16 settembre - Radio Maria

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16 settembre
Cartagine (Tunisia), ca. 210 - 14 settembre 258
Cipriano nacque a Cartagine verso il 210. Dopo tre anni dalla sua
conversione al Cristianesimo, fu eletto vescovo della sua città. Ritiratosi
in clandestinità durante la persecuzione di Valeriano, venuto a
conoscenza di essere stato condannato a morte, tornò a Cartagine per
dare testimonianza di fronte ai propri fedeli e venne decapitato nel 258.
Etimologia: Cipriano = nativo di Cipro, dal greco e latino
Emblema: Bastone pastorale, Palma
Martirologio Romano: Memoria dei santi martiri Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, dei quali il 14
settembre si ricordano la deposizione del primo e la passione del secondo, mentre oggi il mondo cristiano li
loda con una sola voce come testimoni di amore per quella verità che non conosce cedimenti, da loro
professata in tempi di persecuzione davanti alla Chiesa di Dio e al mondo.
Di Cipriano giovane sappiamo che è nato pagano a Cartagine intorno al 210. Battezzato verso il 245, nel 249
è vescovo di Cartagine. Nel 250 l’imperatore Decio ordina che tutti i sudditi onorino le divinità pagane
(offrendo sacrifici, o anche solo bruciando un po’ d’incenso) e ricevano così il libello, un attestato di
patriottismo. Per chi rifiuta, carcere e tortura. O anche la morte: a Roma muore martire papa Fabiano. A
Cartagine, Cipriano si nasconde, guidando i fedeli come può dalla clandestinità.
Cessata la persecuzione (primavera 251) molti cristiani, che hanno ceduto per paura, vorrebbero tornare
nella Chiesa. Ma quelli che non hanno ceduto si dividono tra indulgenti e rigoristi. Cipriano è più vicino ai
primi, e con altri vescovi d’Africa indica una via più moderata, inimicandosi i fautori dell’epurazione severa.
A questo punto le sue vicende s’intrecciano con quelle di Cornelio, un presbitero romano d’origine patrizia.
Eletto papa a 14 mesi dal martirio di Fabiano, si trova di fronte a uno scisma provocato dal dotto e dinamico
prete Novaziano, che ha retto la Chiesa romana in tempo di sede vacante. Novaziano accusa di debolezza
Cornelio (che è sulla linea di Cipriano) e dà vita a una comunità dissidente che durerà fino al V secolo.
Da Cartagine, Cipriano affianca Cornelio e si batte contro Novaziano, affermando l’unità della Chiesa
universale. Non è solo sintonia personale con papa Cornelio: Cipriano parte dall’unità dei cristiani
innanzitutto con i rispettivi vescovi, e poi dei vescovi con Roma quale sede principalis, fondata su Pietro
capo degli Apostoli. Ucciso in guerra l’imperatore Decio, il suo successore Treboniano Gallo è spinto a
perseguitare i cristiani perché c’è la peste, e la “voce del popolo” ne accusa i cristiani, additati come
“untori” in qualunque calamità. Si arresta anche papa Cornelio, che muore in esilio nel 253 a Centumcellae
(antico nome di Civitavecchia). E viene definito “martire” da Cipriano, che appoggia il suo successore Lucio I
contro lo scisma di Novaziano. Lucio muore però dopo un anno (254). Gli succede Stefano I, e durante il suo
pontificato c’è uno strappo con Cartagine, per il battesimo amministrato da eretici e scismatici, che è valido
per Stefano e nullo per Cipriano.
Questi poi accusa Stefano di considerare ingiustamente il primato di Pietro come un diritto all’ingerenza
continua nella vita delle singole Chiese. Il dissidio si estende pericolosamente, ma nell’agosto 257 papa
Stefano muore, e intanto l’imperatore Valeriano ordina un’altra persecuzione. Cipriano viene mandato in
esilio, dove apprende che il nuovo papa Sisto II è morto martire a Roma, col diacono Lorenzo. Liberato, può
far ritorno a Cartagine; ma nel settembre 258 lo arrestano di nuovo, e il giorno 14 muore decapitato. In
questo stesso giorno Cornelio e Cipriano sono ricordati per sempre insieme dalla Chiesa.