Ennio Morricone: la poesia degli sfondi sonori

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Ennio Morricone: la poesia degli sfondi sonori
Note veneziane
Ennio Morricone:
la poesia degli sfondi sonori
Il maestro in piazza San Marco
per un concerto imperdibile
di John Vignola
A
l di là delle apparenze, Ennio Morricone è un anticonformista. Per anni ha composto colonne sonore con ritmi impressionanti, sempre riconoscibile per il taglio melodico del suo lavoro, spesso ingiustamente legato alla mitografia (in buona parte postuma)
del cosiddetto spaghetti western. «Penso sinceramente che i
bra, fra i giovanissimi. Stretto fra un concerto, una celebrazione e l’arrivo del suo ottantesimo compleanno, Morricone ci dà qui di seguito una prova della sua vitalità e
della sua autonomia di giudizio.
Lei ha cominciato quasi subito con la sonorizzazione dei film (con
Alla conquista dell’America di Sergio Giordani, in TV nel
1961, ndr). Una vocazione o una necessità?
È stato un caso, direi: dovevo lavorare, avevo un apprendistato come compositore, diciamo così, non ortodosso. Non mi interessava all’epoca entrare nella diatriba delle scuole tonali/
atonali. Ero più affascinato dall’idea di dare uno
sfondo sonoro alle immagini. Oltreoceano c’era
già una discreta esperienza al riguardo, mentre
da noi le cose stagnavano. In realtà l’incarico del
’61 mi venne commissionato dalla Rai e lo accettai quasi come una predestinazione. Non ero alle prime armi, mi riuscì tutto piuttosto facile. Ho
creduto, bene o male, a una vocazione nel genere
e sono andato avanti.
Nel suo carnet di compositore sono finiti tantissimi registi, italiani e stranieri. Ancora oggi il posto d’onore spetta a Sergio Leone.
Vivo questa cosa in maniera contraddittoria:
una parte di me ricorda con affetto Sergio e il la-
miei primi passi con Sergio (Leone, ndr) fossero mediocri. Ogni volta che qualcuno me li nomina divento nervoso», ricorda oggi. Eppure, la
sua figura rimane legata a un periodo ben preciso della filmografia italiana, di sicuro più attenta
all’artigianato e alla creatività individuale per tutti i settanta, prima della catastrofe di fine decennio successivo.
Il maestro, però, le si è avvicinato in maniera
abbastanza avventurosa, dopo essere stato assunto dalla Rai nel 1958 ed essersi licenziato il giorno
dopo, aver sfornato spartiti per tanti anni, «come
un ragioniere», ed essersi dedicato alla sua vera
passione, la musica sacra, solo quando un carattere abbastanza arcigno ma generoso gli ha concesso di «pensare di essere in qualche modo in
pensione». Poi sono arrivati gli omaggi di quest’anno: non solo l’Oscar alla carriera, a una figura che inspiegabilmente non ne ha mai vinto uno
per un film ben preciso (pur facendo parte dell’Academy
hollywoodiana), ma pure un cd di cover che coinvolgono
fan inattesi quali Metallica, Roger Waters, Bruce Springsteen, oltre a Celine Dion e Andrea Bocelli.
We All Love Ennio Morricone è uscito il 24 febbraio e ha
avuto un buon responso di vendite, in particolare, sem-
voro che abbiamo fatto insieme. Un’altra vede anche le ingenuità del primo periodo della nostra collaborazione, le
mie, le sue. Eppure, sembra che il meglio lo abbiamo dato
con pellicole come Per un pugno di dollari o Il Brutto, il buono e
il cattivo. Mica vero, secondo me. All’epoca avevo uno stile impressionistico, che magari colpiva, ma era pure tanto
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ingenuo. Venivo dagli studi classici, dall’esperienza con la
tromba, che ero lo strumento di mio padre, avevo un carattere abbastanza bizzarro. L’assunzione in Rai, nel 1958,
era sfumata subito perché volevano che facessi l’impiegato e non il compositore. Poi ho finito per pormi il problema di farlo davvero, il compositore, e mi sono accorto che non era facile. Leone era stato mio compagno di
scuola agli inizi delle elementari, ci siamo ritrovati e abbiamo cominciato a percorrere una strada, senza sapere
subito dove ci avrebbe portato.
le sette note. Ci sono accostamenti che si ricordano. Io
tento di non seguire le mode, di proporre i miei esperimenti personali senza grandi paure: questo probabilmente ha reso alcuni miei passaggi memorabili, non li ha fatti invecchiare.
La sua figura è stata legata anche a certe evoluzioni del pop, come il
lavoro di altri suoi colleghi: Piccioni, Trovajoli, Umiliani…
Non ho niente contro il pop, anche se l’uso che si fa della mia musica è alle volte un po’ azzardato. Gli altri nomi
che ha citato sono legati a un periodo ed esperienze ben
precise; in alcuni casi io mi sono evoluto in maniera diversa, spero abbastanza fuori dal coro.
Che poi ci sia stato un momento in cui il panorama italiano esprimeva una creatività davvero notevole, quasi incontenibile, è indubbio. Purtroppo siamo finiti sotto lo schiacciasassi della produzione estera.
Sta parlando dell’industria americana? Eppure lei ha
lavorato parecchio per Hollywood.
Non dopo l’undici settembre, semplicemente
perché è cresciuta la mia paura per i voli in aereo, negli Stati Uniti in particolare. Ho sempre
apprezzato il modo in cui l’America ha elaborato temi e trovate europei: pensi a registi del calibro di Martin Scorsese, i fratelli Coen o Tim
Burton. Oggi le produzioni americane sono prive di interessi, rimangono in superficie. C’è una
netta decadenza di idee e una autoreferenzialità
preoccupante.
È arrivato a più di quattrocento colonne sonore. Come
ha fatto, con una mole di produzione del genere, a mantenere viva la sua curiosità artistica?
Non amo contare le mie collaborazioni. Possono sembrare tante, eppure le assicuro che dietro
a ognuna ci sono scelte ben ponderate. Per esempio, non lavoro da anni con alcuni registi, anche
amici miei (si riferisce ai fratelli Taviani, ndr), perché
non mi permettono di essere autonomo e attivo
sulla scelta delle musiche. Io non ho un rapporto
particolarmente romantico con quello che faccio:
credo che ci voglia disciplina e studio. Per questo
ogni tanto apostrofo certe rockstar – lo ha fatto con
Mick Jagger, ndr – che non hanno la costanza di approfondire il loro talento. Sono entrato nel mondo del cinema e l’ho percorso, però, cercando di
lasciare un’impronta. Non sono io a dire di esserci riuscito, sono i fatti.
Eppure non ha mai vinto un Oscar di suo, a parte quello, recentissimo, alla carriera.
Perché si è avvicinato negli ultimi tempi a una scrittura quasi liturgica?
Potrei risponderle che ci sono andato vicino, più di una
Non le starò a fare la predica sull’età che avanza e l’anvolta, ma la verità è che non l’ho vinto. Punto. Ha anche
sia di spiritualità che le si accompagna. Semplicemente,
giocato contro il fatto di essere da tempo membro delho deciso di misurarmi anche con la composizione pul’Academy; comunque non ho mai vissuto la faccenda cora e semplice. Ho legato questa decisione alle mie conme un’ossessione.
vinzioni personali, ho ricercato le radici del mio senso
Una domanda inevitabile. C’è un segreto che sta dietro al suo stidel sacro. Vede, io sono partito dallo studio ai conservale, così riconoscibile?
tori, da una serie di precetti che spesso sono stati superati
Le rispondo con una tautologia: il
dalla sperimentazione contemporanea.
fatto che è riconoscibile. Succede di inNon sono un passatista, ma credo con
contrare persone che hanno caratteriil mio contributo di avere mostrato costiche che colpiscono, che le rendono
me il valore di una idea melodica forte
Venezia – piazza San Marco
11 settembre, ore 21.00
indimenticabili. Lo stesso accade per
sia intramontabile.
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Venezia e l’Islam
in sessantacinque anni di musiche (1735-1800)
di Paolo Cattelan
F
ar ascoltare in un’ora e mezza
(1619) che nello spazio di un decennio
tutto quanto potrebbe
ebbe ben tre edizioni a VeNel salone del Piovego di Palazzo Ducale, il soprano Sulegittimamente stare in
nezia e, nella seconda metà
sanna Armani, il tenore Danilo Formaggia e il baritoun percorso musicale parallelo
del Settecento, divenne la bano Gino Nitta con l’orchestra Accademia Veneziana
al tema della mostra «Venezia e
se per un libretto importante di
diretta da Francesco Fanna terranno un concerto
l’Islam 828-1797» («Venezia e gli
Giovanni Ambrogio Migliavacca
Arabi, Venezia e i Turchi, Venezia
tematicamente raccordato alla mostra «Venemesso in musica per la prima volzia e l’Islam». Il concerto è sostenuto dalla
e i Persiani») è impresa forse dispeta a Dresda da Johann Adolph HasFondazione di Venezia – che ha forterata, se non, senza mezzi termini, imse nel 1753 e, due anni dopo, a Venemente contribuito alla realizzaziopossibile. Perciò proprio il «tempo stozia, da Domenico Fischietti. Ancora done dell’esposizione – e organizrico rappresentato» da questo programpo un bel po’ di stagioni, nel 1773, toccò al
ma è molto più limitato: tre quarti di secolo
zato da Euterpe, sua società
giovane sassone Johann Gottlieb Naumann
strumentale per il settore
scarsi della morente Dominante con un picmetterla in partitura per il Teatro di San Beartistico-musicale.
colo prolungamento alla «Venezia postuma»
nedetto al posto di Wolfgang Amadeus Mozart.
che ci trasporta all’alba del XIX secolo. È vero
Due volte (1757 e 1768) lo musicò il napoletano
poi che si potrebbe forse scrivere una storia delDavide Perez per Lisbona che con Solimano trovò
l’opera italiana lungo i suoi tre secoli «aurei» (XVII,
il suo capolavoro coronando una stagione di granXVIII, XIX) attraverso il repertorio ispirato al mondi successi in Italia, a Vienna, a Venezia (dove nel 1750
do islamico, ma è anche vero che il segmento settecenpropose una sua versione della Merope di Apostolo Zetesco delle opere si allunga e si arricchisce: Gluck, Mono) e a Verona (première del Lucio Vero, 1754).
zart, Haydn, Beethoven – che conosciamo – non sono che
Nell’opera seria gli occidentali non compaiono mai a fianla punta di un vastissimo fenomeno, quello delle «turcheco dei Sultani eroi. La «rappresentazione dell’incontro» fiorie» – che ancora non conosciamo bene –, se non come una
risce invece in un repertorio di commedie musicali o drammoda del tutto avulsa da impulsi di conoscenza, tuttavia il
mi giocosi attestato particolarmente a Napoli. Che se ne
teatro e a volte anche la musica rispecchiano la realtà degli
occupasse anche Carlo Goldoni era inevitabile, ciò che avscambi, della comunicazione tra i diversi popoli, pur servenne sia nel teatro di parola (con le ben note commedie La
vendosene a proprio modo e per fini propri.
sposa persiana, Ircana in Ispaan, La Dalmatina, La bella georgiaA Venezia sono le figure di Tamerlano (Tamur Lang, «Lo
na), sia nella librettistica (Lucrezia romana in Costantinopoli, Lo
zoppo», 1336-1405) con il suo storico antagonista, il sulspeziale ecc. ecc.). Nell’unico tentativo di ricavare un’opera
tano ottomano Bajazet (Bajesìd o Bayazìt 1389-1403) e di
da La sposa persiana fatto a Venezia, al teatro di San SamueSolimano I (1494-1566) quelle su cui più si
concentra l’interesse operistico seicentesco e settecentesco. La versione fortunatissima del Tamerlano scritta dal conte veneziano Agostino Piovene, che è anche alla
base del rifacimento di Francesco Antonio
Haym per Handel (1724), arriva nelle mani di Vivaldi nel 1735 quand’era impresario del Teatro Filarmonico di Verona. La storia
di Solimano
il Magnifico era stata raccontata nel
Seicento
da una
tragedia del
conte
Prospero
Bonarelli
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le nel 1775, fu chiamato il ventottenne compositore Felice Alessandri (Roma 1748 – Modena 1798), gli atti vennero ridotti da cinque a tre e il verso martelliano tradotto nella spuria polimetria operistica lirica e recitativa. Né si volle rinunciare all’effetto comico di un’immaginaria imitazione della parlata orientale, non qui frutto di imitazione
della lingua franca (o sia quell’insieme di parlate di necessità o
di contatto che erano senz’altro diffuse a Venezia, nella pratica e negli atti degli scambi commerciali con i popoli del
Mediterraneo), ma semplicemente ricavato aggregando un
piccolo lessico fonosimbolico dalla terminologia persiana
dottamente «citata» e traslitterata da Goldoni nei dialoghi
e monologhi della commedia.
presenta una nuova commedia operistica italiana molto
originale, intitolata fin troppo laconicamente Il Moro, che
in qualche modo «adorna ed arricchisce» la musica italiana
con la turca. È una delle ultime dell’avventuriero e letterato livornese Giovanni De Gamerra, già poeta del Lucio Silla mozartiano molti anni prima. (Di lì a poco, dismettendo l’incarico di Poeta dei Teatri Imperiali di Vienna assunto dal 1793, De Gamerra finirà i suoi giorni ritirato a Vicenza nel 1803). Il veneto e anziano Kappelmeister Antonio Salieri si occupa della musica. I caratteri dei personaggi, che, certo un po’ imborghesiti, sembrano ancora discendere da quelli del Candide, poiché sono nella finzione molto
legati alla musica permettono costantemente il ricorso a effetti fonici e musicali comico-realistici che sono il vero motore del dramma: nella partitura troviamo esotismi e parodie di lingue, di stili del
parlato, del recitato e del cantato (sebbene
il dialogo sia ancora svolto nel recitativo all’italiana, intonato e in versi). Il Moro, seduttore e amoroso come in Rossini, s’esprime
sempre in una lingua franca accuratamente imitata. Il musicista sta al gioco del poeta
costruendo una sorta di couleur locale immaginaria da frammenti di canzoni turche parafrasate e da una allusiva strumentazione.
Nel secondo atto, due personaggi di commedianti italiani, padre e figlia, danno spettacolo eseguendo un saggio della loro arte,
un’immaginaria, quanto improbabile, scena
di opera seria («quarta dell’atto nono del Nerone in Spagna»). Dopo un ultimo esilarante
equivoco sul finale tragico, ci sta che il Moro voglia anch’egli cantare: «Spiegar canzona: amante/chiamar sua bella, vita, anima,
core.../e voler fa intendere/ che campar non
poter se star lontano,/ma che ben non saper
parlar “taliano”.» Se Il Moro non fece seguito
fu forse a causa della generale decadenza della produzione di opere nuove in italiano all’estero, forse, perché faceva leva su un troppo
sofisticato sistema di effetti linguistici e paralinNel 1787 esce a Venezia, per i tipi di Giacomo Storti, il noguistici inapplicabile al di fuori del contesto-base linguistitevole saggio in due tomi intitolato Letteratura turchesca delco italiano. Così, quando a Dresda nel 1800 si mette in scel’abate Giovanni Battista Toderini, un colto studioso con
na un nuovo Osmano Bey d’Algeri per la musica del compouna forte predisposizione all’etnologia che ha soggiornasitore sassone Joseph Schuster, un autore «classico matuto per più di un lustro a Costantinopol. Oltre a tavole illuro» (che Mozart in gioventù ha apprezzato e perfistrative del sistema degli intervalli (microtoni), dell’accorno anche un po’ imitato). Il soggetto viene da
datura del liuto turco a manico lungo, oltre a descrizioni
un vecchio libretto veneziano di Giovandegli strumenti, degli ambienti, della storia e dello stato atni Bertati, il Serraglio d’Osmano, ma non è
tuale della musica alla corte del sultano,Toderini si spinge
che un pretesto per una apollinea favola
ad offrire al suo lettore una propria trascrizione della musimusicale: tutto un altro mondo rispetto
ca della parte conclusiva del rito dei Dervisci Mevlevì, puba De Gamerra e Salieri, questo di Schublicandola come Concerto turco nominato Izia Samaisi «nuovo
ster si colora, almeno subliminalmente,
saggio, ossia tentativo sulla musica turca espressa con noa tratti sublimemente, delle tinte di una
te nostre europee, approvato da’ pratici, e sperti in questa
giocosa e pura nostalgia che vale per
scienza, fatto per arricchire, e vie più adornare la Musica
tutto il secolo musicale mozartiano.
Italiana: spandere nuova luce sulla scientifica Teoria, l’illuMa qui il discorso sarebbe tutt’altro che
minare l’oscura storia della musica antica negli autori greconcluso dato che l’Ottocento ci prepaci e latini».
ra subito subito nuove ondate di orientaliI maestri veneziani sembrano aver dasmi, nuove conoscenze
to poco corso alle aspirazioni di Todere nuove rappresentanini, ma dieci anni dopo, prima a Vienzioni musicali e teaVenezia – Palazzo Ducale
9 ottobre, ore 20.45
na nel 1796 e poi a Dresda nel 1797 si
trali dell’Islam.
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Portogruaro capitale della grande musica
I primi 25 anni dell’Estate Musicale
di Isella Marzocchi
È
tornata nella suggestiva cornice
si, chi ancora una volta, chi debuttando
di Portogruaro l’Estate Musicain questa edizione dell’Estate Musicale.
le, la manifestazione che per il
Talenti straordinari dalla tecnica raffiPortogruaro
18 agosto – 11 settembre
venticinquesimo anno consecutivo ha
nata e l’agenda fitta di impegni con le
trasformato la città e numerose localipiù grandi istituzioni musicali del montà del territorio in un’eccezionale scatodo, molti dei concertisti e didatti ospiti
la sonora attraverso il festival dedicato al violino, le mahanno accettato di fermarsi qualche giorno al festival per
sterclass internazionali di alto perfezionamento musiil puro piacere di fare musica insieme, insegnare alle nuocale e la seconda edizione del Concorso Internazionale
ve generazioni, ascoltare i concertisti di domani. Una rara
per Giovanissimi Violinisti e Orchestra «Il Piccolo Viooccasione, quindi, per ascoltarli immersi in un’atmosfera
lino Magico». Quest’anno l’articolato calendario di appuntamenti ha festeggiato il
Pavel Vernikov
venticinquesimo anniversario presentando al proprio pubblico, il miglior cast artistico di sempre: 60 concerti, oltre 40 masterclass con altrettanti docenti tra i più
noti a livello internazionale, 370 studenti provenienti da tutto il mondo, una giuria di nomi eccellenti per le fasi finali del
concorso (da Fabio Biondi a Marco Rizzi) cui sono stati ammessi 15 concorrenti in arrivo da 9 paesi e un turn-over, sui
diversi palcoscenici del festival, che ha visto e vedrà protagonisti, fino all’11 settembre, oltre 300 musicisti. La prima esecuzione mondiale del Divertimento ebraico del compositore contemporaneo Leonid Hoffman per violino solo e orchestra
(solisti Pavel Vernikov e Andrei Andrianov) ha aperto ufficialmente il festival sabato 18 agosto durante un concerto svoltosi all’aperto nel chiostro del duecentesco Collegio Marconi. Hoffman ha dedicato a Vernikov, e quindi a Portogruaro,
una composizione che ha avvicinato e indagato attraverunica, rilassata e piacevole. Tra i nomi in cartellone Maso il linguaggio musicale, alcuni importanti dogmi biblixim Vengerov, Mischa Maisky, Julian Rachlin, Janin Janci, descrivendo momenti di tradizionale vita quotidiana
sen, Roby Lakatos, Marco Rizzi, Pierre Amoyal, il Trio
ed episodi «miracolosi» della storia ebraica. Ad affiancaTchaikovsky e naturalmente Pavel Vernikov, direttore arre questa novità assoluta, i Vienna Classical Players direttistico della manifestazione. In aggiunta alla straordinati da Martin Kerschbaum che hanno anche reso omagria lista di stelle della musica che si sono alternate nell’arco
gio al classicismo più canonico ed elegante attraverso due
delle tre settimane tra matinée, concerti pomeridiani e sesinfonie di Franz Joseph Haydn, la Concertante op. 84 e la
rali in città e in numerosi comuni del territorio tra l’entroOxford op. 92, due opere capitali di un Haydn maturo che
terra e il mare, il festival ha dato quest’anno il benvenuall’epoca della composizione delle opere era all’apice del
to ai Vienna Classical Players, che hanno aperto il 18 agoproprio successo negli anni londinesi. Anche quest’ansto la ricca serie di concerti in programma, e ai Virtuosos
no il festival, grazie alla direzione artistica di Pavel Verof Yakutia, un ensemble di 14 violinisti siberiani tra i 16 e
nikov e all’intenso lavoro organizzativo della Fondazione
i 20 anni già vincitori di quattro concorsi internazionali.
Musicale Santa Cecilia, ha raggiunto lo scopo prefissatoInvitati appositamente per le fasi finali del «Piccolo Violisi, ovvero conquistare nuovo pubblico attraverso l’eccelno Magico» e per le celebrazioni del venticinquesimo anlenza musicale del cartellone che ha coniugato la dimenniversario del festival, l’Estate Musicale ha accolto anche
sione internazionale – grazie ai grandi interpreti in prola Moscovia Chamber Orchestra guidata alternativamengramma – con le atmosfere suggestive e intime delle sedi
te da Maxim Vengerov e da Eduard Grach, leggendario
dei concerti. Personalità prorompenti del mondo musicastrumentista, l’Orchestra dei Ragazzi della Scuola di Mule classico internazionale, ospiti assidui dei più grandi teasica di Fiesole, l’Accademia Naonis, mentre la tradiziotri del mondo hanno accettato con entusiasmo di esibirnale Orchestra del Festival si è formata anche quest’an-
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no riunendo gli allievi delle masterclass internazionali. I
migliori hanno ricevuto, il 25 agosto, una borsa di studio istituita da Banca Popolare FriulAdria, che affianca e
sostiene il festival dal 1988. E Portogruaro, vero gioiello
storico-architettonico, dopo avere negli anni moltiplicato
le location dedicate ai concerti includendo alcuni tra i luoghi più suggestivi della città come il chiostro monumentale del Collegio Marconi (dove studiò anche Lorenzo da
Ponte, librettista di Mozart), sede eletta del festival, o l’attigua Chiesa di San Luigi, per l’edizione 2007 ha allestito
– in attesa che venga ultimato il nuovo, agognato teatro –
come alternativa indoor ai concerti open air, il Palazzetto
dello Sport con un ampio palco completato da una camera acustica lignea. Come è ormai tradizione l’Estate Musicale trasmette la magia della musica attraverso numerosi,
eterogenei appuntamenti nell’arco della giornata: laboratori, incontri-intervista, concerti degli studenti, momenti
conviviali, concerti in palazzi e ville storiche.
nel nulla sono passati, ma il segno nella memoria rimane,
con le tracce delle angosce e dei problemi che, caparbiamente, siamo stati in grado di superare.
Anche quest’anno non è stato facile costruire un programma concertistico capace di soddisfare ogni palato:
entusiasmare i neofiti della grande musica, soddisfare le
esigenze di un pubblico che abbiamo contribuito a portare a elevati livelli di musicofilia, richiamare l’utenza giovane che ha sempre più necessità di vivo ascolto per avvicinarsi al nostro mondo musicale.
La Fondazione Musicale Santa Cecilia ha preparato anche un’importante pubblicazione: un volume che raccoglie l’intera mole concertistica da noi progettata e realizzata nel corso degli anni.
Non mi sento affatto stanco, non sento il peso del tempo trascorso se non come responsabilità e impegno d’innovazione. E l’innovazione maggiore è iniziata l’anno
scorso con la formula del Violino Magico e con il concorso
Giuseppe Sinopoli
(Estate Musicale 1994)
Sviatoslav Richter, Yuri Bashmet, Pavel Vernikov
(Estate Musicale 1993)
Ecco come Pavel Vernikov, fondatore del festival e direttore artistico dell’Estate Musicale, commenta questi
primi 25 anni della manifestazione.
«Eravamo giovani, un quarto di secolo fa, quando Konstantin Bogino e io giungemmo per la prima volta a Portogruaro. Era il 1983 ed eravamo reduci da un prestigioso successo al concorso “Vittorio Gui” di Firenze, il più
prestigioso in Italia per la musica da camera. Iniziò allora un’avventura che non avrei mai pensato potesse protrarsi così a lungo.
Portogruaro è divenuta il fulcro della mia vita musicale, il luogo dove riversare le mie aspirazioni e le mie idee
musicali, dove proporre la musica che amavo e che continuo ad amare. Qui, oltretutto, conobbi la donna che sarebbe divenuta mia moglie. Insomma, questa città ha segnato il mio destino in vari campi, mi ha reso quello che
sono ora. Ci sono stati momenti esaltanti in cui la soddisfazione per ciò che si andava creando è stata fortissima,
e abbiamo attraversato anche periodi di crisi, quasi sempre per motivi finanziari, mai per cause ideative o artistiche. I momenti in cui sembrava che tutto dovesse finire
per giovanissimi violinisti, che ha indubbiamente riscosso grande successo.
Certo, ci manca ancora la sede, il teatro tanto desiderato, ma ormai è questione di poco: l’Estate del 2009 segnerà un momento storico: dovrebbe essere la prima a poter contare su di un contenitore acustico all’altezza delle nostre proposte musicali. Nel frattempo, tra l’agosto e
il settembre di quest’anno, molti appuntamenti ci faranno dimenticare temporaneamente eventuali inadeguatezze dei luoghi. Intanto perché Portogruaro – a cominciare
dal chiostro interno del Marconi – è ricca di luoghi anche
se talvolta acusticamente problematici, pur sempre bellissimi e suggestivi; e poi perché molti interpreti e molte musiche – non cito nessuno per non fare torti – saranno occasione di felicità per una utenza che, pur nella sua
varietà, è divenuta una delle più impegnative del panorama italiano».
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