve?) vi è un incedere instabile come su di un terreno insicuro, dove ogni tanto è necessario fermarsi per rimettersi in asse e riprende fiato. In questi momenti affiorano brandelli di memorie. Matteo Bogazzi – Oscurato per fisarmonica e nastro (prima assoluta) fisarmonica: Valentina Benelli Il titolo del brano, Oscurato (Eingedunkelt), è tratto da una breve poesia di Paul Celan del 1966 (la prima frase completa della poesia è “Oscurato/ il potere delle chiavi”). Il poeta scrisse questa ed altre liriche, dedicate alla moglie, durante la permanenza in una clinica psichiatrica. La scrittura e la forma del brano sono caratterizzate da una concentrazione di opposizioni irrisolte. Due esacordi, l'uno nel registro grave, l'altro nell'acuto. Il primo si costruisce lentamente all'inizio, emergendo dal buio, fino a una esclamazione fortissimo che dà inizio alla sezione principale, in cui predomina il secondo esacordo. Esso all'inizio è immobile e lontanissimo, poi si muove e sembra quasi sciogliersi verso la fine in una sorta di melodia che scompare e riaffiora scendendo sempre più nel grave. Questa parte è costantemente interrotta da richiami dell'inizio, sempre basati sul primo esacordo: urla soffocate, gesti di rabbia, borbottii, sospiri, fino all'esplosione di un gesto ossessivo. È come se la follia avesse scombinato l'ordine strutturale “normale”, prendendo il culmine del brano e portandolo lì, fuori posto, in una zona morta, congelato e ripetuto. I due esacordi si incontrano all'inizio della coda, compressi in un accordo violentissimo nel registro grave, accordo che andrà decomponendosi perdendo via via le note che lo formano, fino al silenzio, in cui resta però l'ombra di un tremore incessante. Questa instabilità continua del suono si era sentita fin dall'inizio, rendendo illusoria anche l'opposizione tra immobilità e movimento del materiale. Il nastro non ha altra funzione se non quella di integrare e amplificare le possibilità dello strumento con suoni provenienti da un'altra sorgente. Riccardo Vaglini – September-­‐Exercises per bocchini e colli di sax e nastro sax: Gianluigi Raffo September-­‐Exercises (la cui parte elettronica è stata realizzata presso gli studi MM&T di Milano) prosegue l'esplorazione nei dominî del contraddittorio, del multiforme e dell'incoerente; l'utilizzazione di differenti segni strumentali ed elettronici, simbolici e concettuali, si fa ora conflitto non più solo esterno ma soprattutto interno al campo di appartenenza. Nel rapporto tra il solista e il suo immaginario, il rituale perché il Settembre appaia, e la preghiera opposta, si mescolano inestricabilmente ai colori del desiderio e della morte. Fabio De Sanctis De Benedictis – Non destate il sax che dorme per sax baritono sax: Thomas Luti "Non destate il sax che dorme" è un brano del 2014, commissionato da Michele Selva e a lui dedicato. Il punto di partenza compositivo sono alcuni suoni multipli selezionati dall'interprete, dai quali, attraverso operazioni di analisi del suono e di composizione algoritmica, si estraggono accordi e serie numeriche, che costituiranno parte dei materiali principali. Dal nome e cognome del dedicatario, mappando ogni parola dell'alfabeto italiano sui numeri da 0 a 11, si ricavano poi due insiemi di classi di altezza. Dagli intervalli di questi gruppi di note si ottengono, proporzionalmente, le durate delle sezioni di cui è composta l'opera. Lo spunto poetico è dato da un senso di straniamento per la situazione politica e civile italiana attuale, in cui spesso la realtà supera tristemente qualsiasi fantasia o incubo. Un senso di non appartenenza e di rabbia, come sottolineato, ironicamente, ma non troppo, nella velata minaccia adombrata nel titolo. Sotto questo punto di vista "Non destate il sax che dorme" può essere considerato una composizione di denuncia, una sorta di protest music. Il brano inizia quindi con una imitazione onomatopeica dell'autore che dorme, e attraverso varie peripezie, alcune più cantabili, altre più violente, si torna ad una situazione simile a quella iniziale, sottolineando esistenzialisticamente l'assenza al momento di una soluzione possibile. Federico Costanza – Bianco per sax e fisarmonica sax: Francesca Marcone; fisarmonica: Valentina Benelli Bianco è da intendersi come un breve esercizio sulla fusione, sul tocco e sulla dilatazione, come anche la ricerca di un suono lontano e profondissimo che mostri la vastità e il nitore di una luce che quasi squarcia del marmo bianco. Damiano Mainenti – Alberi di memoria per soprano, flauto e chitarra (prima assoluta) soprano: Ana Seixas; flauto: Laura Basteri; chitarra: Irem Gümüsgöz "Alberi di memoria" nasce e si sviluppa intorno ad un libero riadattamento di una poesia di Prévert, Sang et plumes. In questo breve e conciso componimento, il poeta elabora il concetto di memoria e di ricordo (verosimilmente doloroso) mediante la figura allegorica dell'allodola, che viene uccisa freddamente in quanto portatrice, seppur inconsapevole, di sofferenza. In questa composizione il materiale letterario viene scomposto nei suoi versi e ricostruito nell'intento di creare un particolare percorso drammatico e psicodinamico, che si lega a doppio filo con la componente musicale: se infatti, talvolta, l'uso che viene fatto della voce e dei due strumenti è volto a una corrispondenza simbolica col significato semantico delle parole (secondo la tecnica del madrigalismo), più sovente la parola stessa viene scardinata nelle sue componenti fonetiche -­‐ le quali vengono poi sviluppate sia vocalmente che strumentalmente -­‐, ricercando proprio nel suono un significato drammaturgico. Ed è precisamente "dentro il suono" che si compie la scelta stilistica della creazione musicale: ogni strumento (voce compresa) esplora se stesso con incedere introspettivo e cerca continuamente il contatto intimo con l'orecchio dell'ascoltatore, chiedendo la massima attenzione anche nelle più piccole sfumature. Il discorso musicale si dipana quindi su due livelli: all'introspezione sopracitata si accompagna infatti una solida e costante sinergia di voce e strumenti (i quali, oltre a richiamarsi l'un l'altro, attendersi, anticiparsi, arrivano talvolta anche a scambiarsi i ruoli), fino alla catarsi finale dove, citando un verso di Baudelaire, il percorso poetico-­‐musicale si conclude con l'avvenuta presa di coscienza e accettazione del proprio bagaglio di memoria che, per quanto doloroso, è comunque da preferirsi a un anestetizzante oblìo. Conservatorio “G. Puccini” via XX Settembre, 34 -­‐ La Spezia -­‐ tel +39 0187 770333 fax +39 0187 770341 CAMeC Centro d'Arte Moderna e Contemporanea Piazza Cesare Battisti, 1 -­‐ La Spezia -­‐ tel +39 0187 734593 fax +39 0187 256773