Pregiudizi E Stereotipi

Transcript

Pregiudizi E Stereotipi
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SCHEDA UNITA’ DI APPRENDIMENTO
Luoghi comuni, stereotipi e pregiudizi : un’economia della mente
che diventa un’ avarizia del cuore.
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Paese (croce)
ITALIA x
FRANCIA
Nome dell’ Organizzazione
CISV
Nome dell’autore
Piera Gioda
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Tema (croce)
ROMANIA
AUSTRIA
SENEGAL
Global Learning
Prima della
migrazione
Durante la
migrazione
Dopo la migrazione
x
Global Learning
Le migrazioni nello
spazio e nel tempo
Definizioni
Tipologie di
migrazione
Effetti socioeconomici e socioculturali
Ideologie,
Legge : diritti e
stereotipi,
doveri
pregiudizi (ruolo dei
mass media, della
politica, ..) x
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Saperi (croce)
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Materie
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Diritto,
Educazione alla
Cittadinanza
N° ore
10
Età studenti
14-19
COMPETENZE (croce)
1) Comunicazione nella
lingua materna x
2) Comunicazione nelle
lingue straniere
3) Competenze
matematiche e di base
in scienze e tecnologie
4) Competenze
numeriche x
5) Imparare ad imparare
6) Competenze sociali e
civiche x
7) Spirito d’iniziativa e
d’impresa
8) Sensibilità e
espressione culturale
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Obiettivi (saperi 1)
e attitudini)
(max 10 righe)
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ATTIVITA’ PREVISTE
Attività
Strumenti didattici
1. Io non ho pregiudizi, ma ….
Nella nostra cultura i termini pregiudizio e stereotipo sono carichi di un forte significato
negativo, tanto che è raro trovare chi riconosca esplicitamente di pensare o agire in
base ad essi. Il loro uso più comune riguarda l’ostilità verso i gruppi etnici diversi dal
proprio o verso minoranze di vario tipo, ed è in questo campo che essi hanno assunto
la valenza negativa più evidente, essendo legati ai gravi fenomeni del razzismo e della
discriminazione.
E’ consigliabile quindi cominciare il percorso di ricerca senza utilizzare questi termini,
per evitare di stigmatizzare il pensiero degli allievi a riguardo e perché possano
emergere liberamente, per poi riflettere in modo critico.
Possono essere utili alcuni esercizi interattivi che la formazione alla comunicazione
interculturale ha sperimentato con i giovani nei programmi di educazione non formale
europei. Per scoprire, che tutti noi facciamo ricorso a pregiudizi e stereotipi, senza
nemmeno rendercene conto. La regola per gestire questi esercizi è però quella di non
giudicare, ma di riflettere sul perché si ragiona così.
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2. Che cosa intendiamo con stereotipo e pregiudizio.
Si può dare del termine stereotipo una definizione molto generale semplicemente
come dell’insieme delle caratteristiche che si associano ad una certa categoria di
oggetti. Oppure si possono scegliere definizioni più specifiche che limitano il campo ai
gruppi sociali e agli stereotipi negativi. In questo caso si considera lo stereotipo come
insieme coerente e abbastanza rigido di credenze negative che un certo gruppo
condivide rispetto a un altro gruppo o categoria sociale.
Dal punto di vista etimologico, il termine pregiudizio indica un giudizio precedente
all’esperienza, vale a dire un giudizio emesso in assenza di dati sufficienti. Quando le
scienze sociali hanno cominciato a studiare il pregiudizio, esso aveva già incorporato il
significato aggiuntivo di idea errata e ostacolo alla vera conoscenza (Bacone, Galileo,
Spinoza, Vico ne trattarono ampiamente). Le discipline sociali vi aggiunsero due
ulteriori specificazioni: il pregiudizio non si riferisce tanto a fatti e eventi, quanto a
gruppi sociali; inoltre di solito è sfavorevole, nel senso che l’errore di valutazione tende
più a penalizzare che non a favorire l’oggetto del giudizio stesso.
In sintesi, dunque si possono dare di stereotipo e pregiudizio diverse definizioni, a
seconda del livello di generalità o di specificità che si decide di assumere. Al massimo
livello di specificità si intende la tendenza a considerare in modo ingiustificatamente
sfavorevole le persone che appartengono ad un determinato gruppo sociale.
Ad entrambe le accezioni si associa quasi sempre l’idea che il pregiudizio non si
limiti alla valutazione rispetto all’oggetto, ma sia in grado di orientare concretamente
l’azione nei suoi confronti.
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3. Perché pregiudizi e stereotipi sono così comuni?
Quali sono i processi attraverso i quali essi si creano, si diffondono e rimangono inalterati
nel tempo? A cosa servono?
Porsi queste domande è indispensabile non solo per comprendere questi fenomeni ma
per saperli fronteggiare. Molte spiegazioni sono state fornite nell’ambito delle discipline
filosofiche, psicologiche e sociologiche. Tutte si muovono tra il considerarli “ordinari”
oppure “eccezionali”. Ovvero possono essere considerati dei processi normali, tipici della
natura umana, oppure
dei fenomeni anormali, che si sviluppano in condizioni di
patologia o deficit individuale o collettivo, e che quindi vanno combattuti.
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Un modo divertente per prendere coscienza dei pregiudizi è la visione del famoso corto
metraggio di Adam Davidson, The lunch date, vincitore della Palma d’Oro al Festival di
Cannes del 1990 nella categoria dei “corti”, e premio Oscar nel 1991 per la stessa
categoria.
4. Quali sono i più forti stereotipi e pregiudizi nei confronti degli immigrati in
Italia?
Con un esercizio come il MigraQuiz può essere interessante farli emergere, per poi
confrontarli con i dati statistici più aggiornati, per misurare il differenziale fra quello che si
percepisce e la realtà della migrazione in Italia, ricercando poi la spiegazione sui luoghi
comuni e i miti da sfatare.
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5. Un esempio interessante:
i pregiudizi nei confronti degli uomini africani
"Ciò che ci rende uguali supera di gran lunga ciò che ci rende diversi". E' questo lo
slogan di #stopthepity, un movimento che ha l'obiettivo di educare a rapportarsi senza
pregiudizi alla narrazione delle storie dal continente africano.
La campagna Stop the Pity, lanciata dall'associazione Mama Hope all'ultimo festival
SXSW di Austin, mira a comunicare un'immagine non stereotipata dell'Africa, non vittima
ma protagonista del cambiamento. http://www.volontariperlosviluppo.it/index.php?
option=com_content&view=article&id=2742:stop-the-pity-quando-le-idee-vincono-ipregiudizi&catid=24&Itemid=200061
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Per scegliere l’esercizio più adatto al
gruppo degli allievi e alla propria capacità
di gestione in chiave formativa, si
possono ad esempio consultare:
Percorsi didattici contro la
discriminazione, a cura di Amnesty
International alle pagine 18-32
http://www.amnesty.it/flex/files/9/d/a/
D.d768527996e63cfd4c59/
Amnesty_Discriminazione_Intro.pdf
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oppure i Training Kit del Consiglio
d’Europa per i giovani
http://youth-partnership-eu.coe.int/youthpartnership/documents/Publications/
T_kits/4/Italian/5_workshops.pdf
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Per giocare e scherzare con gli
stereotipi (nonché per esercitarsi nella
comprensione della lingua inglese), è
interessante consultare la Cartografia
geopolitica sugli stereotipi nel mondo,
segnalata nella nostra piattaforma. Una
serie di divertenti mappe spesso
tragicomiche e vere dell'Europa e degli
Stati Uniti, basate sulle diverse percezioni
soggettive e ideologiche http://
alphadesigner.com/mapping-stereotypes
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Un testo sempre molto chiaro e sintetico
sulla questione è quello di
B.Mazzara, Stereotipi e pregiudizi, Il
Mulino, Bologna 1997
la cui lettura consigliamo ad ogni docente
che voglia ragionare insieme ai propri
allievi sul tema
http://www.comunicazionidimassa.net/
Psicologia-Sociale/Stereotipi-e-pregiudizidi-Bruno-Mazzara.html
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MIGRA QUIZ
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1) Quanti immigrati ci sono in Italia?
A da 500 mila ad 1 milione
B – da 1 milione a 2 milioni
C – da 2 a 3 milioni
D – da 3 a 4 milioni
E - da 4 a 5 milioni
F – da 5 a 6 milioni
G- più di 6 milioni
Risposta
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Risposta
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Risposta
2) Quanti cittadini italiani vivono in paesi
stranieri, fuori dall’Italia?
A da 500 mila ad 1 milione
B - da 1 milione ad 1,5 milioni
C - da 1,5 a 2 milioni
D - da 2 a 2,5 milioni
E - da 2,5 a 3 milioni
F – da 3 a 3,5 milioni
G- più di 3,5 milioni
3) Quanti sono nel mondo i discendenti di
italiani immigrati nel ‘900 e oramai diventati
cittadini di altri paesi?
A – almeno 5 milioni
B – da 5 a 10 milioni
C – da 10 a 15 milioni
D – da 15 a 20 milioni
E – da 20 a 25 milioni
F – più di 25 milioni
4) La religione: gli immigrati islamici quanti Risposta
sono in % sul totale degli immigrati?
A – da 0 a 20%
B – da 20 a 40%
C – da 40 a 60%
D – da 60 a 80%
E – più dell’80%
5) Secondo te l’equazione “più immigrazione Risposta
uguale più criminalità” è vera?
A. Si
B. No
6) Qual è il principale canale d'ingresso degli Risposta
immigrati, in Italia?
A. Visti
B. Frontiere
C. Via mare
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8) Quanto contribuiscono gli immigrati in
percentuale sul totale del PIL italiano?
A. 2%
B. 5%
C. 7%
D. 10%
E. più del 10%
Risposta
9) Quanto spende lo Stato italiano per
l'assistenza agli immigrati?
A. 5 miliardi di euro
B. 10 miliardi di euro
C. 15 miliardi di euro
D. 20 miliardi di euro
Risposta
10) Quanto incassa lo Stato italiano grazie ai
contributi degli immigrati?
A. 2 miliardi
B. 4 miliardi
C. 7 miliardi
D. 11 miliardi
E. 15 miliardi
F. più di 15 miliardi
Risposta
7) Quanti sono stati gli sbarchi sulle nostre
coste nel 2011?
A. da 10.000 a 20.000
B. da 20.000 a 30.000
C. da 30.000 a 40.000
D. da 40.000 a 50.000
E. più di 50.000
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Risposta
MIGRA QUIZ (scheda animatore)
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1) Quanti immigrati ci sono in Italia?
A da 500 mila ad 1 milione
B – da 1 milione a 2 milioni
C – da 2 a 3 milioni
D – da 3 a 4 milioni
E - da 4 a 5 milioni
F – da 5 a 6 milioni
G- più di 6 milioni
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Risposta E:
sono circa 4.5 milioni (7,5% sul totale della
popolazione italiana)
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INFO PER ANIMATORE:
qui di seguito una serie di informazioni che ci consentono di rispondere in maniere oggettiva alle
affermazioni svolte durante l’incontro 1.
Per rispondere a : Gli extracomunitari sono quasi tutti clandestini
ci sono inoltre 400 mila cittadini stranieri presenti ma non ancora registrati all’anagrafe, quindi
siamo quasi a 5 milioni di stranieri; nel frattempo circa 700 mila persone hanno perso
l’autorizzazione a rimanere in Italia perché scaduti i permessi di lavoro e in più ci sono circa 500
mila irregolari).
Per rispondere a: Tra 10 anni gli immigrati saranno quanti noi italiani
entro il 2065 gli stranieri presenti sul nostro territorio passeranno dai 4,6 milioni di oggi a ben 14
milioni.
IL FUTURO DEMOGRAFICO DEL PAESE Previsioni regionali della popolazione residente
al 2065 - SARANNO TRIPLICATI RISPETTO AD OGGI MOTIVI?:
Sviluppo demografico: in Italia oggi abbiamo circa 1 milione di minori di origine straniera che si
fermeranno in Italia, si sposeranno e a loro volta avranno dei figli; nuovi afflussi dall’estero legati
soprattutto alle richieste del mercato del lavoro. Va poi considerato che, almeno fino al 2009, la
media del tasso d’incremento è stata di circa il 12% all’anno e la previsione dell’Istat ne tiene
senz’altro conto.
Come segnala l’Istat, l’Italia è destinata a un inesorabile invecchiamento della sua popolazione, che
effetti avrà tutto ciò sulla nostra situazione economica?
In generale l’immigrazione, e soprattutto la nuova immigrazione, è sempre un buon affare per i
paesi riceventi. Perché? Perché si tratta di una popolazione che arriva in età attiva, non comporta
costi di socializzazione e non comporta ancora costi pensionistici. In Italia gli immigrati versano
molto più nelle casse dello Stato, soprattutto in termini di contributi previdenziali e prelievi sui
salari, di quanto ricevano: non percepiscono pensione e gravano poco sulla spesa sanitaria vista la
giovane età. E’ ovvio, dunque, che avremo sempre più bisogno di nuovi ingressi per mantenere
positivo il rapporto economico. Se gli stranieri triplicheranno e ambiranno a lavori sempre più
qualificati, ha ragione chi dice che vengono a togliere il posto agli italiani? È vero che gli italiani
avranno sempre più concorrenza anche per le occupazioni qualificate a cui oggi maggiormente
ambiscono lasciando agli immigrati quei lavori manuale-esecutivi che io chiamo delle cinque P:
pesanti, pericolosi, precari, poco pagati e penalizzati socialmente. FONTE: Maurizio Ambrosini,
docente di Sociologia all’università Statale di Milano e direttore della rivista Mondi
migranti, SU DATI TRATTI DA ISTAT 28 dicembre 2011.
2) Quanti cittadini italiani vivono in paesi Risposta G:
stranieri, fuori dall’Italia?
A da 500 mila ad 1 milione
circa 4 milioni
B - da 1 milione ad 1,5 milioni
C - da 1,5 a 2 milioni
Rapporto gli italiani nel mondo 2011
D - da 2 a 2,5 milioni
E - da 2,5 a 3 milioni
Fondazione Migrantes e della Caritas,
F – da 3 a 3,5 milioni
G- più di 3,5 milioni
!INFO PER ANIMATORE:
CHI SONO E QUANTI SONO GLI ITALIANI ALL’ESTERO ALL’INIZIO DEL 2011
Al 1 gennaio 2011 gli iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero sono 4.115.235 di cui il
47,8% donne (1.967.563) con un aumento di quasi 90 mila unità rispetto all’anno precedente.
La disaggregazione per continenti vede per protagonista l’Europa con 2.263.342 (55%) e, in particolare,
le consistenti comunità residenti nell’UE a 15 (1.667.241, 40,5%). Segue l’America con 1.628.638
(39,6%) residenti di cui 1.278.837 (31,1%) risiedono stabilmente nell’America centro-meridionale. A
seguire troviamo i 131.909 (3,3%) residenti in Oceania di cui 128.609 nella sola Australia, i 53.538
(1,3%) connazionali residenti in Africa e, infine, 37.808 (0,9%) in Asia.
Ricorrendo alle disaggregazioni dei dati Aire è possibile porre in evidenza alcune peculiarità
dell’emigrazione italiana.
➢ Continua a crescere la presenza femminile (47,8%).
➢ Continua a decrescere la presenza degli anziani (il 18,6% nel 2011 ha più di 65 anni - in Italia la
percentuale è di quasi due punti in più – ma erano 19,2% ad aprile 2010).
➢ Aumentano i minorenni (16%, ma erano 15,4% nel 2010).
➢ Aumentano, anche se di poco, i celibi/nubili (53,5% rispetto al 53,4% nel 2010).
➢ Il 54,9%, ovvero 2 milioni e 258 mila cittadini italiani, è fisicamente emigrato.
➢ Il 37,7%, ovvero 1 milione e 550 cittadini italiani, è nato all’estero.
➢ 127.338 sono iscritti all’Aire per acquisizione di cittadinanza.
➢ Sono in leggero aumento gli iscritti all’Aire nell’arco di tempo che va da 5 a 10 anni (poco più di
1,1 milioni nel 2011).
➢ Sono in aumento anche coloro che sono iscritti all’Aire da più di 10 anni (da 1 milione 950 circa
del 2010 a oltre 2 milioni del 2011).
Regioni, Province e Comuni. Con quasi 1,5 milioni di emigrati, il Sud Italia è l’area d’origine
principale degli attuali cittadini italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire. Si tratta del 35,2% mentre
sono circa 768 mila gli isolani (18,7%), 645 mila circa gli originari del Nord Est (15,7%), 13 mila in
meno quelli del Nord ovest (15,4%) e 622 mila gli originari del Centro Italia (15%).
Complessivamente il 53,9% degli iscritti all’Aire, all’inizio del 2011, sono originari del Mezzogiorno
d’Italia, il 15% del Centro Italia e il 31,1% del Nord.
La Sicilia, con 666.605 cittadini, si conferma prima regione di emigrazione (16,2%), seguita da
Campania (426.488, 10,4%), Lazio (365.862, 8,9%), Calabria (356.135, 8,7%), Lombardia (318.414,
7,7%) e Puglia (315.735, 7,7%). A seguire troviamo Veneto Piemonte, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia,
Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Liguria, Marche, Sardegna, Molise e Trentino Alto Adige e la
Valle d’Aosta che chiude la graduatoria delle regioni italiane con 4.439 cittadini (0,1%).
Basta scorgere velocemente la graduatoria per capire che l’emigrazione italiana ha coinvolto tutto il
territorio nazionale e che ancora oggi il passato migratorio dell’intero Paese è evidente nella
diversificazione dell’origine migratoria di coloro che sono iscritti nell’Anagrafe del Ministero
dell’Interno.
Quanto detto appare ancora più chiaramente se scendiamo a un livello più particolareggiato di analisi
ovvero a quello provinciale dove si susseguono: Roma, Cosenza, Agrigento, Salerno, Napoli, Catania,
Palermo, Avellino, Lecce e Potenza, mentre subito dopo troviamo Treviso e Milano. Torino è in 16a
posizione e Udine in 18a. 2
Anziani. Al 1 gennaio 2011 i cittadini italiani over 65 anni iscritti all’Aire sono 764.997. Le nazioni
dove vive il maggior numero di questi emigrati sono l’Argentina (quasi un quarto del totale), la Francia
e la Svizzera (più di un decimo del totale a testa). Le collettività con italiani residenti all’estero di età
avanzata sono, soprattutto, di origine siciliana, campana, calabrese, veneta e laziale, ma queste sono le
provenienze che anche a livello generale si affermano come quelle più consistenti.
Sono svariate le località del mondo in cui la percentuale dei residenti over 65 anni supera la media
nazionale che è del 18,6%. Tra queste dobbiamo distinguere i cosiddetti luoghi “storici” della nostra
migrazione dalle località presso cui gli “anziani italiani” finiscono col trascorrere i loro anni di
pensionamento. In molti rilevano che la vita in contesti lontani da quello italiano è sicuramente più
semplice a livello sociale e soprattutto economico, considerato l’alto costo della vita in Italia e
l’inadeguato potere d’acquisto della pensione percepita.
I “luoghi storici” in cui si rintracciano le incidenze più cospicue di persone anziane sono, nell’ordine, il
Canada (37,5%), la Croazia (35,2%), l’Argentina (27,5%), gli Stati Uniti (25,6%), la Francia (24,1%),
l’Australia (22,0%), il Brasile (19,7%), l’Uruguay (19,3%), la Turchia e il Lussemburgo (19%) e il
Venezuela (18,8%). Ognuna di queste nazioni si contraddistingue per la residenza di insediamenti di
italiani che, seppure numericamente molto differenti, sono tutti di vecchia data.
Nuova generazione di “fenomeni” e crescente attrattiva dell’estero
Secondo il Rapporto Eurispes 2011 oltre il 60% degli italiani ritiene che vivere in Italia sia una fortuna,
ma questa percentuale si riduce gradualmente man mano che dalle fasce di età più anziane si arriva ai
giovani: quasi il 40% dei 25-34enni ritiene che vivere in Italia sia una sfortuna e ben il 40,6% degli
intervistati (di tutte le fasce di età) si trasferirebbe volentieri all'estero, una percentuale superiore al
37,8% rilevata dall'Eurispes nell'analogo sondaggio condotto nel 2006. La precarietà lavorativa è
indicata al primo posto tra i mali italiani: lo sottolinea il 43,5% dei 18-24enni e il 33,6% dei 25-34enni.
Seguono, nell’ordine, la mancanza di senso civico (20,6%), l’eccessivo livello di corruzione (19,1%), la
classe politica (15,2%), la condizione economica (8,6%), il tasso di criminalità (3,9%) e lo stato del
welfare (1,3%).
Alla domanda Si trasferirebbe all'estero?, il 62,9% degli abitanti di Sicilia e Sardegna non lo farebbe
mai (nonostante le preoccupazioni per il lavoro e tutti i gravi problemi di quelle aree geografiche, a
partire dall'economia), contro il 49,1% degli abitanti del Nord-Ovest. Gli intervistati più disposti a
trasferirsi vivono al Centro (49,4%). Il 40% ha dichiarato che non cambierebbe mai Paese. Guardando
alle fasce di età, i più bendisposti ad andarsene hanno tra i 25 e i 34 anni (50,9%).
Ma dove si trasferirebbero gli aspiranti emigranti? In Francia (16,5%), Stati Uniti (16,1%), Spagna
(14,3%), Inghilterra (11,9%) e Germania (10,1%). Seguono Svizzera, Austria, Svezia, Canada, Olanda,
Brasile, Danimarca e Norvegia.
Ogni anno la rivista Popular Science pubblica la lista Brilliant Ten ovvero i 10 scienziati più promettenti
che hanno meno di 40 anni e lavorano negli Stati Uniti. Nella top ten 2011 compaiono i nomi di due
italiani. La prima è l’anconetana Chiara Daraio che, a 32 anni, è professore di fisica applicata al
California Insitute of Technology e ha costruito lenti acustiche non lineari per meglio sviluppare e
utilizzare le potenzialità dell’ecografo. Il secondo è Maurizio Porfiri, 34 anni, assistent professor di
ingegneria meccanica al Polytechnic Institute dell’Università di New York, il quale porta avanti un
progetto di sviluppo di modelli matematici per descrivere comportamenti collettivi di sistemi biologici
(il progetto ha ricevuto il Career Award della National Science Foundation con l’assegnazione di 1
milione di dollari).
Fonte: Rapporto Italiani nel mondo 2011- Roma, 21 giugno 2011 – Intervento di Delfina Licata
3) Quanti sono nel mondo i discendenti di Risposta F
italiani immigrati nel ‘900 e oramai diventati
cittadini di altri paesi?
Sono stimati in circa 55 milioni; tanti quanti gli
A – almeno 5 milioni
italiani che vivono in Italia.
B – da 5 a 10 milioni
C – da 10 a 15 milioni
D – da 15 a 20 milioni
E – da 20 a 25 milioni
F – più di 25 milioni
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INFO PER ANIMATORE:
Per: Già non c’è abbastanza lavoro per noi, figurati se dovessimo accettare pure loro
Banca d’Italia: gli immigrati non rubano il lavoro
19 Agosto 2009
L’immigrazione straniera verificatasi in Italia negli ultimi anni non solo non ha tolto lavoro agli
italiani ma anzi ne ha aumentato le possibilità occupazionali, secondo uno studio pubblicato dalla
Banca d’Italia che smentisce alcuni luoghi comuni.
Lo studio, dedicato al fenomeno dell’immigrazione e contenuto nel Rapporto sulle economie
regionali del 2008, sottolinea come «la crescita della presenza straniera non si è riflessa in minori
opportunità occupazioni per gli italiani» ed evidenzia «l’esistenza di complementarietà tra gli
stranieri, gli italiani più istruiti e le donne». Secondo le rilevazioni della Banca d’Italia sono infatti
aumentate le possibilità di occupazione per i cittadini più istruiti che mirano a posti di gestione e di
amministrazione, rispetto alla massa di stranieri con mansioni tecniche ed operaie, e per le donne
che, grazie a badanti e baby sitter, riescono a poter far fronte agli impegni fra famiglia e lavoro.
Il numero degli immigrati stranieri regolarmente presenti in Italia sfiora i 4 milioni, secondo le
stime dell’ultimo Dossier Caritas/Migranti, con un’incidenza del 6,7% sulla popolazione
complessiva a fronte di una media del 6% nell’UE. Il tasso di attività degli stranieri in Italia è
mediamente del 73,2% (88% per i soli maschi), cioè di circa il 12% in più rispetto agli italiani,
mentre il loro tasso di disoccupazione è di due punti più elevato (8,3% in media e 12,7% per le
donne).
Il Rapporto osserva tuttavia che gli stranieri hanno sì un tasso di occupazione superiore a quello
degli italiani ma scontano un più basso livello di scolarità: questo, insieme a una maggiore
concentrazione in settori e mansioni a minori contenuto professionale (nelle regioni del CentroNord Italia il 79,3% degli stranieri occupati regolari fa l’operaio contro il 35,1% degli italiani),
comporta che i redditi da lavoro dipendente nel settore privato degli stranieri siano inferiori di circa
l’11% a quelli degli italiani. Il 44% circa degli stranieri immigrati è infatti impiegato in occupazioni
non qualificate o semi-qualificate (contro il 15% degli italiani), percentuale che sale a quasi il 60%
nel Sud del Paese.
La crisi economica in corso ha poi avuto forti ricadute sui lavoratori stranieri: cassa integrazione e
mobilità sono aumentate per loro in misura doppia: «Nelle liste di mobilità la presenza degli
immigrati è doppia rispetto agli italiani» osservano i responsabili della CGIL.
Molti immigrati stranieri in Italia hanno invece scelto il lavoro autonomo: gli artigiani costituiscono
circa un decimo della popolazione adulta straniera, con 165.114 titolari d’impresa, 52.715 soci e
85.990 altre figure societarie; dal 2007 l’aumento è stato di un sesto, una crescita ben più accentuata
rispetto ad aziende con titolarità italiana.
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4) La religione: gli immigrati islamici quanti Risposta B
sono in % sul totale immigrati?
A – da 0 a 20%
Sono il 32.9 %, circa 1.505.000 al
B – da 20 a 40%
31.12.2010.
C – da 40 a 60%
I cristiani sono il 53.9 %
D – da 60 a 80%
E – più dell’80%
INFO PER ANIMATORE:
Secondo questa stima, al 31 dicembre 2010 tra i 4.570.317 stranieri residenti in Italia vi sono
2.465.000 cristiani (53,9%), 1.505.000 musulmani (32,9%), 120.000 induisti (2,6%), 89.000
buddhisti (1,9%), 61.000 fedeli di altre religioni orientali (1,3%), 46.000 che fanno riferimento alle
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religioni tradizionali, per lo più dell’Africa (1,0%), 7.000 ebrei (0,1%) e 83.000 (1,8%) appartenenti
ad altre religioni. Si aggiungono 196.000 immigrati (4,3%) classificati come atei o non religiosi, in
prevalenza provenienti dall’Europa e dall’Asia (dalla Cina in particolare).
I cristiani al loro interno sono così ripartiti: 1.405.000 ortodossi, 876.000 cattolici, 204.000
protestanti e 33.000 che fanno parte di altre comunità cristiane. Nel 2010, rispetto all’anno
precedente, i cristiani sono aumentati di 4 punti percentuali (specialmente per l’incremento
dei protestanti e degli ortodossi), i musulmani dello 0,9% e i fedeli di religione orientale
appena dello 0,4%.
FONTE: l Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes 2010
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5. Secondo te l’equazione “più immigrazione Risposta B
uguale più criminalità” è vera?
a. Si
b. No
INFO PER ANIMATORE:
qui di seguito una serie di informazioni che ci consentono di rispondere in maniere oggettiva alle
affermazioni svolte durante l’incontro 1.
Per: Moltissimi immigrati sono dei delinquenti;
La ricerca dallo stesso titolo condotta dal Dossier Caritas/Migrantes e Redattore Sociale, dimostra
che la tesi “più immigrazione uguale più criminalità” è infondata e il tasso di criminalità tra italiani
e stranieri regolarmente presenti in Italia è sostanzialmente uguale.
Con l’aumento degli immigrati residenti aumenta in maniera proporzionale anche la criminalità?
Gli immigrati residenti hanno un tasso di criminalità superiore a quello degli italiani? È vero che gli
irregolari hanno un tasso di criminalità abnorme? Sono i tre quesiti alla base della ricerca “La
criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi”, promossa dall’équipe del Dossier
Caritas/Migrantes e dell’agenzia Redattore Sociale. Presentata ad ottobre del 2009, rimane un
materiale molto utile per una “didattica della non paura” perché insegna come l’interpretazione
corretta delle statistiche sconfessa la rappresentazione distorta di un fenomeno sociale, in questo
quello dell’immigrazione.
L’unico modo per poter condurre un’analisi differenziale del tasso di criminalità tra italiani e
stranieri, come precisato nella ricerca, è prendere in considerazione i dati per le denuncie di reati
contro autori noti. In questo caso, le ultime statistiche giudiziarie curate dall’ISTAT si fermano
all’anno 2005, e nella ricerca vengono esaminati i dati relativi al quinquennio 2001 – 2005.
Intanto, si apprende che le denunce contro autori noti costituiscono poco meno di un quarto del
totale. Ad esempio nel 2005 sono state 550.590 su un totale di 2.579.124 denunce. Ciò significa che
i tre quarti dei reati sono stati commessi da ignoti. Un dato che di per sé dimostra l’entità di paura e
insicurezza che possono generare questi reati, spesso amplificata ancora di più dalla politica. Ma
dimostra anche quanto sia stata distorta la presunzione di colpevolezza nei confronti dei cittadini
migranti come autori di reati grazie a locuzioni quali “presumibilmente” e “forse” associate alle
loro nazionalità. Ancora oggi, purtroppo, i mezzi di informazione ricorrono nella cronaca nera alle
definizioni “presumibilmente albanese”, “forse romeno” o “dall’accento slavo”, per non lasciare
orfano nessun reato. Alla fine, fanno più paura gli ignoti dei “soliti albanesi”. Nelle denuncie complessive contro autori noti italiani e stranieri tra il 2001 e il 2005, l’incidenza
degli stranieri sul totale è aumentata del 6.4%, passando dal 17% al 23.8%. Dall’altra parte,
comparando questo aumento con quello della popolazione immigrata in Italia, l’equazione “più
immigrazione uguale più criminalità” non regge. Di fronte ad un aumento del 45,9% delle denuncie,
la popolazione residente è aumentata del 100% (da 1.334.889 a 2.670.514), dato quest’ultimo che
non include i cittadini regolari ma non ancora residenti (diverse centinaia di migliaia) e quelli senza
documenti (all’epoca stimati a 1 milione). Stima del tasso di criminalità: italiani e stranieri
“Le statistiche disponibili sugli immigrati regolari, accortamente correlate, portano a superare l’idea
di un più elevato tasso di criminalità rispetto agli italiani, smontando cosi il pregiudizio che li
accredita come delinquenti”. È una delle conclusioni della ricerca e alla base della metodologia
utilizzata dall’équipe degli studiosi per la stima del tasso di criminalità tra italiani e stranieri. Dei
dati comparati tra italiani, stranieri regolarmente presenti in Italia e stranieri residenti, riportiamo
una sintesi dei primi due.
Da una prima comparazione basata sul totale dei cittadini stranieri denunciati con permesso di
soggiorno, il tasso di criminalità per il 2005 risulta essere dello 0,75% per gli italiani e del 1.21%
per gli stranieri regolarmente presenti. In altre parole, un denunciato ogni 133 italiani e uno ogni 81
stranieri. Invece, la comparazione dei dati basata sulla ripartizione delle persone denunciate per classi di età,
ci offre un panorama diverso: il tasso di criminalità degli stranieri è più alto rispetto a quello degli
italiani dello 0,39% per la fascia di età 18 – 44 anni, ma è più basso dello 0,21% per quella 45 – 64
anni. Invece gli over 65enni hanno lo stesso tasso di criminalità. In particolare, per la fascia di età
18 – 44 anni, è del 1,50% per gli italiani e del 1,89% per gli stranieri. Per quella 45 – 64 anni, è
dello 0,65% per gli italiani e dello 0,44% per gli stranieri. Per gli over 65enni, è dello 0,12% sia per
gli italiani che per gli stranieri.
Va precisato che i tassi di criminalità superiori sia per gli italiani e stranieri nelle rispettive classi di
età, sono dovute anche ad una maggiore incidenza sulla popolazione di queste classi di età. In altre
parole, gli stranieri tra i 18 e i 44 anni compongono il 60,9% della popolazione straniera, invece gli
italiani della stessa fascia d’età solo il 36,7% della popolazione autoctona. Invece per la classe di
età 45 – 64 anni, gli italiani compongono il 25,8% della popolazione autoctona e gli stranieri il
15%.
E quindi, mantenendo fermo il tasso di criminalità effettivamente registrato e ipotizzando una
ripartizione per classi di età a quella degli stranieri, il tasso di criminalità degli italiani sarebbe dell’
1,02%, molto vicino all’1,24 registrato per gli stranieri regolarmente presenti in Italia. Cioè un
denunciato ogni 90 italiani e uno ogni 81 stranieri.
Ma tenendo conto anche della diversa condizione giuridica degli stranieri rispetto agli italiani: il
16,9% delle denunce contro stranieri sono collegabili direttamente o indirettamente alla normativa
sull’immigrazione, il tasso di criminalità tra italiani e stranieri diventa sostanzialmente pari:
dell’1,02% per gli italiani e dell’1,03% per gli stranieri regolarmente presenti.
“Addirittura, se si dovesse tenere conto delle più sfavorevoli condizioni socio-economiche e
familiari degli immigrati, come più volte sottolineato dagli studiosi del settore, la bilancia finirebbe
per pendere dalla loro parte”.
Analisi della criminalità straniera
Un’altro passaggio della ricerca di cui riportiamo una sintesi riguarda la lettura della criminalità
degli stranieri in Italia. 8 i punti condivisi dall’équipe degli studiosi. Sull’andamento della
criminalità influisce la popolazione giovane più propensa a commettere reati: in diminuzione tra gli
italiani e in aumento tra gli immigrati. Quest’ultimi hanno più probabilità di essere denunciati,
arrestati e incarcerati per via della “loro posizione di precari nell’ordinamento giuridico italiano”. Gli immigrati sono anche “i naturali protagonisti” dei reati legati alla normativa sull’immigrazione
o “strumentali per garantire la loro permanenza in Italia”, ed escludendo questa tipologia di reati “il
carico penale nei loro confronti si ridurrebbe di almeno un quarto”. Altri reati, come nel caso dei
vuccumprà, “sono finalizzati a raggiungere un utile economico in difficili condizioni di
sopravvivenza”. Inoltre, sono anche soggetti a rischio: in un caso ogni sei sono vittime dei reati
violenti contro la persona.
La maggior parte delle denunce contro gli stranieri riguarda i reati comuni o della microcriminalità,
in cui è il singolo immigrato a essere coinvolto. Tuttavia, gli stranieri sono sempre più attivi nella
criminalità organizzata, nella quale reclutano molto spesso la manovalanza tra gli immigrati
irregolari. E sono proprio a carico degli irregolari il 71,1% delle denunce contro i cittadini stranieri nel 2005.
Ma per l’équipe della ricerca “è comunque infondata l’equiparazione degli immigrati irregolari ai
delinquenti”. Sono le precarie condizioni giuridiche e socio-economiche che espongono gli
irregolari al mercato del lavoro nero, agli espedienti non consentiti dalla legge e allo sfruttamento
da parte delle organizzazioni malavitose. E con l’introduzione del reato di clandestinità dal
pacchetto sicurezza nel 2009, anche il fatto di non essere in regola ha assunto rilevanza penale.
Quindi, piuttosto che arrivare a conclusioni affrettate a scapito degli irregolari, bisogna “riflettere
sulla difficoltà delle vie dell’immigrazione regolare”.
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La ricerca “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi”, promossa dall’équipe
del Dossier Caritas/Migrantes e dell’agenzia Redattore Sociale, è stata pubblicata nella “Guida 2010
per l’informazione sociale” edita da Redattore Sociale e si può scaricare online sul suo sito. Una
versione sintetica compare nel Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes 2009.
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Per: Quelli dell’est hanno una naturale tendenza alla violenza
Le collettività straniere e la criminalità
Nel 2005 gli europei, che totalizzano circa la metà della presenza straniera regolare,
raggiungono all’incirca lo stesso livello per quanto riguarda le denunce (47,2%), seguiti dagli
africani (38,1%, 15 punti percentuali in più rispetto all’incidenza sui soggiornanti nello stesso
anno), che però nelle statistiche giudiziarie sono sovra rappresentati rispetto alla loro presenza
regolare, a differenza di quanto avviene per gli asiatici e gli americani, la cui quota è del 7% (per gli
asiatici, invece, questa incidenza è più bassa di 10 punti rispetto a quella sui soggiornanti).
Le nazionalità che prevalgono in graduatoria sono, con 20.000 denunce (rispettivamente
20.885 e 20.233, ciascuna pari a un sesto dei 138.131 reati ascritti agli stranieri), la Romania e il
Marocco, seguiti dall’Albania (11.973 denunce), dal Senegal (7.622), dalla Tunisia (6.934) e quindi,
con 4.000 denunce, dall’Algeria e dalla ex Jugoslavia, con 3.000 denunce dalla Cina, dalla Nigeria
e
dalla Moldavia, e con 2.000 denunce dalla Germania e dall’Ucraina.
Sono diverse le collettività per le quali gli addebiti giudiziari sono aumentati nel
quinquennio 2001-2005 oltre la media nazionale del 45,9%: in particolare, le denunce sono quasi
triplicate per la Romania e raddoppiate per il Brasile, la Bulgaria e l’Ecuador, mentre registrano un
aumento superiore al 50% l’Egitto, la Moldavia, la Nigeria, la Polonia e il Senegal. Peraltro, va
ricordato che diverse tra queste collettività hanno conosciuto un consistente aumento, a cominciare
da quella romena, passata nello stesso periodo da 75.000 soggiornanti a un livello quattro volte più
elevato.
I dati Istat consentono di incrociare il paese di nascita dei denunciati con la regione della
denuncia: ad esempio, sulla base dei dati del 2005, risulta che il 33,3% delle denunce riguardanti i
9 romeni e il 27,4% di quelle dei latinoamericani sono localizzate in Lombardia. A sua volta, il
Rapporto sulla criminalità in Italia (2007) del Ministero dell’Interno (pp. 364-365) incrocia
determinate collettività con alcune fattispecie di reati, per le quali evidenzia un loro coinvolgimento
percentuale superiore alla quota percentuale di incidenza sui permessi di soggiorno.
Come prima accennato, in questi accostamenti è raccomandabile la prudenza e ciò
suggeriscono anche i due volumi dedicati da Caritas Italiana alle collettività romena e albanese
(Caritas Italiana, Romania. Immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive,
Edizioni Idos, Roma 2008; Idos, Gli albanesi in Italia. Conseguenze economiche e sociali
dell’immigrazione, Edizioni Idos, Roma 2008). Per la Romania questa ricerca sottolinea che il tasso
di criminalità è stato calcolato su una popolazione quasi dimezzata rispetto a quella effettivamente
presente a quel tempo. Per l’Albania si evidenzia l’inerzia nel continuare a considerare “canaglia”
una collettività che, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, ha fatto di tutto per integrarsi, come
peraltro attestano le stesse statistiche criminali, fermo restando l’impatto negativo delle
organizzazioni criminali albanesi.
Va anche tenuto conto, in un confronto del caso italiano con quelli esteri, che in Italia
pressoché tutti i crimini commessi dagli immigrati vengono loro ascritti, essendo ancora di scarso
rilievo il numero di quelli che hanno già ottenuto la cittadinanza italiana, mentre nei paesi europei
di tradizionale immigrazione (come in Germania e in Francia, dove i cittadini che hanno un passato
migratorio, e cioè con genitori o nonni nati all’estero, sono rispettivamente il 18% e più del 25%) i
reati commessi da immigrati ormai diventati cittadini del posto vengono conteggiati solo nelle
statistiche della criminalità locale e ciò, naturalmente, sfalsa i termini del confronto.
FONTE: Ricerca promossa dalle équipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes e
dell’Agenzia Redattore Sociale e coordinata da Franco Pittau e Stefano Trasatti
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tori Caritas/Migrantes:
• per gli albanesi (2008) è stato mostrato che la loro stigmatizzazione è continuata per forza di
inerzia anche negli anni 2000 quando, stabilizzatisi i flussi, la loro rilevanza nelle statistiche
criminali è risultata in realtà fortemente ridimensionata;
• per i romeni (2008 e 2010) la progressione accusatoria ha continuato a essere accentuata,
nonostante le statistiche continuino ad attestare un loro coinvolgimento più ridotto rispetto alla
generalità degli immigrati;
• per gli africani (2010), almeno relativamente alle maggiori collettività, si è visto che sussistono
problemi quanto alla loro implicazione sia nella criminalità comune sia in quella organizzata,
fenomeni che meritano di essere approfonditi nelle loro cause e nei loro dinamismi, mettendo in
atto adeguate strategie di recupero.
• a loro volta, i rom sono stati, sono e forse continueranno ad essere il gruppo maggiormente
discusso, non raramente al di là delle loro specifiche colpe: mai provata, e anzi del tutto smentita da
un’apposita indagine della Fondazione Migrantes, è l’accusa di rapire i bambini.
Ma i timori e il senso di insicurezza degli italiani dipendono in prevalenza da altri fattori,
considerato che:
1. la criminalità in Italia è aumentata in misura contenuta negli ultimi decenni, nonostante il forte
aumento della popolazione straniera, e addirittura è andata diminuendo negli anni 2008 e 2009;
2. il ritmo d’aumento delle denunce contro cittadini stranieri è molto ridotto rispetto all’aumento
della loro presenza, per cui è infondato (e non solo per il Dossier) stabilire una rigorosa
corrispondenza tra i due fenomeni: ciò si desume anche, per quanto riguarda le diverse province,
dalla raccolta statistica curata per i Consigli territoriali per l’immigrazione nell’ambito del Fondo
Europeo per l’Integrazione (2010) e, per quanto riguarda le principali collettività di immigrati (con
alcune eccezioni), dal Rapporto del Cnel sugli indici di integrazione (2010);
3. il Rapporto del Cnel ha mostrato che il tasso di criminalità addebitabile agli immigrati venuti ex
novo nel nostro paese, quelli su cui si concentrano maggiormente le paure, è risultato, nel periodo
2005-2008, più basso rispetto a quello riferito alla popolazione già residente;
4. il confronto tra la criminalità degli italiani e quella degli stranieri, attraverso una metodologia
rigorosa basata sulla presa in considerazione di classi di età omogenee, ha consentito di concludere
che gli italiani e gli stranieri in posizione regolare hanno un tasso di criminalità simile;
5. lo stesso coinvolgimento criminale degli immigrati non autorizzati al soggiorno, innegabile, di
difficile quantificazione e spesso direttamente legato alla stessa irregolarità della presenza e alle
difficili condizioni di vita che ne conseguono, va esaminato con prudenza e con rigore
in un paese in cui entrano annualmente decine di milioni di stranieri come turisti o per altri motivi.
Queste linee interpretative non devono portare ad “abbassare la guardia”, bensì a vincere i
preconcetti e a investire maggiormente sulla prevenzione e sul recupero, coinvolgendo i leader
associativi degli immigrati, come avvenuto nel passato con positivi risultati tra i senegalesi.
FONTE: Dossier caritas 2010
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6.Qual è il principale canale d'ingresso degli Risposta A
immigrati, in Italia?
A. Visti: 75%
A. Visti: 75%
B. Frontiere 15%
B. Frontiere 15%
C. Via mare 10%
C. Via mare 10%
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Per rispondere a : La maggior parte degli immigrati arriva sui barconi
7. Quanti sono stati gli sbarchi sulle nostre
coste nel 2011?
A. da 10.000 a 20.000
B. da 20.000 a 30.000
C. da 30.000 a 40.000
D. da 40.000 a 50.000
E. più di 50.000
!
!
Risposta C
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40.000 di cui la metà circa provenienti dalla
Tunisia
!
8. Quanto contribuiscono gli immigrati in
percentuale sul totale del PIL italiano?
A. 2%
B. 5%
C. 7%
D. 10%
E. più del 10%
Risposta E
11,1%
9. Quanto spende lo Stato italiano per
l'assistenza agli immigrati?
A. 5 miliardi di euro
B. 10 miliardi di euro
C. 15 miliardi di euro
D. 20 miliardi di euro
Risposta B
Circa 10 miliardi di Euro
!
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10. Quanto incassa lo Stato italiano grazie al Risposta D
contributo degli immigrati?
11 miliardi di euro circa
A. 2 miliardi
Dettagliare in che modo (vd. sotto)
B. 4 miliardi
C. 7 miliardi
D. 11 miliardi
E. 15 miliardi
F. più di 15 miliardi
INFO PER ANIMATORE:
Per rispondere a Sono un peso per il bilancio dello Stato italiano
Gli aspetti economici dell’immigrazione. Gli immigrati assicurano allo sviluppo dell’economia
italiana un contributo notevole: sono circa il 10% degli occupati come lavoratori dipendenti, sono
titolari del 3,5% delle imprese, incidono per l’11,1% sul prodotto interno lordo (dato del 2008),
pagano 7,5 miliardi di euro di contributi previdenziali, dichiarano al fisco un imponibile di oltre
33 miliardi di euro.
Il rapporto tra spese pubbliche sostenute per gli immigrati e i contributi e le tasse da loro pagati
(2.665.791 la stima dei dichiaranti) va a vantaggio del sistema Italia, specialmente se si tiene conto
che le uscite, essendo aggiuntive a strutture e personale già in forze, devono avere pesato di meno.
Secondo le stime riportate nel Dossier le uscite sono state valutate pari a circa 10 miliardi di
euro: (9,95): 2,8 miliardi per la sanità (2,4 per gli immigrati regolari, 400 milioni per gli irregolari);
2,8 miliardi per la scuola, 450 milioni per i servizi sociali comunali, 400 milioni per politiche
abitative, 2 miliardi a carico del Ministero della Giustizia (tribunale e carcere), 500 milioni a carico
del Ministero dell’Interno (Centri di identificazione ed espulsione e Centri di accoglienza), 400
milioni per prestazioni familiari e 600 milioni per pensioni a carico dell’Inps.
Le entrate assicurate dagli immigrati, invece, si avvicinano agli 11 miliardi di euro (10,827):
2,2 miliardi di tasse, 1 miliardo di Iva, 100 milioni per il rinnovo dei permessi di soggiorno e per le
pratiche di cittadinanza, 7,5 miliardi per contributi previdenziali. Va sottolineato che negli anni
2000 il bilancio annuale dell’Inps è risultato costantemente in attivo (è arrivato a 6,9 miliardi),
anche grazie ai contributi degli immigrati. Per ogni lavoratore, la cui retribuzione media annua è di
circa 12.000 euro, i contributi sono pari a quasi 4.000 euro l’anno.
Nel 2008 le compravendite immobiliari sono state 78.000 (-24,3%). Nel periodo 2004-2009 sono
stati quasi 700mila gli scambi immobiliari con almeno un protagonista straniero, per un volume di
oltre 75mila miliardi di euro. Ancora oggi il loro influsso è rilevante, anche se la loro quota sui
mutui è scesa dal 10,1% del 2006 al 6,6% del 2009.
L’impatto positivo degli immigrati trova una significativa conferma dal confronto dell’andamento
pensionistico tra gli immigrati e gli italiani. Sulla base dell’età pensionabile si può stimare che nel
quinquennio 2011-2015 chiederanno la pensione circa 110mila stranieri, pari al 3,1% di tutte le
nuove richieste di pensionamento. Dai 15mila pensionamenti nel 2010, pari al 2,2% di tutte le
richieste, si passerà ai 61mila nel 2025, pari a circa il 7%. Attualmente è pensionato tra gli
immigrati 1 ogni 30 residenti e tra gli italiani 1 ogni 4. Nel 2025, i pensionati stranieri
saranno complessivamente circa 625mila (l’8% dei residenti stranieri). A tale data, tra i cittadini
stranieri vi sarà circa 1 pensionato ogni 12 persone, mentre tra gli italiani il rapporto sarà di circa 1
a 3.
FONTE: Dossier Caritas 2010
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