pdf - Fondazione Internazionale Menarini
Transcript
pdf - Fondazione Internazionale Menarini
n° 365 - giugno 2014 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Divino, diabolico, inafferrabile: il gatto Il complesso e contraddittorio rapporto tra l’uomo e il più piccolo dei felini e i pregiudizi che, nei secoli, l’arte ha contribuito a sfatare sopra Momenti di vita felina, bestiario - Oxford, Bodleian Library a lato Statua egizia rappresentante la dea Bastet - Parigi, Louvre Nel corso della storia gli animali sono sempre stati sotto attenta osservazione e, quando scolpiti, intagliati o disegnati, anche tra i soggetti maggiormente raffigurati. Creature da temere o da cacciare, esprimevano una forza misteriosa divisa fra l’utile e il sacro. Inizialmente, la realtà riprodotta aveva esclusivi fini religiosi e tali creature, entrando spesso a far parte dei riti propiziatori, diventavano un soggetto privilegiato. Da sempre, perciò, gli animali costituiscono uno stimolo per la creatività, e anzi si possono considerare un punto di partenza per l’arte e quindi per la sua storia. Il gatto non è tra i primi animali che l’uomo abbia raffigurato. Anche se la prima traccia del piccolo felino risale a circa novemila anni fa, sembra che il suo addomesticamento sia avvenuto da non più di tre-quattromila anni. Pur trovando le sue impronte nelle varie forme artistiche di tutte le epoche, in misura e frequenza comunque inferiori rispetto ad altri animali, il rapporto con l’uomo è com- plesso e contraddittorio. Grazie alla divinizzazione da parte degli egizi (la dea Bastet ha l’aspetto di un gatto) il felino fa il suo ingresso nella storia dell’arte; ovviamente per la sacralità delle raffigurazioni si privilegiano atteggiamenti ieratici e celebrativi, e solo successivamente sarà riprodotto con maggior realismo. I Greci, invece, non avendo una gran considerazione del gatto, preferiscono rappresentare felini di dimensioni più imponenti che sentono maggiormente vicine alle loro divinità. Mentre nella Roma Imperiale, in virtù del suo carattere indipendente e predatorio, il gatto è raffigurato su scudi e stendardi, oltre a essere considerato un apprezzato cacciatore di topi. Nel Medioevo, l’uomo diffida del suo atteggiamento misterioso e lo vede avvolto da un’aura demoniaca. La Chiesa stabilisce la divisione tra bene e male che coinvolge qualsiasi essere terreno e tra gli animali gatti, lupi e serpenti finiscono inderogabilmente nel regno del Maligno. Bestiari dell’epoca attribuiscono al gatto facoltà di ne- pag. 2 dall’alto a sinistra in senso orario Albrecht Durer: Adamo ed Eva Los Angeles County Museum of Art Jacopo Bassano: Ultima cena - Roma, Galleria Borghese Francisco Goya: Don Manuel Osorio Manrique de Zuniga - Metropolitan Museum of Art Dosso Dossi: Sacra Famiglia con San Giovannino, un gatto e due donatori - Philadelphia, Museum of Art Lorenzo Lotto: Annunciazione - Recanati, Museo civico Villa Colloredo Mels gromante e stregone: vede nel buio ed è attivo di notte, momento della giornata nel quale ogni “buon cristiano deve dormire” e chi non dorme è sicuramente indaffarato in attività malefiche. Perciò, è facile comprendere come la sua immagine cada sempre più in basso fino a precipitare nel calderone degli eretici, finendo col subire vere e proprie persecuzioni. Bisogna aspettare la fine del Medioevo per veder risalire la reputazione del gatto e probabilmente “ringraziare” la peste nera del 1346: è in quel momento, infatti, che si apprezza il valore dei gatti nella caccia ai topi, determinanti nella diffusione del morbo. Nel Rinascimento, Leonardo definisce il gatto “un capolavoro” e lo stu- dia con metodo, disegnandolo nei suoi atteggiamenti tipici, mentre la sua presenza nelle raffigurazioni è sempre più frequente sia con valore positivo che negativo. La fama di traditore e maligno, infatti, anche se con toni più sfumati, non l’abbandonerà mai e nell’iconografia si alternerà all’altra creatura, quella elegante e domestica. In queste valenze è frequente nelle figurazioni di episodi biblici, dall’affiancare Adamo ed Eva nel Paradiso, in probabile associazione col serpente nella tentazione (Albrecht Dürer), all’apparire in scene di un vita quotidiana. Accucciato vicino a Giuda come emblema di tradimento (Jacopo Bassano), oppure accanto alla Vergine nel momento dell’Annun- pag. 3 Édouard Manet: Olympia (part. con il gatto) Parigi, Musée d’Orsay Auguste Renoir: Julie Manet o la bambina con il gatto - Parigi, Musée d’Orsay ciazione (Lorenzo Lotto) o ancora, in compagnia del Bambino (Giulio Romano) e nelle immagini della Sacra Famiglia (Dosso Dossi). Nel XVII secolo il felino appare sempre più spesso in scene di vita quotidiana (Le Nain, Jordaens, Velasquez), anche se non proprio “celebrato” dagli artisti: fino al Settecento, infatti, rappresenta generalmente un elemento decorativo o simbolico. Sono i romantici che, nella ricerca di un passato medievale e alla scoperta delle meraviglie della natura, offrono al gatto un posto di maggior rilievo, spalancando le porte al suo ingresso in scena. Pur restando nell’immaginario collettivo una creatura di cui diffidare, furba, ladra, egoista, e profondamente indifferente, la sua presenza sulle tele assume un aspetto di altro spessore: ecco così che Goya dispone tre attenti e infidi gatti alle spalle del piccolo Don Manuel Osorio De Zuniga a insidiare la gazza con cui è intento a giocare; figure, non più simboliche, rappresentate nella loro naturalità istintiva. Nel configurarsi come un animale della notte, il gatto è da sempre collegato all’universo femminile, e in particolare al lato oscuro, notturno e misterioso della vita. Inoltre, la passionalità intensa che caratterizza la sua vita amorosa ha fornito buoni spunti per gli artisti che spesso lo hanno accostato alla sensualità delle modelle. Non è casuale, quindi, la presenza di un gatto ai piedi di Olympia di Manet o quella di altrettanti felini accanto a nudi femminili come nelle tele di Vallotton, Bonnard o Balthus. I gatti accompagnano la sensualità delle donne oppure, al contrario, ne esaltano il candore, allungandosi pacifici tra le loro braccia come accade a quelli di Renoir, che languidamente si lasciano coccolare. Il felino si è liberato dal pregiudizio e si coglie una sensibilità diversa, più attenta e delicata. Théophile Alexandre Steinlein, autore della celebre insegna del famoso cabaret di Montmartre, Chat Noir, è chiamato “l’uomo dei centomila gatti” perché li protegge, e li dipinge come sono nel quotidiano. Quelli di Gauguin, invece, si muovono indifferenti tra le figure rese immobili dal peso dei pensieri esistenziali. Paul Klee, nell’intento di rendere visibili le visioni segrete, ne raffigura uno con un uccellino sulla fronte, ma non è il pennuto reale che raffigura, bensì quello che sta nella mente del gatto. Franz Marc, il “pittore degli animali”, ricerca la purezza nella loro grazia e li dipinge blu, gialli, rossi, sereni e sognanti. Picasso, invece, vede il felino come è sempre pronto a passare dallo stato di carezzevole quiete a quello selvatico e crudele. Il gatto è una presenza privilegiata nelle opere di Balthus, in lui il pittore francese arriva Felix Vallotton: donna accovacciata Collezione privata pag. 4 Paul Klee: Gatto e uccello - New York, Museum of Modern Art a identificarsi per appropriarsi del suo modo di essere e del suo istinto di libertà (Il Re dei gatti) fino a rappresentare se stesso con le sembianze di gatto (Le chat de la Méditerranée). E nemmeno Andy Warhol sfugge al loro fascino quando, oltre a ritrarli, pubblica un libro interamente dedicato a loro (Venticinque gatti di nome Sam e uno di nome Blue Pussy). Il piccolo felino ha rivestito svariati Pablo Picasso: Gatto che uccide un uccello Parigi, Musée Picasso e contraddittori ruoli nella storia vissuta accanto all’uomo. Immaginato come una divinità o come essere demoniaco è divenuto oggi, anche grazie alla sensibilità degli artisti che ne hanno esaltato le caratteristiche positive, un apprezzato animale da compagnia, anche se la sua indipendenza e inafferrabilità non hanno mai cancellato l’antico alone di mistero. francesca bardi Balthus: Le chat de la Méditerranée Collezione privata