FACCIA a FACCIA - Caritas Italiana

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FACCIA a FACCIA - Caritas Italiana
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12 DICEMBRE 2008 VITA
FACCIA a FACCIA
90
del papà
i
anni
della
Caritas
INTERVISTA A GIOVANNI NERVO.
Nel 1971 papa Paolo VI gli affidò il
compito di organizzare la nuova
grande struttura assistenziale della
Chiesa. Il papa aveva sciolto la
Pontificia Opera Assistenza e aveva
sollecitato la Cei a darsi un organismo
caritativo. «Ci richiamava sempre al
rapporto tra carità e giustizia. E questa
sua intuizione è stata alla base della
nostra identità»
di Maurizio Regosa
CHI ÈI
GIOVANNI NERVO. Nato a Casalpusterlengo (Lodi) il 13
dicembre 1918, è stato uno dei fondatori, presidente e in
seguito vicepresidente della Caritas italiana (dal 1971 al
1986). Nel 1951 monsignor Nervo ha creato a Padova la
Scuola superiore di servizio sociale.
Nel 1964 ha dato vita, sempre a Padova, alla Fondazione
Zancan (di cui oggi è presidente onorario dopo averla
presieduta sino al 1997), un centro di ricerca e formazione
sui temi della sanità, del welfare, dell’educazione.
l 13 dicembre monsignor Giovanni Nervo, uno dei fondatori della
Caritas, compie 90 anni. Una vita
spesa tra iniziative assistenziali,
umanitarie e di studio (nel 1964
diede vita a Padova alla Fondazione Zancan, centro di ricerca sulle politiche sociali e sui servizi alla persona, di cui è oggi
presidente onorario). Di recente ha ricevuto due lauree ad honorem e pubblicato
il volume Ha un futuro il volontariato?
(edizioni Dehoniane).
I
convegno nazionale delle Caritas diocesane. Chiedemmo una udienza particolare al Papa. Quando andai dal maestro di
camera, monsignor Monduzzi, ora cardinale, mi chiese che cosa desideravamo che
il Papa ci dicesse. Preso alla sprovvista,
chiesi che ci commentasse lo statuto che
ci aveva dato la Cei. Avemmo così l’interpretazione autentica dello statuto al più
alto livello, ma con apertura di panorami
e approfondimenti ricchissimi, di cui
Paolo VI era maestro.
VITA: Monsignor Nervo, chi sono stati i
suoi maestri?
GIOVANNI NERVO: Ho molta riconoscenza per i superiori e gli insegnanti del
seminario, ma i maestri più importanti
per me sono stati i ragazzi a scuola di religione, e gli operai dove ero cappellano di
fabbrica. I ragazzi mi
hanno insegnato a
non dare mai nulla
per scontato, a rendermi conto personalmente di quello che
insegnavo e a rendere conto a loro di tutto quello che dicevo. Gli operai poi mi sono stati maestri di concretezza, autenticità, spirito di sacrificio, amore per la giustizia. Un maestro importante per me è
stata, dal 1943 al 1945, l’esperienza della
Resistenza: ho imparato il valore della libertà, affermata e difesa mettendo a rischio anche la vita.
VITA: E cosa accadde?
NERVO: Entrammo in udienza con uno
statuto piuttosto burocratico e arido e ne
uscimmo con un documento guida pieno di vitalità e di prospettiva. Fu la nostra
luce, anche di fronte a difficoltà e a qualche resistenza che incontrammo. Per
comprendere il livello e la ricchezza degli
orientamenti basta citare alcuni passaggi
del suo discorso: «Non è concepibile che
il popolo di Dio cresca secondo lo spirito
del Concilio Vaticano II se tutti i suoi
membri non si fanno carico dei membri
che sono in difficoltà». «La carità è sempre attuale, come stimolo e completamento della giustizia». Ci richiamava al
rapporto fra carità e giustizia. Affermò
con chiarezza l’identità della Caritas, la
sua «prevalente funzione pedagogica». Su
queste linee abbiamo impostato il nostro
lavoro, ma con un criterio di fede. Abbiamo pensato: la Chiesa è di Dio e il suo Spirito la guida. Abbiamo cercato di rispondere ai messaggi che il Signore ci mandava attraverso la realtà. Noi non facevamo
i programmi, ma programmavamo nel
modo migliore le risposte.
VITA: Chi le ha trasmesso il valore della
carità?
NERVO: La mia famiglia. Sono nato profugo: nel 1917, alla rotta di Caporetto, il
mio paese, a ridosso del Grappa, dovette
sgomberare in tre giorni. Ci accolsero con
generosa umanità Codogno e i paesi del
lodigiano. Nacqui lì nel dicembre 1918
e, dopo tredici giorni dalla mia nascita,
mio padre morì per la “spagnola”. Mia
mamma aveva 27 anni, mia sorella 4.
Ringrazio il Signore di aver conosciuto
dal di dentro la realtà della vita dei poveri.
Ho sentito sempre nella vita di avere un
debito verso di loro.
VITA: Veniamo alla nascita della Caritas.
Era il 1971...
NERVO: Dal 1942 al 1970 operò in Italia
un grande organismo caritativo: la Pontificia Opera Assistenza (Poa). Era lo strumento del Papa per aiutare le popolazioni
italiane nella guerra e nel dopoguerra con
gli aiuti dei cattolici americani. Artefice
di questa grande opera fu monsignor Ferdinando Baldelli, che visse povero e morì
povero. Cambiata la situazione del Paese,
Paolo VI nel 1970 sciolse la Poa e sollecitò
la Conferenza episcopale italiana a darsi
un proprio organismo caritativo e di
coordinamento delle attività. Il 2 luglio
1971 il cardinale Poma, presidente della
Cei, firmò il decreto di erezione della Caritas Italiana e diede a me l’incarico di organizzarla. Nelle diocesi poi i vescovi
avrebbero dato vita alle Caritas locali.
VITA: Il ruolo di Paolo VI fu decisivo...
NERVO: Non posso che confermarlo. Noi
avevamo lo statuto provvisorio che ci aveva dato la Cei; ma come realizzarlo? Ci
venne incontro un fatto provvidenziale.
Nel settembre 1972 tenemmo il primo
VITA: E i messaggi venuti dalla realtà?
NERVO: Sono stati molti e nella risposta a
quei messaggi si sono sviluppate le linee
operative della Caritas. Il primo ci venne
dal terremoto del Friuli del 1976. Durante l’estate di quell’anno erano presenti in
Friuli circa diecimila volontari. Proponemmo alle diocesi e alle Caritas diocesane di farsi carico ciascuna di uno dei paesi più colpiti, con l’impegno di seguirli
per almeno tre anni, vivendo vicino a loro. Nacquero i “gemellaggi”, una forte
esperienza di comunione umana ed ecclesiale. I gruppi di volontari che si susseguirono diedero vita e sviluppo anche alle Caritas diocesane che li mandavano.
Un analogo messaggio ci venne dal terremoto della Campania e della Basilicata
nel 1980. Era un modo concreto per superare il distacco Nord e Sud Italia e sviluppare collaborazioni. Purtroppo non
divenne permanente. Poi ci venne un altro messaggio inatteso.
VITA: Quale fu?
NERVO: Venimmo in contatto con il “popolo delle barche”, i profughi vietnamiti
che tentavano di scappare dal duro dominio comunista e di approdare a un Paese
che li accogliesse.
VITA: Come avvenne il contatto?
NERVO: In una breve visita in Malesia nel
1980 scoprimmo che quel Paese aveva già
accolto settantamila profughi, ma che,
non ricevendo aiuti dai Paesi occidentali,
aveva deciso di respingere in mare gli altri
che arrivavano ogni giorno, come avviene oggi a Lampedusa. Venimmo a sapere
che tutti i capi religiosi - cattolici, prote-
VITA 12 DICEMBRE 2008
AFP/GraziaNeri
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stanti, musulmani, buddisti, induisti avevano firmato un appello ai credenti di
tutto il mondo perché facessero pressione
sui loro governi perché accettassero i profughi vietnamiti.
nazionale del volontariato. In seguito,
dopo profonda riflessione, lasciammo al
Mo.Vi l’organizzazione e la rappresentanza del volontariato, impegnandoci
nella formazione.
VITA: Che avete fatto?
NERVO: Il governo italiano resistette per
cinque mesi alle nostre pressioni, poi finalmente, avvicinandosi le elezioni, cedette, ma a condizione che garantissimo
casa e lavoro. Probabilmente pensavano
che non se ne sarebbe fatto nulla. Lanciammo un appello a tutte le diocesi e alle Caritas diocesane. Avemmo la disponibilità di accoglienza, con casa e lavoro, per
diecimila famiglie. Fu una esperienza di
accoglienza molto impegnativa, perché
dovemmo andare insieme alle ambasciate nei campi profughi della Malesia e della Thailandia per individuare i nuclei familiari da accogliere, reperire in Italia gli
interpreti, religiosi e religiose vietnamite,
curare il primo inserimento in centri di
accoglienza per insegnare la lingua e far
conoscere i nostri costumi. L’ostruzionismo burocratico del governo ci consentì
di accogliere soltanto tremila famiglie.
Ma fu una esperienza splendida di accoglienza. Forse la Provvidenza ci preparava
al fenomeno molto più esteso degli attuali immigrati.
VITA: E le “battaglie” più importanti?
NERVO: Il termine “battaglia” suppone
un nemico; noi non abbiamo considerato nemico nessuno e credo che nessuno ci
abbia considerati nemici; anzi direi che la
Caritas ha trovato sensibilità e accoglienza anche in mondi non vicini alla Chiesa.
Parliamo allora di resistenze: quelle maggiori forse le abbiamo trovate per gli
obiettori di coscienza. Inizialmente anche all’interno del mondo cattolico, poi
superate. Difficoltà le abbiamo avute dal
ministero della Difesa, che spesso considerava gli obiettori di coscienza “disertori legalizzati”. Ma una difficoltà più
profonda la Caritas l’ha trovata all’interno della Chiesa, nel passare dall’organizzazione ed erogazione di servizi all’animazione di tutta la comunità. E forse è anche il problema di oggi.
VITA: In quegli anni anche l’esperienza
degli obiettori di coscienza ebbe una
grande portata. Cosa portarono?
NERVO: Anche loro erano un altro messaggio che ci veniva dalla realtà. Nella
convenzione della Caritas passarono più
di centomila giovani. Portarono nella
«prevalente funzione pedagogica» della
Caritas il tema della non violenza, del rifiuto della guerra, della pace e portarono
anche energie nuove e fresche alle Caritas
diocesane. E non dobbiamo dimenticare
il volontariato. Nell’autunno 1975 organizzammo a Napoli il primo convegno
VITA: Chi sono stati i suoi compagni di
viaggio?
NERVO: Prendemmo come guida una parola di Giovanni Paolo II, il quale si chiedeva: «Un cristiano con chi può collaborare per la promozione umana?». A questa domanda rispondemmo: «Con tutti
gli uomini che ammettono e rispettano i
diritti fondamentali dell’uomo». Ci possono essere anche compagni di viaggio
scomodi, con i quali occorre chiarirci le
idee.
VITA: C’è spazio per la gratuità?
NERVO: È il grande problema del volontariato, la cui identità è la gratuità. Il volontariato può essere concepito come un
ammortizzatore sociale di basso costo
delle tensioni che nascono da eccessive disuguaglianze sociali, e un buon bacino di
voti per le elezioni. Se fosse così, il volontariato sarebbe già morto. Una forte prospettiva di futuro l’avrà se saprà fare la
scelta di tutelare gli ultimi, di mettersi
dalla parte degli emarginati.
VITA: Per esempio?
NERVO: Al tempo della battaglia dei radicali contro la fame nel mondo ci sollecitarono insistentemente per fare il cammino insieme. Rispondemmo: sugli obiettivi siamo d’accordo, ma non possiamo
fare il cammino insieme senza generare
confusione, perché volete come noi salvare giustamente milioni di bambini dalla fame, ma poi voi consentite che ne vengano uccisi centinaia di migliaia ogni anno con l’aborto, con la copertura della
legge che avete fortemente voluto.
VITA: Come giudica le iniziative legislative recenti a proposito di questi ultimi?
NERVO: Bisogna tener conto del quadro
generale su cui si muove chi detiene oggi
la maggioranza in Italia. Tutte le statistiche dicono che aumenta il numero dei
poveri e che contemporaneamente sale il
numero dei super ricchi. Né il governo né
le Regioni hanno un piano contro la povertà. Il governo include la lotta contro la
povertà nel pacchetto della sicurezza: cioè
i poveri sono considerati un pericolo per
l’ordine pubblico. Non c’è niente di nuovo: fino alla costituzione del ministero
della Solidarietà sociale - oggi fuso con
quello del lavoro e della salute - la competenza dell’assistenza era del ministero dell’Interno. Non è evidente che c’è un ritorno dallo Stato sociale allo Stato liberale?
Chi afferma questo spesso è classificato
comunista e chi rappresenta in questo
momento la maggioranza si fa un vanto
di aver preservato l’Italia dal comunismo.
Un punto interrogativo
sul destino del volontariato
S
abato 13, giorno del suo compleanno e giorno in cui la
Chiesa commemora santa Lucia, Giovanni Nervo farà
solo un minuscolo strappo alla regola: celebrerà messa a
Padova per l’appunto in Santa Lucia, chiesa dove ogni
sabato confessa i fedeli, alle 10. Di Nervo ricordiamo un
libro molto recente, con un titolo volutamente allarmistico:
Ha un futuro il volontariato?(Edb, 12 euro). La tesi è che la
sfida per il volontariato sia quella di aiutare il non profit a
conservare l’anima di servizio da cui è nato. Infatti, secondo
Nervo, l’evoluzione del volontariato verso l’impresa sociale
ha certamente aspetti positivi, ma rischa di far perdere di
vista i valori di condivisione e solidarietà da cui era partito.
VITA: Come ritrovare il senso della cittadinanza?
NERVO: Conoscendo e vivendo la Costituzione repubblicana, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, riconosce che
tutti i cittadini hanno pari dignità sociale
e afferma che ciascuno deve concorrere
«al progresso materiale e spirituale della
società». Non è questo il senso autentico
della cittadinanza?