Compatte agli steroidi

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Compatte agli steroidi
Compatte agli steroidi
Scritto da Steed Kulka
Nel parco macchine di ogni fotografo esiste sempre un apparecchio compatto da tenere a
portata di mano per fissare tutte quelle situazioni meritevoli di attenzione che possono capitare
senza preavviso in qualunque momento della giornata. Le digitali compatte svolgono in questo
senso un'opera più che dignitosa: piccole e leggere, pronte a scattare in pochi secondi,
ottimizzano automaticamente l'immagine senza richiedere particolari preparazioni e producono
risultati più che apprezzabili senza richiedere sessioni di fotoritocco al computer. Il loro software
interno (il firmware) si fa sempre più servizievole: dalla tradizionale riduzione dell'effetto occhi
rossi siamo passati al riconoscimento dei volti per migliorare ritratti e foto di gruppo, mentre i
programmi preimpostati si fanno sempre più numerosi e sofisticati.
Sbirciando tra le caratteristiche di questi apparecchi ci accorgiamo che la grande varietà offerta
si basa in buona sostanza su poche piattaforme tecnologiche comuni che vengono quindi
personalizzate, limitate o estese in maniera del tutto flessibile per rispondere alle più disparate
esigenze di marketing. Accade quindi nel settore fotografico quello che già succede in altri
campi: le aziende investono risorse significative nello sviluppo di un sistema omnibus completo
(un processore d'immagine, un pianale d'automobile, un engine di stampa) successivamente
customizzabile secondo criteri di target di utenza, prezzo, complessità e concorrenzialità.
E il luogo deputato a questa customizzazione altro non è che la "centralina software" del nostro
apparecchio, quello stesso firmware che di tanto in tanto i produttori stessi ci invitano ad
aggiornare per risolvere determinati problemi o inconvenienti riscontrati sul campo, un po' come
accade normalmente con sistemi operativi e applicazioni per computer. È qui che le aziende
decidono quali funzioni e quali caratteristiche attivare a seconda della fascia di utenza (e di
prezzo) alla quale sarà destinato ciascun modello, ottenendo una enorme flessibilità
commerciale a fronte di investimenti tecnici estremamente focalizzati sui tre elementi
fondamentali: ottica, sensore, processore d'immagine. La modularità dell'intero sistema
fotografico digitale permette addirittura di acquisire l'intera piattaforma da vari produttori terzi
per ottenere un mix and match ottimale da "vestire" a quel punto con un design esteriore e,
ovviamente, un firmware dedicato. Con risultati a volte del tutto inaspettati, come ad esempio il
nuovo videofonino cinese K-Touch C280, che per la parte fotografica utilizzerebbe (il
condizionale è d'obbligo, visto che i produttori coinvolti non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali
in merito) il processore
Canon Digic III, lo stesso
presente all'interno di reflex come la EOS 450D e le 1D/1Ds Mark III, abbinato a un
sensore CMOS Samsung da 8MP
con sensibilità massima ISO 1600.
Se da blocchi hardware comuni è possibile ricavare dunque prodotti tanto diversi
semplicemente variando la logica di programmazione sottostante, non sorprende che negli anni
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numerosi appassionati abbiano deciso di cimentarsi in un'analisi approfondita del software degli
apparecchi fotografici ricostruendo pazientemente le specifiche tecniche dei principali
processori d'immagine e le istruzioni contenute nei firmware. Sono pratiche che i produttori
ovviamente non vedono di buon occhio, tanto che i firmware di aggiornamento ufficiali sono
crittografati dai fabbricanti in modo da non essere direttamente interpretabili da terzi. Ma si
tratta di un meccanismo di difesa aggirabile: in alcuni casi sono state infatti ricostruite le chiavi
di cifratura, in altre situazioni si può ricorrere a semplicissimi circuiti hardware che consentono
di leggere il codice "in chiaro" una volta che è stato installato nella macchina fotografica,
evitando così le protezioni crittografiche.
Firmware alternativi abbondano dunque su Internet, in particolar modo per i modelli di reflex
digitali entry-level o intermedi dove è più facile aggiungere caratteristiche e funzionalità
attivando porzioni di codice già presenti ma non raggiungibili dall'utente, ufficialmente riservate
alle macchine di fascia superiore. Esiste tuttavia il rischio che un firmware non ufficiale
contenga qualche errore tale da causare il blocco dell'apparecchio con conseguente
impossibilità di ripristinare il firmware originale - ottenendo quello che in gergo si chiama "brick",
o mattone - salvo rivolgersi al servizio assistenza del costruttore. Ma con il graduale
ammodernamento dei parchi macchine dei fotografi non è raro imbattersi in qualche
appassionato che decida di rischiare un vecchio apparecchio (o di comprarne qualcuno usato a
poco prezzo) per provare ad aggiornarlo e prolungarne così la vita utile.
Per chi invece voglia cimentarsi in un upgrade non ufficiale evitando i rischi di una modifica
irrevocabile del firmware, esiste l'interessante opportunità di intervenire su numerosi modelli di
Canon IXUS
e
Powershot
trasformandone caratteristiche e funzionalità in modo del tutto temporaneo. Salvataggi RAW,
tempi di esposizione da 1/10.000 a 65 secondi, esecuzione automatica di sequenze di azioni
predefinite dall'utente, persino l'estensione della durata dei filmati registrabili: sono solo alcune
delle possibilità introdotte da
CHDK
, un kit liberamente disponibile su Internet e dall'utilizzo particolarmente semplice.
Navigando tra i menu di ogni macchina fotografica digitale ci si imbatte quasi sempre in una
voce dedicata all'aggiornamento del firmware. Si tratta di una funzione che normalmente
preleva dalla scheda di memoria della macchina un file contenente il nuovo firmware e lo
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trasferisce nella memoria interna dell'apparecchio sovrascrivendo il firmware precedente. Alcuni
modelli Canon, tuttavia, controllano anche l'eventuale presenza sulla scheda di memoria di un
ulteriore programma denominato "diskboot.bin": se esiste, viene eseguito prima di procedere
all'aggiornamento vero e proprio del firmware. Questo meccanismo viene sfruttato da CHDK
per assumere il controllo dell'intero processo ed
estendere
il firmware esistente senza sostituirlo; in altre parole si effettua un pseudoaggiornamento che
arricchisce le funzionalità base dell'apparecchio in maniera trasparente restando attivo in
memoria fino allo spegnimento della macchina fotografica. Alla successiva riaccensione
l'apparecchio tornerà alla sua condizione originale, e per abilitare nuovamente le funzioni extra
di CHDK occorrerà ripetere la procedura.
Grazie a questo accorgimento CHDK si propone come un metodo di sperimentazione sicuro,
per quanto va ricordato che la sopravvenuta disponibilità di parametri funzionali non previsti
dalla Casa produttrice va sempre valutata con cautela evitando di forzare l'apparecchio oltre le
sue capacità fisiche effettive, soprattutto quando si tratta di zoom e messa a fuoco. Prudenza e
buon senso sono sempre opportuni nell'uso di tool come CHDK.
La prima caratteristica che salta all'occhio è indubbiamente la possibilità di ottenere file RAW su
apparecchi venduti per produrre esclusivamente immagini JPEG. A differenza di quanto accade
con le reflex Canon, il file CRW restituito da una Powershot o una IXUS limita le informazioni a
10 bit per canale anziché 12 ed è sufficientemente particolare da non essere riconosciuto da
programmi diffusi come Adobe Camera RAW, Bibble e persino dal Raw Image Task della
stessa Canon. La soluzione è quella di convertire l'immagine in formato DNG utilizzando tool
come
D
NG for Powershot
o
DCRaw
, e quindi importare il file DNG così ottenuto all'interno del proprio programma di gestione o
fotoritocco preferito. Scattare in RAW a 10 bit permette di compiere due interessanti
esperimenti: innanzitutto, osservare direttamente la differenza che "due soli bit" possono fare
nella qualità dell'immagine; secondariamente, confrontare l'immagine RAW con la sua versione
JPEG per capire quanto influisca nella realtà la compressione
lossy
(a perdita d'informazione) di quest'ultimo formato sulla qualità visiva e sulle possibilità di ritocco
successive: i risultati potrebbero non essere così scontati. E a proposito di compressioni, CHDK
consente di impostare la qualità JPEG scegliendo tra dieci livelli anziché i consueti tre o quattro,
e di raddoppiare la durata dei filmati registrabili grazie ad algoritmi di compressione video
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alternativi più efficienti di quelli standard.
Di grande interesse anche le possibilità di scavalcare le limitazioni imposte dal fabbricante in
termini di ISO, apertura e tempo di otturazione: ogni modello è infatti in grado di operare con un
range di parametri più ampio di quello previsto, per quanto le capacità effettive (in particolar
modo nella sensibilità) possano variare da macchina a macchina. CHDK introduce anche
opzioni di bracketing Av/Tv/ISO quando l'apparecchio è posto in modalità di scatto continuo.
Rivoluzionate anche le informazioni visibili sul display dell'apparecchio: dagli istogrammi che
mostrano in tempo reale i valori RGB o di luminanza, all'evidenziazione delle aree sovra- e
sottoesposte, fino addirittura a un calcolatore di profondità di campo e di distanza iperfocale tra
due punti arbitrari, e alla possibilità di variare a piacimento la griglia grafica che assiste nella
composizione dell'immagine.
CHDK implementa al proprio interno anche uBasic, una versione estremamente compatta e
semplificata del linguaggio Basic che può essere utilizzata per programmare in libertà a
macchina fotografica. Alcuni script già disponibili sul sito di CHDK permettono, a seconda del
modello, di scattare a intervalli di tempo predefiniti o qualora sia rilevato del movimento nel
campo visivo della macchina; e per chi ha apprezzato la copertina di o
d
di questo numero, esiste anche la possibilità di sperimentare con la tecnica HDR (High Dynamic
Range).
E l'elenco potrebbe andare avanti ancora a lungo - non abbiamo citato per esempio la funzione
che permette di mappare i pixel difettosi del sensore sostituendoli, a scatto avvenuto, con la
media aritmetica dei 4 pixel posti a 2 pixel di distanza; né la possibilità di combinare più scatti
RAW in maniera additiva o eseguendo una media, ottenendo di fatto una multiesposizione.
CHDK è un toolkit davvero ricco che continua a evolvere e supportare una quantità crescente di
modelli compatti Canon. Non resta che consultare il relativo sito e, magari, scaricare e provare il
software. Difficile immaginare di potersi divertire così tanto con una "semplice" compatta!
Il sito di CHDK: chdk.wikia.com
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