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213 219 polonia cultura
Dopo il 1989 la cultura polacca ha conosciuto dapprima uno scontro degli ideali sindacali e
cattolici con i modelli portati dalla privatizzazione capitalistica. Compressa dall’espansione
della realtà del mercato, essa si è trovata non al centro ma al margine della vita sociale e nazionale. Davanti alle librerie sono scomparse le file, ma la nuova produzione artistica…
Cultura polacca
in cerca di nuova narrazione
di Anna Czaijka
“Nella prigionia piange per la libertà
Non credendo di raggiungerla un giorno,
Per questo quando la vede
La spruzza con l’acqua benedetta.
Vorrebbe solo altercare al sicuro
E sognare romanticamente la libertà,
Mentre qui le parole sono diventate carne
E Dio solo sa che cosa può succedere.”
Jacek Kaczmarski
ell’ultimo anno la Polonia ha sorpreso e
N
addirittura inquietato i suoi partner occidentali con inattesi e incomprensibili atteg-
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giamenti e prese di posizione sia nell’ambito
della politica internazionale sia in quelli
della politica interna e della politica culturale. Molte di queste mosse sono apparse
incomprensibili anche ai cittadini polacchi, i
quali nelle ultime elezioni hanno cambiato le
loro opzioni politiche, aprendo con questo
uno spazio per nuovi progetti di inserimento
della comunità nazionale nella famiglia
europea. Il nuovo scenario invita a riflettere
su un fenomeno tanto difficile da comprendere come la situazione della cultura polacca
negli ultimi tempi: tale riflessione potrebbe
mettere in luce problemi comuni a tutta
l’Europa.
Per i polacchi la cultura è una questione cruciale: gli storici e i sociologi richiamano l’attenzione sul fatto che il sistema simbolico
aveva un’importanza decisiva per il costituirsi della comunità nazionale polacca, che
si è sviluppata e rafforzata nel periodo della
perdita dell’indipendenza, in assenza di
strutture statali proprie. Il sistema simbolico
della cultura ha permesso ai polacchi di conservare la loro identità nazionale attraverso
le difficili prove che la storia non ha risparmiato loro, come ai tempi dell’occupazione
hitleriana o dell’oppressione staliniana.
L’epoca contemporanea è un tempo di grande prova per la cultura in generale. Da un
lato si sottolinea la sua importanza, dall’altro
il suo significato affoga in un caos di acce213
zioni in cui non ci si cura di fare chiarezza.
Si rischia di perdere così la destinazione originaria e originale della cultura, che è la
ricerca della verità nei diversi ambiti della
vita umana. Schiacciante diventa invece il
rapporto consumistico e commerciale con la
cultura. Con la parola d’ordine “fare cultura”, il mercato e il management si impadroniscono della sfera della produzione di cultura, annientando il rapporto di vivente interazione tra la creazione genuina (che è sempre
“poetica”) e i suoi derivati teorici e pratici,
interazione che per Vico era la misura dell’umanità e un riparo dalla barbarie dell’unidimensionalità.
Nel suo strato simbolico, la cultura polacca è
stata per molti anni l’asilo della libertà, il
centro della critica e della lotta, quando non
svolgeva funzioni ideologiche. Nel periodo di
“Solidarnosc” è avvenuta una svolta graduale verso i segmenti conservatori del patrimonio culturale polacco e mondiale, il che ha
portato alla paradossale rivendicazione, da
parte del movimento operaio, di valori culturali che, quanto alla loro tendenza, avevano
carattere conservatore e che, nella loro
essenza, non erano centrati sugli interessi
dei lavoratori. Dopo il 1989 si è avuto un
confronto delle tendenze sociali di
“Solidarnosc” con il programma culturale
conservatore della Chiesa cattolica e con i
modelli di comportamento formatisi nelle
società a economia di mercato. Ne è sorta
una mescolanza culturale difficile da interpretare, e che ha prodotto atteggiamenti
ambivalenti: una delle sue manifestazioni
era, per esempio, il fatto che una società per
propria dichiarazione quasi esclusivamente
cattolica votasse per i post-comunisti.
I governi post-comunisti sono stati un tentativo di inserirsi nella corrente dell’economia
di mercato e di occuparvi posizioni di guida:
nonostante i successi nell’economia e nelle
trattative con l’Unione Europea, hanno finito col perdere l’appoggio della società. La
caduta di questi governi, accompagnata dal
sospetto di continuare vecchi “sistemi” e da
indagini giudiziarie, ha segnato l’inizio della
fase della resa dei conti guidata dai gemelli
Kaczynski, che hanno perseguito una “epurazione morale” sullo sfondo di un programma populista cattolico-nazionale, vincendo in
tal modo la competizione elettorale con
quello che era ritenuto il sicuro vincitore: il
partito neoliberale Platforma Obywatelska
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CULTURA POLACCA IN CERCA DI NUOVA NARRAZIONE
(Piattaforma Civica), che non aveva un programma culturale abbastanza attraente.
I gemelli, come è noto, hanno costituito
un’alleanza con i partiti nazionalisti LPR
(Liga Polskich Rodzin: Lega delle Famiglie
Polacche) e Samoobrona Chlopska
(Autodifesa Contadina), sostenuta da molti
attivisti in conflitto con la legge . Un forte
supporto è stato fornito al governo
Kaczynski da Radio Maria e dal cosiddetto
“partito dei berretti mohair”, formato dalle
numerose donne anziane di basso livello di
istruzione influenzate da quella radio.
Appoggiandosi su una base politica così
composita e incerta è stata lanciata un’operazione di “defalsificazione della storia”, di
resa dei conti col passato, principalmente con
il regime comunista, la cui realtà veniva rappresentata in bianco e nero, con una visione
semplificata e impoverente. Questa iniziativa
rientrava nella rivisitazione della storia
caratteristica della politica culturale dei
gemelli, pericolosa per l’enfatizzazione del
passato imperiale della Polonia, per la riproposizione di stereotipi antagonistici e soprattutto per l’esclusione della dimensione del
futuro, tipica del resto per la nostra epoca.
Una simile politica culturale mirava a sostituire con un senso di orgoglio nazionale il
ruolo di vittima che la Polonia era stata
costretta ad assumere negli ultimi secoli. Di
qui la difesa a oltranza degli interessi polac-
Grazia Neri_AFP
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_I gemelli Kaczynski hanno perseguito un’epurazione morale in nome del loro programma populista cattolico-nazionale. Witold Gombrowicz (a sinistra) è stato addirittura
escluso dalle letture scolastiche
chi nei negoziati europei, che lo scrittore
Stefan Chwin ha giudicato un atteggiamento
naturale per tutti gli stati intenti a negoziare
condizioni ottimali, mentre solo nell’ottica
degli stati dominanti appariva inappropriato
per un nuovo membro, ancora debole,
dell’Unione. Caratteristica la lotta (battezzata nei media “o Nizza o morte”) per un
sistema di votazione vantaggioso per i polacchi e cioè contrapposto al sistema basato
sulla popolazione degli Stati, che avrebbe
dato di fatto una preponderanza ai tedeschi. I
polacchi argomentavano che, se la Polonia
non avesse subito perdite così enormi nella
Seconda guerra mondiale (sei milioni di vittime), la sua popolazione oggi supererebbe i
sessanta milioni di abitanti. Questo tipo di
argomentazione, talora giudicato irrazionale
e anacronistico, è stato accolto in Europa con
sconcerto, mentre i polacchi erano uniti da
un senso di indignazione per l’indifferenza
altrui nei confronti della tragedia della loro
nazione durante la guerra.
Quel che dà da pensare è il fatto che la rivisitazione della storia difficilmente trova
riflesso nella memoria storica comune
riguardo agli ebrei. La cultura ebraica vive
un intenso momento di rinascita in grandi
centri urbani come Lodz, Cracovia, Varsavia.
Ma nelle piccole cittadine della Polonia centrale, che prima della guerra avevano una
forte percentuale di popolazione ebraica,
come Plonsk o Ciechanów, non se ne trova
traccia né materiale né storiografica, né –
cosa che stupisce ancora di più – nei ricordi
dei più anziani. “Ecco, questa casa era di
ebrei”, si sente dire qualche volta. “Ma dove
sono i proprietari? Che fine hanno fatto?” –
“Non si sa”.
Sotto il regime dei gemelli Kaczynski era
privilegiata la cultura della destra conservatrice, concentrata fra l’altro attorno alla rivista “Fronda”. Ha fatto il giro del mondo la
direttiva del ministro dell’Educazione che
escludeva dalle letture scolastiche Witold
Gombrowicz, come autore incompatibile con
i contenuti sani e positivi di un’educazione
nazionale. L’adesione ostentata ai valori conservatori cattolico-nazionali non era però un
atteggiamento irremovibilmente saldo e ferreo, ma si è rivelata piuttosto un giocare con
questi valori fino ad annientarli, visto che in
questo gioco la vittoria toccava ai più scaltri,
che con questo non mostravano affatto di
aver titolo a rappresentarli politicamente.
L’attività politica, che avrebbe dovuto essere
concentrata sulla realizzazione dello stato di
diritto, ha visto invece in primo piano, con
inaudita semplificazione, una specie di serial
poliziesco senza fine: un incessante indagarsi
e pedinarsi reciproco dei politici, un quotidiano susseguirsi di incriminazioni sensazionali, un crescendo di arresti di personalità
notissime e persino di colleghi di governo.
Questo serial poliziesco infinito, surrogato
della politica, serviva d’altronde a creare
un’atmosfera minacciosa che avrebbe dovuto
facilitare l’esercizio del potere.
Nelle crisi della sinistra e della destra, il cui
denominatore comune è la subordinazione
all’economia di mercato senza limiti e senza
regole, si constata una dispersione della politicità, che trova riflesso nel funzionamento
delle istituzioni democratiche. Le prese di
posizione politiche hanno un carattere caleidoscopico e sono principalmente calcolate in
vista di un pronto effetto mediatico. Si
osserva anche una sorta di trasversalità: a
volte le stesse posizioni sono assunte da
esponenti di gruppi diametralmente opposti;
il che mostra la necessità di una ridefinizio215
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CULTURA POLACCA IN CERCA DI NUOVA NARRAZIONE
ne delle opzioni politiche (di destra e sinistra).
Dopo il 1989 la cultura polacca ha conosciuto
dapprima uno scontro degli ideali sindacali e
cattolici con i modelli portati dalla privatizzazione capitalistica. Compressa dall’espansione della realtà del mercato, essa si è trovata al margine della vita sociale e nazionale,
invece di costituirne il perno. Sono sparite le
lunghe file davanti alle librerie per acquistare le novità letterarie o le traduzioni importanti; e ciò non solo perché oggi gli scaffali e
i tavoli delle librerie traboccano di offerte e
nessuno chiede più il parere delle vecchie
autorità: del letterato o del filosofo. Oggi si
sa bene che la cultura, e la politica aspirante
ad assecondarla, non hanno influenza sulla
nostra realtà: questa è gestita da caste separate dalla base sociale, che ottengono la propria legittimazione prevalentemente con
l’ausilio di trucchi mediatici. La cultura contemporanea è “follemente appiattita”, affer216
mava Stanislaw Lem, e la filosofa Barbara
Skarga constata: “L’intellighenzia è ammutolita”.
Un fenomeno nuovo per la cultura polacca è
la frantumazione del suo carattere centralistico. Negli anni Novanta è subentrata la
presa di coscienza dell’esistenza e dei bisogni
delle minoranze nazionali (ebraica, ucraina,
bielorussa, tedesca) nonché dell’apporto delle
loro culture alla cultura polacca, solo in
apparenza monolitica e centralizzata secondo
il modello illuministico francese. La mappa
della cultura polacca, con i suoi centri principali (Varsavia, Cracovia, Breslavia), è stata
arricchita da centri attivi di cultura regionale, che basano le loro attività sull’incontro
ispiratore con culture locali diverse, come la
fondazione “Borussia” a Olsztyn e i circoli
“Pogranicza” a Sejny sul confine lituano e a
Stettino sul confine tedesco. Sempre agli
anni Novanta risale l’intensa attività dell’associazione “Wspólnota Polska” (Comunità
Grazia Neri_Opale
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imperniate su opposizioni in bianco e nero).
Nei due ultimi decenni il post-colonialismo è
stato denunciato nella sua forma intraeuropea, praticata in rapporto alle culture
dell’Europa orientale. Questa presa di
Polacca), mirante a favorire l’integrazione
coscienza è stata come una nuova “ora di
dei centri della polonità all’estero, e anche
Herder”, suonata dopo il 1989 in modi
delle loro attività culturali.
diversi nei diversi Paesi dell’Est europeo. In
La decentralizzazione della cultura polacca si Polonia essa si riallaccia alle ricerche sulla
sviluppa parallelamente alle discussioni sul
differenza del mondo slavo intraprese in
tema dell’identità nazionale condotte alla
epoca romantica da Zorian Dolga
vigilia dell’ingresso della Polonia
Chodakowski, agli elementi di riflessione su
nell’Unione Europea (2004), che hanno
questa diversità sparsi nelle opere di autori
assunto talora il carattere dei dibattiti postcome Adam Mickiewicz, Juliusz Slowacki,
coloniali. Edward Said ha definito il postZygmunt Krasinski, Stanislaw Wyspianski e
colonialismo come l’atteggiamento della cul- Stanislaw Ignacy Witkiewicz. Le sorti dei
tura umanistica europeo-occidentale nei con- popoli slavi sottomessi sono state paragonate
fronti dell’Oriente, basato sulla realtà di un
al destino del Perù dopo la spedizione di
predominio riformulato nelle categorie del
Pizarro, talvolta alla storia dell’Irlanda. Si è
pensiero (opposizione noi-loro, definizioni
cominciato a indagare il tessuto culturale
dell’altro trattato come oggetto e non come
polacco rinvenendo da un lato una differenpartner del discorso, essenzializzazioni
ziazione maggiore di quanto finora si
_Una nuova corrente letteraria che si distingue dall’imperante atteggiamento messianico-nazionale sta riscuotendo successo. Tra gli esponenti del nuovo corso Pawell
Huelle (a sinistra) e Wojciech Kuczok (sopra)
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ammettesse, dall’altro la presenza sotterranea di influssi dell’Oriente, vuoi di Bisanzio,
vuoi persino della Turchia. Si è così messa in
dubbio la convinzione tradizionale della
schiacciante preponderanza degli influssi
latini nella cultura polacca e si è richiamata
l’attenzione sulla dualità del cristianesimo
polacco. Nella storia di regioni non periferiche come, per esempio, la Masovia, si è constatata una significativa multiformità di elementi slavi.
Le discussioni sul tema dell’identità nazionale hanno fatto emergere posizioni contrapposte: accanto alla già citata assunzione, da
parte della destra, del modello della Polonia
imperiale, nella giovane generazione è forte
un approccio critico al canone della polonità,
e specialmente ai suoi stereotipi. Questo si
manifesta nell’arte: in esposizioni di successo
come la mostra “Polonia”, nella galleria di
Varsavia “Zacheta”, che ha messo in discussione l’immaginario patriottico polacco, o
negli allestimenti fotografici “Godlo Orla
Bialego” (Lo stemma dell’Aquila Bianca) del
gruppo di avanguardia “Loolz Kaliska”. Ma
soprattutto nella letteratura: nella poesia del
gruppo “Brulion” (Marcin Âwietlicki, Jacek
Podsiadlo) rivolta contro i grandi poeti e
attenta alla vita di ogni giorno di everyman
e alla sua autodefinizione tramite questa
quotidianità e le realtà urbane, o nella prosa
autobiografica (ovvero, secondo loro, “antibiografica”) di Wojciech Kuczok, Piotr
Czerwinski e Pawel Huelle, rivolta contro il
canone creato dall’atteggiamento messianico-nazionale in quanto eredità del romanticismo polacco. Forse la più nota è la decostruzione dell’antiquato canone nazionale
compiuta dalla giovane autrice Dorota
Maslowska, in una prosa che costituisce la
registrazione di un flusso verbale continuo,
per lo più una sorta di balbettio o di logorrea, che crea un’identità in cui si fondono
fenomeni opposti (per es. anarchia e capitalismo), immagini fittizie, stereotipi di potenza
nazionale: basic polish.
Oggi il panorama culturale polacco vede
emergere una produzione artistica di alto
livello, indipendente da orientamenti politico-ideologici (come le eccellenti produzioni
teatrali di Krzysztof Warlikowski, che iscrivono la polonità nella mondialità, oppure la
produzione musicale presentata ogni anno al
Festival di musica contemporanea “Autunno
di Varsavia”), accanto a una produzione
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CULTURA POLACCA IN CERCA DI NUOVA NARRAZIONE
_Lo scrittore Stefan Chwin ha giudicato la difesa a oltranza degli interessi polacchi nei negoziati europei un atteggiamento naturale per tutti gli Stati intenti a negoziare
condizioni ottimali
caratterizzata politicamente da tendenze di
destra o di sinistra. È un quadro molto eterogeneo, univoco soltanto nel segnalare la
distanza della cultura dall’insieme della realtà sociale, politica e istituzionale. La dispersione dei messaggi, che potrebbe garantire la
pluralità di voci e di vie nel discorso e nel
dibattito culturale, per ora non fa che rafforzare il senso di frammentazione e disorientamento. Quella pluralità richiede una trasformazione del tessuto culturale, ovvero
una ri-narrazione del testo della polonità,
che nel nostro tempo deve inevitabilmente
rapportarsi alle altre culture che convivono
nello spazio globale del mondo. La cultura
polacca deve comprendere in sé questo riferimento interculturale così come deve partecipare su un piano di parità al “poli-logo”
delle culture europee: una situazione che
ancora non esiste.
Dalle nostre osservazioni risulta ancora una
indicazione generale riguardante il peso della
cultura e dei valori e delle immagini guida
contenute nei suoi sistemi simbolici; un peso
_Il panorama culturale polacco oggi vede emergere una
produzione artistica di alto livello. Sopra, da sinistra, la
scrittrice Dorota Maslowska e un momento di una produzione teatrale di Krzysztof Warlikowski
che non è valutato adeguatamente nelle pratiche europee, che mostrano un carattere
prevalentemente amministrativo e cieco
verso le differenze. Nella sua sfera autonoma, la cultura è un luogo di definizione dell’identità ovvero di ricerca delle proprie radici, che non sempre affondano nel passato, ma
anche nella sfera dei fini che restano ancora
da decidere in comune per il futuro. Tali fini,
inizialmente nella forma delle visioni estetiche, dovrebbero riempire la fantasia, l’immaginario europeo, per ora piuttosto sciatto.
Infatti l’europeicità non è puro universalismo, ma l’eredità di una straordinaria ricchezza di culture nazionali, che occorre
descrivere, interpretare, confrontare, analizzare, trasformare e rinnovare incessantemente. La cultura, come indica la parola stessa, va coltivata e curata. È con totale rispetto
e adeguata preparazione che ci si deve avvicinare a quel complesso di fenomeni, la cui
dinamica, finora poco compresa, ricorda la
formazione delle nuvole. Come queste, le
culture vanno osservate nelle loro stratifica-
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Grazia Neri_Opale
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zioni fluttuanti, cercando di evitare che provochino tempeste, per favorire invece i loro
effetti vitalizzanti.
Il cittadino europeo è ancora lontano dall’essere un soggetto nomade, come propone Rosi
Braidotti, ma sarebbe consigliabile che diventasse, come ha formulato Antonina
Kloskowska, culturalmente “polivalente”, che
conoscesse e comprendesse le altre culture,
conoscendo e comunicando tanto meglio se
stesso. Ciò richiede un corrispondente atteggiamento umanistico, che non deve essere
soltanto una opzione digitale su un menu già
pronto, né una reazione behavioristica o dogmatica al suono di una campanella, bensì un
incessante cogliere la vita nella sua multiformità e nel suo pulsare attuale, accompagnato
dalla riflessione. È possibile nutrire la speranza che la nuova situazione politica permetta –
al posto di parate di immagini mediatiche
sotto la cui copertura sono realizzati gli interessi di gruppi occulti – di consolidare un
simile atteggiamento e un confronto dei contenuti dell’eredità nazionale, depurati criticamente, con i principi universali della convivenza umana, in modo da farvi emergere
quanto più contribuisce alla realizazione
dell’humanum: a livello personale, comunitario e mondiale.
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