eros e(`) musica

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eros e(`) musica
EROS E(‘) MUSICA
(Conferenza contro la Musica)
[prima dell’inizio della conferenza vengono eseguiti dal vivo dei ‘madrigali erotici’ di età
rinascimentale]
… Buonasera: a voi, signore, e ai signori… Dunque, ehm.. Dicono (o… almeno è opinione
diffusa, quasi senso comune..) che la Musica agisca in modo da elevare l’anima..
Ebbene, io sono qui questa sera con l’unico intento di smentire tale sciocchezza:
non-è-assolutamente-vero! Agisce, agisce e come (parlo di me stesso)!.. Ma niente
affatto in modo da elevare l’anima. E vi dico che non agisce in modo né da elevare, né
da abbassare l’anima: ma in modo da eccitarla!. La Musica – come dire? – mi costringe
a dimenticarmi di me, della mia vera condizione, mi trasporta in una situazione nuova,
ma che non è la mia.. Sotto l’influsso della Musica finisco per sentire quello che in
verità non provo, per capire quello che non capisco, mi sembra di potere quello che in
realtà non posso..(…)
Essa, la Musica, mi trasporta in un colpo, immediatamente, nello stato d’animo di colui
che ha concepito, quella musica: mi unisco spiritualmente a lui e insieme a lui passo da
uno stato sensibile all’altro.. Ma perché lo faccia, non lo so…… Prendete, ad esempio,
colui che ha scritto la Sonata a Kreutzer: Lud-wig van Bee-thoven.. Lo sapeva bene, lui,
com’è che si trovasse in quella condizione: quel suo stato l’aveva indotto a
determinate scelte, azioni.. E’ perciò che.. tutto questo per lui aveva un senso; per me,
invece, non ne ha nessuno… E perciò la Musica eccita sì, ma non conclude, non risolve!
..
Al contrario, vedete: magari suonano una marcia marziale: i soldati marciano al ritmo
di questa marcia.. e la musica ha raggiunto il suo scopo; hanno suonato un’aria di
danza, noi abbiamo ballato.. e la musica ha raggiunto il suo scopo.. o invece hanno
cantato una messa, i fedeli hanno preso la comunione.. e anche stavolta la musica ha
raggiunto il suo scopo. Altrimenti, non c’è e non rimane che l’irritazione! E quello che
bisogna fare in questa irritazione non si sa, non si dice, non c’è! . E’ per questo che la
Musica a volte ha un’azione così.. terrificante, così orrenda..
In Cina, la Musica è un affare di Stato. E così deve essere. Si può forse
ammettere che chiunque possa ipnotizzare un’altra persona, o molte, e poi ne faccia
quello che vuole? Ma poi, e soprattutto, che questo signor ipnotizzatore sia il primo
immorale che càpiti?
1./.2./.
[Musica: Adagio - Presto dalla Sonata a Kreutzer per violino e pianoforte di Beethoven, 1803
(dur. dell’Adagio: 1’24”)]:
…Per l’appunto, prendiamo come esempio questa Sonata a Kreutzer, il primo Presto..,
preceduto dall’intrigante Adagio che stiamo ascoltando… Conoscete il primo
movimento?.. Lo conoscete?.. Uh? Uh! E’ una cosa terribile quella sonata. E quel
movimento, poi. E la musica in genere è una cosa terribile!.. Che cosa fa? E perché fa
quello che fa?
.... Si può forse suonarlo in un salotto, in mezzo a signore scollate, questo Presto?..
Suonarlo e poi applaudire e poi magari mangiare un gelato e lasciarsi andare all’ultimo
pettegolezzo? Queste cose si possono suonare in determinate circostanze, particolari,
ragguardevoli; o quando si devono compiere determinati atti importanti, conformi a
questa musica: suonare e fare ciò a cui ci ha predisposto la musica stessa.. [sempre più
accalorato] Capite che l’evocazione fuori tempo e fuori luogo di un’energia emotiva,
sensuale, che non riesce a liberarsi in nessun altro modo.. non può non avere un
effetto deleterio…
Su di me, almeno, questo pezzo ebbe un’azione tremenda: fu come se scoprissi dei
sentimenti che mi sembravano nuovi, delle nuove possibilità che fino allora non
sospettavo.. Era come se una voce, nell’animo mio, dicesse: “Sì, ecco com’è.. tutto
diverso da come pensavo e vivevo prima: ecco invece com’è!”
Che cosa fossero queste novità che avevo imparato a conoscere, che mi si erano rivelate,
ancora non me ne rendevo conto; ma la coscienza di questo nuovo stato era molto.. esaltante,
financo gioiosa! Tutte quelle persone – e fra loro anche mia moglie.. e lui! – mi apparvero
allora in una luce interamente diversa.. Lei, come quella sera, non l’avevo mai veduta: quegli
occhi scintillanti, quella severità dell’espressione mentre suonava.. e quell’assoluto liquefarsi, e
il debole, pietoso e beato sorriso dopo che ebbero finito.. Io vedevo tutto, ma non riuscivo ad
attribuirvi altro significato se non questo: che lei aveva le mie stesse esperienze, che si
scoprivano anche a lei, come a me.. ed era come se ritornassero alla memoria, ma nuovi,
sentimenti non mai provati..
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3./.Be’, di nuovo buonasera, e stavolta uscendo dalla finzione: devo dire di essere
stato tentato di tenervi nell’incertezza tutto il tempo, ovvero di condurre tutta la
comunicazione sul filo dell’ironia, come una performance contro la musica, così come
Erasmo tiene il lettore del suo Elogio della follia.. Ma la relazione con voi – cui tengo
più d’ogni altro risultato – ne sarebbe stata falsata; e poi: come non essere d’accordo
per molti aspetti con Tolstoj e non solidarizzare con il povero protagonista, il marito
tradito del suo racconto, La Sonata a Kreutzer, appunto (che è del 1889 !) ? Pensate in
particolare al passaggio in cui l’autore, con precisione e lucidità, ci dà la chiave di tutta
la questione, quando parla delle diverse funzioni della musica: [riandare al testo di T.,
per chiarire in part. che ancora ai suoi tempi – e nella società aristocratico-borghese – il
‘concerto’ pretendeva di avere una funzione nel contesto sociale etc.] in fondo è tutto qui
il problema: nella divaricazione – crescente, inarrestabile proprio negli anni in cui
Tolstoj scrive, il tardo Ottocento – fra funzione e finzione [...] o, diremmo oggi, fra
dimensione etico-sociale e autonomia della musica, e dell’arte. Contraddittoria
quanto volete – certo, forse.. –, la ferma condanna di Tolstoj viene da lontano – e
andrà lontano – ; e lui stesso ci terrà a dimostrarlo, approfondendo le sue posizioni in
quel vero trattato di estetica contro l’estetica che pubblicherà quasi vent’anni più
tardi, con il titolo interrogativo Che cosa è l’arte? [*], con cui estende a tutte le forme
di espressione artistica la sua sarcastica invettiva avverso la musica.
Dicevo: le idee
di Tolstoj vengono da lontano, sono antiche di almeno 2.500 anni e in fondo
costituiscono (dialetticamente, drammaticamente) le fondamenta della c.d. civiltà
occidentale…
La concezione di Platone dell’arte come mimesis, imitazione delle idee, fonda sul
dualismo ellenico pneuma/soma; da cui l’insanabile ambiguità del filosofo sulla Musica (intesa
nella sua pluralità/interazione: le 9 muse etc.): da un lato, ad es. nella Repubblica – il dialogo
“politico” – Platone mette in guardia nei confronti della forza eversiva della musica: un vero
pericolo per la stabilità delle istituzioni statali; dall’altro, nel Simposio – il dialogo “dell’amore”
– esalta la mania (religiosa) che possiede il poeta.
Un’ambiguità che – per la musica, intesa come “arte dei suoni” potremmo dire in q. m.
------------------------[*] “Per fornirle una giustificazione, l’antica dottrina sull’arte fu interpretata in modo da far apparire
che questa scienza fittizia – l’estetica – esistesse anche presso i greci” (p. 73) / “L’arte è comunicazione
dei sentimenti che scaturiscono dalla coscienza religiosa” / “L’arte popolare possiede un suo intrinseco
criterio di valutazione, ben determinato e indubitabile: la coscienza religiosa; l’arte delle classi superiori
non lo possiede” (p. 124); cfr. p. 190 x ”l’artista dell’avvenire” e p. 200: “L’arte non è piacere, conforto o
divertimento (…). Il compito dell’arte è immenso: conseguire la convivenza pacifica con la libera e lieta
attività degli uomini. L’arte deve eliminare la violenza.”
4./.genetica (è all’origine della stessa cultura euro-asiatica: cfr. Le nozze di Cadmo e Armonia
di Calasso etc.): la parola/figura Armonia per i greci e la nascita di Armonia da Afrodite e da
Ares/Marte: Armonia nasce da un amore adulterino, e d’altronde non poteva nascere da
Venere e da Vulcano/Efeso per gli elleni: il fabbro degli dei: l’homo faber [ricordare le tre
parole/concetto della lingua greca per significare il fare: pragma, praxis, poièsis, per
distinguere l’operare etico-politico-economico da quello “artistico”…].
Un’ambiguità non risolta, anzi resa ancora più acuta, dal Nietzsche de La nascita della tragedia,
quando oppone il dionisiaco – lo sconvolgente, / all’apollineo – l’equilibrato…
[ il fatto è
che l’ordine e il disordine, la consonanza e la dissonanza, il simmetrico e l’asimmetrico etc. non
possono che convivere, pena la perdita di senso: è in gioco la stessa loro reciproca esistenza ].
Un’ambiguità che – più di 8 secoli (!) dopo Platone – ormai in età cristiana, sarà
avvertita da Agostino sulla propria carne:
v. Lett. 1: da Le Confessioni : p. 172 [a Milano per il battesimo] e pp. 212-213
v. Lett. 2: dai Commenti ai Salmi – Salmo 32 [vescovo a Ippona, anno 403]: pp. 46-47
[ Ineffabilis enim est, quem fari non potes; et si eum fari non potes, et tacere non debes, quid
restat nisi ut jubiles, ut gaudeat cor sine verbis, et immensa latitudo gaudiorum metas non
habeat (cor) syllabarum? Bene cantate ei in jubilatione! ]
Non è facile, per noi, immaginare la musica che sconvolgeva Agostino fino alle lacrime,
a Milano [ cit. Ambrogio … ] poiché il canto ambrosiano nel corso di 16 secoli si è
trasformato ed oggi è “al lumicino”; paradossalmente è più facile capire in cosa
consistesse lo jubilum allelujatico ascoltando un discanto contadino, di quelli che fino a
pochi decenni fa si potevano ancora registrare “in funzione”..
[Canto a vatocco umbro per la mietitura “Mazzetto di viole e ‘n filo nero” – reg. 1956, dur. 3’
ca.: “(e) canto e canto e non mi vien dal cuore / chi te si goderà cuore sincero / l’è troppo di lontan chi ben mi vòle / mazzetto di
viole ‘n filo bianco / giovanettino quanto siete bello / (e) giovanettina quanto siete bella / chi te si goderà coruccio santo…”]
[ Candido (a domanda risponde): “ La donna, il vino, e la voja de compari’… E Villalba conferma come può.]
Passano altri 9 secoli di Storia ad egemonia cristiana [ma lo scorrere del tempo e gli stessi
“fatti” non hanno lo stesso senso nella cultura alta, scritta e in quella bassa, orale] e ormai
nella chiesa di Roma (e di Avignone) è decisamente prevalso – almeno nella dottrina,
se non nella prassi – il ruolo assegnato alla musica di ancella della parola (Verbum!); se
nonché, nel frattempo, la Musica era diventata un’arte (!), con i suoi artigiani, ovvero i
professionisti della musica: i magistri, i cantores, e infine (addirittura) i compositori,
che magari erano gli stessi sia quando si trattava di far musica per la chiesa che per le
feste profane.. Ed anzi stava diventando una scienza, come tale inquadrata nei
5./.curricula universitari, oggi diremmo nel dipartimento del Quadrivium, insieme alle
discipline del numero: la Matematica, la Geometria e – pensate – l’Astronomia…
Ma di fatto la Musica, magari un po’ defilata, se ne sta lì, al centro del sistema degli
studi “accademici”, grazie ai suoi rapporti ben consolidati anche con le discipline del
Trivium: con la Retorica, la Dialettica e la Gramatica, ovvero la Letteratura,
pericolosamente inclinando – fra le arti della scrittura – verso la Poesia: l’Epica, la
Lirica, la Dramatica.. le quali tutte nascono cantando e, per lunghi secoli e sotto tutte
le latitudini – anche presso le classi ‘colte’, non potranno fare a meno della Musica,
magari ritrovandola in forme “moderne”, come nel nostro cd. Rinascimento dopo
averla perduta.
E nella prassi, i “generi” seguitavano a mescolarsi paurosamente…
v. Lett. 3: dalla bolla Docta sanctorum patrum di Giovanni XXII (1324): extr. 1 pagina
[ Perché e in che modo il discanto è “effemminato”: il demonio presente in forma di lascivia
nel canto etc. ]
… non c’è bolla papale che tenga.
Alle sperimentazioni dell’Ars nova (che
naturalmente non s’arrestò ai “confini” della Francia – la musica è volatile.. –
seguirono le raffinatezze dell’Ars subtilior, con i suoi slittamenti stilistici fra il sacro ed il
profano, ed anzi – con l’intento di conferire al canto sacro maggior decoro, soprattutto
nelle occasioni di rito solenne – le preziosità erano riservate in primis proprio alle
forme liturgiche. Per darvi un purtroppo piccolo esempio, vi propongo un ascolto che
ci/vi riguarda da vicino, se non nel tempo, nello spazio..
[ Gloria, da una Messa canonica a 4 vv. in stile di Caccia di Matteo da Perugia (+ 1418), dur. 2’09
- o Matteo di Milano?: nominato primo maestro di cappella del duomo nel 1402, a cantiere ancora aperto… ]
Passano altri 150 anni ca., e siamo al bivio del Concilio di Trento, con le interdizioni
sinodali che ne deriveranno. Qui il discorso si farebbe complesso, anche per l’esigenza
di sfatare un mucchio di luoghi comuni che seguitano a circolare in proposito. Provo a
sintetizzare: l’ostilità dei padri conciliari nei confronti della musica d’arte – dettata
dall’urgenza di rispondere a Lutero tornando al cd. Gregoriano – non era motivata dal
fatto che l’ordito polifonico rendesse incomprensibile il testo liturgico (che un po’ tutti,
magari non capendone niente, sapevano a memoria), quanto – ancora una volta –
dalla lascivia, dalla sensualità dello stile esecutivo vocale, che non si differenziava più
di tanto dallo stile esecutivo della polifonia profana, ovvero del madrigale. La vicenda
di Giovanni da Palestrina è emblematica [ le ipocrite sanzioni verso il P. per aver
pubblicato dei madrigali a Venezia, e la sospensione dalla Cappella Sistina; la sua scrittura
6./.mottettistica – che dal Gregoriano non deriva altro che qualche incipit – tendenzialmente
“armonica” ed “espressiva” (come negli Improperia); le scelte della sua tarda maniera,
nell’intento di trovare una “sintesi stilistica” etc. Chiedendovi di riandare per comparazione ai
madrigali erotici rinascimentali prima eseguiti, lascio che sia la sua musica a “parlare” in difesa
– o a maggior condanna (?) del perfido / sublime artefice.
[Mottetto: “Duo ubera tua sicut duo hinnuli”, dal Cantico dei cantici a 5 vv. dispari (!)- dur. 3’04
- di G. P. da Palestrina (1584): trad. it.: “ i tuoi seni sono come caprioli: / due gemelli di gazzella, che
pascolano fra gli anemoni. / Quando spira il giorno e di diffondono le ombre, / ancora verrò al monte
della mirra, al colle dell’incenso…” (quando mai in un madrigale erotico sarebbe stata tollerata tanta libertà? ) ]
In una delle ultime sedute del Concilio tridentino (1563) era stato il saggio realismo di un
giovanissimo cardinale – che già.. studiava da santo – a convincere i colleghi e in pratica a
salvare la musica polifonica nella liturgia: il vostro Carlo Borromeo; sia pure a prezzo di qualche
compromesso [ la ‘castigatezza’ delle interpretazioni - a parte i ‘privilegi’ dei cantori della
Cappella sistina.. - , il carattere cqm ‘eccezionale’ della musica polifonica rispetto alla monodia
gregoriana, che rimane la ‘vera musica sacra’ – salvo lasciarla degradare nel tempo, a favore
delle inevitabili contaminazioni con la musica ‘di attualità’ (e non sempre di fattura dignitosa),
la netta distinzione con il coevo repertorio ‘laico’, la relativa autonomia lasciata alle scelte
‘pastorali’ delle diocesi, etc. ].
Nei successivi 4 secoli – fino al Concilio Vaticano II – nulla in quest’àmbito accade di rilevante,
se non appunto la progressiva perdita di forza e d’integrità del corpus gregoriano (come
dell’ambrosiano), a fronte della grande arte polifonica da un lato e della reinvenzione
“moderna” delle laudi medievali e da queste dell’oratorio, risposta ‘cattolico-riformista’ di quel
sant’uomo di Filippo Neri all’esecrata musica protestante, di fatto presa d’esempio, sia pure in
forme ben separate dalla Liturgia. I “paletti” insomma non reggono, tanto meno il Motu
proprio di Pio X, all’inizio del secolo scorso (1903), ispirato dall’estetica ‘intimistica’ del
Movimento ceciliano. [ Qui mi permetto una digressione: facendovi notare che la storia della musica
cattolica è una storia di santi (giusto dei santi potevano avere la pazienza di starvi dietro..), devo anche
rilevare che quella dei “musicisti” è l’unica categoria cui sia toccata in sorte una “patrona” – santa Cecilia
– che sul disprezzo della professione ha costruito la sua santità: basti a testimoniarlo il celebre dipinto di
Raffaello, dove la fanciulla – gli occhi rivolti al cielo – tiene in mano, rovesciato, un piccolo organo da cui
si stanno sfilando le canne, mentre una congerie di strumenti musicali alla rinfusa (sacri e/o profani),
accatastata ai suoi piedi, sembri non attendere altro che il fuoco purificatore.. ] . L’effetto pratico sulla
musica delle disposizioni in merito alla/e lingua/e liturgica/che da parte del Vaticano II è noto;
ma – mentre cambiava tutto – in teoria nulla doveva cambiare [*a]. Tanto è vero che l’ultimo
papa che si è occupato della questione [*b], Giovanni Paolo II, non ha fatto altro che ribadire i
----------[*a-b] Cfr. la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia Sacrosantum Concilium (1963), in part. pp. 42-45; e il
Chirografo di Giovanni Paolo II per il Centenario del Motu proprio di Pio X Tra le sollecitudini, sulla musica sacra
(dato a Roma il 22 novembre, memoria di Santa Cecilia, dell’a. 2003), pp. 17: tutte da leggere…
7./.caratteri (ma non i criteri di giudizio, ovviamente) che deve avere la “vera” musica sacra: e
giustamente, infine, e giusto la settimana scorsa è stato proclamato santo; cosa che non potrà
mai capitare al povero papa Ratzinger, che di musica s’intendeva e si dilettava, sia pure in
privato, ma suonando uno strumento (e relativo repertorio: Mozart, Beethoven e consimile
genìa diabolica) in gran sospetto di scostumatezza..
Ormai affacciati sul Novecento, ci concediamo uno stacco di bella musica dal vivo,
invitando a rientrare l’ensemble polifonico, che ci eseguirà brevi brani di autori ‘moderni’, ma
attinenti al nostro tema: formalmente, infatti, si tratta ancora di ‘madrigali’ erotici, modelli
così alti che – come nel caso del milanese Bruno Bettinelli (1913-2004) – il compositore sente il
bisogno di riprendere il medesimo testo del madrigale di Arcadelt con cui si è aperta la serata…
Dunque: si è fatto tardi e vorrei ascoltarvi, ed essere da voi interrogato; per cui non dirò nulla
di quello sterminato repertorio del teatro musicale – dell’opera, se preferite – in cui gli intrecci
cui danno vita Eros e Musica (con le loro brave trame – in chiave sia tragica che comica –) sono
ovviamente programmatici e in quanto tali scontati: il dramma per musica nasce a corte sul
finire del Cinquecento, all’insegna dello sfortunato amore di Orfeo ed Euridice, ed avrà per
oltre tre secoli sviluppi per certi aspetti imprevedibili, fino ai vertici delle opere italiane di
Mozart e prima fra tutte il Don Giovanni, il fantastico seduttore al quale un grandissimo (e
religiosissimo) filosofo come Søren Kierkegaard (1813-1855) dedicherà delle pagine splendide:
da non perdere, “a prescindere” dal vostro interesse per il teatro musicale. [*]
La musica, intanto, quella cosiddetta colta, d’arte, “classica” o come vi pare, certo
tendenzialmente sempre più “assoluta” – cioè libera da riferimenti letterari o d’altro
tipo, ed anzi sciolta da ogni vincolo funzionale, se non quello autoreferenziale
dell’ascolto estetico – si è talmente “emancipata” da perdere progressivamente e
irrimediabilmente ogni rapporto con il cd. “senso comune”, un po’ come la scienza
“pura” (?), la ricerca fisico-matematica, con cui nel secondo Novecento la
sperimentazione musicale riscopre affinità profonde, tanto da far pensare ad un
“rivoluzionario” ritorno all’antico – sterilizzato – alveo del Quadrivium. Ma davvero è
un guaio che la musica d’arte – svincolata, perlomeno tenuta ben distinta da ogni
eticità – abbia finito per non avere più alcuna utilità? Per non servire? Ma non è
appunto una prerogativa, se si vuole un privilegio delle arti “liberali” quello di non
servire? O preferiremmo che quartetti e sinfonie fossero adibite all’incremento della
produzione di latte, come accade nel Wisconsin, almeno a detta di quel maligno
provocatore di Baricco?
-------------[*] Cfr. S. Kierkegaard, Don Giovanni. La musica di Mozart e l’eros (a cura di Remo Cantoni), Mondadori,
Milano 1981.
8./.
Il conte Tolstoj si è preso una bella rivincita postuma? Be’ direi proprio di sì…
Certo, sia pure in forme sublimate – come direbbe Freud – non è venuta meno
l’attrazione fatale fra Eros e Musica… Almeno quando non si tratti di fagocitosi
reciproca … Perché, se non vogliamo essere accusati di “esclusivismo”, dovremo pur
prendere atto che la musica – o come la volete chiamare – la sua funzione oggi ce l’ha
eccome! Tanto da aver invaso la nostra vita quotidiana, senza scampo; con una
potenza distruttiva micidiale, non minore di quella dispiegata dalla pornografia ai
danni del desiderio erotico: sotto le tonnellate di decibel che riescono a sparare gli
apparecchi di amplificazione in una discoteca, per far “disinibire” i nostri bravi ragazzi,
ad essere distrutta è la musica stessa, di qualsiasi specie …
Del resto, fuor d’ironia, è lecito ancora parlare di Musica, quando non ci è dato più
conoscere momenti di tregua e di Silenzio? Non dovremmo seguire il consiglio di
McLuhan e staccare la spina? Ma quante spine dovremmo mai staccare!?
Ce n’è quanto basta per disperarsi; o semplicemente per parlarne, se lo vorrete.
Per chiudere la nostra chiacchierata con un ulteriore cerchio concentrico, con
l’intenzione piuttosto di riaprire i giochi: ma, domando e dico: per fortuna, tra l’ex
avanguardia iperstrutturalista di Pierre Boulez o la musica spettrale da un lato e
dall’altro la disco, la techno (ma mi dicono che è tutta roba vecchia, e che oggi si
chiama – pensate – house music !), non ci sono tante musiche amabili, nel contempo
non troppo elitarie e addirittura dotate di una loro brava funzione? La musica per film,
ad esempio (e sì che il cinema è un’arte, no?, ancorché a vocazione “popolare”, cui
volentieri consegniamo le nostre più immaginifiche pulsioni erotiche)…
Allora, senza commenti, vi leggo che ne pensava Federico Fellini [*]:
“La musica è pericolosa. Agisce a un livello così profondo e inconscio da diventare pericolosa
(…). E’ un fatto estremamente misterioso, che non so bene con cosa abbia a che fare. Ma io
avverto sempre nella musica una specie di minaccia (…). Fin da ragazzino, mi ha creato una
dimensione di profonda malinconia. E’ qualcosa da cui devo difendermi, a meno che non
riguardi il mio lavoro. Se lavoro posso fare di tutto, il lavoro diventa un grande scafandro di
protezione, altrimenti la musica mi aggredisce.”
------------------[*] dal programma radiofonico Voi ed io, del 10 genn. 1979, riportato nel libro La musica è pericolosa
di Nicola Piovani (Rizzoli, Milano 2014), il cui unico merito (letterario, s’intende) è quello di citare Fellini,
da cui peraltro il libro trae il titolo.
9./.E difatti, anche per esperienza professionale, non conosco modo di neutralizzare la
musica più “elegante” e più artistico della regia cinematografica!
Siamo appena in tempo per un ultimo ascolto musicale: è il III movimento da una
quartetto d’archi di Leoš Janáček, che s’ispira ancora alla Sonata a Kreutzer, stavolta
non a quella di Beethoven, ma proprio al racconto di Tolstoj: il compositore boemo (su
cui ha scritto pagine ammirate uno dei pochi scrittori che sa di musica, Milan Kundera) ha
quasi settanta anni, quando – nel 1923 – scrive questa partitura: perdutamente
(salutarmente) innamorato di una ragazza, il quartetto è la sua felice quanto
drammatica protesta contro l’invettiva dello scrittore russo avverso la musica e – in
fondo – avverso l’amore.
[ Con moto, vivo, andante – III movimento dal Quartetto n. 1 “Sonata a Kreutzer” (1923) – dur.
3’58 – di Leoš Janáček (1854-1928) – meno di 4’, che ho scelto anche per una qualche
suggestiva ‘assonanza’ con un celebre brano di musica per film di Nino Rota, che forse
riconoscerete.
Piero G. Arcangeli
Monza, 5 maggio 2014