Isola Nera 1/35
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Isola Nera 1/35
Isola Nera 1/35 Casa di poesia e letteratura. La prima in Sardegna, in Italia, aperta alla creazione letteraria degli autori italiani e di autori in lingua italiana. Isola Nera è uno spazio di libertà e di bellezza per un mondo di libertà e bellezza che si costruisce in una cultura di pace. Direzione Giovanna Mulas. Coordinazione Gabriel Impaglione. [email protected] - luglio 2006 - Lanusei, Sardegna Pubblicazione Patrocinio UNESCO. Inserita nella categoria Riviste (italia) http://www.unesco.org/poetry/ . LA PIENA DEL SILENZIO Marguerite Duras Marguerite Duras, pseudonimo di Marguerite Donnadieu, è nata il 4 aprile 1914, a Gia Dinh, in Cocincina, l'attuale Vietnam del sud che a suo tempo era dominio francese e qui trascorre l'infanzia e l'adolescenza. Il padre è originario di Lot-et-Garonne, mentre la madre proviene dalla Francia del Nord. I suoi due fratelli si chiamano Pierre e Paulo. Il padre muore quando Marguerite ha quattro anni. Nel 1924 la famiglia si trasferisce a Sadek, e quindi a Vinhlong, sulle rive del Mekong. La madre, in seguito, acquisterà in Cambogia una piccola concessione che però non potrà mai essere coltivata poiché viene periodicamente inondata dal mare. Ed è proprio durante una terribile alluvione che la madre muore. Nel 1930 studia in un pensionato a Saigon e incontra l'amante cinese". L'esistenza di Marguerite Duras verrà profondamente segnata da queste circostanze e verrà rivissuta in alcuni libri. Dopo lescuole superiori a Saigon, Marguerite lascia l'Indocina e dal 1932 si trasferisce a Parigi, in Francia, dove studia diritto, matematica e scienze politiche. Nel 1937 è assunta come segretaria presso il Ministero delle Colonie francese , ma già nel 1939, dopo il suo matrimonio con Robert Antelme, comincia a lavorare per alcune case editrici. Nel 1942 muoiono il suo primo figlio e il fratello Paulo e incontra Dionys Mascolo, da cui avrà un figlio nel 1947. Nel 1943 entra nella resistenza, mentre il marito viene arrestato e deportato. Nel 1946 divorzia, mentre nello stesso periodo (1944-1950) è iscritta al Partito Comunista. Dal 1955 al 1960 si impegna nella lotta contro la guerra d'Algeria, e quindi contro il potere gaullista. Nel 1957 si separa da Dionys Mascolo. Ormai, nonostante la ritrosia del grande pubblico a causa della difficoltà delle sue opere, il suo successo è inarrestabile. Dal 1970 in poi, inoltre, saranno frequenti le apparizioni della Duras nel giornalismo, comunque già praticato tra il 1955-60. Gli anni '80 sono decisamente movimentati, sia per i suoi viaggi (Normandia, Montréal, Italia), sia per i suoi nuovi successi editoriali, ma soprattutto poiché nel 1982 si sottopone a una cura di disintossicazione dall'alcool in un ospedale americano. Fra il 1988 e il 1989 passa cinque mesi in coma in ospedale. Marguerite Duras è morta nel 1996 a Parigi all'età di ottantuno anni. Scrisse 34 romanzi dal 1943 al 1993 e divenne parte integrante dell'elite culturale di Parigi. Oltre alla scrittura, diresse anche circa 16 film. Per il film "India Song" (1975), vinse il Gran Premio Accademico del Cinema francese. La produzione teatrale e filmica di 1 Marguerite Duras, come anche i suoi romanzi più difficili, sembrano, in un primo momento, essere riservati solo ad un pubblico circoscritto, ma, come dimostrano i successi di critica e vendita che costellano la sua carriera, le sue opere sono note anche ad un pubblico meno sofisticato. Il linguaggio che la Duras utilizza nelle sue opere, assieme alla ritmica e alle sue proprietà musicali, rapiscono il lettore, sottraendolo all'abituale ambientazione quotidiana per trasportarlo in una realtà senza confini. Fra i numerosissimi libri scritti da Marguerite Duras, numerose sono le opere in cui compaiono elementi decisamente autobiografici, legati soprattutto alle esperienze vissute dalla scrittrice in Indocina. I primi romanzi della Duras, pubblicati da Gallimard, spiccano per la loro ambientazione provinciale e per le passioni familiari che ne costituiscono i temi principali. Nei romanzi della seconda metà degli anni '50, il contenuto narrativo dei romanzi della Duras tende a perdere il suo consueto spessore, mentre acquista spazio una dimensione simbolica sempre più accentuata, portando la stile della scrittrice verso una piena maturità. Marguerite Duras inventa una scrittura particolarissima, piena di silenzio: la scrittrice crea opere che sono nello stesso tempo racconti, poemi in prosa, sceneggiature... In gran parte della produzione di Marguerite Duras assistiamo alla completa distruzione della trama, e alla rivelazione della vita interiore dei suoi personaggi, dall'interno. Nel 1959, con "Hiroshima mon amour" . Marguerite Duras ottiene il suo primo successo cinematografico. E' necessario comunque aggiungere che il cinema e la letteratura non saranno le uniche forme della scrittura durassiana, la quale abbraccerà anche generi come il teatro e il giornalismo. www.margueriteduras/homestead.com _______________________________________________________________________________ Riflessioni Ormai è guerra! Cosma Belardo* A proposito della guerra aperta dal Vaticano contro tutto il movimento GBLT Ormai è guerra! Ratzinger, Ruini, l’ "Osservatore Romano" ed "Avvenire" hanno dichiarato guerra su tutti i fronti agli omosessuali, o meglio a tutto il movimento GBLT! Guerra che si sposta inesorabilmente sul piano politico e dei diritti sanciti dalla Costituzione per ogni cittadino! Sembra quasi che la politica delle destre sia un’appendice del Catechismo della Chiesa cattolica! Viene accusato un ministro della Repubblica di essere poco cattolico - io direi poco ossequioso al dictat di Ratzinger - per aver detto che vanno riconosciuti anche pubblicamente i diritti delle coppie di fatto! e viene detto da un partito di centrodestra, quasi a conferma di come si intenda la politica in quella coalizione: servire, ubbidire, mai controbattere alla volontà del " santo padre" come amano chiamare Ratzinger, riducendo Dio quasi ad un optional! In questi ultimi tempi mi sono arrivati molti inviti a lasciare la Chiesa cattolica, addirittura mi sono pervenuti modelli per chiedere di essere sbattezzato, quasi come l’appartenere ad una chiesa fosse simile alla militanza in un partito o tifoseria per squadra! No! non esco dalla Chiesa di cui mi sento parte a pieno titolo, non abbandono la Chiesa, Corpo mistico di Cristo di cui sono membro! Rimarrò in essa per combattere, per essere all’opposizione, per contrastare una gerarchia potente, severa, dura, per molti versi scandalosa, rabbiosa contro chi trasgredisce non la legge divina ma la "sua" legge che non è la legge di Cristo! Siamo noi cristiani che partendo dal Vangelo dobbiamo richiamare la gerarchia alla conversione, siamo noi Chiesa a dover richiamare il Papa e tutta la sua corte affinché riscoprano il Vangelo, la Verità e l’Amore! Ormai nell’animo di quanti appartengono alla Curia romana si è instaurato una condizione di odio , di disprezzo per una categoria che, guarda caso, richiama ogni giorno " la sporcizia che esiste tra la stessa gerarchia" una sporcizia che è ben tenuta nascosta sotto il tappeto di casa! Nell’animo di Ratzinger, dei Ruini, dei Pompedda si è scatenato il 2 desiderio della punizione, ed ancor più il sogno di vedere scomparire " l’omosessuale" dalla faccia della terra! Diritti alle coppie di fatto? si purché non siano gay! Ecco il discorso del Vaticano che non fa più una questione di sacramento, di famiglia, ma solo di " totale chiusura" ai milioni di omosessuali che , desiderando di vivere una vita sentimentale equilibrata, pulita e magari con la benedizione di Dio, si vedono sempre più disprezzati, messi al bando come gli untori di manzoniana memoria! Questa gerarchia è quanto di più primitivo, oscurantista che la storia, dopo l’indimenticabile periodo dell’inquisizione, possa ricordare: è ingiusta, arrogante, presuntuosa, fomentatrice di odio, di omofobia, sessuofobia e razzismo. Una sola cosa le manca, e certamente soffre per tale mancanza: il potere di vita e di morte per il peccatore. Il potere di poterci linciare! E dire che pensavamo che l’integralismo religioso, fanatico ed antievangelico, fosse solo quello di Khomeini! Come vogliamo chiamare l’intervento di un pontefice che anziché rivolgersi alle coscienze del popolo di cui dovrebbe essere guida, si rivolge al Legislatore quasi dicendogli cosa debba o non debba fare? Come considerare un presidente della CEI che in ogni suo intervento viola la laicità dello Stato Italiano? e ciò che fanno i vescovi ed i cardinali nelle rispettive diocesi che sembrano sempre più veri e propri feudi? Questi potenti della Chiesa di Cristo sono violenti contro coloro che non si sottopongono ai loro voleri: basti pensare ad alcuni documenti di Ratzinger quando ancora non era papa! E sufficiente leggere i giornali di questi ultimi giorni per capire quale sia il sentimento di chi dovrebbe incarnare l’amore di Cristo per ciascun o di noi, per capire a quale deriva siamo arrivati! Uscire dalla Chiesa? Mai! Ci resto, ma da dissidente, da cristiano cattolico che non accetta quanto viene detto e fatto da chi nega Cristo tutti i giorni con le parole, con le azioni, con le omissioni, con lo stile di vita ! Sono e resto cristiano cattolico sereno e certo dell’amore di Dio che non misura la mia statura morale, la mia condizione di figlio bisognoso del suo infinito amore, dall’uso che faccio del mio orientamento sessuale! Resto in questa Chiesa perché è la " Chiesa di Cristo" e non del papa,resto perché voglio sperare in una conversione di coloro che oggi volentieri ci manderebbero al rogo, perché voglio sperare in un ritorno alla Chiesa primitiva, alla Chiesa di tutti, in cui non basta ad un papa affacciarsi da una finestra ed invitare migliaia di persone a prodigarsi per la moltitudine di bambini che muore di fame, di malattia, senza svestirsi dei privilegi, delle immense ricchezze, degli agi che caratterizzano la sua esistenza ! E’ vergognoso, è scandaloso, è un vero rinnegare Cristo, crocifiggerlo quotidianamente. Del resto Vico ci ricorda come la storia si ripete: corsi e ricorsi storici! Chi condannò Cristo a morte? Il popolo ma solo dopo che a pronunciare la sentenza era stato il sinedrio! Chi ha stravolto il volto di Dio, oggi? Chi ha stravolto il suo messaggio? Chi uccide "quotidianamente " il Cristo del Vangelo? La risposta per un cristiano onesto, non becero, non bigotto dovrebbe essere più che scontata! Come è possibile che per questa gente l’unico, vero, orrendo peccato da perseguire con ogni mezzo sia il peccato contro la castità? Ma il primo comandamento di Gesù non è forse stato " Amatevi come io vi ho amato", magari fino alla morte? Non ha detto " Ama il tuo nemico"? E quante parole, quanti discorsi questi potenti della Chiesa spendono su queste parole di Cristo? Pochissime, perché impegnati a lottare contro quanti vivono il proprio orientamento sessuale secondo la loro reale natura, contro chi vuole dare ordine, serenità, stabilità, visibilità, legalità al proprio essere gay e magari alla sua unione di fatto che non rappresenta assolutamente una negazione della famiglia, ne un attentato a tale istituzione! Impegnata ad arraffarsi l’8 per mille e non certo solo in favore dei fratelli che muoiono di fame! Basta vedere lo sfarzo in cui trascorrono le loro giornate! Sono ben altri i modelli sociali e perché no?, religiosi la cui ricaduta sulla famiglia è estremamente dannosa, direi esiziale e contro cui nulla viene detto e fatto. 3 In questa Chiesa non c’è limite alla mancanza di misericordia! Anzi direi che tale parola è intesa solo ed esclusivamente nel suo valore astratto! Se facciamo un riscontro storico ci rendiamo conto di come la Sinagoga non ebbe compassione di Cristo e lo offrì vittima al Padre; ma questo non fu un fatto isolato: molti nella storia sono stati sacrificati dalla stessa Chiesa di appartenenza quasi a realizzare le parole di Cristo "Verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio" (Gv. 16,2)! E allora di che meravigliarci? Oggi, 23 maggio, anno 2006 dalla venuta di Gesù, il Vangelo, quello non di Ratzinger ma di Cristo, ancora non è entrato nelle vene della gerarchia che pretende di governare con rispettabile autorità la Chiesa di Dio! Tocca a noi cristiani ridare al Volto di Dio la sua vera identità e ciò non vuole dire relativismo, anzi il contrario! Ridare a Dio il Suo vero volto significa scegliere un percorso difficile ed irto, significa mettersi in discussione ed in gioco ogni giorno, ogni momento! Il relativismo lo trovo proprio in chi vorrebbe combatterlo: assurdità della vita! Cosa significa vivere il Vangelo secondo il proprio punto di vista e non secondo il suo vero, reale, autentico dettato? Non è forse relativismo questo? A me come cristiano interessa non quanto dice Ratzinger ma quanto ha detto Gesù e tendo con ogni sforzo, non sempre con successo, di fare ciò che ha fatto Lui. Tra una legge del papa che mette "fuori porta", che esclude e mostra "compassione" per un omosessuale io scelgo la legge di Gesù che perdona l’adultera, la prostituta, il pubblicano, che sceglie gli ultimi, che si fa ultimo, che conosce le più basse miserie dell’uomo per aiutarlo a risalire e riconquistare la dignità di figlio di Dio, quella dignità persa che Egli è venuto a recuperare! Non voglio si pensi che mio intento sia quello di mescolare le carte! Quanto detto nasce da una mia piena e totale convinzione sostenuta da un ragionamento logico che comunque è suscettibile di critica. Ogni uomo è opera delle mani di Dio e proprio perché opera di un Artista perfetto, non può presentare difetti di fabbrica! Se non ho scelto il mio orientamento come non lo sceglie l’etero, dov’è la colpa? Sappiamo tutti che per esserci colpa occorra che ci sia reato! Nel caso di quanti appartengono alla realtà GBLT non vi è alcuna colpa se non quando si fa un uso lussurioso del proprio orientamento sessuale , ma questo appartiene alla morale in genere e non solo alla realtà gay! Noi cristiani dobbiamo, a dispetto del male che ci viene fatto, riscoprire la misericordia, la capacità di perdonare che comunque non significa dovere accettare supinamente tutto quanto detto e fatto dalla curia romana. Dobbiamo invitare il Papa, i vescovi fino all’ultimo sacerdote a dialogare con fraterno amore, a perdonare, a non inveire contro tutti noi, ad aprirci le braccia sull’esempio di Cristo! Se continueranno su questa strada di totale chiusura, di intromissione nelle faccende politiche di casa nostra, offendendo la laicità dello Stato e condizionandola ai propri interessi; se continueranno a fare dei "distinguo" nell’amare, si troveranno un giorno, se ne avranno tempo, a chiedere perdono anche a noi tutti che quotidianamente sperimentiamo sulla nostra pelle il loro disprezzo! *Cosma Belardo Fondatore della Mailing List "Amare col cuore di Dio - Omosessuali ecumenici in cammino" Fonte: il dialogo - Periodico di cultura, politica, dialogo interreligioso dell'Irpinia www.ildialogo.org Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi Uno spazio Libero!!! Il blog di Isla Negra http://isla_negra.zoomblog.com 4 Salvo Zappulla Italia Il ponte di ghiaccio “Diavoletto, smettila di girarmi intorno, mi rendi nervoso”. “Eh! eh! eh! Lo so perché sei nervoso. Continui a guardare lassù, verso il ponte. Eh! eh! eh!”. “Lasciami in pace“. “Rassegnati, il ponte per te resterà una chimera”. “Fammi provare”. “Sarebbe inutile, hai commesso troppi peccati”. “Non è vero!”. “Sì, invece”. “Mi avete condannato ingiustamente. Lo ammetto, ho sbagliato qualche volta, ma niente di così grave da meritarmi il fuoco eterno”. “Eh, dite tutti così”. “Voglio provare ad attraversare il ponte!”. “Ti ho già spiegato che sarebbe un tentativo inutile. Concediamo la prova solo a pochissimi, quando sussistono dubbi sulla loro condanna. Nel tuo caso invece…”. “Non è vero! Sono certo che riuscirei a farcela”. “Sei proprio deciso? Non pensi ad altro, vero?”. “Voglio andarmene da questo maledetto posto. Sono stato un buon cristiano, non merito la dannazione dell’inferno”. “Un buon cristiano?” Il diavoletto scuoteva la testa e si prendeva gioco di me, poi inaspettatamente disse: “E va bene, ti concedo la prova. Preparati”. Sgranai gli occhi, incredulo. “Davvero? Non mi prendi in giro?”. “Sbrigati, prima che cambi idea”. Mi sollevai da terra e guardai ancora in direzione del ponte: rappresentava la libertà. Riuscire ad attraversarlo significava sfuggire alla condanna del fuoco eterno. Si stagliava ad arco sopra le lingue di fuoco che tentavano di farlo sciogliere, ma esso resisteva e rimaneva a brillare, bianco, lucido, per acuire la sofferenza di noi dannati che trascorrevamo il nostro tempo ad ammirarlo, emblema di ciò che avevamo perduto. “Allora, ti sei addormentato?” mi spronò il diavoletto. “Cosa c’è, ci hai ripensato?”. Se hai paura, sei ancora in tempo a tirarti indietro”. “Scherzi?”. “Bene. Prenditi la cesta”. “Quale mi dai”. “Quella di vimini, la più leggera. Vedi che in fondo non sono poi così cattivo. Eh! eh! eh!“. “Grazie“. Era odioso con quel suo perenne ghigno beffardo, ma rimasi zitto sperando di rabbonirlo. Mi caricai la cesta sulle spalle e mi avviai. Era leggerissima. Questo servì a darmi coraggio. Sospirai, il cuore mi batteva forte per l’emozione. Era la mia unica occasione. Il diavoletto mi svolazzava sopra la testa come un calabrone fastidioso, stranamente mi infondeva coraggio. Non riuscivo a comprendere se era sincero o si divertiva a prendermi in giro. “Dai, sei in gamba! Non ti facevo così caparbio. L’importante è riuscire a superare la prima parte, quella in salita”. I miei piedi scivolavano a contatto con il ghiaccio, annaspavo cercando invano una presa a cui afferrarmi. Gocce di sudore mi colavano dalla fronte, la paura mi attanagliava le gambe ma, nonostante ciò, faticosamente proseguivo. Il diavoletto cominciò ad incalzarmi: “Ti ricordi? Ti ricordi quella volta che rubasti nella bottega del rigattiere?”. “Ero bambino allora, non sapevo quel che facevo”. “Erano tutti i suoi risparmi. Il vecchio morì d’infarto per la tua azione”. Piegai il capo per la vergogna. 5 “Toh, prenditi il primo mattone”. E dall’alto lanciò il mattone dentro la cesta, facendomi rabbrividire. Cercai di affrettarmi ma i miei piedi scivolavano e dovevo stare attento a non perdere l’equilibrio. “Ti ricordi a quella festa di compleanno?”. “Quale festa?”. “La ragazza che aveva bevuto un po’ troppo. Era in crisi, aveva litigato con il suo fidanzato”. “Ah sì, mi pare. Mi offrii solo di accompagnarla a casa…”. “Ci hai provato in macchina. Era la donna del tuo migliore amico”. Ammutolii. “Sei un gran vigliacco”. Chiusi gli occhi aspettando il tonfo del secondo mattone. Da sotto, le fiamme scioglievano il ghiaccio ed io lo sentivo scricchiolare al mio incedere. Il peso dei mattoni rendeva più difficoltosa la mia prova. Temetti di non farcela. “E gli anni del carcere, li hai dimenticati? Quella povera donna, tua madre, che saltava i pasti per portarti le sigarette. Quante umiliazioni ha dovuto subire per colpa tua, lei così onesta, a venire in quel posto”. Le lacrime mi rigavano il volto per la vergogna, il dolore, la fatica immane. Il terzo mattone arrivò con un fragore assordante, facendomi traballare. “E la volta che testimoniasti il falso? E quell’altra…e quell’altra…e quell’altra ancora?”. La voce aspra del diavoletto mi assordava mentre i mattoni, uno dopo l’altro, riempivano la mia cesta. Caddi in ginocchio, non riuscendo a sopportare lo sforzo. La lastra di ghiaccio cedette e sprofondai sotto il peso dei miei peccati. La Posta d’Isola Nera ANED* ASSOCIAZIONE NAZIONALE EX DEPORTATI POLITICI NEI CAMPI NAZISTI - SEZIONE DI TORINO- VIA GIULIO, 22 - Tel. 011 52 13 320- (orario ufficio: lun-mer-ven h 15-17,30) VIAGGIO in AUSTRIA e POLONIA - Visite ai campi di sterminio nazisti AUSCHWITZBIRKENAU, MAUTHAUSEN e GUSEN- Visita della città di CRACOVIA -Dal 3 all'8 settembre 2006- Le prenotazioni si ricevono presso: Segreteria ANED e ITALIAN WINE TRAVELS. Via S. G. Cafasso, 41 14022 CASTELNUOVO DON BOSCO l'A.N.E.D.* è un'associazione senza fini di lucro che riunisce i superstiti dei campi di sterminio e i familiari dei caduti, senza distinzione di fede religiosa o di convinzione politica. sede: via i.c. giulio 22 TORINO- tel.0115213320 lun. merc. ven dalle 15 alle 18 mail: [email protected] www.deportati.it casella mail curata da Primarosa, figlia di Natale Pia, deportato a Mauthausen -Gusen e nipote di Vittorio Benzi caduto a Gusen, Biagio Benzi deportato a Flossenbuerg e Giovanni Benzi, deportato a Bolzano, tutti partigiani vittime del rastrellamento nella zona di Nizza Monferrato del 3 dicembre 1944. Renato Cassone Italia Ancora un’altra Quella lunga giornata di mezza estate volgeva al termine e il sole, che per l’intero pomeriggio aveva brillato in tutto il suo splendore, stanco dopo una giornata così intensa di lavoro, si preparava a sparire all’orizzonte, spegnendo il suo ardore nell’azzurro del mare. Nella stanza, ancora illuminata dagli ultimi raggi di quel faccione sorridente, Claudia, teneramente aggrappata al barbone bianco del nonno, lo fissava, contemplando quel suo volto grande e bonario, i suoi occhi azzurri come quel mare che si preparava ad accogliere il sole, le sue guance rosso ciliegia e sulle labbra un sorriso come di chi, dopo una giornata di infinite avventure, si prepara ad un meritato riposo. Ma Claudia ancora non avrebbe acconsentito; lei piena di vita, di curiosità, di allegria. 6 Si aggrappò al collo del nonno e dandogli un bacio sul suo nasone disse: -Dai nonno, raccontami un’altra storia; raccontami di quando hai conosciuto la nonna!Il vecchio si strinse la nipote al petto e fissandola negli occhi rispose con dolcezza: -Piccola mia, sei proprio come un pesciolino, non smetti mai di battere le tue piccole pinne e tantomeno pensi a dormire! Ma è giusto così, sei giovanissima e alla tua età io ero anche peggio. Vada per la storia allora, però promettimi che per oggi è l’ultima, va bene?-. -Certo nonno, prometto! L’ultima e poi vado a nanna!-. -Allora, - iniziò il nonno –mi ricordo che una volta, quando ero ancora un giovanotto, presi la barca di mio padre per andare a pesca. Partii presto presto, quando era ancora buio, e mi diressi al largo. Alle prime luci dell’alba mi fermai, gettai l’ancora e preparai le mie due canne da pesca. Avevo certi vermoni come esca che avrei potuto pescare una balena, se non due. Invece, dopo quattro ore che ero lì, l’unica cosa che presi fu un pesce pagliaccio!-. -Un pesce pagliaccio?- disse Claudia meravigliata –e com’è fatto un pesce pagliaccio?-. -Si sì piccolina- disse il nonno –è un pesce piuttosto piccolo, con gli occhi grandi grandi e il naso rosso rosso, ma la cosa che lo rende diverso da tutti gli altri è che racconta sempre un sacco di storielle divertenti ai pescatori che riescono a prenderlo. Così misi dell’acqua in un secchiello e lo lasciai libero là dentro, e mentre io continuavo a pescare, quello iniziò a raccontare.-Un pesce parlante?-disse Claudia ridendo –Ma i pesci non parlano nonno!-. -Certo che no, ma il pesce pagliaccio è magico, te l’ho detto che è diverso da tutti gli altri!-. -E cosa ti ha raccontato?- fece Claudia. -Mi ha raccontato che giù in fondo al mare, nel castello del principe dei granchi, viveva imprigionata la principessa delle sirene, una ragazza bellissima, metà donna e metà pesce che, siccome non aveva voluto sposare quel brutto antipatico del principe dei granchi, era stata imprigionata perché nessuno potesse averla. Mi disse poi che lei dal giorno non aveva più smesso di piangere e che le sue lacrime avevano fatto diventare l’acqua del mare troppo salata per tutti gli altri pesci; così mi chiese di aiutarlo a liberarla.-Che cattivo questo granchio, uff! E tu nonno lo hai aiutato, vero?- disse Claudia. -Io volevo- continuò –ma come potevo fare? In acqua non potevo resistere più di pochi minuti!-. -E allora?cosa avete fatto?-. -Pensò a tutto quel birbantello del pesce pagliaccio. <Strappa una delle mie pinne rosse che ho sul dorso e mangiala> mi disse. <Ma come?> risposi io. <Fallo e basta> mi ripeté il pesciolino ridendo. Allora io gli strappai una pinna rossa dal dorso, la più piccola per non fargli male, e la mangiai. <Veramente buona> pensai, <sa di fragola>. -Quindi, quindi? Che è successo dopo?- disse la piccola, sempre più curiosa. -Bè piccola, tu non ci crederai ma in un batter d’occhio mi sono trasformato in un bellissimo esemplare di sirenetto, con una pinna lunga e azzurra da fare invidia al più bello tra i delfini. <Ora> mi disse il pesce pagliaccio <non avrai più problemi a respirare sott’acqua, ma ricordati, dopo tre ore, tornerai nuovamente un umano, quindi dobbiamo sbrigarci!>. Allora presi il pesciolino in braccio e mi tuffai. Nuotavo che era un piacere, sembravo un razzo, e in men che non si dica arrivammo vicino al castello del principe Granchio. Ma ora c’era un problema ancora più grosso. Come fare a liberare la bella principessa senza che nessuno se ne accorgesse? Era un vero e proprio problema. La torre dove era rinchiusa la principessa era circondata da guardie del principe Granchio, gigantesche piovre con sedici tentacoli pronte a stritolare chiunque si fosse avvicinato-. -Caspita nonno, -fece Claudia –e allora cos’hai fatto?-. 7 -Piccolina, - continuò il nonno –ancora non avevano fatto i conti con la furbizia di un lupo di mare come me! In quel momento si trovava a passare di lì una conchiglia di mare enorme, con un guscio che dentro ci sarebbe stata la mia barca con tutte le canne da pesca e l’ancora. Allora io la fermai e le feci raccontare una barzelletta dal pesce pagliaccio; come quella aprì il guscio per ridere, mi intrufolai dentro e rimasi nascosto là. Intanto dalle fessure della sua bocca controllavo la situazione all’esterno. Ci avvicinavamo sempre più alla torre e le piovre, non vedendo niente di strano, stavano tranquille ai loro posti. Appena fummo vicino alla torre, feci il solletico alla conchiglia, quella aprì il guscio ed io balzai fuori, e nuotando più veloce che potevo andai fino alla finestra dove era affacciata la principessa, la afferrai per un braccio e, senza dirle nulla, la trascinai con me dentro la conchiglia, che, appena fummo dentro, richiuse subito il guscio continuando allegramente la sua passeggiata. Le tentacolari guardie non si accorsero di nulla, così quando ci fummo allontanati abbastanza feci nuovamente il solletico alla conchiglia con la mia pinna; questa volta però, anziché ridere, lei fece un enorme starnuto che ci catapultò fuori riportandoci fino alla mia barca alla velocità della luce, con uno spruzzo così grande che sembrava fossimo usciti fuori da Moby Dick. I raggi si riflettevano sullo splendido volto della principessa e sui suoi capelli dorati facendo risaltare tutta la sua bellezza. Solo in quel momento, guardandola, mi resi conto di essermi innamorato di quella meravigliosa creatura marina. Purtroppo l’effetto dell’incantesimo fattomi dal pesciolino pagliaccio stava svanendo e così non avrei più avuto possibilità di stare con lei. Allora stringendole la mano le dissi <Vieni con me principessa!>. Lei mi guardò intensamente e mi baciò senza dire nulla. A quel punto io risalii sulla mia barca sapendo che il mio era un sogno irrealizzabile, ma con grande sorpresa lei mi seguì. Era diventata umana. -Nonno, nonno, -disse agitata Claudia. –Ma come si chiamava la principessa?-. -Il suo nome era Perla!-. -Ma questo è lo stesso nome di nonna?!-. Il nonno sorrise e, con gli occhioni lucidi, disse: -E’ vero, dolce Claudia, la principessa che ho liberato da quel terribile principe Granchio è la stessa che mi ha reso felice per tutta una vita, è tua nonna!-. Claudia scoppiò a ridere felice e, correndo per tutta la stanza, battendo le mani, esclamò: -Grande! Sei il mio nonno preferito, le tue storie sono sempre bellissime, come farei senza di te?-. In quello stesso momento la porta della stanzetta di Claudia si aprì di scatto: -Piccola, che succede? Cos’hai?-. -Niente mamma, il nonno mi stava raccontando la storia di quando ha conosciuto la nonna.- disse Claudia indicando la poltrona vuota di fronte alla finestra. La mamma prese la piccola in braccio, la strinse forte e con gli occhi colmi di lacrime disse: -Piccola mia anche a me manca tanto il nonno.- Isla Negra revista en español de poesía y narrativa breve per abbonarsi: [email protected] 8 Bruno Bartoletti Italia Parole di Ombre Veniva da un'onda remota il suono di un'eco tra asfodeli bianchi su rossi tramonti. Lingue di fuoco al chiarore lunare tra bianche corna di cervi danzavano e querce le Menadi sole lasciavano al sole l'aurora. Rossi coralli sul fiume cantando all'isola verde posarono l'eco del pianto e un soffio portava quel volto di donna. Perduta memoria sepolta nell'onda di un canto segreto che l'ombra cancella, la muta Euridice trafitta dal sole. Guardava stupito dal mare di Lesbo l'immensa distesa al soffio morente proteso il suo canto negli occhi smarriti, asfodeli bianchi trafitti dal sole. Parole le stelle portavano il grido, cristalli scolpiti, nell'eco cantando. Parole di ombre la voce richiusa, lo scrigno del giorno volgendo all'oblio sul cieco sentiero, la lira sospesa il soffio e la pietra quel suono trafitto nell'eco. Lingua e cultura sarda: c’erano una volta e… ci sono ancora:online! Rina Brundu Eustace C'era una volta la lingua sarda. Pensavamo. Allora. Ricordi di oltre un quarto di secolo fa quando le giornate trascorrevano monotone sotto il solleone di un'altra estate isolana, dentro i momenti nebbiosi, innevati, tipici delle morte stagioni dell'Imperturbabile Montagna, tra i cespugli fioriti, i pascoli verdi, odorosi di primavera come solo sanno essere in Ogliastra. Nella nostra Ogliastra. Quella stessa che ci fece dono della lingua, del dialetto e che, nel bene o nel male, ha determinato la nostra forma mentis. Perché... dicono siano i diktat religiosi (o pseudo-tali) e linguistici a regalarci (o imporci) l'impronta privata che ci accompagnerà per il resto dei nostri giorni. Dal primo vagito dunque. Fino alla fine. Oltre. Forse. C’era una volta la lingua sarda e la vergogna dell’appartenenza. La vergogna dell’identità. Per noi ragazzi ogliastrini degli anni ’80, figli diseredati delle croniche carenze che affliggono ogni momento, anche solamente pensato, nella Sardegna interna. Figli di operai, di donne che indossavano le tradizionali gonne nere e su sciallu, anch’esso perenne riflesso d’ebano, la vergogna si manifestava alla radice, nel momento stesso dell’utterance, ovvero del proferir parola. Più delle ricchezze possedute, più della storia familiare, la lingua parlata nel quotidiano, il sardo o l’italiano, determinava lo status. Soprattutto, bastava a fare la differenza, bastava per riconoscere is sennoras e is sennores, in mezzo ad ogni altro cristo, figlio di un Dio disincantato ma fondamentalmente rozzo, che si arrabattava intorno a noi. Con noi. Non a caso, non erano in pochi a preferire l’auto-censura: nel dubbio, tacere. Zittirsi. Per sempre, se necessario. Com’era 9 costume tra le diffidenti formiche del Gennargentu e come avrebbero fatto presto i nostri vecchi che di quella vergogna erano l’emblema vivente. C’erano una volta la lingua e la cultura sarda. Pensavamo. Allora. Prima di mettere tanto impegno per appropriarci di moduli linguistici e letterari differenti; moduli internazionali, planetari i quali, nel tempo, hanno modificato in maniera subdola il DNA originario, per lasciare il passo ad un infuso cerebrale privato d’ogni identità. Nello specifico, liberato d’ogni vergogna, della zavorra che era la nostra inconfessabile sardità, ma anche impedito e spaesato nel suo sapere, ad un tempo, di tutto e di nulla. E poi venne Internet e il suo villaggio globale, melting-pot culturale e linguistico per eccellenza, universo elettronico parallelo fatto ad immagine e somiglianza dei suoi ideatori; copia virtuale del Creato e quindi dei suoi luoghi, del suo presente e del suo passato, formidabile fustigatore delle sue maniere indegne e dei suoi vizi capitali. Vendicatore delle sue vergogne. Dopo un quarto di secolo, quale meraviglia dunque, nello scoprire una Cultura e una Lingua sarda più vive che mai nelle loro vicende quotidiane! Ancora, quale meraviglia nello scoprire che, lungi dall’averne accelerato il processo di progressiva estinzione, sono state proprio le moderne tecnologie ad innescare l’attuale movimento di recupero (scevro d’ogni inibizione ancestrale!) delle pratiche legate alla nostra identità linguistico-culturale originaria, prima fra tutte, quella di scrivere in sardo! Alla velocità della luce, la posta elettronica veicola ogni giorno miliardi di messaggi e, tra quelli, sono sempre più numerose le e-mail scritte nei diversi dialetti della Sardegna. Non solo. L’abbattimento dei limiti di maniera, caratteristici dell’era Post-Internet, ha portato con sé, ventate di una sconosciuta, fino ad ora, libertà intellettuale, democratica e democratizzante che, nel suo logorarsi, è già sfociata in una peculiare forma di snobbismo d’elite. Non sono pochi infatti gli intellettuali (anche tra quelli che non perseguono un preciso intento ideale), nonché gli addetti ai lavori isolani, che usano esclusivamente sa mamalimba sarda nelle loro comunicazioni elettroniche. Moltissimi sono invece i cittadini qualunque che scrivono messaggi e chattano in Internet solo e solamente in dialetto. Con apparente facilità sembrano avere superato anche tutte le difficoltà che avrebbero dovuto palesarsi (almeno a detta di chi è fermamente contrario all’insegnamento de sa limba nella scuola dell’obbligo), a causa dell’utilizzo incrociato delle diverse varietà del sardo. Una prima, paradossale, conseguenza delle cose è dunque il fatto che, a dispetto dei tentativi (più o meno riusciti) di assimilare modalità linguistiche globalizzanti, onde dimenticare le morte stagioni della Sardegna interna, per noi ex ragazzi degli anni ’80 (e non solo), approdati per scelta, o per destino, alle diverse latitudini, può presentarsi il problema del recupero dell’identità linguistica, non per bizza ideologica, ma per mera necessità comunicativa. Ma anche il peculiare impatto sulle cose della cultura sarda in senso lato è consequentia rerum. Perché è la lingua (quando esiste una struttura economica - e, a quanto pare, anche tecnologica sufficientemente dinamica per supportarla) a diffondere la Cultura, quindi la Letteratura, la Poesia, e non viceversa. Con questo voglio aprire una parentesi sulla questione posta da Natalino Piras lo scorso 17 Dicembre tra le pagine culturali de La Nuova Sardegna. Piras, nel suo articolo, I poeti sardi? Non esistono, lamentava il fatto che tra i 400 autori del Novecento, antologizzati nel numero di dicembre dalla prestigiosa rivista “Poesia”, nessuno fosse sardo. Ancora, sosteneva che la Sardegna letteraria esiste ed è sempre esistita solamente quale frutto di uno stereotipo imposto: ieri il deleddismo, oggi il noir. In particolare, la ricerca di una moderna dimensione letteraria precipuamente insulare portava ad un cul de sac intristito dalla mancanza di un vero interesse (Premi e Concorsi vari a parte) per le cose della Poesia. Giustifico il mio intervento in questa vecchia querelle (semmai debba giustificarlo!) con l’essere una di quelle scrittrici sarde di noir, ma soprattutto in virtù dell’attività svolta negli ultimi due anni sul sito Terza Pagina (www.villanovastrisaili.com). E’ stata infatti proprio quest’ultima esperienza ad avermi permesso, io sarda emigrata, portatrice sana, a mio modo, di un io-diviso (e quindi loco – forse- e quindi male unido) di avvicinarmi, di nuovo, alle cose di Sardegna, alle cose della Cultura sarda, della Lingua sarda, della Letteratura e dunque anche della Poesia della mia terra d’origine. La meraviglia provata (già detto) è stata tutta nello scoprire la mia Lingua e la mia Cultura (la sua Letteratura e la sua Poesia), non solo più vive che mai, ma intente ad assicurarsi la loro parte di immortalità virtuale che, volenti o nolenti, sarà tutto ciò che conterà davvero nel futuro prossimo. Quando parlo di Letteratura sarda faccio però punto di non includere la produzione noir che per quanto mi riguarda (vedi, 10 Venti regole per scrivere un giallo, Una moderna riscrittura (ex novo, in verità!)), e data la sua natura di scrittura d’evasione (non importa quanto evoluta! E che non mi si venga a raccontare la favola della pseudo-sperimentazione-linguistica portata avanti da tali scrittori noir illuminati, sperimentazione fatta utilizzando i moduli guina-pig del poliziesco!!!), rimane e rimarrà sempre una scrittura di partenza. Mai una scrittura di arrivo. La Cultura sarda che vive online è data invece dalla nostra Grande Letteratura e dalla nostra Grande Poesia passata e (limitazioni del copyright permettendo) presente, proposta e risuscitata tra le righe dei tantissimi siti creati dai molti e disinteressati aficionados (i quali, nella maggior parte dei casi, ci rimettono di tasca propria!). Rispondendo quindi, indirettamente, alla domanda che titola l’intervento di questo grande intellettuale sardo, e all’altra, che lo chiude (a chi interessa oggi la poesia?), cito per tutti l’ottimo lavoro di diffusione della produzione dei poeti in limba che da tempo viene portato avanti da Luigi Ladu (www.luigiladu.it), anche lui emigrato, anche lui esperienza delle necessità prime che appartengono ad un io e ad un cuore(sardo)-diviso. Se partiamo dunque dal presupposto che ciò che ricerchiamo è un interesse vero per le cose della nostra Poesia (ma anche della nostra Letteratura, della nostra Lingua e della nostra Cultura in generale), e non la vanitas insita nella vittoria di un premio, o di un concorso (ma neppure il ritrovarci – come popolo e natzione letteraria - in questa o quella prestigiosa antologia d’oltre mare), possiamo senz’altro affermare che, non solo la nostra Poesia e la nostra Letteratura interessano ai tanti, ma soprattutto che la cultura e la lingua sarda c’erano una volta e… ci sono ancora! Vivono online, forse. Ma vivono! La dimensione virtuale annulla quella temporale e, per miracolo, permette un salutare dissetarsi sulle rive dell’Ippocrene quale non sarebbe mai stato possibile altrimenti. La Rete invalida gli stereotipi d’importazione e le vergogne di mille anni, lasciando che sia chi ne fruisce a scegliere tra scrittori e poeti antichi e/o moderni, tra autori noti e/o meno famosi, tra spiriti geniali e/o talenti in erba. Non nego che l’estrema tolleranza editoriale di Internet determini, da un lato, uno scadimento verso il basso e, dall’altro, un potenziale pericolo di livellamento in quella direzione. Del resto, questo passaggio sarebbe naturale dato che “mancano i maestri, mancano le regole, mancano i limiti identificativi, ma soprattutto manca la necessaria diligenza stilistica che sola può portare ad esprimere un’arte degna di sé” (vedi Manifesto Net – Navigo, Ergo Sum); tuttavia, questo può accadere solamente quando si guarda ad Internet come al nostro target editoriale, piuttosto che al motore di divulgazione universale che dovrebbe essere. Il nostro tempo privato d’ogni ideologia, d’ogni romanticismo, ma pratico e determinato nel raggiungere i suoi obiettivi, soprattutto liberato da pregiudizi e frustrazioni (anche letterarie) che non hanno più alcuna ragion d’essere, diventa quindi il più valido alleato di tutti coloro che hanno davvero a cuore il destino della Lingua e della Cultura sarda. Il nostro destino. Quel destino che possiamo mutare sempre e soltanto un poco, ma che sarebbe criminale lasciare che si compia senza tentare di modellarlo quanto basta; come troppo spesso accadeva sotto il solleone delle lunghe estati sarde, dentro i momenti nebbiosi, innevati, tipici delle morte stagioni dell'Imperturbabile Montagna, tra i cespugli fioriti, i pascoli verdi, odorosi di primavera come solo sanno essere… in Ogliastra. Rina Brundu Eustace A compendio di ISOLE, la prima antologia della nuova provincia d’Ogliastra Info: http://www.villanovastrisaili.com La Posta d’Isola Nera San Pietro per i diritti civili: 8 luglio '06, la Questura non autorizza il raduno e la manifestazione viene sciolta: "da soli per i diritti civili... con coraggio anche se sembra aver lottato invano dei semi sono stati gettati" Don Giuseppe Serrone e la moglie, Albana Ruci hanno partecipato alle ore 10 dell'8 luglio 2006 al programmato raduno pacifico di protesta per i diirtti civili delle donne e delle famiglie dei sacerdoti sposati nella Chiesa. La manifestazione è stata danneggiata dalla concomitanza con lo sciopero del trasporto locale a Roma (di fatto quasi tutte le linee hanno viaggiato regolarmente, ma l'annuncio dello sciopero ha scoraggiato la partecipazione di molti). Gli organizzatori del raduno, a nome dei sacerdoti lavoratori sposati e dell'associazione di volontariato "Chif - Liberi e Solidali" sono stati presenti all'inizio di Via Conciliazione dalle ore 9,45. Sette pattuglie della Polizia e una dei Carabinieri erano presenti per controllare la manifestazione. Il capo delle pattuglie della Polizia ha chiesto i documenti di riconoscimento a don Giuseppe Serrone e ha comunicato alle ore 10 che la manifestazione non era stata autorizzata 11 dalla Questura e pertanto si doveva sciogliere al più presto: era vietato l'uso di ogni volantino o scritta e l'uso delle macchine fotografiche (un giornalista che stava intervistando don Serrone è stato allontanato dalla Polizia). Don Serrone già dal 30 giugno 2006 aveva inviato alle autorità competenti una richiesta di autorizzazione al corteo e una richiesta di occupazione di suolo pubblico per sistemare un banchetto per la distribuzione di materiale divulgativo sull'evento. La richiesta era stata inviata per posta elettronica alla Prefettura di Roma, alla Questura, al Sindaco, alla Polizia municipale, al comando dei Carabinieri di San Pietro e inoltrata alla sede di zona del XXVII municipio. Serrone ha spiegato al commissario responsabile delle pattuglie che aveva richiesto l'autorizzazione, ma non aveva avuto risposte; per tale motivi riteneva di potersi avvalere della norma che prevede il "tacito consenso" in caso di mancata risposta a una richiesta del cittadino. Serrone si è avvalso anche del diritto che prevede la legge per i cittadini di avere la possibilità di inoltrare e ricevere risposte su questioni alle pubbliche amministrazioni per via telematica. Il commissario incaricato non ha sentito ragioni e ha riconfermato la "non autorizzazione" della Questura alla manifestazione. Don Giuseppe ha ricevuto delle telefonate di giornalisti che stavano per arrivare all'evento. La Polizia ha proibito l'uso delle macchine fotografiche minacciando don Giuseppe di sanzioni e di un intervento se qualche fotografo avesse scattato delle foto in loro presenza. Il sacerdote sposato si è rammaricato della non partecipazione dei vari gruppi italiani di preti sposati del nord Italia e delle varie associazioni nazionali di preti sposati. Credo che molti di loro sono ancora legati strettamente con le parrocchie e le diocesi o gli ordini religiosi e hanno paura di uscire allo scoperto, nascondendosi nell'anonimato del Web". Don Giuseppe cura un sito di libera informazione religiosa http://nuovisacerdoti.altervista.org e ha denunciato la nascita di numerosi siti internet ombra che sotto un nome fittizio apertamente sembrano favorire la causa dei sacerdoti sposati, ma poi effettivamente lavorano per il reinserimento pieno nel ministero incrementando il fenomeno del "reingresso" a tutti gli effetti nell'istituzione ecclesiastica. per informazioni: ufficio stampa- la redazione- sacerdoti lavoratori sposati- mail: [email protected] sito: http://nuovisacerdoti.altervista.org Franco Santamaria Italia Piume tra le spine Per tanta parte, altissime, s’ergono siepi di spine e, qui prigionieri, sussulti di piume sono i voli di allora tra fiamme di orizzonti e tra vortici nati nelle ferite della terra. Il tempo è invecchiato senza avere un’idea migliore dei minuti fruscii che ancora giungono dal buio delle caverne. Come radici represse. Mi chiedo, quando il vento precipita masse sbriciolandole nei canali, quando occupa case che cigolano sui vuoti spazi, quando violenta stracci freddi di fame e di paura, 12 che fine facciano i petali e perché rimangano quei brividi di piume tra le spine. Per antiche tristezze e immense solitudini da promesse tradite, da ponti che spezzano la via dei fiumi angeli dalle bianche piume compiono l’ultimo volo. Non so. Forse la morte impazzisce a raccogliere così tanto nelle sue lunghe notti. Dalla silloge “Echi ad incastro”, Ed. Joker, Novi Ligure (AL). Info: www.edizionijoker.com Franco Santamaria (Tursi –Matera-, 1937). Poeta, critico letterario, saggista, pittore. Numerosi i premi letterari conseguiti, collabora con varie testate culturali. Dirige "Modul@zioni”, quindicinale di informazione culturale online. Dello stesso autore ricordiamo "Primo lievito" ,"Storie di echi" ,"Se la catena non si spezza" Alessio Zanelli Italia Una notte con te, Pablo … Una notte con te, Pablo, a rimuginar gli artifici del tempo, le contorsioni dell’anima per assecondare il corpo, i solchi in cui i giorni scorrono, la vita s’affretta. Ah, Pablo … quanto scaltro, ficcante, impertinente tu fosti; ma semplice, e schietto, e saggio, e posato … A Pesar de la Ira. Quale temerario, temibile cantore; elogiatore d’amore e odio, detrattore d’esaltazione e svilimento, maestro di felicità e dolore. Quanta divinità nel tuo parlar terreno … La Palabra; quanto spirito nella tua carne … Cuerpo de Mujer. Tu hai sempre saputo … El Desconocido, solo adesso io m’appresto; ah, Pablo … No Hay Olvido. Non io! Non io! Oh Tierra, Espérame. Troppo breve, la notte. Troppo forte, la luce. Dov’è che mi sono smarrito, Pablo? Che odissea è mai questa? Senz’occhi, la mia mano. Senza mani, il mio occhio. Bramosa, la mia bocca. Troppo breve, la notte. Ah … La Soledad! A nulla valgon le mie supplici parole. 13 A Night With You, Pablo … A night with you, Pablo, brooding on the plots of time, the warpings of the soul in order to second the body, the grooves in which days run, life moves. Ah, Pablo … how shrewd, how brisk, how pert you were; but plain, and straight, and sage, and quiet … A Pesar de la Ira. What a fearless, fearful singer; extoller of love and hate, detractor of elation and dejection, master of felicity and sorrow. How much godhead in your mundane speaking … La Palabra; how much spirit in your flesh … Cuerpo de Mujer. You always knew … El Desconocido, I just begin to; ah, Pablo … No Hay Olvido. I won’t! I won’t! Oh Tierra, Espérame. Too short, the night. Too strong, the light. Where is it I got lost, Pablo? Whatever odyssey is this? Eyeless, my hand. Handless, my eye. Eager, my mouth. Too short, the night. Ah … La Soledad! Nothing is worth my suppliant words. apparsa per la prima volta su Möbius (USA) Alessio Zanelli (Cremona 1963), Poeta, scrittore, traduttore. Ad oggi oltre 200 sue poesie sono apparse su svariate decine di pubblicazioni, letterarie e non, su carta e su Internet, in forma di rivista o di antologia, negli USA, in Gran Bretagna, in Canada, in Australia ed in altri paesi. Ricordiamo: Antietam Review, California Quarterly, Italian Amaricana, The Journal, Other Poetry e Poetry Salzburg Review. Le prime due raccolte pubblicate all’estero: Loose Sheets (Fogli sparsi - Inghilterra, 2000) e Small Press Verse & Poeticonjectures (Poesia per piccola editoria e poeticongetture, USA, 2003). Alla versione in italiano di ogni poesia, a cura dello stesso autore, è affiancato il testo originale in Inglese. _______________________________________________________________________________ E Adesso Ammazzateci Tutti –giovani contro tutte le mafie: http://www.ammazzatecitutti.org 14 Renzo Montagnoli Italia L’amico scomparso - Ecco, vede, veniva ogni mattina a guardar sorgere il sole. Si accovacciava sulla sabbia, con le spalle rivolte a est, verso l’Alberese, e s’incantava a osservare il promontorio dell’Argentario che prendeva forma poco a poco mentre la luce si diffondeva. - Diceva qualche cosa, parlava? - No, stava muto e solo una volta, mentre aggiustavo le reti, l’ho sentito mormorare qualche parola, ma a voce molto bassa, tanto che non ho capito. Fausto guardava il lontano promontorio dell’Argentario che sembrava emergere dalle acque del Tirreno, una specie di vascello fantasma diafano nella luce del tramonto. Il vecchio pescatore gli si accostò e gli rivolse nuovamente la parola. - Uno spettacolo che vedo da anni, ma che non finisce di stupirmi. Non c’è niente di più magico di un tramonto in questo posto. - Veniva anche a quest’ora? - No, mai che io mi ricordi. Gli interessava solo l’alba. - Grazie, per quanto mi ha detto. Risalì l’arenile nel silenzio ovattato dell’ora, interrotto solo dallo stridio di qualche gabbiano, e dal rumore della corrente dell’Alberese che lì in mare se ne andava a morire. Sì, come il fiume che nasce e che poi muore, anche il suo amico Alfredo, lo stimato professore di latino del liceo classico di Mantova, un giorno se n’era andato da casa, senza dire nulla alla moglie. Si erano avviate le ricerche in tutta Italia e poco a poco, sulla base delle segnalazioni, si era ricostruito il percorso che aveva intrapreso. Una prima tappa di poche ore a Firenze, ove qualcuno si ricordava di quell’uomo non più giovane, magro e quasi scheletrico che era rimasto per più di un’ora estatico di fronte a Palazzo Pitti. Il suo peregrinare l’aveva portato poi a Bolgheri, dove aveva passeggiato a lungo su e giù per la stradina che portava alla chiesa di San Guido, sostando più volte a guardare i filari di cipressi. Sì, lo ricordo bene – aveva detto il sagrestano. E quando gli si chiese il perché, questi rispose in modo evasivo, quasi avesse timore di svelare un mistero, ma poi, supplicato, si era deciso a parlare. - Mi ha detto che qua c’è stato tante volte con la mente, e non con il corpo, e ogni volta gli sembrava di essere più vicino alla fine della strada. Ha biascicato anche i primi versi della poesia, ma poi si è interrotto, mentre le lacrime gli bagnavano le guance. Gli ho chiesto il perché di questa commozione e lui mi ha risposto che era il ritorno. Si era spostato poi in un piccolo borgo vicino a Siena dove aveva soggiornato, ospite di un convento, per un paio di giorni. Come ebbe a dire il priore, l’uomo gli era sembrato malato, ma più nell’anima che nel corpo. Eppure, nonostante la brevità del soggiorno la mattina che se n’era andato aveva notato nei suoi occhi, prima sempre malinconici, un accenno di sorriso, una sfumatura di pace. E quando, accomiatandosi, gli aveva chiesto dove sarebbe andato quello gli aveva risposto che la domanda esatta da porre avrebbe dovuto essere dove si sarebbe fermato. Una segnalazione successiva lo dava come in cammino lungo le terre senesi e così un contadino, a cui aveva chiesto un’indicazione, lo descrisse. - Era pallido, si vedeva un uomo sofferente nel fisico, ma i suoi occhi avevano un qualche cosa di indescrivibile, come se vedessero oltre le immagini. E infine venne la notizia del suo ritrovamento. Una mattina, un pescatore che già l’aveva notato da un po’ di giorni, l’aveva trovato sulla spiaggia, vicino alle bocche dell’Alberese, prono su se stesso e quando lo aveva osservato meglio si era accorto che era morto. 15 Fausto trasse di tasca un foglio sgualcito e lesse ancora una volta. “ Caro Fausto, tu che sei il mio amico più caro, quando leggerai questa è perché io non ci sarò più. E’ difficile spiegare perché me ne sono andato, perché un uomo non più giovane come me, sposato, con una casa, con un lavoro, abbia lasciato tutto di colpo. Qualche cosa saprai già, se avrai cercato di capire il motivo di questo mio allontanamento. Il cancro che mi ha colpito non perdona e allora perché vivere in un asettico letto d’ospedale, con cannule infilate ovunque per procrastinare inutilmente la mia vita? Perché vedere il dolore negli occhi di mia moglie, perché ogni giorno cercare di illudermi? Se è giunto il mio momento voglio che il tutto avvenga con dignità, con rispetto per la mia persona e desidero anche che ci sia un senso nella morte. Ecco perché sono andato via e sono venuto qua, in questa terra dove ancora c’è un rapporto fra uomo e natura. In queste albe sul mare ho visto e imparato più di quello che ho osservato e studiato in tanti anni. Per la prima volta mi sono sentito parte del creato, un minuscolo granello di polvere nel disegno perfetto delle cose e così ho accettato la mia fine dopo un percorso che mi ha portato a conoscere me stesso e che solo in questa terra puoi effettuare, solo fra questi borghi che resistono oltre il tempo, solo in quest’atmosfera ancora indenne dall’illusorio dominio dell’uomo e dove tutto è in eterno armonico equilibrio. Caro Fausto, un abbraccio.” Fausto ripiegò il foglio e lo rimise in tasca. Si avviò all’auto, ma prima di salirvi buttò un’occhiata al lembo di spiaggia dove il vecchio pescatore metodicamente e con calma riparava le reti. Era prono sulle stesse e, nella mano che riavvolgeva i fili, gli sembrò di vedere quella ferma di Alfredo che stilava la lettera. Consigliamo vivamente ai lettori, di Renzo Montagnoli, il sito: http://www.arteinsieme.net/renzo/ GSA Giornalisti Specializzati Associati: http://www.gsaitalia.org Rnotes –appunti della Rubbettino Editore Periodico quadrimestrale di cultura Direttore responsabile Fulvio Mazza Info: rnotes@rubbettino Isola Niedda Dae sa Sardinia po su Mondu cultura sarda in sas paraulas de s’omineEscribie a [email protected] 16 Carlo Caredda Italia In fondo Tu mi chiedi: Parliamo,parliamo, ma in fondo cosa ci diciamo? Ascoltiamo,ascoltiamo, ma in fondo cosa sentiamo? Guardiamo,guardiamo, ma in fodo cosa vediamo? Corriamo,corriamo, ma in fondo dove andiamo? Ma certo!,penso che non sia difficile risponderti, perchè,vedi,in fondo,in fondo... Gian Paolo Guerini Italia g torna con le pive nel sacco Chitina imberbe, capo onuste: ha preso consapevolezza che ci sono avvenimenti racchiusi in ricordi che resteranno indelebili nella mia mente e nel mio cuore. Non so se più in là saranno meno forti. So che non dimenticherò mai certe sensazioni. Certe emozioni incontrollate. Il pianto per la fine di un amore un giorno può farti sorridere. Ma la sofferenza di una persona che ami e la sua scomparsa credo, anzi sono sicuro, MAI. Per questo, magari, potresti raccontarmi ancora di te?. Tratto da: Pietre lunari, intrighi e prebende, Ed. FogliaSuFoglio 2004. Gian Paolo Guerini sito ufficiale www.gianpaologuerini.it Amedeo Anelli Italia Contro quattro Non oltre l’aria dei polmoni che fluisce. Questo canto dalla strada al silenzio di pietra. Pietra e i sensi di polvere i mulinelli del tempo. Nel tempo delle immagini senza suol0o e radici Due volte questa voce in un respiro ha atteso. E l’aria era cristallina e dolce nella pioggia d’agosto. Come guardiani i tigli scrutano custodi del giardino. Nel fluire dell’aria nel respiro nei polmoni nel canto. Tratto da: Acolouthia (I) –omaggio ad Edgardo Abbozzo- Ed. Vicolo del Pavone Amedeo Anelli (Santo Stefano Lodigiano 1956), poeta, filosofo, critico d’arte, traduttore. Ha pubblicato e pubblica in varie testate nazionali ed estere, accademico al merito, ha fondato e dirige la rivista internazionale di poesia e filosofia Kamen. E’ recensore ne Il cittadino, quotidiano del lodigiano e del sud Milano. Dello stesso autore ricordiamo: Quaderno per Marynka, 12 poesie per Acolouthia. 17 Enzo Di Ganci Italia A lamentar mi voglio A lamentar mi voglio Sulla tua natura di vetro E di cristallo, che lenta vive in calici dove ombre pure si sciolgono in mille luci di miele, e dove rose lavorate al tombolo, come trine preziose, sbocciano nello spuntare dei giorni tiepidi e odorosi come pelle di donna. Nel buio accecato di nebbia, sonagli erisa a ricordare antiche gioie e falci lunari, e il tempo, che finora ha dormito nelle casse degli orologi, galoppa lontano, come un cavallo impazzito, con un nitrito interminabile. Tratto da “Tante notti a camminare” , Ed. l’Autore Libri Firenze 2005 Eleonora Ruffo Giordani Italia La strada dei ricordi Risalgo La strada dei ricordi e delle emozioni Risento: l'odore dolciastro della terra che arsa attende l'acqua; l'asfalto che esala il tanfo di pneumatici bruciati sul bitume, la fontanella che canta argentina alla cantoniera del crocevia, la stazione d'attesa la rivista sfogliata distrattamente la mente che si perde nei pensieri, il marciapiede gremito di gente sconosciuta il saluto semplice della mano di un bimbo. Monotono e triste paesaggio il viale costeggiato di alberi frondosi bisognosi perché malati di malinconia in un pomeriggio deserto di afa. Stanca raccolgo pinoli d'energia e attraverso il cielo senza voli, tendo l'orecchio al canto della natura che geme e vuole pretende amore. 18 Agostino Venanzio Reali Italia Primaneve Hai tu la dolce memoria Premente l’anima adulta Di quando la neve La prima volta vedemmo Sulle tettoie cadere? C’erano i merli neri; girellava il cane di Egisto lungo la siepe, annusando; e una luna strana batteva al soffitto. Le rame ovattate tramavano, l’aria grigia, immobili corna di cervi imbalsamati; il gatto faceva le fusa presso la brace disfatta e il breve canto dei passeri lontano sotto i petali freddi. Dolce nescienza non sapere Donde venisse la neve. Tratto da “Primaneve”, Book Editore. Info: www.bookeditore.it Ancora scarsamente conosciuto, padre Agostino Venanzio Reali (Sogliano al Rubicone, 1931-1994) è emerso in questi ultimi anni come una delle figure più creative e intense della poesia e dell'arte figurativa nella seconda metà del '900. Sacerdote cappuccino, poeta, pittore e scultore, ma fu anche raffinato biblista e acuto saggista. Nel suo comune natale è stato costituito il Comitato Agostino Venanzio Reali; ogni anno si svolge un convegno di studio sulle sue opere. Luciano Somma Italia Napoli Abbandonata nel tuo lebbrosario, inchiodata alla croce d'un lungo calvario, larva d'un fasto lezioso avvolta da un tenue sudario, reietta città. Con i tuoi occhi di tenebra eppure respiri il tuo cuore aritmico pulsa mentre intorno le case di latta scenario di beffa, testimoniano, ossario di storia, l'ignavia di tanti. Eppure sospiri e soffri, e non sei masochista, 19 ed ancora tu canti, lavori e rattoppi gli stracci, impregnati di pianto, di teneri idilli tessuti tra notti di attese d'un'alba divera. Strada della mia città L’ittero sul volto di bambini vaganti come ombre-fantasmi non si attenua nemmeno con il sole lercia come la peggiore delle prostitute vive i suoi giorni nel tempo in cui la dimensione umana non ha contorni nè un metro comparativo nella irrevocabile fatalità dell’essere povera strada della mia città ed un lenzuolo ancora intriso d’umori notturni d’amplessi frettolosi ed avvinazzati sventola tra un balcone e l’altro la bianca bandiera dei vinti. Rolando Revagliatti Argentina Destini La mia vita un pò sfilacciata Racconta mia madre Non è molto sicura Di nulla Vaga tra il mio destino E il suo Sono la sua compagnia nella Notte Di giorno Lavoro. 20 Edilizia Costruisco Dormendo Solide pareti Con fenditure Attraverso le quali Mi spiano. Stralci da: Revagliatti Trilingue (castellano-italiano-esperanto), Recitador argentino nr 23. Ilha Negra Rivista di letteratura in portoguese Diretta da Amelia Pais (Portogallo)- Gabriel Impaglione (Italia). Mail: [email protected] Salvatore Armando Santoro Italia Sulla spiaggia (dedicata a P.Paolo Pasolini) Sulla spiaggia è rimasta una traccia, una traccia è rimasta di sangue. Una scheggia di legno ha cambiato colore, ha cambiato finanche l’odore. Sulla spiaggia è rimasto un poeta, con la testa che non sa più di nulla, che non scrive più versi sui fogli, che non vede più poveri e servi. Un poeta ch’è morto d’un colpo per aver amato la gente, che nutriva un amore un po’ strano, che cercava un amore diverso. Ora il mar rumoreggia la sera ed un’onda pulisce la rena da quel sangue che tutto ha imbrattato, da quel sangue che ormai più non scorre nelle vene di un uomo un po’ strano, che veniva da molto lontano e che più non distende la mano e che più non lancia sorrisi all’amante che un dì l’ha tradito, per un gruzzolo poco pulito che qualcuno gli ha un giorno donato per chetare un cervello parlante, per zittire un cervello sapiente che non dà più fastidio ad alcuno, che non scuote più alcuna coscienza, che non lascia più orma o semenza. 21 XVIII Seminario Nuoro Jazz A Nuoro dal 23 agosto al 2 settembre la 18a edizione dei Seminari Nuoro Jazz, diretti da Paolo Fresu, dedicati quest'anno ad Antonietta Chironi. Sono aperte le iscrizioni. Info: http://www.entemusicalenuoro.it le riviste di Poesia e Letteratura Isola Nera & Isola Niedda Patrocinio UNESCO presentano PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE Isola Nera Canticu ‘e s’Omine ( Cantico d’Uomo ) I Edizione Organizzazione e Coordinazione: Giovanna Mulas e Gabriel Impaglione In collaborazione con: la Giornalisti Specializzati Associati GSA, Milano L’Associazione Culturale Sa Perda ‘e su Entu, Sardegna Editrice UNI-Service, Trento Casa Editrice El Taller Del Poeta, Spagna Il Premio è mirato all’integrazione umana per una cultura di pace. Per fomentare la lettura; uomo che legge è uomo libero. Per stimolare la creazione in autori di ogni nazionalità. Scadenza presentazione elaborati 31 luglio 2006 Il Premio, aperto ad autori di ogni nazionalità in lingua italiana, comprenderà tre sezioni + una Menzione Speciale dedicata alla lingua sarda. A :Narrativa in lingua italiana a tema libero. B: Poesia in lingua italiana a tema libero. C: Saggistica letteraria. D: Menzione speciale per la poesia in limba sarda Modalità di partecipazione (indicare su ogni opera la sezione prescelta): A: Narrativa in lingua italiana: tema libero, una sola opera (raccolta racconti) per autore, inedita, scritta in carattere Times, corpo 12, da un minimo di 30 cartelle ad un max di 40. Inviare in file formato Word senza immagini o sfondi, completo dei dati dell’autore, sezione a cui si partecipa, oggetto dell’email: Premio Letterario Isola Nera a: [email protected] . Gli stessi dati, esclusa l’opera, verranno inviati via posta ordinaria all’indirizzo della segreteria premio, completi di quota d’iscrizione e chiaro riferimento al titolo della propria opera in concorso. Questi, dunque, i dati: nome, cognome, data di nascita, indirizzo e numero di telefono, e-mail di 22 riferimento, titolo opera presentata. Ogni autore dichiarerà in calce l’autenticità dell’opera presentata e la rinuncia ai diritti nell’eventuale pubblicazione pro primo premio o antologia. B: Poesia in lingua italiana: tema libero, silloge (una per autore), inedita, scritta in carattere Times, corpo 12, per un max di 800 versi . Inviare in file formato Word senza immagini o sfondi, completo dei dati dell’autore, sezione a cui si partecipa, oggetto dell’email: Premio Letterario Isola Nera a: [email protected] . Gli stessi dati, esclusa l’opera, verranno inviati via posta ordinaria all’indirizzo della segreteria premio, completi di quota d’iscrizione e chiaro riferimento al titolo della propria opera in concorso. Questi, dunque, i dati: nome, cognome, data di nascita, indirizzo e numero di telefono, e-mail di riferimento, titolo opera presentata. Ogni autore dichiarerà in calce l’autenticità dell’opera presentata e la rinuncia ai diritti nell’eventuale pubblicazione pro primo premio o antologia. C: Saggistica Letteraria: inedita, scritta in carattere Times, corpo 12. Fino ad un massimo di dieci cartelle. Inviare in file formato Word senza immagini o sfondi, completo dei dati dell’autore, sezione a cui si partecipa, oggetto dell’email: Premio Letterario Isola Nera a: [email protected] . Gli stessi dati, esclusa l’opera, verranno inviati via posta ordinaria all’indirizzo della segreteria premio, completi di quota d’iscrizione e chiaro riferimento al titolo della propria opera in concorso. Questi, dunque, i dati: nome, cognome, data di nascita, indirizzo e numero di telefono, e-mail di riferimento, titolo opera presentata. Ogni autore dichiarerà in calce l’autenticità dell’opera presentata e la rinuncia ai diritti nell’eventuale pubblicazione pro primo premio o antologia. D: Menzione speciale alla poesia in lingua sarda: tema libero, tre poesie inedite di max trenta versi ciascuna, scritte in carattere Times, corpo 12. Inviare in file formato Word senza immagini o sfondi, completo dei dati dell’autore, sezione a cui si partecipa, oggetto dell’email: Premio Letterario Isola Nera a: [email protected] . Gli stessi dati, esclusa l’opera, verranno inviati via posta ordinaria all’indirizzo della segreteria premio, completi di quota d’iscrizione e chiaro riferimento al titolo della propria opera in concorso. Questi, dunque, i dati: nome, cognome, data di nascita, indirizzo e numero di telefono, e-mail di riferimento, titolo opera presentata. Ogni autore dichiarerà in calce l’autenticità dell’opera presentata e la rinuncia ai diritti nell’eventuale pubblicazione pro primo premio o antologia. Verrà pubblicata e divulgata, a livello internazionale, la prima Antologia del Premio che conterrà 50 opere partecipanti ad ogni sezione, giudicate degne di menzione. Le opere finaliste inoltre, troveranno spazio nelle pubblicazioni di poesia, narrativa e saggistica Isola Nera (in lingua italiana) e Isola Niedda (in limba sarda), parte dei 4 format in 4 lingue diverse, già patrocinio UNESCO. Info: www.giovannamulas.it The official web Site Blog area Isla Negra: http://isla_negra.zoomblog.com Tutte le opere presentate dovranno essere inedite, mai premiate in altri concorsi o in fase di altra premiazione. Sotto ogni opera venga riportata, in calce, la dichiarazione di responsabilità personale dello scritto e la firma dell’autore: il/la sottoscritto/la… dichiara che l’opera…è di sua creazione e ne autorizza, in caso di vincita, l’eventuale pubblicazione e la pubblicità che ne deriva. La partecipazione al concorso indica l’accettazione delle norme che lo regolano. 23 I dati dell’autore, il titolo dell’opera presentata in concorso, la sezione a cui si partecipa, la dichiarazione di autenticità e il rilascio momentaneo dei diritti, la quota d’iscrizione di Euro 20 validi per spese di segreteria da includere nel plico del materiale richiesto dovranno essere inviati in forma di raccomandata A/R a: Premio Letterario Internazionale Isola Nera, - redazione Isola Nera- : via Caprera 6, 08045 Lanusei, ITALIA. Premi Sezione A: Primo premio: Pubblicazione dell’opera con la casa editrice El Taller del Poeta, Galicia, Spagna, a cura del poeta e scrittore Fernando Luis Perez Poza. Sezione B: Primo premio: Pubblicazione del’opera con la casa editrice El Taller del Poeta, Galicia, Spagna, a cura del poeta e scrittore Fernando Luis Perez Poza. Sezione C: Primo Premio: pubblicazione nell’antologia del Premio per i tipi dell’Editrice UNIService, Trento Menzione speciale alla poesia in lingua sarda: pubblicazione nell’antologia del Premio per i tipi dell’Editrice UNI-Service, Trento. Scadenza di presentazione elaborati il 31 luglio 2006. Farà fede la data del timbro postale. A Settembre 2006 verranno divulgati ufficialmente i nomi dei vincitori e dei selezionati per l’antologia. I vincitori delle sezioni A e B riceveranno dieci esemplari dell’opera pubblicata. Ogni autore selezionato riceverà copia omaggio dell’antologia. La Giuria giudicatrice potrà disporre sulla pubblicazione nell’antologia del Premio di opere partecipanti non premiate ad alcuna sezione ma meritevoli d’attenzione. La Giuria: Rina Brundu, giornalista e scrittrice, curatrice del sito letterario www.villanovastrisaili.com . Creatrice del detective don Osvaldo Da Silva Ochoa, ha pubblicato il primo racconto La Veglia durante il periodo universitario sulla rivista Sardegna Magazine. Tana di Volpe il primo romanzo (finalista del Premio Tedeschi 2001 - Mondadori Editore). Come giornalista collabora con il settimanale Diario, con la rivista Pentelite e con diversi siti. Terza pagina è invece la sua prima iniziativa culturale online.Vedi anche Manifesto Net- Navigo, ergo sum Salvo Zappulla, scrittore, editore. Ha pubblicato varie opere di narrativa: “Le due anime del giullare”, “Il maresciallo dei sogni rubati”, “L’ombra” , “La rivolta della natura”, “Il mostro”, “In viaggio con Dante all’inferno”. Presidente dell’Associazione Culturale Pentelite, che organizza la Mostra-Mercato dell’editoria siciliana a Sortino. Presidente del Concorso Letterario Nazionale “Città di Sortino”. Attualmente dirige la Casa Editrice Terzo Millennio. Patrizio Pacioni, scrittore. Esordisce in libreria con Un lungo addio. La svolta con: Le Lac du Dramont . Ricordiamo inoltre: Settimo cielo, Aeracnofobia, Squadra Speciale , Visita a sorpresa, Mutante!, Promenade, Così dannatamente vicini a Rimini e Combinazione finale, Iscassia et Fogu , Mater. Tra i riconoscimenti ottenuti spicca il secondo posto al Mystfest di Cattolica ‘97 con l’intenso e bellissimo Ransette Primo. Il sito ufficiale: www.patriziopacioni.it Bruno Bartoletti: critico letterario, saggista e scrittore. Pluriaccademico al merito, vincitore di numerosi premi letterari internazionali. Ricordiamo dell’autore Miti e simboli in Dino Campana. Ha pubblicato alcuni libri di poesia: Trasparenze, Frammenti di memorie, Le radici, Parole di ombre, il tempo dell’attesa. Roberto Bonin: Giornalista, scrittore. Presidente della Giornalisti Specializzati Associati GSA. Nel 1991 entra a far parte dello staff di Radio T.R.S. Milano, svolge l'attività di giornalista collaborando 24 attivamente con associazioni di professionisti, testate cartacee e siti web in materia di musica, medicina e informatica. Dall'agosto 2001 è titolare del sito web "Piccoli Giornalisti" www.piccoligiornalisti.it. Eventuali info a: [email protected] Isola Nera Casa di Poesia e Lettere Per l’invio di materiale letterario: Via Caprera 6 – 08045- Lanusei. Italia Casa di poesia e letteratura. La prima in Sardegna; in Italia, aperta alla creazione letteraria degli autori italiani e di autori in lingua italiana. Il progetto Isola Nera riguarda la prossima pubblicazione in formato cartaceo. Isola Nera merita degli sponsors in grado di valorizzare l’iniziativa e dalla quale vengano valorizzati. Si accettano e vagliano proposte. 35 hasta la pròxima… al prossimo numero Ringraziamo calorosamente tutti i lettori che hanno inviato commenti , auguri, critiche in merito alla Nomination al Nobel per la Letteratura 2006 e l’adesione alla Legge Bacchelli pro Giovanna Mulas. www.villanovastrisaili.com ai cani sciolti della letteratura consigliamo vivamente www.villanovastrisaili.com www.villanovastrisaili.com www.villanovastrisaili.com di Rina Brundu. Salotto letterario, Narrativa, Poesia 25