La mappa dei cialtroni: regioni, ministeri, Paesi d`Europa

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La mappa dei cialtroni: regioni, ministeri, Paesi d`Europa
Delegazione italiana al Parlamento europeo
La mappa dei cialtroni: regioni, ministeri, Paesi d'Europa
La spesa dei fondi strutturali 2007-2013 incontra oggi gravi difficoltà in quasi tutti i Paesi
dell'Unione. Lo dimostrano i dati della Commissione e la decisione assunta a larga maggioranza da
Parlamento e Consiglio di modificare i regolamenti per evitare i disimpegni della prima scadenza
per l'uso dei fondi (31/12/2009).
E' da cialtroni quindi accusare gli amministratori meridionali omettendo che:
- i ritardi riguardano le regioni meridionali, alcune regioni settentrionali e anche i ministeri che
hanno in gestione circa 1/3 dei fondi per la convergenza. I cialtroni - se così vogliamo chiamarli - si
distribuiscono dunque in modo piuttosto omogeneo tra i diversi livelli amministrativi. Ad esempio
il PON (Piano Operativo Nazionale) Reti e mobilità e il PON Ricerca e Competitività fanno registrare
livelli di spesa simili se non inferiori a quelli di diverse regioni meridionali. Il Ministro Tremonti non
ha nulla da dire ai colleghi Matteoli e Gelmini?
- secondo i dati più recenti della Commissione, citati nell'ultima relazione della Banca d'Italia, a fine
aprile il nostro Paese aveva effettuato pagamenti pari a circa il 12,3 per cento delle risorse
comunitarie disponibili, a fronte di una media europea che si colloca tra il 15 e il 16% delle risorse
(13,8 per cento in Spagna, 15,6 in Francia e 19,8 in Germania). Il divario è dunque di circa 3 punti.
- Il ritardo generalizzato è dovuto alla crisi che ha diminuito le masse monetarie disponibili e due
ragioni tecniche: la chiusura posticipata al 30 giugno 2009 del programma 2000-2006 (chiuso
dall'Italia con l'utilizzo del 99,7% delle risorse, altro che disimpegni..), che ha ostacolato l'avvio dei
nuovi programmi, e l'introduzione di nuovi sistemi di controllo e gestione della spesa più stringenti
e impegnativi;
- La gravità della situazione generale é confermata dal piano di emergenza varato lo scorso 3
giugno dal Consiglio, di cui fa parte lo stesso Tremonti, per cambiare le regole dei fondi strutturali
in modo da scongiurare il disimpegno di risorse ingenti in quasi tutti i Paesi beneficiari (120 milioni
in Spagna, 56 milioni del POR Sicilia in Italia, 9 milioni in Gran Bretagna, 6 milioni in Germania e
così via). Credete che se il problema avesse riguardato solo l'Italia sarebbero state approvate
modifiche in modo così rapido e condiviso??
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Problemi italiani e fondi strutturali
Lo scostamento italiano di oltre il 3% dalla media europea si spiega però con problemi specifici che,
soprattutto dal 2010, si sono aggravati.
- Innanzitutto, per evitare fino in fondo la cialtroneria bisogna ragionare sulla qualità della spesa.
In passato il principale limite dei fondi strutturali era la frammentazione degli interventi. Per porre
rimedio nei programmi 2007-2013 si é dato maggiore spazio ai grandi progetti e ai progetti
interregionali. E' evidente che le difficoltà di gestione aumentano ovunque e a maggior ragione in
un Paese in cui realizzare grandi progetti e infrastrutture é da sempre un problema enorme (che si
tratti della TAV in Piemonte, dell'Expo di Milano, dei termovalorizzatori nel Sud, della Salerno
Reggio Calabria o della A28 Portogruaro-Conegliano che apre ora dopo 40 anni di lavori). Il
governo non ha fatto nulla per favorire questa concentrazione, facendo invece mancare gli
investimenti nazionali necessari ad attivare i grandi progetti. Un esempio su tutti: la linea
ferroviaria ad alta capacità Napoli-Bari, parte del Corridoio VIII Romania-Spagna, per cui è tutto
pronto ma che il CIPE si guarda bene dal finanziare.
−La dismissione da parte del Governo Berlusconi della programmazione unitaria delle risorse
nazionali FAS e dei fondi europei, con lo smantellamento del lavoro di concertazione svolto negli
anni precedenti, oltre a tagliare di ben 28 miliardi i fondi per lo sviluppo del Sud, ha provocato seri
problemi nella spesa dei fondi europei perché le risorse FAS hanno spesso consentito di avviare
importanti progetti su cui far convergere poi i fondi UE.
- Sulla stessa linea irresponsabile si sono mosse le nuove giunte regionali elette nel 2010. Il cambio
di maggioranza in Campania e in Calabria ha provocato il congelamento delle risorse programmate
in queste regioni e ora si lavora per rimodulare gli investimenti alla luce delle priorità (anche di
consenso) delle nuove giunte. Il rischio è di bloccare tutto per altri sei mesi.
- Il patto di stabilità interno crea difficoltà gravissime agli enti locali che devono erogare gli anticipi
e i pagamenti necessari all'uso dei fondi UE. Inasprire le sanzioni per gli sforamenti fissando saldi
di bilancio irrisori, come fa la manovra oggi in discussione, significa bloccare gli investimenti perché
diventa impossibile garantire i servizi ai cittadini e, al contempo, rispettare i programmi di spesa.
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- il taglio dei fondi ordinari ha un pesante impatto anche su quelli comunitari anche perché alcuni
investimenti diventano inutili se mancano poi i fondi per la gestione ordinaria. Basta pensare al
recupero di beni culturali importanti in tutto il Sud che poi restano chiusi perché né il MIBAC né gli
enti locali sono nelle condizioni di pagare il personale per la gestione.
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Proposte per un piano di salvataggio
Per fare in modo che l'Italia non perda risorse nei prossimi anni é necessario mettere in campo
alcune scelte condivise:
- creare una cabina di regia che coinvolga il livello europeo, nazionale e regionale nel monitoraggio
della spesa, nel sostegno ai grandi progetti e ai progetti interregionali e nel ripristino di una
gestione integrata degli investimenti nazionali ed europei per il Sud;
- evitare assolutamente la riprogrammazione radicale delle risorse invocata da diversi esponenti
della politica, delle istituzioni regionali e centrali, dei sindacati e delle imprese, agendo nei margini
esistenti per concentrare le risorse di finanza aggiuntiva sui grandi progetti e i progetti
interregionali;
- rivedere il patto di stabilità interno introducendo meccanismi che lascino alle amministrazioni
locali i margini di manovra necessari all'utilizzo dei fondi europei (anticipi); con gli enti locali va poi
affrontato il nodo della qualità della spesa, non a colpi di tagli e sanzioni ma con un'analisi seria
della situazione gestionale.
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