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CAPITOLO SECONDO
I diritti classici:
danno e informazione digitale
SOMMARIO: SEZIONE I: Diffamazione nella stampa on line. – 1. Il danno da diffamazione nella stampa on line: focus. – 2. Il danno da diffamazione nella stampa
on line: i casi. – 3. Il danno da diffamazione nella stampa on line: gli elementi della
fattispecie. – 4. Il danno da diffamazione nella stampa on line: il punto della situazione. – SEZIONE II: Diffamazione nella società on line. – 1. Il danno da diffamazione nella società on line: focus. – 2. Il danno da diffamazione nella società on
line: i casi. – 3. Il danno da diffamazione nella società on line: diffamazione nel
social network. – 4. Il danno da diffamazione nella società on line: diffamazione
nel web forum. – 5. Il danno da diffamazione nella società on line: diffamazione
nel motore di ricerca. – 6. Il danno da diffamazione nella società on line: gli
elementi della fattispecie. – 7. Il danno da diffamazione nella società on line: il
punto della situazione.
SEZIONE I
Diffamazione nella stampa on line
1. Il danno da diffamazione nella stampa on line: focus
Legislazione Cost. 2, 21 – c.c. 2059 – c.p. 595 – l. 47/1948 (legge stampa); l. 62/2001 (legge
editoria).
Bibliografia Zeno Zencovich 1985 – Cassano 2005 – Falletti 2006 – Melzi D’Eril 2010 –
Melzi D’Eril-Vigevani 2010.
Il diritto dell’informazione e dell’informatica è pervaso ormai da tempo dalla questione dell’estensibilità della disciplina per la stampa anche a
Internet.
L’approccio di massa alla Rete disgiunto da un’utilizzazione consapevole del mezzo ha necessitato l’applicazione del diritto prima ancora che
si fosse consumata una riflessione giuridica compiuta del fenomeno.
La mancanza di consapevolezza del mezzo sia da parte degli internauti
sia da parte degli operatori del diritto si rileva soprattutto nella difficoltà
di coglierne l’essenza. Inizialmente non si è ben capito se Internet fosse
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un nuovo mass media oppure una bacheca elettronica in cui ogni netizen
lascia il proprio pensiero.
La penna del magistrato che ha affrontato il problema non sempre ha
avuto un tratto sicuro e preciso ma soprattutto inizialmente ha manifestato la tendenza ad applicare lo schema Internet = mass media senza considerare invece che Internet è anche spazio di incontro e di manifestazione
del pensiero.
La disamina dei casi più significativi in punto di speculazione sul
danno da informazione digitale verrà condotta proprio partendo dalla consapevolezza dell’infrastruttura tecnologica.
In quest’ottica occorre tenere ben presente che Internet è un luogo. Un
luogo dove ci si incontra, dove si chiacchiera, dove si può anche fare della cronaca professionale (mediante giornali telematici ad esempio).
Conseguentemente la Rete non può essere appiattita unicamente nella
dimensione di mass media. Internet è mass media, è luogo di manifestazione del pensiero, è luogo di servizi, è luogo di scambi commerciali.
Atteso questo più ampio scenario possiamo parlare di danno da informazione digitale sotto due profili: il danno da diffamazione nella stampa on
line e il danno da diffamazione nella società on line.
2. Il danno da diffamazione nella stampa on line: i casi
Legislazione Cost. 2, 21 – c.c. 2059 – c.p. 595 – l. 47/1948 (legge stampa); l. 62/2001 (legge
editoria).
Il caso sottoposto ad esame viene considerato in questa sede soprattutto per l’evidenza risarcitoria della fattispecie a prescindere dalla costruzione ermeneutica riportata in punto di responsabilità perché superata da
una pronunzia della Cassazione che ha finalmente indicato un’interpretazione di riferimento univoca in materia.
Diffamazione a mezzo commenti nel giornale on line. Il caso contempla una vicenda diffamatoria legata al sito web fiorentina.it, sito dedicato
alle vicende della squadra di calcio toscana ospitante anche un piccolo
salotto virtuale in cui gli utenti potevano postare commenti. Accadeva così che in merito a una questione inerente alla gestione parcheggi venissero
postati dei commenti diffamatori nei confronti dell’allora sindaco di Firenze.
Si apriva un processo penale in cui quest’ultimo si costituiva parte civile. Il giudice, rilevato a suo modo di vedere la responsabilità del direttore della testata telematica, riconosce alla persona offesa un quantum risarcitorio di € 4.000,00 per danni morali:
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«infine in accoglimento della domanda civile, A.C. deve essere condannato al
risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in
complessivi € 4.000,00, tenuto conto del patimento morale subito dalla p.o. a
seguito della diffusione dei commenti in questione che gli attribuivano una
condotta illecita e approfittatoria».
(Trib. Firenze 13.2.2009, Limongi, www.penale.it).
Diffamazione a mezzo foto nella testata telematica. Un altro caso significativo per il quantum risarcitorio di diffamazione a mezzo stampa on
line attiene alla vicenda di una famosa soubrette a cui vengono attribuite
da un giornale telematico delle foto saffico-pornografiche che l’attrice
prontamente smentisce.
Si tratta della pronunzia del Tribunale di Roma 6.9.2005.
La persona offesa, costituitasi parte civile nel processo penale, chiede
il risarcimento del danno per lesione della propria reputazione sia sotto il
profilo patrimoniale in termini di contratti di lavoro perduti sia sotto il
profilo non patrimoniale in termini di peggioramento della qualità dell’esistenza e dei rapporti interpersonali (danno esistenziale).
Il giudice ritiene che il danno patrimoniale non sia supportato da prove tali da renderlo configurabile e dunque non accoglie questa voce risarcitoria. Accoglie invece l’ipotesi risarcitoria del danno non patrimoniale
sotto il profilo del pregiudizio all’esistenza della donna:
«È stato invece provato che a seguito della diffusione della notizia per cui
è causa l’attrice abbia passato un periodo di disagio e abbia condotto una vita
diversa da quella vissuta in precedenza».
(Trib. Roma 6.92005, DInt, 2006, 1).
I casi in parola presentano tutti gli elementi più significativi della fattispecie. La diffusione nell’Internet di una notizia non vera (violazione
del diritto) con esclusione dell’esimente del diritto di critica o di libera
manifestazione del pensiero e il nocumento (danno) conseguenza di questa propagazione.
3. Il danno da diffamazione nella stampa on line: gli elementi
della fattispecie
Legislazione Cost. 2, 21 – c.c. 2059 – c.p. 595 – l. 47/1948 (legge stampa); l. 62/2001 (legge
editoria).
Violazione del diritto e responsabilità. Il diritto di critica viene rico-
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nosciuto dal nostro ordinamento giuridico in capo a qualsiasi soggetto
quale privato cittadino e in particolar modo in capo al giornalista di professione. Si tratta di una posizione giuridica soggettiva che rientra nel più
ampio diritto di manifestazione del pensiero. Spesso dunque l’operatore
giuridico investito di un caso di diffamazione nella stampa on line viene
costretto a porre a confronto il diritto di critica della testata telematica
con il diritto alla reputazione, all’onore e al decoro della persona potenzialmente offesa.
Si tratta ogni volta di capire se il soggetto che ha “esternato” si sia
spinto oltre il proprio diritto di criticare o di fare satira.
Pubblicare on line dei commenti diffamatori nei confronti di un esponente del governo locale (sindaco di una città) oppure pubblicare on line
delle foto oscene non rientra affatto nel diritto di cronaca se la notizia non
è veritiera.
Dunque il dilemma del bilanciamento delle posizioni giuridiche in
gioco si risolve ampiamente a favore del diritto alla reputazione e al decoro.
Una volta individuata la fattispecie della responsabilità civile stigmatizzando la violazione del diritto si passa alla dimostrazione del danno.
Tipologia di danno. Il danno non patrimoniale derivante dalla lesione
in Internet dei diritti classici della persona come il diritto alla reputazione
può essere di carattere biologico nella misura in cui si avverta una ricaduta di carattere psichico o anche di carattere morale per la sofferenza interiore sostenuta o ancora di carattere esistenziale per i cambiamenti delle
abitudini di vita provocati.
Prova e allegazioni. Il suggerimento vivissimo all’operatore giuridico
che si accinge a trattare una pratica di risarcimento danni in ambito di lesione dei diritti classici della persona in Internet non è dissimile da quanto raccomandato dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel campo dei danni
non patrimoniali diversi dal danno biologico.
In punto di prova e di allegazioni si raccomanda di evitare allegazioni
generiche; puntare su allegazioni specifiche atte a corroborare le tesi esposte in via presuntiva.
Il danno patrimoniale dovrebbe giustificarsi sulla scorta di prove documentali o testimoniali. La prova in via presuntiva appare alle corti assai
debole.
Il danno non patrimoniale invece trova riscontro positivo nelle pronunzie giudiziali anche se provato in via presuntiva.
Nelle vicende in parola, infatti, il giudice ha disatteso la richiesta di
danno patrimoniale in quanto non fondata su prove documentali o testi
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mentre accoglie la richiesta di danno non patrimoniale affidandosi al criterio presuntivo corroborato da alcune testimonianze.
Qui risulta di grande importanza allegare ragionamenti presuntivi specifici che possano far dedurre al giudice la gravità del fatto sia sotto il
profilo oggettivo relativo al tipo di accusa mossa sia sotto il profilo soggettivo relativo alla personalità del soggetto leso riguardo alla posizione
sociale, allo stato lavorativo e al mondo delle relazioni interpersonali della parte offesa.
Un altro profilo da considerare è poi quello del potenziale di diffusività della notizia lesiva.
Stante l’ambito assolutamente diverso dal mondo della stampa in cui è
stata immessa l’informazione occorre capire le potenzialità di diffusione
legate alla natura del mezzo Internet e sottoporle al giudice.
Si tratta di un elemento di grande novità rispetto alla diffamazione a
mezzo stampa. Qui la prova deve rivolgersi all’ambiente tecnologico in
cui si diffonde la notizia.
La natura del mezzo Internet presenta almeno tre parametri di ausilio
per cercare di valutare il livello di diffusione del contenuto lesivo:
– il numero dei siti web in cui la notizia lesiva è stata riprodotta;
– il grado di difficoltà per eliminare il messaggio lesivo dalla rete;
– il tempo di permanenza del messaggio lesivo sulla rete e nei motori
di ricerca.
Occorre quindi portare all’attenzione del giudice anche quest’ultimo
importantissimo elemento.
Nel caso della nota attrice che si è vista pubblicare in Internet foto
“saffico-pornografiche” (violazione del diritto alla reputazione), oltre alla
prova per presunzione si è potuto disporre anche di prove testimoniali che
hanno dimostrato il radicale cambiamento di vita della parte offesa a seguito dell’evento lesivo.
«Le testimonianze raccolte in giudizio hanno provato che E.W. non ha più
avuto il coraggio di frequentare amici, si è astenuta dal frequentare sfilate di
moda e eventi mondani, non ha più provveduto alle ordinarie faccende domestiche di cui fino a quel momento si era occupata in prima persona».
(Trib. Roma 6.9.2005, DInt, 2006, 1).
Quantum. Il quantum risarcitorio viene costruito sul fondamento del
principio di equità mancando dei parametri stabiliti di riferimento in materia. È chiaro che in questa sede più si riesce a essere precisi nelle allegazioni e nelle prove addotte anche in via di presunzione e più aumenta la
possibilità di addivenire a una giusta riparazione del danno.
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In punto di richiesta del quantum laddove occorra affidarsi al principio
equitativo risulta di grande ausilio tentare di fornire dei lumi di riferimento al giudice evidenziando gli importi liquidati in casi analoghi anche se
non è possibile disporre di dati statistici in merito.
Misure cautelari. Si dimostra di notevole ausilio il ricorso allo strumento dell’inibitoria d’urgenza per ottenere il blocco dei dati e la relativa
cancellazione. A tal riguardo si veda infra il capitolo dedicato alle misure
cautelari nell’Internet (cap. XIII).
Giurisprudenza
– Cass. pen. Sez. V, 15.1.2008, n. 17401 (massima non ufficiale)
«È legittimo il vincolo cautelare su un sito Internet quando appare necessario a evitare che si possano aggravare o protrarre le conseguenze del reato
di diffamazione telematica».
(www.penale.it).
4. Il danno da diffamazione nella stampa on line: il punto della
situazione
Legislazione Cost. 2, 21 – c.c. 2059 – c.p. 595 – l. 47/1948 (legge stampa); l. 62/2001 (legge
editoria).
La questione della diffamazione nella stampa on line scrutinata al setaccio delle varie pronunzie giurisprudenziali presenta essenzialmente
due orientamenti diversi: quello degli “assimilazionisti” e quello degli
“autonomisti”.
Secondo i primi il modello di controllo pensato per la stampa deve essere applicato anche a Internet; per i secondi l’equiparazione di Internet
alla stampa è improponibile sia per la differenza ontologica dei due mezzi
sia per il divieto di analogia in malam partem previsto dal nostro sistema
penale.
La conseguenza del ragionamento degli “assimilazionisti” si sostanzia
nel riconoscimento della responsabilità del direttore della testata telematica per omesso controllo punita ex art. 57 c.p.
Diverse pronunzie hanno individuato in capo al direttore del giornale
on line o comunque in capo al gestore del sito web la responsabilità per i
post lesivi inseriti da utenti anonimi o comunque non identificabili sul
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presupposto dell’esigibilità di un obbligo di controllo su tutto quanto viene diffuso dallo spazio elettronico a cura di una redazione.
Sull’altro fronte (autonomisti) invece le pronunzie, acquisita consapevolezza del fenomeno dell’editoria on line, hanno statuito l’impossibilità
dell’applicazione della disciplina per la stampa cartacea a Internet.
Il fenomeno dell’editoria on line si connota per gli aspetti precipui del
mondo tecnologico in cui attecchisce. Si tratta infatti di una forma di
giornalismo cosiddetto “partecipativo” in cui i confini tra professionisti
della redazione e soggetti esterni che contribuiscono alla realizzazione dei
contenuti immettendoli direttamente in rete sono sempre più sfumati.
Quasi tutti i giornali telematici non hanno una vera e propria edizione
giornaliera confezionata per intero prima di essere postata nella rete. Si
tratta piuttosto di contenuti che si arricchiscono continuamente con gli
aggiornamenti che vengono applicati da persone diverse e che spesso
sfuggono al controllo della redazione.
In un ambito simile imporre in capo al direttore l’obbligo di controllo
nel merito di tutto quello che viene pubblicato pone un serio problema di
esigibilità della condotta.
Ultimamente la Cassazione è intervenuta a dirimere i contrasti dando
un’interpretazione univoca di riferimento per l’inquadramento giuridico
del fenomeno.
La Suprema Corte accoglie e sviluppa la tesi degli “autonomisti”.
«la giurisprudenza ha concordemente negato … che al direttore della testata
televisiva sia applicabile la normativa di cui all’art. 57 c.p. … stante la diversità strutturale tra i due differenti mezzi di comunicazione (la stampa, da un
lato, la radiotelevisione dall’altro) e la vigenza nel diritto penale del principio
di tassatività».
(Cass. pen. 1.10.2010, n. 35511, Pres. Ferrua, Est. Fumo, Banca dati Lex 24 Il Sole 24 Ore).
La Cassazione riconosce palesemente la profonda differenza tra i due
mezzi asserendo
«la assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media sinora conosciuti e per quel che qui interessa rispetto alla stampa».
(Cass. pen. 1.10.2010, n. 35511, Pres. Ferrua, Est. Fumo, Banca dati Lex 24 Il Sole 24 Ore).
Il caso sotteso alla pronunzia dell’Alto Collegio trova origini nel 2001
e riguarda un periodico di informazione locale distribuito on line e regolarmente registrato quale testata telematica (www.merateonline.it) su cui
comparivano commenti poco lusinghieri nei confronti di due uomini politici.
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Il messaggio offensivo era stato postato nella rivista in modo anonimo
e il gestore della piattaforma non aveva previsto alcun modo di identificazione dei frequentatori. Di conseguenza veniva tratto a giudizio il solo
direttore per il reato di omesso controllo ex art. 57 c.p. Capo di imputazione accolto in primo grado e confermato nel secondo.
Di fronte al Supremo Collegio le cose cambiano.
La Cassazione accoglie appunto come detto sopra la tesi dell’imputato
secondo cui prima facie la telematica non è assimilabile alla stampa e in
secondo punto lo statuto penale della stampa non è applicabile agli altri
media per il divieto di analogia in malam partem.
La Suprema Corte con questo caso coglie l’occasione per fare chiarezza in materia.
Giurisprudenza
Fronte “assimilazionisti”: qualora la diffamazione avvenga tramite
commenti inseriti on line dei quali sia ignoto l’autore, il direttore responsabile della testata telematica risponde del reato di diffamazione ove le
affermazioni lesive rimangano in rete per un lasso di tempo sufficiente ad
esercitare il dovuto controllo.
– Trib. Firenze Sez. I pen., 13.2.2009, Limongi
«se il direttore responsabile la cui attività consiste in una supervisione per
impedire che vengano commessi reati avesse esaminato o controllato e verificato i fatti oggetto della narrazione avrebbe potuto evitare la diffamazione …
pertanto va affermato la responsabilità penale di A.C. per aver omesso di esercitare la doverosa vigilanza sul giornale on line».
(www.penale.it).
Conformi:
– Gip Milano 11.12.2008, Fambr., 2008, 401 secondo cui
«deve ritenersi sussistente … la configurabilità della responsabilità del direttore responsabile fungendo il medesimo da garante della pubblicazione periodica, non solo cartacea ma anche on line. La pubblicazione di giornale on
line … risulta del tutto assimilabile al giornale stampato costituendone la versione telematica e consistendo quest’ultima solo in una particolare forma della prima»
(Banca dati Lex 24 Il Sole 24 Ore);
– App. Milano Sez. I, 25.9.2009, n. 2820 (inedita) oggetto di ricorso a
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cui la Cassazione ha risposto in via interpretativa nomofilattica con la
sentenza Cass. pen. Sez. I, 1.10.2010, n. 35511;
– Trib. Aosta 26.5.2006, www.penale.it, secondo cui:
«colui che gestisce un blog altro non è che il direttore responsabile dello stesso, pur se non viene formalmente utilizzata tale forma semantica per indicare
la figura del gestore e proprietario di un sito Internet. Ma evidentemente la
posizione di un direttore di una testata giornalistica stampata e quella di chi
gestisce un blog (e che infatti può cancellare messaggi) è mutatis mutandis
identica».
Questa pronunzia è stata radicalmente ribaltata in appello da App. Torino 23.4-22.7.2010 (inedita).
In tema di registrazione della testata e stampa clandestina: due pronunzie rimaste isolate:
– Trib. Modica 8.5.2008, DInf, 2008, 815 che ha condannato un blogger
per il reato di stampa clandestina;
– Trib. Salerno 16.3.2001 che ha ordinato l’iscrizione nel registro della
stampa periodica della pubblicazione www.oltresalerno.it.
Fronte “autonomisti”: la definizione di stampa è incompatibile con
le modalità di diffusione delle informazioni mediante Internet. Si tratta di
due mezzi ontologicamente differenti tra cui è impossibile individuare
una disciplina comune nella normativa prevista per la stampa in forza del
divieto di analogia in malam partem previsto dal nostro sistema penale.
– Trib. Oristano 25.5.2000:
«alle dichiarazioni diffamatorie contenute in un sito web non si applica né
l’art. 13 L. 47/48 che punisce la diffamazione a mezzo stampa, né l’art. 30,
comma 4, L. 223/1990 che sanziona la diffamazione commessa tramite trasmissioni radiofoniche e televisive ma può configurarsi il delitto di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, commi 2 e 3 c.p. consistente nell’attribuzione di fatti determinati mediante altri mezzi di pubblicità».
(FI, 2000, II, 663).
– App. Roma 11.1.2001, DInf, 2001, 31 che ha escluso l’estensibilità in
malam partem alla edizione telematica del quotidiano La Repubblica
delle responsabilità previste dalla legge penale per il direttore responsabile dell’edizione a stampa in quanto non costituente stampato e non
assoggettabile all’obbligo di registrazione.
Conformi:
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– GIP Aosta 15.2.2002, n. 22, www.interlex.it e GIP Oristano 6.3.2000,
GM, 2003, 1477;
– Trib. Milano sez. pen., 12.5.2003, n. 4153 ineditata, citata da Peron
(2006, 390). La pronunzia in oggetto ha affermato che la definizione
di stampa è
«incompatibile con le modalità di diffusione delle pubblicazioni mediante
Internet che avvengono attraverso la collocazione di dati e informazioni trasmessi per via telematica tramite l’utilizzo di rete telefonica al server di un
c.d. provider o webmaster, accessibile a migliaia di utenti contemporaneamente presso il quale le informazioni restano a disposizione dei diversi siti in
modo tale che ciascun interessato può leggerle e conservarle mediante il proprio computer; ne consegue che non potendosi applicare analogicamente o
estensivamente la definizione di stampa richiamata dall’art. 57 c.p. alle condotte diffamatorie commesse mediante Internet il direttore responsabile deve
essere assolto perché il fatto non sussiste».
Conforme:
– Trib. Milano Sez. V pen., 15.3-18.4.2005 (inedita).
In tema di prodotto editoriale elettronico e applicazione statuto penale
della stampa cartacea.
– Trib. Milano Sez. VI, 6-14.2.2007, n. 1323 (inedita):
«è vero che la nuova legge sull’editoria (n. 62 del 2001) all’art. 1 impone anche la registrazione delle riviste aventi carattere informativo, estendendo l’applicazione della normativa a qualunque prodotto realizzato sia su supporto
cartaceo che informatico, destinato alla pubblicazione o alla diffusione con
ogni mezzo anche elettronico; tuttavia tale normativa il cui fine è quello di
concedere agevolazioni economiche anche all’editoria telematica non consente di equiparare le testate giornalistiche cartacee a quelle informatiche, essendo previsto l’obbligo di registrazione delle riviste telematiche solo ai fini della presente legge cioè al fine di ottenere agevolazioni economiche»;
– Trib. Udine 15.9.2010, Zuliani, DInf, 2011, 1, 135: la pronunzia esclude l’estensione della disciplina della stampa alle pubblicazioni telematiche ipotizzato da taluni orientamenti interpretativi della legge 7
marzo 2001 n. 62 (legge editoria) nella quale la nozione di prodotto
editoriale è estesa al prodotto realizzato su supporto informatico. In
particolare nel caso sotteso alla sentenza era stato richiesto di ordinare
una rettifica ex art. 8 l. stampa 47/1948 sul giornale telematico. Tuttavia tale richiesta è stata negata proprio sulla scorta dell’impossibilità
di condurre un’applicazione estensiva dell’istituto tipicamente appartenente alla disciplina sulla stampa cartacea.
I DIRITTI CLASSICI: DANNO E INFORMAZIONE DIGITALE
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SEZIONE II
Diffamazione nella società on line
1. Il danno da diffamazione nella società on line: focus
Legislazione Cost. 2, 21 – c.c. 2059 – c.p. 595.
Bibliografia Zeno Zencovich 1985 – Cassano 2005 – Bixio 2010.
La società on line è la cosìdetta Società dell’informazione ovvero il
tessuto sociale di servizi e di manifestazioni del pensiero che si sviluppa
tra i soggetti nella realtà elettronica. Dall’avvento di Internet nel nostro
tempo la vita di ciascuno di noi si svolge in due dimensioni: quella della
società off line e quella della società on line. Le attività che conduciamo
nell’una piuttosto che nell’altra molto spesso si equivalgono (attività professionali di consultazione e ricerca); a volte si integrano (aggiornamento
professionale o commerciale); altre ancora si discostano totalmente dall’identità sociale avvertita dai nostri conoscenti (pensiamo ai casi di voyerismo di persone insospettabili, di pornografia, di pedofilia, di pedopornografia oppure più semplicemente di falsa identità per fini di accaparramento sentimentale/sessuale, per fini di accaparramento economico).
La differenza tra la vita condotta on line e la vita off line non è data
dal soggetto umano che presenta più o meno sempre gli stessi interessi o
le stesse pulsioni ma è data piuttosto dalle caratteristiche precipue dell’ambiente in cui viviamo. L’ambiente Internet è un’infrastruttura digitale
elettronica e in quanto tale implica tutti i condizionamenti del caso derivanti dalla sua essenza tecnologica. Al riguardo mi permetto di ricordare
un’illuminante frase dell’inventore di Amazon: «noi cambiamo gli strumenti poi gli strumenti cambiano noi».
I contenuti delle nostre comunicazioni immessi nell’etere digitale assumono un potenziale di risonanza inimmaginabile proprio a causa della
struttura “virale” del web 2.0 ovvero del web sociale (mi riferisco alle attività di social networking).
Internet per la propria peculiare capacità di formare comunità di discussione (pensiamo ai news group, alle mailing list, ai forum on line) assurge a scenario fisiologico degli umori sociali che spesso si manifestano
on line ben oltre il diritto di critica e di libera manifestazione del pensiero
tutelati dall’art. 21 Cost.
Si tratta della questione legata alla cosìdetta libertà di informazione
non qualificata (Cassano 2005, 111) esercitata dagli utenti della rete che
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non sono giornalisti su spazi elettronici (come forum, news group, mailing list) forniti da appositi imprenditori del web denominati provider.
L’onore, la reputazione e l’immagine con l’avvento delle nuove tecnologie digitali rimangono esposte a un rischio di lesione mai conosciuto
fin’ora.
Internet è una cassa di risonanza micidiale degli effetti pregiudizievoli
dei materiali postati in rete sia in termini di luogo sia in termini di tempo
sia in termini di potenziale diffusivo. Basti pensare che il mio messaggio
potrà essere visto da N numero di persone in N parti del mondo e per un
periodo indeterminato (o almeno fino a quando un provvedimento dell’autorità giudiziaria non ne ordinerà la cancellazione dal sito). Questo profilo
legato squisitamente all’ambiente in cui l’illecito si consuma è oggetto di
acuta attenzione anche in campo penalistico che si è preoccupato di sottolineare il differente peso di una diffamazione immessa nell’etere delle
comunicazioni verbali e di una diffamazione immessa nell’etere delle comunicazioni elettroniche. Essendo quest’ultima assai più grave in termini
di offesa data la pervasività eccezionale del mezzo (pensiamo all’aggravante dell’offesa arrecata col mezzo della stampa o di qualsiasi altro
mezzo di pubblicità. Qui l’aggravante è costituita dall’utilizzo del mezzo
Internet).
2. Il danno da diffamazione nella società on line: i casi
Legislazione Cost. 2, 21 – c.c. 2059 – c.p. 595.
Bibliografia Zeno Zencovich 1985 – Cassano 2005 – Falletti 2006.
Nel panorama giurisprudenziale della diffamazione nei rapporti tra internauti punteggiato di pronunzie a volte contrastanti in argomento di sequestrabilità delle pagine web lesive, si distinguono due casistiche di illecito da informazione digitale: l’illecito consumato nell’ambito del social
network e l’illecito consumato nell’ambito delle conversazioni one to
many quali mailing list, chat, forum (più tradizionali rispetto alle conversazioni di social networking).
Un’altra ipotesi, attualmente piuttosto isolata ma sicuramente in espansione, si rileva nell’ambito degli strumenti per favorire la visibilità su
Internet tramite motore di ricerca. Si tratta in estrema sintesi delle parole
chiave associate a un nominativo quando l’utente interpella oracoli dell’Internet quali Google, Yahoo, Virgilio, Tiscali.
Pensiamo a un idraulico che vuole essere visibile nella Rete. Provvederà a iscriversi a servizi atti a favorire l’indicizzazione del proprio sito, a
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favorire l’associazione delle proprie prestazioni con determinate parole
chiave come caldaia o autoclave. Immaginiamo poi che il servizio di associazione per un disguido tecnico allinei il sito dell’idraulico con quello
di un sito porno. È chiaro che in questo caso ci troviamo di fronte a un’ipotesi di diffamazione in quanto questo giochetto tecnico causa non indifferenti danni alla reputazione professionale e personale del malcapitato.
Nel prosieguo verrà analizzata una pronunzia del Tribunale di Milano in
materia.
L’illecito da social informazione digitale ha un potenziale lesivo enorme. L’illecito da conversazioni one to many pur presentando il carattere di alto potenziale lesivo dovuto all’ambiente Internet costituisce una
specie meno devastante di pregiudizio.
La differenza di pontenziale lesivo si coglie nella diversa configurazione tecnologica dei due ambienti. L’ambiente social oltre a presentare
la possibilità di conversazioni one to many presenta anche dei meccanismi di comunicazione virale che conferiscono il carattere di incontrallabilità dell’informazione.
3. Il danno da diffamazione nella società on line: diffamazione
nel social network
Bibliografia Russo 2010.
Riguardo alla casistica sulla social informazione digitale sia consentito
sottoporre all’attenzione del lettore una vicenda a cui potremmo assegnare senza ombra di dubbio la palma di leading case per il danno da informazione digitale nell’ambito del web 2.0 o web sociale.
Si tratta del Trib. Monza, 2.3.2010 che esamina un’azione diffamante
veicolata nello spazio di Facebook.
Riguardo alla casistica di illecito da informazione digitale one to many
si sottopone all’attenzione del lettore il coacervo di pronunzie rese in materia di forum on line.
Partiamo dal caso di danno da social informazione digitale (Trib.
Monza 2.3.2010, Calabrò).
Qui il giudice accoglie la domanda risarcitoria per danno morale di
una giovane oltraggiata mediante l’invio di messaggi offensivi condivisi
sul social network Facebook (FB).
La giovane in parola frequentando lo spazio elettronico di FB fa amicizia con un ragazzo. L’amicizia sfocia in una relazione sentimentale che
ben presto rivela un amaro epilogo: il giovane interrompe la liaison con
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INTERNET E IL DANNO ALLA PERSONA
un messaggio lesivo postato nell’area condivisa da tutti gli “amici” del
profilo della vittima offendendola nel suo aspetto fisico (si allude al difetto di strabismo da cui è affetta) e nella sua dignità personale e sessuale (si
fanno apprezzamenti molto pesanti sugli eventuali gusti sessuali della vittima).
Il messaggio viene riportato sulla bacheca di un “amico Facebook”
comune e quindi sfugge al controllo della ragazza divenendo disponibile
anche a terzi.
Le comunicazioni di social networking presumono lo scambio di messaggi one to many dove lo stesso contenuto inviato da un singolo arriva a
una pluralità di destinatari. Questo tipo di conversazione si colloca negli
spazi digitali di discussione o comunque di confronto messi a disposizione dalle piattaforme elettroniche che ospitano forum, chat, mailing list e
così via.
Il social network in parola oltre alla forma di comunicazione one to
many presenta altresì dei meccanismi cosìddetti “virali” ovvero degli
strumenti che permettono di copiare (taggare) da un profilo utente i dati
(ad esempio un messaggio, una foto, un video) e incollarli in un altro profilo esautorando di fatto l’interessato dal diritto di esercitarvi il legittimo
controllo.
Così facendo il materiale personale di un individuo viene copiato nel
profilo di terzi utenti e non potrà più essere eliminato. Occorre considerare altresì che le condizioni di licenza di FB stabiliscono che la piattaforma diventa “proprietario” dei dati ivi inseriti così anche se l’interessato
disattiva il proprio profilo-utente i dati taggati continueranno a circolare
sul sito senza alcuna possibilità di controllo.
Questi tipi di meccanismi virali presentano un’alta soglia di rischio
per la commissione di illeciti da informazione digitale.
Il magistrato della pronunzia in questione ha valutato molto grave il
potenziale lesivo del messaggio proprio perché soggetto a essere postato
in questa modalità virale che conferisce una risonanza micidiale alle offese.
«Non possono sussistere ragionevoli dubbi sulla affermazione di civile responsabilità del convenuto quanto agli effetti e ai pregiudizi arrecati dal messaggio del giorno 1 ottobre 2008 e dalla reale (e ancor potenziale) sua diffusione ... alla luce del cennato carattere pubblico del contesto che ebbe a ospitare il messaggio de quo, della sua conoscenza da parte di più persone e della
possibile sua incontrollata diffusione a seguito di tagging. Elemento quest’ultimo idoneo ad ulteriormente qualificare la potenzialità lesiva del fatto illecito».
(Trib. Monza 2.3.2010, Calabrò, Persona e danno, www.personaedanno.it).