L`organizzazione scientifica del lavoro

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L`organizzazione scientifica del lavoro
L’organizzazione scientifica del lavoro
L’organizzazione scientifica del lavoro
• Con la seconda rivoluzione industriale, le macchine divennero più veloci e più grandi, come tutto l’insieme degli impianti di manifattura. • La tendenza all’ingrandimento, già notevole nel periodo fra il 1850 e il 1873, continuò a ritmo accelerato soprattutto in Germania, dove l’industria era più giovane.
• Inoltre l’esistenza di cartelli in molti campi rendeva spesso indispensabile una integrazione orizzontale, per liberarsi dalle imposizioni dei fornitori. L’integrazione, inoltre, apriva la via a nuove economie di scala. • Si vennero così formando industrie con oltre mille dipendenti in ogni stabilimento.
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• La base della grande impresa fu l’industria pesante per la produzione di ferro e acciaio, dove nel 1907 quasi i tre quarti degli addetti lavoravano in imprese con oltre mille dipendenti. • La tendenza all’ingrandimento era alta anche in un’industria tradizionale come quella tessile.
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• Con l’aumento del personale impiegato nelle manifatture, emersero nuovi problemi per aumentare la produttività. • Gli impianti erano divenuti sempre più costosi, la forza lavoro si stava organizzando nei primi sindacati di categoria. • Per l’imprenditore era quindi urgente aumentare la produttività del lavoro: far sì che a parità di forza lavoro impiegata venissero prodotte maggiori quantità di merci. L’organizzazione scientifica del lavoro
• Si manifestava però un problema assai grave, al quale nella prima fase della industrializzazione non si era in alcun modo pensato: quello logistico. Le fabbriche erano state infatti costruite in un certo modo e per una certa produzione. • Quando questa cominciò a crescere, ci si trovò alle prese con la ristrettezza degli ambienti, senza la possibilità di realizzare nuovi capannoni, poiché intorno nel frattempo erano cresciute le città e quindi vi si trovavano numerose abitazioni.
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• Gli imprenditori del tardo Ottocento avevano l’impellente necessità di ricavare una produzione maggiore possibile da ciascun lavoratore con una determinata attrezzatura. La spinta verso quello che potremmo definire efficientismo era inoltre rafforzata dalle tendenze commerciali e tecnologiche posteriori al 1870. • Il solo fattore che si poteva comprimere era cioè
il lavoro, ma non a livello salariale, perché i sindacati lo impedivano.
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Da questa unica possibilità derivò una serie di studi per accrescere la produttività, il rapporto tra la manodopera impiegata e le merci prodotte. Il più conosciuto di questi studi è quello di Frederick W. Taylor (1856‐
1915), esposto in Scientific Management. Il presupposto fondamentale su cui si basava l’opera di Taylor era che “la migliore produzione si determina quando a ogni lavoratore è affidato un compito specifico, da svolgere in un determinato tempo e in un determinato modo”.
Le operazioni del ciclo produttivo industriale venivano cioè scomposte e studiate nei minimi particolari. Il manager doveva stabilire il compito specifico di ogni lavoratore, in quanto tempo lo doveva svolgere e in che modo lo doveva svolgere. Il ciclo produttivo veniva quindi scomposto in una serie di operazioni elementari, cronometrando il tempo necessario per compierle e imponendo a tutti i lavoratori di adeguarsi a tale tempo. L’organizzazione scientifica del lavoro
• Il sistema dell’organizzazione scientifica del lavoro è estremamente importante perché diede origine alla prima catena di montaggio, introdotta negli stabilimenti della Ford Motor Company nel 1913, con cui si aprì la strada alla trasformazione dell’organizzazione del lavoro nelle industrie.
• Fu trasformata soprattutto la figura dell’operaio, al quale il taylorismo tolse ogni tipo di discrezionalità: mentre in precedenza poteva scegliere i tempi e i modi del suo lavoro, con l’introduzione delle nuove procedure fu costretto ad adattarsi ai ritmi e ai metodi scelti dai dirigenti.
• Per tale motivo il taylorismo è stato fin dall’inizio duramente contestato dal movimento dei lavoratori e dai sindacati. Secondo
Taylor, tuttavia, l’incentivo economico reso possibile dalla maggiore produttività avrebbe dovuto spingere gli operai ad adattarsi alle nuove condizioni di lavoro. L’organizzazione scientifica del lavoro
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Il sistema di lavoro introdotto da Taylor fu esportato dagli Stati Uniti con alcuni adattamenti in Europa ed è rimasto alla base di molti sistemi di produzione fin quasi ai giorni nostri. Soltanto negli ultimi anni, infatti, sia con l’elaborazione di nuove teorie sulla gestione delle risorse umane, sia soprattutto con l’automazione, è
stato in gran parte superato. E’ stata cioè superata la catena di montaggio oggi quasi completamente automatizzata e il lavoro umano si è incentrato sulla gestione e sul controllo delle macchine, nonché sulla loro riparazione. Il lavoro è quindi diventato molto più specializzato.
Il taylorismo è inoltre importante perché applicato anche in campi ben lontani dalla fabbrica: qualche anno fa, in Italia, la Funzione Pubblica, nell’intento di aumentare la produttività dei dipendenti pubblici, aveva misurato i tempi necessari per completare alcuni processi amministrativi. La filosofia di fondo era sempre quella del taylorismo, cioè il tentativo di aumentare la produttività costringendo il dipendente a lavorare secondo ritmi imposti dall’alto.
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• La prima applicazione su vasta scala del Taylorismo si ebbe alla Ford; fu quindi legata alla produzione di quel nuovo mezzo di trasporto che sarebbe diventato il più caratteristico del XX secolo.
• La Ford Motor Company fu fondata nel 1903 nel Michigan da Henry Ford con undici soci. Nei primi mesi di attività raggiunse una produzione di 1.700 vetture, con una forza lavoro di 118 operai. Ma il suo sviluppo maggiore coincise con la produzione, a partire dal 1908, di una vettura utilitaria, il celebre modello “T”, proseguita fino al 1927. Nel 1912 raggiunse gli 80.000 esemplari, dando inizio alla motorizzazione del paese che alla fine degli anni Venti era
ormai un fatto compiuto.
• Per far fronte alla domanda crescente, nel 1913 venne introdotta la prima catena di montaggio. L’anno successivo Ford, per ovviare al peggioramento delle condizioni di lavoro dei suoi operai, ridusse gli orari e aumentò gli stipendi. La produzione toccò così la vetta dei 250.000 esemplari.
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L’organizzazione scientifica del lavoro può essere suddivisa in quattro aspetti:
• Il Time and Motion System;
• L’American System;
• Il Jig System;
• Lo Standardized and Synchronized System.
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Il Time and Motion System costituisce il contributo specifico di Taylor. Uno dei problemi che Taylor si era posto era infatti quello di individuare una serie di micro‐operazioni tali da assicurare il minimo tempo di realizzazione e quindi il massimo di efficienza e produttività. Il suo programma consisteva nello scomporre ogni operazione lavorativa in una minuta sequenza di operazioni ottimali, dal punto di vista del tempo e dell’impegno fisico, e nell’approntare gli strumenti adatti alla migliore gestione delle operazioni individuate. Per attenuare la resistenza che questo sistema avrebbe generato tra gli operai, Taylor propose il salario a cottimo, in modo da compensare adeguatamente il maggior lavoro.
In Europa non si procedette ad un’applicazione alla lettera del sistema di Taylor, ma si cercò invece di inserire il sistema degli “allenatori”. Degli operai particolarmente addestrati effettuavano un certo lavoro e il loro tempo veniva utilizzato come standard che tutti dovevano mantenere nell’arco della giornata. Anche in questa versione vi erano degli elementi di razionalizzazione che generarono una maggiore conflittualità sindacale. Fra le prime applicazioni vi fu quella della Renault in Francia, cui seguirono diversi scioperi di protesta nel 1912‐1913.
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L’American System consisteva nella ricerca dell’intercambiabilità dei pezzi componenti una macchina. I primi esperimenti di intercambiabilità erano stati avviati all’inizio dell’Ottocento e riguardavano le armi leggere, soprattutto i fucili.
L’affermazione di questo sistema, applicato anch’esso alle automobili, risale ai primi anni del Novecento. Oggi l’esigenza di produrre dei componenti che siano intercambiabili appare un fatto scontato, poiché
l’attuale tecnologia è in grado di rispettare facilmente le tolleranze e la precisione richieste dall’intercambiabilità, ma nel 1903 questa evoluzione era del tutto innovativa. Tale sistema in Europa viene sviluppato soprattutto con l’accrescersi dei ritmi di produzione che si verificano nella prima guerra mondiale. Un aspetto che all’inizio frenò tale sviluppo fu la continua modifica dei componenti da parte delle case automobilistiche, derivante dalla
partecipazione alle corse che rappresentavano non solo un veicolo pubblicitario, ma anche un momento di commercializzazione.
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Il Jig System rappresentò un passo importante nella produzione di massa.
Il termine Jig indica una maschera che serve sia a trattenere il pezzo per una più facile lavorazione, sia ad individuare con precisione il punto ed il tipo di lavorazione da effettuare. In precedenza l’artigiano o l’operaio qualificato eseguivano la lavorazione partendo dal disegno, ma occorreva tutta la loro professionalità nel saperlo interpretare, mentre una maschera predisposta per l’esatto posizionamento del pezzo e l’individuazione del punto in cui praticare un foro semplificava enormemente il lavoro, eliminando possibili errori e riducendo il tempo di esecuzione dell’operazione. Il Jig System comprende un ampio complesso di attività volte a studiare e a realizzare tutte le apparecchiature ausiliarie in grado di semplificare e accelerare l’effettuazione del lavoro. Questo tipo di innovazione, oltre a consentire l’utilizzo di manodopera meno professionalizzata e quindi meno costosa, consente un sensibile innalzamento della qualità delle lavorazioni e una riduzione, altrettanto significativa, dei tempi di lavorazione.
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• Lo Standardized and Syncronized System integrava in un disegno complessivo tutte le forme di razionalizzazione. • Consisteva nel collegare in sequenza tutte le operazioni di lavorazione con quelle di montaggio. • Anche il montaggio, che in precedenza risultava poco razionalizzato, venne ripensato. Si procedette alla sua scomposizione in operazioni semplici, ma soprattutto si riesaminò l’impostazione del prodotto: la sua progettazione, le sue lavorazioni e il suo assemblaggio vennero modificati allo scopo di eliminare ogni attività
superflua e per predisporre un sistema di convogliatori affinché il flusso delle parti passasse automaticamente da una stazione di lavoro all’altra.
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Il primo esperimento di una catena di montaggio fu realizzato nel 1913 per costruire un magnete a volano. Un operaio in precedenza montava l’intero pezzo e riusciva e riusciva a produrne 35‐40 in un giorno, impiegando circa 20 minuti a pezzo. Ciò che l’operaio faceva da solo venne scomposto in 29 operazioni, riducendo il tempo medio di assemblaggio a 13 minuti e 10 secondi. Nel 1914 con alcuni mutamenti della catena di montaggio, miranti a realizzare macchine ausiliarie efficienti, il tempo fu ridotto a 7 minuti. Ulteriori esperimenti condotti sulla velocità alla quale il lavoro doveva essere fatto, ridussero il tempo a 5 minuti. Con l’organizzazione scientifica del lavoro un operaio era quindi arrivato a produrre 4 volte più di prima.
L’impulso continuo verso la crescita produttiva, idea affermatasi con la prima rivoluzione industriale, continua anche ai giorni nostri, quando necessità di crescita non esistono più, mentre ci sarebbe il bisogno di avere meno prodotti in circolazione. Certamente all’inizio del Novecento nessuno pensava che l’eccessiva produzione avrebbe poi generato problemi di contenimento e di spazio, ma ciò che è grave è che anche oggi si continua a produrre di più, perfino con grandi allarmismi quando rallenta la crescita industriale.