Ecuador e Rwanda - Fondazione Don Gnocchi
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Ecuador e Rwanda - Fondazione Don Gnocchi
Ecuador e Rwanda – testimonianza di Mariona La mia prima esperienza come fisioterapista in Ecuador, presso l’Istituto “Nuevos Pasos” di San Lorenzo, risale al 2008, quando sono partita nell’ambito del progetto sviluppato dall’Area Solidarietà Internazionale della Fondazione Don Gnocchi. Negli anni successivi ho poi svolto un’altra missione dello stesso tipo in Rwanda, in un contesto però molto più difficile rispetto a quello Sudamericano. Il Cantone di San Lorenzo, situato nella provincia di Esmeraldas, ai confini con la Colombia, si trova in una situazione di estrema precarietà e povertà: la quotidianità è fatta di gente che muore di fame, di ragazze madri giovanissime, con molti figli, e padri che non si preoccupano di riconoscerli e sostenerli, bambini e ragazzi abbandonati a se stessi in una zona crocevia di traffici illeciti e sparatorie, dove la tensione sociale è altissima a causa della povertà e i pericoli molto elevati. L’obiettivo del lavoro svolto da questo Centro sostenuto dalla Fondazione Don Gnocchi è favorire l’integrazione degli studenti disabili, sia al proprio interno, sia nelle comunità limitrofe, con il coinvolgimento delle diverse organizzazioni governative e non presenti in zona. L’esperienza di cooperatrice internazionale mi ha colpito nel profondo e mi ha davvero cambiata. Anzitutto perché ti obbliga a metterti in gioco; qui spesso si arriva alla fine della giornata senza far caso al lavoro che abbiamo svolto, a quanto abbiamo fatto, senza mai fermarci a meditare sui problemi; il contesto di questi paesi invece ti invita e quasi obbliga a riflettere con te stessa su ogni singola questione e a vivere più in profondità, con uno spirito completamente diverso. Alla mia prima esperienza all’estero ero poi animata dal pensiero che caratterizza tanti o forse tutti gli operatori internazionali: «Voglio salvare il mondo, adesso sono qua e voglio salvare il mondo…». In realtà ti accorgi che non è così, che il tuo ruolo non è quello. E’ vero che si contribuisce in prima persona a dare da mangiare a un bambino, ma si svolge questo compito in un preciso momenti e nei giorni successivi della nostra permanenza... ma poi, in futuro, come andrà? Ugualmente vale se il bambino deve essere curato e accudito: ci si chiede sempre chi e cosa verrà dopo di te, e si comprendi che la realtà è davvero difficile e complessa. L’importante allora è svolgere il proprio dovere nel momento in cui ci tocca e creare le condizioni perché il cambiamento sia veramente reale, anche se piccolo, nella vita di tutti i giorni. E’ vero, ho visto situazioni di drammatica povertà e miseria, ma ho anche incontrato persone straordinarie, che mi hanno dato molto di più di quanto io abbia offerto loro. Senza dubbio sono cambiata: il ritorno a casa dopo le straordinarie esperienze in Sudamerica e in Africa ha lasciato in me una grande e rinnovata voglia di vivere. Mariona