nota part-time e pensione decreto

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nota part-time e pensione decreto
Confederazione Italiana
Sindacati Lavoratori
Dipartimento Democrazia Economica, Economia Sociale,
Fisco, Previdenza e Riforme Istituzionali
21/4/2016
Part-time in prossimità della pensione: cenni di invecchiamento attivo
Nota a cura di Valeria Picchio
Con il decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’Economia recentemente
reso noto, sebbene in questo momento non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, è stata
data attuazione all’art. 1 comma 284 della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità per il
2016) che ha contemplato una forma incentivata di part-time in prossimità del pensionamento di
vecchiaia.
La norma prevede per i lavoratori dipendenti del settore privato, iscritti all’AGO o alle forme
sostitutive ed esclusive (questa precisazione è stata inserita dall’articolo 2 quater punto 3 del
decreto mille-proroghe n. 210/2015 convertito in legge n. 21/2016) con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato e tempo pieno che maturino entro il 31/12/2018 il diritto alla pensione di
vecchiaia ai sensi dell’articolo 24 comma 6 del decreto legge 201/2011 convertito in legge n.
214/2011, la possibilità di ridurre l’orario di lavoro tra il 40% e il 60% per un periodo non
superiore tra la data di accesso al beneficio di legge e la data di maturazione del requisito
anagrafico per la pensione di vecchiaia a condizione che:
 abbiano maturato almeno 20 anni di contributi
 abbiano raggiunto con il datore di lavoro l’accordo alla trasformazione del rapporto di lavoro.
Dalla formulazione della norma e dal contenuto del decreto si deduce che i 20 anni di
contribuzione debbano sussistere alla data di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo
pieno in part-time, mentre il requisito pensionistico da raggiungere pare essere solo quello della
pensione di vecchiaia ordinaria descritto dall’art. 24 comma 6 della citata legge 214/2011; di
conseguenza non costituiscono requisito né la pensione anticipata introdotta dal comma 10 del
citato articolo 24 legge 214/2011, né altre forme di pensionamento di vecchiaia (vedi ad esempio
requisiti specifici di alcune situazioni previste dal DPR 157/2013 di armonizzazione, né la norma
speciale contenuta al comma 15 bis art. 24 legge 214/2011 che consente a certe condizioni nel
settore privato il pensionamento a 64 anni, né i requisiti stabiliti dal d.lgs. 67/2011 per chi svolge
attività faticose e pesanti).
Per il datore di lavoro il vantaggio consiste evidentemente nella riduzione della retribuzione da
tempo pieno a part-time. Viceversa, per il lavoratore l’incentivo deriva dal fatto che il datore di
lavoro è tenuto a versargli mensilmente una somma corrispondente alla contribuzione
previdenziale a fini pensionistici a suo carico relativa alla prestazione lavorativa non effettuata
(cioè il 23,81%) quindi la busta paga netta risulta più favorevole.
Tale somma è onnicomprensiva, non concorre alla formazione del reddito da lavoro, non è
soggetta a contribuzione previdenziale, neppure quella relativa all’assicurazione contro gli
infortuni e le malattie professionali.
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Secondo i calcoli della Fondazione dei Consulenti del lavoro1 il vantaggio medio indicativo per
lavoratori e aziende in caso di adesione a questo tipo di part-time per una percentuale pari al
60%, 50%, 40% riferite a classi di retribuzioni annue lorde tra 25.000 e 43.000 euro consiste:
- per un part-time al 60% una retribuzione netta per il lavoratore dell’84% e una riduzione del
costo del lavoro per il datore del 33%;
- per un part-time al 50% una retribuzione netta per il lavoratore del 78% e una riduzione del
costo del lavoro per il datore del 40%;
- per un part-time al 40% una retribuzione nella del 72% e una riduzione del costo del lavoro per
il datore del 49% quindi con un effetto inversamente proporzionale del vantaggio tra
lavoratori e datori.
Per i periodi di part-time viene riconosciuta al lavoratore la contribuzione figurativa
commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata per
ridurre in questo modo il nocumento sulla prestazione pensionistica. La contribuzione figurativa
viene riconosciuta dal primo giorno del mese successivo al perfezionamento del procedimento di
autorizzazione descritto in seguito.
Tuttavia, si applica l’art. 41 comma 6 del d.lgs. 148/2015 di conseguenza ai fini
dell'individuazione della retribuzione da assumere quale base di calcolo per la determinazione
delle quote retributive della pensione dei lavoratori che abbiano prestato lavoro a tempo parziale
viene neutralizzato il numero delle settimane di lavoro prestate a tempo parziale ove ciò
comporti un trattamento pensionistico più favorevole.
Tale contribuzione figurativa viene riconosciuta nel limite massimo di 60 milioni di euro nel
2016, 120 milioni nel 2017, 60 milioni nel 2018.
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La trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno in part-time non è un diritto potestativo
del lavoratore ma è sottoposta a una serie di vincoli:
E’ preliminarmente necessaria una specifica certificazione INPS che attesti il possesso da parte
del lavoratore dei requisiti minimi di 20 anni di contribuzione e del raggiungimento del requisito
anagrafico della pensione di vecchiaia entro il 31/12/2018;
Successivamente il lavoratore e il datore di lavoro si accorderanno per la riduzione dell’orario
stipulando un “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato” nel quale deve essere indicata la
misura della riduzione. Tale contratto ha una durata pari al periodo che intercorre tra la data di
accesso all’agevolazione e il raggiungimento del citato requisito della pensione di vecchiaia. Gli
effetti del contratto decorreranno dal primo giorno del periodo di paga mensile successivo a
quello di accoglimento da parte dell’INPS dell’istanza autorizzazione finale descritta al punto 5;
Il datore di lavoro dovrà quindi trasmettere alla Direzione territoriale del lavoro competente per
territorio il contratto perché la DTL, entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione del contratto, rilasci
il provvedimento di autorizzazione di accesso al beneficio;
Il datore di lavoro, acquisita l’autorizzazione della DTL o trascorsi inutilmente i 5 giorni
(silenzio-assenso), trasmetterà istanza telematica all’INPS con il dato di identificazione della
certificazione dei requisiti pensionistici richiesti e le informazioni inerenti il contratto di parttime agevolato oltre alle informazioni necessarie per stimare l’onere del beneficio (da intendersi
come costo della contribuzione figurativa a quanto pare);
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Vedi Circolare Fondazione Studi Consulenti del lavoro n. 7/2016
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5. L’INPS entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione dell’istanza telematica ne comunica
l’accoglimento o il rigetto. L’INPS infatti procede al monitoraggio delle domande e dei relativi
oneri corrispondenti alla contribuzione figurativa e se questi, anche in prospettiva, risultino
superati, anche per una sola annualità, rispetto alle risorse stanziate respinge le domanda di
accesso al beneficio per esaurimento delle risorse finanziarie riferite a quello specifico anno.
Il datore di lavoro è tenuto a comunicare all’INPS e alla DTL la cessazione del rapporto di
lavoro a tempo parziale agevolato.
Importante sottolineare che il beneficio, qui a nostro avviso da intendersi sia come contribuzione
figurativa sia come somma onnicomprensiva non soggetta a imposizione versata dal datore di
lavoro al lavoratore per la prestazione lavorativa non versata, cessa in ogni caso al momento
della maturazione da parte del lavoratore del requisito anagrafico per il conseguimento della
pensione di vecchiaia e quando siano modificati i termini dell’accordo (quindi ad esempio una
modifica sull’orario del part-time).
In attesa della circolare INPS che sicuramente dovrà chiarire molti aspetti, rileviamo alcuni
profili di criticità.
Innanzi tutto il fatto che questa possibilità sia del tutto preclusa ai dipendenti pubblici. Se la
trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in part-time è uno dei principali strumenti
suggeriti dalle organizzazioni internazionali per favorire le cosiddette misure di “invecchiamento
attivo” e cioè per promuovere il prolungamento della attività per una popolazione lavorativa che
in tutta Europa sta inesorabilmente invecchiando, non si capisce perché questa opzione sia stata
riservata, seppure in via sperimentale, solo ai dipendenti del settore privato. In tema di politiche
di invecchiamento attivo, peraltro costituite da una molteplicità di interventi a vari livelli e non
solo statali, l’Italia risulta ampiamente in ritardo nel panorama europeo e con questa norma,
soprattutto se scollegata da altre iniziative, dubitiamo possa recuperare su questo terreno in modo
adeguato.
Inoltre, già nel passato il legislatore aveva promosso alcuni tentativi di trasformazione del
rapporto di lavoro in tempo parziale in prossimità della pensione, tutti falliti. E’ vero che ora con
lo straordinario allungamento dei requisiti pensionistici per la vecchiaia questo part-time
agevolato potrebbe essere più interessante ma, come vedremo, soprattutto per le donne, categoria
spesso particolarmente sensibile alla riduzione di orario, l’applicazione potrebbe essere molto
circoscritta a causa del progressivo innalzamento dei requisiti pensionistici entro il 2018.
Un secondo evidente limite è a nostro avviso il percorso burocratico piuttosto articolato che si
giustifica per la necessità di monitorare la coerenza tra il numero delle istanze e le risorse
stanziate ma che a prima vista sembra assai complesso e che potrebbe disincentivare nella scelta
non solo di lavoratori ma anche i datori di lavoro su cui ricadono oneri amministrativi rilevanti.
Un terzo limite è sicuramente l’assenza di qualsiasi forma di staffetta generazionale esplicita.
Infatti, a fronte del part-time agevolato il datore di lavoro potrebbe essere interessato ad
assumere per le ore perse un giovane (sfruttando anche gli sgravi contributivi parziali previsti per
le assunzioni nel corso 2016) ma ciò dipenderebbe esclusivamente dalla sua buona volontà
mentre un incentivo all’assunzione di giovani nell’ambito di una vera e propria staffetta
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generazionale (sul modello ad esempio di quanto previsto per i contratti di solidarietà espansiva
dal d.lgs. 148/2015 art. 41) non è assolutamente contemplato e questa carenza rappresenta a
nostro avviso un aspetto criticabile del provvedimento.
Anche il fatto di aver limitato l’applicazione della norma alla sola ipotesi del raggiungimento del
requisito della pensione di vecchiaia ordinaria entro il 31/12/2018 finisce per rappresentare un
limite notevole alla effettiva applicazione della norma, seppure all’interno della scelta, questa sì
comprensibile, di una misura di carattere sperimentale.
A questo proposito può essere utile ricordare i requisiti anagrafici richiesti per la pensione di
vecchiaia entro il 2018:
Lavoratori dipendenti iscritti Lavoratrici dipendenti iscritte Lavoratrici iscritte alle gestioni
all’AGO INPS e forme sostitutive; all’AGO INPS e forme speciali autonomi e gestione
lavoratori e lavoratrici iscritti a sostitutive
separata (parasubordinati)
forme esclusive (ex INPDAP, ex
IPOST); Lavoratori iscritti alle
gestioni speciali degli autonomi e
alla
gestione
separata
(parasubordinati)
Dal 1/1/2016 al 66 anni e 7 mesi
31/12/2018
Dal 1/1/2016 65 anni e 7 Dal 1/1/2016 66 anni e 1 mese
al 31/12/2017
mesi
al 31/12/2017
Dal 1/1/2018 66 anni e 7 Dal 1/1/2018 66 anni
al 31/12/2018
mesi
al 31/12/2018
mesi
Quindi, un uomo potrebbe avere diritto al part time agevolato in presenza di un’età minima di 63
anni e 7 mesi entro dicembre 2015 (data di nascita entro 31/5/1952) poiché raggiungerebbe il
diritto alla pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018.
Per quanto riguarda le donne il requisito pensionistico varia e varia in modo diverso a seconda
che siano iscritte alla gestione dipendenti o alla gestione autonomi (i requisiti pensionistici di
questa gestione si applicano anche alle donne lavoratrici dipendenti che abbiano contribuzione
mista autonoma e dipendente). Le donne nate entro il 31/5/1952 poiché raggiungono il diritto
alla pensione entro il 31/12/2018 potrebbero teoricamente essere interessate al part-time ma in
realtà, per effetto della norma eccezionale prevista dall’art. 24 comma 15 bis della legge
214/2011, le donne lavoratrici dipendenti nate entro il 1952 possono andare in pensione all’età di
64 anni e 7 mesi2, cioè di fatto nel corso del 2016, di conseguenza è probabile che chi rientra
nella categoria individuata dal citato comma 15bis decida di andare direttamente in pensione
senza passare per il part-time agevolato.
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Ulteriore condizione per usufruire di questa possibilità, oltre ad almeno 20 anni di contributi entro dicembre 2012,
è avere avuto attivo il rapporto di lavoro dipendente alla data del 28/12/2011 secondo l’interpretazione dell’INPS.
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In conclusione, sarà interessante verificare nei prossimi mesi la reazione dei lavoratori a questo
strumento e in particolare se saranno considerati adeguati gli incentivi proposti in particolare in
termini di effetti sulla retribuzione. Allo stesso tempo bisognerà capire come l’INPS e il
Ministero del lavoro intenderanno gestire le complessità della procedura.
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