Quaderno n. 2/2011 - Università degli Studi di Foggia

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Quaderno n. 2/2011 - Università degli Studi di Foggia
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche,
Merceologiche e Geografiche
Università degli Studi di Foggia
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I REDDITI AGRARI
Alessandro Fino
Quaderno n. 2/2011
Quaderno realizzato presso il
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche
nel mese di febbraio 2011e depositato ai sensi di legge
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Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche
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Esemplare fuori commercio per il deposito legale agli effetti della legge 15 aprile 2004 n.106
Il presente contributo è disponibile al seguente indirizzo:
http://www.dseagmeg.unifg.it/pubblicazioni/quaderni.asp
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Un sincero e doveroso ringraziamento
va al prof. Pietro Boria
autorevole studioso del diritto tributario
per gli importanti ed illuminanti spunti offerti
e per l’opportunità che mi ha concesso
ed al prof. Mario Cardillo,
guida presente, costante ed autorevole
nella mia esperienza universitaria.
Alessandro Fino
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I Redditi Agrari
avv. Alessandro Fino
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Sommario: 1. Premessa; 2. Il dato normativo; 3. Sistema forfetario e determinazione
catastale; 4. Classificazione dei redditi fondiari; 5.1 Il reddito dei terreni; 5.2 Il reddito
dominicale; 5.3 Il reddito agrario – nozione; a) Le attività agricole. Nozioni di imprenditore
agricolo; b) Le attività dirette alla coltivazione ed alla silvicoltura; c) L'allevamento di animali;
d) Le attività connesse; e) Le attività connesse e la produzione di energia; e) segue:
l'agriturismo; f) Terreni non produttivi di reddito agrario; 6. I fabbricati rurali; 7. Ipotesi di
esclusione dalla produzione di reddito agrario; 8. I redditi fondiari, elementi di comparazione:
la tassazione nel sistema tedesco e francese; 9. Brevi osservazioni conclusive.
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1. Premessa
La categoria dei redditi fondiari è la prima tra le categorie reddituali
individuate dal legislatore nell'art. 6 del T.U. sulle imposte dei redditi, il D.P.R. 22
dicembre 1986 n.917, che enumera e distingue le singole categorie in base alla fonte
da cui il reddito scaturisce e, precisamente, individua: a) redditi fondiari; b) redditi di
capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi di
impresa; f) redditi diversi.
Il numero delle categorie di reddito sopra riportate non è mai stata
considerata dal legislatore in maniera rigida e tipica poiché la natura delle fattispecie
reddituali è subordinata ad una considerazione che il legislatore in genere e, quello
tributario in particolar modo, fa in base ad un giudizio di valore che varia (o può
variare) nel corso del tempo e, quindi, anche le varie categorie reddituali seguono
l'evoluzione dei tempi. Queste singole sub-categorie si articolano e completano, ai
fini della individuazione del presupposto e della base imponibile, all'interno della
superiore categoria della imposta sul reddito(1).
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Si veda, al riguardo, P. Boria, Il sistema tributario, Utet, Torino, 2008, pag. 210 e segg.
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I redditi fondiari, in particolare, come vedremo più avanti, comprendono i
proventi derivanti dai terreni o dai fabbricati situati nel territorio dello Stato ed è una
categoria che comprende tutti i redditi derivanti dalla gestione degli immobili
indipendentemente dal fatto che derivino da fondo agricolo ovvero da fabbricato
civile e si distinguono in redditi dominicali, redditi agrari e redditi dei fabbricati.
Tutti questi tipi di reddito sono accomunati, in sostanza, dalla presenza di un
immobile e dalla sua regolare messa a reddito con una differenza, però, per il reddito
agrario nel quale, pur essendo presente l'immobile (la terra) ciò che rileva è la
realizzazione di un’attività volta allo sfruttamento della potenzialità produttiva del
fondo agricolo.
Fra i vari tipi di redditi fondiari quello che ha sempre suscitato un interesse
particolare è stato il reddito agrario e, ciò, anche per fattori storici perché da sempre
la “terra” il suolo (e la sua proprietà) ha favorito e consentito all'uomo di dedicarsi
alla sua coltivazione inizialmente quale forma di sostentamento e successivamente
anche come primordiale acquisizione di ricchezza perché suscettibile di utilizzazione
agricola. Sorge, successivamente, la questione se la terra costituisca bene economico
in se stessa o per effetto delle trasformazioni dell'uomo.
I beni immobili e la loro redditività nel corso del tempo ha sempre
rappresentato una importante fonte di gettito poiché questi beni, difficilmente
occultabili, erano facile preda degli esattori.
In conseguenza, poi, dell'avvento di una fiscalità più evoluta, sia per i terreni
che per i fabbricati è stata adottata una forma di tassazione della redditività forfetaria
che prescinde, in linea di massima, dalla effettiva produttività del bene e questo per
ragioni di opportunità e di politica fiscale.
Senza voler adesso scendere in particolari su quanto verrà innanzi trattato si
può anticipare che il reddito agrario è quello dell'agricoltore, cioè quello di colui che
coltiva il fondo, direttamente o mediante l'opera di terzi al fine di ricavarne il
maggior profitto possibile è in sintesi il reddito che deriva dallo sfruttamento del
fondo, a differenza di quello dominicale che è costituito dalla rendita attribuibile al
fondo. Vediamo in modo più approfondita la disciplina fiscale oggetto del nostro
studio.
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2. Il dato normativo.
La norma che interessa i redditi fondiari è l'art. 25, 1° co. T.U.I.R che
contiene delle norma di carattere generale e stabilisce che sono soggetti ad
imposizione fiscale i redditi derivanti dai terreni e dai fabbricati situati nel territorio
dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto
dei terreni o nel catasto edilizio urbano. La disciplina dei redditi oggetto del
presente studio è contenuta nel Capo II del Titolo I,
D.p.r. n.917/1986, più
comunemente noto come Testo Unico delle Imposte sui Redditi. La normativa
prevede alcuni gruppi di norme che riguardano i singoli redditi che costituiscono nel
complesso i redditi fondiari e che sono il reddito dominicale, il reddito agrario, il
reddito dei fabbricati. Da una prima ed immediata lettura dell'art. 25 t.u.i.r. si
possono trarre alcune immediate considerazioni e cioè che nella (unica) categoria dei
redditi fondiari rientrano i redditi derivanti da elementi sostanzialmente diversi come
i terreni, iscritti nel catasto dei terreni ed i fabbricati iscritti in quello edilizio urbano.
In via di massima, nella suddetta categoria reddituale rientrano tutti i terreni
compresi i fabbricati rurali (siano essi ad uso abitativo ovvero strumentali
all'esercizio della attività agricola e loro accessori) e quelli urbani con destinazione
abitativa e loro pertinenze. La disposizione distingue, però, gli immobili produttivi di
rendita fondiaria da quelli che non sono o non devono essere iscritti in catasto( 2) i cui
redditi sono compresi tra i redditi diversi(3) di cui all'art. 70 T.u.i.r., così come quelli
prodotti da beni immobili non ubicati nel territorio dello Stato ricompresi tra i redditi
di natura fondiaria, così come si vedrà più innanzi.
La condizione necessaria ed indispensabile per la produzione di reddito
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L'art. 25 dal momento che precisa che sono produttivi di reddito fondiario solo quegli immobili iscritti o
iscrivibili in catasto con attribuzione di rendita, fa sì che esclude automaticamente tutta una serie di beni che non
debbono essere iscritti in catasto con attribuzione di rendita, quanto al catasto terreni per: 1) miniere, cave,
torbiere, saline, laghi, stagni da pesca, tonnare; 2) cimiteri e loro dipendenze; 3) alveo dei fiumi, torrenti e le
superfici dei laghi pubblici; 4) spiagge, rocce, sabbie nude e gli altri terreni per propria natura improduttivi;
5)strade pubbliche e i ponti non soggetti a pedaggio; 6) la superficie dei canali maestri per la condotta delle
acque; 7) i fabbricati urbani, perché già censiti al catasto urbano; 8) gli accessori comuni a più fabbricati; quanto
al catasto fabbricati: 1) lastrici solari; 2) aree urbane. Si veda sul punto, amplius, M. Leo, Le imposte sui redditi
nel testo unico, I, Milano, 2006.
La categoria dei redditi diversi ha una natura residuale venendo fatti rientrare in essa i redditi che mancano di
alcune caratteristiche essenziali per poter essere classificati in altre categorie. E' il caso dei redditi di natura
fondiaria non determinabili catastalmente in quanto inidonei ad una predeterminazione in misura definita: vi
rientrano i censi, le decime, i quartesi e altri proventi simili, ancorché consistenti in prodotti del fondo o
commisurati ad essi. Pur se i censi, le decime, i quartesi e i livelli sono ormai quasi del tutto scomparsi o
soppressi a seguito di diverse disposizioni normative che ne hanno disposto l'affrancazione, il legislatore ha
ritenuto di richiamarle per gli effetti che ancora ne possono derivare.
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fondiario da parte dei terreni e/o dei fabbricati (siano essi rurali o urbani) è che questi
ultimi siano situati sul territorio dello Stato e che siano iscritti ovvero iscrivibili nel
catasto di riferimento.
Detta condizione corrisponde al requisito della c.d. territorialità e trova il suo
diretto fondamento nella normativa codicistica, secondo cui, come detto, la
determinazione dei redditi fondiari è intrinsecamente connessa all'elemento territorio
e cioè che i terreni ed i fabbricati siano situati sul suolo dello Stato italiano, di tal che
viene innanzitutto delineata territorialmente l'ambito di applicazione della norma di
riferimento. Diversa collocazione, invece, assumono i redditi dei terreni e dei
fabbricati situati all'estero i quali non sono produttivi di reddito fondiario ma
vengono ricondotti nell'alveo dei redditi diversi per espressa previsione dell'art. 67
T.u.i.r. Secondo tale previsione, (art. 67 lett. e) sono considerati redditi diversi i
redditi diversi quei redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente(4),
compresi quelli dei terreni dati in affitto per usi non agricoli, per i quali non si
applica il sistema catastale ma sono determinati in base al criterio di cassa nell'anno e
per l'importo effettivamente percepito.
Altro elemento e presupposto per la tassazione dei redditi fondiari è costituito
dall'elemento giuridico del possesso(5) dell'immobile in base a proprietà, usufrutto,
enfiteusi o altro diritto reale.
A mente dell'art. 26 1° co, T.u.i.r. I redditi fondiari concorrono,
indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti
che possiedono gli immobili (..) per il periodo di imposta in cui si è verificato il
possesso. Questa norma assume una certa importanza, soprattutto ove si considerino
gli effetti in relazione ai redditi dominicali ed a quelli dei fabbricati (come vedremo
più avanti) dal momento che vengono imputati al possessore in quanto tale, senza
che si abbia in alcun conto l'esistenza o meno del reddito né il momento in cui lo
stesso è percepito.
Il reddito dominicale si considera fiscalmente prodotto anche se il terreno non
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Ai sensi dell'art. 70 T.u.i.r., 2° co., tali redditi fondiari sono assoggettati ad imposizione non già sulla base
della rendita catastale, come previsto dai redditi fondiari, bensì nell'ammontare netto risultante dalla
valutazione effettuata dallo stato estero estero, mentre per i fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello
stato estero, si fa riferimento all'ammontare percepito nel periodo d'imposta con una deduzione forfetaria
delle spese del 15 per cento. Si veda al riguardo, Leo, op. ult. cit.
Senza volersi dilungare in una discettazione giuridica sul tema, per un'analisi più approfondita da attribuire al
significato del termine “possesso”, con riferimento alle disposizioni in esame, si veda, più approfonditamente,
M. Interdonato, Imposta sul reddito delle persone fisiche, in Giurisprudenza sistematica di diritto tributario a
cura di F. Tesauro, UTET, Torino, 1994, I redditi fondiari p.171 e segg.
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viene adibito a coltura, proprio per la natura stessa di questo tipo di reddito; i redditi
dei fabbricati invece,concorrono alla formazione del reddito complessivo anche se di
fatto non viene percepito alcun reddito come nel caso degli immobili adibiti ad
abitazione principale del possessore per i quali il reddito viene comunque
determinato sulla base della rendita catastale. L'art. 26 del T.u.i.r., disciplina con una
norma di carattere generale, l'imputazione dei redditi fondiari ed individua quale
presupposto per la tassazione dei redditi fondiari il possesso qualificato dalla
titolarità di un diritto reale, per il periodo d'imposta in cui si è verificato il possesso
non rilevando né il criterio di cassa né il possesso.
L'imputazione soggettiva di questa tipologia reddituale risiede proprio nella
relazione intercorrente tra il soggetto passivo ed il cespite e se per lo stesso immobile
sussiste contitolarità di diritti reali dello stesso tipo, ovvero vi sia coesistenza di più
diritti reali, si avrà una imputazione plurima del reddito fondiario intesa nel senso
che il reddito viene ripartito fra i contitolari del diritto o dei titolari dei diritti
coesistenti, con imputazione pro-quota.
In caso di contitolarità (art. 26, 2° co. T.u.i.r.) della proprietà o di altro diritto
reale sull'immobile, il reddito in oggetto concorre a formare il reddito complessivo di
ciascun soggetto per la parte corrispondente al proprio diritto ed in proporzione alla
durata del possesso ed indipendentemente dall'effettiva percezione; nel caso in cui il
possesso dell'immobile sia stato trasferito (3° co.), il reddito fondiario concorre a
formare il reddito complessivo di ciascun soggetto in maniera proporzionale alla
durata del suo possesso.
Merita un breve cenno anche l'ipotesi, sempre ai fini della imputazione del
reddito, del trasferimento degli immobili (ovvero del possesso degli stessi) nel corso
del periodo d'imposta: in questi casi a norma dell'art. 26, 3° co., il reddito viene
imputato proporzionalmente al periodo di possesso, in applicazione del criterio protempore. Non sono produttivi, invece, di reddito fondiario a norma dell'art. 43 una
serie di tipologia di immobile che per le caratteristiche dei fondi stessi e per la loro
particolare destinazione, non sono assoggettati ai criteri ordinari di determinazione
del reddito fondiario.
Sono infatti i c.d. beni strumentali che l'art. 43 2° co. Individua in due distinte
categorie: L'articolo 43, al comma 2, individua due tipi di immobili strumentali:
a) quelli strumentali per destinazione o per utilizzazione che non sia
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comunque temporanea (prima proposizione);
b) strumentali per natura (seconda proposizione).
Per immobile strumentale si deve intendere quello atto ad una serie di utilizzazioni
che non sia né consumabile né distruttibile per effetto dell'utilizzazione stessa, ma
soggetto soltanto ad usura o deperimento.
Gli immobili del caso a) sono quelli che vengono utilizzati da parte del
possessore esclusivamente per l'esercizio di imprese commerciali o di arti e
professioni. Tali immobili sono considerati strumentali a prescindere dalla natura e
caratteristiche nonché dalla possibilità o meno di destinarli ad una diversa
utilizzazione senza radicali trasformazioni. Ciò che interessa, ai fini della
strumentalità, è l'utilizzo in via esclusiva (quindi non promiscua) per l'esercizio
dell'impresa e che quest'ultima sia esercitata direttamente dal possessore
dell'immobile e non da terzi.
Gli immobili del caso b) sono quelli che per le loro caratteristiche non sono
suscettibili di diversa destinazione senza radicali trasformazioni (cioè negozi, opifici)
a condizione che siano posseduti nell'esercizio dell'impresa.
Inoltre, il comma 2 specifica che gli immobili strumentali per natura non
perdono tale qualifica anche se dati in locazione o comodato. Il comma 1
dell'articolo 65 prevede che gli immobili strumentali per natura, ma non utilizzati
direttamente dall'imprenditore individuale, sono relativi all'impresa solo se indicati in
inventario, ovvero, per le imprese in contabilità semplificata, nel registro dei beni
ammortizzabili; in tal caso sono qualificabili come immobili relativi all'impresa
anche se vi è contitolarità della proprietà con un soggetto non imprenditore.
Per le società in nome collettivo e in accomandita semplice l'articolo 65 al
comma 2 specifica che gli immobili appartenenti a tali soggetti sono sempre relativi
all'impresa anche se non sono strumentali e a prescindere che siano stati rilevati in
inventario o sul registro dei beni ammortizzabili.
Tale concetto è estensibile alle società di capitali per espresso rinvio a tale
articolo da parte dell'articolo 81 del TUIR. Inoltre, il comma 2 dell'articolo 43, così
come modificato dall'articolo 145 della legge 388/2000, prevede che gli immobili
concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per
esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l'attività si considerano strumentali per
il periodo d'imposta in cui si verifica il trasferimento e per i due periodi successivi.
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Pertanto si deve concludere che gli immobili strumentali non sono produttivi
di reddito fondiario, in quanto o rappresentano un fattore produttivo (strumentali per
destinazione) oppure partecipano alla produzione del reddito d'impresa con i ricavi
derivanti dalla loro locazione (strumentali per natura e dati in locazione).
I redditi degli immobili che non sono beni strumentali né beni-merce
dovranno essere tassati con i criteri fondiari ai sensi dell'articolo 90 del TUIR
3. Sistema catastale e determinazione forfetaria
La principale caratteristica dei redditi fondiari è quella di essere assoggettati a
tassazione sulla base delle risultanze catastali, e viene ad avere rilevanza fiscale non
il reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato, individualmente
considerato ma quello quantificato sulla base delle risultanze catastali, un reddito
medio e ordinario(6) ottenibile in condizioni normali dai terreni che appartengono
alla stessa qualità, categoria e classe, reddito che si sovrappone a quello effettivo
rendendolo irrilevante e di solito garantisce una rendita fiscale al contribuente perché
la tassazione forfettaria è inferiore al reddito effettivo. La determinazione catastale
tiene conto forfettariamente dei costi relativi all'immobile e, di conseguenza, ha
risolto alla radice il problema della loro rilevanza ed imputazione.
L'elemento caratteristico della tassazione dei redditi fondiari, è rappresentato
dal peculiare sistema di determinazione del reddito mediante catasto cioè attraverso il
ricorso ad una stima presuntiva e di ordine forfettario del prodotto dei terreni, sulla
base di tariffe di estimo catastali disciplinate in modo da assicurarne, nei limiti del
possibile, l'aderenza ai redditi effettivi, salvo i casi, tassativamente previsti in cui le
possibilità di divergenza e le caratteristiche economiche del reddito richiedono
l'accertamento diretto(7).
Il catasto, dunque, ha una funzione squisitamente fiscale, serve cioè per
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Il reddito catastale è definito un valore “medio” perché ”viene calcolato per una media di più anni in modo
da abbracciare un intero ciclo produttivo che tenga conto della rotazione delle colture e delle vicende
favorevoli e sfavorevoli delle coltivazioni in modo da ottenere una piena compensazione”; è definito un
valore “ordinario” perché è il reddito ottenuto da un coltivatore non troppo pigro ma nemmeno troppo
zelante, di capacità normale, che applichi tecniche produttive generalmente adottate nella zona, né più
progredite né più retrograde delle altre. Cfr., C. Cosciani, Istituzioni di scienza delle finanze, pp.196-197.
Il citato principio di determinazione forfettaria dei redditi fondiaria su base catastale risulta enunciato
nell'art.2, co.1, della legge delega per la riforma tributaria del 9.10.1971, n.825, ed è stato integralmente
recepito dal D.P.R. n.917/1986. Cfr. M. Leo, Le imposte sui redditi nel testo unico, I, Milano, 2006.
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accertare in modo uniforme il reddito imponibile sul quale verranno calcolate le tasse
e le imposte sui beni immobili; esso, infatti, si ottiene facendo ricorso ad una stima
forfettaria del prodotto dei terreni e dei fabbricati a seconda delle caratteristiche di
questi(8). Il reddito cosi calcolato è un reddito medio e ordinario che risulta sovente
inferiore reddito effettivo, stante la tendenza a stabilire gli estimi catastali in misura
fortemente prudenziale, nella qual cosa può individuarsi una sorta di “atteggiamento
premiale” nei confronti dell'agricoltura, quasi un bonus da catasto.
Occorre poi notare che anche molti dei redditi derivanti dal settore agricolo
classificati nella categoria dei redditi d'impresa vengono determinati secondo regole
simili a quelle valevoli per i redditi fondiari, vale a dire mediante un sistema
forfettario. L'impressione è che quello che «esca dalla porta, rientri dalla finestra»: il
legislatore tributario ha inteso dapprima qualificare certi redditi come di impresa e
quindi sottrarli alle regole proprie dei redditi fondiari, stabilendo però poi delle
regole speciali di calcolo diverse da quelle ordinarie del reddito di impresa ed assai
simili a quelle dei redditi fondiari.
Potrebbe parlarsi al proposito di una sorta di «catastizzazione» del reddito di
impresa. Ciò sembra suggerire l'idea di una rilevanza autonoma dell'agricoltura per le
imposte sul reddito, in cui l'elemento unificante è rappresentato dal metodo di
determinazione su base catastale.
Si tratta di un dato che sta al di fuori della
logica del sistema della imposizione diretta, nella quale a rilevare non è il singolo
settore produttivo (e quindi l'agricoltura), ma solo la singola e specifica attività,
distinta a seconda delle modalità con cui è compiuta.
Occorre precisare che i terreni vengono censiti in catasto per il tramite delle
c.d. particelle catastali intendendosi per tali delle porzioni di terreno situate nel
medesimo comune ed appartenenti allo stesso possessore e dalle stesse caratteristiche
per qualità, classe o destinazione; i fabbricati vengono censiti in catasto per unità
immobiliari urbane dove queste ultime sono considerate quali parti di immobili che,
rebus sic stantibus, siano idonee a produrre un reddito proprio(9).
Ad ogni particella catastale o unità immobiliare corrisponde una rendita che è
la traduzione in termini economici del valore che viene attribuito all'immobile e che
rileva ai fini delle applicazione delle imposte sui redditi.
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Si veda, al riguardo, P. Boria voce “Agricoltura e zootecnia (dir. trib.), in Enc. Giur. Treccani, I, Roma, ult.
ed. agg., 1 ss.
Cfr. R.D.L. 13 aprile 1939, n.652, art.2.
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Oggetto della imposizione non è l'effettiva ricchezza prodotta e conseguita
dal soggetto titolare di terreni e fabbricati bensì l'astratta e potenziale capacità di
questi ultimi di produrre reddito indipendentemente dal suo concreto manifestarsi e
dalla sua entità. Questo almeno nelle linee generali, salvo il caso di alcune deroghe
che attenuano la rigidità del sistema impositivo.
Ragioni storiche e di opportunità economica sono state poste a base di questo
particolare metodo di tassazione costituite innanzitutto dalla considerazione di una
tendenza, da parte degli immobili, a produrre reddito in maniera stabile nel tempo,
fatti salvi fenomeni straordinari; dalla convinzione che il criterio del reddito medio
ordinario sia uno stimolo alla produzione, incentivando i coltivatori ad incrementare
la produzione in quanto la parte di reddito eccedente quello medio non è tassabile;
dalla volontà di sollevare, per quanto possibile, i coltivatori dall'obbligo di
adempimenti fiscali e della tenuta di una contabilità.
Questo particolare sistema di determinazione reddito fondiario e concorso
alla formazione del reddito complessivo, indipendentemente dalla percezione, dei
soggetti che possiedono gli immobili, è stato contestato da una parte della dottrina
perché ha dato l'impressione di essere un sistema al di fuori della logica della
imposizione diretta che prescinda dalla rilevazione e valutazione del reddito effettivo
ed è stato anche oggetto di non pochi rinvii alla Consulta per non pochi dubbi di
legittimità costituzionale in considerazione dell'inadeguatezza del reddito fondiario
determinato catastalmente, ad esprimere il reddito effettivo e, quindi, in palese
violazione del principio della capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost.
La Corte Costituzionale(10) in occasione delle più volte in cui è stata investita
della questione ha sempre ribadito la legittimità della disciplina e la fondatezza del
sistema catastale che, sebbene ritenuto centrale nella determinazione dei redditi di
natura fondiaria, può essere messo in discussione dal processo di evoluzione
economica per cui da una concezione del fondo come fonte esclusiva dei redditi
fondiari si va gradualmente passando ad una concezione del fondo come uno tra i
vari fattori della produzione, ovvero, in altri termini, da un concetto di reddito di
reddito da “cespite”, quindi, a prevalente carattere patrimoniale si va sostituendo un
10 Ha osservato la Corte che quando oggetto dell'imposta sia una cosa produttiva, la base per la tassazione è data
e, dunque, la capacità contributiva rivelata, dalla attitudine del bene a produrre un reddito economico e non
dal reddito che ne ricava il possessore, dalla produttività e non dal prodotto reale (..), cfr. Corte Cost., 31
marzo 1965, n.16, in Giur. cost., 1965, p.169; Corte Cost., 17 ottobre 1985, n.229, in Rass. Trib., 1986, II,
p.699.
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concetto di reddito “da attività”.
Orbene, nell'ambito di una concezione dei redditi fondiari come reddito “da
cespite” trova una coerente applicazione di una metodologia catastale in quanto
criterio fondato su stime presuntive e forfettarie che se pur approssimative possono
essere ritenute attendibili al fine del calcolo dei proventi ritraibili nel tempo dalla
fonte patrimoniale. Il fondo, quindi, viene considerato evidentemente come una fonte
di reddito dotata di capacità produttiva tendenzialmente stabile e ripetitiva fatti salvi
fenomeni naturali straordinari opportunamente considerati dal legislatore fiscale.
Il sistema catastale appare invece inadeguato in presenza di un reddito “da
attività” perché la dinamica sottesa allo svolgimento dell'attività, tipica di ogni
impresa, comporta una molteplicità di variabili dei risultati economici e rende,
pertanto, assai più difficile la predeterminazione forfettaria. In questo caso appare
preferibile optare per un sistema di determinazione analitica del reddito, idoneo a
verificare con maggiore attendibilità l'effettivo risultato, positivo o negativo,
prodotto nell'esercizio.
Il reddito catastale nella sua previsione quale reddito medio-ordinario per i
terreni si sovrappone al reddito effettivo rendendolo irrilevante e per questo fatto
garantisce una rendita fiscale al contribuente dal momento che la tassazione
forfetaria è sempre inferiore al reddito effettivo. Giova osservare, comunque, che la
efficacia della determinazione catastale dei redditi fondiari, anche alla luce dei
principi costituzionali, potrebbe trovare sostegno e fondamento nell'aggiornamento
dei redditi in esame mediante l'applicazione di coefficienti periodicamente stabiliti
con decreti ministeriali, ovvero anche mediante revisione delle tariffe d'estimo nei
casi previsti dalla legge. E' normativamente previsto, infatti, che le tariffe d'estimo
vengano sottoposte a revisione quando se ne manifesti l'esigenza per sopravvenute
variazioni nella capacità di reddito e, comunque, ogni dieci anni. La prescrizione
dell'aggiornamento periodico dei redditi fondiari, ispirata al principio di aderenza
delle tariffe d'estimo catastali ai redditi effettivi, è stata sostanzialmente disattesa
almeno nel primo periodo di applicazione della riforma.
Il D.P.R.. 29.9.1973, n.604, disciplina, infatti, la revisione degli estimi e del
classamento del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, stabilisce la portata e gli
elementi economici di riferimento da tenere presenti ai fini della determinazione
delle tariffe d'estimo. Oggi, con l'avvento della fiscalità analitica, la tassazione dei
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proventi della agricoltura con il sistema catastale può essere per molti versi
giustificabile solo per le c.d. imprese marginali ma appare per molti versi
anacronistica per quelle imprese agricole organizzate in modo
moderno e
competitivo.
5. Classificazione dei redditi fondiari
Tornando all'oggetto principale della nostra trattazione, nel nostro
ordinamento i redditi fondiari si dividono in tre sottocategorie:
- reddito dominicale dei terreni (da dominus, proprietario, si configura in
capo al proprietario o al titolare di un diritto reale di godimento sul terreno e viene
regolato dagli artt. 27 - 31 T.u.i.r.).
- reddito agrario da terreni;
La distinzione dei redditi dei terreni in due categorie (dominicale e agrario)
si basa sull'esercizio di attività agricole: il reddito dominicale è un reddito derivante
esclusivamente da fonte patrimoniale nel senso che esso proviene dal terreno nel suo
stato naturale e il capitale che vi è stabilmente investito, mentre il reddito agrario
remunera il lavoro di organizzazione svolto nell'esercizio dell'attività agricola e il
capitale d'esercizio.
Sia per il reddito dominicale che per il reddito agrario (come si vedrà più
avanti) il legislatore ha previsto l'ipotesi di perdite dovute a mancata coltivazione o
ad eventi naturali, consentendo un abbattimento del reddito imponibile in misura
predeterminate. Si tratta di una norma che sta evidentemente a significare come
anche nell'ambito dei redditi fondiari esista una qualche apertura alla realtà effettiva,
a dimostrazione della impossibilità di una contrapposizione eccessivamente rigida tra
questa categoria e le altre categorie reddituali ispirate a criteri di effettività.
- reddito dei fabbricati (che si configura solo in capo al proprietario o al
possessore di un reddito reale di godimento sul fabbricato, la disciplina è contenuta
negli artt. 36 – 41 T.u.i.r.).
I redditi dei fabbricati, a loro volta, concorrono alla formazione del reddito
complessivo anche se non viene di fatto percepito alcun reddito, come avviene ad
esempio per gli immobili adibiti ad abitazione principale del possessore o comunque
non locati per i quali il reddito continua ad essere determinato sulla base della rendita
13
catastale, salva l'eventuale applicazione, a seconda dei casi, di coefficienti di
riduzione o di maggiorazione.
Per quanto attiene i redditi provenienti dai terreni, occorre innanzitutto
precisare che, affinché ciò abbia luogo, devono essere astrattamente idonei alla
produzione agricola, qualificazione che dipende dalle risultanze catastali relative al
terreno. I redditi dei terreni sono determinati in base al catasto terreni che contiene la
descrizione topografica con indicazione dell'appartenenza e del reddito medio annuo
da ciascuno di essi ritraibile.
Va ribadito che l'art. 26, al comma 1, sancisce
concorrono
a
formare
il
reddito
complessivo
dei
che i redditi fondiari
soggetti
d'imposta,
indipendentemente dalla percezione. Tale inciso assume una certa importanza
soprattutto in riferimento ai redditi dominicali ed a quelli dei fabbricati che vengono
imputati al possessore in quanto tale senza tenere in alcun conto l'esistenza o meno di
un reddito né il momento in cui lo stesso è percepito.
5.2 - Il reddito dominicale
L'art. 27, comma 1 del T.u.i.r., qualifica reddito dominicale quello costituito
dalla parte dominicale del reddito medio ordinario(11) riferibile al terreno attraverso
l'esercizio di attività agricole considerate produttive di reddito agrario ed indicate
analiticamente nell'art. 32 del T.u.i.r.. In altri termini si tratta della parte di reddito
complessivo del terreno attribuita al proprietario e consiste nel valore della terra al
quale si aggiunge l'interesse relativo ai capitali in essa stabilmente investiti(12).
Con l'indicazione della “parte dominicale” del reddito, medio, ordinario
ottenibile dal terreno si mette in evidenza la nozione fiscale di tale reddito che non si
11 Il reddito dei terreni presenta tre requisiti fondamentali: è medio in quanto non non indica il prodotto effettivo
di una determinata particella o di più particelle specificamente individuate ma tiene conto dei caratteri di una
particolare zona censuaria; è ordinario nel senso che, appunto per essere accertato con riguardo agli indici
medi della zona, tiene conto delle tecniche normalmente impiegate senza fare specifico riferimento alla
fertilità della zona oppure alla diligenza del coltivatore; infine è continuativo in considerazione del fatto che i
valori determinati sono considerati costanti nel tempo, senza riguardo alla maggiore o minore entro i limiti di
oscillazione della produttività del fondo, come delle naturali rotazioni di colture.
12 La definizione normativa si inquadra nella concezione del Messedaglia, secondo il quale il reddito dei terreni
è costituito da quattro parti, attribuite rispettivamente, alla terra nel suo stato originario, naturale, al capitale
di miglioramento chi vi si investe, al capitale d'esercizio ed al lavoro, per cui la categoria del reddito
dominicale comprende, non l'intero prodotto agrario, ma solo quella parte di esso che si dice rendita o in
senso più largo reddito dominicale. Cfr. Messedaglia, Il catasto e la perequazione – Relazione parlamentare,
Bologna, 1936.
14
ricollega ed una effettiva percezione da parte del possessore del terreno, ma lo si
ritiene prodotto in considerazione del verificarsi del solo fatto del possesso,
indipendentemente dalla coltivazione o meno del terreno.
Ai fini fiscali, non rilevano lo sfruttamento delle colture e del relativo e reale
reddito conseguito ma solo quello teorico attribuito a quel fondo in considerazione di
determinati criteri di valutazione prestabiliti per legge.
La seconda parte dell'art. 27(13) fa riferimento ad alcuni cespiti i cui redditi
non sono produttivi di reddito dominicale e, precisamente, quelli derivanti da terreni
che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani (per cui seguono la normativa
fiscale applicabile è quella relativa a questi ultimi), da terreni dati in affitto per usi
non agricoli(14), dai quali derivano redditi diversi, né i terreni che non sono atti a
produrre un reddito autonomo in quanto pertinenze di fabbricati urbani, né infine i
terreni impiegati come beni strumentali nell'ambito di un'attività da cui derivano
redditi d'impresa.
I terreni costituenti pertinenze di fabbricati urbani sono rilevati nel catasto
urbano e sono soggetti a tassazione in base alle norme del catasto dei fabbricati
piuttosto che di quello dei terreni ma sempre come redditi fondiari. Al possessore a
titolo di proprietà o di altro diritto reale sul fondo viene imputato tanto il reddito
dominicale quanto quello agrario, allorché egli svolga direttamente l'attività agricola
sul fondo stesso. Qualora invece l'attività agricola venga svolta da un soggetto
diverso, il reddito dominicale viene imputato al proprietario, mentre il reddito agrario
va attribuito all'agricoltore.
La determinazione del reddito dominicale secondo l'art. 28 T.u.i.r., avviene
mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo stabilite secondo le norme della legge
catastale, per ciascuna qualità e classe di terreno, attraverso l'assunzione di un
reddito medio ordinario e mediante l'adozione di un metodo di accertamento che
prescinde dalla individuazione del reddito effettivo e si basa sull'applicazione delle
tariffe d'estimo che altro non sono che valori predeterminati ed indicanti, in base ai
vari comuni di appartenenza, il reddito dominicale espresso in valore.
Le tariffe d'estimo sono sottoposte a revisione quando se ne presenti
l'esigenza per sopravvenute variazioni nelle quantità e nei prezzi dei prodotti e dei
13 Questa parte dell'art. 27 è stata introdotta dall'art. 23, 1° co., lett. a) della legge 30 dicembre 1991, n.413.
14 Si pensi ad esempio ai terreni adibiti a rimessaggi, campeggi, riserve di caccia ecc., il canone di locazione di
questi terreni darà luogo a redditi diversi, mentre l'esercizio diretto di tali attività da parte del proprietario
darà luogo a reddito d'impresa.
15
mezzi di produzione o nell'organizzazione e strutturazione aziendale e, comunque,
ogni dieci anni. La revisione è disposta con decreto del Ministero delle finanze
previo parere della commissione censuaria centrale; la revisione può essere effettuata
d'ufficio o su richiesta dei comuni interessati, anche per singole zone censuarie e per
singole qualità e classi. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i
comuni interessati, le modificazioni avranno effetto dall'anno successivo a quello di
pubblicazione nella G.U. del nuovo prospetto delle tariffe d'estimo.
Il reddito dominicale può variare (in aumento o in diminuzione) a seguito del
verificarsi di determinate condizioni quali la sostituzione della qualità di coltura del
terreno o la diminuzione della capacità produttiva dello stesso per cause naturali o di
forza maggiore, purché di carattere non transitorio o intenzionale.
Tali variazioni devono essere denunciate dal contribuente all'ufficio tecnico
erariale e danno luogo a revisione della qualificazione e del classamento dei terreni
cui si riferiscono. Il contribuente nella denuncia dovrà indicare la partita catastale e
le particelle alle quali si riferiscono le variazioni; se le variazioni riguardano solo
porzioni di particelle, dev'essere allegata la dimostrazione grafica del frazionamento.
Si può effettuare una variazione in diminuzione del reddito dominicale nel
caso in cui si accerti la diminuita capacità produttiva del terreno a causa di un
naturale esaurimento delle risorse della terra o per altra ragione dovuta a causa di
forza maggiore ovvero per eventi di danneggiamento delle colture (art. 29, 2° co.
Lett. b); non si tiene, per converso, conto delle variazioni determinate, per colpa del
coltivatore, delle colture ovvero per questioni transitorie (art. 29, 3° co.).
Tra le denunce di variazione in aumento ed in diminuzione, vi sono termini
differenti: le variazioni in aumento devono essere denunciate entro il 31 gennaio
dell'anno successivo a quello in cui si è verificata la sostituzione della coltura ed
hanno effetto dallo stesso anno, mentre per le variazioni in diminuzione non è
previsto alcun termine; tuttavia l'art. 30 stabilisce che se la denuncia è stata
presentata entro il 31 gennaio esse avranno effetto dall'anno in cui si sono verificati
gli eventi indicati al 2° co., dell'art. 30. Se invece la denuncia viene presentata
successivamente alle date sopra riportate, gli effetti delle variazioni decorreranno
dall'anno in cui la denuncia è stata presentata.
Le variazioni appena indicate fanno sorgere però l'esigenza di procedere ad
un nuovo classamento dei terreni ai quali si dovrà assegnare la stessa qualità o classe
16
già esistente nel comune nel quale i terreni si trovano ovvero, in difetto, la qualità di
coltura più prossima (art. 29, 4° oc.). Appare piuttosto evidente la ratio di questa
disposizione che, in presenza di una variazione che comporta l'incremento del
reddito imponibile, istituisce un vero e proprio obbligo a carico del contribuente là
dove, verificandosi una variazione che riduce l'imponibile, pone un mero onere il cui
adempimento consente la riduzione dell'imponibile stesso.
Quando le variazioni hanno carattere permanente può essere disposta, in ogni
tempo, con decreto ministeriale l'istituzione di nuove qualità e classi in sostituzione
di quelle esistenti (art. 29, 5° co.), in questo caso le variazioni hanno effetto dall'anno
successivo a quello di pubblicazione del decreto del Ministro delle finanze sulla G.U.
L'art. 31 T.u.i.r. disciplina le modalità di determinazione del reddito
dominicale in caso di perdite per la mancata coltivazione e per eventi naturali. Se un
fondo rustico è costituito da almeno 2/3 da terreni qualificati come coltivabili a
prodotti annuali ed abbia subito perdite dovute a mancata coltivazione totale, per una
intera annata agraria, e per cause non dipendenti dalla tecnica agrari adottata dal
coltivatore del fondo, il reddito dominicale di riferimento per l'annata agraria si
considera pari al 30% di quello determinato sulla base dei criteri stabiliti dalla legge
catastale. Nel caso invece di perdite dovute esclusivamente ad eventi naturali e che
abbiano ridotto almeno del 30% il prodotto ordinario del fondo può determinare la
esenzione totale del reddito dominicale(15) purché il possessore danneggiato denunci
agli uffici competenti di aver subito l'evento dannoso entro tre mesi dalla data in cui
lo stesso si è verificato.
Qualora l'evento dannoso interessi una pluralità di fondi rustici gli uffici
competenti(16) su richiesta degli interessati e sentiti gli ispettori provinciali
dell'agricoltura, provvedono alla delimitazione delle zone danneggiate ed
all'accertamento della diminuzione dei prodotti e trasmettono agli uffici delle
imposte nel cui distretto sono situati i fondi danneggiati, le corografie relative alle
zone delimitate, indicando le ditte catastali comprese nella zona ed il reddito
dominicale relativo a ciascuna di esse.
L'ultimo comma, infine, prevede che ai fini della esenzione parziale o totale
del reddito dominicale, il fondo rustico deve essere costituito da particelle catastali
15 La riduzione del 30% della produzione del reddito determinerebbe, a norma del 1° co. dell'art. 31 T.u.i.r., che
il reddito dominicale sia totalmente esente perché si compenserebbe con la stessa percentuale di reddito
predeterminata per legge.
16 Ufficio Tecnico Erariale.
17
riportate nella stessa partita catastale e contigue l'una all'altra in modo da formare un
unico appezzamento, con la precisazione che la contiguità non si considera interrotta
dall'eventuale interposizione di strade, ferrovie e corsi d'acqua naturali od artificiali.
5.3 Il reddito agrario – nozione.
Secondo la definizione fornita dall'art. 32, 1° co. il reddito agrario è costituito
dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni(17) imputabile al capitale
d'esercizio ed al lavoro di organizzazione impiegati nei limiti della potenzialità del
terreno, nell'ambito dell'esercizio su di esse delle attività agricole analiticamente
indicate nell'art. 32, 2° comma del T.u.i.r.
In altri e più semplici termini il reddito agrario è quello che consegue
all'esercizio sul terreno dell'attività agricola; anche se l'art. 32 fa espresso riferimento
all'esercizio di attività agricole sul terreno, il reddito agrario non fa eccezione poiché
si determina comunque secondo il metodo catastale attraverso la applicazione delle
tariffe d'estimo, stabilite per ciascuna qualità e classe di terreno, rimanendo
irrilevanti tanto i ricavi effettivamente conseguiti quanto i costi e le spese sostenute
(per acquisto dei macchinari, gli emolumenti dei dipendenti ecc.) nell'esercizio
dell'attività. Va subito chiarito che a differenza del reddito dominicale il reddito
agrario si riferisce alla rendita del fondo ed alla remunerazione del capitale investito
sul fondo, e fa capo a colui che esercita l'impresa agricola ai sensi dell'art.
2135(18)c.c.
Il richiamo operato dal dato normativo alla combinazione del capitale
17 Giova solo evidenziare a proposito della definizione di reddito agrario che nella nuova formulazione non
risulta più riportata la locuzione secondo cui i terreni sono posseduti a titolo di proprietà, usufrutto, o altro
diritto reale o condotti in affitto (secondo quanto previsto dall'art. 28, 1° co. del D.P.R. n.597) e, ciò, perché
tale indicazione è stata inserita nell'art.26 T.u.i.r., a proposito di tutti i redditi fondiari.
18 Art. 2135 c.c. Imprenditore agricolo. È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività:
coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo,
per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un
ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o
possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla
manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto
prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali,
nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o
risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di
valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite
dalla legge.
18
d'esercizio, del lavoro e dell'organizzazione deve essere inteso come un tradizionale
riferimento ai fattori della produzione tipici dell'impresa e quindi vale ad esprimere
la preferibilità del reddito all'impresa agricola.
5.3.1 Le attività agricole. Nozione di imprenditore agricolo.
Con il D.Lgs. n.228 del 15 maggio 2001, art. 1(19) il legislatore civile ha
riformulato la definizione di imprenditore agricolo prevista dall'art. 2135 c.c. ed ha
stabilito che tale è colui che esercita l'attività di coltivazione del fondo, silvicoltura,
allevamento di animali e attività connesse. In particolare con il 2° comma del citato
art. 2135 è stato disposto che per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per
allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un
“ciclo biologico” o di una fase necessaria del ciclo stesso attraverso la fissazione di
parametri qualitativi, (relativi al tipo di attività svolta sul terreno) e quantitativi
(relativi al rapporto esistente tra l'attività svolta e i prodotti ottenibili dal fondo)(20).
L'attività di pura coltivazione del fondo(21) viene considerata sempre
produttiva di reddito agrario, a prescindere dalle modalità concrete attraverso le quali
essa viene esercitata e, ciò perché la coltivazione, anche se effettuata con macchinari
e tecniche all'avanguardia, presenta sempre uno stretto ed inscindibile collegamento
con il fondo coltivato.
La norma civilista, poi, aggiunge, si intendono comunque connesse le attività
esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione
conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano
ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco
o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni e servizi
mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente
impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione
del territorio e del patrimonio rurale e forestale ovvero di ricezione e ospitalità come
definite dalla legge.
La norma civilistica citata, dunque, individua le attività ritenute idonee a
19 Norme sull'orientamento e modernizzazione del settore agricolo a norma dell'art. 7, L.5.3.2001, n.57.
20 Si veda sull'argomento, A. Fantozzi, Imprenditore agricolo (diritto tributario), in Enciclopedia Giuridica
Treccani, Roma.
21 Cfr. S. Pansieri, in I redditi fondiari, in Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Padova, 2002,
111.
19
qualificare come agricola, l'imprenditore che le esercita.
A seguito del rilevante intervento normativo che ha interessato la definizione
di imprenditore agricolo ai fini civilistici, anche il legislatore fiscale ha provveduto
ad adeguare il testo delle norme vigenti in materia di imposte sui redditi al nuovo art.
2135 del codice civile. La normativa civilistica dell'imprenditore agricolo è stata
infatti trasposta in sede tributaria dall'art. 32 T.u.i.r. il quale assoggetta a tassazione,
tra i redditi fondiari, le attività di cui al l'art. 2135 c.c., ma con alcune differenze dal
momento che il legislatore fiscale ha escluso espressamente dall'assoggettamento
alle norme sul reddito agrario le attività dirette allo sfruttamento di miniere, cave,
torbiere, saline, laghi, stagni e acque interne che, come si vedrà più in avanti,
costituiscono reddito di impresa.
Il legislatore fiscale, inoltre, precisa che si ottiene reddito agrario solo qualora
i fattori della produzione siano utilizzati nei limiti della potenzialità del terreno,
limiti che costituiscono una delimitazione della categoria reddituale in oggetto,
rispetto alle altre categorie reddituali; se infatti si travalicano i limiti di cui all'art. 32,
2° co. lett. b), c) e 3° co., l'eccedenza (di reddito) non viene tassato sulla base delle
tariffe d'estimo catastale ma viene sottoposto a tassazione secondo le norme stabilite
per il reddito di impresa.
5.3.2 Le attività dirette alla coltivazione e alla silvicoltura.
Il primo gruppo di attività ritenute agricole, espressamente menzionate al
punto a) dell'art. 32, 2° co., è quello delle attività dirette alla coltivazione del terreno
ed alla silvicoltura (22).
- La coltivazione del fondo. Tale deve intendersi ogni attività volta a rendere
produttivo il terreno; non deve ritenersi corretta la valutazione della entità dei
capitali impiegati nella coltivazione del fondo né tanto meno soffermarsi sul fatto
che la tecnologia offre mezzi sempre più sofisticati per una maggiore resa del
terreno. Questo perché l'attività di coltivazione è sempre considerata produttiva di
22 Al riguardo va evidenziato che l'art. 3, comma 4, lett.a), n.1) della L. 23.12.1996, n.662 ha soppresso la
parola “funghicoltura” contenuta nella lett.a), comma 2 dell'articolo in esame. Ciò evidentemente in seguito
all'evidente contrasto ed antinomia che ne sarebbe derivata dall'introduzione, nella successiva lett. b), dello
stesso articolo della previsione di attività agricole svolte mediante strutture fisse o mobili, anche provvisorie
avvenuta ad opera dell'art. 31, comma 3, della L.23.12.1994, n.724,
20
reddito agrario per espressa previsione legislativa a prescindere dalle modalità
concrete in cui essa è esercitata e, quindi, anche se effettuata con macchinari evoluti
e sofisticati perché la coltivazione presenta sempre uno stretto ed inscindibile legame
con il fondo, in questo caso appare fisiologico per le attività indicate dall'art.32, il
rispetto della c.d. “potenzialità del terreno” con la conseguenza di attribuire ad esse
in modo indistinto natura agricola.
E' altresì vero, però che esistono attività come la floricoltura, la coltivazione
in serre, la coltura idroponica, che ben possono essere svolte al di fuori dei terreni
agricoli e che proprio per questo fatto dovrebbero essere considerate non agricole ma
così non è. Qualche dubbio interpretativo, infatti, potrebbe sorgere in relazione al
carattere agricolo dell'attività vivaistica e della floricoltura(23) in relazione alle quali
non potrebbe negarsi il carattere agricolo per lo meno nel caso in cui il fondo rientri
tra gli elementi essenziali dei fattori della produzione.
Per quanto riguarda le attività vivaistiche è stato ritenuto(24) che la
floricoltura, cioè la messa a dimora e la vendita di piante e fiori prodotti in terreni
coltivati a vivai da una impresa agricola, non dà luogo a reddito di natura extra
agraria perché le attività rientrano nel normale ciclo agrario; per converso, le attività
di manutenzione periodica delle piante vendute e di manutenzione di parchi pubblici
e privati sono invece ritenute di natura commerciale e quindi produttive di reddito di
impresa, essendo tali attività totalmente estranee all'attività vivaistica, il cui ciclo
deve ritenersi concluso con la vendita (25) del prodotto.
L'acquacoltura intesa quale attività imprenditoriale agricola intesa come
l'insieme delle pratiche volte alla produzione di proteine animali e sviluppo degli
organismi, in ambiente acquatico, tra cui rientra anche la mitilicoltura, non è
produttiva di reddito d'impresa se i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a
quelli delle altre attività economiche non agricole esercitate dal soggetto (art. 2, c. 1,
L. 5.2.1992, n. 102).
23 A tale proposito, nonostante i contrasti di opinioni concernenti la floricoltura e le attività vivaistiche, la
maggior parte della dottrina ha finito per non negare il carattere agricolo delle attività, per lo meno quando il
fondo si ponga quale essenziale fattore produttivo e non già quale strumento di mero ricovero e
conservazione delle piante. Cfr. M. Leo, Le imposte sui redditi nel testo unico, I, Milano, 2006, pag. 590 e segg.
24 Tale è la considerazione espressa nella risoluzione del Ministero delle Finanze n.9/2810 del 7.2.1981.
25 Secondo la Corte di cassazione, sez. unite, sent. 13.7.1976, n.2684, rientrano nell'esercizio normale
dell'agricoltura non solo la produzione di piante da vivaio e la loro vendita, ma anche una serie di prestazioni
accessorie quali l'imballo, il trasporto e la messa a dimora e la garanzia di attecchimento. Danno luogo ad
attività di natura commerciale, invece, la vendita dei prodotti utilizzati in floricultura e l'acquista e la
rivendita di piante senza la messa a dimora sul terreno per la normale immissione nel processo produttivo.
21
Allo stato attuale della normativa, com'è noto, il regime forfetario di cui
all'art. 32 del T.u.i.r. è applicabile nei confronti di coloro che svolgono le attività
agricole su aree censite in catasto, per le quali risulta possibile l'attribuzione di un
reddito dominicale ed agrario, ne consegue che l'art. 32, lett. b, del TUIR non trova
applicazione, essendo l'acquacoltura svolta su specchi d'acqua marini che per la loro
natura sono privi di reddito agrario attribuito.
I soggetti che praticano attività di acquacoltura su aree demaniali (marine o
vallive), ordinariamente sommerse e prive di un reddito agrario attribuito(26), sono
considerati titolari di reddito d'impresa, determinato su base analitica ai sensi dell'art.
55 del T.u.i.r..
Giova osservare che il riconoscimento di queste coltivazioni, nonché
dell'allevamento di animali, come attività agricole non è subordinato alla condizione
che le attività si svolgano nell'ambito dell'esercizio normale dell'agricoltura, essendo
tale condizione richiesta solo in relazione all'esercizio delle attività connesse di cui
alla lett. c) del comma 2 dell'art. 32 del T.u.i.r., condizione, questa, venuta meno con
l'entrata in vigore dell'art. 2, comma 6, della L.350/2003 che ha sostituito, a partire
dal 1° gennaio 2004, il criterio della normalità con quello della prevalenza.
Ad ogni modo è da tenere presente che il legislatore tributario ha mostrato
una certa flessibilità nel qualificare agricole le attività il cui collegamento con il
fondo è labile, come per la funghicoltura; ciò potrebbe indurre ad una interpretazione
meno rigorosa della “potenzialità del fondo” anche per le altre attività di
coltivazione(27) ed in particolare per quelle che presentano forti analogie con la
funghicoltura(28).
- La silvicoltura consiste nella riproduzione del bosco e nella conservazione
della sua consistenza e va tenuta distinta dall'attività di disboscamento o di mera
estrazione del legname. L'attività di abbattimento degli alberi ed il taglio del legname
senza alcuna cura della conservazione della produttività del bosco ha un evidente
26 E' comunque opportuno evidenziare che l'art. 3 ter, comma 1, del decreto legge 17 giugno 2005, n. 106,
convertito dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, concernente disposizioni per favorire le attività di acquacoltura,
dispone che "per le superfici acquatiche, marine o vallive, utilizzate per l'allevamento ittico da parte di
soggetti esercenti l'attività di acquacoltura, diversi dalle società commerciali, indipendentemente dalla natura
privata o demaniale della superficie utilizzata, in mancanza della corrispondente qualità nel quadro di
qualificazione catastale, i redditi dominicale e agrario sono determinati, a decorrere dall'esercizio in corso alla
data del 1 gennaio 2006, ai soli fini fiscali, mediante l'applicazione della tariffa più alta del seminativo di
classe prima in vigore nella provincia di appartenenza, o in quella prospiciente nel caso di allevamento
marino", Ris. Min. 13.09.2005, n. 127/E.
27 Cfr. Cass., 20.4.2002, n.5781.
28 Cfr. P. Boria, La disciplina tributaria dell'agricoltura, in Rivista di diritto tributario, 2004, p.317 e segg.
22
carattere industriale e non può essere ritenuta derivante dall'esercizio di impresa
agricola perché ha, solo per presupposta, l'attività del silvicultore che conduca alla
maturità le piante da taglio, ma soprattutto, perché non vi è alla base alcuna cura
della conservazione della produttività del bosco.
Qualora sia lo stesso silvicoltore a procedere alla raccolta,
l'attività in
questione è da ricondursi, certamente al concetto di silvicoltura, la prima lavorazione
del legname volta ad ottenere assortimenti grezzi di bosco destinati direttamente al
consumo come legna da ardere, pali, traverse ferroviarie, mentre successive ed
ulteriori lavorazioni, come quelle effettuate da una segheria, potranno essere
considerate agricole solo se riconducibili alla categoria delle attività connesse.
5.3.3 L'allevamento di animali.
Il secondo gruppo di attività indicato dalla lett. b) dell'art. 32 è rappresentato
dall'allevamento di animali che, in linea di massima, consiste nel mantenimento,
nello sviluppo ed eventualmente nella riproduzione di animali allo scopo di usufruire
dei frutti naturali che ne derivano e dell'accrescimento del loro valore.
L'esercizio di tale attività è considerato attività agricola qualora sia effettuato
con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno. In sintesi, quindi, si può
affermare che:
- l'attività di allevamento è fiscalmente un'attività tipicamente agricola;
- tale qualificazione non dipende dalla specie di animali allevati;
- rimane solo un rapporto teorico-quantitativo di collegamento con il fondo, nel
senso che il legislatore fa riferimento ai "mangimi ottenibili" e non ottenuti.
Tale limite rappresenta una specificazione della “potenzialità del terreno” e
risponde dunque ad una esigenza di concretezza senonché l'adozione del termine
“ottenibili” che sta ad indicare evidentemente una misura astratta, ha creato alcuni
problemi di individuazione del limite proprio sul piano concreto.
A tale scopo è stabilito, in base al comma 3 dell'articolo in questione, che il
Ministero delle Finanze di concerto con il Ministro dell'agricoltura e foreste,
stabilisca per ciascuna specie animale, il numero dei capi allevabili per ettaro con
mangimi ottenibili per almeno ¼ dal terreno, tenuto conto della potenzialità
produttiva del terreno stesso e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie
23
allevata. Perciò l'attività è considerata agraria con riferimento alla idoneità del
terreno a produrre almeno un quarto del mangime occorrente per l'allevamento degli
animali, indipendentemente dall'effettiva quantità prodotta e dall'eventuale acquisto
dei mangimi da terzi. Per l'allevamento di animali non assume rilievo il fatto che
l'allevamento sia svolto con una particolare organizzazione ovvero che siano
impiegati macchinari ed attrezzature o personale specializzato purché sussista il
suddetto rapporto relativamente ai mangimi.
L'allevamento costituisce, dunque, sempre ed in ogni caso attività agricola
quando è svolta da a) imprese agricole individuali; b)società semplici; c) enti non
commerciali; ed il reddito corrispondente rientra nella categoria in esame se l'azienda
agricola dispone del terreno sufficiente a produrre almeno un quarto dei mangimi
necessari, ed il reddito corrispondente si determina catastalmente secondo
l'applicazione delle tariffe d'estimo. Se però il terreno che l'azienda possiede è
insufficiente, il reddito assume natura di reddito di impresa ma può essere calcolato
con appositi coefficienti; in assenza di terreni il reddito viene sempre determinato in
base alla differenza fra costi e ricavi. L'attività eccedente i limiti indicati dall'art. 32,
comma 2, lett.b) non darà luogo a reddito agrario ma a reddito d'impresa
determinabile secondo criteri forfettari basati sul numero dei capi allevati previsti
dall'art. 56, comma 5, T.u.i.r.
Le specie di animali per i quali il numero dei capi allevabili è predeterminato
nell'ambito del reddito agrario è stabilito periodicamente con decreto ministeriale
emanato ogni biennio con il quale si stabilisce le categorie di animali ammessi al
particolare regime (attuando così il disposto del co.3 dell'art. 32).
E' da segnalare, a proposito dell'allevamento, una tendenza della
giurisprudenza a qualificare agricole alcune attività che fuoriescono dalla nozione
tradizionale di agricoltura come nel caso dell'attività di ingrasso degli animali che
consiste nell'acquisto di lattonzoli e magroni e successiva rivendita non appena
venga raggiunta l'età adulta.
L'attività diretta alla piscicoltura non è stata riconosciuta come attività
agricola tout court sotto il profilo dell'allevamento del bestiame tipico né tanto meno
come attività connessa all'agricoltura, ma solo se viene esercitata in invasi posti su
terreni censiti in catasto, mentre se viene svolta mediante sfruttamento di laghi,
stagni ecc. dà luogo a redditi d'impresa, ai sensi dell'art. 55, comma 2, lettera b), del
24
T.u.i.r. Gli equini da riproduzione e i puledri sono ricompresi nel decreto
interministeriale 20.04.2006, pertanto il loro allevamento produce reddito agrario.
I cavalli da corsa che partecipano a gare costituiscono invece beni che
concorrono alla produzione del reddito d'impresa perché il reddito che ne deriva è
unanimemente ritenuto di natura commerciale.
Una nota particolare deve essere riservata all'allevamento da cani che
costituisce una novità nell'ambito dei redditi provenienti da allevamento e che è stata
introdotta dal D.M. 20 aprile 2006.
La novità consiste nel fatto che l'allevamento di cani è stato incluso fra le
attività rientranti nel reddito agrario, condizione che si verifica quando l'allevamento
canino sia esercitato in connessione con la coltivazione del terreno. L'attività, per la
verità è considerata agricola secondo il codice civile e già inquadrata, in generale,
come tale dalla 23 agosto 1993, n. 349; il successivo D.M. 28 gennaio 1994 di
attuazione della precedente legge aveva stabilito che l'attività di allevamento di cani
assume natura di impresa quando l'allevamento abbia per oggetto almeno cinque
fattrici le quali, annualmente, producano almeno trenta cuccioli (29).
Il D.M. 20 aprile 2006 prevede, come detto e con una nota, che l'allevamento
di cani assuma natura agricola qualora l'attività rispetti le condizioni fissate dalla
predetta legge 349/1993.
Per effetto del comma 3 dell'art. 32 si deve infine ritenere che la macellazione
di bestiame di grosso taglio è attività agricola quando è in diretto collegamento
strumentale (30) con il terreno destinato all'allevamento del bestiame da macellazione.
La seconda parte dell'art. 32, comma 2, lett.b) contiene un'ulteriore previsione
secondo la quale sono considerate agricole le attività dirette alla produzione di
vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la
29 Per ogni cane allevato in eccedenza il reddito è pari ad €7,02 il cui importo deve essere moltiplicato per il
coefficiente 2, tranne il caso in cui l'impresa di allevamento sia una ditta individuale senza manodopera
dipendente e senza che sia stata enunciata l'impresa familiare. La tabella ministeriale non distingue tra cani da
riproduzione e da allevamento per cui si applicano i medesimi parametri per entrambe le categorie.
30 La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in merito all'allevamento di polli, ha ritenuto che tale attività
rientra fra le attività agricole quando abbia carattere accessorio rispetto alle altre attività agricole principali
menzionate nell'art. 2135 c.c., ovvero quando, pur avendo carattere preminente nell'economia della azienda
agricola, sia esercitato in collegamento con la coltivazione della terra. Diversamente, si configura come
attività industriale quando per dimensioni, ubicazione e modalità di esercizio non sia ravvisabile un
collegamento funzionale con il fondo agricolo. L'apicoltura, in virtù della previsione della L. 24.12.2004, n.
313, viene considerata considerata a tutti gli effetti attività agricola a differenza invece, dell'attività di
impollinazione che è considerata attività agricola connessa i cui proventi, una volta conseguiti da soggetti
diversi dalle società, sono imponibili applicando ai ricavi il coefficiente di redditività del 25% salvo opzione
per la determinazione su costi e ricavi effettivi.
25
superficie adibita alla produzione è coltivata per almeno la metà del terreno su cui la
produzione insiste.
In relazione a tale previsione occorre verificare se sia possibile classificare ai
fini fiscali le attività dirette alla produzione del micelio di fungo nell'ambito delle
attività agricole e quindi determinare il reddito prodotto su base catastale ai sensi
dell'articolo 34 del T.u.i.r. Per quanto di interesse, sotto il profilo prettamente
biologico, si fa presente che con il termine micelio si identifica uno dei tre stadi che
caratterizzano le fasi biologiche dell'organismo fungino.
Per la funghicoltura (31) si segnala che la stessa è stata oggetto in passato di
differenti valutazioni da parte del Ministero. Con la Legge 5 aprile 1985, n. 126
l'attività in oggetto era stata inserita tra quelle considerate agricole per natura (anche
dette attività agricole principali), ai sensi dell'articolo 32, comma 2, lettera a), del
TUIR disponendo, quindi, una presunzione assoluta di agrarietà per questo tipo di
attività. Successivamente, attraverso le disposizioni contenute nell'articolo 3, comma
4, lettera a), n. 2), della Legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Finanziaria per il 1997) la
coltivazione dei funghi è stata eliminata dal novero delle attività agricole per natura.
In seguito a questa modifica normativa il riconoscimento quale attività
agricola della funghicoltura continuava a trovare la propria disciplina nelle lettere b)
comma 2 dell'articolo 32 del T.u.i.r., ovvero nella lettera c), se connessa, del citato
articolo, il quale prevede che, per quanto riguarda le attività dirette alla produzione di
vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili di cui alla citata lettera b), in
seguito all'introduzione dell'articolo 56 bis T.u.i.r., se la superficie adibita alla
produzione dei vegetali eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione
stessa insiste, il reddito relativo alla superficie eccedente ha natura di reddito
d'impresa, la cui determinazione, però, avviene su base forfetaria, salva la possibilità
per il contribuente di optare per il regime analitico di determinazione del reddito o,
per i contribuenti in regime di contabilità semplificata, di applicare le modalità di cui
all'articolo 66 del T.u.i.r.
Pertanto, in conclusione, si potrebbe ritenere che il legislatore abbia definito
la disciplina dei vegetali secondo il principio per cui la produzione in maniera
industriale di vegetali costituisce attività d'impresa, mentre la produzione di vegetali
anche attraverso strutture fisse o mobili, costituisce attività agricola solo se la
31 In seguito alla modifica apportata dal richiamato art.3 di cui sub nota 20).
26
superficie adibita alla produzione, mediante dette strutture, non eccede il doppio di
quella del terreno su cui insiste la produzione.
5.3.4 Le attività connesse.
Il terzo gruppo di attività agricole è previsto dall'art. 32, 2° co. Lett. c)
T.u.i.r., così come riformulato per effetto delle disposizioni contenute nell'art. 2,
comma 6, lettera a) della legge n. 350 del 2003 (Finanziaria per il 2004), che
considera ed individua le c.d. attività connesse, tassate su base catastale, quali quelle
derivanti dalla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione
e valorizzazione di determinati prodotti agricoli tassativamente indicati (32) ed
ottenuti dall'imprenditore agricolo prevalentemente dalla coltivazione del fondo, del
bosco o dell'allevamento di animali.
Nel nuovo Testo Unico è stata dunque eliminata la previsione che stabiliva
che le attività connesse avessero per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal
terreno e dagli animali allevati su di esso ed è stato altresì superato il riferimento alle
attività agricole connesse rientranti nell'esercizio normale dell'agricoltura secondo la
tecnica che lo governa. Viene inoltre confermato che la nuova disposizione è
applicabile anche a quelle attività (o fasi di esse), che non vengono svolte sul terreno.
Tale norma, pensata in origine come regola tendenzialmente coincidente con
l'ambito previsto dall'art. 2135 c.c., attribuisce la qualifica di attività agricola alle
32 Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha individuato i beni prodotti e le relative attività agricole
connesse nella tabella allegata al D.M. 19 marzo 2004 e sulla base della classificazione delle attività
gnomiche "Atecofin 2004" approvata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 23
dicembre 2003 (in G.U. n. 301 del 30 dicembre 2003).Rientrano pertanto tra le suddette attività:
-la produzione di carni e prodotti della loro macellazione (cod. Atecofin 2004, 15.11.0 - 15.12.0);
-la lavorazione e conservazione delle patate (cod. Atecofin 2004, 5.31.0), escluse le produzioni di purè
di patate disidratato, di snack a base di patate, di patatine fritte e la sbucciatura industriale delle patate;
-la produzione di succhi di frutta e di ortaggi (cod. Atecofin 2004, 15.32.0);
-la lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi n. c. a. (cod. Atecofin 2004, 15.33.0);
-la produzione di olio di oliva e di semi oleosi (cod. Atecofin 2004, 01.13.2 - 15.41.1 - 15.41.2);
-la produzione di olio di semi di granoturco (olio di mais) (ex cod. Atecofin 2004, 15.62.0);
-il trattamento igienico del latte e produzione dei derivati del latte (cod. Atecofin 2004, 01.21.0 01.22.1 - 15.51.1 - 15.51.2);
-la lavorazione delle granaglie (cod. Atecofin 2004, da 15.61.1 a 15.61.3);
-la produzione di vini (cod. Atecofin 2004, 01.31.1 - 15.93.1 - 15.93.2);
-la produzione di aceto (cod. Atecofin ex 15.87.0);
-la produzione di sidro ed altre bevande fermentate (cod. Atecofin 2004, 15.94.0);
-la manipolazione dei prodotti derivanti dalle coltivazioni di cui alle classi Atecofin 01.11, 01.12 e
01.13.
27
molteplici attività di lavorazione(33) di prodotti agricoli o zootecnici purché
collegate, dipendenti o conseguenti alla attività agricola principale.
Sono escluse, pertanto, solo le attività che pongono in essere un'autonoma
operazione speculativa commerciale o industriale con il sussidio di opere e mezzi
estranei al normale ciclo produttivo agrario.
Per quanto riguarda, invece, tutte le altre attività dirette alla manipolazione,
conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti
agricoli diversi da quelli contenuti nel D.M. 19 marzo 2004, si applicano le
disposizioni contenute nell'art. 56 bis, comma 2 del TUIR di cui si analizzeranno le
caratteristiche più avanti.
Secondo quanto osservato dalla Cassazione(34) il ciclo produttivo agrario può
essere inteso nel senso che esso comprende tutte le trasformazioni dei prodotti del
suolo ed abbraccia tutto il processo di produzione che va dall'inizio della produzione
stessa al momento in cui il prodotto è reso consumabile e vendibile.
Nel ciclo produttivo rientra, quindi, l'organizzazione per il collocamento dei
prodotti a condizione che la medesima non dia vita ad un'autonoma attività
commerciale o industriale con l'ausilio di opere e mezzi estranei alla coltivazione dei
fondi. Va evidenziato, comunque, che in via generale le attività connesse sono
attività oggettivamente commerciali e non agricole queste ultime sono qualificate
come tali dalla legge allorquando si verifichino due condizioni: una di carattere
soggettivo e relativo al fatto che le attività in questione devono essere esercitate dallo
stesso soggetto che esercita quelle agricole; l'altra di carattere oggettivo e relativo al
fatto che l'attività connesse deve avere una coerenza rispetto alla attività principale.
Le modifiche sostanziali della nuova formulazione dell'art. 32 anche in
relazione alle attività connesse, come già più volte rappresentato, ricalcano sempre la
nuova figura dell'imprenditore agricolo proposta dall'art. 2135 c.c. ed in particolar
modo le modifiche più significative risiedono nel comma 3 del predetto articolo e
che riguardano proprio la indicazione espressa del requisito soggettivo della
connessione (..connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo..),
l'allargamento delle attività connesse nominate tra cui l'inserimento delle attività di
33 La nuova formulazione della nozione di imprenditore agricolo nasce dalla esigenza di favorire lo sviluppo
dell'ambiente rurale anche attraverso la multifunzionalità dell'azienda agricola, l'ammodernamento delle
strutture produttive agricole, la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti, il rapporto di questi con il
territorio, favorire l'insediamento e la permanenza dei giovani, favorire la cura e la manutenzione
dell'ambiente rurale anche attraverso l'attività di agriturismo e di turismo rurale.
34 Cfr. Sent. n.2684 del 13.7.1976.
28
fornitura di servizi e la scomparsa del criterio della normalità in favore di quello
della prevalenza (..che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla
coltivazione del..).
All'agricoltore, infatti, non è più chiesto il rispetto, nell'individuazione delle
attività connesse, che queste rientrino “nell'esercizio normale dell'agricoltura”
ovverosia un comportamento medio degli agricoltori in un determinato momento
storico di una determinata zona, ma il rispetto del parametro della “prevalenza” in
relazione all'ottenimento dei prodotti ottenuti dalla coltivazione, dalla silvicoltura e
dall'allevamento.
Per quanto riguarda le società cooperative ed i consorzi che svolgono attività
di manipolazione, trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci
che possiedono i terreni, è ormai consolidato l'orientamento giurisprudenziale
secondo il quale sono da considerarsi attività agricole(35).
Tale impostazione viene confermata anche dall'articolo 10 del D.P.R.
601/1973, nella nuova versione modificata dalla L. 24.12.2003, n. 350 il quale
stabilisce l'esenzione da IRES dei redditi conseguiti da società cooperative agricole e
loro consorzi mediante l'allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un
quarto dai terreni dei soci, nonché mediante manipolazione, trasformazione e
alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente
dai soci. L'elenco delle attività generatrici di reddito agrario è stato ampliato per
effetto delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 423 della legge
Finanziaria 2006 (Legge 23 dicembre 2005 n. 266), con un superamento di fatto
delle disposizioni contenute nella lettera c) dell'art. 32 del TUIR, secondo cui i beni
ottenuti nell'ambito delle attività connesse rientrano nella tassazione catastale solo se
sono tra quelli previsti nel D.M. 19 marzo 2004.
Per quanto riguarda il criterio generale della imputazione del reddito agrario,
fermo restando i cenni effettuati durante la presente trattazione, si deve rappresentare
che l'art. 33 t.u.i.r., detta delle particolari regole per l'imputazione del reddito agrario:
Il primo comma dell'articolo in oggetto afferisce alla imputazione del reddito
agrario nel caso di terreno dato in affitto per uso agricolo e stabilisce che in questo
caso il reddito va considerato in capo all'affittuario (quale diretto fruitore) piuttosto
che che al possessore, secondo le regole generali, a partire dalla data in cui il
35 Cfr. Cass. 2004, 14.10.1970; Cass. 3283, 26.10.1972; Cass. 3242, 26.10.1974.
29
contratto stipulato produce gli effetti.
Appare di tutta evidenza che per il reddito agrario l'art. 33 opera una deroga
alla disciplina generale al criterio della imputazione nel caso in cui il possesso
qualificato da un diritto reale del terreno risulti separato dall'effettivo esercizio sullo
stesso di un'attività agricola.
Siffatta disciplina (derogatoria) è giustificata dal fatto che per il reddito
agrario, contrariamente a quanto accade per quello dominicale, rileva l'effettivo
esercizio dell'impresa agricola piuttosto che la semplice e sola relazione con il fondo.
Ai fini della imputazione del reddito, la norma in esame prevede un'altra
condizione perché possa verificarsi la deroga alla disciplina generale ed è costituita
dalla circostanza che l'ipotesi di affitto del terreno sia sempre quella dell'uso
agricolo(36). Il secondo comma prende in considerazione l'ipotesi in cui il fondo si
condotto in forma associata. Il reddito (agrario) infatti va imputato a ciascun
associato per la quota di sua spettanza, quota che deve risultare dall'atto che ne
individua il titolo giuridico e la decorrenza degli effetti e sottoscritto dagli associati.
Là dove non siano state stabilite quote particolari ovvero non risultino dall'atto le
quote, per presunzione, sono da ritenersi uguali.
Ovviamente perché la imputazione possa avvenire, in capo ai beneficiari,
secondo le rispettive quote di competenza, i contribuenti hanno l'obbligo di allegare
alla dichiarazione dei redditi l'atto giuridico sottoscritto dagli associati dal quale si
evinca l'indicazione della quota di ciascun soggetto ed ogni altro elemento, in punto
di diritto, valido a far produrre gli effetti del contratto stesso; ove mai l'obbligo della
allegazione non venga ottemperato, come detto, le quote si presumono uguali.
Quanto alla determinazione del reddito agrario, l'art. 34 t.u.i.r. stabilisce, al
primo comma, che la determinazione del reddito agrario deve essere effettuata
mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo previste dalle norme della legge
catastale per ciascuna qualità di classe e terreno.
Il secondo comma opera un rinvio sic et sempliciter alle norme contenute
nell'art. 28 t.u.i.r. per quanto attiene le cause ed il procedimento di revisione delle
tariffe
d'estimo
e
dispone
che
le
revisioni
devono
essere
effettuate
contemporaneamente a quelle previste nella citata norma, agli effetti del reddito
36 La precisazione nell'articolo in commento della locuzione “affitto per uso agricolo” è stata inserita al fine di
armonizzare la norma in esame con il disposto del comma 4 del precedente art. 32, in base al quale non si
considerano produttivi di reddito agrario i terreni dati in affitto per usi non agricoli, classificati invece tra i
redditi diversi in base all'art. 67, 1° comma, lett.e) del t.u.i.r.
30
dominicale. Il successivo comma terzo stabilisce che le revisioni del classamento dei
terreni disposte agli effetti del reddito dominicale, in base alle disposizioni contenute
negli artt.29 e 30 t.u.i.r., valgono anche per i redditi in esame.
Con riferimento ai terreni condotti in affitto o in forma associata è previsto
che le denunce di variazione che il contribuente devono essere presentate anche
all'U.T.E. ai sensi dell'art. 30, possono essere presentate anche dall'affittuario o da
uno degli associati.
Il quarto ed ultimo comma statuisce che le modalità di determinazione del
reddito agrario per le superfici adibite alle culture prodotte in serra o alla
funghicoltura, sono effettuate per il tramite dell'art. 28, comma 4bis, e si applica la
tariffa d'estimo più alta in vigore nella provincia.
5.3.5 segue: le attività connesse e la produzione di energia.
A partire dal primo gennaio 2006, infatti, costituiscono attività connesse ai
sensi dell'articolo 2135 c.c.; il riferimento alle attività connesse sono disciplinate dal
terzo comma dell'articolo 2135 c.c. il quale fa si che la produzione e la cessione di
energia elettrica deve avere come oggetto fonti rinnovabili agro-forestali ottenute
prevalentemente dall'azienda agricola e che si considerano produttive di reddito
agrario. Questa innovazione è la conseguenza dell'emanazione della legge
23.12.2005, n.266 così come modificato dall'art. 2quater D.L. n.2/2006 il quale ha
introdotto con la c.d. leva fiscale, cioè un sistema che promuove ed incentiva la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Di conseguenza, assumono natura agricola e produttive di reddito agrario
tutte le attività di valorizzazione dei rifiuti prodotti dalle aziende agricole e
zootecniche, compreso l'utilizzo delle biomasse per la produzione di biogas,
esercitate da imprenditore agricolo individuale, società semplici ed enti non
commerciali.
La circolare dell'Agenzia delle Entrate del 13.2.2006, n.6, con riferimento
alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali configura le
attività in questione fra le attività agricole connesse di fornitura di beni e servizi
svolte mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda
normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata e, così facendo, restringe il
31
campo di cui all'art. 2135, comma 3. Va precisato che rimane inteso il rispetto del
principio della “prevalenza”(37) per cui nelle attività volte alla produzione di energia
elettrica dovranno essere utilizzati i prodotti ottenuti in eccesso dalla coltivazione del
fondo, del bosco o dell'allevamento di animali, anche se una o più fasi del ciclo
produttivo sia affidata a terzi.
Rispetto alla produzione di energia elettrica da fonti fotovoltaiche,
l'inserimento fra le attività agricole ex art. 2135, 3° co. trova la sua logica nella
natura strumentale di tale attività rispetto all'esercizio dell'attività imprenditoriale del
soggetto indicato nel primo comma dell'art. 2135; tale inquadramento comporta, da
un punto di vista fiscale, l'assoggettamento del reddito che ne scaturisce, ad Irpef su
base catastale. La produzione di energia da fonti fotovoltaiche anche non effettuata
attraverso l'impiego prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda (agricola),
normalmente utilizzate nell'attività agricola esercitata, riceve un trattamento fiscale
agevolato anche in ragione della finalità funzionale nell'ambito del ciclo biologico.
La logica del miglior trattamento è stata di recente evidenziata anche dalla
recente circolare n.32/E del 6.7.2009 attraverso la quale l'Agenzia delle Entrate
precisa che la connessione agricola dell'attività di produzione di energia elettrica e
calorica da fonti rinnovabili agroforestali è assicurata unicamente dalla condizione
secondo il diritto civile della prevalenza per cui le fonti di produzione dell'energia
devono provenire prevalentemente dal fondo.
Non soggiace alla stessa condizione, sempre secondo l'Agenzia, la
produzione di energia elettrica e calorica da fonti fotovoltaiche poiché queste ultime
non richiedono la utilizzazione di prodotti provenienti dalla terra ma utilizzano le
radiazioni solari che, attraverso appositi impianti, si convertono in energia elettrica e
calorica. La connessione in questo caso non richiama gli argomenti canonici
utilizzati dalla normativa di riferimento ma soggiace solo ad elementi di tipo
economico e di dimensioni dell'impianto tali da far emergere un collegamento
funzionale con l'attività agricola tipica.
Da queste brevi osservazioni effettuate, si può desumere che la produzione di
37 In merito alla valutazione del rispetto della prevalenza, l'Agenzia delle Entrate, con circolare n.44 del
12.5.2001 ha precisato che devono essere usati distinti criteri a seconda delle situazioni tipo che si
presentano. Nella eventualità in cui l'acquisto presso terzi riguardi prodotti della stessa tipologia
merceologica, si deve impiegare un parametro valutativo basato sulla quantità dei due prodotti in questione;
mentre occorre applicare una stima di valore nel caso in cui si debbano comparare beni di diversa specie,
anche si di appartenenti allo stesso comparto agricolo. In particolare, il confronto sarà eseguito prendendo a
riferimento, per i propri prodotti, il valore normale e per quelli acquistati da terzi il relativo costo.
32
energia si colloca senza dubbio fra le attività agricole connesse di produzione di beni
di cui al primo periodo del 3° comma dell'art. 2135, cod.civ.: per le attività connesse,
dunque, la nozione di prevalenza va definita secondo parametri quantitativi, almeno
in via generale, ragione per la quale i prodotti utilizzati nello svolgimento delle
suddette attività ed ottenuti direttamente dall'attività agricola svolta sul fondo devono
risultare prevalenti, eccedenti, rispetto a quelli eventualmente acquistati presso terzi
per la produzione di energia.
L'inserimento della produzione (e cessione) di energia proveniente dalla fonte
fotovoltaica, in particolare, nell'ambito delle attività agricole connesse costituisce
sicuramente un unicum dal momento che questo tipo di attività non può essere legata
alle attività agricole tout court ma tuttavia il legislatore, evidentemente per espressa
scelta legislativa, ha inteso riconoscere a tale tipo di attività lo status di attività
agricola per connessione imponendo il rispetto implicito del parametro della
“prevalenza” che l'Agenzia delle Entrate (38) ha fornito con la circolare sopra citata,
tenendo anche conto delle finalità ambientali che ha inteso perseguire.
La finanziaria 2008 (39) con l'art. 2, co.150, ha offerto al legislatore un astratto
criterio di valutazione della nozione di connessione fondato su un discrimine
costituito dalla potenza nominale dell'energia prodotta con l'impianto fotovoltaico.
Costituisce, infatti, attività connessa quella dedicata alla produzione di
energia fino a 200kw di potenza; tale limite rappresenta una sorta di franchigia
riconosciuta all'imprenditore agricolo affinché la attività venga riconosciuta come
attività connessa perché secondo la previsione del citato art. 2, co.150, i 200kw
costituiscono il limite entro il quale è possibile effettuare il c.d. “scambio sul posto”
e cioè una distribuzione dell'energia non sono per il fabbisogno personale ma anche
rivolta al mercato.
La attività di produzione di energia eccedente il limite dei 200kw può essere
considerata quale attività agricola connessa: a) nel caso in cui il volume d'affari
derivante dall'esercizio dell'attività agricola risulti superiore a quello realizzato
38 L'Agenzia delle Entrate, nell'ambito della nozione di prevalenza ha assunto come riferimento le indicazioni
fornite dal Ministero per le Politiche Agricole e forestali, nota n.3896 del 27.7.2008.
39 L.244 del 2007: con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le direttive per l'attuazione di quanto disposto ai
precedenti commi. Con tali decreti, che per le lettere b) e c) del presente comma sono adottati di concerto con
il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, inoltre: a) sono stabilite le modalità per assicurare la
transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui ai commi da 143 a 157 nonché
le modalità per l'estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di
potenza nominale media annua non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica.
33
attraverso la produzione e cessione di energia fotovoltaica eccedente la franchigia di
200kw. Il parametro in base al quale misurare la prevalenza dell'attività agricola
rispetto alla produzione di energia è quello del volume d'affari di cui all'art.32 t.u.i.r.
b) nel caso in cui la produzione di energia fotovoltaica derivi da impianti con
integrazione architettonica o da impianti parzialmente integrati e realizzati su
strutture aziendali esistenti. La distinzione e data dalla collocazione dei pannelli per
la produzione fotovoltaica su elementi di arredo urbano quali le superfici esterne
degli edifici, fabbricati in genere, strutture che devono essere asservite all'esercizio
dell'attività agricole sia a fini strumentali che abitativi. L'assenza di questa ultima
condizione fa venir meno quel rapporto funzionale con l'attività agricola tipica che
rappresenta un valore inderogabile ai fini della qualificazione “agricola” di una
attività connessa. Restano esclusi, quindi, quegli impianti fotovoltaici non integrati e
cioè posti su strutture diverse da quelle appena sopra indicate;
c) nel caso in cui l'imprenditore dimostri di possedere o condurre nell'esercizio
dell'attività agricola almeno un ettaro di terreno per ogni 10kw di potenza installato,
sempre oltre il limite dei 200kw, s'intende; con questo parametro è richiesta la
dimostrazione, dell'esercizio in forma imprenditoriale dell'attività agricola sui terreni
che concorrono alla realizzazione dell'impianto fotovoltaico.
Per quanto riguarda la determinazione del reddito, sempre la Finanziaria
2008, in riferimento alle attività connesse, consente di poter optare per la
determinazione del reddito comunque secondo gli ordinari criteri di analiticità
mediante la indicazione nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno da cui tale
scelta si vuol fare decorrere. Tale possibilità è riconosciuta a tutti gli imprenditori e
cioè alle persone fisiche, società semplici ed enti non riconosciuti.
5.3.6 segue: l'agriturismo.
Nel linguaggio comune il termine agriturismo ha un significato molto ampio
che comprende qualsiasi attività turistica svolta in un'azienda agricola e finalizzata
ad ottenere, dietro compenso, servizi di alloggio somministrazione di pasti e bevande
e possibilità di partecipare alle stesse attività agricole. Dal punto di vista
squisitamente giuridico e, per quanto riguarda più da vicino il nostro studio, per
agriturismo si intende il complesso di attività ricezione ed ospitalità esercitate dagli
34
imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 c.c. siano essi singoli o associati, attraverso
l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di
coltivazione del fondo di silvicoltura e di allevamento di animali.
L'agriturismo ha trovato una prima regolamentazione con la L. 5 dicembre
1985, n. 730 che fu la prima normativa quadro in materia(40), tale legge è stata
recentemente abrogata e sostituita dalla L. 20 febbraio 2006, n. 96. L'art. 2 L.
96/2006 stabilisce le seguenti condizioni affinché l'attività possa essere considerata
"connessa" all'agricoltura(41):
•
l'agriturismo consiste nell'attività di ricezione ed ospitalità svolta dagli
imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del Codice civile, svolta sia in forma
individuale che societaria;
40 La disciplina nazionale - Il legislatore nazionale, consapevole della consolidata e secolare tradizione di
ospitalità diffusa nelle campagne italiane, con la L. 5.12.1985, n. 730 ha emanato la prima disciplina organica
del fenomeno agrituristico. La disciplina assume la connotazione di legge quadro, in quanto stabilisce
principi fondamentali e inderogabili in materia, mentre alle regioni è riservato il compito di emanare la cd.
normativa di dettaglio. L'originario impianto legislativo ha subìto modifiche ed integrazioni ad opera di
successivi interventi del legislatore nazionale (L. 23.12.1999, n. 488, L. 23.12.2000, n. 388 - Finanziaria 2001
- D.Lgs. 228/2001 - legge di orientamento in agricoltura) che hanno prodotto l'effetto di ampliare, in termini
significativi, il campo di applicazione della legge quadro sull'agriturismo ad una gamma di servizi e di attività
accessorie rispetto a quelli più strettamente ricettivi.
La disciplina regionale - La legge quadro 730/1985 ha definito all'art. 4 l'ambito entro il quale spetta alle
Regioni a statuto ordinario esercitare la potestà legislativa riconosciuta dallo Stato, stabilendo che ad esse
compete:
- la determinazione dei criteri, dei limiti e degli obblighi amministrativi per lo svolgimento dell'attività
agrituristica, tenuto conto delle caratteristiche dell'intero territorio regionale o di parti di esso;
- la disciplina delle ipotesi di sospensione e revoca delle autorizzazioni amministrative previste per l'esercizio
dell'attività agrituristica. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano esercitano
la potestà normativa secondo i rispettivi statuti (art. 15). Le Regioni, poi, in sede di emanazione della
normativa di dettaglio (si veda la tabella 1 che riporta le leggi sull'agriturismo attualmente in vigore in
ciascuna regione) hanno delegato, in tutto o in parte, le funzioni amministrative, in alcuni casi, alle Province,
in altri, alle comunità montane, ed in altri ancora, ai comuni. Ne risulta un quadro legislativo piuttosto
articolato e non sempre omogeneo, che varia anche in termini significativi da Regione a Regione. Le Regioni
hanno anche previsto misure di sostegno e di incentivazione finanziaria al settore, in applicazione dell'art. 14
della legge quadro. La Legge costituzionale n. 3/2001 - La Legge Costituzionale 18.10.2001, n. 3, che ha
modificato il Titolo V della Costituzione, disciplina la ripartizione della competenza legislativa fra lo Stato e
le Regioni. A seguito di tale intervento normativo è riconosciuta alle Regioni la competenza legislativa sia
nella materia dell'agricoltura che in quella del turismo. Per effetto di ciò, la disciplina regionale potrebbe
subire modifiche qualora le Regioni intendessero esercitare tale facoltà. Fino a quel momento resta in vigore
il quadro legislativo delineato nel presente commento. La disciplina comunitaria - In sede comunitaria si
assiste, sul tema dell'agriturismo, alla previsione di specifici interventi di carattere finanziario. Tali interventi
si pongono, talvolta, in una posizione di sostegno di quelli, analoghi, previsti dalle Regioni. Gli imprenditori
agrituristici sono incoraggiati dalla stessa Comunità Europea la quale, con il Regolamento CE n. 127/1999,
(GUCE 26.6.1999 L. 160/1980) sul "Sostegno allo sviluppo rurale da parte del fondo europeo agricolo di
orientamento e garanzia (FEOAG)" riconosce espressamente (artt. 3 e 33) agli Stati membri e alle Regioni la
facoltà di destinare parte delle risorse finanziarie comunitarie all'agriturismo ed, in generale, al turismo
rurale.
41 Secondo T.a.r. Toscana sez. I, n.152/1997, l'esercizio dell'attività agrituristica viene consentito a condizione
che sussista il requisito della principalità del reddito agrario su quello dell'attività agrituristica e che l'azienda
agricola sia idonea allo svolgimento anche dell'attività medesima.
35
•
l'attività di agriturismo deve essere esercitata attraverso l'utilizzazione della
propria azienda agricola;
•
l'attività agrituristica rimane in rapporto di connessione e complementarità
rispetto alle attività previste dall'art. 2135 c.c., le quali di conseguenza
devono avere carattere principale.
Lo stesso art. 2 ha inoltre fornito un'elencazione delle attività( 42) che rientrano nel
concetto di agriturismo, ovvero:
•
dare stagionalmente ospitalità anche in spazi aperti destinati alla sosta dei
campeggiatori;
•
somministrare per la consumazione sul posto pasti e bevande costituiti
prevalentemente da prodotti propri(43), ivi compresi quelli a carattere alcolico
e superalcolico; sono considerati di propria produzione le bevande ed i cibi
prodotti e lavorati nell'azienda agricola anche attraverso lavorazioni esterne,
sono ammessi anche i prodotti acquistati presso altre aziende agricole della
zona e la norma attribuisce una preferenza ai prodotti tipici caratterizzati da
marchi Dop, Igp, Agt, Doc e Docg;
•
organizzare degustazioni di prodotti aziendali;
•
organizzare attività ricreative o culturali anche all'esterno del fondo,
comprese le attività didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di
ippoturismo.
Deve evidenziarsi, inoltre, che un'importante precisazione è contenuta nel
terzo comma dell'art. 2, secondo la quale lo svolgimento di un'attività agrituristica
non costituisce distrazione della destinazione agricola dei fondi e degli edifici
interessati. Sul punto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha avuto modo di
precisare(44) che l'affittuario di un fondo rustico mantiene il diritto di prelazione e
riscatto anche se esercita attività agrituristica perché l'utilizzo agrituristico del fondo
non ne muta la destinazione trattandosi di una forma di turismo nelle campagne volta
a favorire lo sviluppo ed il riequilibrio del territorio agricolo nelle zone rurali. Gli
addetti alla attività agrituristica sono considerati lavoratori agricoli ai fini della
42 Quanto alla finalità dell'agriturismo si deve evidenziare che T.a.r. Lazio, sez.II, n.970/1998 ha stabilito che è
un'attività attraverso la quale si promuove l'avvicinamento della campagna ai cittadini normalmente estranei
al mondo rurale che soddisfa esigenze di tipo turistico ricreativo.
43 Secondo la pronuncia della Cass. Civ. sez.I, n.10187/2001, è vietato ad un agriturismo la vendita di pane di
produzione propria a soggetti che non usufruiscono dei servizi di ristorazione né di quelli alberghieri
dell'esercizio agrituristico.
44 Cfr. Cass. 27.11.1991, n. 12684.
36
vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale siano essi lavoratori
dipendenti a tempo indeterminato, determinato e parziale. L'attività agrituristica a
norma del citato art. 2, 1° comma, può essere esercitata: dagli imprenditori agricoli
singoli ed associati ai sensi dell'art. 2135 c. c. (al riguardo si segnala la novellata
definizione di produttore agricolo introdotta dall'art.1 del D.Lgs. 226/2001 di
orientamento in agricoltura); dai loro familiari ai sensi dell'art. 230 bis c. c.; dai
lavoratori a tempo indeterminato, determinato e parziale (art. 3, c. 2, D.Lgs. 228/
2001).
La norma prevede espressamente che ai fini del riconoscimento delle diverse
qualifiche di imprenditore agricolo, il reddito proveniente dalla attività agrituristica è
considerato reddito agricolo ma ai fini fiscali tale attività rientra nel reddito
d'impresa, come si vedrà più in avanti.
L'art. 3 L. 96/2006 dispone che gli edifici o parte di essi già esistenti sul
fondo possono essere utilizzati per le attività agrituristiche, la norma precisa altresì
che i locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilati ad ogni effetto alle
abitazioni rurali(45). L'assimilazione è importante in quanto ad esempio per i
fabbricati rurali diversi dalle abitazioni, la ruralità deriva dalla condizione di
strumentalità alle attività agricole di cui all'art. 32 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
(coltivazione del fondo, ecc.) e cioè a quelle attività potenzialmente rientranti nel
reddito agrario.
L'attività di agriturismo non rientra nel reddito agrario e quindi in assenza
della specifica previsione le relative costruzioni avrebbero potuto avere rilevanza
fiscale, si ricorda tuttavia che la classificazione fra le costruzioni rurali dei fabbricati
destinati all'agriturismo era già contenuta nell'art. 9, comma 3 bis, D.L. 557/1993,
conv. con modif. con L. 133/1994 modificato con D.P.R. 139/1998; l'irrilevanza
fiscale dei fabbricati destinati all'agriturismo comporta altresì l'esenzione da Irpef.
La natura rurale dei fabbricati destinati all'agriturismo è stata confermata
anche dall'Agenzia del Territorio con la circolare 16 maggio 2006, n. 4, la circolare
che si occupa del classamento catastale dei fabbricati individua le caratteristiche per
a iscrizione delle predette costruzioni nella categoria catastale relativa alle
45 Tale assimilazione li rende esclusi dall'Ici, in quanto la norma supera i requisiti previsti per le abitazioni
rurali, le quali ai sensi dell'art. 9 D.L. 557/1993, conv. con modif. con L. 133/1994 dovrebbero avere
determinate caratteristiche. Di conseguenza come confermato dalla circolare della Agenzia delle entrate 20
marzo 2000, n. 50/E, tali immobili non assumono rilevanza fiscale come se fossero sprovvisti di rendita;
Guida pratica fiscale, Novità, disciplina ed aspetti amministrativi e fiscali, Sole 24Ore, vol., 2006.
37
costruzioni strumentali alle attività agricole. Gli Uffici del Territorio devono quindi
accertare i requisiti relativi alla attività agrituristica quali ad esempio il rapporto di
connessione e complementarietà fra attività agrituristica e coltivazione del fondo ed
in presenza di somministrazione di pasti, l'utilizzo prevalente di prodotti propri della
azienda agricola.
Si ricorda che in base alle disposizioni del T.u.i.r., ai fini delle imposte sui
redditi, l'orientamento consolidatosi nel tempo è stato quello di considerare tale
attività di natura commerciale, quindi nonostante la natura agricola, sotto il profilo
fiscale per l'attività agrituristica non può essere invocata la tassazione catastale.
La locazione di fabbricati rurali con somministrazione di pasti è considerata
attività commerciale occasionale; l'affitto di terreni per campeggio (senza fornitura di
alcun servizio aggiuntivo) rientra nel reddito di natura fondiaria non determinabile
catastalmente".
Dal punto di vista delle imposte sui redditi, poiché l'art. 32 T.u.i.r., si riferisce
soltanto alle attività agricole tradizionali e non menziona in alcun modo l'agriturismo
che non può essere considerato come una attività agricola, bensì come una attività
commerciale produttiva di reddito di impresa ex art. 55 T.u.i.r., anche per l'attività
agrituristica, così come quella di allevamento, il reddito viene determinato in
maniera predeterminata e forfettaria, trovando applicazione un coefficiente di
redditività del 25% all'ammontare dei ricavi conseguiti al netto dell'Iva ed esclusa
ogni detrazione o deduzione46, fatta salva la possibilità di optare per il sistema
ordinario di determinazione del reddito d'impresa; non concorrono a formare il
reddito né le plusvalenze, né le minusvalenze ed i costi non sono deducibili.
Contrariamente a quanto previsto per l'imprenditore agricolo nelle forme sopra
indicate, ai fini dei redditi il coefficiente di redditività non può essere applicato nei
casi di svolgimento dell'attività agrituristica da parte di società di capitali ed enti
commerciali.
5.3.6 Terreni non produttivi di reddito agrario.
La disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 32 stabilisce che i
terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani e quelli dati in affitto per usi
46 Cfr. art. 5, comma 1, L.30.12.1991, n.413.
38
non agricoli oltre a non produrre reddito dominicale, come disposto dal secondo
comma dell'articolo 27, non producono neppure reddito agrario.
Con la disposizione in oggetto è stata colmata una lacuna derivante dalla
menzione dei terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani soltanto
nell'art. 22 del previgente DPR n.597
I terreni dati in affitto per uso non agricolo producono redditi diversi ai sensi
dell'art. 67, lettera e) del TUIR. I redditi dei terreni spettanti a società di capitali ed
enti commerciali producono reddito d'impresa. Infine si ricorda che l'articolo 6 del
TUIR prevede che i redditi delle società in nome collettivo e in accomandita
semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l'oggetto sociale, sono
considerati redditi d'impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme
relative a tali redditi.
Facendo seguito a quanto già accennato nel paragrafo 2) alcuni redditi anche
se di natura fondiaria in realtà non producono redditi fondiari secondo la previsione
dell'art. 25 e, quindi, determinati catastalmente, ma confluiscono nei redditi diversi
secondo la previsione degli artt.67. Rientrano nella previsione del primo tutti i
proventi che derivano dall'affitto o dallo sfruttamento di terreni concessi per uso non
agricolo ovvero i redditi di beni immobili (terreni e fabbricati) situati all'estero.
Sempre nell'ambito dei redditi diversi deve evidenziarsi che l'art. 70 sancisce
che i redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente ancorché consistenti
in prodotti del fondo o commisurati ad essi ed i redditi dei beni immobili situati nel
territorio dello Stato che non sono e non devono essere iscritti in catasto con
attribuzione di rendita, concorrono a formare il reddito complessivo nell'ammontare
per il periodo di imposta in cui sono percepiti.
Il 2° comma del citato articolo, statuisce che i redditi dei terreni e dei
fabbricati situati all'estero concorrono alla formazione del reddito complessivo in
base all'ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per
il corrispondente periodo d'imposta.
I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero
concorrono a formare il reddito complessivo per l'ammontare percepito nel periodo
d'imposta, ridotto del 15% a titolo di deduzione forfetaria delle spese.
Ai sensi dell'art. 70 i redditi fondiari non determinabili catastalmente (art. 67
lett.e) sono assunti secondo il criterio di cassa nell'anno e per l'importo
39
effettivamente percepito. Emerge, ictu oculi che la previsione di detto sistema di
tassazione porta ad un superamento della logica della determinazione della base
imponibile su base catastale del reddito(47). La lett.f) dell'articolo appena citato, fa
rientrare nei redditi diversi anche i redditi dei terreni e dei fabbricati situati
all'estero(48) in considerazione di una evidente ed oggettiva impossibilità materiale di
applicare il sistema catastale (in vigore nel nostro Stato)..
L'art. 90 del T.u.i.r. dispone che i redditi degli immobili che non
costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa, concorrono a formare il
reddito nell'ammontare determinato secondo le regole dei redditi fondiari. I terreni
agricoli posseduti dalle Snc e dalle Sas non erano considerati beni strumentali fino al
periodo d'imposta 1996. Invece a partire dall'esercizio successivo a quello in corso al
31 dicembre 1996 anche i terreni di Snc e Sas producono reddito d'impresa(49).
6. I fabbricati rurali
Non danno luogo a reddito di fabbricati, e non vanno pertanto dichiarate in quanto il
relativo reddito è già compreso in quello catastale del terreno, le costruzioni rurali
(ed eventuali pertinenze) appartenenti al possessore o all'affittuario dei terreni cui
servono, se effettivamente adibite ad abitazione o a funzioni strumentali all'attività
agricola dal proprietario, dall'affittuario, dai familiari conviventi a loro carico o dai
dipendenti che esercitano attività agricole nell'azienda a tempo indeterminato o a
47 Cfr. P. Boria, op. ult. cit. Secondo l'Autore queste situazioni sono riconducibili a casi in cui viene
radicalmente abbandonata la logica sottesa al metodo catastale di determinazione della base imponibile.
48 Secondo quanto disposto dall'art. 43, comma 1, del TUIR non si considerano produttivi di reddito fondiario
gli immobili relativi ad imprese commerciali e quelli che costituiscono beni strumentali per l'esercizio di arti
e professioni. A tale riguardo, con riferimento ai soggetti non residenti, per effetto delle disposizioni del
TUIR, possono ritenersi relativi all'impresa:
gli
immobili, posseduti in Italia da persone fisiche o enti non commerciali, relativi ad attività commerciali
esercitate nel territorio medesimo mediante una stabile organizzazione;
gli
immobili posseduti in Italia da società ed enti commerciali con stabile organizzazione nel territorio dello
Stato. Ne consegue che il possesso di immobili in Italia da parte di società ed enti commerciali senza una
stabile organizzazione nel territorio dello Stato genera redditi fondiari assoggettati a tassazione secondo le
regole stabilite nel Titolo I, Capo II del TUIR. Allo stesso modo saranno tassati in base al reddito fondiario
anche i soggetti non residenti che possiedono in Italia immobili adibiti ad un'attività commerciale pur essendo
privi di una stabile organizzazione (ad es. depositi, magazzini o locali espositivi). Se a possedere gli immobili
in Italia è invece un soggetto non residente con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i beni saranno
sempre considerati relativi all'impresa e, di conseguenza, i redditi ad essi riferibili andranno a confluire
all'interno dei redditi d'impresa determinati secondo le disposizioni dell'art. 90 del TUIR.
49 Si veda, al riguardo, anche l'art.55, comma 2, lett.c) t.u.i.r.
40
tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento,
ovvero dalle persone addette alle attività di alpeggio in zone di montagna.
Ai fini del riconoscimento della ruralità inoltre devono sussistere le seguenti
condizioni:
•
il terreno cui il fabbricato si riferisce deve avere una superficie non inferiore
a 10.000 mq ed essere censito al catasto dei terreni con attribuzione del
reddito agrario; se sul terreno sono praticate colture specializzate in serra o la
funghicoltura o altra coltura intensiva, oppure se lo stesso è ubicato in un
Comune c.d. montano, la superficie minima scende a 3.000 mq;
•
il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il
fondo e risultante dalla dichiarazione annuale IVA relativa all'anno
precedente deve essere superiore alla metà del suo reddito complessivo
relativo allo stesso anno. In caso di unità immobiliari utilizzate
congiuntamente da più persone, i requisiti devono essere posseduti da almeno
una di esse. Se sul terreno insistono più unità immobiliari ad uso abitativo i
requisiti di ruralità devono essere soddisfatti distintamente per ciascuna unità
immobiliare.
Nel caso in cui più unità abitative siano utilizzate da più persone dello stesso
nucleo familiare, in aggiunta ai precedenti requisiti, è necessario che per ciascuna
unità venga rispettato anche il limite massimo di cinque vani catastali o di 80 metri
quadrati per il primo abitante e di un vano catastale o di 20 metri quadrati per ogni
abitante oltre il primo.
Le costruzioni non utilizzate che hanno i requisiti per essere considerate
rurali non si considerano produttive di reddito di fabbricati; la mancata utilizzazione
deve essere comprovata con apposita autocertificazione con firma autentica, da
fornire a richiesta degli organi competenti(50).
50 Le disposizioni contenute nel D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 convertito con modificazioni dalla Legge 24
novembre 2006, n. 286 prevedono un sistema di collaborazione tra l'Agenzia del Territorio e l'Agenzia per le
erogazioni in Agricoltura (AGEA) che permette l'aggiornamento e il monitoraggio dei fabbricati rurali.
Infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2007, ogni qualvolta il contribuente provveda ad inoltrare richiesta per
l'assegnazione di contributi agricoli previsti dal regolamento (CE) n. 1782/03 del Consiglio, del 29 settembre
2003, e dal regolamento (CE) n. 796/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, egli dovrà fornire, oltre
all'indicazione della coltura esercitata su ciascun terreno, anche i corrispondenti identificativi catastali,
comprese le informazioni riguardanti i fabbricati inclusi nell'azienda agricola. In base alle informazioni
fornite dall'AGEA, gli uffici catastali potranno quindi individuare in maniera più agevole sia i fabbricati
iscritti al catasto dei terreni (e quindi senza rendita), sia quelli non censiti, che abbiano perso i requisiti di
ruralità. La procedura operativa indicata al comma 36 dell'articolo 2 del D.L. 262/2006 prevede poi che, una
volta individuati i fabbricati non aventi più i requisiti per essere considerati rurali, gli Uffici dell'Agenzia del
Territorio provvedono ad inviare una richiesta di regolarizzazione ai possessori degli immobili medesimi che,
41
7. Ipotesi di esclusione dalla produzione di reddito agrario.
Come già accennato in precedenza, il legislatore tributario ha provveduto a
classificare alcuni redditi provenienti dal settore agricolo nel reddito di impresa
ritenendo che le attività da cui provengono abbiano una natura commerciale. A tale
proposito possono distinguersi due tipi di “commercialità”:
- una conseguente l'applicazione di un criterio quantitativo, rappresentato dal
superamento dei limiti previsti dall'art. 32 T.u.i.r.,
- l'altra di carattere qualitativo, determinata dalla natura stessa dell'attività.
Alla prima categoria, riepilogando, appartengono l'allevamento di animali
con mangimi che non sono ottenibili dal terreno neanche per la quarta parte oppure
che hanno per oggetto prodotti agricoli o zootecnici non provenienti per almeno la
metà dal terreno o dagli animali allevati su di esso.
Alla seconda categoria appartengono alcune attività che, pur presentando una
connessione con il mondo agricolo, hanno caratteristiche tali da farle qualificare
come attività commerciali. Tra di esse viene in risalto innanzitutto l'agriturismo, del
quale si è parlato in precedenza.
Per quanto riguarda l'allevamento di animali il reddito che ne deriva dalla
sola parte eccedente i limiti di cui all'art.32, comma 2, lett.b) t.u.i.r. è considerato
reddito di impresa e disciplinato dall'art. 56, comma 5, che prevede una
determinazione in via forfetaria. Possono beneficiare di detto criterio forfetario le
imprese individuali e gli enti non commerciali quale che sia il regime di contabilità
(semplificato o ordinario) adottato; merita solo una puntualizzazione la circostanza
secondo la quale le imprese di allevamento, nel caso in cui esercitino l'allevamento
entro i limiti di cui al citato art. 32 t.u.i.r.,sono obbligate a determinare il reddito
mediante il sistema catastale, mentre ove l'attività sia esercitata oltre i limiti
l'adozione del criterio forfetizzato del reddito è facoltativa(51).
Per quanto riguarda la produzione di vegetali di cui all'art. 32, comma 2,
lett.b) seconda parte, nel caso in cui la produzione ecceda i limiti indicati (agrarietà)
l'art. 56 bis t.u.i.r. prevede uno specifico regime di determinazione del reddito di
se non osservata entro 90 giorni, consente agli uffici catastali di procedere d'ufficio con spese a carico del
contribuente. La nuova rendita così attribuita avrà decorrenza a partire dal 1° gennaio dell'anno di
imposizione ovvero, se dalla comunicazione inviata non è possibile individuare il momento in cui sono venuti
meno detti requisiti, a partire dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta.
51 Cfr. Legge delega 9 ottobre 1971 n.825.
42
impresa statuendo che il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il
reddito d'impresa nella misura corrispondente al reddito agrario relativo alla
superficie sulla quale la produzione insiste in proporzione alla superficie eccedente.
Quindi per il calcolo della determinazione del reddito assume importanza
l'accertamento della superficie sulla quale la coltivazione viene effettuata (insiste); in
altri termini la produzione è da ritenersi eccedente quando viene effettuata su più di
due ripiani o bancali (strutture fisse o mobili) e cioè su di una superficie maggiore
del doppio di quella interessata alla produzione.
Tra le altre attività che, pur essendo connesse con l'agricoltura, sono da
considerare oggettivamente commerciali possono includersi l'affitto abituale di
macchine agricole, lo sfruttamento di un bosco come riserva di caccia, la raccolta e
la vendita del concime naturale animale.
Il comma 2 dell'art. 56bis, stabilisce che per le attività agricole connesse
dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione, e
commercializzazione dei prodotti diversi(52) da quelli indicati nell'art. 32, 2° comma,
lett.c) t.u.i.r., ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o
dall'allevamento di animali, il reddito (di impresa) è determinato in modo forfetario
mediante l'applicazione all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o
soggette a registrazione i fini Iva, il coefficiente di redditività del 15%.
Il successivo comma 3 dell'art. 56 t.u.i.r. individua un regime forfetario per le
attività connesse alla attività agricola principale e relative alla fornitura di servizi di
cui al 3° comma del novellato art. 2135 c.c.; secondo tale norma il reddito viene
determinato mediante l'applicazione, all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni
registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, il
coefficiente di redditività del 25%(53).
In base alla disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art.32 del T.u.i.r.,
52 In tal senso la circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 44/E, 15.11.2004,precisa che “le attività riconducibili al
regime previsto dall'art. 56Bis del t.u.i.r., sono quelle che attività che concernono le trasformazioni in prodotti
diversi da quelli compresi nella tabella allegata al decreto ministeriale” là dove si intende fare riferimento a
quelle attività che normalmente vengono esercitate nell'ambito dell'attività agricola che intervengono in una
fase successiva a quella che ha originato i beni elencati nel decreto ministeriale. In considerazione di ciò, per
esempio, possono essere considerate attività connesse a quelle agricole quelle relative alla produzione di
salumi ed insaccati, produzione di grappe che, pur non rientrando fra quelle riportate nel decreto ministeriale,
sono ritenute unanimemente da dottrina e giurisprudenza come attività connesse ex art. 32 t.u.i.r. Non
costituisce, per converso, attività connessa a quella agricola, l'attività di panificazione dal momento che
appare poco credibile e probabile che detta attività rientri nell'ambito delle attività normalmente svolte dagli
imprenditori agricoli. Cfr. M. Leo, Le imposte sui redditi nel testo unico, I, Milano, 2006, pag. 606 e segg.
53 Cfr. Art. 1, co. 423, L.23.12.2005, n.266 (Produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti
rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate da imprenditori agricoli).
43
non si considerano produttivi di reddito agrario i terreni che costituiscono pertinenze
di fabbricati urbani e quelli dati in affitto per usi non agricoli, i cui proventi sono
assoggettati ad imposizione come redditi diversi di cui all'art.67, lett. e) del T.u.i.r.
8. I redditi fondiari, elementi di comparazione: la tassazione nel
sistema tedesco e francese.
In via generale i redditi provenienti dai beni immobili non creano particolari
difficoltà interpretative ai fini della individuazione della giurisdizione fiscale
competente e ciò in virtù della ovvia considerazione che l'immobile, quale elemento
produttivo di reddito è facilmente individuabile e localizzabile all'interno di un
determinato territorio assoggettato ad un determinato sistema fiscale.
Fatta questa semplice ma significativa premessa, anche nell'ambito di alcuni
importanti Stati europei come la Francia e la Germania, il principio posto a base
della tassazione del reddito derivante dai terreni è quello della territorialità;
passiamo ad analizzare, sia pure per cenni, i criteri di imputazione dei redditi
provenienti dall'esercizio di attività agricole.
8.1 Il sistema tedesco.
Per quanto riguarda le imposte attinenti l'oggetto del nostro studio, il sistema
tributario tedesco consta di una imposta fondiaria che ha ad oggetto un terreno
situato nel territorio dello Stato ed in particolar modo nell'ambito di un comune.
Come vedremo, anche nel sistema tedesco vi è una certa affinità con il
sistema di tassazione su base catastale, e quindi, forfetario, previsto nel nostro
ordinamento. Vi è una imposta reale( 54), che è l'imposta fondiaria, di regola applicata
a tutti i terreni e prevede una differenziazione dei terreni tra terreni agricoli e
forestali ed altri tipi di terreni; essa non è applicata a quei terreni che vengono
classificati in base al c.d. valore unitario ossia secondo il reddito effettivo conseguito
54 Le imposte reali, a differenza di quelle personali, che appunto afferiscono alle condizioni personali del
soggetto d'imposta attengono ad un oggetto; le imposte reali sono l'imposta fondiaria e l'imposta comunale
sull'industria e commercio; D. Birk, Diritto Tributario Tedesco,traduzione a cura di Enrico De Mita, Giuffrè,
2006, pag 23.
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dal terreno, ma sul reddito previsto e, in questa circostanza può essere individuato un
punto di contatto con il principio giuridico che nel nostro ordinamento dispone la
tassazione del reddito ritraibile (dal terreno) in base a coefficienti stabiliti, piuttosto
che quello effettivamente prodotto.
Grande differenza invece può essere riscontrata, invece, nella destinazione
del gettito di questa imposta che,quale imposta reale compete ai Comuni nel cui
mandamento il terreno oggetto della tassazione si trova.
Per quanto riguarda l'applicazione delle imposte sui terreni di natura
personale il sistema fiscale tedesco prevede una imposizione dei redditi derivanti da
economia agricola e forestale i cui presupposti sono costituiti dall'esercizio da parte
di una impresa(55), di una attività autonoma e duratura gestita da soggetti con
l'intenzione di ottenere utili e con la partecipazione, da parte dell'esercente l'attività,
al sistema economico generale.
Per poter meglio comprendere l'oggetto della tassazione in base al sistema
impositivo tedesco, quest'ultimo considera l'economia agricola e forestale come
l'utilizzo programmato delle forze naturali del terreno e lo sfruttamento dei prodotti
autonomamente ottenuti. Tra i redditi principali oggetto di tassazione possiamo
considerare quelli derivanti dalla coltivazione delle piante e degli alberi, ed i redditi
da allevamento di animali nella misura in cui la quantità di foraggio possa essere
ottenuta autonomamente dal terreno usato per l'agricoltura.
L'esercizio della attività agricola e forestale dà luogo a due diversi tipi di
redditi: i redditi primari e quelli secondari.
Rientrano nei primi quelli che risultano immediatamente da un controllo
economico come ad es. quelli derivanti dallo sfruttamento dei prodotti vegetali per
quanto attiene la coltivazione delle piante, mentre in relazione all'allevamento e
mantenimento di animali costituiscono redditi primari da economia agricola i
proventi della vendita degli animali e dei loro prodotti.
I redditi secondari, invece, derivano dalle pertinenze destinate a servire
l'impresa principale nell'esercizio dell'economia agricola e forestale; tali pertinenze,
a titolo di esempio, sono le distillerie, i caseifici, le segherie, i mulini le cave di
55 Nell'ambito del reddito derivante da economia agricola e forestale, alla impresa che esercita detta attività si
applicano gli stessi requisiti della impresa industriale. Impresa industriale è un'attività autonoma duratura che
viene intrapresa con l'intenzione di ottenere degli utili e si rappresenta come partecipazione al circuito
economico generale. Per quanto riguarda l'attività esercitata non deve trattarsi di economia agricola e
forestale, lavoro autonomo o amministrazione del patrimonio privato. Cfr.: D. Birk, Diritto Tributario
Tedesco, traduzione a cura di Enrico De Mita, Giuffrè pag.195, 207 e segg.
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sabbia, di ghiaia o le torbiere, in sintesi tutto ciò che costituisce un corollario della
attività principale dalla quale deve provenire la materia prima utilizzata per oltre il
50%. Solo se tale condizione può essere soddisfatta allora anche il reddito secondario
può intendersi proveniente da economia agricola e forestale, altrimenti deve
intendersi come reddito da azienda industriale o, reddito di impresa per fare un
parallelo con il nostro ordinamento.
L'ordinamento tributario tedesco prevede, inoltre, la possibilità che in alcuni
casi l'esercizio di attività di economia agricola e forestale sia considerata fiscalmente
irrilevante qualora sia un “passatempo”, ossia nel caso in cui venga gestita senza fine
di lucro, come ad es. la gestione di una scuderia.
8.2 Il sistema francese.
Anche in Francia, nell'ambito della determinazione delle diverse categorie di
reddito vi è quello proveniente dallo sfruttamento della terra e la normativa a
differenza di quella tedesca, appena esaminata, appare più analitica e puntuale.
E' prevista, in linea generale, la presenza di utili agricoli che, ai fini delle
imposte sul reddito, sono quelli che i fattori, i mezzadri, i coloni ed i proprietari
ottengono attraverso la diretta coltivazione di beni rurali. Sono considerati utili
agricoli quelli ricavati dalla coltura di vegetali, cereali, barbabietole da zucchero,
vigne, legumi, alberi da frutto, fiori e tutto ciò che può essere adatto alla coltura
come campi, prati, frutteti ed orti.
I redditi dell'azienda agricola comprendono per i coltivatori, i profitti
risultanti dalla vendita o dal consumo di prodotti provenienti dalla coltura o
dall'allevamento e per la normativa francese il ricorso a mezzi meccanici o prodotti
chimici anche in maniera preponderante, non fanno venir meno la natura agricola
della attività esercitata.
Anche i profitti degli allevatori di animali e di quelli da macello, pollame,
conigli, uccelli, cani, piccoli animali domestici, costituiscono redditi agricoli
rimanendo indifferente la circostanza che gli animali siano allevati all'aperto ovvero
all'interno di edifici specializzati; alle attività di allevamento in quanto tali possono
essere equiparate anche le attività di avicoltura, apicoltura, ostricoltura e piscicoltura.
Nel caso in cui i beni rurali vengano coltivati direttamente direttamente dal
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proprietario, i redditi di natura agricola che ne derivano sono comprensivi anche
della remunerazione del capitale fondiario o della rendita del terreno.
Nella ipotesi in cui il proprietario di un terreno ceda in locazione i propri beni
il canone di locazione è considerato come reddito del capitale fondiario ed è tassato
in capo al proprietario-locatore nella categoria dei redditi fondiari; l'utile agricolo in
quanto tale, invece, viene tassato in capo al locatario-conduttore dei fondi.
Anche nel sistema tributario francese, così come nel nostro ordinamento,
sono previste delle ipotesi di reddito derivanti dalle attività di coltivazione del
terreno che sono escluse dalla tassazione come utili agricoli. Si tratta delle ipotesi in
cui l'attività agricola è esercitata quale estensione di un'attività industriale o
commerciale ovvero quando il coltivatore si dedica prevalentemente ad attività che
non dipendono dall'agricoltura o extra-agricole.
Più in particolare, le attività agricole sono considerate estensione di una
impresa industriale o commerciale quando i prodotti agricoli ottenuti sono ritenuti
accessori della attività industriale o commerciale perché queste ultime sono
preponderanti rispetto alla attività agricola. Così, ad esempio, un commerciante di
bestiame che possieda ed eserciti anche una attività agricola con la quale alleva gli
animali oggetto della attività commerciale è soggetto alla tassazione che riguarda gli
utili industriali e commerciali e non quella degli utili agricoli.
Le attività extra-agricole, invece, sono quelle che si collocano al di fuori
dell'esercizio normale dell'agricoltura ragione per la quale i redditi che derivano da
tale tipo di attività saranno tassati nella categoria corrispondente alla natura della
attività esercitata dal contribuente qualora questa sia prevalente rispetto a quella
agricola. Come è facile intuire da questi brevi accenni,il sistema tributario francese
non prevede, come quello italiano, una predeterminazione del reddito proveniente
dall'esercizio di attività agricole, ma esso è tassato nella misura in cui il coltivatore
produce gli utili agricoli che vengono tassati, quanto alle imposte sul reddito, come
reddito fondiario. E' prevista, però, anche una determinazione forfetaria dell'utile
agricolo inteso come un utile medio fissato in base ad un coefficiente che si applica
per ciascun ettaro; questo utile medio non ha lo scopo di fornire un reddito
imponibile che sia il più possibile vicino alla realtà, ma piuttosto quello di
rappresentare il reddito probabile degli agricoltori di una determinata regione.
La determinazione forfetaria dell'utile agricolo è sostanzialmente una
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procedura collettiva che accomuna, appunto, tutti gli agricoltori di una determinata
regione per i quali la media delle entrate annue, rapportate a due annate consecutive,
non superi delle soglie predeterminate e che tali soggetti non abbiano optato per altro
ed alternativo sistema impositivo.
9. Brevi osservazioni conclusive.
Da quanto emerso in questa breve trattazione si è potuto mettere in evidenza
che il terreno costituisce un elemento fondamentale nella determinazione del reddito,
sia da un punto di vista di superficie fisica della terra ma anche come elemento
rilevante sul piano giuridico ed economico e ciò in quanto il terreno abbia un
possessore ed una particolare destinazione individuata secondo un sistema censuario
che mediante operazioni di stima determina il reddito ai fini Irpef.
Per quanto riguarda il reddito agrario, in conclusione, la determinazione del
reddito appare più complessa perché oltre all'elemento terreno entrano, ai fini della
determinazione del reddito anche il capitale d'esercizio, la organizzazione del lavoro
sui terreni nei limiti della loro potenzialità, nell'esercizio delle attività agricole.
Va ricordato, quindi, che la previsione dell'art. 32 T.U.I.R. 1° co., va
coordinata ed integrata con quanto disposto dall'art. 2082 c.c. (che delinea la nozione
civilistica di imprenditore) e dell'art. 2135 c.c. che definisce, nello specifico la figura
dell'imprenditore agricolo così come modificata dal D.Lgs. 228/2001 e dal D.Lgs.
99/2004, (come colui che esercita un attività diretta alla coltivazione del fondo,
allevamento di animali, selvicoltura e attività connesse e nella denominazione sociale
diviene obbligatoria l'indicazione di "società agricola").
Solo per puro spirito riepilogativo per coltivazione del fondo, silvicoltura e
allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un
ciclo biologico o di una fase necessaria al ciclo stesso, di carattere vegetale o animale
che utilizzino o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o
marine. L'art. 2135 c.c., come visto, fornisce anche una definizione delle attività
connesse, che da quanto lasciato trasparire dall'articolo di riferimento, oggi appaiono
particolarmente ampie e comprendono sia le attività dirette alla fornitura di beni e di
servizi sia le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale
e sia, infine, le attività di ricezione e ospitalità.
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La nozione di imprenditore agricolo, secondo gli aggiornamenti normativi
citati, oggi comprende anche la figura delle cooperative di imprenditori agricoli e i
loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all'art. 2135
c.c. prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai soci
beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.
Può, quindi, a conclusione di questa breve trattazione che ha voluto fornire
degli elementi di base per lo studio dei redditi agrari, che il sistema di tassazione
catastale dei redditi dei terreni se un tempo rappresentava un giusto compromesso tra
esigenze fiscali, semplicità, efficienza del prelievo fiscale da un lato e incentivo alla
coltivazione dei fondi dall'altro, ai giorni nostri tale sistema impositivo potrebbe
intendersi ampiamente superato o forse mantenuto solo per la tassazione di imprese
agricole di piccole dimensioni che procedono alla coltivazione e vendita diretta dei
prodotti della terra nei confronti del consumatore finale. Oggi, infatti, il sistema della
tassazione catastale applicato nei confronti di imprese agricole di medie e grandi
dimensioni che effettuano la coltivazione dei fondi o l'allevamento di animali nelle
forme sopra indicate, in maniera intensiva o con tecnologie e strumenti
d'avanguardia, potrebbe non esprimere in ambito tributaristico, la reale potenzialità
economica della azienda, con un conseguente prelievo fiscale inferiore a quello reale.
Si potrebbe, infatti, auspicare una riforma radicale della tassazione dei redditi
fondiari ed in particolare di quella agraria che potrebbe essere adeguata ed
uniformata alla determinazione analitica del reddito cui è oggi ispirata la
determinazione del reddito autonomo, d'impresa anche al fine di evitare degli
inspiegabili paradossi secondo i quali, aziende agricole di grandi dimensioni hanno
la possibilità di determinare in maniera forfetaria (e senza l'ausilio di alcuna
contabilità) il proprio reddito, a dispetto di piccoli imprenditori o piccoli
commercianti o dei liberi professionisti i quali sono invece assoggettati a regimi di
determinazione del reddito assai più articolati e complessi costi di gestione anche in
materia di contabilità, assai più elevati.
Avv. Alessandro Fino
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