1 F. GARCIA LORCA (Sintesi)

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1 F. GARCIA LORCA (Sintesi)
F. GARCIA LORCA (Sintesi)
È considerato universalmente uno dei più grandi poeti e drammaturghi spagnoli (poeta andaluso).
Nasce a Fuentevaqueros, in provincia di Granada nel 1898.
Trascorre l’infanzia in campagna (= influenza del paesaggio e della cultura campestre nella sua opera).
Primi interessi: la musica e il teatro.
Nel 1915 (17 anni) si iscrive alla facoltà di Lettere e a quella di Giurisprudenza.
Negli anni successivi entra in contatto con diversi intellettuali e artisti della sua epoca: Antonio Machado (poeta), Jorge
Guillen (poeta), Rafael Alberti (poeta), ma soprattutto Luis Bunuel (regista) e Salvador Dalì (pittore).
Nel 1921 pubblica il LIBRO DE POEMAS ed inizia la sua collaborazione con il musicista Manuel de Falla.
Nel 1927 è tra i protagonisti della celebrazione del centenario dell’autore barocco, Luis de Gongora.
Nel 1927 pubblica un’opera teatrale dal titolo MARIANA PINEDA (=dramma) mentre nel 1928 è la volta di
ROMANCERO GITANO.
La “nascosta” omosessualità del poeta sta probabilmente alla della sua partenza per gli Usa (N.Y.) nel 1929 (= rif.
Storico CRISI WALL STREET ’29): la città di New York ed il jazz ispirano la raccolta surrealista (= adesione al
Surrealismo o influenze del Surrealismo) intitolato POETA EN NUEVA YORK.
Nel 1933 parte per il Sudamerica (Argentina, Brasile), dove tiene conferenze, letture ecc con successo.
Nel 1934 si lega in amicizia al poeta Alfredo Mario Ferreiro e conosce Pablo Neruda.
Nello stesso anno rientra in Spagna e trova la patria in preda a gravi disordini politico-sociali.
Segue l’avvento la caduta della dittatura di Primo de Rivera ed il ristabilirsi della democrazia, della repubblica.
Nel 1931, viene nominato direttore della compagnia Teatro Universitario la Barraca. Questa compagnia, fondata dal
Ministro dell’Educazione, riceve l’incarico di portare in giro la propria produzione nelle più remote aree rurali del
Paese. García Lorca non si limita a dirigere, ma ne è anche attore. È durante questo tour con La Barraca, che García
Lorca scrive le sue opere di teatro più note, e denominate “trilogia rurale”: Bodas de sangre, Yerma e La casa de
Bernarda Alba (= è molto marcata l’attenzione
Nel 1936 vincono le Sinistre ma la Destra non si arrende. Scoppia la Guerra civile spagnola: García Lorca lascia Madrid
per Granada, con l’intenzione di salutare il padre e restare lontano dai tumulti. La guerra civile coinvolge anche la città
di Granada. La resistenza dei repubblicani viene stroncata con un bombardamento: inizia la repressione (con arresti e
fucilazioni di massa) a danno delle persone di sinistra, compiuta dai militari ed esponenti della Destra. García Lorca e
suo cognato, che era anche sindaco socialista di Granada, sono effettivamente arrestati mentre si trovano a casa dei
Rosales, loro amici falangisti. García Lorca viene fucilato all’alba del 19 agosto 1936 perché di sinistra e omosessuale e
gettato in una fossa/tomba comune senza nome a Fuentegrande de Alfacar nei dintorni di Víznar, vicino Granada.
N.B.
 è importante l’aspetto recitativo delle poesie: il poeta infatti recita, legge, interpreta i suoi versi e le sue performance
teatrali davanti agli amici e agli studenti dell’università prima ancora che siano raccolte e stampate;
 principi poetici di Lorca: “amore e disciplina” (creatività/intuizione/amore/fantasia + metodo/ordine/controllo e
rispetto formale ecc)
 le poesie dimostrano grande vis lirica (= spiccato lirismo) e musicalità, ma anche attenzione verso il reale, la
dimensione sociale, il mondo contadino, la cultura andalusa e gitana, la religione, l’arte ecc
 Libro de poemas (1918-20): a) esaltazione del canto/cantare e della vita b) forma lirica + forma dialogica (spesso
assume un tono dialogico), c) attenzione per il mondo naturale (sia per il paesaggio sia per gli animali), d) affiorano
l’inquietudine esistenziale = la cosiddetta “pena del cuore”), la nostalgia, la volontà di abbandono, la protesta, e) in
molte liriche compaiono “domande/interrogazioni” = domande retoriche sull’esistenza ecc
 Poema del Cante jondo (1921-22): vi compaiono tutti i motivi/temi del mondo/della tradizione andaluso/a. Dimostra
una grande attenzione per l’aspetto musicale e recitativo.
 Canciones (1921-24): a) musicalità, b) antieloquenza (= assenza di eloquenza), c) il paesaggio oscilla tra sognorealtà, c) mondo gitano, d) mondo infantile + fantasia
 Poeta a New York (1929-30) pubblicato postumo nel 1940: a) influenza del Surrealismo, b) suggestioni del mondo
americano (in particolare la città di N.Y.), c) N.Y. appare come simbolo dell’alienazione, dell’angoscia umana, della
disumanizzazione, dell’allontanamento dalla Natura, del cieco Progresso, dell’emarginazione sociale (gitani e neri), d)
nostalgia della felicità perduta, ricordo del passato, e) denuncia dell’ingiustizia sociale, f) sentimenti: amore
impossibile, dolore, amicizia ecc.
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MEMENTO (da Poema del Cante Jondo, 1921)
MEMENTO
MEMENTO (Traduzione)
Cuando yo me muera,
enterradme con mi guitarra
bajo la arena.
Quando io morirò,
seppellitemi con la mia chitarra
sotto l’arena.
Cuado yo me muera,
entre los naranjos
y la hierbabuena.
Quando io morirò,
tra gli aranci
e la menta.
Cuando yo me muera,
enterradme, si queréis,
en una veleta.
Quando io morirò,
seppellitemi, se volete,
sotto una banderuola.
¡Cuando yo me muera!
Quando io morirò!
(sotterratemi)
(mentuccia)
(sotterratemi, vi prego,)
VERSIONE ORIGINALE IN LINGUA SPAGNOLA:
Lirica breve, composta di 4 strofe distinte (1^ tre versi, 2^ tre versi, 3^ tre versi + 4^ 1 verso in
forma di congedo/chiusa) per un totale di 10 versi.
Versificazione: si tratta di versi liberi di varia lunghezza, ora lunghi ora brevi caratterizzati da rime,
assonanze e consonanze, in particolar modo da queste ultime (= rime imperfette). Per quanto
concerne il sistema delle rime si veda come evidenziato sopra nel testo originale.
Cesure: Si denota un ritmo lento e pausato, in linea con il carattere del componimento che risulta un
memento mori (letteralmente: Ricordati che devi morire, ovvero una locuzione in lingua latina). Le
pause, ora maggiori ora minori, sono contrassegnate dalla punteggiatura a: v.1, v.3, v.4, v.6, v.7, v.8
(2 pause), v.9, v.10 (!). Si evincono anche quattro pause deboli di lettura a v.1, v.4, v.7, v.10
(Cuando yo|), ad indicare il momento riflessivo assunto dal poeta.
Enjambement/Inarcature: si trovano a v.2 e v.4.
La costruzione complessiva della lirica può dirsi pressoché ad ordinamento lineare, con un
andamento incline al parallelismo, dove le ripetizioni di alcuni elementi delle frasi formano una
sorta di ritornello, com’è tipico nella poesia popolare. Nelle prima e terza strofa si denota l’assenza
di congiunzioni, mentre nella seconda strofa è presente la congiunzione “y” = congiunzione “e”. Da
notare inoltre l’ultimo verso in chiusura (v.10), che si mostra in forma esclamativa (= fig. retorica
dell’esclamazione). Le terzine sembrano ripetere la stessa costruzione ed all’incirca un lessico
simile di medesima derivazione estetica.
Tutto il componimento, pur essendo diviso in 4 strofe, può intendersi come un’unica breve
“macrosequenza” lirica, caratterizzata dalla prolessi nell’anticipazione di un evento successivo di là
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da venire, che deve ancora accadere, ovvero il momento della morte.
Nelle strofe si evince la ripetizione anaforica/intensiva, il fenomeno del raddoppiamento
(anadiplosi), in particolar modo a v.1, v.2, v.4, v.7, v.10.
Nella seconda strofa (vv.4-5) v’è il fenomeno dell’ellissi, segnalato dall’omissione intenzionale di
un elemento sintattico necessario che è presente invece nella prima strofa (v.2, enterradme:
seppellitemi/sotterratemi).
Allitterazioni: in prevalenza delle consonanti “m,r,b,n” e delle vocali “a,u,e”.
Lessico:
a) “guitarra”: chitarra; elemento topico della poesia di Lorca. La chitarra rappresenta in un certo
senso il corrispettivo della lira, a significare in Lorca sia la veste di poeta sia il ruolo di cantore
andaluso. Tale strumento sta quindi a simboleggiare la poesia, ma in special modo il canto e la
musica spagnola, i suoni ed i ritmi popolari gitani e/o andalusi; va ricordato che le canzoni popolari
spagnole sono accompagnate generalmente dal suono e dall’accompagnamento della chitarra. Da
questo aspetto della lirica emerge perciò chiaramente il “bifrontismo lorchiano” come cantore
andaluso e poeta.
b) “arena”: il termine allude chiaramente all’edificio in cui hanno luogo le corride; ciò a sottolineare
ancora meglio l’amore “patriottico” del poeta per le sue radici ed il suo paese. Può interpretarsi
anche come sabbia, terra arida, trita, infeconda, che si trova per lo più sul lido del mare, nel greto
dei fiumi e nel deserto, oppure come lido marino (in poesia).
c) “hierbabuena”: lett. menta o mentuccia. È un tipo di menta che cresce nell’area mediterranea, ma
anche altrove, utilizzata per la preparazione di alcune note bevande tipiche della tradizione ispanica
e ispanoamericana, ad es. il Mojito: un famoso cocktail di origine cubana composto da rum,
zucchero di canna bianco, succo di lime, acqua frizzante e foglie di menta. “Hierba buena” si dice a
Cuba con riferimento alla mentuccia. È bene ricordare che durante il viaggio in America il poeta
soggiorna/soggiornerà anche a Cuba.
d) “naranjos”:aranci (sineddoche), sta per la pianta o le piante d’arancio (aranceti).
e) “veleta”: banderuola o segnavento. È un tipo di strumento che serve ad indicare la presenza e la
direzione del vento. Nella lirica Banderuola da Libro de Poemas Lorca scrive così: “Senza
vento,credimi, gira, cuore; gira, cuore!” paragonando per analogia il proprio cuore ad un
segnavento.
Il lessico della lirica è semplice, essenziale, privo di ogni eloquenza letteraria. Il registro linguistico
“volutamente” medio si sviluppa in sostanza con un tono di fondo che tende al quotidiano e al
colloquiale, riuscendo comunque ad esprimere un marcato atteggiamento riflessivo, considerato che
il “memento mori” formula sempre in sé un pensiero più o meno drammatico sulla morte, che qui
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però risulta quasi addolcito dai diversi riferimenti al mondo naturale (aranci/aranceti, mentuccia) e
dagli elementi oggettivi e realistici (chitarra, banderuola  quest’ultima addirittura con intonazione
ironica, se non forse perentoria).
Da notare come il poeta, parlando in prima persona, si rivolge a dei destinatari (chiamati in causa in
seconda persona plurale), ovvero ai lettori, ma molto probabilmente anche agli ascoltatori/uditori.
Quest’ultimo aspetto, per così dire dialogico (o di colloquio), rispecchia il carattere tipico di molte
poesie di Lorca che sono destinate alla performance teatrale e dunque alla recitazione di fronte ad
un pubblico. A v.8 c’è l’apostrofe, si queréis = “se volete”: il poeta si rivolge ai destinatari, agli
uditori, ai lettori; qui tale fenomeno retorico è attenuato da una specie di reticenza.
La sfera percettiva prevalente rispetto alle altre è quella della vista, seguita dalla percezione uditiva
(rif. a “chitarra”) e da quella visivo-olfattiva (rif. ad “aranci” e “mentuccia”).
Se nella lirica si può parlare in qualche modo di colorismo, la componente del colore nella varia
composizione e gradazione delle tinte, va segnalata rispettivamente nell’arancione e nel verde
evocati dalle arance (o dagli aranceti) e dalla mentuccia.
Anche se il tema conduttore è quello della morte, del disfacimento fisico, basato in sintesi
sull’antitesi di fondo vita-morte, non appaiono evidenti richiami a motivi macabri con toni lugubri e
terrificanti com’è solito nei memento mori. In altre parole, la poesia non si compiace di immagini
funerarie, brutali e macabre, in visioni mostruose e repellenti di morte, tutt’altro, in maniera
composta sembra voler esprimere insieme un senso di freschezza (aranci, mentuccia), di dinamismo
e vitalità (banderuola).
TRADUZIONE:
Nella traduzione italiana la lirica è resa con i seguenti versi: 5/11/5//5/4/4//5/9/7//5.
Parafrasi di servizio:
1) Il giorno che morirò, voi seppellitemi nell’arena con la mia chitarra.//Il giorno che morirò, tra le
piante d’arancio e la menta/mentuccia.//Il giorno che morirò, se volete, voi seppellitemi sotto una
banderuola.
2) Quando morirò, voi seppellitemi nell’arena con la mia chitarra.// Quando morirò, tra le piante
d’arancio e la menta/mentuccia.//Quando morirò, se volete, voi seppellitemi sotto una banderuola.
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CORDOBA (da Canciones, 1921-24)
CANCION DE JINETE
CANZONE DEL CAVALIERE
Córdoba.
Lejana y sola.
Cordova.
Lontana e sola.
Jaca negra, luna grande,
y aceitunas en mi alforja.
Aunque sepa los caminos
yo nunca llegaré a Córdoba.
Cavallina nera, luna grande,
e olive nella mia bisaccia.
Benché conosca le strade
io mai arriverò a Cordova.
Por el llano, por el vento,
jaca negra, luna roja.
La muerte me está mirando
desde las torres de Córdoba.
¡Ay qué camino tan largo¡
¡Ay mi jaca valerosa¡
¡Ay qué la muerte me espera,
antes de llegar a Córdoba¡
Per il piano, per il vento,
cavallina nera, luna rossa.
La morte mi sta guardando
dalle torri di Cordova.
Ahi, com’è lungo il cammino!
Ahi, mia brava cavallina!
Ahi, che la morte mi attende,
prima di arrivare a Cordova!
Córdoba.
Lejana y sola.
(Puledra)
(raggiungerò)
(puledra)
(puledra)
(raggiungere)
Cordova.
Lontana e sola.
VERSIONE ORIGINALE IN LINGUA SPAGNOLA:
Lirica breve, formata da 5 strofe distinte di varia lunghezza, con 16 versi liberi variamente rimati, in
cui spiccano rime, consonanze ed assonanze. La prima strofa è un distico irregolare formato da un
trisillabo ed un quinario, mentre la seconda, la terza e la quarta strofa sono quartine di ottonari,
come di norma nella tradizione popolare spagnola. La quinta ed ultima strofa posta a mo’ di
chiusa/congedo, riprende e ripete il distico iniziale dell’apertura, conferendo al testo uno
svolgimento circolare caratterizzato da inizio-fine.
Per quanto attiene il sistema delle rime si veda come è evidenziato sopra nel testo originale;
ovviamente, come è tipico della poesia spagnola, il componimento sviluppa una rete di rime
imperfette poste sia a fine verso che all’interno di esso. A livello fonico si riscontrano anche diverse
allitterazioni, in particolar modo delle consonanti “l,n,m,r” e delle vocali “a,e,o”.
Per quanto riguarda le cesure, queste sono ben marcate e segnalate dalla punteggiatura in tutto il
componimento (.,!). Nei versi 3,7,8, la cesura centrale spezza il verso in due emistichi (4|4 = 4+4 =
8 [ottonario]). L’alternanza di versi maggiormente pausati con versi più rapidi conferisce al testo un
duplice ritmo, quasi a due velocità, ora lento ed ora veloce.
Enjambement: compare una sola inarcatura a fine v.9 (mirando).
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Se la penultima quartina presenta una forma interamente esclamativa (= serie di esclamazioni), la
prima e l’ultima tendono implicitamente alla tono vocativo (= forma vocativa “Oh Cordoba…”).
Inoltre in alcune parti della lirica si evince la presenza di ripetizioni anaforiche: ad es. jaca negra a
v.3 e v.8, a v.7 Por el, a vv.11-12-13 Ay e Ay qué. Per ciò che concerne il fenomeno della
ripetizione è facile vedere come il termine “Cordoba” viene riprodotto con funzione
iterativa/intensiva per ben 5 volte (v.1,v.6,v.10, v.14, v.15), a sottolineare lo stato d’animo del poeta
che oscilla dalla nostalgia al desiderio: la città amata e sognata è un miraggio lontano e struggente,
perché un oscuro destino incombe sul cavaliere che cadrà fra le braccia della morte (personificata
nel testo a v. 9 e v. 13 = personificazione) prima di raggiungere la sospirata meta. In aggiunta, a
v.1-2 e v.15-16, laddove il poeta si rivolge alla città evocandola “Cordoba./Lejana y sola.//”,
abbiamo il fenomeno dell’apostrofe di grado positivo.
Sul piano della costruzione, l’andamento risulta generalmente ordinato e lineare, con frasi per lo più
affermative, questo nella seconda e terza strofa, mentre nella quarta sembra prevalere il timbro
esclamativo. Le parti del discorso appaiono spesso giustapposte come per effetto di rapide
impressioni sensoriali.
In merito alle coordinate spaziali, la lirica mette in luce sia il piano dell’orizzontalità che quello
della verticalità; il primo, si ravvisa in elementi costitutivi quali la città, la cavalla, le strade, la
lunga strada, mentre il secondo risulta espresso nei seguenti componenti: il vento, la luna, le torri.
Il testo semplice e limpido fa uso di un registro linguistico volutamente medio e filo-popolare, privo
di eloquenza e di retorica, caratterizzandosi con poche immagini essenziali musicalmente ripetute e
variate, capaci però di evocare il paesaggio con i suoi elementi basilari ed anche lo stato d’animo
del poeta.
Il paesaggio si connota in una duplice prospettiva, esterna (paesaggio esterno) ed interna (paesaggio
interiore), con un succedersi e sovrapporsi continuo di piani: la prima è rappresentata sul piano di
fuga della distanza spaziale, la seconda si connota nella dimensione dell’interiorità, in una visione
che indulge nella nostalgia, nel desiderio e nello struggimento intimo.
L’io lirico del testo, ovvero la voce del cavaliere (alter ego del poeta), sembra esprimersi in un
discorso che è allo stesso tempo un monologo (o soliloquio) ed un dialogo: monologa con se stesso
e si rivolge alla cavalla che lo accompagna lungo il cammino, esternandole i propri pensieri e le
proprie emozioni.
In tutto il componimento, rispetto agli altri sensi, sembra predominare la sfera percettiva della vista:
lo sguardo del poeta si rivolge con pari attenzione sia il mondo esterno, fisico, reale ed oggettivo,
sia allo spazio scenico dell’interiorità, dove percezioni, emozioni e pensieri si intrecciano ed
inseguono reciprocamente.
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Nella prima strofa, agli occhi dell’io lirico, la città di Cordova appare lontana ed isolata nello spazio
vago e indeterminato della distanza, quasi dimenticata dalla Storia, se non addirittura abbandonata
dalla presenza umana. Essa emerge dal nulla, dal silenzio, dalla linea dell’orizzonte, come una
specie di miraggio evanescente, come una meta da dover raggiungere, senza però la certezza di
riuscirvi.
Nella seconda strofa, il cavaliere evoca la puledra nera che egli stesso cavalca (= da notare che il
cavallo è un topos della cavalleria) e la luna che splende alta in cielo (= questo elemento segnala
chiaramente il tempo, la coordinata temporale  è nottetempo = scenario notturno), riferendosi poi
al magro pasto che egli porta con sé nella propria borsa, ovvero un pugno di olive appena. In questi
versi (3,4) il colorismo tende ad evidenziare le tinte del nero (= nel manto della cavalla “morella” e
nel cielo notturno), del rosso (= nel colore della luna, vedi v. 8) e del verde (= nel colore delle
olive). La tinta rossa della luna sembra evocare il colore rosso del sangue, quindi di conseguenza,
preannunciare la morte, l’omicidio, a mo’ di nefasto presagio (N.B. Il poeta muore per fucilazione
nel 1936 a Granada). A questo punto, il cavaliere che ha viaggiato in lungo e in largo facendo
svariate esperienze e compiendo mille avventure (= metafora del viaggio, v.5), pur conoscendo tutte
le strade del mondo, come ribadisce a v.5 (Adunque sepa los caminos), pare esitare, esprimere un
dubbio, temere l’inesorabile triste destino (= la morte), disperarsi per l’impossibilità di raggiungere
la sua meta (= la città di Cordoba).
La terza strofa, nei primi due versi (v.7-8), suggerisce movimento, dinamismo, azione, evocando il
ritmo incalzante del cavallo al galoppo, spronato alla corsa attraverso la pianura, veloce come un
fulmine che taglia in due l’aria e il vento. Unica spettatrice di questo folle precipitarsi a rompicollo
è la luna silenziosa e rossa che splende nell’alto del cielo come un’infelice premonizione. Sullo
sfondo, in lontananza, davanti a sé, il cavaliere non ha altro che gli occhi terribili della Morte che lo
fissano intensamente dalle cime delle torri (= personificazione della morte), quell’ostile rivale,
quella malvagia avversaria che gli impedirà di raggiungere sano e salvo la città.
Nell’ultima strofa, attraverso una serie di esclamative, c’è rivelato lo stato di inquietudine del
cavaliere che anziché fuggire l’estremo pericolo, si dirige “eroicamente” incontro alla Morte che sta
ad attenderlo lungo la strada, e da ultimo, nei versi 13-14 si rende noto il tragico epilogo di tutta la
vicenda.
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