onomastica e società in das superweib di h. lind

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onomastica e società in das superweib di h. lind
FILIPPO COCCHELLA
ONOMASTICA E SOCIETÀ
IN UN ROMANZO TEDESCO CONTEMPORANEO:
DAS SUPERWEIB DI HERA LIND*
Uno dei best-sellers mondiali di questi ultimi anni è sicuramente Das
Superweib (Superdonna, 1994), della tedesca Hera Lind (pseudonimo
di Herlind Wartenberg, nata nel 1957 presso Colonia, città dove attualmente lavora e vive con il compagno e quattro bambini), la quale si era
già imposta sul finire degli anni ’80 con Ein Mann für jede Tonart (Un
uomo per tutte le tonalità): da entrambi i romanzi sono stati ricavati
due film parimenti di enorme successo.1
In questa sede cercherò di dimostrare come l’onomastica contenuta
all’interno di Superdonna ne costituisca un’importante chiave di lettura, che è duplice, in quanto da un lato è finalizzata all’illustrazione di
tesi legate a un femminismo di tipo moderato, non radicale, dall’altro
vuole essere una celebrazione del patrimonio culturale tedesco, in primis di Goethe e dei Grimm, che l’autrice mostra di conoscere bene in
virtù della sua formazione davvero non comune – studi universitari di
teologia, letteratura tedesca e storia della musica, una breve ma fortunata carriera di cantante lirica con tournées in due continenti, tre anni
come moderatrice televisiva del talk-show “Hera Lind und Leute”,
esperienze che per la Lind hanno contato molto, come è vero che nei
suoi romanzi affiorano a più riprese.
In Italia Das Superweib è apparso per la prima volta presso Salani,2
* Desidero ringraziare la Prof.ssa Maria Giovanna Arcamone e gli amici e colleghi Eleonora Consani, Maria A. Dettori e Christoph Reuter.
1 Soltanto in Germania Das Superweib ha venduto due milioni e mezzo di copie. Per
quanto riguarda il film tratto dal romanzo vanno ricordati innanzitutto il produttore, Bernd
Eichinger, che al suo attivo ha altre due produzioni cinematografiche tratte da altrettanti
successi letterari internazionali (Il nome della rosa di Umberto Eco e La casa degli spiriti di
Isabel Allende), e l’ex modella, ora star di fama mondiale, Veronica Ferres nel ruolo della
protagonista Franziska Herr/Franka Zis; completano il cast Joachin Król, Thomas Heinze,
Richy Müller, Heiner Lauterbach, Til Schweiger, Esther Schweins e la grande gloria del cinema tedesco Liselotte Pulver. La regia è di Sönke Wortmann.
2 Trad. it. di Riccardo Cravero: dal 1999 per i tipi della TEADUE. Proprio in questi ultimi anni la Salani sta contribuendo alla diffusione del cosiddetto nuovo romanzo femminile, caratterizzato dalla mancanza dell’happy end, ingrediente fondamentale del romanzo rosa, genere ormai in crisi.
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casa editrice fiorentina specializzata nella diffusione di romanzi rosa,
tra cui quelli pionieristici dei fratelli francesi Petit Jean de la Rosière,
noti sotto lo pseudonimo di Delly; ma in questo caso però, come già
accennato, siamo di fronte ad un romanzo femminista, che con il genere rosa non ha più nulla a che vedere, anche se l’amore è tutt’altro che
assente. Protagonista – e voce narrante – è Franziska Herr, giovane
donna della Colonia odierna in lotta per uscire dall’ingrato ruolo di
moglie-madre-vittima che tutta una società maschilista, e segnatamente
l’infedele marito, le ha imposto; alla fine i suoi sforzi saranno premiati,
divorzierà e creerà una nuova famiglia senza però risposarsi, conoscerà
fama e successo, ma soprattutto sarà una superdonna, cioè una donna
libera, perché agirà finalmente fuori dalla cucina, lo spazio ristretto in
cui la donna è stata relegata per secoli fino al sorgere del femminismo.
Di tutto ciò è spia significativa nel romanzo un originale ricorrente microtoponimo, Platz der Inneren Freiheit (‘Piazza della Libertà Interiore’), popolata da ragazze3 che spaccano vetrine, ribaltano macchine,
esibiscono striscioni, tirano con le fionde: dove la piazza altro non è
che l’ipofisi di Franziska, e le ragazze le sue cellule cerebrali magistralmente equiparate a suffragette.
È giunto ora il momento di analizzare l’onomastica relativa alla protagonista del romanzo. Il nome che porta, Franziska Herr, rivela immediatamente una forte personalità: la franziska infatti è un’arma da guerra, per l’esattezza un’ascia in uso presso gli antichi Germani, mentre
Herr, come è noto, in tedesco vuol dire ‘signore’, ‘padrone’; ci sono
dunque gli indizi di un carattere che lotta per affermarsi. In effetti
Franziska, ragazza romantica con ambizioni di attrice, sposando
Wilhelm Grosskötter, allora regista sperimentale, si era illusa di aver
trovato il grande amore e la realizzazione in campo artistico. Calcolo
sbagliato: perché Wilhelm Grosskötter, come risulta dal suo nome individuale Wilhelm, composto dai temi germanici *wilja- (‘volontà’) e
*helma- (‘elmo’), si rivela autentico campione di maschilismo, per il
quale i ruoli dei coniugi sono ben distinti: l’uomo, intellettualmente superiore, produce agendo fuori di casa, allontanandosene anche per
lunghi periodi, mentre il posto della donna è sempre in cucina. A mio
avviso la Lind per la nominazione di questo personaggio ha tenuto presente anche il nome di Wilhelm Meister, il protagonista di tre celebri
romanzi goethiani, che nel primo anello della serie, La missione teatrale
di Wilhelm Meister, abbandona la casa paterna per seguire una compa3
Nel testo Die Mädels auf dem Platz der Inneren Freiheit.
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gnia di attori.4 Pure significativo il fatto che egli sia originario di Münster, città tedesca duramente provata al tempo delle guerre di religione
e durante l’ultimo conflitto mondiale; più di una volta nel romanzo si
fanno cenni all’infanzia infelice di Wilhelm. Per Franziska Herr il matrimonio si è rivelato un pessimo affare: infatti, mentre il marito si è affermato come regista di telefilm ambientati su navi da crociera o in terre esotiche (prodotti commerciali tipo Love Boat o Baywatch, per intenderci) con un nome d’arte, Will Gross, che in tedesco può significare ‘voglio grande’, lei, Franziska Herr, è rimasta schiacciata da Herr
Grosskötter, marito sempre in giro per il mondo e sempre pronto a tradirla con le sue attrici, tra cui la bella Dorothea (altro omaggio a
Goethe, questa volta si tratta di Hermann und Dorothea), ai Caraibi o
sulla Transiberiana. È stata da lui inibita, costretta a dire addio ai sogni
di gloria per occuparsi della casa e dei figli, Franz di quattro anni e
Willi di due, ognuno dei quali continua nel nome proprio e nel carattere uno dei genitori: vivace ma all’occorrenza riflessivo, come mamma
Franziska, Franz, accentratore e sempre pronto a dare ordini, come
papà Wilhelm, Willi, che pur avendo solo due anni si rivolta continuamente contro la madre gridandole “Ich WILL” (‘io voglio’), che in tedesco standard è inopportuno per la sua pesantezza. 5
La Franziska Herr che nella prima scena del romanzo sfoglia pagine
di settimanali femminili nell’esclusivo salone di bellezza Lauro è dunque una donna sfruttata, malinconica e, quel che è peggio, ormai rassegnata ad una vita in bianco e nero fatta di orari e scadenze. Eppure è
proprio lì, nel salone del coiffeur Lauro (nome allusivo ad una consacrazione in campo artistico), dove per la prima volta Franziska ha deciso di affidare i propri capelli, anziché, come di consueto, presso il mediocre negozio dall’equivoco nome Anita Stümper (cioè ‘Anita Pasticcioni’), che inizia la resurrezione. Ecco infatti un’anziana cliente del salone apparentemente un po’ svampita, di nome Alma, che riesce a distogliere Franziska dai pettegolezzi su Diana d’Inghilterra raccontan4 In quanto al cognome Grosskötter, pare trattarsi di una forma creata dall’autrice: punto di partenza è probabilmente il sostantivo kette (‘catena’) che sulla base di giochi fonici diventa kötter; in unione con l’aggettivo gross dà appunto Grosskötter per cui è possibile pensare al significato di ‘grande incatenatore’.
5 In realtà i due bimbi una caratteristica comune ce l’hanno: benché ancora molto piccoli sono infatti già in grado di lasciare a bocca aperta la madre, elaborando giochi di parole
su nomi e cognomi – Franz: “Paula, WAS soll die Mama mit dem Herrn Gross versuchen?”
(‘Paula, che cos’è che deve fare la mamma col signor Gross?’); Willi: “Willi will ein Käsebrot” (‘Willi vuole il formaggino’).
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dole serenamente del proprio fallimento matrimoniale; le dice anche
che con lei vive ancora l’unico figlio, il noto avvocato divorzista Enno
Winkel (e Winkel-advokat, soprattutto nel tedesco parlato, suona un
po’ come ‘avvocatuccio’). Franziska decide allora di recarsi nello studio di Enno per alcune consulenze legali: da tempo infatti ha intenzione di cambiare casa. Ma l’avvocato, complice l’interferenza della madre, crede che voglia anche lasciare il marito e avvia immediatamente
le pratiche di divorzio; e Franziska, che non aveva mai preso in considerazione l’ipotesi di divorziare, si rende improvvisamente conto che
quella è la soluzione migliore. In segno di gratitudine Franziska rinominerà da quel momento in poi, quasi con venerazione, la madre di
Enno Alma mater; (del resto almus in latino è epiteto proprio di divinità con il significato di ‘benefico’, cfr. per esempio l’incipit del De rerum natura di Lucrezio Aeneadum genetrix, hominum divumque voluptas alma Venus […]), ed effettivamente Alma ha un che di divino, e
svolgerà anche in seguito lo stesso ruolo risolutivo che ha il deus ex machina nella tragedia greca o il donatore magico nelle fiabe dei Grimm.
Farà infatti in modo che Franziska ed i suoi bambini diventino i suoi
nuovi vicini di casa al n° 9 di Mendelssohn-Bartholdy Strasse, 6 dove
poco prima si era resa disponibile una deliziosa villetta con giardino;
procurerà loro un aiuto domestico nella persona di Paula Rhöndorf,
una donna in grado di far fronte a ogni evenienza (Rhöndorf è il nome
della cittadina presso Bonn in cui morì Konrad Adenauer, l’energico
politico tedesco nato a Colonia – alla fine del romanzo si scoprirà che
Paula per l’appunto ha un figlio di nome Konrad);7 ma soprattutto catapulterà Franziska verso il successo facendo pervenire alla casa editrice amburghese Frauen mit Pfiff 8 il memoriale che la giovane ha scritto
per perorare la richiesta di divorzio.
L’episodio che segue si svolge decisamente nel segno di Goethe.
Dalla casa editrice fanno sapere che quel manoscritto contiene tutti i
presupposti per un romanzo di successo; ecco quindi Franziska volare
ad Amburgo. Dopo aver cercato invano alla casa editrice l’amministratore delegato, il Doktor Faust, in uno degli uffici invece trova, o meglio
ritrova, dopo tanti anni, Viktor Lange (il cognome del quale significa ‘a
6 Jakob Ludwig Felix Mendelssohn-Bartholdy, tra i più significativi esponenti del romanticismo musicale tedesco (suo il celebre Sogno di una notte di mezza estate).
7 Ma Rhöndorf può significare ‘villaggio sulla Rhön’; e in tal caso la Lind vorrebbe anche elogiare gli abitanti di quella regione tedesca, caratterizzata da un clima rigido.
8 Letteralmente ‘Donne con fischio’, ma si deve intendere piuttosto come ‘Donne da
urlo’: nella trad. it. è reso come ‘Femmine folli’.
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lungo’),9 il suo ex-professore di letteratura tedesca che ha letto quegli
appunti in cui tra l’altro Franziska confessa di averlo segretamente
amato; il sentimento era ed è tuttora reciproco, e Franziska adesso può
finalmente riscoprire la passione grazie a lui, controfigura positiva del
Doktor Faust (non si dimentichi che questo nome in tedesco significa
‘pugno’) e recuperare la giovinezza senza correre pericoli.10
Così, per merito di Alma mater e di Viktor, Franziska Herr-Grosskötter ritrova la propria identità: nella vita privata può infatti tornare a
essere semplicemente Herr, signora e padrona del proprio destino («So
wahr ich Herr heisse. Ich bin und bleibe mein eigener», ‘Sarò
l’unica padrona di me stessa, com’è vero che mi chiamo Herr!’). Ed al
grande pubblico si impone come autrice di Ehelos Glücklich (‘Felicemente non sposata’), il suo romanzo a sfondo autobiografico, destinato
a diventare in breve tempo un best-seller, che firma con lo pseudonimo, quanto mai azzeccato, di Franka Zis, che segna un altro punto a
suo favore nel conflitto che la oppone a Grosskötter. Mentre infatti il
marito si è scelto lo pseudonimo limitandosi ad una riduzione di nome
e cognome, entrambi bitematici, conservandone i temi iniziali (da
Wilhelm Grosskötter a Will Gross), Franziska si dimostra più originale
ricavando dal solo nome un nuovo nome, Franka ‘libera’,11 ed un nuovo cognome, Zis – più o meno ciò è stato fatto anche da Herlind Wartenberg quando è diventata Hera Lind – tanto da poter esclamare con
orgoglio: «Ich, Franziska. Franka Zis. Manchmal muss man nur seinen
Namen ändern, um im Leben ganz neu anzufangen. Die meisten
Mädels tun das durch Heirat. Dabei gibt es doch noch ganz andere
Möglichkeiten!!!» (‘Io Franziska. Franka Zis. A volte basta cambiare il
proprio nome per ricominciare da capo una nuova esistenza. La maggior parte delle ragazze lo fa prendendo marito. Chissà perché non ci
pensano, che ci sono tantissime altre strade!!!’).
9 Dato che si tratta di un insegnante, il cognome potrebbe riecheggiare quello di Helene Lange (1848-1930), fondatrice del movimento femminile tedesco, ella stessa insegnante e
promotrice di una riforma intesa a migliorare la formazione scolastica delle donne.
10 «Es war, als säße ich in meiner Schulbank, und er forderte mich auf, einen Abschnitt
aus Goethes Faust vorzutragen», ‘Mi sentii come se stessi ancora seduta al mio banco e lui
mi invitasse a leggere un brano del Faust di Goethe’; ma ora ogni distanza è scomparsa,
Franziska non è più l’allieva di Viktor (ed in lei è cambiato soprattutto il modo di porsi di
fronte agli uomini).
11 Annota E. DE FELICE nel suo Dizionario dei nomi italiani (Milano 1986) alla voce
Franco che l’ascendenza di questo nome è da ricercare nel tema germanico *franka- «di significato originario incerto, diventato poi l’etnico del popolo dei Franchi, e quindi fissatosi
nel significato di uomo di condizione libera», donde it. ‘affrancarsi’.
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Per comprendere appieno il senso e la portata di questa trasformazione occorre ora considerare due personaggi femminili di nome Susanne, conosciuti da Franziska Herr (ancora coniugata Grosskötter) in
circostanze diverse: inizierò per comodità dalla seconda Susanne. È il
giorno di San Nicola e Franziska è ospite con Franz e Willi nella grande casa parata a festa di una facoltosa madre di famiglia di nome Susanne. Si trovano a disagio sia i bimbi, che avrebbero voluto vedere
San Martino anziché San Nicola, sia Franziska, che proprio non sopporta quell’ambiente fastoso ed affollato, e rivede invece nella memoria
un’altra Susanne (nel testo die ANDERE Susanne, lett. ‘l’altra Susanne’,
in opposizione alla ricca Susanne, che è detta invece Susanne zwei, ‘Susanne due’). La parola ANDERE sta qui per ‘diversa’, ‘alternativa’, e
vuole evidenziare la scelta operata da una donna che in seguito al fallimento matrimoniale si è reinventata trovando lavoro presso una libreria alternativa femminista (Die ANDERE – Frauenbuchladen, naturalmente) senza trascurare le due figlie: è con questa donna felice nella
sua semplicità che Franziska si identifica, e presto le loro vite quasi diventeranno parallele, perché anche Franziska alleverà i figli facendo a
meno del marito ed anche lei finirà in libreria, ma non dietro un banco,
bensì su un banco, come Franka Zis autrice di Felicemente non sposata,
storia del riscatto della dolce Charlotte Kleeberg (ovvero Charlotte
Monte di trifogli). Charlotte, il nome femminile goethiano per eccellenza, qui chiama in causa non tanto la donna amata da Werther quanto piuttosto il personaggio delle Affinità Elettive, storia di due coppie
male assortite. Non escluderei però anche un riferimento a Charlotte
Brontë, la più famosa delle tre sorelle scrittrici inglesi, che pubblicarono in vita le loro opere solo sotto pseudonimi: capolavoro di Charlotte
è il romanzo Jane Eyre (dunque ancora una donna che scrive di una
donna); vorrei ricordare che fino a tutto il sec. XIX il romanzo al femminile è fenomeno eccezionale, eppure il primo romanzo moderno è
stato scritto nel sec. XVII proprio da una donna, Mme de La Fayette
(La principessa di Cleves), antesignana del femminismo. Un fatto comunque è certo, alla Lind il nome Charlotte piace molto, dato che lo
usa anche per la protagonista di un altro suo romanzo, Die Zauberfrau
(La maga). Per quanto riguarda la restante onomastica contenuta nel
romanzo di Franka Zis, si noti che il marito fedifrago riceve il nome
poco elegante di Tom Köttelpeter (‘Tom Pezzo di merda’); viene invece
conservato il nome di Dorothea, e il primo incontro tra i due avviene
non sulla Transiberiana bensì sull’Orient-Express.
Il successo del romanzo fa sì che l’ex-casalinga frustrata di Colonia,
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Franziska Herr, possa finalmente uscire dalla “sfera riproduttiva” per
compiere un viaggio che a tutti gli effetti è un grand-tour, ossia un viaggio di istruzione, grazie al quale potrà accrescere le proprie conoscenze, arricchirsi spiritualmente, oltre che fare opera di promozione. Mete
privilegiate sono le città tedesche centrali e meridionali, dove è ancora
diffusa una mentalità arcaica, ristretta, conservatrice. In questo senso a
mio avviso va letto l’episodio di Franziska nel toponimo immaginario
di Oede (‘desolazione’), collocato dalla Lind a poca distanza da Colonia, singolare villaggio privo di librerie, televisori e servizi igienici decenti, in cui l’istituzione familiare tradizionale è rifiutata a favore della
poliginia; ogni uomo insomma convive con più donne affidando loro
esclusivamente la cura della casa. Franziska ha modo di constatare gli
effetti di questo neoprimitivismo nella casa-tugurio di un certo Erwin
(anche questo è un nome goethiano: Erwin und Elmira) che l’ha invitata affinché legga Felicemente non sposata a lui e alle sue tre conviventi,
i cui nomi, desueti e tutti terminanti per -marie, vengono evidentemente utilizzati in modo da suggerire il comune stato di sottomissione ormai cronico in cui le infelici si trovano, che si manifesta sotto una vera
e propria forma di abulia contro la quale non c’è più alcun rimedio;
queste tre donne non mostrano mai reazioni neppure in presenza dell’ospite che legge una storia che dovrebbe invece scuoterle, tanto che
Franziska trasformerà il nome di una di loro, Emmamarie, in Pechmarie (ossia ‘donna sfortunata’).12
Ma a parte il caso limite di Oede, Franka Zis riceve ovunque sempre
ottime accoglienze, fin dalla sua prima tappa, Sabbach am Neckar, collocato presso Stoccarda (altro toponimo di fantasia; reale è il fiume,
Neckar, inventato invece è il nome della cittadina, che fa pensare al
sabba, aggregazione di streghe; e si tenga presente al riguardo una frase di Alma mater: «Wir Frauen müssen zusammenhalten», ‘Noi donne
dobbiamo far lega’). Alla diffusione del romanzo provvede una vivace
libraia occhialuta tutta parlantina e scatti (il suo cognome è Wirtz-Polt
ovvero ‘chiasso d’osteria’, ma Franziska le appioppa il soprannome
Tootsie accostandola suggestivamente al personaggio en travesti lanciato da Dustin Hoffman nel film omonimo). A più di una persona, lo si è
visto, Franziska dà un soprannome: è anche questo un segno della sua
ritrovata gioia di vivere.
L’emozione più intensa vissuta da Franziska nel proprio viaggio è
però quella legata al suo incontro con Papai, al secolo Martin Born,
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Le altre due donne si chiamano Heidemarie e Ilsemarie.
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uno chansonnier di musiche per bambini, in una cittadina questa volta
reale, Ludwigsburg, patria dello scrittore romantico Eduard Mörike
(che fu anche teologo e pastore), noto soprattutto per un romanzo, Il
pittore Nolten, che per certi versi fa pensare al Wilhelm Meister di
Goethe. In realtà Franziska e Martin hanno già avuto modo di conoscersi qualche mese prima, per l’esattezza a Capodanno (il giorno precedente, quasi presagisse qualcosa, Franziska si era detta parafrasando
Scarlett O’Hara di Via col vento «Morgen ist auch noch ein Jahr», ‘E
domani è un altro anno’), sulle rive di un laghetto nelle vicinanze di
Colonia. In quell’occasione Martin era con la moglie e i due figli, e c’erano anche i bimbi di Franziska: non erano quindi andati oltre qualche
scambio di battute ma l’attrazione era stata fortissima, e i due ora possono abbandonarsi alla passione, complice l’atmosfera magica del luogo (il sentiero nell’erba, il ruscelletto, sullo sfondo le colline e il castello
di Ludwigsburg da una finestra del quale cala la treccia di Rapunzel,
‘Raperonzolo’, protagonista di una fiaba dei Grimm). Franziska Herr e
Martin Born scoprono di avere molto in comune: entrambi sono infelicemente sposati, entrambi hanno due figli, entrambi hanno un temperamento romantico, ma soprattutto entrambi a un certo punto della loro esistenza hanno operato una svolta e hanno pertanto assunto uno
pseudonimo. Martin Born infatti ha esordito nel mondo dello spettacolo come cantante lirico, e suo cavallo di battaglia è stato il ruolo di Papageno (personaggio del Flauto magico mozartiano), che tra l’altro canta «Ein Mädchen oder Weibchen wünscht Papageno sich», ovvero ‘Papageno vorrebbe tanto una bimba o una femminuccia’; per un crudele
scherzo del destino, nella realtà gli è nata una figlia ma handicappata, e
questo triste evento ha causato la trasformazione di Martin Born-Papageno in Papai, l’autore di filastrocche in musica. Nel caso di questo
personaggio l’assunzione dello pseudonimo coincide con un cambiamento che non è a 360 gradi: da Papageno a Papai il passo è breve per
quanto riguarda sia i significanti sia i significati, caratterizzati questi
dall’idea di paternità; cambia soprattutto la realtà extralinguistica, il
pubblico a cui l’artista si rivolge. La restante onomastica relativa al personaggio rinvia decisamente a un mondo di fiaba e di innocenza: Martin è infatti il nome dell’oca domestica compagna di viaggio del giovane protagonista del Viaggio meraviglioso del piccolo Nils Holgersson in
compagnia delle oche selvatiche della svedese Selma Lagerlöf ed è da
mettere in relazione naturalmente anche con san Martino, figura amatissima dai bimbi tedeschi (piace anche, si è visto, a Franz e Willi); col
cognome Born si fa riferimento alla ‘nascita’, e anche all’‘origine’
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(e Franziska aveva conosciuto Martin a Capodanno). Sembra evocare
qualcosa di fiabesco anche il nome del paesello (inventato) in cui vive,
Niederbruch-budenhausen an der Sieg (‘Alle casette di sotto sulla Sieg’).
Di tutti i personaggi del romanzo quello di Martin Born è sicuramente
tra i più felici per la straordinaria compresenza di fonti letterarie e musicali che in lui affiorano, e che l’onomastica conduce ad unità perfetta;
cosicché Papai, il cui aspetto ricorda a Franziska quello di un bardo,
sembra costituire un continuum con i luoghi silenziosi in cui agisce:
Papai è insomma parte integrante di un’atmosfera di perenne pace che
Franziska traduce in queste riflessioni: «Martin. Papageno. Papai»,
«Sommer. High noon. Im Leben und auch sonst» (‘Estate. High noon.
Nella vita e in tutto’).
Dovrebbe essere chiara a questo punto la concezione che Franziska
ha ora dell’amore. In un mondo sempre più frenetico, continuamente
mutevole, la cosa più importante è tenere aperto uno spiraglio per i
mutamenti: Franziska non si risposerà, non andrà quindi più in cerca
dell’uomo perfetto, ma per ogni trasformazione della sua vita si cercherà un uomo differente, congeniale in quel momento: ricercherà ora
la passionalità di Viktor, ora la grazia di Papai, ora il brio e la vivacità
di Enno, neanche lui rimasto insensibile al fascino della superdonna (le
chiederà addirittura di sposarlo), e così via. La donna del nuovo millennio è per la Lind una donna al tempo stesso romantica e femminista, attenta sempre a non cadere nell’uno o nell’altro eccesso. Una dose
elevata di romanticismo farebbe infatti di Franziska nuovamente un
giocattolo nelle mani degli uomini; una posizione ultrafemminista la
porterebbe invece a ragionare come la scrittrice Hella-Maria Andersmann-Wertmann, una donna molto poco femminile di nome e di fatto
(il suo doppio cognome significa appunto ‘Uomo diverso-Uomo di valore’) per la quale «Richtige Schriftstellerinnen haben keine Kinder»
(‘Le vere scrittrici non hanno figli’).13
Das Superweib è un romanzo, come finora si è visto, in cui è il caso a
determinare molti degli avvenimenti narrati. È ancora in modo assolutamente casuale che Wilhelm Grosskötter compra dalla casa editrice i
diritti cinematografici di Felicemente non sposata prima ancora che il libro entri in commercio, senza quindi immaginare che l’autrice sia sua
moglie.14 Così Franziska deve accettare il fatto compiuto, e i due arri13 La scrittrice ultrafemminista partecipa ad un talk-show in cui si discute del successo
del romanzo di Franka Zis: trova tra l’altro assolutamente inconcepibile come una donna
possa scrivere un best-seller al tavolo di cucina.
14 Wilhelm è appena tornato dai Caraibi per chiedere alla moglie di recedere dal propo-
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veranno a un compromesso: lei scriverà la sceneggiatura del film, lui si
occuperà della regia e del cast. Naturalmente anche in questa circostanza Wilhelm mostrerà il lato peggiore di sé, ma le angherie più pesanti Franziska le subirà dai suoi attori meschini e ipocriti, per i quali si
hanno non a caso nomi ridondanti (Udo Kudina), nomi allitteranti
(Hajo Heiermann e Sonja Sonne), o addirittura deformazioni di nomi di
attori reali (Heinz Rührseel desunto da Heinz Rühmann); stesso discorso va fatto per un altro personaggio dal nome allitterante, il paparazzo
Leo Lupe, ovvero ‘Leo Lente (di ingrandimento)’, dunque un impiccione, che cerca di mettere in difficoltà Franziska (peraltro senza successo) nell’ultima scena del romanzo, il cinematografo in cui viene proiettata la “prima” di Felicemente non sposata. Per una curiosa coincidenza
il film esce all’indomani della sentenza di divorzio, grazie al quale
Franziska torna a chiamarsi semplicemente Herr: ma non ha fatto i
conti con il marito, che nei titoli di testa la fa apparire addirittura come
Franziska Grosskötter, e questo è solo uno dei tanti tiri mancini giocati
per l’occasione dal regista all’ormai ex moglie, che però alla fine si
prenderà la rivincita.
Vorrei concludere l’esame onomastico richiamando l’attenzione su
due personaggi femminili dietro i quali si cela evidentemente Hera
Lind. Il primo è il personaggio di suor Herlinde (presente al talk-show
in cui è ospite anche Hella-Maria Andersmann-Wertmann; da notare
anche che Franziska le sta guardando in TV), caratterizzato oltretutto
dall’autonominazione: vengono qui in qualche modo rievocati i tempi
degli studi teologici. Il secondo personaggio invece non ha nome e
neppure volto, è solo una voce: mi riferisco all’ignota cantante che nella scena più intensa di Felicemente non sposata, quella in cui Charlotte
e il suo professore si guardano intensamente negli occhi, intona sullo
sfondo un canto di lode a Dio, Habe Dank (‘Ti ringrazio’): non vi è difficile ravvisare l’autrice, ex-interprete di arie liriche. E a tal proposito
occorre aggiungere che Hera Lind appare in carne ed ossa nella pellicola tratta dal suo romanzo:15 esattamente come faceva Hitchcock nei
suoi film.
sito di divorziare, e la raggiunge nel suo nuovo domicilio, al n° 9 di Mendelssohn-Bartholdy
Strasse proprio nel momento in cui arriva anche un fattorino con un pacco per Franka Zis:
ne nasce una comica scena a tre a causa di una serie di equivoci scaturiti dalla risposta di
Franziska al fattorino («Sie erreichen unter dieser Adresse Herr und Zis», ‘A questo numero trova Herr e Zis’).
15 Recita praticamente se stessa: la si può riconoscere infatti nella puerpera che ha appena dato alla luce il quarto figlio, attorniata dal resto della prole.