arco filosofico ignazio-cartesiano

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arco filosofico ignazio-cartesiano
Sebastiano Crestani
ARCO FILOSOFICO IGNAZIO-CARTESIANO
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PREFAZIONE
Non è certo facile introdurre lo scritto di Sebastiano Crestati. Non è facile, neanche e soprattutto,
per chi, come me, lavora quotidianamente con la “filosofia accademica”, tanto vituperata (e non
sempre a torto) nell’ultimo secolo.
Da tempo seguo con curiosità mista, perché no?, a perplessità lo sforzo teoretico di Crestati per
riabilitare nell’ortodossia cattolica la filosofia di Cartesio, un discorso a spirale, con primordi nelle
tesi dottorali: La Soggettività negli Esercizi Spirituali, Soggettività ignaziana nella filosofia di
Descartes, cui seguono volute: l’Evenienza dell’Essere, Asterischi cartesiani per gli Esercizi
Spirituali di San Ignazio di Loyola, Lettere cartesiane, Discorso della stabilità.
Ciò che va raccolto e, magari, dipanato con ulteriore pazienza storiografica e con quella cura, in
senso etimologico, che non sembra far difetto a Crestati, è, a mio sommesso parere, il raccordo che
si propone tra l’impalcatura cartesiana e la originaria ispirazione ignaziana. Da questo punto di
vista, il nostro autore si è introdotto in un sentiero storiografico impervio e non battuto: di quanto
non è debitrice la filosofia contemporanea (magari in maniera inconsapevole) al presunto
razionalismo di Ignazio di Loyola? Senz’altro può essere questo, per parafrasare Heidegger, un
sentiero non-interrotto.
Ma che vuol dire tutto ciò? Possiamo andare al di là dell’eventuale debito storiografico, per
santificare una filosofia da sostituire al reditus ad Thomam di leonina memoria? Personalmente ho
la ferma convinzione che i rapporti tra cristianesimo e filosofia sono molto meno lineari rispetto ad
un semplice deduttivismo o ad una mediazione da principi e sistema. Nel caso di Crestati, però, ci
troviamo davanti ad un fenomeno diverso: l’autore è impregnato tanto di Cartesio e di Ignazio da
richiedere necessariamente una mediazione teoretica suturante, l’unità delle istanze come premessa
di tutta l’operazione e non una semplice conseguenza speculativa. E’, infine, la giustificazione
filosofica di una unità già vissuta.
Ha scritto Eugenio Garin che i filosofi del Novecento sono stati condizionati dall’istanza della
morte della filosofia (omicidio o suicidio?): rileggere pagine in cui la fiducia incondizionata nella
filosofia zampilla ad ogni rigo è davvero inusitato. Allora che dobbiamo concludere: che il nostro
filosofo è in ritardo con i tempi storici, o, invece, che è la riaffermazione di una ripresa ineludibile ?
Giovanni Invitto – Università di lecce
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ARCO FILOSOFICO
Arco più che porta se comparato con Santa Croce e Porta Castello, breccia sulle mura occidentali
scaligere, per passo a San Rocco e San Lorenzo, agli istituti luminari i licei Pigafetta e Loy, o porta
di retroscena se Vicenza è ristrutturata sulle cinque vie di Tebe verso Piazza dei Signori che il teatro
Olimpico del Palladio riprodurrebbe in scala, di retrovia se per rifornimenti e rinforzi, eppure
sonnolento e placido come il Retrone cui sembra guardare; i suoi piedritti vengono rafforzati e
ornati dai due piedestalli adiacenti con busti di Descartes e Ignazio, che dovranno spiegare ai
passanti per le due porte laterali, le causali della loro presenza: per San Ignazio vicentinità acquisita,
Cartesio per l’interpretazione ignaziana qui ricevuta.
In quel di San Pietro in Vivarolo nei pressi di Vicenza Ignazio di Loyola annota in luglio del 1537,
aver ricevuto tante consolazioni e visioni quali ebbe in quel ridotto di Spagna, Manresa, e
costeggiando le mura, per questa porta, pellegrino questuante si sarà introdotto, o passato di largo
per salire le soffici pendici di Monte Berico, per rafforzare il suo vassallaggio alla Madonna cui si
era votato, vegliando la spada ai piedi della Morenita di Montserrat.
Cartesio si accoppia, per essere stato alunno spirituale indiretto durante l’internato nel Collegio
gesuitico Enrico IV del La Fléche, dove ripetendo per sette anni gli Esercizi ignaziani,
inconsciamente tradurrà successivamente l’itinerario ignaziano per le tre vie: purgativa,
illuminativa, unitiva, nel discorso dai dubbi scettici per il Metodico al Cogito purificato dove
riverbera il marchio di fabbrica, l’idea di Dio, l’infinito che definisce il finito.
Dall’insistenza di San Ignazio e Cartesio sull’ordinare, ordinarsi, Direzione dell’ingegno,
Discrezione degli spiriti, procedo alla fenomenologia dell’intelligenza, sdoppiandone la
intenzionalità in ordinale da cui i numeri romani, temporali, esistenziali dello spirito e
l’intenzionalità cardinale dei numeri arabici che seguono la materia, quella della filosofia e questa
della cosmologia o scienze fisiche, delineandone così i campi rispettivi. Con queste premesse
correggo lo spinoso argomento dell’analogia eppure l’argomento ontologico di San Anselmo che va
a Dio per intenzionalità cardinale che descrive le sostanze, invece che per l’ordinale che insegue le
cause, per cui Dio deve essere dimostrato come il Primo e posteriormente qualificato come il più
grande del quale non si può pensare uno maggiore. Perfeziono pure le cinque Vie di San Tommaso,
specificando della conclusione: così non si può procedere all’infinito, distinguendo che i numeri
cardinali sì vanno all’indefinito, solo gli ordinali sono precisivi di questi, inquadrandoli tra un
primo ed un ultimo, per cui si procede al Primo eppure Primario.
Per inciso, la quarta via, dai gradi di perfezione, non serve per dimostrare l’esistenza di Dio, bensì
successivamente per chiarificarne l’essenza.
La sigla IQP, IQM. Il Primo cui non si può pensare un ulteriore, per cui pure il maggiore, si
combina con il biblico IQS, Io sono Quel che Sono, colui che ha per essenza l’esistenza.
I due vigilanti, cavalieri della psicologia e filosofia cristiana rimarranno virtuali, fin tanto che non
saranno riconosciuti interattivi. I due busti ai piedi dell’arco vigilano gli studenti cammino ai Licei
luminari, maestri terribili sembrano ammonire: altri che se senza ombelico, l’intenzionalità ordinale,
vanno a sbagliare (encore un qui va se tromper).
Penso i due, il Capitano Ignazio di Loyola ferito nei bastioni di Pamplona e il soldato René
Descartes alla corte del Duca di Baviera, vigilanti pure all’entrata del Collegio Enrico IV de la
Fléche, ammonitori contro il Giansenismo, prodotto francese, del quale furono vittime per guerra
ideologica di sistemi contrapposti come due fanterie, loro che insegnavano che l’uomo non è fissità
ma evoluzione. Costì dovrebbe indicarsi la conosciuta Le Mans della Formula uno, città de l’esprit
geometrique, La Fléche, città de l’esprit de finesse, per l’Inventum admirabile.
Contrappongo alla miopia del Leopardi che non vide più in là di “questa siepe che tanta parte
dell’orizzonte, lo sguardo esclude” naufragando nel mare dell’infinito, la lungimiranza di Cartesio
dalla Francia fino a Loreto, anche questo borgo selvaggio, per avere scoperto il grande invento,
l’evento dell’Uomo-Dio, il Verbo che in quella casa si è fatto carne, l’Eterno che si è fatto tempo,
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per rinsaldare la temporalità proclive alla temporaneità, affinché il tempo-momento si costituisca in
elemento.
A differenza di Baillet non mi preoccupo, se Cartesio si è ripreso dallo sbandamento giovanile
“nuper fuit iuvenis, adhuc sum homo” (da poco giovane ancor uomo), ma se dall’età del climaterio,
i quarant’anni, con sguardo retrospettivo ha decodificato validamente in termini filosofici il suo
subconsio strutturato dalla ripetizione degli Esercizi. Questa reinterpretazione di Cartesio in chiave
ignaziana lo restituisce da padre della filosofia moderna: idealismo o materialismo, in turbina della
filosofia medievale teoretica trasformandola in ascetica.
E’ la filosofia del senso comune, la sapienza la più diffusa, la religione del Re e della nutrice, una
favola per uomini e donne, di tutti coloro che amano di più la vita, che non si atteggiano in angeli nè
in bestie ma salvano la bestia per l’angelo e danno l’essere all’angelo riconoscendo la bestia.
Perciò non è sufficiente leggere ma meditare in solitudine, smuovendo la sabbia per trovare la rocca
su cui costruire.
Il parallelismo Ignazio-cartesiano secondo dialettica dall’equivoco (via purgativa - i dubbi), la
insopportabile leggerezza dell’essere (Kundera), per l’analogo (via illuminativa – dubbio metodico),
la sopportabile pesantezza dell’essere (Mt. 11, 28-30), all’univoco (via unitiva – il Cogito), la
fruibile trasparenza (Ingazio-Cartesio), è aperto e chiuso con segmenti da Il conflitto
dell’interpretazioni di Paul Ricoeur.
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PSICANALISI: ARCHEOLOGIA DEL SOGGETTO
La psicanalisi è soltanto un fascio di luce tra altri gettata sull’esperienza umana
<< …possiede arché, un soggetto che abbia télos. Infatti l’appropriazione di un senso costituito
dietro di me suppone il movimento d’un soggetto tratto innanzi a se stesso da una serie di
<<figure>> (alla maniera della Fenomenologia dello Spirito di Hegel) dalle quali ciascuna trova il
suo senso nelle seguenti
…la psicanalisi viene a decomporre in seno al Cogito l’apoditticità dell’Ego, delle illusioni della
coscienza e delle pretese dell’io. In un saggio del 1917 Freud parla della psicanalisi come di una
ferita, di una umiliazione del narcisismo così come lo furono a loro modo, dice, la scoperta di
Copernico e di Darwin, che hanno decentrato il mondo e la vita, in rapporto alla pretesa della
coscienza. Al termine di questa espropriazione, la coscienza ha cambiato segno filosofico: non è più
un dato, non ci sono più i <<dati immediati della coscienza>> essa è un compito, il compito del
divenir-coscienza. Là dove c’era Bewusstsein, essere cosciente, c’è Bewusstwerden, divenire
cosciente.
Ciò che emerge da questa riflessione è un Cogito ferito, un cogito che si pone ma non si possiede,
un Cogito che comprende la propria verità originaria soltanto entro e attraverso il riconoscimento
dell’inadeguatezza, dell’illusione, della menzogna della coscienza presente. >>
(P. Ricoeur, Il conflitto delle interpretazioni, Milano 1977)
PARALLELISMO IGNAZIO-CARTESIANO
San Ignazio: Esercizi spirituali con i quali ognuno può vincere se stesso e ordinare la propria vita
con decisioni libere da disordinate affezioni.
* Con il nome di esercizi spirituali si intende ogni modo di esaminare la coscienza, di meditare, di
contemplare, di pregare oralmente e mentalmente e di altre attività spirituali come più avanti si dirà.
Infatti, come sono esercizi corporali il passeggiare, il camminare, il correre così si chiamano
esercizi spirituali tutti i modi di preparare e di disporre l’anima a togliere da se tutti i legami
disordinati e, dopo averli tolti, di cercare e trovare la volontà divina nell’organizzazione della
propria vita per la salvezza dell’anima.
Cartesio: “Io non consiglierò mai a nessuno di leggerle se non a quelli che vorranno con me
meditare seriamente, e che potranno staccare il loro spirito dal commercio dei sensi e liberarlo
interamente da ogni sorta di pregiudizi…” (Prefazione alle Meditazioni)
L’INSOPPORTABILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE
Dall’equivoco
PRINCIPIO E FONDAMENTO
Principio: l’uomo progetto, l’ordinalità
<<L’uomo è creato per dare lode, riverire e servire Dio nostro Signore: e così salvare la sua anima.
E tutte le altre realtà dell’universo sono create per l’uomo
affinché lo aiutino a conseguire il fine per cui è creato. Conseguenza: l’uomo deve usare di esse
tanto quanto lo aiutino per il suo fine; se ne deve liberare tanto quanto gli impediscono il suo fine>>
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Fondamento: l’uomo soggetto, la cardinalità
<< Perciò è necessario renderci indifferenti a tutte le cose create per quanto è concesso alla libertà
del nostro libero arbitrio e non le è proibito: di modo che non vogliamo per parte nostra la sanità più
dell’infermità, la ricchezza più della povertà, la gloria più del disonore, una vita lunga più di una
vita breve: e così in tutto il resto. Unicamente desiderando ed eleggendo ciò che è meglio e ci
conduce al fine per cui siamo creati.>>
AVVERTENZE
S. Ignazio per la desensualizzazione affettiva, dato lo squilibrio umano che rafforza la certezza della
carne, propone la tattica dell’opposto per diametro dell’unicamente desiderando ed eleggendo ciò
che meglio ci conduce al fine, affinché superata l’affezione smodata per le cose, possiamo godere
l’equilibrio stabile dell’indifferenza.
Su questa triade ignazio-cartesiana: Dio-anima-mondo, medita fino ad una crisi liberatrice al punto
di percepirla non come verità ma come rapporto di valori, nell’avvertenza che penseresti Dio senza
prove se il tuo occhio fosse chiaro. E’ il tema evangelico dell’occhio lucerna del corpo. Tolti gli
ostacoli, tramite questi esercizi, proverai la beatitudine: <<Beati i puri di cuore, perché vedranno
Dio>>. Non ti espropri in Dio, ma ti appropri Dio.
‘In Dio si muore vivi, senza Dio si vive morti’
Asterischi cartesiani
Elementi regressivi del fondamento:
* <<Allora come uomo che cammina nell’oscurità e solo, presi la risoluzione di avanzare tanto
lentamente e con tanta circospezione in ogni cosa, per cui, progredendo di poco, evitassi tuttavia di
cadere>> (Disc. p. II).
* <<Io mi sono tanto abituato nei giorni scorsi a distaccare il mio spirito dai sensi…E quando io
considero che dubito, cioè che sono una cosa incompleta e dipendente, l’idea di un essere completo
e indipendente, cioè di Dio, si presenta al mio spirito con tanta distinzione e chiarezza; e dal fatto
solo che questa idea si trova in me, ovvero dal fatto solo che esisto, io, che posseggo questa idea,
concludo così evidentemente l’esistenza di Dio e l’intera dipendenza della mia esistenza da lui in
tutti i momenti della mia vita, che non penso che lo spirito umano possa conoscere qualcosa con
maggiore evidenza e certezza; e già mi sembra di scoprire il cammino che ci condurrà da questa
contemplazione del vero Dio (nel quale tutti i tesori della scienza e della saggezza sono rinchiusi)
alla conoscenza delle altre cose dell’universo>> (4ª meditazione)
* <<E facendo come suol dirsi, di necessità virtù non desidereremo di essere sani quando siamo
malati, o di essere liberi quando siamo in prigione, più di quanto non desideriamo ora di avere un
corpo di una materia così poco corruttibile come il diamante o ali per volare come gli uccelli.
Confesso che c’è bisogno di un lungo esercizio e di una meditazione spesso ripetuta per abituarsi a
riguardare in questo modo tutte le cose…>> (Discorso p. III).
Elementi prospettici del Principio:
*<< E, certo, non si deve trovare strano che Dio, creandomi abbia messo in me questa idea, perché
fosse come la marca dell’operaio impressa sulla sua opera; non è neppur necessario che questa
marca sia qualcosa di differente da questa stessa opera. Ma da ciò solo che Dio mi ha creato, è assai
credibile che egli m’abbia creato in qualche modo prodotto a sua immagine e somiglianza (nella
quale l’idea di Dio si trova contenuta), per mezzo della stessa facoltà con la quale concepisco me
stesso…Mi sembra molto a proposito fermarmi qualche tempo alla contemplazione di questo Dio
perfettissimo, di ponderare a mio agio i suoi meravigliosi attributi, di considerare, ammirare e
adorare l’incomparabile beltà di questa immensa luce, almeno tanto quanto potrà permettermelo la
forza del mio spirito che resta in certo modo abbagliato>> (3ª meditazione)
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VIA PURGATIVA
Meditazioni con l’intelligenza, volontà, sensazione (tre potenze) sul peccato degli Angeli, di Adamo
ed Eva, sui peccati personali.
* Nella meditazione di argomento non sensibile, come è quello presente dei peccati, la ricostruzione
potrà essere: vedere con la vista immaginativa e considerare la mia anima incarcerata in questo
corpo corruttibile e tutto il composto come ramingo in questa valle tra bruti animali. Dico tutto il
composto, cioè anima e corpo.
* Pensare i peccati scrutando la bruttezza e la malizia che ogni peccato mortale commesso
racchiude in sé, anche se non fosse proibito. Riguardarli come un’ulcera e postema da cui sgorgano
tanti peccati, tante malvagità e veleno turpissimo.
* Chiedere a Dio Signore nostro vergogna e confusione di me stesso.
* Vedere chi è Dio, contro cui ho peccato, cominciando dai suoi attributi messi in relazione con i
rispettivi contrari in me: la sua sapienza con la mia ignoranza, la sua onnipotenza con la mia
debolezza, la sua giustizia con la mia iniquità, la sua bontà con la mia cattiveria.
* Grido meravigliato e crescente affetto: ragionare su tutte le creature come mai mi abbiano lasciato
vivere e conservato in vita; gli Angeli, spade della divina giustizia, perché mi abbiano sopportato, e
custodito e pregato per me, i Santi perché abbiano continuato ad intercedere e pregare per me;…e la
terra perché non si sia aperta per inghiottirmi.
* Colloquio: Immaginare Cristo Nostro Signore presente confitto in Croce intrecciando un
colloquio: perché da Creatore si è fatto uomo, e dalla vita eterna (è venuto) alla morte nel tempo, e
così a morire per i miei peccati. E poi riflettendo a me stesso, ciò che ho fatto per Cristo, ciò che
faccio per Cristo, e poi vedendolo così, e cosi trafitto sulla croce, conversare secondo urge dentro.
Regole
* Ricaverà tanto più frutto quanto più si allontanerà da amici e conoscenti e da ogni terrena
preoccupazione, per esempio cambiando la casa dove abitava e prendendo un’altra camera dove
abitare nel più grande raccoglimento possibile... Quanto più la nostra anima si trova sola e isolata,
tanto più diventa capace di avvicinarsi e di unirsi al proprio Creatore.
* Quando mi sarò svegliato, senza dare adito a questo o a quel pensiero, farò subito attenzione a
quello che contemplerò nel primo esercizio della mezzanotte, vergognandomi dei miei tanti peccati
e rappresentandomi degli esempi, come sarebbe quello di un cavaliere che si trovasse davanti al suo
re e a tutta la sua corte, pieno di vergogna e di confusione per averlo molto offeso, pur avendo
ricevuto prima da lui molti doni e favori.
* Quando il nemico della natura umana suggerisce ad un’anima retta le sue astuzie e persuasioni,
vuole e desidera che siano accolte e tenute in segreto: mentre gli dispiace molto se queste le scopre
al proprio buon confessore o ad altra persona spirituale esperta nel conoscere i suoi inganni e le sue
cattiverie, perché si rende conto di non poter portare avanti l’opera incominciata, dal momento che
sono stati scoperti i suoi inganni.
* E’ proprio dell’angelo cattivo, quando si trasfigura in angelo di luce, introdursi in conformità con
l’anima devota e poi concludere con se stesso, insinua cioè buoni e santi pensieri conforme
all’anima pia e dopo, poco a poco, cerca di avere la meglio trascinando l’anima verso i suoi inganni
occulti e le sue perverse intenzioni (il nemico entra dalla porta dell’altro ed esce dalla sua).
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* A quelli che procedono di bene in meglio l’angelo buono tocca l’anima dolcemente e soavemente,
come una goccia d’acqua che entri in una spugna; mentre il cattivo la tocca acutamente con strepito
e inquietudine, come quando la goccia d’acqua cade sulla pietra.
* Così pure il nemico, cerca di renderlo più sensibile per condurla all’eccesso; l’anima per restare
tranquilla, cerchi di stare salda nel giusto mezzo
AVVERTENZE
* Si consideri la concatenazione causale dei tre peccati in ordine discendente e l’uguaglianza
psicologica, la superbia, nonché la tendenza a mascherarsi di fronte a Dio, la perdita della luce o
bellezza interiore (grazia) come in Lucifero.
* Cosa mirabile: l’Uomo-Dio. Il Padre amante della creazione soffrì la crocifissione del figlio, per
il rientro della creazione interrotto dal peccato dell’uomo che è confine e orizzonte tra creazione
materiale e spirituale.
Cristo è morto ubbidiente contro il Potere, la superbia.
Cristo è morto nudo, contro la Possessione, la ricchezza; beffeggiato, contro la Presunzione, la vana
gloria del mondo.
La meditazione dei suoi misteri rifonderà per riverbero le tue facoltà.
I DUBBI:
“Ma, dopo di aver impiegato alcuni anni a studiare nel libro del mondo e a farne esperienza, presi
un giorno la risoluzione di studiare anche in me stesso, e di impiegare tutte le forze del mio ingegno
a scegliere il cammino da seguire” (Discorso, p. II): dalla certezza della carne (Gassendi) in cui il
corpo espelle l’anima alla certezza dello spirito, in cui l’anima ridimensiona il corpo tramite la
desensualizzazione.
“Nell’ardore delle sue recenti decisioni cominciò a tradurre in atto la prima parte dei suoi progetti
che consisteva solo nel distruggere. Era il compito più facile. Ma s’accorse ben presto che disfarsi
dei pregiudizi non è così agevole per un uomo come bruciare la propria casa.” (Olympica)
Il 10 Novenbre 1619, essendo andato a letto tutto pieno del suo entusiasmo e tutto preso dal
pensiero d’aver trovato quel giorno i fondamenti di una scienza meravigliosa, ebbe tre sogni di
seguito in una sola notte, che immaginò essere venuti dall’alto. Dopo essersi addormentato, la sua
immaginazione si sentì colpita da alcuni fantasmi che gli si presentarono e lo spaventavano in modo
tale che, credendo di camminare per le strade, era obbligato a appoggiarsi tutto sul fianco sinistro
per andare dove voleva perché aveva una grande debolezza al lato destro (Principio), e non poteva
reggersi. Si vergognava di camminare a quel modo, e fece uno sforzo per raddrizzarsi; ma sentì un
vento impetuoso che trascinandolo in una specie di turbine lo fece girare tre o quarto volte sul piede
sinistro (Fondamento). Ma non fu questo che lo spaventò. La difficoltà che provava a trascinarsi
faceva sì che gli sembrasse di cadere ad ogni passo, finché, avendo visto un collegio aperto sulla
sua strada, vi entrò per trovare un rifugio e un rimedio al proprio male. Cercò di raggiungere la
chiesa del collegio, dove era suo primo pensiero andare a pregare; ma si accorse di aver sorpassato
una persona di conoscenza senza salutarla, e volle tornare sui propri passi per fargli omaggio; il
vento però lo respinse con violenza soffiando contro la chiesa. Allo stesso tempo vide in mezzo al
cortile del collegio un‘altra persona che lo chiamò per nome in termini gentili e cordiali dicendogli
che, se voleva andare a trovare il signor N, aveva qualcosa da dargli. Descartes immaginò che fosse
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un frutto recato da qualche paese straniero. Ma quel che più lo sorprese fu di notare che quanti si
univano con quella persona intorno a lui per discorrere erano saldi e diritti sui loro piedi
(l’Univoco), mentre lui era sempre curvo traballante sullo stesso terreno (l’Equivoco), benché il
vento che più volte sembrava lo rovesciasse fosse molto diminuito. Su questo si svegliò, e sentì
subito un dolore reale, che gli fece temere si trattasse di qualche cattivo genio che l’avesse voluto
sedurre. Subito si volse sul fianco destro poiché era appoggiato sul sinistro quando si era
addormentato e aveva sognato. Pregò Dio per chiedere di essere difeso dal cattivo effetto del suo
sogno, ed essere preservato da tutti i malanni che lo minacciassero in punizione dei suoi peccati, che
riconosceva sufficienti ad attirare sulla sua testa i fulmini del cielo, anche se aveva condotto fino ad
allora una vita senza macchia agli occhi degli uomini. In questa situazione si addormentò di nuovo
dopo quasi due ore di meditazione sui beni e sui mali di questo mondo. Subito venne un nuovo
sogno, durante il quale credette di udire un rumore acuto e forte che gli parve un colpo di tuono. La
paura fu tale da risvegliarlo di colpo. Aperti gli occhi vide per tutta la stanza scintille infuocate.
* <<I primi due sogni egli li interpretò come avvenimenti minacciosi a proposito della sua vita
passata, che forse non era stata così innocente davanti a Dio, come davanti agli uomini. Di qui, egli
pensava, il terrore e lo spavento che accompagnavano i due sogni. Il melone che gli si voleva
regalare nel primo sogno, significava a parer suo, l’incanto della solitudine, ma presentato come
allettamenti del tutto umani. Il vento che lo spingeva verso la chiesa del collegio, quando sentiva
male al fianco destro, non era altro che il cattivo genio che cercava di gettarlo per forza in un luogo
in cui voleva andare volontariamente (a malo Spirito ad Templum propellebar). Per questo Dio non
permise che andasse più oltre e che si lasciasse trascinare, siappur in un luogo santo, da uno Spirito
che non aveva inviato; ma era persuaso che era stato lo Spirito di Dio a fargli fare i primi passi
verso la chiesa. Lo spavento che l’aveva colpito nel secondo sogno indicava a parer suo la sua
sinderesi, e cioè i rimorsi della sua coscienza per i peccati che poteva aver commesso nella vita fino
allora. Il fulmine di cui aveva sentito il suono era il segnale dello Spirito della Verità che scendeva
su lui per possederlo. (Olympica)
* <<Preambula: Initium sapientiae timor Domini. (Scritti giovanili)
* <<Esser ripresi dagli uomini è utile, quanto è bello esser lodati dagli avversari; dagli estranei
vogliamo la lode, dagli amici la verità. (Cogitationes privatae, 10)
* <<Quei che la fortuna più favorisce, che hanno abbondanza di salute, di onori e di ricchezze, non
sono esenti da questo desiderio più degli altri; al contrario io sono convinto che sono essi quelli che
più sospirano con maggiore ardore ad un altro bene, più sovrano di quelli che essi possiedono.>>
(Lettera all’abate Picot)
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LA SOSTENIBILE PESANTEZZA DELL’ESSERE
PER L’ANALOGO
VIA ILLUMINATIVA
I DUE VESSILLI:
uno di Cristo sommo condottiero e nostro Signore, l’altro di Lucifero mortale nemico della nostra
natura umana.
* Considerare il discorso che (Lucifero) loro rivolge: come li ammaestra nello stendere reti e
catene: perché prima di tutto devono tentare con la cupidigia delle ricchezze, affinché più
facilmente, come avviene di solito nei più, arrivino al vano onore del mondo, e poi sempre a
maggior superbia. Così che il primo grado sia delle ricchezze, il secondo dell’onore, il terzo della
superbia, e da questi tre gradi induce poi a tutti gli altri vizi.
* Nel vincere e razziare ciò che vuole, il nemico si comporta come un capo militare. Infatti come
un capitano comandante dell’esercito, dopo aver piantato la tenda di comando e osservato le
postazioni o la posizione di un castello, lo attacca dalla parte più debole, così il nemico della natura
umana, circondandoci, esamina tutte le nostre virtù teologali, cardinali e morali, e ci attacca e cerca
di prenderci dove ci trova più deboli e più bisognosi in ordine alla nostra salvezza eterna.
* Domandare a Dio conoscenza degli inganni del perverso capo, e aiuto per difendermi da essi.
* Considerare il discorso che Cristo nostro Signore rivolge a tutti i suoi servi ed amici, inviati a
questa missione, le raccomandazioni di voler aiutare tutti, conducendoli prima di tutto ad una
somma povertà di spirito, e, se fosse gradito alla Divina Maestà, che a questo li volesse eleggere,
anche alla povertà effettiva; poi al desiderio di obbrobri e disprezzi, perché da queste due cose ne
consegue l’umiltà. Così ci sono tre gradi: il primo, povertà contro la ricchezza; il secondo, obbrobri
e disprezzi di fronte all’amor mondano; il terzo, l’umiltà contro la superbia; e da questi tre gradi
inducano a tutte le altre virtù.
* Immaginare Cristo nostro Signore che sta in una grande campagna di quella regione di
Gerusalemme, in luogo basso, bello e grazioso e come elegge tante persone, apostoli, discepoli, ecc.
e li invia per tutto il mondo a spargere la sua santa dottrina in tutti i ceti e le categorie di persone.
Colloquio: chiedere di essere ricevuto sotto il suo vessillo: prima di tutto, in somma povertà
spirituale, e se sua Divina Maestà ne fosse servita e mi volesse eleggere e ricevere, anche nella
povertà attuale; secondo, nel sopportare obbrobri e ingiurie per imitarla maggiormente con questi.
Meditazioni: l’Incarnazione, chiedendo umiltà contro la superbia
la Natività, chiedendo povertà contro la ricchezza
la Fuga in Egitto, chiedendo obbrobri e disprezzi contro la vana gloria
Introspezione
I tre binari
Analizza la graduazione della volontà per allinearla parallelamente a Cristo Modello. Primo grado:
Cristo affascina; secondo grado: Cristo affascina e convince; terzo grado: Cristo affascina,
convince, avvince.
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Meditazioni
La de-sensualizzazione è indiretta, compenetrandosi con le tre facoltà e i cinque sensi nella
ricostruzione immaginativa dei misteri di Cristo: emanano un flusso rifondente.
Medita la vita pubblica di Gesù dal Battesimo fino alla Sepoltura, chiedendo: ciò che è proprio della
passione, dolore con Cristo addolorato, senso di battiture con Cristo battuto, lacrime, e pena interna
per tanto dolore che Cristo ha patito per me.
Introspezione
I tre gradi di umiltà
Hai iniziato con la tattica dell’opposto per diametro per abituarti all’indifferenza dono
preternaturale dell’uomo edenico, Adamo, prima del peccato.
La redenzione della coscienza è stata considerata nelle tre componenti: la sensazione (Cristo mi
affascina), l’intelligenza (Cristo mi convince), la volontà (Cristo mi avvince). La graduazione di
distacco dalla ricchezza e vanagloria, condiziona l’umiltà virtù di vertice contro la superbia insita
in ogni peccato mortale (1° grado), in ogni peccato veniale (2° grado). Il 3° grado è perfettissimo:
supposto il 1° e il 2°…per imitare ed assomigliarmi più concretamente a Cristo nostro Signore,
voglio ed eleggo più la povertà con Cristo povero che la ricchezza, gli obbrobri con Cristo che ne è
pieno, che gli onori; e desidero essere stimato fatuo e stolto per Cristo, che per primo fu ritenuto
tale, che saggio e prudente in questo mondo.
Ripetere il colloquio dei Vessilli.
L’Elezione
<< In ogni buona scelta, per quanto dipende da noi, l’occhio della nostra intenzione deve essere
puro, badando solo al fine per cui siamo stati creati, cioè per la lode di Dio Nostro Signore e per la
salvezza della nostra anima. Pertanto, qualunque cosa sceglierò, deve aiutarmi a conseguire il fine
per cui sono stato creato, senza permettere che il fine sia subordinato o tirato al mezzo, ma il mezzo
al fine. >>
<< Se chi detta gli esercizi s’avvede che l’esercitante è di scarso valore e di poca capacità naturale,
dal quale non si può ricavare grande frutto, è più opportuno che gli dia alcuni di questi esercizi
leggeri affinché confessi i suoi peccati…ma non proceda avanti nella materia dell’elezione…>>
S’impone ora il problema vocazionale e una sua programmazione in vista della maggior gloria di
Dio. La santità non si sviluppa in astratto ma ha dimensioni sociali ed ecclesiali.
PER IL DUBBIO METODICO:
Quod vitae sectabor iter? Ubi facta ferant ubi sistere detur.
“ Io non intendevo per questo di imitare gli scettici i quali dubitano per dubitare e affettano d’esser
sempre irresoluti al giudizio; ché, anzi, tutti i miei propositi erano di raggiungere la certezza, e se
scansavo la terra mobile e la sabbia era solo per trovare la roccia o l’argilla…Nell’abbattere un
vecchio edificio si serbano di solito i materiali ancora utili alla costruzione di quello nuovo…Prima
di por mano alla ricostruzione della casa che abitiamo non basta abbatterla e provvedere ai materiali
e all’architetto, o farci noi stessi architetti e averne anche disegnato accuratamente il progetto.
Occorre anzi tutto, provvedersi di un altro alloggio, dove sia possibile abitare comodamente finché
durano i lavori. Così io, per non restare irresoluto nelle mie azioni mentre la ragione mi obbligava
ad esserlo nei miei giudizi e per non rinunziare fino ad allora a vivere quanto mi era possibile
felicemente, mi formai una morale provvisoria…: la prima (massima) era di obbedire alle leggi e ai
costumi del mio paese serbando fede nella religione nella quale Dio mi ha fatto la grazia di essere
educato fin dall’infanzia…
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La seconda massima era di esser fermo e risoluto…imitando in ciò i viaggiatori i quali, se si trovano
smarriti in una foresta, non debbono aggirarsi ora di qua e ora di là e tanto meno fermarsi, ma
camminare sempre nella stessa direzione…La mia terza massima fu di vincere sempre piuttosto me
stesso che la fortuna” (Discorso, p. III).
“…Ché, dopo l’errore di coloro che negano Dio…, non c’è che allontani maggiormente gli spiriti
deboli dal retto cammino della virtù come l’immaginare che l’anima delle bestie sia della stessa
natura della nostra e che, perciò, noi non abbiamo nulla da temere o sperare dopo questa vita,
similmente alle mosche e alle formiche.” (Discorso p. V)
* <<Allo stesso modo che un privato si unisce volontariamente a un principe, o al suo paese, se il
suo amore è perfetto, non deve credersi se non una piccolissima parte del tutto che compone con
essi, e in tal modo non deve temere di andare incontro a sicura morte per il loro bene, più di quel
che non si tema di subire un piccolo salasso al braccio per far star meglio tutto il corpo…Di
conseguenza è evidente che il nostro amore verso Dio deve essere senza paragone il più grande e il
più perfetto di tutti…In conseguenza di ciò non temerà più né la morte, né i dolori, né le disgrazie,
sapendo che inevitabilmente gli accadrà ciò che Dio ha decretato; e, a tal segno amerà questo
decreto divino; lo stimerà così giusto e necessario, saprà di doverne dipendere in modo così
assoluto, che, persino di fronte alla morte o a qualche altro male, se, per assurdo, potesse mutare la
sorte, non lo vorrebbe…Certamente è necessario che l’anima si distacchi profondamente dal
rapporto con i sensi…>> (A Chanut, 1 feb. 1647)
*<< Così pure le nostre passioni non possono essere direttamente eccitate o soppresse dall’azione
della nostra volontà, ma possono esserlo indirettamente, dalla rappresentazione delle cose che
abitualmente sono congiunte con le passioni che vogliamo avere, e che sono contrarie a quelle che
vogliamo respingere. Avere la volontà, non basta, per esempio a suscitare in sé il coraggio, e a
soffocar la paura; bisogna invece soffermarsi a considerare le ragioni, gli oggetti o gli esempi che
persuadono che il pericolo non è grande; che è sempre più sicuro difendersi che fuggire; che si avrà
gloria e soddisfazione ad aver vinto, mentre dal fuggire non ci si può aspettare che rimorso e
vergogna, e così via>>. ( Le pass. dell’anima, art. 45).
* Il ‘Larvatus prodeo’ giovanile è specificato da Cartesio, riprendendo il verso del Tieste di Seneca:
“Grave morte sovrasta a chi, troppo noto a tutti, muore ignoto a se stesso” ( A Chanut del 1 nov.
1646) e quello di Ovidio riportato invertito: “Bene vixit, bene qui latuit” (A Mersenne del 1634).
* << Il terzo sogno non aveva nulla di terribile come gli altri due. In questo trovò un libro sulla
tavola senza sapere chi ce l’avesse messo. Ebbe la curiosità di leggerne qualcosa, e, aperto il libro
gli capitarono i versi : Quod vitae sectabor iter?.
Nello stesso momento scorse un uomo che non conosceva, presentandogli un componimento in
versi che cominciava Est et non vantandoglielo come eccellente. Secondo lui era stato tutto molto
dolce e gradevole, indicava l’avvenire: significava quello che gli sarebbe accaduto nel resto della
vita.>> Olympica
* << In fine, a conclusione di questa morale, mi proposi di fare una rassegna delle diverse
occupazioni degli uomini nella vita per scegliere quella che fosse migliore per me. Ma per tacere
delle altre, vidi che la migliore era per me quella in cui già mi trovavo>> (Disc., p. III)
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LA FRUIBILE TRASPARENZA DELL’ESSERE
ALL’UNIVOCO
VIA UNITIVA
Meditazioni
* Nelle contemplazioni seguenti si proceda in tutti i misteri dalla Resurrezione fino all’Ascensione
inclusa.
* Perciò chi vuole venire con me, deve lavorare con me, essere mio seguace nel dolore per esserlo
con me nella gloria.
* Considerare come la Divinità, che sembrava si nascondesse durante la passione, appare e si
mostra ora miracolosamente con la santissima resurrezione, nei suoi veri e santissimi effetti.
* Pensare cose che muovono a piacere, allegria e gaudio spirituale.
* Invece che alla penitenza, mirare alla temperanza e al giusto mezzo in tutto. (Si presuppone
l’uomo nuovo, ristabilito che non necessita ulteriormente dell’opposto per diametro).
* Ricostruzione visiva del luogo dei misteri della Resurrezione.
* Mirare l’ufficio di consolatore che esercita Nostro Signore, e paragonandolo anche, come gli
amici sono soliti consolarsi a vicenda.
* Domandare ciò che voglio: qui chiedere grazia per rallegrarmi e godere intensamente di tanta
gloria e gaudio di Cristo nostro Signore.
LA PENTECOSTE
(manca negli Esercizi, perché i Vangeli chiudono con l’Ascensione)
Il Principio e Fondamento e la via purgativa sono stati teocentrici; l’illuminativa, cristocentrica;
l’unitiva è il tempo dello Spirito Santo che irrora del dono della Sapienza la conoscenza della
presenza.
* Costruzione visiva del Cenacolo.
* Medita la conversione operata dallo Spirito Santo negli Apostoli, confrontandola con la tua.
Chiedere i sette doni per sentire la presenza e non più dimostrare la lontananza di Dio.
CONTEMPLAZIONE PER OTTENERE AMORE
Introspezione
* Chiedere ciò che voglio: chiedere conoscenza interiore del tanto bene ricevuto, perché,
internamente riconoscendolo, io possa in tutto amare e servire a sua Divina Maestà.
* Farsi venire alla memoria i benefici ricevuti della creazione, della redenzione, e dei doni
particolari, ponderando con molto affetto quanto ha fatto Dio nostro Signore per me; e quanto mi
ha dato di ciò che possiede; e poi quanto lo stesso Signore desideri dare se stesso a me in quanto
può secondo i suoi divini disegni. E dopo questo riflettere tra me stesso, considerando ciò che io
devo da parte mia, con molta ragione e giustizia, offrire e dare a sua Divina Maestà: cioè tutte le
cose mie e me stesso con esse, come chi si offre con molto affetto così: Prendi, o Signore, e ricevi
ogni mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e
possiedo. Tu me lo hai dato, a te, o Signore, lo riconsegno; tutto è tuo, disponi secondo la tua
volontà: dammi il tuo amore e la tua grazia che questa mi basta.
* Perché non è il molto sapere che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e il gustare la cose
internamente.
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ALL’INNOCENZA DEL COGITO:
“Né debbo supporre di concepire l’infinito, non per mezzo di una vera idea, ma solo per mezzo
della negazione di ciò che è finito, così come comprendo il riposo e le tenebre per mezzo della
negazione del movimento e della luce: poiché, al contrario, vedo manifestamente che si trova più
realtà nella sostanza infinita che nella sostanza finita e quindi che ho, in certo modo, prima la
nozione dell’infinito che del finito, cioè prima la nozione di Dio che di me stesso” (III Meditazioni)
* << Una sola forza attiva nelle cose: amore, carità, armonia >> (Cogitazione 17)
Conoscenza ascetica
* << Con la parola pensiero, io intendo tutto quel che accade in noi in tal modo, che noi lo
percepiamo immediatamente per noi stessi; ecco perché non solo intendere, volere e immaginare,
ma anche sentire qui è lo stesso che pensare >> ( Principi 9).
Libertà:
<< D’altro canto, siamo talmente certi della libertà e dell’indifferenza che è in noi, che non v’è
nulla che conosciamo più chiaramente: sì che l’onnipotenza di Dio non ci deve impedire di credervi
…>> (Principi 41).
<< Rilevo anche che la grandezza di un bene in rapporto a noi non deve esser misurata solo dal
valore della cosa in cui consiste, ma principalmente dal suo modo di riferirsi a noi; e il libero
arbitrio, oltre ad essere per sé la cosa più grande che possa trovarsi in noi, in quanto ci rende in
qualche modo simili a Dio…, è anche il bene che più propriamente ci appartiene, e che più ci
importa, donde segue che solo da esso possono scaturire le nostre maggiori soddisfazioni. (A
Cristina di Svezia, 20 Nov. 1647)
* << Desensualizzazione ascetica:
<< Laddove, al contrario, tutto quello che è in noi e non ci par possibile che in alcun modo
appartenga ad un corpo, deve essere attribuito alla nostra anima.>> (Le passioni dell’anima, art. 3).
<< Dopo che si sia riconosciuta in tal modo la bontà di Dio, e con essa l’immortalità delle nostre
anime e la grandezza dell’universo…allora, abbandonandoci completamente alla sua volontà, ci si
spoglia dei nostri interessi, e non si ha altra passione se non quella di fare quel che si crede riuscirgli
gradito. E si ottengono così delle soddisfazioni spirituali e delle gioie, che valgono
incomparabilmente più di tutti i piccoli piaceri che dipendono dai sensi. >> (A Elisabetta, 14 sett.
1645)
ASCETICA MARIANA
Non è forzatura stabilire un parallelismo paradigmatico tra il cammino ascetico di San Ignazio di
Loyola, il filosofico di Cartesio, il fantastico di Dante e il psicologico dell’Innominato del Manzoni.
Chi coglie l’eterno umano costruisce un paradigma è a dire il rivelativo con espressività diversa
secondo disciplina. Dante dalla smarrita via è incamminato da Virgilio a scandagliare gli antri del
male attraverso Inferno e Purgatorio per affidarsi a Beatrice fino ad appellarsi alla Vergine per
essere introdotto alla presenza del suo Figlio. L’innominato gia incrinato nella sua incoscienza
viene sbloccato dal pianto di Lucia e commosso dalla sua invocazione alla Vergine,
incamminandosi all’incontro con il cardinale per conversione e riconciliazione. Cartesio si muove
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come chi smarrito nella foresta decide di imboccare la via retta d’uscita non cedendo al girotondo,
ad un circolo vizioso, logico e psicologico, scavando in profondità, liberando l’anima da pregiudizi
e da idee infondate per cui procede dai dubbi scettici per il dubbio metodico alla certezza del Cogito
dove rifulge il marchio di fabbrica con deduzione: sum, ergo Deus est. Con subconscio ignaziano
capisce che la santità della mente non si ottiene raschiando le ferite, che nessuno può darsi la forza
che non ha, che pure la malattia diagnosticata non può curarsi da sola bensì con medicina esterna e
che smarrita la via urge una guida. Per il libero arbitrio applica il doppio principio della positività
della passività e dell’opposto per diametro. Dall’esperienza di riscaldarsi passivamente accanto alla
stufa e dell’isolamento dai bagordi dei commilitoni che celebravano la festa di San Martino o del
vino nuovo, include come grande invento l’Uomo – Dio tra le cose dal nulla e il libero arbitrio,
come causa fondente e rimodellante, per cui il proposito mariano di recarsi alla casa di Loreto dove
il Verbo si fece carne perché dalla certezza di questa si passi a quella dello spirito. Dischiude
l’antropocentrismo al teocentrismo per un antropoteismo, l’uomo ad immagine. Seppure senza
teorizzazione include fenomenologicamente la patologia che esige psichiatria divina. Questa, oltre
che descrittiva, deve essere curativa con diatriba tra Filosofia della Miseria di Proudhon e Miseria
della Filosofia di Marx.
Cartesio ripete a livello teorico con il suo passaggio dai dubbi per il dubbio alla certezza il cammino
ascetico di Sant’Ignazio, dall’equivoco tra Principio, l’esistenzialità umana e sua situazione storica
decaduta il Fondamento, tra razionalità dei principi ed ambiguità della volontà, per cui la necessità
della Via Purgativa passando per l’Illuminativa cristologica, fino all’univocità nella via Unitiva.
S.Ignazio introduce la mediazione della Vergine dopo il peccato degli Angeli e quello storico di
Adamo ed Eva nella meditazione dei personali affinché interceda presso il suo Divin Figlio: per la
cognizione degli stessi; perché senta il disordine per detestarlo e correggermi e conoscenza del
mondo perché detestandolo allontani le cose vane. Con tale mediazione l’esercitante si dispone alla
chiamata del re temporale che aiuta a contemplare la vita del Re Eterno. Nei quattro, il discorso è
triadico: scomposizione, mediazione, ricomposizione, nel procedere ascetico, teoretico, psicologico,
fantastico.
Il principio: primo nell’intenzione ultimo nell’esecuzione è spazializzato, metafora della
trasumanazione per trastemporalizzazione: tempera tempora tempore
ESCATOLOGIA: L’INNOCENZA DEL COGITO
* Non più libero arbitrio ma liberazione. Così si presenta la possibilità più radicale, aperta davanti
a noi dalla psicanalisi. Che rapporto può esserci allora tra questo tentativo di liberazione e il
mondo della tecnica? Mi sembra legittimo dire che la psicanalisi, ben compresa e meditata, libera
l’uomo per ben altri progetti che non per quello del dominio. Quali progetti? Sono ben contento di
porre questa liberazione sotto due emblemi: poter parlare, poter amare. (P. Ricoer, cit., p. 205)
* Ciò di cui gli uomini non dispongono è proprio della loro potenza di amare e di godere, distrutta
dai conflitti della libido e della proibizione. Insomma, il grande problema aperto dalla psicanalisi è
il problema della soddisfazione. La psicanalisi è tutta contestazione del principio di piacere in
quanto scorciatoia al godimento e tutti i sintomi smascherati da essa sono figure della
soddisfazione sostitutiva derivati dal principio di piacere. Così la psicanalisi vuole essere, come
l’Etica di Spinoza, una rieducazione del desiderio. (P. Ricoer, il conflitto dell’interpretazioni)
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CODICE TEMPLARE
(Dentro l’ostello, due spagnoli)
Calisto: Sono in ritardo i rappresentanti del Circolo Ignazio-Cartesiano, italiano e francese, secondo
lo stabilito di incontrarci qui a Pamplona, con tempo sufficiente per raggiungere Compostella, per
l’indulgenza dell’anno giubilare, per felice coincidenza della festa di San Giacomo con la
domenica. E’ quasi notte, e dobbiamo raggiungere la stazione tradizionale per percorrere gli ultimi
cento kilometri a piedi. Sarebbe già tempo di partire.
Amador: Durante l’attesa possiamo ripassare la storia perché certamente gli stranieri ci
domanderanno, sulla veridicità della presenza di S. Giacomo in Spagna.
Calisto: La tradizione dice che il corpo di San Giacomo il Maggiore, martire sotto Erode Agrippa
l’anno 42, fu trasportato via mare fino alla costa di Portogallo e da lì per carro trainato da buoi fino
al luogo dove ostinatamente si fermarono, che gli abitanti scorgendovi un segno divino, chiamarono
libero dono, collina Libredon. L’ulteriore tradizione che raffigura il Santo su un cavallo bianco, con
corona e arco risale alla visione del re Ramiro durante la battaglia di Clavijo contro gli arabi
invasori del Nord l’842, un secolo dopo la sconfitta a Poitier da Carlo Martello il 732. Per questa
apparizione il Santo s’appropria della visione di suo fratello Giovanni nell’Apocalisse, tra tanti
cavalli neri il bianco e il cavaliere con arco e corona vincitore e ancora per vincere, simboleggiante
Cristo e i suoi Apostoli. Penso pure che l’apostolo con carattere impetuoso, il figlio del tuono e per
ristrettezza di tempo, a cavallo vangelizzasse Spagna, per cui gli è estranea la figura del pellegrino
con bastone, conchiglia, costume medievale di chi andava ad abbeverarsi della fede dell’Apostolo.
Amador: La tradizione vuole che San Giacomo abbia evangelizzato Spagna, mentre oppositori
suppongono sia stato San Paolo il quale si proponeva di andare dove nessuno prima e altra
tradizione dice il divieto per gli Apostoli di allontanarsi da Gerusalemme i primi dieci anni e solo
dopo, con detto di San Girolamo, spargersi come cervi per il mondo intero. Io suppongo che questo
figlio del tuono anche fosse così la norma, vi avrebbe disobbedito, insofferente di così lunga inerzia.
Furtivamente e veloce se ne venne e di ritorno, ostentando la conversione dei gentili a condanna
della incredulità giudaica, si attrasse il martirio, mentre Giacomo il minore diplomaticamente
avrebbe presieduto la Chiesa di Gerusalemme in pace fino il 62, avvalendosi per le Lettere
polemiche dei due segretari altro Giacomo e Giuda, fratelli di Gesù. La documentazione è tardiva,
rimonta al Catalogo Apostolico del secolo VII, eppure a mio parere la tradizione s’affonda più in là
della storia scritta, ad esempio di Cristo che non volle scrivere lasciando allo Spirito Santo la
scrittura nel cuore della Chiesa.
Calisto: Dobbiamo pure definire il nostro cammino spagnolo e quando francesi e italiani
arriveranno ci daranno il loro. Il nostro incomincia da Saragoza per il santuario della Madonna del
Pilar dove San Giacomo ha avuto la visione , avvicinandosi per Alcalà e Salamanca dove San
Ignazio studiò, fino qui a Pamplona, dove fu ferito nella difesa della città il 1521 e proseguire per
Loyola dove nacque il 1491 e fu ricondotto per la degenza con tre operazioni alle ginocchia, tempo
propizio per la conversione. Facciamo il riassunto della sua vita successiva. Da lì su asino
s’incammina per Montserrat, caso comico, lasciando alla bestia la scelta se inseguire il Moro che
nel cammino aveva negato la verginità di Maria nel parto. Al bivio il giumento invece prese per la
via del Santuario, dove Ignazio fece la sua Confessione generale, vegliò l’intera notte la spada,
veglia d’armi, ai piedi della Morenita. Regalò le vesti di cavaliere a un povero che successivamente
fu sospettato di rapina perché non calzavano col suo sembiante. Con saio di pellegrino si ritira a
Manresa nella grotta dove scrisse negli Esercizi la sua esperienza spirituale. Il 1523 scende a
Barcellona per imbarcarsi via Gaeta e raggiungere Roma per il permesso del Papa Adriano VI° per
Gerusalemme e da lì ancora a piedi fino a Venezia. Di ritorno, da Venezia ancora a piedi fino a
Genova, incuneandosi tra esercito francese e imperiale di Carlo V° che si contendevano il Ducato di
Milano. Il re di Francia Francesco I° condurrà personalmente la Battaglia di Mantova del 1524, e
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fatto prigioniero sarà condotto a Madrid. Già si delineano l’interruzione del cammino europeo a
Santiago, la spaccatura dell’Europa cattolica e l’istigamento dei musulmani. C’erano pure quei
Lanzichenecchi che scesero successivamente per il sacco di Roma il 1527, contro i quali la
resistenza di Giovanni delle Bande Nere, per il lutto mai deposto dalla morte del protettore Leone
X. Alcuni spagnoli lo riconobbero da quando era un nobile cavaliere e gli facilitarono l’imbarco da
Genova su nave osteggiata da Andrea Doria a quei tempi alleato del Papa Clemente VII filo
francese . Di rientro a Barcellona, sentì la necessità di dedicarsi allo studio, all’età di trentatré anni,
dopo l’istruzione come paggio presso dignitari della Corte Imperiale, residendovi per i due anni di
studio della grammatica e proseguirà per la Filosofia ad Alcalà. Quivi fu inquisito per non vestire
con i tre compagni che si era fatto, secondo la moda degli studenti. Fu incarcerato per 42 giorni
finchè si chiarificò con il ritorno, la scomparsa di due devote illuminate. Volle l’assoluzione per
scritto e con abiti di studente regalati dal Vicario perché dicevano di non avere soldi per comprarli,
dopo aver tinto i precedenti come era loro stato comandato, s’incamminarono a Salamanca. Qui fu
inquisito sulla predicazione: se per dottrina che pur lui riconosceva scarsa, quindi per illuminazione,
in tempo che si inquisivano proposizioni di Erasmo, al che non volle più rispondere e scarcerato,
pensò di cambiar aria per Parigi, arrivando il 1528 con l’Università in subbuglio per infestazione
calvinista.
Amador: Un compagno spagnolo di fiducia, il suo tesoriere gli sciallaquò il denaro, eppure il Santo
avendo notizia che era ammalato a Rouen con destino a Le Havre per imbarcarsi a Spagna, a piedi,
elemosinando e febbricitante fu a visitarlo, dandogli lettere per gli amici di Alcalà, dei quali
nessuno aderì alla sua causa. Senza denari per pagarsi gli studi, durante le vacanze si recava a
lavorare nelle Fiandre e sembra pure in Inghilterra. Risolto così il problema economico poteva
dedicarsi a dettare i suoi Esercizi ai baccellieri Caceres, Amador e Perralta, i quali si infiammarono
al punto di abbandonare l’Università, per cui un’altra volta inquisito come sobillatore, e ancora
volle l’assoluzione per scritto. Passando al terzo anno, era costume pagare “la pietra” uno scudo,
resistendosi prima per avversione alla goliardia che poi su consiglio del professore pagherebbe per
non crearsi inutili nemici o sospetto di tirchieria, su consiglio del confessore.
Nella cappella di Montmartre il 15 Agosto del 1934 con amici più solidi, Pietro Fabro, Francesco
Xavier, Laynez, Salmeron, Bobadilla, emise il voto di castità e povertà e di pellegrinare a Terra
Santa. Se per qualsiasi motivo quella destinazione risultasse impossibile, si rimettevano alla
decisione del Papa, per la forma e il luogo di apostolato, con data di incontrarsi a Venezia per il
1537. Ottenuto il dottorato in filosofia il 1535, anticipa il ritorno alla sua terra, questa volta
obbligato al piccolo asino regalatogli per la sua cattiva salute, al fine di congedarsi per non farvi più
ritorno e a piedi salutando i famigliari dei compagni parigini, fino a Toledo e da qui a Valenza,
imbarcandosi per Genova. E da lì a piedi, anticiparsi a Venezia.
Calisto: Non abbiamo notizia di un suo viaggio a Compostella, né prima né dopo la conversione.
Senz’altro prima, per il suo poco dire della sua vita cavalleresca. La sua devozione per l’apostolo si
deduce dall’aver scelto in Parigi il collegio San Giacomo, in Terra Santa aver ripetutamente visitato
i luoghi frequentati da Gesù con i due fratelli figli del tuono, al punto di salirsene solo contro la
proibizione e una volta ricondotto a forza dal “cristiano della cintura”, la guida autorizzata. Ciò gli
avrà causato tra gli altri motivi il divieto di residenza da parte del custode. Imbarcandosi senza soldi
e indicato come santo, era rinfacciato dai marinai che viaggiasse in qualquier altro modo o come
San Giacomo volando, indice di un’altra tradizione. Grande peccatore come si diceva, e qualcosa
avrà combinato durante il carnevale di Azpetìa del 1515, sfuggendosi al giudizio, senz’altro sarà
entrato al Santuario, per la porta del Paradiso terrestre o del peccato di Adamo ed Eva come da
sculture, uscendo per la dirimpettaia della Redenzione e se anno giubilare, successivamente per la
Porta Santa e ridiscendere al Portale della Gloria.
Nello spiazzo dinanzi la porta del Paradiso c’era una fonte dalla quale con conchiglia si dissetavano
i pellegrini. Appena arriveranno i nordici la proporremmo, perché chiamata pure la Francigena,
terminale del cammino francese.
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passi… ecco vengono, se questi o gli Italiani.
Sebastiano Vincenzo: Scusateci il ritardo, Sebastiano Vincenzo e altro Vincenzo Beniamino,
stanchi per il lungo viaggio, dall’arco filosofico ignazio-cartesiano di Vicenza.
Calisto: Durante l’attesa, parlavamo della traversata di San Ignazio nel suo ultimo viaggio, da
Genova a Venezia, senza aver di essa, maggiori dettagli.
Beniamino: Fu una traversata avventurosa a piedi, di fame per le devastazioni precedenti con caso
di ilarità per quelli che lo videro scivolare dallo stretto sentiero sull’argine in fiume, nei pressi di
Bologna. A Venezia s’incontrò con i compagni di Montmartre e furono ordinati sacerdoti nella festa
di San Giovanni Battista del 1537. Per l’impossibilità d’imbarcarsi per Terra Santa, s’era rotta
l’intesa tra Veneziani e Turchi, si spersero nel retroterra per la predicazione, stabilendosi Ignazio
con Xavier, Lainez, Fabro in quel di San Pietro in Vivarolo nei pressi di Vicenza, in convento
distrutto e abbandonato, godendo Ignazio di grandi consolazioni e visitazioni quali ebbe in
Manresa. Informato della malattia che affliggeva Rodriguez, fu a visitarlo a Bassano dove l’unica
residenza gesuitica della provincia. Accompagnò nella Chiesa di San Stefano il basco Francisco
Xavier per la sua prima messa, che dal lontano Giappone si firmerebbe il figlio minore nell’esilio
maggiore, riservando la celebrazione della sua, quando tutti sarebbero discesi a Roma per il natale
del 1538 sull’altare della Natività in Santa Maria Maggiore. Non v’è notizia, ma senz’altro sarà
passato per Loreto dove la Santa Casa, per suo amore di Terra Santa e devozione mariana come a
Vicenza per la Madonna adusta di Monte Berico con manto disteso per accogliere i figli,
complementare alla giovane Morenita di Montserrat che porge il figlio. Nostra Señora, linguaggio
cavalleresco, come Madonna e Notre Dame è così presente nei misteri e colloqui degli Esercizi, da
istillarvisi nella devozione di Cartesio, ripetendoli i sette anni di internato nel Collegio gesuitico
Henry IV de la Flèche, così da farsi pellegrino lui stesso alla stessa Casa in ringraziamento del
“grande evento”, la riproposta della filosofia cristiana che assommasse tomismo e agustinismo, che
si integrano nel suo discorso con subconscio ignaziano per la innocenza del pensiero in cui rifulge il
marchio di fabbrica, l’idea di Dio.
L’Uomo-Dio media tra creazione e Libero arbitrio, riproposto come carità redentiva dopo amore
creativo per ristabilire l’armonia, la libertà dello spirito. Anche Cristoforo Colombo, quando
l’occidente era attanagliato dai Turchi cercando nuova via per le Indie, di ritorno dalla scoperta del
nuovo continente, al quale successivamente Amerigo Vespucci darebbe il suo nome, America,
compiva un suo voto inviandovi alla Santa Casa suoi emissari. Così Giovanni d’Austria dopo la
Vittoria di Lepanto nel 1571, inviava le catene dalle quali aveva sciolto gli schiavi cristiani
assoggettati ai remi delle galere. I santi angeli liberarono la Santa Casa, impresa che non poterono i
Crociati con la Terra Santa, con accesso difficile per i pellegrini, una concessione speciale per San
Francesco che introdusse la Via Crucis, e Ignazio prevedendo l’impossibilità aveva proposto di
rimettersi alla decisione del Pontefice sul come e dove attuerebbe la sua Compagnia.
Sebastiano: Scendendo a Roma, nei pressi della Storta, ebbe visioni di finestre chiuse, segno delle
difficoltà che costì avrebbe incontrato e quivi con nome di Paolo III era Papa il cardinale Caraffa
fondatore dei Teatini con il quale a Venezia aveva avuto un contenzioso per questione di vocazioni
ed era corsa notizia che in Francia e Spagna si bruciava la sua immagine di eretico in contumacia.
Francesco Xavier, e Giovanni di Codure furono accusati per questioni di donne e lui osteggiato per
invidia dal conterraneo, il navarro Michele Landivar, con assoluzioni richieste per scritto. Da qui la
decisione di non aggregare alla Compagnia donne, neppure se fossero di alta nobiltà e
raccomandate.
rumori…
Calisto: Già vengono i francesi, ancora più stanchi, così gli ultimi saranno i primi.
Henry: Buona sera o buona notte, Henry e Ugo. Le previsioni delle distanze e dei tempi si
allungano sempre, eppure per il passo che si fa sempre più lento. Siamo usciti da Montmartre, per la
Flèche, Roncisvalle. Qui a Pamplona abbiamo chiesto della Torre di San Ignazio, punto di
riferimento dell’ostello e si sono presi gioco, deviandoci alla strada della corrida de toros.
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Ci siamo proposti un cammino Ignazio-Cartesiano: Montmartre dove Ignazio emise i voti e la
Flèche dove studiò Cartesio.
Beniamino: Pure noi da Vicenza la seconda Manresa, per Genova dove quel vescovo Giovanni di
Varrazze autore della Leggenda Aurea che leggeva Ignazio durante la sua convalescenza, la Chiesa
dei Marinai di Barcellona, alla cui soglia elemosinava Ignazio, Montserrat e Manresa e di ritorno a
Barcellona fin qui alla Torre dove fu ferito. Virtualmente Vicenza è pure cartesiana, per l’influsso
degli Esercizi nel discorso di Descartes, per cui nell’arco filosofico, associamo le due statue sui
piedritti guardiani degli studenti che affluiscono al Collegio classico Pigafetta e allo scientifico
Lioy, quello cultore del filosofo, questi dello scienziato. Non v’è riferenza se nel suo viaggio a
Loreto, se possibile da Venezia a piedi, o nel modo più devoto, sia passato per Vicenza, neppure se
Balzac e Montaigne, senz’altro visitata da Carlo V l’imperatore, con l’applauso “Todos caballeros”.
Ugo: Ci siamo affiatati dello spirito cavalleresco, leggendo nelle soste il Cid di Corneille, per
rivivere Les Chansons des Gestes, con la determinazione di entrare per Roncisvalle.
Amador: S’inspirò a Las asañas del Cid Campeador, cid sire in mozarabico, di Guillèn de Castro
del 1631, epilogo dell’epica medievale con origine nella leggenda di San Giacomo e del re Ramiro.
Sebastiano: sono secoli di cavalleria con epigono pure nel Tasso con la Gerusalemme liberata, e
declino ironico nella Secchia Rapita del Tassoni e L’Orlando Furioso dell’Ariosto.
Amador: Se reinterpreta il Don Quijote del Cervantes come ironia dell’idealismo dell’idalgo
contrapposto al senso comune dello scudiero Sancho e si sospetta che siano controfigure di
Bartolomeo De Las Casas con estremismo di evangelizzatore senza conquista, con i suoi cavalieri
crociati e con bordature d’oro tutti uccisi, e di Francisco de Vittoria e Suarez che gettavano le basi
del diritto internazionale di emigrazione e convivenza.
Sebastiano: quegli indiani non erano poi così cinesi come pensava Colombo, eppure permane la
denominazione offensiva di indio per indigena. Anche a Colombo gli fu la mano da scopritore a
conquistatore. Passiamo in fretta, piuttosto a spiegare i nostri pseudonimi scelti secondo Regola
Templare. Noi due Vincenzo Sebastiano e Vincenzo Beniamino sdoppiamo i nomi del vicentino
fondatore del Circolo, con due anime gemelle: Sebastiano per l’ascetica ignaziana, Beniamino per
filosofia cartesiana.
Henry: Il mio pseudonimo ricorda il re Enrico IV il cui cuore è custodito nel Collegio omonimo de
La Flèche dove studiò da interno Cartesio dal 1606 al 1614, ripetendovi gli Esercizi Spirituali
secondo la Ratio Studiorum del 1599. Non ho avuto possibilità di investigare perché i Gesuiti non
fossero espulsi come quelli di Parigi dopo l’attentato al re nel 1595, per sospetta cospirazione del
gesuita Guignard. Penso per l’influente intervenzione della famiglia Descartes, della quale era
parente il rettore, il Padre Charlet. Il nostro Renato, non solo inaugurò il nome, Rinato, perché nato
più morto che vivo, e pur sempre debole di salute, vieppiù assicuroò la continuità della ascetica
ignaziana, trasposta in folosofia, avvalendosi della Discrezione degli Spiriti per la Direzione
dell’ingegno. Povero il mio Cid che abiurò la eresia calvinista con il motto “Parigi ben vale una
Messa”, pugnalato il 1610, nonostante l’editto di Nantes del 1598 che favoriva la pace religiosa.
Ugo: Il mio pseudonimo non ha nulla a che fare con gli Ugonotti, nome che si dava ai Calvinisti,
con cattiva pronuncia eidgenossen, i confederati svizzeri. Cospirazioni e pugnalate si devono a loro,
perché non ammettono nessuna autorità né da Dio né delegata dal popolo, che sia avulsa
dall’assemblea. Aproffitarono della libertà religiosa seppure con limitazioni di scuole e cariche
pubbliche firmata con l’editto di Saint German del 1562 successivo al Colloquio di Poisy convocato
dalla reggente Caterina dei Medici, per la rivincita che portò alla triste strage della Notte di San
Bartolomeo del 1572. Il mio, al contrario, ricorda Ugo Grozio alunno di Bodin, iniziatore del
Giusnaturalismo, la legge civile soggetta al diritto naturale. E’ il primo nel Trattato della Guerra e
della Pace a distinguere tra guerra giusta e ingiusta e catalogare crimini di guerra. Eppure, in quei
tempi con Machiavelli pure nella tasca di Enrico IV, era facile renderle tutte giuste. Si sospettò nel
regicidio pure l’influsso della dottrina del gesuita Giovanni Marianna, che lo giustificava solo in
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casi estremi. Già si attizzava il fuoco per l’espulsione e la soppressione dolorosa della compagnia
con il papa francescano Clemente XIV, il 1773.
Sebastiano: Peggiore il nostro Campanella protetto dal Cardinale Richelieu, che riproponeva il
comunismo di Platone, seppure con assolutismo illuminato. V’era ostracismo per la Scolastica che
difendeva il sisema tolemaico contro il copernicano di Galilei, e così per cambiare l’acqua si buttò
anche il bambino, cioè la filosofia politica di San Tommaso: l’uomo sociale per natura, il principe
architetto del bene comune secondo giustizia e le leggi limitate a comandare solo le azioni
necessarie per la convivenza sociale e condannare le negative. La sua filosofia perenne media tra la
dottrina dell’uomo a-sociale di Russeau con Contratto Sociale e dell’uomo anti-sociale di Hobbes
con Stato gendarme cui per non eccedere gli si nega il diritto della pena capitale. San Tommaso la
propone in seconda istanza cioè quando il reo condannato persiste in uccisioni dirette o con ricatti
per la sua liberazione, cui lo stato ritorce la sentenza in difesa del corpo sociale qualora si
perpetrasse il misfatto.
Ugo: Pena di morte sicura per gli studenti esaminandi è la dottrina di Kelsen che definisce il Diritto,
la camicia giuridica senza riferimento al corpo sociale, del quale per il quale con il quale. Applaudo
la definizione di Stato come Primo Giuridico con riferimento all’uomo Primo Etico e questi come
cittadino secondo giuridico e lo stato secondo etico, dacchè la legge positiva deve riflettere la
morale naturale come la luna il sole.
Amador: Noi li abbiamo assunti da compagni di Ignazio, io Amador dell’esaltato parigino, Calisto
del compagno che in Alcalà si imprigionò con Ignazio per assisterlo. Cartesio cavaliere per le
Fiandre e Svezia, non sarà passato per Spagna, però il suo viaggio a Loreto, lo ha fatto per
l’insistenza di Ignazio negli Esercizi, vedere, quasi toccare, odorare la casa di Nazaret e l’insistenza
per Nuestra Señora, nei Misteri e nei Colloqui. Chiarita la simbolicità dei pseudonimi, passiamo al
significato dello scudo templare.
Beniamino: è l’adattazione del familiare del fondatore: Crestà, tradotto nell’ignaziano Ad Maiora;
l’albero la vita; il leone la virtù; il serpente il vizio; il detto Cartesiano nuper iuvenis adhuc homo,
umiltà e costanza per la vittoria la corona sospesa, a gloria della Trinità, le tre stelle. E’ la freccia
(La Flèche) ignazio-cartesiana dell’ordinalità del Principio che avvita la cardinalità del
Fondamento, l’intelligenza il cuore: l’ordinale del soggetto-progetto da sub-icio, la cardinale del
soggetto-ostanza da sub-iacio, alla maggiore gloria di Dio, finalità ascetico-filosofica Ignaziocartesiana.
Sebastiano: Riattiviamo nel nostro pellegrinaggio la devozione di Dante: Voi pellegrini che pensosi
andate alla tomba dell’apostolo la più lontana dalla sua terra, il barone del cielo per aver cantato la
cupola celeste, motivo per cui visitate Galizia.
Nel cielo gli fu additato da Beatrice, la Fede, che s’innesta nella ragione anteriormente significata
dalla pietas di Virgiglio. Confonde l’autore della Lettera, San Giacomo era uomo di azione e non di
penna.
Amador: mi sovviene che Beatrice sia l’idealizzazione cavalleresca di servire ad una causa, come
per Ignazio il desiderio di servire a donna nobile di alto lignaggio, premunizione di consacrarsi alla
Vergine madre umile ed alta più d’ogni creatura. La devozione mariana entra nello spessore
dell’anima cristiana europea, la letteraria con Dante, l’ascetica con Ignazio, la filosofica con
Cartesio.
Apice architettonico è la Basilica di San Giacomo, cui porta questo millenario cammino europeo
con immissione dei tre nazionali: lo spagnolo dell’ascetica, l’italiano della poesia, il francese della
filosofia.
Sebastiano: Concordiamo il Codice Templare: pseudonimi con riferimento storico, insegnamento
di Cartesio ignaziano e all’uopo gli Esercizi una tantum, le tre vie da percorrersi, una volta in vita,
nell’anno giubilare, e per gli altri anni la drammatizzazione di questo nostro codice templare,
celebrando alternativamente le festività di San Giacomo 25 luglio, morte di San Ignazio il 31 luglio
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e l’invento mirabile di Cartesio, la notte dal 10 all’11 di Novembre festa di San Martino patrono
della Fanteria. Ci domanderanno perché il Pellegrinaggio a San Giacomo di Compostella? Per la
contemplazione della cupola celeste con la purificazione ignaziana del Fondamento e rettificazione
del Principio.
Beniamino: La nostra orazione nelle soste sarà: “O glorioso Ignazio di Loyola, nobile e ferito
difensore di Pamplona, Tu che vegliasti la spada ai piedi della Morenita di Montserrat e tracciasti a
Manresa il cammino spirituale per i soldati di Cristo capitano divino e pellegrino come San
Giacomo apristi sentieri per la diffusione e difesa della Fede, assistici nel pellegrinaggio terrestre
affinchè non smarriamo il cammino celeste”.
Calisto: Abbiamo: conquiglia, bastone, saio cui appendere lo stemma ignazio-cartesiano per il
pellegrinaggio del capire per credere e credere per capire, la spirale tra ragione e Fede di anselmiana
memoria. Arrivando all’Obradoiro o piazza delle opere, compreremo l’incenso da bruciare
nell’incensiere, il Botafumeiro, in venerazione al Santo e con lui a gloria della Divina Trinità.
Amador: Siamo Pellegrini affinché la Ordinalità del Principio avviti la Cardinalità del Fondamento,
un discorso cartesiano ispirato all’ascetica ignaziana.
Ugo: Siamo tre coppie rappresentative dell’anima europea: la letteraria dantesca, l’ascetica
ignaziana, la filosofica cartesiana.
Amador e Calisto: Vamos muchachos a Compostela, el campo de las estrellas.
Francesi: Allons enfants a Compostela, le champ de les etoiles.
Italiani : Andiamo amici a Compostella, il campo delle stelle, estremità della terra meridiana del
cielo.
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DECODIFICAZIONE
La semantica, studio del significato delle parole sprofonda nell’etimologia, la derivazione, l’origine
per esempio di soggetto se da sub-icio progetto, se da sub-iacio, stare sotto, sostanza; quello per
intenzionalità ordinale che scruta le cause, questo per intenzionalità cardinale che coglie la
costituzione e l’attuarsi della sostanza negli accidenti categoriali.
San Isidoro di Siviglia dalle parole deduce le sostanze, mentre il Dionisio categorizza le cose
secondo l’ordine, S. Ingnazio evolve il soggetto in progetto, Cartesio il pensiero negativo in
positivo.
Nella costruzione di un arco, l’architetto studia l’armonia, lo splendore dell’ordine, la bellezza
finale, l’ingegnere vi apporta la solidità; l’uno progetta l’ordine del vuoto, luci ed ombre, questi vi
apporta il pieno, quegli va per numeri ordinali, questi li solidifica in cardinali; quegli è della
prolessi, anticipa la visione finale, questi è della sineddoche, e la va costruendo parte per parte in
presente. Il progetto nell’ordine delle cause, primo nell’intenzione, è dell’architetto, ultimo
nell’esecuzione, è dell’ingegnere che lo realizza dall’archeologico per il teleologico. L’arco, da
archein (tendere) eppure da archè principio, apre un cammino, annulla la separazione, comunica
interno con esterno, è dialogale, incrocio sul doppio versante, semaforo verde, mentre la muraglia,
rosso. L’uomo come soggetto, sostanza con proiezione a divenire, è di se stesso architetto e
ingegnere, deve solidificare spazi vuoti con i pieni, la luce con le ombre, la ordinalità con la
cardinalità, essere esteta di se stesso per lo splendore dell’ordine, adeguare il Fondamento, la
soggettività, al Principio, la ordinalità, l’archeologico all’escatologico, con sforzo e tecnica che è il
teleologico.
Il filosofo Cartesio con subconscio ignaziano ne riproduce il discorso, attenendosi al Principio nelle
Meditazioni e alla Contemplazione per ottenere amore nelle Lettere sulla morale, interponendo la
tecnica e lo sforzo nel Discorso sul Metodo, Principi, Ricerca della Verità, Regole e Passioni
dell’anima. Così nei due sono più le regole che le riflessioni sui piedritti di inizio e di fine,
archeologico ed escatologico.
Il problema è la volta, la congiunzione, affinché i pilastri siano connessi e in caso di acquedotto
romano, non ci sia interruzione di flusso. San Ignazio vi costruisce la volta con tre settimane di
lavoro intenso per via purgativa, illuminativa, unitiva, per, con, in Cristo, però senza riflessione
connettiva circa il da dove a dove, perché la sua antropologia è creazionista naturale e non
soprannaturale, è a dire l’uomo senza struttura esistenziale cristocentrica per Virtù soprannaturali di
creazione Fede e Speranza. Cristo v’è inserito ma non teorizzato come volta per il fatto che i pilastri
uomo sono senza agganci connettivi, per cui la volta è sospesa.
Cartesio riproduce le Regole di lavoro, decisione e costanza di sforzo, eppure in lui, l’Uomo-Dio,
tra le Cose dal nulla e il Libero arbitrio, Carità (redentiva) tra l’amore (creativo) per l’armonia
(libertà), rimane nei Pensieri Privati come prolessi, cogliendone la sineddoche nella purificazione
del Cogito ergo sum, sum ergo Deus est. L’Uomo-Dio si annulla nel risultato, come il fuoco nel
corpo riscaldato. Decodificando il calore, si ridiscende alla memoria del freddo; in architettura,
dallo splendore terminale al progetto iniziale; in filosofia, dall’innocenza del pensiero, l’univoco
finale si ripensa all’equivoco iniziale, cogliendone le Regole, la teleologia mediatica trasversale. Il
Cogito non è intuizione iniziale, come per Paul Ricoeur, ma purificazione terminale. Si ridiscende
dal Cogito per il Dubbio metodico o inquisitivo che è mozione, el sic et non che da Abelardo
struttura la Scolastica contro il dubbio scettico, dubitare per dubitare degli Scettici, per Cartesio, i
Libertini, per San Ignazio, il dissidio del Fondamento l’uomo carnale decaduto, contro l’uomo
progetto. I critici cartesiani sono ancora uomini che stanno a valle e limitano al proprio l’orizzonte
visivo di chi sta sulla vetta, peggio ancora se tavernicoli a finestre chiuse. La purificazione, la
ricomposizione dell’equivoco per l’analogo all’univoco, il pensiero ampio cartesiano, non solo
intendere, ma sentire, implica un’azione di rimozione, scomporre il falso io, verificarlo e
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rettificarlo, sgombrarlo da ideologie e interessi, coglierlo nella saggezza comune per teorizzarla,
vincere la opposizione tra volontà che è intenzionalità cardinale che aderisce al particolare, al
momentaneo, come la calamita ai chiodi spersi, coinvolgendola per l’unità progettuale, per il fine
globale la temporaneità per la temporalità. Qui va precisato che la volontà è del presente, la
cardinalità del Fondamento, da assumersi nel futuro dell’intenzionalità ordinale e lo stesso uomo
più che animale razionale che prescinde dalla volontà, è da definirsi animale ordinativo che la
implica.
Cartesio è cavaliere della libertà che si ottiene liberandosi per successivamente liberare o condurre
il mondo che comparte con l’uomo come qualsiasi ente le categorie di Dio: Verità, Bontà, Bellezza,
essendo desinenza di Dio paradigma, il solo infinito, il Participio Pres-Ente del quale l’uomo è la
desinenza ente.
San Ignazio dice come scomporsi per ricostruirsi e Cartesio come liberare il pensiero dalla pastoia
dei sensi, dalla presunzione, rifarsi alla saggezza comune non per distruggerla ma per decodificarla.
Di due Licei contigui ed altri con specificità diverse eppure complementari, i cui allievi transitano
per l’arco filosofico cartesiano-ignaziano, devono intercomunicarsi: dello scientifico Lioy
apportano il tempo fisico cardinale dell’orologio, dal monte Oros meridiana del tempo umano,
dirimpettaio all’Olimpo sede dei Dei eterni e quelli del Pigafetta con specificità sulla ordinalità del
tempo, il valore psicologico, il valore oro, la messa a punto, l’assunzione direzionale della
cardinalità nell’ordinalità, per viverli e dirli sincronici, senza divario e contrasti tra scienze fisiche e
filosofiche. Questi due maestri guardano i giovani con simpatia di chi è stato giovane con
esperienza di uomini cresciuti, passando dai dubbi della vita mondana all’integrità della vita
cristiana, cavalieri del mondo arruolatisi cavalieri del capitano divino e con occhio ammonitore
come per dire: altri che possono sbagliarsi se l’ordinalità, ombelico spirituale, è distorta dalla
sopraffazione della cardinalità, da cui lo stato con nausea dell’insopportabile leggerezza dell’essere,
per uscirne su invito di Gesù, sottoponendosi alla sopportabile pesantezza o spessore fino alla
fruibile trasparenza.
Ignazio e Cartesio insistono sulla fedeltà all’uomo, per la libertà dello stesso con la direzionalità
dell’ordinalità sulla cardinalità, del progetto sul soggetto, del Principio sul Fondamento.
Nei Due vi sono pellegrinaggi locali per significare discorsi spirituali.
Trasponiamo da Dio all’uomo la dialettica hegheliana, non Dio ma l’uomo è soggetto che si
sviluppa in progetto, scomponendosi per verificarsi. La filosofia rimane aperta all’intervento storico
dell’Uomo Dio che offre tecnica, ausilio, modello di sviluppo, quindi una psicologia del
trascendente, con medicina e medico come per il corpo dall’esterno, umile e di saggezza comune
che non la disdegnosa autosufficiente simbolizzata dal Barone di Münckhausen, che per non essere
debitore a nessuno, insisteva per uscirsene dalla palude, sostenendosi per i capelli.
Il personalismo è l’anima della cultura europea e definendosi con radici cristiane, non è necessario
che si rifaccia a Cristo figlio di Dio, che è religione, é altresì sufficiente che si contraddistingua con
la filosofia di Cristo figlio dell’Uomo. Cartesio nel bacino della filosofia scolastica medioevale è la
condotta che trasforma la filosofia teoretica in ascetica, il sapere-fare incomprendere stare.
Consegue la continuità della filosofia medievale cristiana fino a Cartesio che col metodo ignaziano
coniuga il tomismo del Principio e l’agustinismo del Fondamento, semaforo verde tra antichità e
modernità e rosso contro panteismi spersonalizzanti e politicamente totalitari. L’ombelico biologico
segna la individualità mentre l’ombelico dell’intenzionalità ordinale lo specifica in personalità.
Finché ci sarà l’ombelico dell’intenzionalità ordinale, i numeri romani, Primo…Ultimo che
conducono i cardinali arabici quantici, uno, due… che possono procedere all’indefinito, perché solo
gli ordinali portano all’Infinito e neppure a Dio Causa Prima ma Primo Causante, non è necessario
come suggerisce Carneade investigare nella selva se v’è l’uomo senza nozione di Dio, perché se
privo di essa, o meglio senza ombelico dell’intenzionalità ordinale che la genera, sarebbe un
ominide. Cartesio suggerisce riflettere sulla saggezza della nutrice, per riprenderla con saggezza di
re.
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Cartesio ha proposto il rigore logico della matematica alla scienza filosofica con grado di astrazione
successivo, contrapponendosi al riduzionismo libertino che zoologizza l’anima senza ombelico
della intenzionalità ordinale, ombelico dell’anima a Dio, dal Cogito ergo sum al sum ergo Deus est.
Propone la trascendenza tomista del Dio Causa Cogitor ergo sum per via interiorista agostiniana che
si purifica con tecnica ignaziana, per cui l’infinito come marchio di fabbrica definisce il finito.
Cartesio precisava di non confondere l’indefinito con l’infinito, come grammaticalmente nella
denominazione di tempo all’infinito, mentre, come pure per lo spazio, si deve dire l’indefinito.
La univocità dell’essere all’origine del panteismo, vi è più dell’essere come non-essere, del
nichelismo, il nominalismo e empirismo sono fautori della spersonalizzazione, del
convenzionalismo morale come se si trattasse di segnaletica stradale, così la libertà senza progetto,
libertinaggine archeologica, il raggirarsi intorno senza meta nell’oscurità del bosco, l’uomo
soggetto da sub-iacio, narcisista, senza progetto, eppure caduto senza il da dove, meteorite
sprofondato senza riscatto. La filosofia verte sulla vita che è saggezza e si comprova la sua verità
dalla positività che produce: la stabilità contro instabilità, commedia contro tragedia, allegria contro
nausea, personalismo contro individualismo, ordinalità romana contro quantismo arabico,
temporalità contro temporaneità, metafisica contro lo sdoppiamento in ontologismo ed
esistenzialismo che ripete l’esistenza senza essenza, il c’è senza che cosa c’è.
Il quantismo o civiltà cardinale è sostenuto pure dal concetto calvinista che si vive per lavorare e si
lavora per fare ricchezza ed essa segno di benedizione divina, all’inverso della cultura secondo, la
quale si lavora per vivere e si vive per oziare, il coltivo della personalità con espressività massima
nell’adorazione. Bisogna ripulire la cultura europea da logicismi negativi come gli algebrici e da
quantismi, addivenire a un codice ordinale che coinvolga l’ecologico cardinale: mente sana per un
corpo sano.
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