La memoria mutilata - Istituto Storico dell`Insorgenza e per l`Identità

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La memoria mutilata - Istituto Storico dell`Insorgenza e per l`Identità
Federico Sesia
LA MEMORIA MUTILATA: VITTIME ITALO-ARGENTINE
DEL TERRORISMO DEGLI ANNI 1970
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Come mol0 sapranno, l’Argen0na fu una delle mete privilegiate dell’immigrazione italiana nel
corso del Secolo Breve: bas0 considerare come oggi su un totale di circa quaranta milioni di argen0ni ben ven0cinque milioni di essi possono vantare un’ascendenza italiana e come, ancora ai nostri
giorni, la conoscenza della lingua italiana sia in quella nazione piuAosto diffusa.
Purtroppo però a questo fenomeno non corrisponde un’adeguata conoscenza della storia recente di quel Paese che ospitò così tan0 nostri connazionali, con il risultato di lasciare nelle persone
solo una qualche vaga nozione dei governi di Juan Domingo Peròn (1895-1974) e della diAatura
militare denominata Processo di Riorganizzazione Nazionale degli anni dal 1976 al 1983, considerata nella maggior parte dei casi come il periodo più buio dell’Argen0na a causa delle migliaia di vit0me che provocò e del disastro economico che lasciò in eredità ai governi successivi. Credo però che
si con0no sulle dita di una mano coloro i quali in Italia siano a conoscenza, anche soltanto a grandi
linee, di quel triste fenomeno denominato “terrorismo guerrillero” che riguardò una serie di gruppi
arma0 — fra i quali spiccano per importanza i comunis0 trotzkis0 dell’Ejercito Revolucionario del
Pueblo (ERP) e i peronis0 di sinistra de^ montoneros —, i quali non si fecero scrupolo di meAere in
aAo aAenta0 terroris0ci, rapimen0 e omicidi nel corso della loro loAa volta alla conquista del potere, la quale ebbe inizio ben prima del golpe del 1976 che portò al potere il generale Jorge Rafael
Videla (1925-2013).
Le s0me delle vi^me ineren0 ai soli anni 1970, come quelle contenute nel recente volume di
Carlos A. Manfroni e Victoria E. Villarruel Los Otros Muertos. Las vic;mas civiles del terrorismo
guerrillero de los 70 (Penguin Random House Grupo Editorial Argen0na-Editorial Sudamericana, Buenos
Aires 2014) — dei quali cfr. anche l’intervista a il Sussidiario alla pagina web <hAp://www.ilsussidiario.net/
News/Esteri/2014/10/26/DIARIO-ARGENTINA-Le-bugie-del-potere-che-premiano-terroris0-e-assassini/
2/546652/> —, parlano di ben 1.094 persone che trovarono la morte in seguito alle azioni criminali
dei movimen0 guerriglieri, mor0 che tuAora non hanno oAenuto gius0zia in un’aula di tribunale,
non essendo mai sta0 chiama0 i loro autori a rispondere delle loro azioni, nonostante non sia teoricamente prevista la prescrizione legale per l’omicidio commesso durante episodi di loAa armata
vol0 alla presa del potere. Esempi di ques0 crimini sono gli assassinii di intelleAuali caAolici come
Carlos Alberto Sacheri (1933-1974) — mentre usciva da Messa —, Jordan Bruno Genta
(1909-1974) e del membro dell’Azione CaAolica Raul Alberto Amelong (1922-1975).
Fra coloro che perirono a causa delle azioni di guerriglia e di terrorismo figurano anche italo-argen0ni, le cui vicende credo possa essere u0le presentare al pubblico italiano con l’intento di dare
un piccolo contributo all’edificazione di una memoria più ampia, che tenga conto anche di quelle
vi^me e non solo di quelle dei militari, la cui memoria fa comodo ad un certo mainstream culturale.
Voglio qui ricordarne alcuni.
Oberdan Sallustro (1915-1972)
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Di nazionalità paraguayana ma con entrambi i genitori italiani, Oberdan Sallustro nacque il 17
luglio del 1915 nella ciAà di Asuncion nel Paraguay. Solo un anno e mezzo dopo la sua famiglia tornò in Italia, Paese in cui si laureò in Giurisprudenza all’Università di Torino. La sua carriera di avvocato subì una temporanea interruzione con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nella quale
combaAé con l’esercito Italiano in Grecia come ar0gliere. Terminata la guerra, nel 1946 lavorò per
un anno presso l’ambasciata italiana di Asuncion, accompagnando in seguito una delegazione della
Fiat di Torino in Argen0na, recatasi nel Paese andino allo scopo di studiare le possibilità d’installarvi
una fabbrica.
Alle 11 e 20 di ma^na del 21 marzo del 1972 Sallustro, sostanzialmente a cagione del suo impiego come direAore generale della Fiat-Concord in Argen0na, venne rapito da appartenen0 all’Ejercito Revolucionario del Pueblo mentre si trovava a Marqnez (paese a 22 chilometri a nord di
Buenos Aires) e imprigionato in un “cella del popolo”, luogo dove sarà assassinato dai suoi sequestratori ven0 giorni dopo la caAura. I suoi carnefici affermeranno in seguito che la causa della sua
prematura morte era stata la presenza di una paAuglia della polizia nei pressi dell’area in cui era
imprigionato. L’opuscolo dell’ERP rivendicante l’omicidio di Oberdan Sallustro reca scriAo: «Da alcuni giorni il
braccio della gius;zia popolare ha raggiunto due rappresentan; degli sfruDatori; entrambi si sono
dis;n;, ciascuno a suo modo, come carnefici dei lavoratori. Sallustro, uno di ques;, massimo dirigente dell’impresa monopolista Fiat in Argen;na, fu il responsabile principale dei licenziamen; e
delle incarcerazioni, con i quali nell’anno passato l’impresa e la diDatura tentarono di distruggere il
combaMvo movimento operaio della Fiat. […] L’E.R.P. interpretando i gius; reclami del popolo, che
chiedeva il cas;go di questo carnefice, procedeDe a detenerlo nel carcere del popolo. Chiese in
cambio del suo rilascio una serie di requisi; […]. La diDatura militare, ponendo una volta in più in
evidenza, che nulla le importa della vita umana pur di salvaguardare i suoi interessi economici, preferì sacrificarlo; non negoziò, con;nuò la sua insensata poli;ca repressiva e obbligò i nostri combaDen; a gius;ziare Sallustro, come avevamo messo in guardia nei nostri comunica;».
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Parte dell’opuscolo dell’ERP che rivendica l’omicidio di Oberdan Sallustro
e del generale Juan Carlos Sanchez
Papa Paolo VI (1897-1978), il quale nel 1968 aveva insignito Oberdan Sallustro con l’Ordine Pon0ficio di San Gregorio Magno, non appena seppe del suo assassinio definì il faAo «[…] un aDo di
barbarie inconcepibile».
Laura Ferrari (1957-1975)
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La giovane Laura Ferrari era una studentessa dicioAenne di origine italiana e residente a Buenos
Aires. L’8 seAembre 1975 si recò all’Universidad de Belgrano, polo nel quale studiava Economia.
Mentre stava aspeAando l’uscita di alcuni suoi amici e i risulta0 di un esame, la deflagrazione di un
ordigno piazzato dai terroris0 montoneros su una Fiat 128 parcheggiata di fronte alla Facoltà di
Scienze Economiche provocò la sua morte, unitamente a quella di Ernesto Campos, un impiegato
della casa di studi, che perirà il 18 seAembre del 1975 a causa delle ferite riportate. Il padre di Laura non resse al dolore della perdita della figlia e di lì a poco morì di crepacuore.
Lorenza Ferrari, la madre di Laura, intervistata il 9 maggio del 2011 dichiarerà: «sento che mia
figlia la uccidono tuM i giorni […] Quell’8 di seDembre del 1975 mai lo cancellerò dalla mia memoria […] Lei (Laura) era andata durante la maMnata a dare un esame e mentre stava aspeDando il
risultato con tre compagni in una macchina parcheggiata alla porta dell’Universidad de Belgrano,
esplose un’auto bomba posizionata sul lato opposto. Trascorse quaDro ore in sala operatoria con la
testa aperta, ma alla fine morì. Fortunatamente il resto dei ragazzi si salvò, anche se non steDero
molto bene emo;vamente”. Alla domanda “Cosa deve accadere perché sia faDa gius;zia?” rispose
“Scoprire i colpevoli: che anche le viMme del terrorismo siano riconosciute nella storia e che ci diano un indennizzo economico. È quello di cui ho bisogno per lasciarlo ad Abel [Abel Ferrari è il fratello disabile di Laura Ferrari] quando non ci sarò, perché l’aDentato lo ha lasciato senza la possibilità
che sua sorella lo curi. Lo Stato divise in due classi le viMme e solo i familiari degli assassina; dai
militari hanno diriM. Nessuno ha faDo e nessuno fa nulla per scoprire chi furono i responsabili della
morte di mia figlia”».
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La responsabilità dell’aAentato ricade sull’organizzazione terroris0ca dei montoneros, come dichiarato anche da Lorenza Ferrari nel corso dell’intervista: «Sappiamo tuM che erano montoneros,
però io non so chi furono i responsabili della morte di mia figlia, perché la gius;zia, nei 35 anni passa;, non ha indagato. […] Vorrei che la gius;zia fosse uguale per tuM, sia per i militari che erano
genocidi come per i terroris; che uccisero persone innocen;. Mi fa stare male sapere che buDarono
persone vive in mare e mi fa star male anche sapere che è libero chi mise la bomba che uccise Laura».
Reinaldo Dal Bosco (1935-1975)
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L’ingegner Reinaldo Dal Bosco nacque il 10 febbraio del 1935 nella ciAà di Fiume, in Dalmazia,
oggi croata ma all’epoca appartenente al Regno d’Italia. All’età di tredici anni la sua famiglia emigrò, come numerosi connazionali, in Argen0na, Paese in cui Reinaldo si laureò in Ingegneria all’U-
niversidad de La Plata, iniziò a lavorare per un’impresa produArice di ar0coli eleAronici, si sposò ed
ebbe due figli.
Il 16 oAobre del 1975 Dal Bosco si trovava in auto con il capo della Polizia Federale di Buenos
Aires, il soAoufficiale Raùl A. Sanguine^ — a causa delle con0nue minacce l’ingegner Dal Bosco
era stato messo soAo protezione —, e mentre stazionavano nel paese di Adrogué — situato nei
pressi della capitale argen0na —, intenziona0 a dirigersi verso la fabbrica di prodo^ eleAronici,
vennero raggiun0 verso le 8 e 30 da tre automobili che trasportavano dieci terroris0 dell’Ejercito
Revolucionario del Pueblo. Il soAoufficiale Sanguine^ tentò di difendersi con l’arma di ordinanza,
ma non riuscì ad evitare la tragica sorte a cui andranno incontro sia lui che il suo passeggero: furono uccisi entrambi a colpi di mitra.
Maria F. de Dal Bosco, consorte del defunto Reinaldo, dopo la morte del suo sposo dichiarò che
suo marito riceveva minacce da ormai tre mesi.
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A differenza delle altre vi^me qui esaminate, si può dire che l’omicidio Dal Bosco non colpì un
ciAadino argen0no di origine italiana, in quando non aveva oAenuto la ciAadinanza argen0na nonostante la sua lunga permanenza nel Paese. Reinaldo Dal Bosco va quindi considerato un ciAadino
italiano assassinato all’estero da un movimento terroris0co.
Pierino Marabini (1924-1975)
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La noAe del 30 agosto del 1975 un membro del Senato provinciale della ciAà di Santa Fe, iscriAo
al Par0to Gius0zialista (il par0to peronista) e rappresentante del FREJULI (Frente Jus0cialista de
Liberación, cartello eleAorale composto dai gius0zialis0 e dal Par0to Popolare Cris0ano), l’italo-argen0no Pierino Marabini, venne ucciso da una scarica di mitra mentre si trovava in auto nel centro
del paese di Villa Cons0tución. Stando alle dichiarazioni dei tes0moni, i colpi di arma da fuoco par0rono da una Ford Falcon rossa e inves0rono la macchina di Marabini, colpendo a morte lui e ferendo gravemente il suo passeggero, lasciando invece illeso il suo au0sta. Nonostante l’arrivo repen0no delle forze dell’ordine, gli aAentatori si erano già da0 alla fuga.
Sposato e padre di tre figli maschi, Marabini era stato eleAo nel 1973 al suo incarico amministra0vo, e nell’anno del suo assassinio lavorava alla Commissione dei Problemi Cos0tuzionali e Legislazione Generale. Ancora oggi non si è neppure riusci0 a iden0ficare il gruppo terroris0co di appartenenza degli esecutori dell’aAentato.
L’avvocatessa Victoria Villaruel — che presiede il CELTYV (Centro de Estudios Legales sobre el
Terrorismo Y sus Vic0mas), associazione che si occupa di dare sostegno legale alle vi^me del terrorismo, che ringrazio sen0tamente —, in occasione del posizionamento di una targa commemora0va nel luogo dove avvenne il suo omicidio, disse: «questa targa oggi ricorda Pierino Marabini,
però lì sono rappresenta; i nomi di tuDe le viMme del terrorismo, di tuM coloro che subirono terribili aggressioni che tuDavia rimangono impunite e che non possono ricordare pubblicamente i loro cari. Per questo, oggi, in Pierino stanno i nomi di migliaia di ciDadini
innocen;, che guardano con maggiore speranza il domani».