Ricordando Fanny Giambalvo - Il Bollettino
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Ricordando Fanny Giambalvo - Il Bollettino
Anno XLV, n. 1, gennaio-giugno 2016 Ricordando Fanny Giambalvo di Nicola De Domenico come citare: Nicola De Domenico, Ricordando Fanny Giambalvo, in “Teorie pedagogiche e pratiche educative”, Bollettino della Fondazione “Vito FazioAllmayer", Anno XLV, n. 1, gennaio-giugno 2016, pp. 7-18. Edizioni della Fondazione “Vito Fazio-Allmayer”, Palermo NICOLA DE DOMENICO RICORDANDO FANNY GIAMBALVO Quello di tenere un diario o di scrivere a una certa età le proprie memorie dovrebbe essere un dovere “imposto dallo Stato”. GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA Ricordi d’infanzia Non con impeto vano, quando saremo oltre il sole, Busseremo alle porte massicce, né batteremo Le polverose strade maestre dei morti che non sanno dove andare E rimpiangono la Terra; ma imboccheremo di corsa Una qualche scorciatoia celata dell’aria, Un dolce viale che s’insinua in basso fra un vento e l’altro, Ci nasconderemo sotto un bagliore impercettibile, traverseremo le ombre, Troveremo un murmure cantuccio dimenticato dagli spettri e lì Trascorreremo il nostro dì eterno in pura comunione spirituale; Ciascuno penserà in ciascuno, ed avrà conoscenza intuitiva immediata; Apprenderemo tutto ciò che prima ignorammo; udremo, sapremo e diremo Quel che questo corpo irrequieto adesso ci nega; E toccheremo, noi che non abbiamo più mani per tastare; e vedremo, noi che non siamo più accecati dai nostri occhi. RUPERT BROOKE, Sonnett (Suggested by some of the Proceedings of the Society for Psychical Research), 1913. Versione dall’inglese di Nicola De Domenico Ho incontrato per la prima volta Fanny nel maggio del 1985. In una saletta dell’Hotel des Palmes, in una delle pause di un seminario del Centro Internazionale di Studi di Estetica1, seduta accanto all’allora da Il tema trattato il 18 e 19 maggio fu Aesthetica bina: Baumgarten e Burke. Il Centro era stato fondato nel 1980 da Luigi Russo, che aveva subito avviato rapporti di collaborazione con la Fondazione Fazio-Allmayer: nell’ottobre 1981 Fanny aveva partecipato ad un convegno dedicato al tema “Estetica e psicologia”; nel 1983 Russo fu relatore (Vito Fazio-Allmayer e il problema dell’autonomia dell’arte) ad un convegno organizzato da Bruna Boldrini sul tema “L’estetica come 1 7 lei inseparabile Lucia Pizzo Russo, intratteneva affabilmente me ed altri convegnisti esemplificando la tesi del “pirandellismo” innato dei siciliani con un florilegio di aneddoti sui matti della città di Palermo2, qualcuno dei quali avrebbe anche soggiornato nelle stanze della villa Ingham dopo la sua trasformazione in albergo di rango. Allora insegnavo ancora all’Università di Messina ma collaboravo con l’Istituto Gramsci Siciliano, sorto nel 1978, nel cui comitato scientifico ero stato cooptato dal presidente Francesco Renda (1922-2013) nel 1983, per curarne la sezione filosofica; e tenevo un piede a Palermo per organizzarvi convegni e conferenze, che avevano luogo anche Messina e in qualche caso anche a Catania, città nella quale operava una sezione “decentrata” diretta dall’italianista Nicolò Mineo. Non si può dire che il giovane Istituto Gramsci non avesse fatto qualche tentativo per onorare l’attributo “siciliano” della sua denominazione, e tuttavia già allora esso era, nella sostanza, una istituzione tutta palermitana, una sorta di Accademia di Scienze Lettere e Arti di sinistra, come mormoravano i detrattori, nonostante che – secondo qualche testimonianza – lo storico comunista Renda non frequentasse i salotti che contavano di Palermo3. Dal 1983 in poi, avevo organizzato più eventi legati a Marx ed alla storia del marxismo, temi che allora formavano uno dei baricentri delle mie ricerche4. E tutto era andato a puntino. Finché nel settembre 1986, poco più ricerca e l’impegno dell’artista nel suo mondo”, Palermo, 28-30 aprile 1983. Nell’aprile del 1985 Fanny partecipò ad un seminario sull’Educazione estetica organizzato dal Centro di Estetica. Dopo il 1985 non si registrano ulteriori rapporti di collaborazione tra la Fondazione “Vito Fazio-Allmayer” ed il Centro di Estetica. 2 Il pellegrinaggio in Terra Santa del principe di Paternò, compiuto senza uscire di casa, l’ho poi ritrovato in E. Giambalvo, Fra arcobaleno e granito. Frammenti autobiografici, Palermo, Edizioni della Fondazione Nazionale “Vito Fazio-Allmayer”, 2008, pp. 34-36. Ma la tradizione orale dalla quale la storiella deriva era stata raccolta anche da altri autori, tra cui Roberto Alajmo (1998) ed Alli Traina (2012). 3 La mancata ascesa ai livelli decisionali della dirigenza del Partito Comunista Italiano sarebbe stata cagionata, secondo Piero Violante, da “una certa estraneità di Renda con Palermo, con la città e i suoi salotti”. In quest’ottica provinciale (idest autoreferenziale ovvero salotti-di-Palermo-centrica) è spiegata la circostanza che “Renda non abbia mai avuto un peso politico a Palermo”, ancorché non si neghi che, come docente universitario e presidente del “Gramsci”, egli abbia esercitato a Palermo “un peso culturale”. Le citazioni sono tratte da P. Violante, In memoria di Francesco Renda (1922-2013), in “intraformazione. Rivista di storia delle idee”, 2, 2 (2013), p. 216. 4 Cfr. ISTITUTO GRAMSCI SICILIANO, Cinque anni di attività: 1982-1986, Estratto 8 d’un anno dopo avere incontrato Fanny, organizzai un seminario di studi su un filosofo italiano che fu forse il più influente allievo di Vito FazioAllmayer, il palermitano Arturo Massolo, che avrebbe tenuto cattedra prima a Urbino e quindi a Pisa e che per primo avrebbe indicato decisamente nella cosiddetta “logica della compossibilità” del Fazio uno dei percorsi praticabili dalla scuola gentiliana dopo la guerra e dopo il fascismo. Ma mi trovai con i relatori convenuti, fra cui Livio Sichirollo (1928-2002) – cui a fine mattinata un destro borseggiatore in motorino involò il portafoglio nei pressi dello Steri – in una Sala delle Capriate desolatamente vuota5. Francesco Renda mi rimproverò soavemente l’insufficienza delle mie relazioni palermitane, senza delle quali l’iniziativa non avrebbe avuto chance di successo, e non aveva tutti i torti. Non sapevo ancora abbastanza della Fondazione “Vito Fazio-Allmayer” e verosimilmente, nella scelta dei relatori, ero stato influenzato dalle narrazioni urbinati, che riferivano di Bruna Boldrini, seconda moglie di Fazio-Allmayer, come di una virago calamitosa, che in maniera singolare s’era proposta e si proponeva come seconda edizione, unica autorizzata, del filosofo palermitano mancato nel 1958. Quella giornata avrebbe potuto essere l’occasione di un incontro con Fanny, e forse addirittura anche con Bruna Boldrini, ancora vivente6, e non lo fu. Se avesse saputo di quella mia iniziativa, Fanny, che già reggeva la Fondazione da vicepresidente, non l’avrebbe certo gradita. dal Bollettino numero 2, anno VI, dicembre 1987, pp. 41-45; Cfr. ISTITUTO GRAMSCI SICILIANO, 25 anni di attività culturale: 1978-2003, a cura di L. Pantano, Palermo, Istituto Gramsci Siciliano, 2004, p. 57. 5 M’ero bensì rivolto alle Facoltà di Lettere e di Magistero per ottenerne il patrocino ed avevo scritto un articolo per “L’Ora” (Il dolore è uno scandalo, Lunedì 29 settembre 1986) per dare notizia della giornata di studi e, insieme, per tracciare un profilo di Arturo Massolo a vent’anni dalla morte. Oltre Livio Sichirollo intervennero l’allora giovanissimo suo allievo Alberto Burgio, nato a Palermo ed imparentato con gli Ahrens, Pasquale Salvucci e Domenico Losurdo, tutti allievi urbinati, e poi Gian Mario Cazzaniga che di Massolo era stato allievo a Pisa. Di docenti palermitani intervenuti ho memoria soltanto del povero padre Alberto Di Giovanni S. J., allora professore a Lettere, ma non di Franco Lo Piparo, che pure figurò nel programma. I testi presentati nel 1986 da Livio Sichirollo, Alberto Burgio, Gian Mario Cazzaniga, Domenico Losurdo e Pasquale Salvucci furono raccolti in Il filosofo e la città. Studi su Arturo Massolo, a cura di N. De Domenico e G. Puglisi, Venezia, Marsilio Editori, 1988. 6 Bruna Boldrini in Fazio-Allmayer morì ottantenne il 22 gennaio 1989. Cfr. la voce a lei dedicata, redatta da Fanny, in M. Fiume, Le siciliane. Dizionario biografico, Siracusa, Emanuele Romeo, 2006, vol. I, pp. 430 sgg. 9 L’incontro vero e proprio si verificò comunque più tardi, intorno al 1993, quando lavoravo agli scritti in onore di Francesco Renda, che uscirono nel 19947. Dovendo, da curatore, redigere la cronologia della vita e la bibliografia delle opere fino al 1993, lavorai intensamente con Renda, che mi fornì ogni informazione utile. Avendo appreso che nel 1946 s’era laureato con una tesi sulla critica del Croce a Marx con il gentiliano Vito FazioAllmayer e avendo ritenuto, dopo una attenta lettura della tesi, che quel lavoro fosse rappresentativo della formazione della generazione di intellettuali di sinistra che maturò dopo il fascismo e subito dopo la guerra nell’orizzonte di cultura ancora dominato da Croce e Gentile, decisi di pubblicarla e di esaminarla analiticamente in uno studio introduttivo, L’apprendistato filosofico di Francesco Renda8, per il quale mi rivolsi a Fanny per avere da lei i libri di Fazio-Allmayer e notizie sul filosofo, sul quale le richiesi soprattutto documentazione concernente gli ultimi anni da lui trascorsi a Palermo prima del trasferimento a Pisa9. Data dunque al 1993 l’inizio di un rapporto cordiale che s’avviò gradualmente verso un’amicizia alimentata da interessi comuni. Allora la mia ricostruzione della personalità filosofica e politica di Fazio, naturalmente in funzione dello studio sul giovane Renda, ne era stata fortemente influenzata, tanto che accolsi senz’altro la tesi, argomentata da Bruna Boldrini e quindi da Fanny, di un suo passaggio naturale e spontaneo da un’adesione tiepida e conformistica al fascismo ad una prospettiva eticopolitica democratica e pluralista10. Fanny ne fu assai lieta, soprattutto perché avevo messo in luce un aspetto fino a quel momento poco noto dell’inciScritti offerti a Francesco Renda per il suo settantesimo compleanno, a cura di N. De Domenico, A. Garilli, P. Nastasi, in 2 tomi, Palermo, «Quaderni a cura del servizio studi legislativi dell’Assemblea Regionale Siciliana», n. 32, 1994. 8 Uscito nel 1994 negli Scritti offerti a Francesco Renda per il suo settantesimo compleanno, cit. nella nota precedente, pp. 1271-1302. Quello studio uscì anche, col titolo di Il presente e la memoria. L’apprendistato filosofico di Francesco Renda, in «Nuove effemeridi» VII (1994), n. 25, Palermo, Guida, pp. 65-77. 9 Per tutto ciò la ringraziai pubblicamente nell’Introduzione alla tesi di Renda, cit.: “Utili indicazioni e numerosi volumi di Vito Fazio-Allmayer mi sono stati forniti con liberalità da Epifania Giambalvo, che presiede la Fondazione palermitana intitolata al filosofo, alla quale esprimo qui il mio ringraziamento” (p. 1298, n. 23). 10 A proposito dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista, della cui sezione palermitana Fazio fu l’ultimo direttore, avevo scritto: “questo istituto era stato soprattutto una delle diramazioni dell’assai ampia, anche se non incontrastata, sfera d’influenza culturale del Gentile, che l’aveva voluto con intenti ‘ecumenici’, sicché la carica che Fazio vi aveva ricoperto – senza dar segno alcuno di settaria partigianeria – nella sede periferica si spiegava più col suo legame di affettuosa amicizia 7 10 denza a Palermo dell’insegnamento di Vito Fazio-Allmayer, che aveva indirizzato Renda verso una interpretazione di Marx derivante dal libro su La filosofia di Marx del giovane Gentile, che il laureando impegnato in politica integrò con frammenti e anticipazioni dell’interpretazione gramsciana di Marx, che iniziava proprio allora ad essere divulgata e che dipendeva in maniera determinante dal libro di Gentile. Per parte sua Renda mi fu grato per avergli chiarito che da studente non era stato affatto crociano, quale lo si accusava d’essere nel partito, quanto piuttosto gentiliano11. Nel 1995 il rapporto con Fanny, intrecciato sulla base d’un interesse culturale comune, si trasformò in un sodalizio o in una sorta di fraternità d’armi a cagione di contenziosi accademici assai aspri, che per alquanto tempo ci emarginarono dalla vita della Facoltà di Magistero fino al cambio della presidenza – consumatosi attraverso mirabolanti peripezie e incredibili sorprese nel 199812 – che nella continuità della nuova con la precedente avviò un lentissimo ritorno alla normalità inizialmente ancora caratterizzato da conflitti acuti, innescati dalla trasformazione della Facoltà di Magistero in quella nuova di Scienze della Formazione, la cui identità non fu mai davvero defiper Gentile che con sue gravi compromissioni col regime, del quale comunque non era stato affatto un oppositore” (op. cit., p. 1283). Oggi, alla luce di nuova documentazione di prima mano, ben più cospicua di quella che ebbi a disposizione nel 1993, quella transizione mi pare ben più problematica. In particolare, negli anni della guerra, iniziata per l’Italia nel 1940, l’INCF, sezione palermitana compresa, fu il motore della propaganda bellica capillare, finalizzata alla creazione di un consenso di massa intorno alle armate dell’Asse, di una corale riprovazione per la perfida Albione, la coalizione demoplutocratica, il bolscevismo e la cospirazione giudaica. La revisione di quel mio punto di vista, che non comporta affatto valutazioni morali (ossia relative alla buona fede) di una concezione filosofica in ultima analisi improntata al primato della Politica, non andò a genio a Fanny quando gliene parlai anni or sono con grande franchezza. 11 L’incontro con Fazio-Allmayer e con il Marx di Gentile è considerato decisivo da Renda nella sua Autobiografia politica, Palermo, Sellerio, 2007. Il rilievo attribuito a questo episodio ha irritato non poco Giuseppe Giarrizzo, che del libro, anche per altre ragioni, che qui non mette conto riferire, ha scritto d’impeto una risentita stroncatura. Cfr. G. Giarrizzo, in “Mediterranea. Ricerche storiche”, IV (2007), pp. 617-619. 12 Sul clima nella facoltà di quegli anni cfr. le esemplificazioni in forma di apologo, scopertamente autobiografiche, di P. Polizzi, La coscienza e l’anima, Palermo, Ila Palma, 2000, pp. 10-14. Ma cfr. anche E. Giambalvo, Fra arcobaleno e granito. Frammenti autobiografici, cit., 2008, pp. 57-59. 11 nita univocamente13. Non potrò mai dimenticare la risolutezza e la tenacia di Fanny, la sua forza d’animo e la sua assoluta lealtà14 negli anni difficili fra il 1995 ed il 2000, dei quali qualche strascico ancora mi arreca molestia. In Fra arcobaleno e granito cit., pp. 61-62, Fanny ha preferito non ricordare la prima fase della presidenza di Patrizia Lendinara. 14 Un solo esempio fra tanti che potrei riferire: quando Fanny fu eletta presidente del Consiglio di corso di laurea in Scienze dell’educazione fui riammesso a partecipare alle sedute di laurea, dalle quali ero stato escluso dal 1998. Avendo constatato che una delle tesi assegnatemi per la correlazione era stata maldestramente copiata, mi consultai con Fanny sul da farsi. Fanny decise che era ormai tempo di arginare un andazzo deprimente, che da troppo tempo garantiva un diploma comodo ottenuto col minimo sforzo ed al livello più basso a legioni di studentesse, sicché di comune accordo si decise che avrei sollevato la questione direttamente in seduta. L’episodio fu traumatico e la reazione fu quella che ci si poteva attendere, ossia di una unanime condanna, in forma prossima al linciaggio, del mio operato invece che del plagio documentato. Sull’affaire cfr. l’agenzia ANSA del 29 febbraio 2000 scritta da F. Nicastro e poi: V. F., “Ma questa tesi è scopiazzata. Bloccata a sorpresa una laurea”, in “Giornale di Sicilia” dell’1 marzo 2000; “La tesi è una copia e la laurea è bloccata”, in “La Repubblica” dell’1 marzo 2000; “Questa tesi è copiata. Signorina torni al prossimo appello”, in “OggiSicilia” dell’1 marzo 2000; L. Miceli, “Insolita disavventura di una studentessa agrigentina a un passo dalla laurea col massimo dei voti”, in “La Sicilia” dell’1 marzo 2000; Sa. Ri., “La tesi è copiata, salta la laurea”, in “Il Mediterraneo” dell’1 marzo 2000; F. D’Arpa, “Giordano Bruno di nuovo al rogo. Prof. boccia la tesi di una laureanda sul frate: è scopiazzata”, in “Il Mattino” dell’1 marzo 2000; F. Tessitore, “Tesi copiata? All’università non è scandalo”, in “Il Mattino” dell’1 marzo 2000; V. F., “Il caso della tesi di laurea copiata. I docenti: Esame completato e poi giudicato negativamente”, in “Giornale di Sicilia” del 2 marzo 2000. Fanny non mi lasciò solo, come altri probabilmente avrebbe fatto di fronte alla reazione del pubblico in seduta e poi della stampa, ma governò con fermezza la situazione e quindi rettificò energicamente nel “Giornale di Sicilia” del 2 marzo la versione dello scandalo fornita da questo quotidiano: “La professoressa Epifania Giambalvo, presidente della commissione di laurea della facoltà di Scienze della formazione, ieri ha preso carta e penna per raccontare come esattamente sono andati i fatti, come si è arrivati alla bocciatura della ragazza ‘accusata’ di aver copiato lo studio su Giordano Bruno, il filosofo mandato al rogo quattrocento anni fa per eresia. ‘Il professore Nicola De Domenico (il correlatore che nel bel mezzo dell’esame ha denunciato il caso di plagio, ndr) ha fornito alla commissione documentate e inoppugnabili prove di plagio – dice Epifania Giambalvo – ha mostrato le fotocopie dei testi copiati. La commissione, così, ha deciso che la studentessa non poteva superare l’esame, visto che di fatto la tesi non è mai stata svolta. La commissione non è stata influenzata da altro se non dai dati a sua disposizione: condivido la dichiarazione della […] rela13 12 Nel 2001, dopo la morte della madre, Fanny mi coinvolse per più mesi, senza averlo inizialmente previsto né divisato, nella fase finale, quella della redazione per la stampa, di un’impresa storiografica che aveva progettato da molti anni, raccogliendo e classificando copiosa documentazione presso la Fondazione Fazio-Allmayer15. Neppure io, per parte mia, avevo mai avuto in mente di collaborare a quel progetto ma ne fui subito catturato come il ferro dal magnete, al punto che i temi che mi si imposero allora, ossia la formazione dell’idealismo attuale di Gentile negli anni 1906-1914 e la storia della scuola gentiliana di Palermo, sono ancora fra gli oggetti più rilevanti delle mie ricerche correnti. Mi riferisco a quegli studi che nel 2002 giunsero ad un primo esito con la pubblicazione, ovviamente a cura di Fanny, di La Biblioteca Filosofica di Palermo. Cronistoria attraverso i registri manoscritti ed altre fonti, Palermo, Edizioni della Fondazione Nazionale «Vito Fazio-Allmayer», che, accanto ad altri studi e documenti, contiene tre miei contributi, concepiti e composti in tempi relativamente assai brevi di intensissimo lavoro. Quei mesi di pressoché quotidiane frequentazioni di casa Giambalvo e della Fondazione Fazio-Allmayer li ho bene impressi nella memoria, e non soltanto per quanto venivo allora apprendendo intorno all’ambiente che aveva accolto il giovane professor Gentile all’inizio della carriera a Palermo. In quei mesi, infatti, si instaurò con Fanny una familiarità affettuosa. Si condivideva naturalmente il piacere che di per se stessa procura una cooperazione agìta in un clima d’intesa intellettuale feconda e leale; ma alla trice, secondo la quale la bocciatura della candidata è stata una scelta di correttezza compiuta anche per non offuscare l’immagine del candidato e di tutta la facoltà e sottolineo che la buona fama di quest’ultima è stata indubbiamente rinsaldata dalla condotta della commissione da me presieduta’.” Chi a distanza di tanti anni rilegga il commento del caso scritto dal Rettore di Napoli, Fulvio Tessitore, non potrà non trovarlo elusivo e pilatesco. 15 Ecco la versione di Fanny: “In tale circostanza [la perdita della madre] sono stata sostenuta dal mio più caro amico e collega di Facoltà […] Mi veniva a trovare tutti i giorni per tenermi compagnia e, per distrarmi, intavolava con me lunghe ed animate discussioni sulla Biblioteca filosofica di Palermo, su cui avevo raccolto diversi manoscritti e documenti che contavo di pubblicare. Da tali discussioni e dallo studio del materiale raccolto è venuto fuori un bel volume, di circa mille pagine [l’ultima pagina porta il numero 885], che insieme abbiamo pubblicato, col titolo La Biblioteca filosofica di Palermo. Cronistoria attraverso i registri manoscritti e altre fonti [Palermo 2002] e con la Prefazione del nostro Rettore”. Fra arcobaleno e granito. Frammenti autobiografici, cit., pp. 62-63. 13 fatica alacre si veniva aggiungendo un divertimento via via crescente, procurato da elementi non secondari della materia che si esaminava ed investigava, una materia in parte tràdita dal racconto orale, quando non dal gossip cittadino depositato in scritture saggistiche, memorialistiche o agiografiche, che erano ispirate dal pittoresco “cenacolo” che l’insegnante di filosofia Maria Concetta Comparato, laureatasi con Vito Fazio-Allmayer e occasionalmente anche sua collaboratrice16 nonché vedova del leggendario Giuseppe Amato Pojero (1863-1940), fondatore della Biblioteca filosofica con Giovanni Gentile ed altri amici e sodali, aveva raccolto intorno a sé per amministrare la presunta eredità speculativa dell’Amato17. Sulla figura di Amato Pojero tornai nel 2007-2008, in un saggio18 scritto per la Festschrift dedicata a Fanny in occasione del suo pensionamento, e da me edita assieme alla compianta Rosetta Manca, a Marisa Marino e Franco Cambi19, per riallacciare un dialogo, che, in verità, aveva sofferto Negli anni ’40, dopo la guerra, redasse con altri uditori una dispensa per il corso di Filosofia morale: Vito Fazio-Allmayer, Corso di filosofia morale. A[nno] A[ccademico] 1946-1947, a cura dei dott. M. De Cristofaro, R. Vella, C. Comparato, Palermo, F. Agate Editore, 1949. 17 Fanny ricorda: “[Negli anni Cinquanta, da studentessa universitaria] frequentavo, anche, il ricostituito cenacolo della famosa Biblioteca filosofica di Palermo, fondata da Amato Pojero. Era un cenacolo al quale partecipavano i vecchi soci di quello originario, il più giovane dei quali aveva oltre ottant’anni. Al centro del gruppo stava, con atteggiamento solenne e, insieme, compunto, la vedova del fondatore, che, parlando del marito, diceva ‘il Dottore’ e poi gli attribuiva un pensiero filosofico che quello, forse, non aveva mai chiaramente esplicitato. […] Alla sua morte il Dottore aveva lasciato circa sedici sacchi di appunti, di difficile lettura, che la vedova aveva cercato di mettere in ordine: scriveva infatti con una grafia illeggibile […] Parte di questi fogli erano stati perduti durante la guerra e parte erano stati sepolti nelle fondamenta della villetta, che la vedova aveva fatto costruire per sé, perché potessero essere conservati per sempre. Gli astanti, di tanto in tanto, intervenivano e commentavano i brani letti, dandone una nuova e diversa interpretazione, che la vedova non sempre condivideva. […] Io cercavo di interpretare le numerose e spesso contrastanti interpretazioni dei partecipanti e mi accorgevo che non era possibile venire a capo di qualcosa. E, alla fine, rassegnata e con la testa frastornata e confusa, ritornavo a casa, ove, per distrarmi e dimenticare ciò che avevo udito, mi mettevo a leggere Trilussa”. Fra arcobaleno e granito. Frammenti autobiografici, cit., pp. 41-42. 18 Nuovi dati su Giuseppe Amato Pojero e la Biblioteca filosofica di Palermo. Misticismo, esoterismo e sette iniziatiche. 19 F. Cambi, N. De Domenico, M. R. Manca, M. Marino (curatori), Percorsi 16 14 un po’ per via del turbamento provocatole dalle reazioni scomposte alla pubblicazione del volume sulla Biblioteca filosofica da parte della coterie che ancora s’identificava col “cenacolo” della vedova Amato e che era rappresentata in prima linea dall’editore rosminiano di Milazzo Giuseppe Pellegrino (morto a 89 anni nel 2012)20 e dal filosofo del diritto Francesco Mercadante, tuttora in vita, presidente della Fondazione Capograssi in Roma, la quale, in una pagina web ancora attiva nel dicembre 2015, vantava ancora la ormai remota “acquisizione della Biblioteca filosofica di Palermo [sic]” e indicava fra i propri compiti istituzionali la “datazione, classificazione e trascrizione dell’esteso patrimonio documentaristico rilevato dalla Fondazione con l’acquisizione della antica Biblioteca filosofica ‘Giuseppe Amato Pojero’ [sic] di Palermo”21, che ancora si attendono. verso la singolarità. Studi in onore di Epifania Giambalvo, Pisa, Edizioni ETS, 2008. 20 Chi fu presente alla presentazione del volume sulla Biblioteca filosofica alla Sala gialla di Palazzo dei Normanni, il 21 giugno del 2002, non può avere dimenticato l’intervento esagitato del Pellegrino contro il disegno e la tendenza degli studi in esso compresi. Questo in pubblico. In privato furono minacciate querele, che tuttavia, per quanto mi consta, non seguirono. Comunque, per valutare nelle sue effettive proporzioni le dimensioni dello scandalo, mi sia consentito riportare qui l’elenco degli oratori: dopo l’indirizzo di saluto del Presidente allora in carica dell’Assemblea Regionale Siciliana, on. Guido Lo Porto, presero la parola il Rettore dell’Università di Palermo, Prof. Giuseppe Silvestri, la Preside della Facoltà di Scienze della Formazione, Prof. Patrizia Lendinara, il Direttore del Dipartimento di Filosofia, storia e critica dei saperi, Prof. Luigi Russo, la Presidentessa della Fondazione “Vito FazioAllmayer”. Intervennero Franco Cambi, ordinario di Pedagogia dell’Università di Firenze, Giuseppe Cantillo, ordinario di Filosofia morale dell’Università Federico II di Napoli, Mario Manno, ordinario di Pedagogia dell’Università di Palermo, Giuseppe Carlo Marino, all’epoca ancora associato di Storia contemporanea dell’Università di Palermo. Non era previsto che lo scrivente parlasse. 21 Citazione tratta dal sito web della Fondazione, che, sino a pochi mesi fa, era consultabile all’indirizzo www.fondazionecapograssi.it. A parte i più che 7000 indecifrabili quaderni compulsivamente scarabocchiati dal dottor Amato durante le riunioni, che Fanny ritenne di non dovere acquistare per la Fondazione FazioAllmayer, sarebbe interessante sapere quali altre carte sono in possesso della Fondazione Capograssi. La Biblioteca filosofica ‘Giuseppe Amato Pojero’ è registrata come se fosse davvero una biblioteca e non un fondo manoscritto dall’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane, dove le si attribuisce il codice anagrafico RM1704: http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/main/sbn/poli_biblioteche/italia/lazio/IEI/biblioteca_0014.html. 15 Fanny reagì affettuosamente alle mie rinnovellate attenzioni e mi dedicò un paio di allusioni simpatetiche nei Frammenti autobiografici che pubblicò col titolo principale Fra arcobaleno e granito nel 200822. Nel corso della cerimonia di congedo che la Facoltà di Scienze della Formazione volle dedicare a Fanny il 9 ottobre 2008 in occasione del suo pensionamento, mi toccò di presentare quella autobiografia semiseria composta ad uso dei familiari e degli amici. Buttai giù delle pagine assai analitiche, rimaste inedite, redatte bensì nel tono lieve che s’addiceva alla circostanza ma concepite altresì per cercare di chiarire a me stesso il senso di quella operazione autobiografica intesa a trovare e mantenere un certo equilibrio fra l’obiettività impersonale dei ruoli curricolari ed il vissuto personale e privato, nel quale gli altri, la dimensione dell’intersoggettività, le persone ed i caratteri, le passioni e le avversioni nutrite e suscitate, entrano a pieno titolo come elementi costitutivi di questo singolo sé che dice di se stesso. Queste due sfere esistenziali solo parzialmente coincidenti furono allora definite da Fanny come il “che cosa” ed il “chi” d’una persona: “Dire che cosa sono sarebbe molto facile: basterebbe dire che sono [...] di religione cattolica, di genere femminile, nata e vissuta in Sicilia ed abitante a Palermo, una studiosa di problemi filosofico-pedagogici [...] che, per diversi anni, ha insegnato [...] nell’Ateneo palermitano. Ma dire chi sono è molto più complesso, perché questo richiede il coinvolgimento degli altri, dei molti altri, in cui mi sono imbattuta lungo il corso della mia vita e dell’apporto determinante che essi hanno dato al costituirsi della mia identità, della mia individualità, unica e irripetibile, o della mia singolarità”23. Nello spirito di questa riflessione ho inteso qui dire di me stesso in relazione a Fanny, per ricordarla in maniera appropriata, quasi assolvendo a un dovere. Ma Fanny ha sempre riserbato sorprese a tutti quelli che, in varie fasi della vita sua e loro, le sono stati di volta in volta vicini. Leggendo adesso per la prima volta i suoi Nuovi frammenti autobiografici, Palermo, Edizioni della Fondazione Nazionale “Vito Fazio-Allmayer”, 2013, una raccolta di macchiette umoristiche ed aneddoti paradossali, mi colpisce uno scarto imprevedibile e trovo decisamente revocata la visione della scrittura autobiografica presentata, svolta ed esemplificata nel 2008. La revoca ha luogo Oltre al riferimento già segnalato nella precedente nota 9, sono ancora io l’“amico” di cui si discorre nell’ultimo capoverso di p. 67. 23 Op. cit., p. 7. 22 16 mediante la radicalizzazione della soggettività narrante, che narra se stessa in quanto narra altro, ed è inafferrabile e mai oggettivabile nella propria singolarità. Il modello cui si ispira apertamente Fanny è il “pirandellismo” canonizzato da Adriano Tilgher come dissidio insanabile e contraddittorio tra forma e vita e radicale conseguente relativismo, che mette fuori giuoco tanto la verità quanto la veridicità24. In breve: l’immagine del passato risulta essere una “costruzione”, in quanto l’autore sceglie consapevolmente fra i propri ricordi, selezionandone alcuni e omettendone altri. Una simile costruzione è, per Fanny, del tutto soggettiva ed esclude la verità. Non veridica, dunque, ha da essere la narrazione autobiografica. Basta che sia “autentica”, ossia che corrisponda a ciò che l’autore liberamente ritiene sia la verità. Ma una siffatta sovranità esclude e non accoglie col suo scetticismo illimitato. Non mi resta che rievocare qui in fine le parole del poeta inglese citato in epigrafe per auspicare quell’incontro tra lei e noi, tutti noi, che Fanny ha decretato alla fine impossibile, dato che ogni cognizione ci illude o c’inganna. Quando saremo soffio e non spettro. Allora: Trascorreremo il nostro dì eterno in pura comunione spirituale; Ciascuno penserà in ciascuno, ed avrà conoscenza intuitiva immediata; Apprenderemo tutto ciò che prima ignorammo; udremo, sapremo e diremo Quel che questo corpo irrequieto adesso ci nega; E toccheremo, noi che non abbiamo più mani per tastare; e vedremo, noi che non siamo più accecati dai nostri occhi. Sul punto cfr. E. Giambalvo, Dall’ironia all’umorismo: il “caso Pirandello”, in F. Cambi, E. Giambalvo (curatori), Formarsi nell’ironia: un modello postmoderno, Palermo, Sellerio, 2008, pp. 46-59. 24 17