il pedagogista

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IL PEDAGOGISTA
A proposito di pluriclasse
Il grande successo del film Essere e avere, di Nicolas Philibert, è, tutto sommato, abbastanza inspiegabile. Si tratta di un film-documentario
sulla vita professionale di un maestro né giovane né vecchio, né bello né brutto, né bravo né
poco bravo, che gestisce, tutto da solo, una piccola scuola-pluriclasse sperduta in una contrada
verde della Francia.
Un maestro né giovane né vecchio
né bello né brutto, né bravo né...
Veramente definire il maestro né bravo né poco bravo è un poco ingeneroso: in realtà l’educatore se la
cava benissimo dal punto di vista sia didattico che
in quanto a capacità di relazione con gli alunni, con
i quali riesce a conciliare affetto e autorevolezza. Il
suo limite, che è tale solo perché è protagonista di
un film, è che dal punto di vista metodologico é del
tutto ‘tradizionale’: a parte il clima vagamente ispirato ai modelli della scuola attiva, abbastanza diffusa
in Francia, non si può certo dire che l’opera si presenti come una proposta rivoluzionaria o anche solo
sperimentale. E allora perché tutto questo successo,
sia fra gli addetti ai lavori dell’educazione, che in un
pubblico molto più vasto? E come mai una produzione così ‘di nicchia’ ha ottenuto una distribuzione solitamente riservata a film di cassetta, e dopo
meno di un anno dalla sua uscita cinematografica il
DVD era già allegato a un grande quotidiano progressista italiano? Credo che ciò che ci affascina di
questo film sia soprattutto il luogo e l’atmosfera: il
piccolo paese, il verde, una scuola inondata di luce
naturale anche durante la brutta stagione, i maglioni del maestro che sembrano confezionati da un’anziana zia affettuosa. Il fatto stesso che l’insegnante
sia maschio e sia gratificato e fiero del suo lavoro intenerisce e parla di un tempo lontano che ci piacerebbe far rivivere. Guardando certe scene sembra di
sentire l’odore della buccia delle arance messa sulla stufa.
Nostalgia e pseudo ecologia
Nostalgia e pseudo ecologia, ecco il segreto di questo film, comunque interessante e che comunque
n.2 febbraio 2007
può insegnare davvero qualcosa a molti maestri di
casa nostra. Ma se pensiamo con lucidità pedagogica
e politica al destino futuro di quei bambini, che nel
film ci sembrano quasi dei privilegiati, dobbiamo ricrederci e avanzare qualche serio dubbio sulla bontà di quel modello. Dal punto di vista sentimentale
e ideologico il film, con la sua implicita e romantica proposta, mi ha attirato e coinvolto, ma da pedagogista lucido penso sarebbe preferibile che uno
scuolabus si caricasse tutti i protagonisti della storia,
bambini e maestro, e li portasse in una bella scuola dove ciascuno possa stare in una classe di compagni della sua età, dotati di pari opportunità cognitive, dove ci sia una bella e ricca biblioteca, risorse
tecnologiche, laboratori. Parliamoci chiaro: anche la
classe organizzata secondo il modello inventato da
Comenio nel ‘600, quella con i banchi tutti in fila,
una predella con la cattedra sopra, con libri e quaderni uguali per tutti, dovrebbe considerarsi superata, ed è triste vedere come si fatica a liberarsene.
Quella era la scuola che cominciava a sognare, democraticamente, l’uguaglianza e il superamento dei
privilegi dell’istruzione aristocratica del ‘precettore’.
Oggi sappiamo di dover puntare, in nome degli stessi ideali democratici, sulla valorizzazione delle differenze: differenze di genere, di cultura, di talenti e di
scelte.
L’età, unico elemento di uguaglianza
E dunque quello schema, vagamente militare, dove
gli alunni sono inquadrati in fila per due in ordine
d’altezza, dovrebbe a sua volta essere considerato superato, nella direzione già indicata da Maria Montessori e, oggi, dai seguaci del cooperative learning,
da un modello di classe organizzata in maniera flessibile, per gruppi di lavoro, e soprattutto integrata
in un plesso capace di offrire risorse e luoghi di studio e di ricerca e di esperienze ‘trasversali’. Neuroscienze e psicologia dello sviluppo ci indicano proprio che l’unico elemento di uguaglianza capace di
accomunare bambine e bambini, ragazze e ragazzi,
anche appartenenti a culture e lingue diverse, è proprio l’età, perché le risorse cognitive dipendono largamente dalle caratteristiche evolutive fisiche, mentali, neuronali. La nostalgia della piccola pluriclasse
nel paese fiorito di Heidi, dunque, rischia di essere un po’ come certe pubblicità di Barilla e Mulino
Bianco, una storiella easy listening tenera, commovente ma a ben vedere abbastanza insensata.
Marco Dallari
pedagogista