Storia 18 - Demis Roussos

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Storia 18 - Demis Roussos
L’affascinante storia di Demis Roussos e degli Aphrodite’s Child
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a cura di Franco N. Lo Schiavo
periodico pubblicato sul sito: www.demisroussos.org
N. 18 - Anno 2011
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Quando nel 1971 acquistai il 45 giri “We shall dance” ebbi per quell’oggetto una
vera e propria venerazione, considerandolo come fonte primaria di emozioni. Lo
ascoltavo continuamente in un giradischi che poteva ospitare solo 45 giri, la cosiddetta
“fonovaligia”. Trascorsi tutta l’estate propinandolo ad alto volume, quando sotto casa
passava una ragazzetta che mi piaceva, e mi beai quando Demis, come sapete, vinse il
Festivalbar di quell’anno, con questo brano. Ma ricordo con commozione che infransi
una regola comportamentale che allora vigeva nella mia famigia: niente musica leggera
il 2 novembre, giorno dei defunti. Del resto, anche la TV e la radio trasmettevano solo
musica sacra. Non potevo resistere: aprii di nascosto la fonovaligia, adagiai
delicatamente il disco ed abbassai il volume al minimo. Per ascoltarlo feci combaciare
l’orecchio al piccolo altoparlante di pochi watt, socchiusi gli occhi ed “entrai in
comunione” con Demis: in fondo, quel brano, cantato con tanto fervore, poteva essere
inquadrato in un contesto di solennità che ben si confaceva alla ricorrenza solenne.
Almeno questo mi piacque considerare: non peccai. Questa maniera insolita di ascoltare
“We shall dance”, unico disco che avevo di Demis, mi diede la possibilità di “giocarci”.
Senza sapere in concreto cosa stessi sperimentando, un giorno provai a posizionare la
testina del giradischi poggiando la puntina alla fine del disco e col dito lo ruotai il senso
contrario, cercando di non cambiarne la velocità, per non modificare la tonalità della
voce. Alzai il volume e… signori: Demis che canta “We shall dance” dalla fine
all’inizio era la mia scoperta dell’anno! Avevo “creato” una seconda bellissima
canzone, sconosciuta da tutti, solo mia, che cantavo
ogni giorno tanto quanto l’originale, avendo
imparato anche le strane parole della lingua
inesistente che era l’esatto contrario dell’inglese.
Demis in una foto proveniente da un video del 1971, mentre
interpreta “We shall dance”. Il cantante inaugura una
maniera personalissima di esibirsi, utilizzando di continuo
ampi e plateali gesti delle mani che conferiscono maggiore
ieraticità all’abbigliamento e alla struggente dolcezza della
sua voce.
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Uno o due 45 giri all’anno: era questa la gara che io e due miei cugini ci eravamo
imposti. Maria Rosaria collezionava i Pooh, Salvatore gli Sweet e io Demis. Ma Demis
riuscivo ad “inocularlo” come una necessaria medicina anche ai cugini e ad alcuni
amici, visto che nella mia famiglia era una cura intensiva cui nessuno si poteva
sottrarre. Ricordo ancora con apprensione quando mia madre mi chiamava da una
stanza all’altra: “Franco, scappa, c’è Demis in televisioneeeeeeeeeeeee!!!” Rotolando,
saltando, buttando sedie per aria… non dovevo perdermene un secondo. A volte lo
sapevo in anticipo e mi piazzavo davanti alla TV ore prima, col cuore che mi palpitava,
temendo il benché minimo disturbo o imprevisto. Negli anni ’80 comperai una
attrezzatura fotografica semiprofessionale, con cavalletto, per catturare qualche
fotogramma dalla TV. Ho ancora le diapositive dell’epoca, ma non immaginavo che un
giorno internet e Youtube avrebbero scaricato a casa mia milioni di immagini del
cantante, come fa un camion con la sabbia, quando all’epoca riuscivo a prendere un
granello alla volta con la pinzetta…
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Il 1974 fu un anno storico: oltre al LP “Forever and ever” (comprato nel negozio
sotto casa) riuscii a trovare solo presso i fornitissimi magazzini Ricordi di Roma il
“Best of Aphrodite’s Child”, accompagnato dal mio vecchio amico Agostino che molti
anni dopo, tra l’altro, mi diede i primi rudimenti per poter utilizzare il programma con
cui ho costruito il sito. Quando uscii da quei magazzini non vedevo l’ora di tornare a
casa mia, per condurci quella preziosità che avevo cercato a lungo e mai trovato. Non
avevo ancora il giradischi per gli LP e in estate mi trovai a dover registrare su cassetta
quel disco. Utilizzai il giradischi della Selezione di mio cugino e un microfonino
collegato. Per evitare di registrare rumori esterni, eseguii l’operazione nell’ex sacrestia
di una chiesa sconsacrata, utilizzata solo per scopi ricreativi e per riunioni dell’Azione
Cattolica. Quel pomeriggio erano tutti al mare e non si sentiva volare nemmeno una
mosca. Alla fine della trepidante operazione, avevo anch’io la mia prima cassetta
artigianale che personalizzai come le successive, ritagliando un rettangolo da una
rivista, con una immagine attraente di un tramonto, per farne la copertina, e ci scrissi
sopra il titolo con i trasferibili. Ed ecco i miei gioielli di allora…
L’LP “Best of Aphrodite’s Child”, a lungo sognato prima di comprarlo e la cassetta, personalizzata
con i trasferibili, su cui lo registrai.
18 - Continua

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