del nucleare

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del nucleare
Chi si fida
del nucleare
targato ENEL?
Le ombre del passato e i dubbi
sullo shopping nucleare in Est Europa
Chi si fida del nucleare targato ENEL?
Le ombre del passato e i dubbi sullo shopping nucleare in Est Europa
Autrice: Giulia Franchi
Editing: Luca Manes
Progetto grafico: Carlo Dojmi di Delupis
Foto: Juraj Rizman/Greenpeace, Luca Tommasini, Ionut Apostol,
Daniela Napoli, Simone Ramella
Campagna per
la riforma della
Banca Mondiale
CRBM
via Tommaso da Celano 15 - 00179 Roma
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“Ci sono circa 500 impianti nucleari nel mondo, alcune in
zone altamente sismiche come il Giappone, ma si tratta di
impianti pronti a resistere anche a terremoti di intensità
pari a nove gradi sulla scala Richter”1
Fulvio Conti - Amministratore Delegato di ENEL
Il Sole 24 Ore
[26 agosto 2009]
Chi si fida del nucleare targato ENEL?
1
1. Un passato
poco glorioso
I
l nucleare italiano targato ENEL
in passato ha suscitato più di una
perplessità. I dubbi e le critiche erano
legate alla qualità delle prestazioni degli
impianti gestiti dalla compagnia.
Ciò nonostante il sogno nucleare dell’ENEL è rimasto
sempre vivo e negli ultimi anni, grazie alle decisioni del
governo, è sembrato sul punto di incominciare una nuova
era. Almeno in Italia, visto che all’estero la società ha preso
parte a una serie di progetti spesso discutibili.
Tra il 1958 e il 1990, anno in cui fu definitivamente sancita
la chiusura delle ultime due centrali nucleari ancora
funzionanti in Italia2, l’ENEL aveva operato quattro impianti
di produzione di energia nucleare a Latina, Garigliano,
Trino Vercellese e Caorso, con una performance piuttosto
2
Chi si fida del nucleare targato ENEL?
A sinistra,
la centrale nucleare di Caorso
(foto Simone Ramella)
deludente che vedeva gli impianti assestarsi su un fattore
di carico3 in generale fortemente variabile ma mediamente
basso, tra il 52% ed il 64%, con la sola centrale di Latina
che raggiungeva il 70%. La stessa produzione di energia
dal nucleare in quegli anni aveva mantenuto un andamento
molto irregolare, dovuto a lunghi periodi di sospensione
dell’operatività dei reattori
per manutenzione e
Lo storico esito
potenziamento4.
referendario del 1987
ha costretto l’ENEL ad
Inoltre nella seconda metà
abbandonare, almeno
del 1981 era iniziata (con
temporaneamente,
7 anni di ritardo rispetto
qualunque ambizione
alle previsioni originarie)
nucleare sul territorio
la costruzione della
centrale a doppio reattore
italiano
di Montalto di Castro, poi
abbandonata nel 1988
quando, in seguito alla vittoria schiacciante dei voti contrari
al nucleare in occasione del referendum dell’8 novembre
1987, il Consiglio comunale della cittadina laziale deliberò
all’unanimità l’interruzione dei lavori dell’apparato nucleare
della centrale, presentando un piano di riconversione verso
il termoelettrico.
Lo storico esito referendario del novembre 19875 ha costretto
l’ENEL assieme ai diversi governi che si sono succeduti ad
abbandonare, quantomeno temporaneamente, qualunque
ambizione nucleare sul territorio italiano, ma non ha
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3
impedito all’azienda di andare a
soddisfare la sua sete di energia
e profitti “esportando il rischio”
altrove. Ovvero facendo fuori dai
confini nazionali quello che non
le era stato concesso sul territorio
italiano.
Con in mano un curriculum
nucleare discutibile, fatto di una
limitata esperienza risalente a
oltre venti anni fa, caratterizzata
Interno della centrale
da impianti inaffidabili e costi e tempi di
nucleare di Caorso
(foto Simone Ramella) realizzazione che hanno ecceduto di gran
lunga le previsioni, oggi l’ENEL ci riprova,
in spregio all’esito dei referendum del 1987.
Con l’appoggio del governo in carica, che con una forzatura
ha fatto approvare al Parlamento il 23 luglio 2009 con il
voto di fiducia la legge 99/20096, si prepara ad affrontare
la sfida del ritorno dell’atomo in Italia costruendosi altrove
le competenze necessarie. L’ENEL sta investendo enormi
risorse in reattori di tecnologia sovietica obsoleta, localizzati
in zone a elevata sismicità e che non soddisfano i requisiti
minimi per la sicurezza, con conseguenti rischi enormi per la
salute e l’ambiente.
Ma vediamo come stanno procedendo questi esperimenti:
4
Chi si fida del nucleare targato ENEL?
2. Come farsi le ossa
esportando il rischio
e importando energia e profitti
Caso n. 1
Centrale Nucleare di Mochovce
[Slovacchia]
La decisione di realizzare quattro reattori di
tipo VVER 440/213 nell’allora Cecoslovacchia
risale agli anni Ottanta.
La costruzione dei primi due reattori, iniziata nel 1982, fu
portata a termine verso la fine degli anni Novanta dopo
numerosi ritardi nei lavori. La realizzazione dei reattori 3 e
4 venne approvata formalmente nel 1987, un anno dopo il
disastro di Chernobyl, ma nel 1992 la costruzione dovette
invece essere sospesa per mancanza di finanziamenti. A
quasi venticinque anni dal rilascio dell’autorizzazione
relativa ai reattori, l’ENEL, che nel 2006 aveva finalizzato
l’acquisizione del 66% dell’operatore slovacco Slovenské
Elektràrne (SE), in cambio della cessione si è impegnata
a garantire il completamento dei due antiquati reattori
nucleari sovietici.
Se inizialmente né il governo slovacco né l’ENEL erano
intenzionati a portare avanti una valutazione di impatto
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Centrale nucleare di
Mochovce in Slovacchia
(foto J. Rizman/Greenpeace)
ambientale (VIA), nel 2008 hanno
dovuto cedere alle pressioni
della società civile e dei vicini
Ungheria ed Austria, nonché
della Commissione Europea.
Eppure, sebbene la funzione della VIA sia quella di costruire
la base per una giustificazione ambientale del progetto
valutando gli impatti che avrà per l’ambiente e esplorando
possibili soluzioni alternative, l’ENEL iniziò la costruzione
di Mochovce 3 e 4 nel novembre 2008. Ossia quando la
procedura di VIA era appena iniziata, ponendosi in palese
violazione della legislazione slovacca, delle direttive UE e
della Convenzione di Aarhus7. Secondo la convenzione di
Aarhus i processi di partecipazione pubblica devono essere
effettuati quando tutte le possibilità sono ancora aperte.
Solo in questo modo le conclusioni che emergono dalla VIA
possono seriamente influire sul disegno di un progetto e
sull’individuazione di alternative, così che le informazioni e
le opinioni possano essere valutate senza la pressione di una
possibile perdita di investimenti.
Ma di fatto, il 4 maggio 2010, data dell’incredibile
approvazione della VIA da parte del ministero dell’Ambiente
slovacco, il progetto era già ampiamente avviato.
L’impianto, di progettazione russa, pur essendo
relativamente recente, è concepito secondo standard di
sicurezza del tutto obsoleti8. Per esempio il reattore è
totalmente privo di sistemi di contenimento in cemento
armato, mentre nell’Europa occidentale è ormai regola
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prevedere un doppio contenimento per prevenire la
fuoriuscita di radioattività in caso di incidente grave o per
proteggere la struttura da eventi esterni (per esempio un
aereo che precipita sulla centrale). Caratteristica, questa,
che lo accomuna alla drammaticamente famosa centrale di
Chernobyl. Ma c’è di più.
Il reattore è
Il 13 gennaio 2011 il Comitato di
totalmente privo
Conformità della Convenzione di
Aarhus ha formalizzato le accuse per di sistemi di
l’assenza di trasparenza e di adeguata contenimento in
cemento armato
consultazione delle comunità
locali nel processo di costruzione
dei due nuovi reattori della centrale di Mochovce. I
lavori potrebbero essere tassativamente sospesi, in attesa
della realizzazione di una nuova valutazione d’impatto
ambientale, e alla Commissione Europea spetta il compito di
monitorare con molta attenzione la corretta osservanza del
pronunciamento del Comitato.
In gioco resta un investimento molto ingente pari a 1,8
miliardi di euro, destinati ad aumentare ancora dopo questi
recenti sviluppi e che servirà a completare un impianto
con una tecnologia rischiosa e comunque superata, ben al
di sotto degli standard di sicurezza occidentali. A questo
punto rimane solo un dubbio: se l’ENEL possiede il 66%
dell’operatore Slovacco, e appartiene per il 31% allo Stato
italiano, chi pagherà i costi di questa impresa e dei ritardi
che implicheranno tali scelte poco avvedute? E poi, perché
l’ENEL insiste a investire preziose risorse in progetti
rischiosi, spesso non necessari e altamente impopolari?
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7
Caso n. 2
Centrale Nucleare di Cernavoda
[Romania]
L’impianto nucleare di Cernavoda è una
centrale nucleare rumena fortemente voluta
dall’allora dittatore Nicolae Ceausescu,
composta da cinque reattori di tipo Candu, di
cui solo due completati.
La loro potenza netta complessiva in funzione è di 1.300
megawatt. I reattori 1 e 2 sono gli unici ad essere stati
completati, per gli altri tre si attende la ripresa dei lavori di
costruzione.
Progettata nel 1980 dai canadesi, la centrale di Cernavoda,
la cui produzione non è destinata al consumo in Romania
ma all’esportazione verso l’estero, è realizzata in una zona
altamente sismica, dove dal 1979 si sono verificati tre forti
terremoti ed ha già sofferto alcuni grossi inconvenienti.
Durante il trasporto di
La centrale è
carburante nucleare, a
Cernavoda si è verificato un realizzata in una zona
incidente che ha causato
altamente sismica,
la contaminazione di una
dove dal 1979 si sono
zona vicino alla centrale.
verificati tre forti
Nei primi giorni del luglio
terremoti
2000, in una settimana
particolarmente calda, il
primo reattore di Cernavoda, costruito anche dall’italiana
Ansaldo, dovette essere spento perché la temperatura aveva
raggiunto i 70 gradi. Il 30 maggio 2009, l’unità 1 è stata
chiusa per una settimana a seguito della rottura di un tubo
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dell’acqua. L’unità 2 è stata
fermata diverse volte per
“manutenzione”. Nell’aprile
2009 il secondo reattore
è stato bloccato a causa di
un malfunzionamento che
ha portato ad un esteso
blackout di corrente. Il 16
gennaio 2010, l’unità 1 è
stata arrestata a causa di
perdite di vapore. L’ultimo
incidente a Cernavoda è
datato 8 gennaio 2011, quando il reattore
1 è stato fermato per 48 ore per “attività di
manutenzione”9.
Centrale nucleare di
Cernavoda in Romania
(foto Ionut Apostol)
L’ENEL partecipa per il 9% al consorzio per la costruzione
del terzo e quarto reattore, da 750 megawatt ciascuno. Se
fino a poco fa poteva difendere la scelta di essersi imbarcata
in questa ennesima impresa dai contorni poco chiari con il
fatto che altre omologhe europee partecipavano all’affare,
dal 20 gennaio 2011 è rimasta da sola di guardia al “bidone
atomico di Cernavoda”10 . La francese Gdf Suez, la tedesca
Rwe e la spagnola Iberdrola hanno infatti annunciato con
un comunicato congiunto la decisione di “non proseguire
la loro partecipazione allo sviluppo del progetto nucleare
di Cernavoda in Romania. Le incertezze economiche e
regolamentari che circondano questo progetto, in particolare
a causa dell’attuale crisi, non sono ad oggi conciliabili con gli
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investimenti necessari allo sviluppo di un nuovo impianto
nucleare”. La società ceca Cez aveva abbandonato la joint
venture già nel settembre 2010.
Ecco che l’ENEL
rimane di nuovo
ancorata, e da sola, a
difendere un progetto
giudicato pericoloso e
antieconomico
Ecco che l’ENEL rimane di
nuovo ancorata, e da sola, a
difendere un progetto giudicato
pericoloso e antieconomico,
dopo che è ormai sotto gli occhi
di tutti una vera e propria fuga
delle multinazionali energetiche
occidentali dal nucleare post-sovietico, che non ha più gli
indispensabili finanziamenti statali per poter andare avanti
con progetti svantaggiosi economicamente e rischiosi per
l’ambiente e la salute.
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Caso n. 3:
Centrale nucleare di
Kaliningrad [Russia]
Il 26 aprile 2010,
l’amministratore delegato e
direttore generale dell’ENEL
Fulvio Conti e il presidente
Mani festazione di protesta
di Inter Rao Ues Boris Y.
contro la costruzione della
centrale di Kaliningrad
Kovalchuk hanno firmato
(foto Luca Tommasini)
un accordo di cooperazione
italo-russo, che prevede, tra le altre cose,
lo sviluppo congiunto di un progetto per la
realizzazione di una nuova centrale nucleare
nell’exclave russo di Kaliningrad, sul Mar
Baltico.
Il memorandum d’intesa prefigura ampia cooperazione
nella costruzione di impianti e nell’innovazione tecnica,
nell’efficienza energetica e nella distribuzione di energia,
sia in Russia che nei Paesi dell’Est Europa. La futura
centrale di Kaliningrad (la prima partnership pubblicoprivata nel settore nucleare in Russia) sarà composta da due
reattori di 1.170 megawatt l’uno e utilizzerà la tecnologia di
terza generazione VVER 1.200. L’entrata in produzione è
prevista tra il 2016 e il 2018. Pare che una quota rilevante
dell’energia prodotta sarà destinata ai vicini mercati europei.
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Mani festazione di protesta
contro la costruzione della
centrale di Kaliningrad
(foto Luca Tommasini)
Ma anche questo progetto
ha già ricevuto critiche
pungenti a causa di una
documentazione scarsa
ed incompleta. Non sono
state fornite informazioni
chiare sulle modalità
di gestione delle scorie
derivanti dalla centrale, sullo
smantellamento dei reattori,
sugli eventuali rischi associati
ad incidenti rilevanti, né su
strategie di evacuazione della popolazione proprio in caso di
incidenti.
Anche la località scelta ha sollevato enormi dubbi, dal
momento che le acque sotterranee presenti nella zona non
sono abbastanza in profondità per garantire la sicurezza
dell’impianto ed escludere il rischio di contaminazione delle
falde. Ulteriore preoccupazione è suscitata dal fatto che il
futuro impianto nucleare dovrebbe essere costruito in una
zona di importante traffico aereo internazionale, ma i suoi
reattori non sono progettati per resistere a un impatto di
grandi dimensioni in caso di incidente aereo.
L’organizzazione ambientalista russa Ecodefense ha
realizzato un sondaggio tra gli abitanti della zona. Il risultato
è che il 67% della popolazione interpellata è contraria al
progetto, giudicato inutile, dannoso e finanziariamente
rischioso.
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Ma nei primi mesi del 2010 le ruspe hanno cominciano a
scavare. Questo sebbene Rosatom, il gigante statale russo
per l’energia nucleare, con la sua sussidiaria Inter Rao Ues,
responsabile delle politiche di esportazione dell’energia
e delle relazioni con investitori stranieri, sia ancora alla
ricerca di finanziamenti dall’estero per completare il piano
finanziario dell’opera. Una passaggio fondamentale, visto
che l’opera al momento è coperta dal budget nazionale solo
per il 50%. Nonostante le
il 67% della popolazione
dichiarazioni sbandierate
interpellata è contraria
alla stampa locale, nessun
accordo è stato formalmente al progetto, giudicato
siglato né per investimenti
inutile, dannoso e
esteri sull’impianto, né per la finanziariamente
vendita dell’energia prodotta rischioso
che, secondo i programmi di
Inter Rao, dovrebbe andare
a Germania, Svezia, Lituania e Polonia. A nessuna utility
europea l’affare sembra vantaggioso. Nessuna eccetto ENEL,
che ha confermato il suo interesse sottoscrivendo l’accordo
proprio in occasione del ventiquattresimo anniversario della
tragedia di Chernobyl.
L’ENEL potrebbe così diventare la prima compagnia
straniera coinvolta nella costruzione di una centrale
nucleare in Russia. Accanto a Vladimir Putin, che si è detto
pronto a collaborare affinché anche l’Italia ritorni all’atomo,
Silvio Berlusconi ha dichiarato che il nucleare è una fonte di
energia “a cui nessun Paese può ormai rinunciare”11.
Resta solo da vedere cosa ne pensano gli italiani.
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3. Il futuro
lo scriviamo noi
C
on queste esperienze poco illustri alle
spalle, e con una situazione finanziaria
di forte indebitamento12 l’ENEL si
prepara ad affrontare la sfida del ritorno
all’atomo in Italia, incurante della volontà
popolare espressasi già nettamente nel
referendum del 1987. Il tutto con la complicità
del governo, che si è affrettato a costruirle
intorno la sponda giuridica necessaria.
Dal 25 giugno 2008 con il DDL 112/2008 prima, proseguendo con il più dettagliato DDL 99/2009 del 23 luglio 2009
poi, il nucleare è di nuovo regolamentato per legge. Tra i 64
articoli, oltre a politica industriale, norme su assicurazioni, camere di commercio, enti di internazionalizzazione e
altro ancora, la legge comprende anche articoli relativi ad
una nuova strategia energetica nazionale, incentrata anche
sull’atomo.
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A sinistra, Manifestazione
contro il nucleare a Roma,
26 marzo 2011
(Foto Daniela Napoli)
Ai cittadini italiani cosa rimane? La possibilità di esprimersi
con un referendum abrogativo che ribadisca, una volta per
tutte, la volontà popolare di far rimanere solo inchiostro su
carta le quattro centrali su suolo italiano paventate dagli accordi con Francia e Russia, affermando inoltre che il futuro
è nelle rinnovabili, nell’energia veramente pulita e nell’efficienza energetica derivante da una gestione pubblica e partecipata delle risorse naturali.
Ancora una volta siamo chiamati a riscrivere la storia, una
storia fatta oggi di interessi condivisi tra lobby corporative e
politiche, che in nome di profitti e potere sono pronte a mettere a repentaglio l’ambiente e
la salute delle persone con scelte
I drammatici fatti
scellerate e irresponsabili. Che
di Fukushima
di fronte all’evidenza dei rischi
impliciti al nucleare non arretra- rischiano di
sgretolare i sogni di
no, ma avanzano con arroganza
gloria dell’Enel e del
e indifferenza crescenti.
governo, che corre
Nel frattempo però i drammatici ai ripari con una
fatti di Fukushima rischiano
moratoria-truffa
di sgretolare i sogni di gloria
dell’Enel e del governo, che corre ai ripari con una moratoria-truffa il cui chiaro obiettivo è
quello di contenere l’onda emotiva e di affossare il referendum, così come di garantire la tenuta alle elezioni amministrative.
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Preoccupato infatti dell’ “effetto traino” del quesito sul nucleare, che “rischia” di far raggiungere il quorum anche al
quesito sul legittimo impedimento, il governo Berlusconi
tenta, tramite un emendamento al decreto Omnibus 2011, di
annullare il Referendum ed
Il governo Berlusconi
impedire l’espressione della
tenta, tramite un
volontà popolare.
emendamento al decreto
Ma si tratta di una truffa,
Omnibus 2011, di
e per di più malcelata. La
moratoria contenuta nel
annullare il Referendum
ed impedire l’espressione decreto Omnibus, infatti,
non corrisponde affatto ad
della volontà popolare
una abrogazione per via
parlamentare delle norme
oggetto di referendum, che in caso di vittoria avrebbe invece
effetti giuridici abrogativi che durano cinque anni. Inoltre,
l’emendamento al decreto proposto dal Governo è anche
accompagnato, nel primo comma, dalla volontà esplicita non
di abbandonare, come proposto dai promotori del referendum, ma di sospendere temporaneamente la “definizione ed
attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed
esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione
di energia nucleare”, in attesa e “al fine di acquisire ulteriori
evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per
la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare”.
Tutto questo è poi riassunto nelle candide dichiarazioni del
premier, che ci ricorda che: «Se fossimo andati oggi a quel
referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile
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per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si
possa tornare a discuterne con un’opinione pubblica consapevole. Siamo convinti che il nucleare sia un destino ineluttabile” (La Repubblica, 27 aprile 2011).
Sulla legittimità di questa operazione dovrà pronunciarsi la Corte di Cassazione, ma per farlo si dovrà attendere
che l’emendamento proposto dal
Governo diventi legge dello Stato
con la pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale. Una decisione definitiva
potrebbe quindi arrivare alla vigilia
dei referendum, di fatto impedendo
il normale svolgersi della campagna
referendaria.
È per questo che, nel frattempo, e
con ancora maggiore convinzione
di fronte all’ennesimo attacco ai principi democratici e alla
sovranità popolare, noi andiamo avanti e ribadiamo che il 12
e il 13 giugno voteremo per impedire che le scelte che condizionano il nostro futuro e la nostra salute siano prese da
chi usa solo la calcolatrice per valutare l’assennatezza di un
investimento.
Oggi, come nel 1987, fuori il nucleare dall’Italia e,
aggiungiamo noi, dalla storia.
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Note
1 http://www.genergia.net/index.php?option=com_content&task=view&id=189&Itemid=9
2 Dal momento che i quesiti referendari del novembre 1987 non facevano esplicito
riferimento all’operatività dei due impianti ancora attivi (Garigliano era già stato
chiuso nel 1978 e Latina nel 1988) non fu prima del luglio 1990 che si decise
formalmente per la sospensione delle attività di Trino Vercellese e Caorso.
3 Per fattore di carico si intende la produzione effettiva di un impianto in un anno
e si calcola come una percentuale della produzione effettuata se l’impianto avesse
operato a piena potenza senza interruzioni durante tutto l’anno. Il fattore di carico è
generalmente visto come un buon indicatore di affidabilità di un impianto.
4 “Analisi di scenari energetici: studio preliminare dello scenario italiano”, Università
di Pisa, CIRTEN, settembre 2010.
5 Associated Press, 1987 ‘Referendum Leaves Italy’s Nuclear Future Unclear’
November 17, 1987.
6 Legge 23 luglio 2009, n. 99 “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione
delle imprese, nonché in materia di energia” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 176
del 31 luglio 2009 - Supplemento ordinario n. 136. E’ la legge che pone le premesse per
disciplinare il ritorno del nucleare in Italia.
7 La convenzione di Aarhus, sottoscritta nell’omonima città danese nel 1998,
disciplina a livello internazionale l’accesso alle informazioni, la partecipazione del
pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale.
La convenzione è vincolante per le istituzioni e gli organi comunitari, imponendo
determinati obblighi in merito all’accesso alle informazioni ambientali (Sezione I), alla
partecipazione del pubblico a piani e programmi in materia ambientale (Sezione II) e
all’accesso alle procedure di ricorso (Sezione III).
8 “Enel e il nucleare sovietico in Slovacchia” Briefing Greenpeace, novembre 2007.
9 http://www.le1000gru.org/mond/2011/mond20110125.html
10 http://www.scienzaverde.it/index.php?option=com_content&view=article&id=70
7:nucleare-fuga-dalla-romania&catid=75:edizione-n-23-marzo-2011
11 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/04/
russia-italia-berlusconi-putin.shtml?uuid=069c1626-5135-11df-95dd47b0345b4152&DocRulesView=Libero
12 Il debito finanziario netto a livello di gruppo era pari a 11,7 miliardi nel 2006; nel
2007 esso era aumentato all’elevatissimo importo di 55,8 miliardi e nel 2010 esso si
colloca ancora sui 44,9 miliardi di euro. La società italiana è una delle più indebitate
di tutto il continente europeo. Il costo medio del debito si aggirava, tra il 2007 e il
2010, tra il 5% e il 5,5% annuo, generando, tra l’altro, oneri finanziari molto elevati. La
ragione fondamentale di tale salto nel 2007 è da attribuire all’acquisizione, avvenuta
nello stesso anno, della quota di controllo della spagnola Endesa, costata circa 40
miliardi di euro.
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Chi si fida del nucleare targato ENEL?
Chi si fida del nucleare targato ENEL?
Dopo l’esito del referendum del 1987, l’Enel ha continuato a investire
nell’atomo. Non in Italia, dove si appresta a tornare in prima
linea a meno che un altro referendum fermi il revival del nucleare
nel nostro Paese, bensì nell’Europa dell’Est. Lì la multinazionale
energetica, per il 30 per cento di proprietà dello Stato italiano, è
coinvolta in progetti molto controversi da tutti i punti di vista, come
spiega questa pubblicazione della CRBM.
La CRBM è un programma di Mani Tese che lavora
per una democratizzazione e una profonda riforma
ambientale e sociale delle istituzioni finanziarie
internazionali che rimangono i principali responsabili dell’iniquo processo
di globalizzazione che viviamo, con un’attenzione particolare agli impatti
ambientali, sociali, di sviluppo, climatici e sui diritti umani degli investimenti
pubblici e privati dal Nord verso il Sud del mondo.
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